LA SINDROME METABOLICA

Documenti analoghi
La SINDROME METABOLICA Dr. Piero Montrasio

Diabete ed obesità Dr. Pietro Rampini

1 - DEFINIZIONE DELLA SINDROME METABOLICA

SINDROME METABOLICA Termine che indica sinteticamente la concomitanza di anomalie metaboliche quali: adiposità viscerale, dislipidemie, iperglicemia e

EPIDEMIOLOGIA della SINDROME METABOLICA in ITALIA

SINDROME METABOLICA: IL PUZZLE EZIOPATOGENETICO. G. F. PAGANO Cuneo 8 ottobre 2004

BMI DISTRIBUZIONE GRASSO CORPOREO SINDROME PLURIMETABOLICA

FATTORI DI RISCHIO LIVELLO DI DIAGNOSI Obesità viscerale. Circonferenza vita 88 cm. Colesterolo HDL < 50 mg/dl 110 mg/dl

sfida per il medico...e

EFFETTI ANTI-INFIAMMATORI DELL ESERCIZIO FISICO (Petersen et al J. Appl. Physiol. Vol.98 pp , anno allegato in formato PDF)

UNITEL - Università telematica internazionale. Allenamento e produzione ormonale

Approccio Terapeutico all iperglicemia a digiuno e postprandiale. Irene Brandolin S.C. Medicina Interna E.O. Ospedali Galliera Savona, 23 Marzo 2013

EPIDEMIOLOGIA Negli USA abbiamo 15 milioni di diabetici. In ITALIA nell anno 2012 risultano affetti da diabete 3,5 milioni di persone. Si stima che pi

INTRODUZIONE. La regolazione di sistemi complessi quali il metabolismo energetico, la funzione

Tindaro Iraci L uso di strumenti informatici nello screening opportunistico del Diabete non diagnosticato e delle condizioni di disglicemia.

Obesità e sovrappeso. -Educazione alimentare -Terapia nutrizionale -Esercizio fisico

Prevenzione delle Malattie Coronariche. Introduzione Valutazione del rischio per la selezione dei pazienti da sottoporre a trattamento clinico

Tindaro Iraci. Medicina d iniziativa e informatizzazione: due aspetti essenziali per la Best Practise nello screening del Diabete Mellito di tipo 2

La malattia diabetica

Ruolo del fegato nella nutrizione

Esercitazione pratica: calcolo dell Indice di Massa Corporea e corretta rilevazione della circonferenza addominale. Inf.

Rischio Cardiovascolare. Dr.ssa Gabriella Masciocco Cardiologia II Dip. Cardiologico De Gasperis Ospedale Niguarda Ca Granda (Milano)

FATTORI DI RISCHIO CARDIOVASCOLARE LIPIDICI E NON LIPIDICI IN DONNE DIABETICHE DI TIPO 2 CON E SENZA CARDIOPATIA ISCHEMICA

IPERTRIGLICERIDEMIA E PANCREATITE ACUTA

EFFETTI DELLA DIETA SULL INFIAMMAZIONE

Aggiungendo zinco a questa formula si stabilizza la molecola, che si unisce in esameri e diventa idrofila, Farmacocinetica e legame alle proteine

TRATTAMENTO FARMACOLOGICO DELL OBESITÀ Rischi e benefici

Una risposta cellulare specifica può essere determinata dalla presenza di mediatori chimici (ormoni o altre molecole), dall interazione con altre

13 Settembre Emanuele Miraglia del Giudice Seconda Università degli Studi di Napoli Dipartimento di Pediatria

Dalla sedentarietà al sovrappeso ed obesità

Il Diabete come fattore di rischio per le malattie cardiovascolari

Traduzione della review: Inflammation and metabolic disorder, Hotamisligil Nature vol 444 anno 2006 allegata in versione PDF nella cartella articoli

Leptina. Proteina di 167 aa per circa 16 kda

Fattori di rischio per Aterosclerosi: IPERTENSIONE ARTERIOSA E DISLIPIDEMIE

Insulina. Glucagone Adrenalina e noradrenalina Cortisolo Ormone somatotropo

Fattori di Rischio Modificabili_alcol

Induzione della Fame

La motivazione a mangiare può dipendere da:

ADIPOCHINE NEL TESSUTO ADIPOSO UMANO CARMELA SANTANGELO

. Etiology of Insulin Resistance Kitt Falk Petersen, MD, and Gerald I. Shulman, MD, PhD

STEATOSI EPATICA: malattia emergente CORSO ECM

Clinica Medica AMBULATORIO SINDROME METABOLICA

DISFUNZIONI MITOCONDRIALI E DIABETE DI TIPO 2 Lowel e Shulman (2005) Science Vol. 307 (allegato in formato PDF)

Il ruolo attivo del distretto per la prevenzione ed i buoni stili di vita

DR. Francesco Di Millo. LA SINDROME da DEFICIT di TESTOSTERONE come possibile NUOVO FATTORE di RISCHIO per le MALATTIE METABOLICHE

ANEMIE : slidetube.it

Il Diabete. Che cos è il diabete? Il diabete mellito è una delle malattie metaboliche più diffuse. E una

DIFFERENZE DI GENERE NELLO STUDIO MOMA: PREVALENZA DI SINDROME METABOLICA (SM) E STILI DI VITA

TRASDUZIONE DEL SEGNALE CELLULARE

IPERCOLESTEROLEMIA E INFIAMMAZIONE NEI UNA MISCELA ESPLOSIVA. Giuseppe Poli Dipartimento di Scienze Cliniche e Biologiche Università di Torino

2 congresso nazionale Centro Studi e Ricerche AMD

Screening e fattori di rischio. Dottor Paolo Sarasin

Osteoporosi Post Menopausale. Ruolo degli estrogeni ed attuali orientamenti di condotta clinica sul loro

Nutrienti ed espressione genica. La nutrigenomica

DELL' ATEROTROMBOSI. Pedara 15/05/2010 DOTT. N. MESSINEO

TESSUTO ADIPOSO. Caldarera Lehninger, cap.21

60-75% metabolismo basale % attività fisica svolta. Effetto termogenico degli alimenti. Attività fisica 10% effetto termogenico degli alimenti

CDL IN TECNICHE ORTOPEDICHE CORSO DI MEDICINA INTERNA. Prof. Andrea Zanichelli AA 2012/13

Modificazioni metaboliche indotte dall esercizio fisico. Prof. Giuseppe Calcagno MD PhD Università del Molise

ANORESSIA: CAUSA O CONSEGUENZA DI MALATTIA? Grazia Guidi Ospedale Didattico Veterinario Mario Modenato Università di Pisa

Apparato endocrino. Controllo della glicemia. Il pancreas endocrino. Università degli Studi di Perugia

Utilizzazione metabolica dei nutrienti

Ripercussioni fetali e disordini metabolici in pazienti con diabete gestazionale

Quali sono le novità nella terapia ormonale sostitutiva nell insufficienza delle ghiandole surrenaliche?

Prevenzione dello Stroke nella donna

Alimentazione. Qual è lo stato nutrizionale della popolazione? Quante e quali persone sono in eccesso ponderale?

Dieta Mediterranea ed Attività Fisica Modello salutistico per la prevenzione dell obesità e dei tumori

La BPCO e le comorbilità. Federico Sciarra

Diabete e Attività Fisica. 1.1 Che cos e il Diabete:

Sindrome metabolica : differenze di genere

Diabete e nutrizione artificiale. Edoardo Guastamacchia Università degli Studi di Bari A. Moro

Giornate Mediche Pitagoriche I Edizione - Stili di vita e Bene-Essere Crotone 7 dicembre 2013 La sindrome metabolica: epidemia del 3 millennio?

ULSS 2 INCONTRA I mercoledì della Salute

AME News Febbraio 2004 Edizione on-line a cura di Franco Grimaldi. Commento all ACE Position Statement on the Insulin Resistance Syndrome

I LIPIDI (GRASSI) Cosa sono

IPERTENSIONE ARTERIOSA E RISCHIO CARDIOVASCOLARE INQUADRAMENTO FISIOPATOLOGICO E CLINICO DEL RISCHIO CARDIOVASCOLARE GLOBALE NEL PAZIENTE IPERTESO

Sovrappeso Obesità Obesità Addominale

PRINCIPI E RACCOMANDAZIONI NUTRIZIONALI PER IL DIABETE

Malnutrizione in Eccesso e in Difetto

Condizioni e fattori di rischio di DMT2

Scheletrico Striato. Cardiaco Striato. Liscio

Uova, colesterolo e grassi saturi. La rivalsa. Wanda Rizza

ADIPOCYTE-FATTY ACID BINDING PROTEIN, NAFLD E RISCHIO CARDIOVASCOLARE NELL ANZIANO

A.O. Fatebenefratelli-Oftalmico S.C. Diabetologia Dir. Dr Giampaolo Testori

I dati dei sistemi di sorveglianza su sovrappeso, alimentazione, attività fisica

Per un doppio aiuto al tuo cuore.

DIABETE E IPERGLICEMIA

Ma si può morire di Crepacuore solamente per una forte emozione?

Bioenergetica. Bioenergetica

L OBESITA : FATTO DI ESTETICA O MALATTIA?

UNIVERSITA DEGLI STUDI DI NAPOLI FEDERICO II FACOLTA DI MEDICINA E CHIRURGIA CORSO DI LAUREA IN DIETISTICA

La fisiopatologia dell insulino-resistenza

LA PUNTA DELL ICEBERG, UNA PATOLOGIA GLOBALE ASPETTI DI UNDERWRITING

Il trasporto del glucosio

La prevenzione della sindrome metabolica in età pediatrica

VALORI PERCENTUALI. 2) Sesso M F 81,59% 18,41% Sesso 18,41% 81,59% 2) Sesso 0,00% 10,00% 20,00% 30,00% 40,00% 50,00% 60,00% 70,00% 80,00% 90,00%

CONCENTRAZIONI EMATICHE DI BETA-ESACLOROCICLOESANO TRA I RESIDENTI IN PROSSIMITA DEL FIUME SACCO: EFFETTI SU DIABETE E LIPIDI

IL RUOLO DEL MEDICO DI MEDICINA GENERALE NELLA PREVENZIONE E DIAGNOSI PRECOCE DEL DIABETE MELLITO DI TIPO 2

Definizione dei ruoli e delle attività all interno del PDTA prevenzione. Tindaro Iraci. Riassunto. Screening Diagnosi precoce Prevenzione

La chirurgia metabolica guarisce dal diabete?

Transcript:

LA SINDROME METABOLICA Per sindrome metabolica (detta anche sindrome X, sindrome da insulino-resistenza, o sindrome di Reaven) si intende una situazione clinica ad alto rischio cardiovascolare che comprende una serie di fattori di rischio e di sintomi che si manifestano contemporaneamente nell'individuo. Oggi si ritiene che lo sviluppo della sindrome metabolica sia determinato dall interazione, da un lato, di fattori genetici, cioè costituzionali dell individuo e non modificabili, dall altro di elementi ambientali, e quindi modificabili, quali l inattività fisica, l eccessiva e squilibrata alimentazione che promuovono, mantengono e/o peggiorano la sua espressione clinica. La diffusione della Sindrome Metabolica nel mondo occidentale è molto elevata, quasi certamente a causa della sedentarietà, dell iperalimentazione, delle condizioni di stress ambientali ed endogene. Si calcola che interessi nei paesi industrializzati circa il 25% della popolazione adulta. In questi soggetti si riscontra un notevole aumento del rischio di complicanze cardiovascolari, tanto che l American Heart Association ha proposto una strategia tesa a contrastarla, basata su una corretta alimentazione e sull attività fisica. E ormai ampiamente dimostrato che l esercizio fisico con particolari caratteristiche e individualizzato ( prescritto come un farmaco con dosi e durata certe) nonché monitorato è particolarmente efficace nel contrastare tale sindrome. L'associazione fra i diversi disordini metabolici in varie combinazioni è nota da anni. Già negli anni '50, Jean Vague descriveva pazienti con obesità androide che presentavano diabete mellito, gotta e aterosclerosi. E' merito della scuola metabolica padovana, negli anni '60, aver introdotto il termine di "Sindrome Plurimetabolica", a seguito dell'osservazione che diabete mellito, obesità e dislipidemia spesso coesistono, frequentemente associati anche ad iperuricemia. Fra gli anni '70 e '80 lo studio di Goteborg, in una popolazione di maschi adulti, riscontrò una maggiore prevalenza di ridotta tolleranza al glucosio o diabete mellito di tipo 2 ed ipertrigliceridemia fra gli ipertesi, aggiungendo quindi l'ipertensione al quadro dismetabolico. Peraltro, già nel 1966 Welbom e collaboratori avevano documentato un rapporto tra ipertensione e metabolismo, dimostrando per primi che alti valori di insulinemia sono presenti nei soggetti ipertesi. Si deve a Reaven nel 1988 il termine "Sindrome X", per indicare l'associazione di più disordini metabolici, da lui identificati nella ridotta tolleranza al glucosio (IGT) o diabete mellito tipo 2, ipertrigliceridemia, basso colesterolo HDL ed ipertensione arteriosa. Lo stesso autore poneva per primo in risalto come tratto essenziale il binomio iperinsulinemia/insulino-resistenza. Nello stesso periodo Kaplan descriveva il "quartetto fatale" costituito da obesità centrale, intolleranza glucidica, ipertrigliceridemia e

ipertensione arteriosa, ad esprimere il concetto dell aumentato rischio cardiovascolare connesso a questo particolare quadro metabolico. Siamo così giunti al tempo dei grandi studi di popolazione. Il San Antonio Heart Study evidenziò per la prima volta che obesità, diabete mellito, ipertrigliceridemia, ipercolesterolemia e ipertensione arteriosa sono più frequentemente associate in combinazioni multiple di almeno tre alterazioni metaboliche rispetto a combinazioni di solo due alterazioni o come fattori singoli, e che tutte concorrono al rischio cardiovascolare. A questo sono seguiti nel tempo altri grandi studi, come il Framingham Offspring Study, il Botnia Study e lo studio DECODE, con risultati analoghi. I dati non sono diversi nella popolazione italiana. Il Brunek Study ha confermato un'alta prevalenza di ipertrigliceridemia, bassi livelli di colesterolo HDL ed iperuricemia, spesso combinate tra loro ed associate a ridotta tolleranza al glucosio o diabete mellito. Sono vari i criteri di definizione della Sindrome Metabolica che sono stati proposti negli anni (vedi tabella). l. La definizione operativa WHO (World Health Organization) del 1998, rivista nel '99 in seguito alla ridefinizione dei criteri diagnostici per l'ipertensione arteriosa. 2. La definizione operativa NCEP-ATP III (National Cholesterol Education Program - Adult Treatment Panel"1) del 2001. 3. La definizione EGIR (European Group for the study of Insulin Resistance) del 1999. 4. La definizione MCE (American Association of Clinical Endocrinologists) del 2003. Le due definizioni maggiormente applicate per la diagnosi sono quelle proposte dal National Cholesterol Education Program Adult Treatment Panel III (ATP III) e dall Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS). Pur presentando notevoli analogie, i vari criteri non sono sempre sovrapponibili, e la loro applicabilità sul campo è sostanzialmente diversa. Il dibattito principale riguarda l'inclusione del diabete tipo 2 come componente della Sindrome Metabolica (negato dai criteri EGIR e AACE), la definizione di insulino-resistenza, difficile in campo epidemiologico, i cut-off differenti per alcune variabili, peraltro soggetti a continui aggiornamenti sulla scorta delle definizioni delle società scientifiche, ed infine l'uso di parametri, quali la microalbuminuria o l'oral Glucose Tolerance Test (OGTT), che richiedono per la misurazione un notevole dispendio, non solo in termini economici,

ma soprattutto in termini pratici (prelievi multipli, lunghi tempi dell'esame, raccolta temporizzata delle urine). A circa tre anni fa risale l'attribuzione di uno specifico numero codice ICD-9-CM (277.7) alla "Dysmetabolic Sindrome X"da parte del Center for Disease Control americano, a dimostrazione della necessità di riconoscere alla Sindrome Metabolica una dignità clinica a sé stante. Tabella 1 Criteri di definizione della sindrome metabolica 1.Definizione di sindrome metabolica secondo i criteri WHO Alterata regolazione glucidica a) IFG: glicemia o digiuno fra 100 e 125 mg/dl; b) IGT: glicemia al 120' di una curva da carico di glucosio 140-199 mg/dl; c) Diabete: glicemia a digiuno 126 mg/dl e/o glicemia al 120' 200mg/dl). oppure Presenza di insulino-resistenza + almeno 2 due dei seguenti criteri: a) Pressione arteriosa 140/90 mmhg. b) Ipertrigliceridemia ( 150 mg/dl) e/o basso colesterolo HDl <35mg/dl nel maschio, <39 mg/dl nella femmina). c) Obesità centrale: indice vita-fianchi (WHR) >0.90 nel maschio, >0.85 nella femmina e/o BMI elevato: 30 kg/m 2. d) Microalbuminuria: tasso di escrezione urinaria di albumina >20 µg/min 2. Definizione di sindrome metabolica secondo i criteri ATP III Almeno 3 dei seguenti criteri: a) Circonferenza addominale: >102 cm nel maschio, >88 cm nella femmina. b) Trigliceridi sierici 150 mg/dl. c) Colesterolo HDl <40 mg/dl nel maschio, <50 nella femmina. d) Pressione arteriosa 130/85 mmhg e) Glicemia a digiuno 110 mg/dl 3. Definizione di sindrome da insulino-resistenza secondo i criteri EGIR Iperinsulinemia a digiuno (>25 percentile della popolazione) + almeno 2 dei seguenti criteri: a) Glicemia a digiuno 110 mg/dl (ESCLUSO il DIABETE) b) Pressione arteriosa 140/90 mmhg o terapia antiipertensiva in atto. c) Trigliceridi > 175 mg/dl o colesterolo HDl <39 mg/dl o terapia ipolipemizzante. d) Circonferenza addominale 94 cm nel maschio, 80 cm nella femmina 4. Definizione di sindrome da insulino-resistenza secondo i criteri AACE. Presenza di almeno 1 dei seguenti fattori:. a) Diagnosi di malattia cardiovascolare, ipertensione, sindrome dell'ovaio policistico, steatosi epatica non alcoolica, o acantosi nigricans b) Familiarità per diabete mellito tipo 2, ipertensione, o malattia cardiovascolare c) Storia di diabete gestazionale o intolleranza glucidica. d) Etnia non caucasica. e) Stile di vita sedentario. f) BMI >25 kg/m 2 e/o circonferenza vita > 102 cm nel maschio e >88 cm nella femmina. g) Età superiore ai 40 anni. + almeno 2 dei seguenti criteri: a) Trigliceridi > 150 mg/dl b) Colesterolo HDL <40 mg/dl nel maschio e <50 mg/dl nella femmina. c) Pressione arteriosa > 130/85 mmhg. d) Glicemia a digiuno tra 110 e 125 mg/dl, oppure glicemia al 120' minuto di una curva da carico di glucosio tra 140 e 200 mg/dl (escluso diabete mellito)

A questi criteri si è aggiunto nel 2006 quello elaborato dal gruppo di lavoro dell International Diabetes Federation (IDF) che è conforme con le raccomandazioni del NCEP-ATP III. IDF pone particolare attenzione sull obesità addominale e sulla misurazione della circonferenza vita. Le linee guida IDF stabiliscono che la presenza di un eccessiva circonferenza vita sia un criterio necessario per identificare i pazienti a rischio di sindrome metabolica. Inoltre alla luce delle evidenze emergenti che il cut-off proposto dal NCEP-ATP III per il giro vita fosse troppo alto, in particolare per alcuni gruppi etnici, le linee guida della IDF hanno ridotto questo valore a 94 cm per gli uomini e a 80 cm per le donne. Nella tabella seguente è riportata la nuova definizione dell IDF che pone particolare attenzione alla circonferenza vita che è condicio sine qua non per la diagnosi

Le cause alla base della sindrome metabolica continuano a dividere gli esperti ma sia l insulinoresistenza che l obesità centrale sono considerati fattori significativi. Fattori genetici, l inattività fisica, l età, uno stato pro infiammatorio e cambiamenti ormonali possono avere anch essi un effetto causale, ma il ruolo di questi può variare a secondo dell etnia di appartenenza. Insulino-resistenza L insulino-resistenza si verifica quando le cellule del fegato, tessuto adiposo e muscolo scheletrico diventano meno sensibili all azione dell insulina, l ormone prodotto dalle cellule beta del pancreas per facilitare l assorbimento di glucosio. Il glucosio non potendo essere pienamente assunto dalle cellule rimane in circolo innescando il bisogno di ulteriore insulina che viene prodotta nel tentativo di processare il glucosio. La produzione di una quantità extra di insulina indebolisce e può eventualmente danneggiare le cellule beta. Una volta che il pancreas non è più capace di produrre abbastanza insulina una persona diventa iperglicemica e successivamente potrà diventare diabetica di tipo 2. Già prima che questo accada nell organismo avvengono delle alterazioni come ad esempio un aumento della produzione di trigliceridi che ulteriormente alterano la sensibilità all insulina. Un aumentato livello di acidi grassi liberi (FFA) nel plasma, gioca un ruolo chiave nella patogenesi dell insulino-resistenza attraverso specifiche azioni che bloccano la traduzione del segnale dell insulina. Inoltre, un aumento degli FFA in soggetti normali, ai livelli comparabili con quelli osservati negli obesi, determina induzione di stress ossidativo, infiammazione e reattività vascolare

subnormale, oltre a causare insulino-resistenza. Dal momento che l insulino resistenza determina anche una non soppressione della lipasi ormone-sensibile nell adipocita, c è un ulteriore aumento di lipolisi e un aumento di FFA plasmatici. Così si innesca un circolo vizioso di lipolisi, aumento di FFA, insulino-resistenza ed infiammazione Iperglicemia Ipertrigliceridemia Pancreas Fegato Produzione di VLDL e glucosio Insulina X Captazione di glucosio Aumento FFA lipolisi Insulino resistenza Muscolo Rilascio di NO Vasodilatazione endotelio mediata Tessuto adiposo Arterie Microalbuminuria Ipertensione arteriosa Fig.1 Obesità centrale La raccomandazione di misurare la circonferenza vita piuttosto che l indice di massa corporea enfatizza l importante ruolo giocato dall obesità addominale nella sindrome metabolica. Il parallelismo tra il rapido aumento dei casi di sovrappeso-obesità e di diabete è forte e ha portato a coniare il termine diabesity per enfatizzare il legame tra queste due condizioni. Ma tra gli individui che hanno la stessa quantità di grasso corporeo, il sottogruppo di individui con un eccesso localizzato a livello intra-addominale o viscerale ha un rischio più alto essendo caratterizzato da insulino-resistenza e dalle caratteristiche della sindrome. Anche se l accumulo di grasso viscerale

è associato con varie anomalie aterogeniche e diabetogene, una importante questione aperta è se il grasso viscerale sia il fattore causale o semplicemente il marcatore di un profilo dismetabolico. Fisiopatologia dell obesità viscerale (Tratto dalla review: Abdominal obesity and metabolic syndrome di J.P.Despres e I. Lemieux Nature 2006 vol.444. L originale è allegato nella cartella articoli) Ci sono evidenze che un alterato metabolismo degli acidi grassi non esterificati (NEFA) possa contribuire allo stato di insulino-resistenza osservato tra gli individui con obesità viscerale. Gli adipociti intra-addominali ipertrofici sono caratterizzati da uno stato iperlipolitico che è resistente agli effetti antilipolitici dell insulina. Il flusso risultante di NEFA al fegato può alterare il metabolismo epatico, portando ad un aumento di produzione epatica di glucosio. L insulinoresistenza epatica è associata con una diminuita degradazione dell apolipoproteina B e un aumentata produzione di lipoproteine ricche di trigliceridi. Una dieta ad alto contenuto di grassi promuovente obesità viscerale in un modello canino di obesità viscerale indotta dalla dieta, può indurre uno stato di insulino-resistenza epatica rispetto alla produzione di glucosio, mentre la sensibilità dei tessuti periferici sembra essere meno influenzata rispetto al fegato dalla aumentata adiposità indotta dalla dieta. Anche se differenze nei NEFA a digiuno sono state osservate qualche volta in risposta a questo regime alimentare caratterizzato da elevati grassi, c è un marcato aumento dei NEFA nelle ventiquattro ore nei cani obesi a livello viscerale. E stato quindi proposto che tale incremento di NEFA potrebbe essere uno stimolo per la secrezione di insulina e potrebbe avere un ruolo nell eziologia dell insulino-resistenza. Negli umani sebbene ci sia una correlazione tra l accumulo di grasso viscerale e la liberazione nella vena porta dei NEFA in direzione del fegato, la maggior parte dei NEFA che si trovano nella vena porta prendono origine dalla circolazione sistemica. Questo suggerisce che altri fattori possono spiegare l alterato profilo metabolico nei pazienti obesi a livello viscerale. Ci sono evidenze che il tessuto adiposo non è solo capace di immagazzinare e liberare lipidi, ma esso è anche un organo endocrino che rilascia numerose citochine, incluse tra le altre, molecole pro infiammatorie quali IL-6 e TNFα. Nell obesità c è l evidenza di infiltrazione di macrofagi nel tessuto adiposo che potrebbe contribuire al profilo infiammatorio che è stato riportato nei pazienti con obesità viscerale. I livelli plasmatici di proteina C reattiva, un marcatore infiammatorio predittivo del rischio di infarto del miocardio probabilmente migliore dei tradizionali fattori di rischio, aumentano nei pazienti con obesità viscerale. La proteina adiponectina è abbondante nel sangue ed è specificamente derivata dal tessuto adiposo. Contrariamente alle adipochine pro infiammatorie, i livelli di adiponectina sono ridotti negli individui obesi, particolarmente nei pazienti con obesità viscerale. L adiponectina in vitro ha molti

effetti che sono compatibili con un miglioramento del segnale dell insulina ed esercita una potenziale protezione nei confronti dell aterosclerosi. I ridotti livelli di adiponectina osservati nei pazienti visceralmente obesi potrebbero essere uno dei fattori chiave del loro profilo metabolico aterogenico e diabetogenico. I pazienti obesi a livello addominale con un eccesso di tessuto adiposo viscerale hanno elevate concentrazioni plasmatiche di CRP, accompagnate da elevati livelli di IL-6 e TNFα e da ridotte concentrazioni di adiponectina. Comunque, sebbene i bassi livelli di adiponectina siano una caratteristica saliente dell obesità viscerale, non è chiaro se questa adipochina abbia effettivamente un ruolo centrale nell alterato profilo metabolico di questi pazienti. Complessivamente, questi risultati sono coerenti con un importante funzione endocrina degli allargati depositi adiposi viscerali non solo perché conducono ad un alterato metabolismo dei NEFA ma anche a un profilo infiammatorio che potrebbe contribuire all insulino-resistenza e all alterata omeostasi del glucosio dei pazienti obesi a livello viscerale. Sia l ipotesi dell alterato metabolismo dei NEFA sia della funzione endocrina implicano che il tessuto adiposo viscerale sia causalmente coinvolto nella patofisiologia della sindrome metabolica che è spesso diagnosticata in pazienti con obesità viscerale. Comunque un altra possibilità (che non esclude un contributo dei due meccanismi appena descritti) è che l eccessivo accumulo di grasso intra-addominale rappresenti un marker della relativa incapacità del tessuto adiposo sottocutaneo di agire come scarico di energia nel momento in cui l individuo ha a che fare con un surplus di calorie per l eccessiva assunzione di cibo e/o per la ridotta attività fisica. Questa relativa deficienza del tessuto adiposo sottocutaneo di immagazzinare l eccesso energetico potrebbe determinare un aumentato accumulo di grasso in siti indesiderati quali il fegato, il muscolo scheletrico, il cuore e perfino le cellule β pancreatiche, un fenomeno che è stato descritto come deposizione ectopica del grasso. Coerente con questa teoria è il fatto che topi transgenici che sono essenzialmente privi di grasso in seguito all espressione di A-ZIP/F-1, proteina che blocca l attività di molti fattori di trascrizione, mostrano anche insulino-resistenza a livello muscolare ed epatico e col tempo sviluppano il diabete. L impianto chirurgico di tessuto adiposo in questi topi migliora la sensibilità insulinica del fegato e dei muscoli, avvalorando l ipotesi che il tessuto adiposo sottocutaneo funzioni come scarico metabolico in grado di tamponare il surplus energetico. Negli umani, il severo stato di insulinoresistenza trovato nei pazienti lipodistrofici, è coerente con il ruolo tamponante dell eccesso energetico svolto dal tessuto adiposo sottocutaneo. In accordo con questa ipotesi il trattamento con glitazoni che aumenta la deposizione di grasso sottocutaneo, potrebbe aiutare a spiegare i benefici effetti di questi farmaci nella sensibilità insulinica di muscolo e fegato. Quindi lo stato di insulinoresistenza e di disipidemia trovato nei pazienti con sindrome metabolica potrebbe essere spiegato solo in parte dalle peculiari proprietà metaboliche ed endocrine dell espanso tessuto adiposo

viscerale. L obesità viscerale potrebbe anche essere marcatore di un porzionamento difettoso dei grassi tra il tessuto adiposo, il muscolo scheletrico, il fegato e il cuore. Fig.2

PATHWAY INFIAMMATORI E INSULINO-RESISTENZA (tratto dalla review: Inflammation, stress, and diabetes di K.Wellen and GS. Hotamisligil pubblicata in J. Clin. Invest. 115:1111 1119 (2005) allegato in formato PDF nella cartella articoli) E ormai chiaro che l obesità è associata ad uno stato di basso grado di infiammazione cronica, particolarmente a livello del tessuto adiposo bianco. Come fanno le citochine infiammatorie e/o gli acidi grassi a mediare l insulino resistenza? Come si manifestano all interno della cellula gli stress derivanti dall obesità? Negli ultimi anni, molto è stato compreso circa i pathway di segnalazione intracellulare attivati nelle risposte all infiammazione e agli stress ed anche sul come questi pathway si intersecano ed inibiscono il segnale dell insulina. L insulina influenza le cellule attraverso il legame con il suo recettore sulla superficie delle cellule sensibili all insulina. Il recettore stimolato fosforila se stesso e vari substrati, tra cui membri della famiglia dei substrati del recettore dell insulina IRS, dando inizio così ad una cascata di eventi di segnalazione a valle. L inibizione di questa cascata di segnalazione del recettore dell insulina è un meccanismo primario attraverso il quale il segnale infiammatorio porta all insulino-resistenza. L esposizione delle cellule al TNF-α o ad elevati livelli di acidi grassi, stimola la fosforilazione dei residui di serina su IRS-1, che hanno funzione inibitoria. Questa fosforilazione riduce sia la fosforilazione della tirosina su IRS-1 in risposta all insulina, sia la capacità di IRS-1 di associarsi con il recettore dell insulina e quindi inibisce la cascata di eventi a valle e l azione dell insulina. Recentemente è diventato chiaro che i pathway di segnalazione infiammatori possono anche attivarsi in seguito a stress metabolici originatisi all interno della cellula così come attraverso molecole di segnalazione extracellulari. E stato dimostrato che l obesità sovraccarica la capacità funzionale del reticolo endoplasmatico (RE) e che questo stress del RE porta ad un attivazione dei pathway di segnalazione infiammatori che contribuiscono così all insulino-resistenza (Fig. 3,4). Inoltre, l aumentato metabolismo del glucosio, può portare ad un aumento nella produzione mitocondriale dei radicali liberi dell ossigeno (ROS). La produzione di ROS è elevata nell obesità ed è la causa di un aumentata attivazione dei pathway infiammatori. Molte serin/treonin-chinasi sono attivate dall infiammazione o dagli stimoli di stress e contribuiscono all inibizione del segnale dell insulina e queste comprendono: JNK, IKK (chinasi che fosforila l inibitore di NF-kB chinasi) e PKC. L attivazione di queste chinasi nell obesità sottolinea la sovrapposizione dei pathways metabolici ed immunitari: ci sono le stesse chinasi, in particolare IKK e JNK, che sono attivate nella risposta immunitaria innata dai recettori toll-like (TLR) in risposta ai lipopolisaccaridi (LPS), ai peptidoglicani, all RNA doppia elica, ed altri prodotti microbici. E probabile che componenti dei pathway di segnalazione dei TLR, esibiscano anche forti attività metaboliche.

Fig. 3 I sistemi di risposta a nutrienti e patogeni, possiedono pathway comuni e la loro modulazione da parte dell obesità o dell infiammazione può portare a conseguenze sovrapponibili. Per esempio, l infiammazione cronica derivata dall obesità porta ad un aumento dei livelli di lipidi nel plasma e, di conseguenza, allo sviluppo di insulino-resistenza,. D altro canto, uno stato infiammatorio tipico porta ad una più massiccia e momentanea risposta infiammatoria e ad una iperlipidemia a breve termine che aiuta nella risoluzione delle infezioni. In alcune circostanze di infezione cronica, si possono comunque verificare l insulino resistenza, il diabete e l aterosclerosi. JNK I tre membri del gruppo di serin/treonin - chinasi JNK: JNK1, JNK 2 e JNK 3 derivano dalla famiglia delle MAPK e regolano molteplici attività nello sviluppo e nella funzione cellulare, in larga parte attraverso la loro abilità nel controllare la trascrizione attraverso le proteine AP-1 (proteina attivatrice la fosforilazione 1) incluse c-jun, e JunB. JNK recentemente è stato riconosciuto come regolatore metabolico centrale e gioca un importante ruolo nello sviluppo dell insulino-resistenza in caso di obesità. In risposta a stimoli quali stress del RE, citochine ed acidi grassi, JNK si attiva, si associa alla proteina IRS-1 e la fosforila sulla serina in posizione 307, alterando l azione dell insulina. Nell obesità, l attività di JNK è elevata nel muscolo, nel fegato e nel tessuto adiposo, al contrario la perdita di attività di JNK-1 previene lo sviluppo di insulino-resistenza e diabete nei modelli di topo obesi a causa sia di alterazioni genetiche sia per la dieta.

PKC e IKK Due altre chinasi infiammatorie che giocano un importante ruolo nel contrastare l azione dell insulina, in particolare in risposta ai metaboliti dei lipidi, sono IKK e PKC. L infusione di lipidi porta ad un aumento nei livelli intracellulari dei metaboliti degli acidi grassi, quali il diacilglicerolo e AcilCoA. Questo aumento è correlato con l attivazione di PKC e con l aumento del grado di fosforilazione della serina 307 di IRS-1. PKC può alterare l azione insulinica attraverso l attivazione di un altra serina/treonina chinasi: IKKβ o JNK. Altre isoforme di PKC sono attivate dai lipidi e possono anche partecipare all inibizione del segnale dell insulina. IKKβ può infl uenzare il segnale dell insulina attraverso come minimo due pathway. Primo: può direttamente fosforilare IRS-1 sui residui di serina. Secondo, può fosforilare l inibitore di NF-kB (IKB), attivando così NF-kB, un fattore di trascrizione che, tra gli altri target, stimola la produzione di multipli mediatori infiammatori, incluso TNF-α e IL-6. Topi eterozigoti per IKKβ sono parzialmente protetti contro l insulino-resistenza dovuta a infusione di lipidi, dieta ricca di grassi o obesità genetica. Inoltre, l inibizione di IKKβ nei soggetti umani diabetici attraverso il trattamento con alte dosi di aspirina, migliora il segnale dell insulina, anche se a queste dosi non è chiaro se siano influenzate anche altre chinasi. Recenti studi hanno evidenziato l importanza di IKK nei tessuti individuali o tipi cellulari nello sviluppo di insulino-esistenza. L attivazione di IKK nel fegato e nelle cellule mieloidi sembra contribuire alla resistenza insulinica indotta dall obesità, comunque questo pathway non sembra essere importante nel muscolo.

Fig.4 Modello della sovrapposizione dei segnali metabolici e infiammatori e rilevazione delle vie di trasduzione del segnale in adipociti e macrofagi. L inizio della via dell infiammazione può essere causato da mediatori extracellulari come citochine e lipidi, oppure da stress intracellulare come stress del RE o eccesso della produzione di ROS da parte dei mitocondri. Segnali da tutti questi mediatori convergono sulle vie del segnale infiammatorio che comprende le chinasi JNK e IKK. Queste vie portano alla produzione di altri mediatori dell infiammazione attraverso la regolazione trascrizionale ed anche attraverso l inibizione diretta del segnale insulinico. Chi si oppone alle vie del segnale infiammatorio, sono i fattori di trascrizione che fanno parte delle famiglie PPAR e LXR, questi promuovono il trasporto dei nutrienti e il metabolismo e antagonizzano l attività infiammatoria MACRONUTRIENTI E ORIGINE DELL INFIAMMAZIONE (tratto dalla pubblicazione: Metabolic Syndrome: A Comprehensive Perspective Based on Interactions Between Obesity, Diabetes, and Inflammation di P Dandona, et al pubblicato sulla rivista Circulation111;pp1448-1454 nel 2005 - allegato in formato PDF nella cartella articoli) Se l obesità è uno stato proinfiammatorio e i meccanismi dell infiammazione interferiscono con la traduzione del segnale dell insulina, cosa genera questo stato proinfiammatorio? La risposta a questa domanda deriva da recenti osservazioni dimostranti che l assunzione di macronutrienti può indurre stress ossidativo e risposte infiammatorie. L assunzione di 75 grammi di glucosio inducono un aumento della produzione di superossido da parte dei leucociti del 140% rispetto al livello di base, inoltre si osserva anche l incremento di espressione di p47 phox una subunità della NADPH ossidasi, l enzima che converte l ossigeno molecolare in radicale superossido. L equicalorica quantità di grassi determina una simile quantità di stress ossidativo. L assunzione di glucosio determina anche infiammazione dal momento che c è un aumento intracellulare di NF-kB legante, una diminuzione di IkB ed un aumento di IKK α e IKK β, le due chinasi che fosforilano ikbα e IkB beta determinando la loro ubiquitinazione e la degradazione proteasomiale. L assunzione di glucosio causa anche l aumento di altri due fattori di trascrizione proinfiammatori: AP-1 e Egr-1. AP-1 regola la trascrizione delle metalloproteinasi della matrice, mentre Egr-1 modula la trascrizione di TF (Fattore tissutale) e PAI-1. Quindi l assunzione di glucosio aumenta l espressione delle metalloproteinasi 2 e 9 così come quella di TF e PAI-1. Un pasto misto da una catena di fast food induce l attivazione di NF-kB, una riduzione di IkBα e un aumento di IKKα e IKKβ con un incremento di generazione di radicali superossido da parte delle cellule mononucleate. E interessante che l infusione intravenosa di trigliceridi con eparina in soggetti normali che porta il livello di trigliceridi comparabile con quello osservato nei soggetti obesi, determina una risposta

infiammatoria. Tutti i geni che sono stimolati dall assunzione acuta di nutrienti sono attivati anche nello stato basale dei soggetti obesi così che le concentrazioni di questi prodotti genici negli obesi sono elevate. Invece una riduzione di assunzione di macronutrienti negli obesi (1000 kcal al giorno per 4 settimane) riduce sia lo stress ossidativo sia la concentrazione dei mediatori dell infiammazione. In modo simile 48 ore di digiuno riducono la generazione di ROS di più del 50% nei soggetti normali, inoltre si osserva una diminuzione anche dell espressione di p47phox. Chiaramente l assunzione di macronutrienti è il principale regolatore di stress ossidativo. E rilevante che il radicale superossido generato durante lo stress ossidativo è un attivatore di almeno due dei principali fattori di trascrizione proinfiammatori: NF-kB e AP-1. NF-kB regola l attività trascrizionale di minimo 125 geni, molti dei quali sono proinfiammatori. Non è quindi sorprendente che l obesità sia una condizione proinfiammatoria. Le MNC nell obeso si trovano in uno stato proinfiammatorio, esprimono un eccesso di una serie di geni proinfiammatori, oltre a contribuire all aumento di NFkB e alla diminuzione di IkBβ. Oltre all obesit à e all aumentata assunzione di macronutrienti, ci possono essere fattori genetici e altri fattori ambientali che possono indurre l attivazione di meccanismi proinfiammatori e l induzione di stress ossidativo. Questi fattori genetici ed ambientali possono essere rilevanti in quei gruppi etnici in cui la sindrome metabolica si presenta in assenza di obesità. In questi gruppi le migrazioni nei paesi dell occidente come gli Stati Uniti o l Inghilterra determinano un aumento di adiposità con uno stile di vita sedentario che determina il fenotipo della sindrome metabolica, contro un appropriato background genetico. Quando si considera l infiammazione indotta dall introduzione di macronutrienti, ci si può chiedere visto che i cibi che si consumano ora sono sempre stati consumati, perché il loro effetto è diventato improvvisamente rilevante? La ragione è che la quantità di cibo che si consumano è maggiore di quella che si consumava un tempo; inoltre gran parte della dieta consiste di fast food (pasti veloci) e non contengono sufficienti fibre, frutta e verdura. Questa combinazione determina l incapacità da parte dell insulina endogena prodotta in risposta al pasto di sopprimere l infiammazione generata dal pasto. E interessante a questo riguardo che una dieta di 900 kcalorie basata su pasti ricchi di frutta e verdure non causa ne un significativo stress ossidativo, ne infiammazione, al contrario di un pasto isocalorico con cibo fast food. L aumento della generazione del radicale superossido determina anche una minor disponibilità di NO, perché NO si lega al radicale superossido per formare perossinitrito. Oltre alla minor biodisponibilità si osserva anche una minor produzione di NO in quanto Akt, inibita dall insulino-resistenza, determina l inibizione di NOS. Inoltre anche TNF-α sopprime l espressione di NOS. Questi fattori determinano anomalie nella vasodilatazione mediata dalle cellule endoteliali e nella reattività vascolare. Le anomalie nella reattività vascolare dei soggetti obesi insulino-resistenti possono essere riprodotte in modo acuto in seguito ad un pasto

fast food di 900 kcal, così come i cambiamenti proinfiammatori cronici tipici dell obesità possono essere riprodotti, in modo acuto, da un simile pasto. Nonostante il lavoro iniziale sull assunzione dei macronutrienti con glucosio, grassi e cibo fast food mostri un effetto proinfiammatorio associato con lo stress ossidativo, dati emergenti dimostrano che alcuni macronutrienti possono essere protettivi e non-infiammatori. Quindi un pasto di 900 kcal ricco in frutta e fibre non causa stress ossidativo o infiammazione. L assunzione di vitamina E prima del carico di glucosio sopprime lo stress ossidativo e l infiammazione. Inoltre ci sono dati che mostrano che la somministrazione di vitamina E a pazienti con insulino-resistenza riduce la produzione di citochine da parte dei MNC. In conclusione, lo stato proinfiammatorio dell obesità e della sindrome metabolica ha origine da un eccessivo apporto calorico ed è probabilmente il risultato della overnutrizione nella maggior parte dei pazienti. Lo stato proinfiammatorio induce insulino-resistenza e porta alle manifestazioni cliniche e biochimiche della sindrome metabolica. Questa resistenza all azione dell insulina promuove ulteriormente l infiammazione attraverso l aumento di FFA e l interferenza con gli effetti antinfiammatori dell insulina. Sebbene questi fattori siano probabilmente i principali nella maggior parte dei pazienti con sindrome metabolica, è possibile che altri fattori come quelli genetici, possano contribuire allo stress infiammatorio nella sindrome metabolica. Questi fattori sono probabilmente cruciali in quei gruppi etnici come gli Indiani Asiatici, in cui si rilevano quantità elevate di grasso addominale profondo a dispetto di un normale indice di massa corporea. Dal momento che l eccessivo apporto nutrizionale probabilmente spiega l origine dell infiammazione nella sindrome metabolica associata all obesità, il modo più logico per contrastare la sindrome metabolica consiste nel diminuire il grado di infiammazione attraverso la restrizione calorica. L altro cambiamento nello stile di vita che influenza l infiammazione è l esercizio fisico. L esercizio determina una caduta nei marcatori dell infiammazione quali la concentrazione della proteina C reattiva. Sia la riduzione nell apporto di macronutrienti che l esercizio fisico causano una riduzione dell infiammazione.