ELEMENTI CHIAVE DEL SETTORE DEL RICICLAGGIO DEI RIFIUTI INERTI



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ELEMENTI CHIAVE DEL SETTORE DEL RICICLAGGIO DEI RIFIUTI INERTI A cura di G. Bressi * 1. PREMESSA...2 2. COSA SONO I RIFIUTI INERTI...3 3. DA COSA SONO COSTITUITI I RIFIUTI INERTI...4 4. QUANTI SONO I RIFIUTI INERTI...7 5. COME VANNO TRATTATI I RIFIUTI INERTI...8 5.1. PREMESSA...8 5.2. CONNESSIONI TRA PROCESSI DI DEMOLIZIONE E TECNOLOGIE DI RICICLAGGIO...8 5.3. LE TECNOLOGIE DISPONIBILI...11 5.3.1. Il ciclo tecnologico...11 5.3.2. Caratteristiche tecniche...14 5.3.3. Valutazioni economiche...15 6. QUALI SONO I MATERIALI PRODOTTI...17 7. LA NECESSITÀ DI UN PRODOTTO DI QUALITÀ E LA RELATIVA CERTIFICAZIONE..18 8. NUOVE OPPORTUNITÀ PER IL SETTORE DEL RICICLAGGIO DEI RIFIUTI INERTI...20 9. CONCLUSIONI...21 * Ing. Giorgio Bressi, Direttore Tecnico di ANPAR (Associazione Nazionale Produttori Aggregati Riciclati) Via Boni 28, 20144 Milano, Tel. 0258314546, info@anpar.org Pag. 1

1. PREMESSA Le società occidentali hanno sempre più incentivato, nel corso del loro sviluppo, l utilizzo delle risorse naturali per la produzione di una notevole quantità di beni e prodotti, spesso con durata di vita limitata nel tempo. Ciò ha comportato un prelievo di risorse superiore alla capacità di rinnovamento ed una produzione di rifiuti maggiore della capacità di assorbimento degli stessi da parte dell ambiente. Tale fenomeno ha riguardato anche il settore delle costruzioni. Da una parte si pensava infatti di poter disporre di una riserva illimitata di materie prime, dall altra che la natura e la quantità dei rifiuti derivanti dalle attività di costruzione e demolizione non rappresentassero un effettivo problema di smaltimento. Oggi si può affermare che tale comportamento non sia più sostenibile. Infatti: la domanda di aggregati ha generato forti impatti sul territorio a causa di una attività estrattiva che con molta difficoltà riesce ad essere pianificata e regolamentata; il notevole quantitativo di rifiuti proveniente dal settore edile ha generato una domanda di impianti di smaltimento difficile da soddisfare e che, tra l altro, ha comportato il frequente abbandono in discariche abusive distribuite nelle aree periferiche degli agglomerati urbani; l utilizzo della discarica deve, anche per questa tipologia di rifiuti, essere considerato come ultima soluzione privilegiando tutte le azioni possibili per recuperare risorse dalla gestione dei rifiuti. E quindi importante sviluppare e approfondire la strada del riciclaggio dei rifiuti da costruzione e demolizione. Nel seguito si cercherà di mettere in risalto gli elementi chiave del settore al fine di poter delineare a livello nazionale una strategia e/o un accordo quadro che permetta il pieno sviluppo del settore ed in particolare l utilizzo degli aggregati riciclati nelle infrastrutture. Pag. 2

2. COSA SONO I RIFIUTI INERTI Già la sola definizione di rifiuto inerte crea notevoli problemi sia a livello nazionale sia comunitario. Secondo la più recente normativa nazionale (DM 3.8.2005) sono da considerarsi rifiuti inerti: i rifiuti solidi che non subiscono alcuna trasformazione fisica, chimica o biologica significativa; i rifiuti inerti non si dissolvono, non bruciano né sono soggetti ad altre reazioni fisiche o chimiche, non sono biodegradabili e, in caso di contatto con altre materie, non comportano effetti nocivi tali da provocare inquinamento ambientale o danno alla salute umana. La tendenza a dar luogo a percolati e la percentuale inquinante globale dei rifiuti, nonché l ecotossicità dei percolati devono essere trascurabili e, in particolare, non danneggiare la qualità delle acque, superficiali e sotterranee. Molti di questi (soprattutto tra quelli non pericolosi maggiormente idonei ad essere recuperati) derivano dal settore edile, ma anche da altri settori industriali (trattamenti chimici e fisici di minerali ferrosi e non, fabbricazione del vetro e dei prodotti di vetro, di ceramica, mattoni, mattonelle e materiali da costruzione, scarti di rivestimenti e materiali refrattari). Per tale motivo si tende ad identificare i cosiddetti rifiuti da costruzione e demolizione (C&D) con i rifiuti inerti. Nel seguito del presente lavoro per rifiuti inerti si intenderanno i soli rifiuti provenienti dal settore edile, cioè i rifiuti da C&D. Pag. 3

3. DA COSA SONO COSTITUITI I RIFIUTI INERTI Nelle diverse fasi del processo edilizio vengono prodotti rifiuti in grande quantità. La demolizione di strutture fuori terra o interrate è ovviamente quella più impattante, ma notevoli quantità di rifiuti vengono anche prodotte durante la costruzione, la ricostruzione, la demolizione e/o la decostruzione di edifici, murature, grandi strutture civili, palificazioni, fognature, sovrastrutture stradali. Regolari contributi di volumi di scarto provengono anche dalla fabbricazione o dalla prefabbricazione di elementi e componenti delle costruzioni civili (mattoni, piastrelle, pannelli, componenti strutturali, etc.). Tra le principali componenti dei rifiuti possono essere citate: calcestruzzo (precompresso o normale) cemento e malte varie conglomerati e misti bituminosi mattoni, tegole e blocchi terra di scavo legno carta, cellulosa e polistirolo metalli plastica gesso ceramica vetro amianto materiali compositi vernici materiali per isolamento termico ed acustico. Di tutta questa molteplicità di materiali, spesso associati in modo caotico nei cumuli o sui mezzi utilizzati per il trasporto alle discariche, possono essere idonei al reimpiego nel campo delle costruzioni civili come aggregati sciolti o legati, dopo opportuno trattamento, solamente quelli che riescono a raggiungere adeguate caratteristche prestazionali e che non provocano impatti negativi all ambiente circostante (possibili rilasci di sostanze inquinanti). Dal punto di vista normativo ogni tipologia di rifiuto è caratterizzata da un codice, standardizzato a livello europeo (CER: Codice Europeo dei Rifiuti), che deve essere dichiarato dal produttore e verificato dallo smaltitore/recuperatore. Per avere un idea della composizione media del rifiuto dallo studio di settore prodotto annualmente da ANPAR, si riporta in Fig. 1 un diagramma a torta con le tipologie più caratteristiche ripartite in base alle quantità in peso. Pag. 4

Fig. 1 - Composizione media del rifiuto in arrivo agli impianti di riciclaggio (ANPAR 2007) Altri 5,7% CER 170101 3,9% Altri 17XXXX 0,4% CER 170107 22,7% CER 170904 41,9% CER 170302 6,9% CER 170504 18,5% Pag. 5

Tab. 1 Produzione di rifiuti speciali per regione (tonnellate), anni 2003 2004 (fonte: APAT) Pag. 6

4. QUANTI SONO I RIFIUTI INERTI Il presupposto irrinunciabile di un adeguata politica di gestione dei rifiuti inerti è la quantificazione dei volumi prodotti. Nel caso dei rifiuti da costruzione e demolizione, e più in generale dei rifiuti inerti, tale quantificazione è particolarmente difficoltosa a causa di una diffusa attività di smaltimento e riciclaggio abusivo. Esistono studi che hanno cercato sia a livello comunitario, nazionale o locale di determinare in maniera induttiva o deduttiva la produzione specifica di rifiuti di demolizione senza tuttavia giungere ad un risultato comune. Anche gli Enti preposti al controllo e alla regolazione di questo flusso di rifiuti forniscono dati di difficile credibilità in quanto basati sulle indicazioni tratte dai MUD (Modello Unico di Dichiarazione ambientale), che spesso sono compilati in modo incompleto e/o errato, ed in particolare non riscontrabili nella realtà operativa degli impianti di trattamento. Tale difficoltà emerge con chiarezza se si considerano i dati prodotti dal Ministero dell Ambiente tramite l Osservatorio Nazionale ed APAT, che negli ultimi anni sono quasi triplicati per giungere al dato più recente, che fa riferimento alla produzione del 2004, riportato in Tab. 1, pari a circa 46 milioni di tonnellate. Il dato attuale sicuramente è molto più vicino alla realtà di quanto fossero quelli degli anni passati, anche se si ritiene che possa ancora crescere in futuro se gli Enti di controllo riusciranno a far emergere le quote dell abusivismo ancora sommerse. Pag. 7

5. COME VANNO TRATTATI I RIFIUTI INERTI 5.1. Premessa Per essere convenientemente avviati al recupero, i rifiuti inerti non possono essere impiegati tal quali. Essi devono essere sottoposti ad un trattamento, cioè una serie di operazioni che possono essere sinteticamente intese come processi successivi di frantumazione, selezione, deferrizzazione, asportazione di materiali leggeri e/o indesiderati, omogeneizzazione del prodotto finale. Anche se la composizione percentuale dei rifiuti da C&D risulta essere variabile con la tipologia abitativa propria del luogo dove vengono prodotti, si può affermare che la problematica del trattamento è invece, nei limiti, sempre la medesima. La tecnologia di un impianto efficiente e che segua i dettati della normativa deve essere in grado di suddividere il materiale in ingresso fondamentalmente in tre flussi: il materiale lapideo nuovamente utilizzabile, la frazione leggera (carta, plastica, legno, impurezze, etc.) e la frazione metallica. Il valore economico del materiale riciclato aumenta con la qualità del prodotto stesso, pertanto è necessario trovare un compromesso tra l efficienza di eliminazione delle impurezze ed il costo (investimento e gestione) dell impianto. Prima di esporre alcune valutazioni sulla scelta ottimale della tecnologia più idonea da utilizzare per il trattamento è necessario premettere qualche riflessione sul legame tra le tecnologie di demolizione e quelle di riciclaggio. 5.2. Connessioni tra processi di demolizione e tecnologie di riciclaggio Esiste una connessione molto forte tra i processi di demolizione adottati, le tecnologie di riciclaggio dei rifiuti prodotti e la qualità degli aggregati riciclati. Le tecniche di demolizione impiegate influenzano in modo determinante la qualità dei rifiuti da costruzione e demolizione e conseguentemente dei materiali riciclati: le materie prime seconde (MPS) ottenute da flussi di rifiuti omogenei sono di qualità superiore rispetto a quelle provenienti da mix eterogenei. Quindi se l obiettivo è quello di favorire il riciclo dei rifiuti da C&D, allora si dovrebbero adottare processi di demolizione che consentano di ottenere la separazione dei rifiuti per frazioni omogenee. Per ottenere questo risultato l attività di demolizione deve avvalersi di una pluralità di strumenti di demolizione parziale e deve prevedere uno smantellamento per fasi successive dell intero edificio. Una strategia di questo tipo, detta di demolizione selettiva, è oggi ancora poco praticata, perché comporta il sostenimento di costi elevati, dovuti al massiccio impiego di manodopera e ai tempi lunghi di esecuzione. Inoltre la mancanza di un indotto organizzato, cioè di una rete capillare di impianti di valorizzazione e di un mercato del riciclaggio, ha finora scoraggiato le imprese. Nella realtà accade che nella scelta delle tecniche di demolizione da adottare si considerano come elementi prioritari l aspetto economico e la velocità di esecuzione dell operazione e non si tiene conto della necessità di ricollocare nel processo produttivo le diverse tipologie di rifiuti e componenti. Queste considerazioni spingono a demolire soprattutto in maniera tradizionale, con l adozione di procedure non selettive, che non permettono la migliore valorizzazione possibile dei rifiuti edili. Pertanto essi possono o essere smaltiti in discarica oppure essere avviati al recupero soltanto dopo aver subito un adeguato trattamento di selezione. Pag. 8

Una demolizione selettiva, invece, può essere organizzata in modo tale da consentire la separazione degli elementi riusabili, delle diverse frazioni costituenti il rifiuto da demolizione, nonché l allontanamento delle sostanze estranee o inquinanti. Il recupero dei componenti richiede un attenta pianificazione per individuare quali siano gli elementi che dovranno essere smontati manualmente e con molta cura. Sono componenti riusabili le porte, le finestre, i cancelli, le ringhiere, etc., dotati di prestazioni residue sufficienti per poter essere reimpiegati nella loro funzione originaria dopo aver subito un processo di nobilitazione, che consiste nella pulitura, manutenzione ed eventuale adattamento. Invece gli elementi in pessimo stato di conservazione devono essere smontati al fine di recuperare i singoli materiali costituenti (es. legno, vetro e ferro) da avviare a riciclaggio. Ci sono però anche altri materiali che provengono dalle demolizioni e ristrutturazioni, che possono essere riutilizzati tali e quali. Si tratta ad esempio dei coppi, che vengono puliti e rivenduti per essere impiegati in nuove costruzioni rustiche; dei mattoni fatti a mano, che dopo un accurata pulizia vengono impiegati per pavimentazioni interne ed esterne. E ancora il caso delle travi di legno, che possono essere rivendute e utilizzate per la costruzione ad esempio di camini e tavernette. Seguendo la gerarchia di gestione dei rifiuti dettata dall Unione Europea, recepita anche nel nostro quadro normativo in materia, i rifiuti che non possono essere riusati possono però essere riciclati. Procedendo alla separazione all origine delle differenti categorie di rifiuti, è possibile avviare a trattamento non solo i materiali tipici delle costruzioni come laterizio, calcestruzzo e macerie miste, ma anche il legno, la plastica, il vetro e i metalli che possono essere conferiti ai rispettivi canali di riciclaggio. Una demolizione di questo tipo non solo permette di recuperare la quasi totalità dei rifiuti prodotti, ma consente anche la produzione di materie prime seconde (nel seguito MPS) per l edilizia di elevata qualità, mediante l avviamento al riciclo di rifiuti omogenei. Quanto sopra esposto permette di individuare lo schema di gestione dei rifiuti da demolizione riportato nel grafico di Fig. 2. Pag. 9

DISCARICA TRADIZIONALE RIFIUTI INDIFFERENZIATI TRATTAMENTO DEMOLIZIONE COMPONENTI RIUSABILI (porte, finestre, radiatori ) R E C U LEGNO P SELETTIVA FERRO VETRO METALLI E R O PLASTICA Fig. 2 - Schema di gestione dei rifiuti da demolizione RIFIUTI DI NATURA LAPIDEA Pag. 10

5.3. Le tecnologie disponibili Le tecnologie attualmente presenti sul mercato vengono tradizionalmente ripartite in due grandi famiglie: tecnologie per impianti fissi e quelle per impianti mobili. In realtà questa definizione non è particolarmente corretta in quanto non è la stazionarietà dell impianto che più importa, bensì la qualità dei materiali prodotti, che è tanto maggiore quanto più l impianto è dotato di tecnologie avanzate. Gli impianti mobili sono nati con l esigenza di ridurre volumetricamente i rifiuti inerti, sia per risparmiare sui costi di trasporto sia per utilizzarli in sito per scopi non strutturali (ad es. riempimenti per modellazione paessagistica). Gli impianti fissi hanno invece la finalità di offrire da una parte una alternativa di smaltimento alla discarica e dall altra una fonte stazionaria di approvvigionamento di aggregati riciclati per le costruzioni, di qualità assimilabile agli aggregati naturali. Nel seguito si farà riferimento agli impianti ad elevato contenuto tecnologico (fissi), perchè si ritiene che siano gli unici in grado di garantire e certificare CE le prestazioni dei materiali riciclati e in quanto elementi centrali di un attività di pianificazione che in futuro dovrà sempre più coinvolgere anche questa tipologia di rifiuti. 5.3.1. Il ciclo tecnologico In Fig. 3 si riporta lo schema a blocchi dell impianto. Lo schema di flusso è costituito da una prima fase di controllo di qualità dei rifiuti in ingresso per verificarne l ammissibilità all impianto da un punto di vista sia normativo sia tecnico. Il controllo viene realizzato tramite l impiego di una prima telecamera a colori, collegata ad un video ripetitore ad alta risoluzione, che consente di verificare dall alto il tipo di materiale presente sull autocarro in arrivo alla fase di pesatura. Un altra telecamera rileva l immagine della targa del veicolo associandola, nel monitor di lettura, a quella del carico. La gestione dei dati raccolti durante l intera giornata di lavoro tramite un elaboratore elettronico permette di poter risalire allo smaltitore in caso si verifichino delle non conformità in merito alla natura del materiale conferito. Dopo la redazione dei documenti amministrativi per il conferimento, lo scarico avviene in zona debitamente attrezzata (stoccaggio provvisorio), posta in prossimità dell impianto. L area di stoccaggio è sufficientemente ampia da consentire la possibilità di ripartizione del materiale in ingresso in cumuli di natura merceologica abbastanza omogenea. Tale ripartizione consente la produzione di materiale riciclato caratterizzato da un diverso livello qualitativo a seconda delle percentuali dei diversi cumuli utilizzati. Presso l impianto si è scelto, in base all offerta di rifiuti da costruzione e demolizione, di ripartire i materiali in ingresso in sei macroclassi: Materiali inerti puliti; Materiali inerti misti di scavo; Terra mista a limo ed argilla; Terra sporca non riutilizzabile; Terra vegetale; Calcestruzzo. Pag. 11

Fig. 3 - Schema di flusso dell impianto di riciclaggio dei rifiuti da costruzione e demolizione MATERIALE IN INGRESSO MATERIALE NON IDOEO CONTROLLO MERCEOLOGICO E PESATURA STOCCAGGIO CONTROLLO MERCEOLOGICO ALIMENTAZIONE 100 % TERRE NATURALI 4,0 % 0,7 % MATERIALE DI SCARTO FRANTUMAZIONE ABBATTIMENTO POLVERI FERRO 0,1 % DEFERRIZZAZIONE I E II > 70mm FRAZIONE LEGGERA 0,2 % SELEZIONE 30-70mm 0-30mm 0-30mm 86,7 % 4,1 % 1,7 % 2,5 % 0-6mm 7-14mm 15-30mm 0-70mm = Selezione frazione leggera Pag. 12

L alimentazione al ciclo di trattamento viene effettuata con una pala gommata. Sempre al fine di garantire un controllo sistematico sulla qualità dei rifiuti conferiti non viene consentita, grazie a specifici accorgimenti costruttivi, l alimentazione diretta dagli autocarri in arrivo. La tramoggia di carico di 20 m 3 di capacità e 4,5 m di larghezza superiore, è costruita in carpenteria metallica pesante, e completata da un alimentatore, con variatore automatico di portata, avente lunghezza di 4 m e larghezza di 1 m. Il materiale viene costantemente tenuto sotto controllo qualitativo da una terza telecamera, che opera sulla bocca d uscita dell alimentatore, ovvero prima che i rifiuti inizino il ciclo di trattamento vero e proprio. In questa fase l operatore, qualora ne ravvisi la necessità, può bloccare l alimentazione e sottoporre i materiali o ad una semplice ispezione visiva più accurata, oppure può disporre l accantonamento degli stessi per eseguire un analisi chimico-fisica al fine di verificarne in via definitiva la qualità o l eventuale presenza di rifiuti pericolosi. La fase successiva corrisponde ad una prima selezione effettuata tramite vibrovaglio, che permette di evitare l invio alla macinazione della frazione fine. Le frazioni granulometriche qui ottenute sono 0 8 mm e/o 0 30 mm, che possono essere stoccate a parte o semplicemente riunite al materiale di macinazione. Dopo questa operazione il materiale viene convogliato nella camera di frantumazione. Il mulino, del tipo da urto, è stato costruito in modo tale da consentire, oltre ovviamente alla riduzione granulometrica dei rifiuti, il distacco del ferro dall impasto di calcestruzzo senza che in tale operazione possano verificarsi danni alla meccanica del mulino stesso. La tecnologia applicata consente di realizzare il perfetto distacco del ferro dal calcestruzzo. Tale distacco risulta di particolare importanza in quanto se avviene solo parzialmente si vanifica tutta l operazione in quanto i piccoli blocchetti di calcestruzzo tra loro collegati dal tondino devono essere smaltiti in discarica autorizzata con un doppio danno economico: il costo di conferimento ed il mancato guadagno dalla vendita del solo metallo. A valle del frantoio si trova un dispositivo, coperto da brevetto, per l abbattimento delle polveri a getti di acqua nebulizzata che consente l eliminazione del problema e il recupero delle polveri stesse che, invece di disperdersi nell ambiente, vanno ad incrementare la frazione fine del prodotto. Per mezzo di un estrattore orizzontale, i materiali in uscita dal mulino vengono convogliati attraverso un nastro trasportatore sino al primo deferrizzatore elettromagnetico a nastro, la cui funzione è quella di separare i metalli ferrosi presenti e di provvedere direttamente allo stoccaggio in un apposito cassone metallico. Il deferrizzatore è costituito da una elettrocalamita ed un nastro trasportatore. I materiali ferrosi vengono attratti dall elettrocalamita posizionandosi sul nastro in movimento. Quando il rottame metallico raggiunge l estremità di questo, cessa di essere sottoposto all azione elettromagnetica e, conseguentemente, precipita in un apposito cassone. Il ricavato della vendita del ferro recuperato è, grosso modo, analogo al costo annuo dell energia elettrica necessaria al funzionamento dell impianto. Dopo questa operazione, utilizzando un nastro trasportatore, sul quale viene effettuata una seconda fase di deferrizzazione mediante un separatore elettromagnetico di emergenza a nastro, il materiale viene convogliato ad un vibrovaglio a due piani multiforo, che separa le frazioni granulometriche: 0 30 mm, 0 70 mm, >70 mm, con possibilità di ricircolo di quest ultima alla frantumazione. Pag. 13

Il vibrovaglio effettua anche la prima separazione di carta, plastica, etc., di dimensioni superiori ai 70 mm, che vengono stoccati in un apposito contenitore. Le frazioni superiori ai 30 mm sono poi separatamente inviate ad un ulteriore ciclo di eliminazione delle frazioni leggere ancora contenute o alla rifrantumazione in ricircolo automatico. La frazione 30 70 mm (pietrisco) può in questo punto dell impianto, una volta depurata della frazione leggera o essere stoccata, oppure ricongiungersi alla frazione 0 30 mm di prima selezione per dar luogo alla frazione 0 70 mm impiegabile in rilevati e sottofondi stradali. Le due frazioni (0 30 mm e 0 70 mm) vengono stoccate a cumulo mediante un nastro trasportatore che termina con un elemento girevole ad altezza variabile, in grado di minimizzare la produzione di polveri di caduta. Mediante un nastro reversibile è pure possibile, prima che la frazione 0 30 mm dal primo vaglio confluisca al nastro a cumulo, alimentare una seconda stazione di vagliatura, a due piani, per la produzione di sabbie 0-6 mm e di granulati 7 14 mm e 15 30 mm. Entrambe queste ultime due granulometrie vengono sottoposte ad una ulteriore fase di depurazione delle eventuali presenze residue di frazioni leggere, che vengono a loro volta convogliate in appositi contenitori. 5.3.2. Caratteristiche tecniche Rendimenti di separazione Come si può osservare in Fig. 3 il rendimento generale dell impianto è elevatissimo: il 95% del materiale in ingresso è disponibile per la commercializzazione nelle diverse classi granulometriche; lo 0,1% circa è costituito dalla frazione ferrosa; il 4% circa viene separato come terra naturale prima dell introduzione alla fase di frantumazione; solo una piccolissima frazione (circa 1%, costituita dalla frazione leggera e dal materiale di scarto) deve essere smaltita in altri impianti. Per quanto concerne infine il rendimento di separazione delle frazioni merceologiche indesiderate (frazione leggera = carta, plastica, legno, ecc.), il rendimento globale medio è pari a circa il 66%. Rumorosità e vibrazioni La rumorosità rappresenta per gli impianti di questo genere uno degli aspetti più critici di impatto ambientale (sia interno, cioè relativo agli ambienti di lavoro, sia esterno, cioè relativo all ambiente circostante). Da misure effettuate presso l impianto in funzione non vengono superati i 70 db(a) di emissioni sonore all interno della cabina di controllo (dove l operatore addetto al controllo dell impianto abitualmente staziona) e i 94 db(a) all esterno della cabina stessa. Se si considera invece il livello equivalente di emissione sonora anche nel punto più rumoroso dell impianto si riesce a restare entro il livello di 80 db(a). Per quanto concerne le vibrazioni, misure effettuate hanno dimostrato che nei diversi punti dell impianto queste non sono dovute al solo funzionamento del mulino frantumatore e che queste ultime sono confrontabili con quelle presenti nell ambiente e dovute ad altre sorgenti. Pag. 14

Emissioni in atmosfera/polveri Gli sforzi effettuati dal costruttore per limitare le emissioni in atmosfera hanno dato risultati al di fuori degli standard tradizionali. Infatti la produzione di polveri presso l impianto è praticamente nulla nella fase di frantumazione e si limita a quella dovuta alla sola movimentazione del materiale prima e dopo il trattamento. Anche la produzione dovuta allo stoccaggio del materiale riciclato in cumuli è stata limitata impiegando, come già osservato in precedenza, un particolare elemento girevole ad altezza variabile, in grado di minimizzare la produzione di polveri di caduta. Potenza effettiva e capacità di produzione La potenza totale di esercizio dell intero complesso è pari a solo circa 100 kw, per una produzione oraria di 50 60 m 3 /h. Tale livello di capacità produttiva non risente particolarmente del tipo di produzione impostata. Ovviamente le capacità inferiori sono associate alla produzione di materiali fini che necessitano un massiccio impiego del ricircolo interno di materiale presso l impianto. Manodopera necessaria L avanzata automazione delle varie fasi di processo permette il regolare funzionamento dell impianto mediante l impiego di tre soli operatori. Il primo provvede, per mezzo di una pala, all alimentazione dell impianto, prelevando il materiale dai cumuli di stoccaggio provvisorio. Il secondo gestisce, dalla sala di controllo, le operazioni del ciclo produttivo dell impianto, l alimentazione del mulino, il funzionamento dei nastri, il convogliamento del riciclato ai cumuli di alimentazione e, di qui, al sito di carico degli autocarri. Nella sala di controllo è situato il secondo monitor a colori che controlla il materiale in transito verso la bocca di alimentazione del mulino Il terzo si occupa della ricezione e pesatura del materiale in entrata, del primo controllo qualitativo, oltre che della pesatura e fatturazione del materiale in uscita. Per ottimizzare funzionalità e compiti degli operatori, i due monitor sono collegati fra loro in maniera da consentire lo scambio delle immagini riprese delle due telecamere, rendendo così possibile un controllo più accurato delle due distinto fasi da parte di entrambi. 5.3.3. Valutazioni economiche Di notevole interesse sono anche le valutazioni di tipo economico sul processo globale. Infatti, al di là delle considerazioni di tipo ambientale e di risparmio di risorse e energia, è questo uno dei casi in cui il processo di riciclaggio è in grado di autosostenersi. Ciò è possibile in quanto tutti gli operatori hanno un loro tornaconto: il produttore di macerie che, dovendo smaltire legalmente i propri rifiuti, ha a disposizione una nuova via, in genere più conveniente delle attuali discariche controllate; l acquirente di inerti che può avere a disposizione un materiale alternativo che, a parità di prestazioni (in particolare se si considerano gli usi meno nobili come riempimenti e sottofondi stradali), risulta essere più economico; il gestore dell impianto che ha a disposizione, a seconda delle condizioni del mercato, a pagamento (o anche a titolo gratuito nei casi più sfortunati), del materiale (le macerie) che, una volta trattato, acquista un notevole valore commerciale. Pag. 15

Cercando di quantificare i costi ed i ricavi è ovvio che ogni situazione locale deve essere considerata a sé stante. A seconda del prezzo di mercato dell inerte naturale (molto variabile a seconda della posizione geografica) e della qualità dei rifiuti è possibile accettare le macerie allo smaltimento anche a tariffe limitate. In linea di massima è comunque opportuno mantenere il prezzo del prodotto riciclato tra l 80% ed il 90% del prezzo del materiale naturale che esso va a sostituire. Pag. 16

6. QUALI SONO I MATERIALI PRODOTTI La tecnologia adottata dagli impianti fissi permette di produrre aggregati aventi qualsiasi tipo di granulometria. In generale le granulometrie più comunemente prodotte risultano essere: Sabbia: 0/6 mm; 0/8 mm Pietrischi: 6/15 mm; 15/30 mm Ghiaie: 30/70 mm; 40/70 mm; 40/100 mm; 40/150 mm Stabilizzati: 0/30; 0/70 In Fig. 4 vengono riportate le tipologie medie di materiali prodotte da impianti di riciclaggio dotati di tecnologia simile a quella descritta nel capitolo precedente e la loro ripartizione percentuale, dalle quali emerge che la fascia granulometrica maggiormente prodotta e richiesta dal mercato risulta essere quella degli stabilizzati. Materiali prodotti Sabbie 22% Pietrischi 2% Ghiaie 3% Stabilizzato 73% Fig. 4 Tipologie medie di materiali prodotti in uscita dagli impianti di riciclaggio e loro ripartizione percentuale Pag. 17

7. LA NECESSITÀ DI UN PRODOTTO DI QUALITÀ E LA RELATIVA CERTIFICAZIONE In ottemperanza alla direttiva europea sui prodotti da costruzione 89/106/CE, recepita in Italia con il D.P.R. n. 246 del 21 aprile 1993, nel giugno 2004 sono entrate in vigore le norme armonizzate riguardanti diverse categorie di aggregati (naturali, artificiali o riciclati), in base alle quali è fatto obbligo ai produttori di applicare ai materiali la marcatura CE. Il set di tali norme, di carattere cogente, comprende riferimenti ad aggregati per calcestruzzo (EN 12620), malte (EN 13139), conglomerati bituminosi (EN 13043), miscele non legate per lavori stradali (EN 13242), etc. e fa riferimento ai requisiti essenziali che le opere in cui vengono utilizzati i prodotti devono soddisfare. Per gli aggregati i requisiti essenziali di riferimento sono: Resistenza meccanica e stabilità e Igiene, salute, ambiente, unitamente al sovrarequisito della Durabilità. L entrata in vigore della nuova normativa europea armonizzata segna una svolta nel settore, in quanto tutte le norme in oggetto si applicano ad aggregati naturali, artificiali o riciclati, indipendentemente dalla loro origine. L avvento della normativa europea inoltre apporta un cambiamento sostanziale al mercato dei materiali da costruzione, in particolare dei materiali per lavori stradali (tipica applicazione degli aggregati riciclati), passando da un approccio prescrizionale ad un approccio prestazionale, in cui i vari materiali vengono classificati in funzione delle prestazioni tecniche che sono in grado di offrire, piuttosto che in funzione della loro provenienza. Tali prestazioni devono essere garantite dal produttore con la marcatura CE. Al fine di apporre la marcatura CE, il produttore deve istituire un adeguato sistema di controllo della produzione in fabbrica (FPC) (le cui caratteristiche sono specificate in appendice alle norme di cui sopra) con il quale deve essere in grado di garantire un controllo continuo sulla propria produzione, sia dal punto di vista squisitamente tecnico (prove di laboratorio) sia da un punto di vista dell organizzazione del lavoro. Il passaggio ultimo di questo percorso consiste nella produzione di una dichiarazione di conformità allo standard di riferimento, elaborata la quale è possibile apporre l etichettatura con marchio CE sui documenti di accompagnamento al materiale. La presenza della marcatura CE sul prodotto fa sì che sia presunto il soddisfacimento dei requisiti essenziali di riferimento. Gli aggregati provenienti dal riciclaggio di rifiuti inerti, in Italia, trovano la loro tipica destinazione: nella realizzazione del corpo dei rilevati di opere in terra dell ingegneria civile; nella realizzazione di sottofondi stradali, ferroviari, aeroportuali e di piazzali, civili e industriali; nella realizzazione di strati di fondazione delle infrastrutture di trasporto; nella realizzazione di recuperi ambientali, riempimenti e colmate; nella realizzazione di strati accessori (aventi funzione anticapillare, antigelo, drenante, etc.); nel confezionamento di calcestruzzi (soprattutto con classe di resistenza Rck 15 Mpa, secondo le indicazioni della norma UNI 8520-2). Pag. 18

Per ciascuno di questi utilizzi la Direttiva 89/106 ed il DM 11.4.07 impongono la marcatura CE degli aggregati prevedendo due percorsi per l attestazione di conformità, ovvero il cosiddetto sistema 4 e il sistema 2+ in funzione del tipo di uso previsto (Tab. 2). Prodotto Uso Previsto Aggregati leggeri: Aggregati leggeri per Calcestruzzo strutturale 2+ calcestruzzo, malta e malta per iniezione UNI EN 13055-1 Uso non strutturale 4 Aggregati per malta UNI EN 13139 Malte per usi strutturali 2+ Uso non strutturale 4 Aggregati per opere di protezione Mantellate di 2+ (armourstone) Parte 1: Specifiche protezione UNI EN 13383-1 Uso non strutturale 4 Aggregati per calcestruzzo UNI EN 12620 Aggregati per materiali non legati e legati con leganti idraulici per l impiego in opere di ingegneria civile e nella costruzione di strada UNI EN 13242 Aggregati per massicciate per ferrovie UNI EN 13450 Calcestruzzo strutturale 2+ Uso non strutturale 4 Uso in elementi strutturali Uso non strutturale 4 Sistema Attestazione Conformità 2+ Massicciate ferroviarie 2+ Uso non strutturale 4 Il primo coinvolge solo il produttore in una sorta di autodichiarazione, completamente sotto la propria responsabilità. Il secondo, sempre sotto la piena responsabilità del produttore, coinvolge anche un organismo notificato che certifica l efficacia del sistema FPC. Pag. 19

8. NUOVE OPPORTUNITÀ PER IL SETTORE DEL RICICLAGGIO DEI RIFIUTI INERTI Negli ultimi anni la necessità di adeguarsi alle direttive europee (Direttiva 89/106/CEE) nonché la presa di coscienza di voler affrontare e superare il problema ambientale generato dalla continua richiesta di materiale da costruzione e dalla gestione dei rifiuti inerti hanno portato finalmente a gettare delle basi concrete per un importante impulso del settore. In particolare una grande opportunità di sviluppo è stata generata dall applicazione del DM 203/03 ( Norme affinché gli uffici pubblici e le società a prevalente capitale pubblico coprano il fabbisogno annuale di manufatti e beni con una quota di prodotti ottenuti da materiale riciclato nella misura non inferiore al 30% del fabbisogno medesimo ) e della conseguente circolare del Ministero dell Ambiente del 15 luglio 2005, n. 5205 ( Indicazioni per l operativita nel settore edile, stradale e ambientale, ai sensi del decreto ministeriale 8 maggio 2003, n. 203 ). Quest ultima fornisce le indicazioni per rendere operativo il DM 203/03 nel settore edile, stradale e ambientale. Tale Decreto ha imposto agli uffici pubblici e le società a prevalente capitale pubblico l obbligo di coprire il proprio fabbisogno annuale di manufatti e beni con una quota di prodotti ottenuti da materiale riciclato in una misura non inferiore al 30%. L iniziativa di introdurre tale obbligo nasce con la Legge Finanziaria 2002 (L. 448/01, art. 56), che, in origine, si indirizzava alla sola fornitura di beni (nasceva infatti, ad esempio, per l impiego della carta riciclata nelle fotocopiatrici degli uffici pubblici), ma che nel successivo decreto attuativo DM 203/03 si rivolgeva anche alle opere pubbliche (art. 3, comma 3), imponendo quindi alle P.A., in sede di formulazione dei capitolati d appalto, anche l obbligo di prevedere l impiego di materiali riciclati. I beni ed i manufatti realizzati con materiale riciclato, nel nostro caso gli aggregati riciclati, posso concorrere a determinare il 30% del fabbisogno annuale della P.A. e delle società a prevalente capitale pubblico alla condizione essenziale che siano iscritti al Repertorio del Riciclaggio (istituito dal DM 203/03, tenuto e reso pubblico dall Osservatorio Nazionale dei Rifiuti). L ammissione al Repertorio avviene sulla base di una domanda, che l azienda produttrice deve inviare all Osservatorio utilizzando un apposito modello, corredata da documentazione tecnica specifica per ogni settore. Per quanto concerne il settore edile, stradale e ambientale, i criteri tecnici e prestazionali, che i materiali e i manufatti riciclati devono possedere per ottenere l iscrizione al Repertorio del riciclaggio vengono forniti nella Circolare n. 5205/05 stessa. Purtroppo il Ministero dell Ambiente ha di recente bloccato lo sviluppo di questo scenario, impedendo di fatto l iscrizione al Repertorio, adducendo motivazioni legate alle nuove normative sugli appalti pubblici che sono entrate in contrasto con il DM 203/03. Quest ultimo deve essere quindi oggetto di una rivisitazione ed aggiornamento che è attualmente in corso e sui cui esiti ancora poco si conosce. Pag. 20

9. CONCLUSIONI Secondo le stime effettuate da APAT nel Rapporto Rifiuti 2006, in Italia vengono prodotti annualmente più di 45 milioni di tonnellate di rifiuti inerti all anno. Di questi, secondo ANPAR, solo una minima parte viene trasformata in aggregati riciclati (circa il 10%). Il riciclaggio di questa tipologia di rifiuti, previo idoneo trattamento in appositi impianti, può comportare indubbi vantaggi quali: la riduzione dello sfruttamento di materie prime non rinnovabili. la riduzione delle aree destinate allo smaltimento (discariche); la creazione di un materiale sostitutivo delle materie prime naturali (ghiaia e sabbia) dalle prestazioni equivalenti almeno nel settore dell ingegneria non strutturale. E necessario tuttavia sottolineare che la qualità degli aggregati riciclati si ottiene esclusivamente mediante un attento controllo del processo di produzione ed un adeguato trattamento. La qualità degli aggregati riciclati è strettamente legata al tipo di rifiuti conferiti all impianto e al tipo di processo con cui vengono trattati. Allo stato attuale, considerato che i flussi di rifiuti conferiti agli impianti risultano estremamente eterogenei, le tecnologie che riescono ad ottenere la qualità degli aggregati riciclati rispondenti alle norme tecniche di settore sono quelle in grado di garantire le fasi meccaniche di macinazione, vagliatura, selezione granulometrica e separazione della frazione metallica e delle frazioni indesiderate, nonché il superamento del test di cessione, come previsto dal DM 186/06 (ex DM 5 febbraio 1998, punto 7.1.3 dell allegato 1- suballegato 1). L entrata in vigore dell obbligo di marcatura CE dei prodotti da costruzione (inclusi pertanto gli aggregati di qualunque natura e/o origine) ha comportato, e sta ancora comportando, una rivoluzione culturale. Ai produttori viene richiesto di passare da una lavorazione artigianale ad una industriale in cui siano sotto controllo tutti i processi produttivi per garantire delle caratteristiche costanti agli aggregati riciclati prodotti che, richieste dai clienti, devono essere certificate mediante il rilascio di una dichiarazione di conformità. Ai progettisti viene chiesto di aggiornare i capitolati che devono tenere conto delle sole prestazioni dei materiali e non della loro origine. Agli utilizzatori e alle Direzioni Lavori viene richiesto infine di non effettuare discriminazioni sui materiali da utilizzare in cantiere che devono essere però garantiti dal sistema di marcatura CE. Il passaggio è effettivamente epocale, ma potrà essere effettuato solo se tutti svolgeranno in futuro il proprio ruolo. Nonostante l evidente contrasto con questa nuova impostazione, ANPAR aveva visto di buon occhio l emanazione del DM 203/03, perché una certezza maggiore di allocazione sul mercato dei propri prodotti, derivante dall obbligo di utilizzo, avrebbe stimolato la nascita di nuovi impianti. Purtroppo lo stallo che si è venuto a creare consiglia di percorre parallelamente anche altre strade per un ampliamento del settore. La principale di esse è lasciare che il mercato si organizzi, secondo le regole dettate dalla normativa tecnica (marcatura CE), anche se una nuova norma UNI (che vada a riempire la lacuna create dal ritiro della vecchia UNI 10006) potrebbe certamente fungere da catalizzatore al processo. Pag. 21