Il bilancio umico del terreno



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home >> le principali regole per la produzione vegetale >> Il bilancio umico del terreno Il bilancio umico del terreno Il calcolo del bilancio umico serve a verificare se c'è equilibrio tra la sostanza organica che si mineralizza e quella che potenzialmente si ricostituisce tramite gli interventi agronomici e di fertilizzazione. Per l'agricoltura biologica, questo bilancio tra entrate ed uscite è l'elemento di conoscenza fondamentale per impostare un piano di fertilizzazione di un'azienda. Gli interventi agronomici dell'azienda biologica devono sempre tenere in considerazione l'influenza che avranno sul bilancio umico che, soprattutto in fase di conversione, non può registrare stentati pareggi e tanto meno deficit. A onor del vero, il sistema di valutazione del consumo e della produzione di sostanza organica, tramite i coefficienti K1 e K2, non è un metodo molto preciso. Per finalità scientifiche, sicuramente non ci si potrebbe accontentare di tale stima, tuttavia per le finalità pratiche dell agricoltore e del tecnico, è semplice da applicare e più che sufficiente a rivelare una tendenza. Senza mezzi termini, si deve affermare che: un'azienda che ha il bilancio umico stentato se non addirittura in perdita, non sta facendo agricoltura biologica. Il bilancio umico va considerato un indicatore di efficienza, importante quanto una buona rotazione, alla quale, non a caso, è strettamente collegato e dipendente. Il processo di umificazione, cioè la costruzione della S.O. stabile, è bilanciato dalla mineralizzazione, cioè la distruzione della stessa. Le parole: distruzione, consumo, perdita, utilizzate per definire la mineralizzazione, rendono bene l'idea di un bilancio fatto di entrate ed uscite, anche se la mineralizzazione è, più correttamente, una ulteriore trasformazione, che mette a disposizione delle colture i nutrienti contenuti nella S.O. La stabilità dell'humus è, infatti, stabilità relativa in quanto le attività dei microrganismi che traggono nutrimento dall'humus, le attività enzimatiche degli apparati radicali e le attività fisiologiche delle stesse sostanze umiche, ne determinano un costante consumo. Avviene, quindi, una nuova trasformazione della S.O. in composti inorganici nota come: mineralizzazione. In questa fase c'è un rilascio di elementi nutritivi importante e diverso da quello già avvenuto nella fase di umificazione, perché lento e costante. Calcolo della mineralizzazione Il coefficiente di mineralizzazione (K2) indica la quantità di S.O. che mediamente si consuma o, meglio, si mineraiizza in un anno. Questo coefficiente varia in funzione delle caratteristiche pedologiche ed è influenzato dal clima e dalla gestione del suolo. Assume valori elevati per i terreni leggeri e

ossigenati e valori più bassi per quelli pesanti. La mineralizzazione è contenuta nelle stagioni fredde e più spinta, nei periodi di siccità e nelle stagioni caldo umide. E' esaltata dall'aerazione del terreno conseguente alle lavorazioni, quindi dalla lunghezza del periodo in cui questo resta scoperto e arieggiato. Sulla base dei lavori di diversi autori il valore medio di K2 applicabile ai suoli italiani va da 1,8-2% per i terreni argillosi, fino al 2,4% per i terreni sabbiosi, anche se, alcuni lavori, tendono a presentare valori di K2, anche molto più bassi, soprattutto per terreni argillosi e calcarei nell ordine del 1,4% e ancora più bassi per quelli con elevato tenore si sostanza organica. Si ritiene opportuno consigliare di adottare soprattutto nell'impostare la conversione, i valori medi indicati, perché è ragionevolmente utile, almeno nella fase di calcolo, non farsi sconti sull'obbiettivo primario di reintegrazione della S.O. Va comunque, tenuto sempre presente che sono valori indicativi su cui effettuare i necessari ragionamenti e le conseguenti scelte tecniche. Sono numeri essenziali per individuare una tendenza che, chiaramente, deve indicare crescita. Per effettuare il calcolo della S.O. mineralizzata in un anno in un determinato tipo di terreno, i dati necessari sono solo tre: a) il peso del terreno; b) la percentuale di S.O. presente; c) il K2 attribuito in funzione delle caratteristiche pedologiche del terreno. a) - Peso del terreno - Il peso di un ettaro di terreno per la profondità dello strato arabile, che non dovrebbe mai superare i 30 cm, va dalle 3.200 tonnellate per un terreno argilloso, alle oltre 4.000 per un terreno sabbioso. Questi valori si ottengono moltiplicando i 3.000.000 di dm3 (equivalenti a litri o Kg) contenuti nel parallelepipedo formato dai 10.000 mq di un ettaro di terreno con un altezza di 30 cm, per il peso specifico attribuito a quella tipologia di terreno. Peso (densità apparente) di alcuni tipi di terreno Natura del terreno Peso per dm 3 o litro Sabbioso Kg 1.420 Limoso sabbioso Kg 1.199 Argilloso Kg 1.062 Organico Kg 0.900 da E. Costantini Agricoltura Biologica - ERSA Per esempio un terreno di medio impasto ha un peso specifico di circa 1,25. Quindi il peso di quel terreno sarà pari a 3.750.000 Kg (3.000.000x1,25).

b) - La percentuale di S.O. - Per conoscere quanta Sostanza Organica è presente in questo terreno, è semplicemente necessario moltiplicare il peso stimato del terreno, per la percentuale di S.O. rilevata dalle analisi del terreno stesso. In questo modo si può risalire ai chilogrammi di S.O. presenti nel terreno. Quindi se, per esempio, le analisi di quel terreno di cui ho calcolato il peso dessero una S.O. pari ad 1.7%, la quantità di S.O. presente è di 63.750 Kg (3.750.000 x 1.7 /100 = 63.750). c) - Attribuzione del K2 - A questo punto i Kg di S.O. che si mineralizzano annualmente, saranno pari al valore in chilogrammi della sostanza organica presente nel terreno, moltiplicato il coefficiente di mineralizzazione specifico. Nel caso preso in esame i 63.750 Kg di sostanza organica presente mediamente nel terreno, potranno essere moltiplicati per 2%, che è il K2 applicabile ad un terreno di medio impasto (63.750x2/100). Valori medi di K 2 applicabili ai terreni italiani 1.8% nei terreni argillosi 2.0% nei terreni di medio impasto da 2.2 a 2.5% nei terreni sabbiosi Il risultato di questo calcolo, è che per portare almeno in pareggio il bilancio umico del terreno preso in esame, devono essere reintegrati annualmente, almeno 1.275 Kg di S. O. tra quella umificata e quella umificabile. L'esempio ora presentato serve per comprendere la semplicità del calcolo che, evidentemente, non costringe l'operatore e il tecnico a vivere con l'ansia della matematica, anche perché una volta trovato il valore medio su cui ragionare, difficilmente nel breve periodo, si creeranno condizioni tali da modificare i parametri presi in esame. Piuttosto, come dato tecnico importante, è bene precisare che il bilancio umico non si fa anno per anno ma sul ciclo di avvicendamento previsto, nel quale si alternano colture con diverso impatto sul terreno e sulla S.O. in particolare, così come i fertilizzanti ed concimi ad esse collegati. Per l'esempio riportato quindi, è più corretto dire, ipotizzando una rotazione quadriennale, che alla fine del quadriennio, per ogni ettaro di terreno, tra fertilizzanti, sovesci e residui colturali, non potrò aver interrato meno di cinque tonnellate, di sostanza organica umificata e/o umificabile. Si commetterebbe un errore considerando la mineralizzazione solamente come perdita, in quanto è un processo naturale di nuova evoluzione della sostanza organica, di fondamentale importanza agronomica perché comporta rilascio di nutrienti, tanto più imponente per quanto maggiore è la sostanza organica presente. E', dunque, il completamento del ciclo della fertilità su cui si basa l'agricoltura biologica, cioè

incremento della sostanza organica del terreno in funzione della stabilità, dell attività microbiologica e della disponibilità di elementi nutritivi. Basti sapere che il 5% della S.O. mineralizzata è Azoto e lo 0,5% Fosforo prontamente disponibile per le piante. Nel terreno riportato come esempio per il calcolo, la mineralizzazione di 1.275 Kg di S. O. equivale ad una disponibilità di circa 64 unità di Azoto l'anno, pari al contributo che potrebbero dare 16/20 q/ha di buona Pollina e circa 15 unità di P2O5 pari al fosforo contenuto in circa tre quintali di un buon organo minerale. Se la S.O. fosse, come di solito accade, più bassa, i quantitativi disponibili scenderebbero con ovvie ripercussioni sui risultati quantitativi e qualitativi, nonché sui costi di fertilizzazione. Questi semplici calcoli dimostrano una volta di più l'importanza che ha, per l'agricoltura biologica, il lavoro sull'incremento della S.O., che significa anche aumento della disponibilità di nutrienti e delle potenzialità di resa. Il calcolo della mineralizzazione si fa con tre operazioni concatenate: si moltiplica 3.000.000 per il peso specifico determinato dalle caratteristiche del terreno; il risultato ottenuto si moltiplica per la percentuale di sostanza organica rilevata dalle analisi; il nuovo risultato ottenuto si moltiplica per il K 2 che si ritiene più idoneo per le caratteristiche del proprio terreno. Calcolo della S.O. umificabile apportata Una volta calcolato il quantitativo di sostanza organica che annualmente e nell'arco della rotazione praticata si mineralizza, per stilare un bilancio è necessario calcolare il contributo in S.O. umificabile proveniente dai fertilizzanti utilizzati e dai residui colturali restituiti al terreno. Per conoscere la quantità di S.O. umificabile apportata con i fertilizzanti ed i residui colturali, bisogna applicare il giusto coefficiente di umificazione (K1) alla sostanza secca (S.S.) o alla S.O. del materiale organico interrato. Per esempio 10.000 chili di letame, appena tolto dalla lettiera, contengono mediamente il 35% di S.S. a cui si può applicare un K1 di 0.25. Il calcolo conseguente mostra che da questi 10.000 Kg di letame potrò ottenere circa 870 Kg di humus (10.000 x 0.35 x 0.25). Il calcolo sui residui vegetali segue lo stesso schema. La paglia ad esempio ha non meno dell'85% di S.S. ed un K1 pari a 0.2. Un quintale di paglia è quindi in grado di produrre 17 Kg di humus. Per tradurre questi calcoli in pratica si può dire che una concimazione di 300 q/ha di

letame ha una resa in humus di 2600 Kg. Oppure interrando in un ettaro 40 quintali tra paglia e stoppie di frumento, i residui per una resa intorno ai 35 q/ha di granella, si otterrà un contributo in humus di circa 850 Kg. Esempi di K 1 Materia organica K 1 Letame: - ben compostato - parzialmente maturo fino a 0.5 da 0.3 a 0.35 - fresco e pagliolo 0.25 Paglia (G rano, Orzo, Avena,...) da 0.15 a 0.2 Radici di cereali 0.15 Residui di Girasole 0.2 Stocchi di Mais 0.12 Residui di Patata 0.15 Sansa di olive 0.2 Sovescio: in prefioritura (fresco) da 0.05 a 0.1 - parte aerea - radici 0.2 da 0.15 a 0.2 Sovescio: in post fioritura (maturo) - parte aerea Elaborazioni Sol.Eco. da vari testi Ritornando all'esempio precedentemente fatto sul terreno di medio impasto che mineralizzava annualmente 1.275 Kg di S.O., la restituzione proveniente dalle sole paglie non copre la perdita annua calcolata, che sarebbe però abbondantemente compensata dalla letamazione l'anno successivo.

La produzione di humus si calcola con due operazioni Si calcola la percentuale di S.S. del materiale organico interrato La quantità ottenuta, si moltiplica per il K 1 proprio del materiale organico interrato. - Il bilancio umico alla base del piano di fertilizzazione Gli esempi utilizzati per esplicitare il sistema di calcolo del bilancio umico, evidenziano che non è cosa semplice aumentare la S.O. nel terreno, o meglio, quanto questo lavoro debba essere un obbiettivo costante dell'operatore che pratica il metodo di agricoltura biologica, qualunque sia il suo livello di fertilità. Il bilancio umico del terreno è, dunque, la base su cui impostare il piano di fertilizzazione in agricoltura biologica, il conteggio non si effettua coltura per coltura ma su base poliennale. Generalmente è corretto fare riferimento alla durata della rotazione praticata che, neanche a dirlo, influisce in modo determinante sul bilancio stesso, condizionando tutti gli interventi per la gestione del suolo. Una volta chiuso positivamente il conto con il bilancio umico, grazie alle azioni di buona pratica agronomica ed il contributo diretto di: residui colturali, compost aziendale, sovescio, ammendanti organici compostati di provenienza commerciale; l'uso intelligente e mirato dei fertilizzanti ammessi, permette di soddisfare le esigenze specifiche di ogni coltura per raggiungere rese soddisfacenti e migliorare le caratteristiche nutrizionali, organolettiche e tecniche dei prodotti. Non è certo una contraddizione affermare che, l'operatore biologico non deve accontentarsi di rese basse rispetto alle potenzialità del suo terreno. Se è vero che a rese basse corrispondono basi consumi, è altrettanto vero che corrispondono anche basse restituzioni in residui, insufficienti colonizzazioni del terreno da parte di microrganismi positivi, nonché implicazioni negative sul controllo delle infestanti per scarsa competizione con la flora spontanea. Inoltre il consumo di sostanza organica, cioè il processo di mineralizzazione, anche se agronomicamente gestito, è una trasformazione fisiologica legata alle caratteristiche pedoclimatiche, che porta comunque ad un consumo di sostanza organica. Ciò che non arriva dalla capacità radicale e ciò che non è compensato dai residui colturali, lo dovrà essere con mezzi tecnici extra aziendali e quando il "gap" tra necessità e capacità di mobilizzare, tra sostanza organica mineralizzata e fabbisogni, è

molto elevato, si hanno costi di fertilizzazione che salgono a livelli problematici per i bilanci aziendali. Una volta di più si conferma il significato di metodo che si dà all'agricoltura biologica: attenzione totale alla gestione agronomica del suolo, delle colture e dell'ambiente. E' necessario che ci sia la piena convinzione della necessità di lavorare sulla sostanza organica, modificando in questo senso, l'abitudine ad intervenire sul terreno sanando un bisogno impellente e non rimuovendo le vere cause della scarsa disponibilità di nutrienti. - Perché ci si basa sul bilancio umico e non su quello dei nutrienti. Dire che un terreno è fertile quando è ricco di elementi nutritivi è una definizione molto parziale e poco aderente alla realtà, perché la vera fertilità si ha quando un terreno presenta una buona struttura ed una microflora e microfauna diversificata e vitale, capace di trasformare rapidamente la materia organica. Riconducendo questa definizione, che è presa da un'ordinanza del Governo Federale svizzero, in merito alla protezione dei suoli dall'inquinamento, alle funzioni della sostanza organica nel suolo descritte all'inizio del capitolo, si comprende ancora meglio il ruolo cardine svolto su struttura, disponibilità dei nutrienti e attività microbiologica cioè sul ciclo della fertilità. La diversa impostazione tecnica tra agricoltura convenzionale e agricoltura biologica è sostanziata anche da accurate sperimentazioni. Edwin Sheller, in una pubblicazione intitolata: "Basi scientifiche della concimazione in agricoltura ecologica", raccoglie i risultati di esperimenti trentennali, fatti in diverse stazioni sperimentali della Germania sulla concimazione fosfatica e potassica, ed evidenzia come la capacità delle piante di mobilizzare gli elementi nutritivi dai siti di assorbimento del suolo, sia superiore alla possibilità di titolare in laboratorio, quel elemento nello stesso terreno. Nelle prove realizzate, gli asporti effettivi di Potassio, calcolati sulla base delle rese ottenute, erano molto superiori al Potassio titolato in laboratorio con soluzioni 1N di acido cloridrico. In alcuni casi, in laboratorio si riusciva a testare, anche solo il 20% del Potassio che le piante sarebbero poi state capaci di utilizzare in quello stesso terreno, dimostrando così una capacità di scambio degli apparati radicali, in condizioni ambientali favorevoli, perlomeno superiore a quella dell'acido cloridrico. Questa discordanza tra risultati delle analisi e rese ottenute, porta a dedurre che le piante non si procurano le sostanze nutritive solo per mezzo del flusso di massa, dell'intercettazione e della diffusione ma anche in altro modo i cui meccanismi non sono ancora ben chiariti.

Pur non essendo ancora definito scientificamente, né il comportamento della pianta nel suolo, né quali siano le forme degli elementi che le piante sono in grado di mobilizzare, l'esperienza pratica di campo, anche supportata da risultati sperimentali, attesta che la determinazione del fabbisogno di concime, tramite l'analisi per scambio chimico, può essere solo indicativa per il metodo di agricoltura biologica ma non la base di calcolo su cui programmare la fertilizzazione. Considerare la teoria della restituzione, su cui si fonda la concimazione chimica, non più come regola fondamentale ma come indicazione, significa che nella pratica biologica, cambia radicalmente l'approccio concettuale alla fertilizzazione. Questa diversità può essere ben rappresentata, ragionando anche su quanto avviene nell'uomo. Se una persona manifesta una carenza di qualche elemento, per esempio Ferro o Calcio, gli vengono prescritti dei prodotti a base di Ferro o Calcio, per apportare in forma facilmente assimilabile dall'esterno, ciò di cui l'organismo ha bisogno. Questo intervento risolve il problema nell'immediato ma non affronta la causa, che risiede generalmente in qualche disfunzione metabolica, visto che normalmente quegli elementi vengono assimilati dall'uomo tramite il cibo. L'introduzione di prodotti specifici, a base di ferro o calcio, non costituisce il processo di guarigione né, tanto meno, può essere elevato a principio alimentare generale. Parimenti in agricoltura, di fronte a carenze o rese basse, si interviene aumentando la concimazione con sali solubili, considerando quella che è una cura, come l'unico intervento possibile. Se è vero, come dimostrano i numerosi dati sperimentali presentati da Scheller, che le piante sono in grado di svolgere una mobilizzazione attiva degli elementi nel suolo tanto maggiore, per quanto maggiore è l'equilibrio del suolo stesso, per cui la sostanza organica è l'elemento vitale indispensabile, l'unico modo corretto per affrontare i problemi, sta nel ricreare nel terreno le condizioni favorevoli alle piante. Quindi un lavoro fondato sulla sostanza organica, intervenendo con la concimazione per completare e supportare il processo di nutrizione ma non per surrogarlo. Mettere in parallelo l'esempio umano e quello agricolo, dove in entrambi i casi, per risolvere il problema serve sostanzialmente rimettere in moto processi metabolici essenziali, ci porta a dire che in agricoltura biologica, il terreno in particolare e l'azienda più in generale, devono essere considerati come un organismo vivente, il cui regolatore metabolico è la sostanza organica. Su l'organismo-azienda, agiscono gli input determinati dagli interventi tecnici ed all'organizzazione aziendale.

Con questa impostazione, di fronte ai problemi di una coltura, la domanda principale da porsi per affrontarli correttamente, non è quanto concime devo dare ma quali interventi sono necessari perché si sviluppi quella relazione tra processi chimici e funzioni biologiche, regolata dalla sostanza organica. Solo dopo aver fatto questo ragionamento per individuare gli interventi necessari, ha veramente senso ragionare sulla quantità di concime da somministrare nell'immediato, anche per risolvere problemi contingenti. Sotto questo aspetto la concimazione non può che essere una piccola parte della fertilizzazione del terreno e, per questi motivi, in agricoltura biologica non ci sono ricette ma interventi mirati, per migliorare o riattivare l'elemento vitale della fertilità del suolo: l'humus. In virtù dei risultati della ricerca svolta e dell'approccio complessivo descritto, Scheller individua nelle condizioni favorevoli, cioè quando la pianta è in grado di operare una mobilizzazione attiva degli elementi del suolo e in quelle sfavorevoli, cioè quando la pianta deve nutrirsi esclusivamente delle riserve solubili, i due estremi della variegata realtà di campo dei tanti e molto diversi, organismi aziendali. Sulla base di queste considerazioni affrontare la fase di conversione cercando di capire qual è il migliore surrogato ammesso dell'urea piuttosto che del perfosfato, è gravemente sbagliato. Non tanto perché operare in base alla teoria della restituzione crea diseconomie tecniche e gestionali paurose, quanto perché non consente di intervenire correttamente su di un organismo complesso come il terreno, per cui la concimazione è solo un passaggio più o meno rilevante, per il suo metabolismo. Una cattiva gestione della sostanza organica, problemi di struttura, scarsa attenzione per gli avvicendamenti, un intervento ritardato per il controllo delle infestanti, una semente non idonea all'ambiente o qualitativamente scadente, lavorazioni intempestive, in sintesi, l'errata applicazione dei principi fondamentali della buona pratica agronomica, sono la vera causa del malessere dell'organismo azienda, che porta alla carenza di nutrienti e conseguentemente ai problemi di basse rese. Come già detto una resa bassa, un non raccolto, quasi mai corrisponde ad un risparmio di nutrienti e certamente mai ad un'azione positiva per l'organismo azienda biologica. Anzi si deve aver chiaro che un buon raccolto è il migliore investimento sulla coltura successiva. Una coltura vitale, trasforma più carbonio ed immette nel terreno più composti contenenti carbonio di una coltura debole. Si può dire che guida i processi del terreno e non li subisce passivamente, anche perché è in grado di operare una mobilizzazione attiva di sostanze nutritive, spesso superiori al proprio fabbisogno.

L'immissione di elevate quantità di carbonio, favorisce una corrispondente attività di decomposizione da parte dei microrganismi, che produrrà mineralizzazione di Azoto a favore della coltura che sarà presente su quel terreno, nell'anno successivo. - Considerazioni finali su fertilizzazione e sostanza organica Può essere utile ragionare ancora su qualche numero, per confermare questo concetto, alla base del metodo di agricoltura biologica e rafforzare la centralità del bilancio umico nella formulazione del piano di fertilizzazione. Se il peso di un ettaro di terreno per i primi 30 cm è, mediamente 3,6 milioni di chili, i 26 quintali di humus, potenzialmente prodotti dall'interramento di 300 quintali di letame, sono appena lo 0.072% del peso totale di quel terreno, così come gli 850 Kg/Ha, potenzialmente prodotti dalla restituzione di 40 quintali di paglia, rappresentano al massimo lo 0.024% di quel peso. Ipotizzando in questo terreno una dotazione di S.O. pari a solo l'1.5%, questa corrisponde quantitativamente a 54.000 Kg/Ha. Con una mineralizzazione del 2% annuo, in questo terreno si ha un consumo di S.O. intorno ai 1.100 Kg/Ha. L'apporto di 2.600 chili di sostanza organica proveniente dal letame, compenserebbe pienamente e abbondantemente la perdita, portando in attivo il bilancio umico e facendo passare la S. O. totale, presente in questo terreno da 54.000 a 55.520 Kg/Ha. Questo auspicato e ricercato incremento, corrisponde però ad un aumento percentuale dell'humus presente nel terreno, di appena lo 0.042%. L'aver quantificato con i numeri di quanta attenzione necessita la sostanza organica del terreno, non deve assolutamente scoraggiare ma bensì, stimolare le strategie agronomiche per migliorare continuamente la fertilità organica, coscienti anche, che il valore della sostanza organica non è solo quantitativo ma anche e soprattutto qualitativo. Un buon lavoro su rotazione e fertilizzazione pur non comportando, nel breve periodo, un incremento numericamente rilevante, è spesso sufficiente per dare riscontri positivi sull'applicazione del metodo di agricoltura biologica. Per gli effetti che la sostanza organica ha sull'ecosistema suolo, anche incrementi numericamente piccoli, possono contribuire a risultati interessanti. Bisogna tenere ben presente che, per la sostanza organica, un valore analitico di 0,8% non corrisponde alla metà di 1,6%, né quantitativamente né tanto meno, qualitativamente, in quanto sotto una certa soglia la S.O. inizia a perdere componenti attive, comportandosi quasi da materia fossile. Qualsiasi incremento, anche piccolo come può considerarsi quel 0.042%,

precedentemente portato ad esempio, è promotore di nuova fertilità e vitalità produttiva e, quindi, di nuovi positivi incrementi. L'operatore rileverà direttamente che, al di là del dato numerico, la cessazione dell'uso di diserbanti e geodisinfestanti che hanno azione inibitrice per l'attività microbiologica ed il lavoro sulla fertilità con l'introduzione di fertilizzanti organici su avvicendamenti colturali efficienti, viene ben ripagato dal terreno. E' stato già detto che sono molti i fattori che influiscono sul ciclo della sostanza organica nel terreno, cioè sulla formazione dell'humus e la sua mineralizzazione. Oltre alle condizioni pedoclimatiche, è bene sottolineare una volta di più, che uno degli elementi che ha influenza determinante sulla riuscita, è la gestione agronomica del suolo. Terreno scoperto e lavorato esposto per lungo tempo agli agenti atmosferici, ossigenazione eccessiva, per esempio, causata da ripetute estirpature fatte per contenere le infestanti nei periodi di non coltura, lavorazioni profonde, cattiva gestione delle acque superficiali, esposizione ai processi erosivi, sono tutti fattori fortemente negativi per il raggiungimento degli obbiettivi prioritari della agricoltura biologica. Fin qui abbiamo parlato di numeri per quantificare e rendere meglio il concetto di bilancio, utilizzando un metodo di calcolo, definito approssimativo per finalità scientifiche ma certamente semplice ed efficace per l'esigenza aziendale di puntare a livelli più alti di sostanza organica attiva. L'obbiettivo è dunque chiaro ma non deve essere vissuto come un incubo, perché una fertilizzazione equilibrata su base organica e l'applicazione dei principi di buona pratica agronomica, sono presupposti sufficientemente solidi per far bene agricoltura biologica. Non devono quindi spaventare i commenti riportati sulle analisi del terreno, a lato del dato percentuale di sostanza organica rilevata che, nella maggioranza dei casi, corrisponde a sostanziali bocciature. Lo standard che gira intorno a: "povero, sufficiente, ricco", uguale per tutti i terreni e per tutte le condizioni ambientali è per forza di cose inadeguato. Per esempio, un 2% di sostanza organica può essere un valore interessante per terreni sabbiosi, di maggior peso ed elevato tasso di mineralizzazione, mentre è un dato migliorabile, per terreni argillosi con valori più bassi di mineralizzazione e peso specifico. A chiusura dell'argomento, è utile ribadire ancora, che solo la S.O. vegetale è in grado di produrre humus stabile. Pertanto la S.O. di sola origine animale a partire dai liquami per arrivare ai concimi ricchi in Azoto come: sangue, carniccio, cuoio torrefatto, lana ecc., pur presentando contenuti elevatissimi in S.O., da soli, senza l'apporto di materia organica di origine vegetale, non sono in grado di produrre humus stabile. Tipo di terreno e valori medi rilevabili

Tipo di terreno % normale di humus Densità apparente (Kg/dm 3 ) q. di humus presenti K 2 % Humus Mineralizzato (q/ha) Azoto Disponibile (Kg/Ha) Leggero 1.5 1.4 630 2.5 15,2 76 Medio impasto 1.8 1.2 648 2 13 65 Argilloso 2.2 1.1 726 1.8 13 65 da E. Cozzolino - CRPV linee guida per l'agricoltura biologica indietro HOME avanti