INDICE Introduzione... 4 Capitolo 1: La formazione esperienziale... 7 1. Quadro teorico di riferimento. 8 2. Il modello esperienziale secondo Kolb, Deming, Knowels... 10 2.1 La teoria di Kolb. 10 2.2 La teoria di Deming... 15 2.3 La teoria di Knowles 16 3. Trasferibilità della formazione alle esperienze lavorative... 18 4. Diffusione delle metodologie esperienziali in Italia 19 Capitolo 2: La metafora nella formazione esperienziale 21 1. Scelta e costruzione della metafora formativa. 21 2. Analisi e progettazione delle metafore esperienziali... 28 3. Tipologie di metafore.. 31 3.1 Metafore sportive. 32 3.2 Metafore dell arte... 35 3.3 Metafore enogastronomiche... 36 3.4 Metafore del gioco... 37 Capitolo 3: Il processo formativo... 40 1. Il processo formativo... 40 1.1 L analisi dei bisogni... 41 1.2 La progettazione 43 1.3 La conduzione... 44 1.4 Il debriefing... 45 1.5 Il follow up... 47 2. Tipologie e ruoli nella formazione esperienziale. 49 1
Capitolo 4: Le competenze del formatore esperienziale 54 1. Le competenze del formatore secondo l Isfol. 54 2. Le competenze del formatore esperienziale 58 3. Le competenze del formatore esperienziale nello sviluppo della metafora 64 4. Vantaggi della formazione esperienziale 65 4.1 Intervista a Luca Giuman.. 67 4.2 Intervista a Filomena Del Pesce 68 5. Limiti della formazione esperienziale. 71 Conclusioni..... 72 Ringraziamenti... 74 Bibliografia... 75 Sitografia 77 Allegato... 78 2
A mia madre, Lei che continua ad illuminare la mia strada. 3
Introduzione Il presente lavoro si pone l obiettivo di voler approcciare ad un primo studio sulle competenze che dovrebbero caratterizzare il formatore esperienziale con uno specifico focus nello sviluppo della metafora. Lo scopo di questa tesi è quello di gettare uno sguardo d analisi su un tipo di formazione non convenzionale al fine di illustrare le caratteristiche distintive di un formatore esperienziale. La motivazione che mi ha portato a scegliere questa tematica nasce dal mio interesse verso la formazione esperienziale, metodologia formativa che ho avuto modo di conoscere durante l insegnamento di formazione e politiche delle risorse umane nel corso di laurea triennale in Formazione e Sviluppo delle Risorse Umane. La trattazione è stata divisa in quattro capitoli. Nel primo capitolo, ho delineato la storia della formazione esperienziale e le teorie dell apprendimento che considerano l esperienza lo strumento migliore per condurre gli individui ad acquisire conoscenze e a modificare atteggiamenti e comportamenti. In particolare, ho trattato la teoria dell apprendimento di Kolb, di Deming e di Knowles, pilastri fondamentali della formazione esperienziale. Nel secondo capitolo ho introdotto la metafora formativa e approfondito il tema riportando il caso di Errebian, un azienda italiana leader nella distribuzione di prodotti e servizi per l ufficio, presso la quale ho potuto osservare un corso di project management. Il secondo capitolo si conclude con una panoramica delle principali tipologie di metafore possibili. Nel terzo capitolo ho approfondito il processo formativo e ho definito, in seguito, le tipologie e i ruoli nella formazione esperienziale. Il quarto capitolo entra nel tema delle competenze del formatore. Ho analizzato il profilo del formatore secondo l Isfol e successivamente ho evidenziato le competenze del formatore esperienziale nello sviluppo della metafora. Il capitolo si conclude con un approfondimento sui vantaggi e i limiti della metodologia esperienziale e le 4
interviste al Direttore Generale di Infonet Solutions e la Responsabile Organizzazione e Training di AXA Assistance. Ritengo opportuno, all inizio di questo percorso, porsi una domanda a cui cercherò di dare risposta con questo lavoro: Quali sono le caratteristiche e le competenze che ha o dovrebbe avere un formatore esperienziale? È su questa analisi che si fonda questa tesi ed è da qui che ripartiremo in fase conclusiva del percorso di ricerca. 5
Se ascolto dimentico, se vedo ricordo, se faccio capisco. Confucio 6
Capitolo 1 La formazione esperienziale L'apprendimento esperienziale è un tipo d'intervento formativo in cui il conduttore ha il ruolo di facilitatore dei processi di apprendimento; propone e fornisce, infatti, la possibilità di fare un'esperienza specifica. L'oggetto dell'apprendimento è proprio del partecipante; infatti, è solo la persona che sa cosa ha imparato dall'esperienza. Il facilitatore lo aiuta a farne qualcosa di utile a se stesso. La formazione esperienziale, come evidenziato dal nome, mette al centro del processo di apprendimento l esperienza intesa come scambio fra la persona e l oggetto dell esperienza; uno scambio che assume significato se la persona riesce a cogliere l effetto che l interazione ha avuto su di lei. Ha quindi particolare importanza non solo quello che accade, ma il riconoscimento di quanto è accaduto da parte di chi l ha vissuto. E un tipo di formazione attraverso la quale l adulto si mette in gioco. E progettata e realizzata da formatori esperti nella gestione dell apprendimento degli adulti che supportano il partecipante all interno di un preciso percorso formativo finalizzato allo sviluppo di competenze. L apprendimento esperienziale avviene quando le esperienze sono seguite dalla riflessione, dall analisi critica e dalla sintesi. «Fare formazione esperienziale vuol dire, quindi, progettare e gestire un ambiente fisico ed uno spazio mentale in cui le persone possono interagire liberamente e condividere delle esperienze cognitive, emotive e fisiche, direttamente o analogicamente correlate all apprendimento di conoscenze, capacità e atteggiamenti utili per il miglioramento delle prestazioni lavorative» (Rago E., L arte della formazione, Franco Angeli, 2006, pag. 33). La formazione esperienziale si occupa delle relazioni interpersonali nei contesti organizzativi e negli ambienti di lavoro, con particolare attenzione alla gestione dei conflitti, al significato di appartenenza, allo sviluppo delle qualità e alla realizzazione di uno stato di benessere personale e organizzativo. 7
La formazione esperienziale viene utilizzata per velocizzare i processi di apprendimento dei partecipanti, attraverso la consapevolezza dei propri comportamenti, facendo elaborare e sedimentare in loro alcuni concetti veicolati attraverso le emozioni che maturano durante l esperienza. La differenza più importante, rispetto alla formazione classica, è l ingresso in campo della sfera emotiva, delle sensazioni, della componente irrazionale. Fare formazione esperienziale significa, quindi, creare esperienze significative da utilizzare come base di lavoro personale, mettendo al centro l individuo e il suo rapporto con il mondo che lo circonda; procurare un esperienza e facilitare una riflessione che trasforma l azione in formazione. 1. Quadro teorico di riferimento Per capire a fondo la formazione esperienziale è necessario soffermarsi sulla definizione del termine esperienza. La parola esperienza deriva dal latino experior, dove il termine -perior implica una nozione di pericolo, prova, qualcosa con cui ci si misura. Nella tradizione filosofica il termine indica quel tipo di conoscenza che parte dall attività dei sensi. Nell antica Grecia l esperienza era indicata con la parola empeirìa che stava a significare che con l esperienza il soggetto era in grado di saggiare all interno la realtà. Platone condusse un analisi sul concetto di esperienza e fece una distinzione tra i giudizi formati sulla base di esperienze pratiche e quelli che hanno utilizzato l intelletto per elaborare veri e propri ragionamenti (Platone, Repubblica, IX, 582). Platone definisce, quindi, l esperienza come un «fondamento ontologico ai fenomeni sensibili sulla base delle idee che l esperienza stessa induce a risvegliare nella mente umana» (Livi A., Il principio di coerenza: senso comune e logica epistemica, Armando Editore, Roma, 1997, p.20). 8
Anche Aristotele condusse diversi studi sul concetto di esperienza, definendola come un insieme di sensazioni e memoria reso possibile dall induzione, cioè la capacità di cogliere l universale attraverso i particolari. Nel Medioevo l esperienza diviene un concetto della gnoseologia ed è intesa come una o l unica fonte del sapere. In questo periodo Ruggero Bacone afferma che «senza l esperienza niente può essere conosciuto sufficientemente. Infatti due sono i mezzi del conoscere, la dimostrazione e l esperimento. [...] Se difatti un uomo, che non ha mai visto il fuoco, ha provato con argomenti sufficienti che il fuoco brucia e intacca e distrugge le cose, mai per questo si acquieterebbe lo spirito dell ascoltatore nè eviterebbe il fuoco prima di avvicinare la mano o una cosa combustibile al fuoco, in modo da provare con l esperienza ciò che l argomento insegnava. Ma, ottenuta l esperienza della combustione, lo spirito si rende certo e si acquieta nel fulgore del vero. Non basta, quindi, l argomento, ma si richiede l esperienza» (Ruggero Bacone, Opus maius, VI, 1). Per John Locke l esperienza fornisce alla ragione il materiale della conoscenza che essa adopera. La ragione può solo ordinare questo materiale a suo modo, formando idee complesse e ragionamenti; ma anche in questa attività deve essere controllata dall esperienza perché altrimenti le sue costruzioni sono fantastiche. Locke, nel suo Saggio sull intelletto umano scrive che la mente umana è come un foglio di carta bianco: è l esperienza che vi scrive sopra le idee; ma come il foglio è predisposto alla scrittura, così la mente ha la facoltà di formulare e di elaborare le idee. Anche le idee complesse, frutto dell attività della mente, hanno la loro origine nelle idee semplici che scaturiscono dall immediatezza dell esperienza sensibile. Immanuel Kant nel 1781 pubblica la Critica della ragion pura, in cui evidenzia che l esperienza è il punto di partenza di ogni conoscenza, integrato, poi, dall apporto formale della ragione umana. Per John Dewey, l apprendimento avviene coltivando l individualità e la libera attività, imparando dall esperienza, acquisendo abilità che servono per raggiungere scopi davvero significativi, utilizzando al meglio le opportunità del presente, adattandosi al mondo che cambia. Non prepara alla vita, ma è essa stessa un processo 9
di vita. Si basa su motivazioni intrinseche e individuali piuttosto che su stimoli e punizioni. Nasce da una costante riorganizzazione dell esperienza che insegna a dirigere le esperienze successive. Kurt Lewin articola tutto il suo lavoro sull integrazione tra teoria e pratica. Lewin sostiene il learning circle. Il ciclo dell apprendimento inizia e termina con la concreta esperienza (concrete experience) che costituisce sia la spinta sia lo scopo del processo. La concreta esperienza passa attraverso l osservazione e la riflessione (observation and reflection) e utilizzando le teorie (abstract concepts) giunge con la sperimentazione (sperimentation) a tradurre la riflessione in azione e quindi in esperienza. Kurt Lewin Experiential Learning Circle Fonte: http://www.thelearningevent.co.za/?pid=217&tid=7 consultato in data 23/04/2013 2. Il modello esperienziale secondo Kolb, Deming, Knowels 2.1 La teoria di Kolb L apprendimento esperienziale è un processo nel quale la costruzione della conoscenza avviene passando attraverso l osservazione e la trasformazione dell esperienza; non, quindi, attraverso la passiva acquisizione di nozioni e concetti. 10
La teoria di Kolb si lega al concetto di life long learning in quanto imparare è un processo che dura tutta la vita. Si può apprendere in qualsiasi situazione, non solo in quelle designate per l apprendimento. Il modello esperienziale di Kolb propone un processo ciclico di apprendimento esperienziale che prevede 4 stadi: 1. stadio delle esperienze concrete, dove l apprendimento è prevalentemente il risultato delle percezioni e delle reazioni alle esperienze; 2. stadio dell osservazione riflessiva, dove l apprendimento deriva prevalentemente dall ascolto e dall osservazione. In questa fase si riflette sulle esperienze e si osservano da diverse prospettive; 3. stadio della concettualizzazione astratta, in cui l apprendimento si concretizza mediante l analisi e l organizzazione sistematica delle informazioni; 4. stadio della sperimentazione attiva, in cui l apprendimento è basato sull azione, la sperimentazione e il riscontro dei risultati. Un apprendimento efficace e completo vede coinvolte tutte le quattro fasi del processo e non è importante da quale delle quattro si sia partiti. È possibile, infatti, iniziare l'apprendimento da qualsiasi punto del ciclo, e ciascuno stadio ha bisogno di abilità diverse per essere svolto nel migliore dei modi. Le quattro fasi dell apprendimento del ciclo di Kolb vengono proposte come un ciclo di apprendimento continuo per l adulto e potrebbero essere assimilate alle fasi di crescita e sviluppo del bambino. Per rendere ancora più chiara l esposizione ci rifaremo, quindi, a questa similitudine. L esperienza concreta è un momento formativo tipico del neonato, il quale, durante tutta la sua prima parte della vita, non avendo ancora capacità di immagazzinare concetti astratti, si nutre di esperienze concrete e emozionali. Nella vita da adulti questa fase corrisponde alla parte di conoscenza che è nascosta nel bagaglio di esperienze più o meno emozionanti con cui cerchiamo di risolvere le situazioni che affrontiamo. Nello stadio delle esperienze concrete il focus è sul coinvolgimento diretto e personale. Questo atteggiamento coinvolge la sfera emotiva. Il risultato è vissuto come personale ed è favorito da un approccio intuitivo e dalla 11
capacità di adattamento situazionale. Durante la formazione, le attività che favoriscono questa fase sono le attività di laboratorio, i lavori sul campo, gli esempi, le simulazioni, i giochi di ruolo, il "training on the job" e in generale tutte le attività che richiamano la concretezza e l applicazione. Successivamente, entra in gioco un altra abilità. Il bambino inizia a interagire con più persone e a vedere che gli altri fanno le stesse attività in modo diverso. Da queste attente osservazioni il bambino trae dei suggerimenti, fa delle riflessioni e mette in azione piccoli cambiamenti. Durante la fase di osservazione riflessiva l'apprendimento si focalizza sulla comprensione dei significati attraverso l ascolto, il confronto e l'osservazione imparziale. Assumono importanza la comprensione, la qualità dell analisi e la sua attendibilità. Nella formazione gli strumenti che meglio facilitano questa fase sono la lezione, le letture specialistiche, i riferimenti autorevoli, la discussione, i case history. Il bambino si trasforma poco alla volta in adulto e durante il passaggio tra gli otto e i dodici anni inizia a trattenere le informazioni e i concetti astratti. Questa nuova capacità permette al bambino di discutere in maniera sempre più complessa, imparando modelli d azione letti o raccontati, ma non visti né già sperimentati. Nello stadio della concettualizzazione astratta l'apprendimento si focalizza sull organizzazione logica dei contenuti e sulla possibilità di individuare regole e dinamiche di processo, applicabili in maniera generalizzata. Si elaborano teorie e dimostrazioni astratte attraverso analisi, individuazione dei concetti chiave, dei nessi di causa ed effetto. Gli strumenti per il training sono le lezioni, gli articoli, i modelli, la rappresentazione grafica e i diagrammi. Infine, il bambino, ormai diventato ragazzo, tende a personalizzare il proprio modo di vedere e percepire le situazioni e con esse anche gli apprendimenti. Ciò significa che tutto ciò che acquisisce viene tritato attraverso la propria visione egocentrica. Non si riflette molto su ciò che si deve o non si deve fare, ma si passa velocemente all azione. Negli adulti, questa caratteristica d apprendimento si manifesta quando davanti a un problema o a una situazione nuova si tende a agire in maniera repentina, a volte quasi senza pensare. Nella sperimentazione attiva ci si focalizza sulla ricerca 12
di opzioni per il cambiamento e l'evoluzione. L azione e le possibili applicazioni sono dirette ad un obiettivo di funzionamento. Simulazioni, team working, laboratori, sono indicati per favorire questo stadio dell apprendimento. Una maggiore o minore inclinazione o predisposizione per ciascuno di questi stadi determina un diverso stile di apprendimento. Kolb ha elaborato, infatti, quattro stili di apprendimento che corrispondono a quattro tipologie di profili personali: 1. Stile adattivo 3. Stile assimilativo 2. Stile divergente 4. Stile convergente I quattro stili di apprendimento non corrispondono ai quattro stadi descritti da Kolb, ma ogni stile privilegia due fasi come si può notare nel seguente grafico. David Kolb Ciclo e stili di apprendimento Fonte: http://www.startegy.it consultato in data 23/04/2013 13
Stile adattivo: privilegia l esperienza concreta e la sperimentazione attiva. Gli adattivi sono in grado di adattamenti intuitivi alle situazioni. Mostrano difficoltà nel decodificare a posteriori i processi che loro stessi hanno attivato e prediligono ripetersi apportando nuove modifiche ai comportamenti. Sono fortemente orientati ai risultati e il loro focus è diretto alle conseguenze delle loro azioni. Solitamente propendono per l assunzione di responsabilità e l agire per obiettivi li stimola. Sono disposti a sacrificare l efficienza di una soluzione per l ottimizzazione del risultato. Rientrano in questo profilo le categorie di insegnanti e liberi professionisti, i venditori. Stile divergente: privilegia osservazione riflessiva ed esperienze concrete. I divergenti sono interessati alle persone e investono molto sul piano relazionale ed emotivo. Sono sempre alla ricerca di ulteriori approfondimenti e significati ed hanno solitamente interessi vari e interdisciplinari. Hanno maggiore facilità ad uscire dagli schemi e necessitano di dialogo e generazione di idee alternative. Gli interessa trovare risposte ai propri perché?. Fanno parte di questo profilo gli psicologi, gli artisti, i coach, i creativi. Stile convergente: privilegia la concettualizzazione astratta e la sperimentazione attiva. I convergenti sviluppano solitamente abilità nell'applicazione pratica delle idee. Sono orientati all azione e propendono per la messa in pratica delle idee il più rapidamente possibile. Una discussione troppo lunga e con molte variabili rischia di renderli impazienti. Questo stile è stato definito convergente perché risponde al profilo di una persona che si trova a suo agio in quelle situazioni in cui si converge verso una singola opzione (o verso un numero limitato di opzioni). Si tratta di un profilo efficiente nell operatività ma rigido che apprende per prove ed errori e predilige, di conseguenza, un ambiente che favorisce la sperimentazione e non penalizza gli sbagli. Fanno parte di questo profilo ingegneri, avvocati, manager. Stile assimilativo: privilegia l osservazione riflessiva e la concettualizzazione astratta. Gli assimilatori sono abili nella sistematizzazione dei concetti e nell'elaborazione di modelli teorici costruiti attraverso ragionamenti induttivi. Assimilano le conoscenze raccogliendo dati e informazioni. Sono obiettivi, razionali 14
e logici e manifestano un forte orientamento al compito e un basso orientamento alla relazione. Il loro eloquio è logico e razionale. Individuano l'esperto come figura di riferimento in ottica di apprendimento. Fanno parte di questo profilo gli scienziati e gli specialisti di ricerca. 2.2 La teoria di Deming Con il suo ciclo di apprendimento Kolb ci introduce al tema della formazione esperienziale nell ottica di una formazione-apprendimento continuo. In tal senso ritengo opportuno affiancare al modello di Kolb quello di Deming che può essere preso a riferimento come modello di ciclo continuo di sviluppo personale. William Edwards Deming è considerato da molti il fondatore del movimento della qualità. Deming ha ideato il ciclo PDCA in Giappone negli anni cinquanta. In quegli anni in Giappone la produzione di qualità era assicurata semplicemente dalle fasi di collaudo. Ispezioni successive al processo davano la sola possibilità di scartare i pezzi difettosi e, in tale logica, l'aumento della qualità avrebbe significato l'aumentare delle ispezioni e di conseguenza dei costi. Sprechi e costi non erano in sintonia con il concetto di qualità ricercato dal Giappone, il quale si affidò ad esperti americani tra i quali William Edwards Deming, per introdurre degli strumenti atti ad assicurare un progressivo miglioramento della qualità. In seguito, il modello ideato da Deming è diventato famoso per la sua applicabilità ad ogni settore, in quanto il suo metodo circolare e ricorsivo permette di implementare e migliorare qualsiasi processo. Il ciclo di Deming è un modello studiato per il miglioramento continuo della qualità in un'ottica a lungo raggio. Serve per promuovere una cultura della qualità che è tesa al miglioramento continuo dei processi e all'utilizzo ottimale delle risorse. Questo strumento parte dall'assunto che per il raggiungimento del massimo della qualità sia necessaria la costante interazione tra ricerca, progettazione, test, produzione e vendita. 15
Il modello applicativo è suddiviso in quattro fasi: Plan: la pianificazione. Serve per stabilire gli obiettivi dei processi (o dei problemi) e progettare strategie per ottenere risultati conformi alle politiche dell organizzazione. Do: l implementazione. Inizia l attuazione dei processi pianificati. Check: la valutazione. Vengono monitorati e misurati i processi e confrontati rispetto agli obiettivi ipotizzati. Act: l agire. Vengono adottate azioni per consolidare e migliorare ulteriormente ed in maniera continuativa le prestazioni dei processi ed i risultati raggiunti. Per migliorare la qualità e soddisfare il cliente, le quattro fasi devono ruotare costantemente, tenendo come criterio principale la qualità. William Edwards Deming Il ciclo PDCA Fonte: http://www.expertprogrammanagement.com consultato in data 22/04/2013 2.3 La teoria di Knowles Knowles può essere collocato tra i più noti studiosi dell apprendimento adulto. Per Knowles gli adulti apprendono in modo diverso dai bambini. Egli elabora una tipologia di caratteristiche dell adulto in apprendimento introducendo nella sua teoria due variabili dipendenti di primaria importanza: l età e l esperienza dei soggetti. L interrelazione tra esperienze di vita, età e apprendimento definisce l ambito stesso dell apprendimento e conduce Knowles ad una progressiva attenzione per l unicità 16
dei soggetti in formazione, per l individualità, per la dimensione qualitativa dei processi, dei casi e delle biografie individuali. «Le diverse esperienze producono negli individui adulti trasformazioni, anche nella forma di resistenze alla crescita e all apprendimento, che ne fanno soggetti adulti senza autonomia, senza capacità di autorealizzazione, senza sufficiente fiducia in se stessi» (Knowles M., Informal Adult Education, Association Press, New York, 1950). Knowles cerca di formulare una teoria dell apprendimento degli adulti tenendo conto degli esperimenti e delle ricerche sulle caratteristiche specifiche che presentano i soggetti adulti ed elaborò un modello che definì andragogico in contrapposizione a quello pedagogico. Il modello andragogico di Knowles, si fonda su sei presupposti: Il bisogno di conoscere: gli adulti sentono l esigenza di sapere perchè occorra apprendere qualcosa prima di intraprendere l apprendimento stesso. Il concetto di sé: gli adulti hanno un concetto di sé come persone responsabili delle loro decisioni, della loro vita e sviluppano un profondo bisogno psicologico di essere considerati e trattati dagli altri come persone capaci di gestirsi autonomamente. Il ruolo dell esperienza: gli adulti entrano in attività di formazione con una loro esperienza pregressa. La disponibilità ad apprendere: gli adulti sono disponibili ad apprendere ciò che hanno bisogno di sapere e di saper fare per far fronte alle situazioni della loro vita. L orientamento verso l apprendimento: in contrasto con l orientamento verso le materie, quello degli adulti è incentrato sulla vita reale. La motivazione: le motivazioni più potenti dell adulto sono le pressioni interne. 17
3. Trasferibilità della formazione esperienziale alle attività lavorative La trasferibilità della formazione alle esperienze lavorative può essere definita come la possibilità di applicare al proprio ambito lavorativo competenze, conoscenze, skills e atteggiamenti acquisiti durante la formazione, e mantenerli nel tempo. Il modello proposto da Marguerite Foxon in A Process Approach to the Transfer of Training evidenzia la distanza che esiste tra l ambiente formativo e quello professionale. Seppure i discenti lasciano l aula con l intenzione di applicare le conoscenze apprese, è possibile che diversi fattori ambientali compromettano la motivazione e quindi pregiudichino il successo della trasferibilità. Vi sono però alcuni fattori che entrano in gioco durante e immediatamente dopo la formazione, che supportano il trasferimento (ad esempio percepire l utilità dei nuovi comportamenti). I professionisti della formazione devono attuare delle strategie per massimizzare le probabilità di avvio e mantenimento del trasferimento della formazione alle attività lavorative. Una delle possibili basi per un cambiamento duraturo è l attività di follow-up: momento formativo della durata di una o due giornate a distanza di circa tre mesi dal termine dell attività d aula. Tali incontri di valutazione ex post possono fornire all organizzazione indici rilevanti dell efficacia della formazione sia a livello di conoscenza degli argomenti oggetto del corso, sia sul grado di miglioramento dei comportamenti lavorativi, obiettivo per il quale l organizzazione investe nella formazione. Durante le sessioni di follow up è utile utilizzare foto e video raccolti durante le giornate di formazione per farlo diventare uno stimolo efficace per rievocare emozioni ed esperienze vissute durante le attività esperienziali. Numerosi studi hanno dimostrato come l attività di follow up sia necessaria per garantire risultati duraturi nel tempo. La difficoltà viene percepita nel momento in cui si provano ad agire i comportamenti nuovi sperimentati durante un attività formativa ma, non raggiungendo i risultati attesi, si ritorna alle abitudini comportamentali precedenti. 18
È importante che l esperienza costituisca la fase iniziale di un processo di accompagnamento che può proseguire con piani di sviluppo personali, sessioni di follow up, ed eventualmente sessioni di coaching individuale. 4. Diffusione delle metodologie esperienziali in Italia Negli ultimi anni in Italia si è osservata una diffusione incontrollata delle metodologie esperienziali, metaforiche e outdoor nella formazione. Attualmente in Italia esiste un vero e proprio mercato della formazione esperienziale. Molta dell offerta formativa innovativa è realizzata spesso da attori, non necessariamente formatori e consulenti aziendali di professione, che introducono, o meglio commercializzano nel contesto organizzativo alcuni loro interessi e pratiche (nella maggior parte dei casi sportive e artistiche). Spesso queste proposte risultano in realtà in una fase sperimentazione ma vengono pubblicizzate alle aziende come format già rodati ed a regime. In altri casi possono essere una scopiazzatura di fornitori nuovi rispetto ad interventi formativi proposti da fornitori più qualificati. Manca, quindi un reale modello teorico di riferimento e soprattutto la misurazione dei risultati ottenuti nello sviluppo di competenze professionali specifiche. La ricca offerta del mercato della formazione esperienziale può creare difficoltà anche ai fornitori (oltre che ai clienti finali) che si trovano a dover investire risorse per abbattere resistenze e pregiudizi in un mercato altamente concorrenziale. I fruitori della formazione esperienziale, spesso, al momento del colloquio preliminare di analisi dei fabbisogni, tendono a focalizzare l attenzione più sull attività che sull obiettivo del processo formativo, creando una forte attenzione sull attività ludica. Negli ultimi anni la metodologia esperienziale e l outdoor training hanno avuto un ampia diffusione nel mondo della formazione aziendale italiana. È necessario, a questo punto, fare chiarezza sui termini. Danieta Fregosi 1 definisce con il termine 1 Daniela Fregosi è una psicologa del lavoro. Si occupa di consulenza e formazione aziendale dal 92 e di metodologie esperienziali dal 98. Specializzata in formazione esperienziale ed outdoor training con il Master Outdoor Management Training, nel 2008 ha fondato la Community dell Apprendimento esperienziale www.formazione-esperienziale.it 19
formazione esperienziale «l approccio metodologico generale che comprende tutta una serie di metodologie specifiche e diversificate tra cui l outdoor training. È preferibile utilizzare l aggettivo outdoor per descrivere un contesto ambientale (all aria aperta) piuttosto che una metodologia e quindi la formazione esperienziale può, a seconda del tipo di attività metaforica utilizzata, svolgersi in un contesto indoor, outdoor o misto» (Fregosi D., La formazione esperienziale e l outdoor training: facciamo chiarezza su rischi ed opportunità, in www.formazioneesperienziale.it). La formazione esperienziale, inoltre, ha assoluto bisogno di differenziarsi da attività di animazione perché è progettata e realizzata da formatori esperti nella gestione dell apprendimento degli adulti e quindi non si limita a proporre divertenti e suggestive attività fine a se stesse ma supporta il partecipante all interno di un preciso percorso formativo concordato con l azienda committente. Azienda, formatori e partecipanti devono quindi avere ben chiari gli obiettivi di fondo dell intervento sin dall inizio per non correre il rischio di realizzare interventi, magari divertenti e di apparente successo, ma che non hanno centrato gli obiettivi e non sono formativi. 20