Bruno Pistoni consulente enogastronomico



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CHIANTI CLASSICO D.O.C.G. Il vino rosso che, soprattutto nel passato, ha rappresentato l enologia italiana, è il Chianti Classico, ossia quello prodotto nell omonima area geografica. Si tratta di una zona collinare posta nel centro della Toscana tra i comuni di Firenze e Siena. Il territorio, e conseguentemente il vino, hanno una storia millenaria, considerato che la regione fu abitata dagli Etruschi e dominata dai Romani. Nel Medioevo, con la costruzione di castelli, pievi e badie, l immagine architettonica della zona incominciò ad assumere la caratteristica fisionomia costellata da insediamenti abitativi sulla sommità delle colline che è giunta sino ai giorni nostri. Per un buon tratto di tempo del Medioevo, la zona del Chianti risultò divisa tra Fiorentini e Senesi, che dettero vita a numerosi scontri militari tra i quali quello della famosa battaglia di Montaperti nel 1260. Questo bailamme di guerre spiega il perché, in quel periodo, nacque la Lega del Chianti, organizzata dai proprietari terrieri allo scopo di difendere militarmente la zona, che assunse per insegna un gallo nero. Di fatto, il territorio venne fortificato e furono costruiti castelli e roccaforti che, in epoca di pace, divennero luoghi di residenza. Nel corso del Rinascimento, le lacerazioni interne andarono riducendosi. Il Chianti, all epoca, era formato dai Comuni di Gaiole, Castellina e Radda in Chianti; nel 1716 il Granduca di Toscana, Cosimo III ampliò la zona così da farla corrispondere approssimativamente a quella dell attuale Chianti Classico. Una tappa fondamentale per la definizione di questo vino si ebbe con Bettino Ricasoli; questi stabilì quali uve, e in quali proporzioni, si dovessero impiegare per la vinificazione del Chianti, ponendo così ordine ad una produzione fino ad allora non codificata. Fu pertanto in quegli anni che il vino acquisì caratteristiche molto simili, quando non uguali, a quelle attuali. Visto il successo generato dalla riforma di Ricasoli, molti produttori situati al di fuori della zona storica, si convinsero a cominciare la produzione di rossi analoghi al Chianti, la cui denominazione venne così svuotata del suo

significato geografico. Si trattava di vini non sempre di elevata qualità; anzi, non mancarono speculatori che spacciavano prodotti di bassa lega con la denominazione chiantigiana. Pertanto i legittimi produttori, preoccupati per la dequalificazione che stava subendo il loro prodotto, si riunirono nella primavera del 1924 a Radda in Chianti per dar vita al Consorzio per la difesa del vino Chianti e della sua marca di origine, nome che cambiò più volte negli anni sino a diventare, nel 1992, Consorzio del Marchio Storico Chianti Classico. Non cambiò, invece, il marchio di garanzia che accompagnava le bottiglie, ossia il gallo nero, simbolo dell antica lega. Il Consorzio dovette sostenere lunghe battaglie per poter ottenere il riconoscimento giuridico. Alcune importanti leggi furono emanate, tra cui quella che definì la zona del Chianti Classico includendovi, per intero o in parte, i Comuni di Gaiole, Castellina e Radda in Chianti, Barberino Val d Elsa, Castelnuovo Berardenga, Greve, Poggibonsi, San Casciano Val di Pesa. Ma è a partire dal 1967, data dell ottenimento della D.O.C., che il vino ricevette maggiori tutele e poté registrare l inizio di una più significativa evoluzione qualitativa. Il Chianti Classico, in particolare, venne riconosciuto vino dalle peculiari caratteristiche, soggetto a criteri più selettivi di quelli previsti per la denominazione dell omonimo vino prodotto al di fuori della zona classica. Nel 1984, infine, il Chianti ottenne la D.O.C.G. che introdusse modalità produttive maggiormente restrittive rispetto a quelle decretate nel precedente disciplinare, e venne nuovamente riconosciuta la particolarità del Chianti Classico. Dal 1992 la nuova legge che regolamenta la produzione vinaria (assegnazione delle D.O.C. e via dicendo) ha affidato un ruolo di rilievo ai consorzi di vigilanza, dando quindi loro compiti istituzionali. Quello chiantigiano sottopone i prodotti dei consorzi ad analisi organolettiche e chimiche più rigorose di quelle previste dalla legge. Infine, nel 1996 il Chianti Classico è diventato una D.O.C.G. autonoma, con un disciplinare di produzione distinto da quello del Chianti, coronando le ambizioni dei coltivatori.

Da quando la denominazione Chianti fece la sua comparsa, ossia nel 1404, ad oggi, il vino ha subìto notevoli cambiamenti. Non così il paesaggio che conserva caratteristiche medioevali. Si tratta di un territorio collinare coperto di boschi, dove prevalgono querce, castagni, pini e gli immancabili cipressi che spesso delimitano strade rurali. Il Chianti Classico prodotto è di due specie: uno giovane e, l altro, riserva. Il primo è contrassegnato dal marchio del gallo nero con bordo rosso; il secondo dallo stesso stemma bordato d oro. si tratta di due vini distinti; da un lato si ha un rosso giovane, commercializzato a un anno dalla vendemmia, gradevole e adatto ad accompagnare preparazioni poco impegnative. Dall altro lato vi è la riserva, vino prodotto nelle annate eccezionali, lasciato invecchiare e dotato di grande struttura e buona alcolicità, appropriato per accompagnare i piatti più saporiti. Va inoltre ricordato che è ammessa la pratica del governo all uso toscano. Si tratta di una consuetudine enologica che consiste nell aggiungere al vino nuovo, mosto di uva scelta lasciata appassire, che dà luogo a una lenta rifermentazione che conferisce al vino gradevole vivacità. Un vino governato, essendo fragrante, va consumato giovane; è particolarmente fresco, adatto ad essere abbinato, come un vino bianco strutturato, a carni bianche e pesci ben salsati. Il Chianti Classico D.O.C.G. deve essere prodotto da uve coltivate in terreni collinari a non oltre 700 metri di altitudine. I vitigni impiegati sono il sangiovese (presente con una quota che può variare dal 75 al 100 %), il canaiolo nero (massimo 10%), il trebbiano toscano e la malvasia bianca, singolarmente o congiuntamente (sino al 6%). Queste proporzioni, in vigore dal 1996, costituiscono una modifica dell uvaggio canonico. Il Chianti Classico, cioè, può essere ora prodotto con le sole uve sangiovese, abbattendo così il tradizionale limite invalicabile del 90%. Inoltre, considerando che molti produttori mal sopportano la presenza di vitigni bianchi (trebbiano e malvasia), diventa oggi assai più facile escluderli grazie alla grande discrezionalità con cui possono essere amministrate le uve sangiovese. Queste generano solitamente

vini color rosso rubino, profumati di spezie e di piccoli frutti, di buona struttura, rotondi e vellutati. La resa massima delle uve è di 7,5 tonnellate per ettaro; ogni ceppo, inoltre, non deve produrne oltre 3 chilogrammi; le viti, cioè, non devono essere poche e molto sfruttate, perché in questo caso, pur rispettando il disciplinare, darebbero origine a uve di qualità ordinaria. Il vino, ottenuto secondo le pratiche enologiche locali che comprendono, come detto, anche il sistema del governo all uso toscano, deve invecchiare sino al primo ottobre successivo alla vendemmia. All atto della commercializzazione il Chianti Classico deve possedere almeno 12 gradi alcolici e presentare: limpidezza, colore rubino vivace, tendente al granato con l invecchiamento; odore vinoso, con profumo di mammola; sapore armonico, asciutto, sapido, leggermente tannico. Tutte le operazioni di vinificazione, imbottigliamento e invecchiamento devono essere condotte all interno della zona di produzione. Inoltre per avere diritto alla D.O.C.G. ogni partita deve superare un esame chimico ed uno organolettico. Date queste caratteristiche di massima, il vino può assumere differenziate sfumature non solo man mano invecchia, ma anche in rapporto alle condizioni ambientali in cui il vitigno è stato allevato (microclima e composizione del suolo del vigneto di provenienza), oltre al grado di maturazione delle uve, alla loro resa, alle pratiche enologiche adottate, alle stesse caratteristiche dei cloni e via enumerando. Pertanto il Chianti Classico può mostrarsi ora vinoso, fresco e beverino, ora più austero, corposo, con vocazione all invecchiamento. Conseguentemente anche gli abbinamenti mutano secondo la natura della produzione. In linea di massima il vino si serve a 16-18 C di temperatura per accompagnare primi piatti saporiti con sughi di carne; si propone poi con secondi di carne bianca. Il Chianti Classico Riserva è il più prestigioso vino chiantigiano rappresentando la faccia austera, ed è definito da colore tendente al granato, talvolta con sfumature aranciate che diventano più evidenti con il protrarsi dell invecchiamento; profumo intenso, con spiccato sentore viola mammola, talvolta arricchito da reminiscenze di giaggiolo, di rosa appassita e di

confettura di lampone; sapore armonico, vellutato, caldo, di gran corpo e struttura, austero, con possibili note speziate. Possiede almeno 12,5 gradi alcolici e deve invecchiare non meno di 24 mesi in botti di legno (conteggiati a partire dal 1 gennaio successivo alla vendemmia) oltre ad affinarsi tre mesi in bottiglia; si conserva in cantina per una decina di anni. E un vino da servire a 18 C di temperatura per accompagnare i piatti più sapidi di carne soprattutto selvaggina e cacciagione. Inutile dire che questi sono vini soprattutto da...meditazione.