Le ricette di Roma e provincia



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Le ricette di Roma e provincia Premessa. La cucina laziale è rappresentata in gran parte da quella romana dove convergono tutte le specialità delle tradizioni culinarie regionali e dove si sono distinte nei secoli tre orientamenti popolari: 1) la Scuola ebraica detta giudea, considerata la più ricercata e di classe (ricordiamo i carciofi alla giudia, le alici con l'invidia o 2) la Scuola burina originaria dell Abruzzo, che si è distinta per le pietanze a base di abbacchio e maiale e 3) la Scuola dei macelli sviluppata nei pressi dei mattatoi rilanciando il quinto quarto, ovvero le interiora, zampe, lingua e guancia, protagonisti dei rigatoni con la pajata o della coda alla vaccinara. Infatti, i rigatoni con la pajata nascono come pietanza tipica degli scortichini (coloro che lavoravano nel mattatoio di Testaccio) che ricevevano - a integrazione di una paga misera - gli scarti delle carni macellate e che puntualmente portavano nelle osterie della zona, affinché venissero cucinate pietanze utili a sfamare le povere famiglie. Così nacque la pajata. Le ricette di Roma e provincia. La tipica cucina romana, si fonda su piatti semplici ma ricchi di sapore ( e talvolta anche di colesterolo!). I piatti forti della cucina capitolina, sono i primi piatti e il cosiddetto quinto quarto ovvero come abbiamo già detto - ciò che rimane della bestia vaccina o ovina, dopo che le parti pregiate erano state vendute ai ricchi, e quindi la cucina tradizionale contempla piatti a base di interiora con la trippa, i rognoni ovvero i reni, il cuore, il fegato, la milza, le animelle, il cervello e la lingua, il tutto preferibilmente cucinato con lo strutto di maiale o con l'olio. In effetti, la cucina romana fa molto uso di fritture e il fritto alla romana può essere misto oppure scelto ; questo ultimo è quello più raffinato e tradizionale, e si compone di cervelli, animelle, schienali e carciofi ai quali si possono aggiungere fettine di fegato di vitello, pezzi di testina di vitello e del pane dorato. La preparazione è a base d uovo sbattuto o pastella. Tra i primi piatti sempre a Roma e dintorni troviamo i rigatoni con la pajata, con interiora di manzo o di vitello, cotti in un soffritto molto gustoso; i bucatini all'amatriciana, gli spaghetti alla carbonara, quelli cacio e pepe, gli gnocchi al semolino e le fettuccine "paja e fieno" con piselli e prosciutto cotto tagliato a tocchetti. Tra i secondi troviamo l'abbacchio al forno, a scottadito o in brodetto, la coda alla vaccinara il pollo ai peperoni; i carciofi alla giudia, il fritto misto di carne e verdure costituito da animelle, cervelli, filetti di baccalà, carciofi e zucchine. Tra i contorni, ci sono la cicoria meglio se ripassata all aglio e le puntarelle mentre un vero pranzo inizia sempre con alcuni intingoli (sedano, carte, ravanelli, finocchi) gustati alla cazzimperio! un buon pranzo si può chiudere bene con una crostata di ricotta, un dolce della tradizione ebraica gustato tutto l anno e a tutte le ore mentre al romano la mattina non bisogna consigliargli di gustare un maritozzo con la panna, perché lui lo sa che questo è il miglior modo di iniziare la giornata! La provincia romana segue usanze culinarie sicuramente più leggere (ma non troppo), dove fanno sfoggio le tipiche verdure della campagna romana (almeno una volta si diceva così, ora con la globalizzazione imperante corriamo il rischio di mangiare le puntarelle d oltreoceano!) puntualmente condite con solo olio e alici o con una salsa fatta semplicemente con i rossi d'uovo di giornata, l'olio, il limone e a chi va anche un pizzico di sale. La provincia di Roma, grazie alle infrastrutture e al trasporto pure pubblico, è un po come un fuori porta facile quindi da raggiungere anche per commettere semplici peccati di gola. Le occasioni non mancano e poi siamo sempre più portati a credere che ci meritiamo farci del bene. Da qui al resto (transitando per gli innumerevoli intingoli), il passo è proprio breve. Allora vediamo cosa ci riserva la gastronomia del fuori porta romano: è facile iniziare dai diversi vini Doc (dei Castelli Romani, di Frascati, di Marino, di Velletri e del Cesanese di Olevano Romano)., dagli oli extravergine Dop, dai rinomati formaggi (pecorino, ricotta e caciotta romana in testa passando per la mozzarella di bufala) e dalla frutta con in testa le fragoline di Nemi per poi seguire con l'uva pizzutella di Tivoli, la pera spadona di Castel Madama e le pesche di Castel Gandolfo Il Life motiv di questa sezione lo proponiamo ricordando che i romani gradiscono talmente il maiale, che gli hanno dedicato via Panisperna, dal latino panis, pane e perna, prosciutto. Indice delle pietanze: Antipasti da pagina 2 a pagina 3 - Primi Piatti da pagina 6 a pagina 9 Secondi Piatti da pagina 10 a pagina 9 - Contorni da pagina 10 a pagina 11 Dolci da pagina 12 a pagina 13 Roma e Provincia tra curiosità e tradizione da pagina 13 a pagina 16. Grazie per l attenzione

Antipasti Animelle al marsala 2 animelle di vitello, 200 gr. di farina, 2 bicchierini di marsala, brodo e circa 12 crostini di pane fritto. mettete a bagno nell'acqua tiepida (che va rinnovata due volte quando si sarà freddata) le animelle di vitello, per togliere a queste la parte sanguigna, in modo che rimangano poi bianchissime. Tagliatele a fette non troppo sottili, infarinatele leggermente e mettetele a colorire nel burro. Bagnatele con marsala e poi finite di cuocerle con brodo. Servite ogni fetta su un crostone di pane fritto al burro e versate su tutto la salsa di cottura avendo cura di accompagnare questa pietanza con un buon bicchiere di vino rosso. Asparagi con uova e pecorino romano 500gr. di asparagi, 4 uova, sale e pecorino romano q.b. lessare gli asparagi; a parte, immergete le uova in un tegame con l acqua bollente e lasciatele in cottura per tre minuti (se piacciono in camicia, diversamente prolungate la cottura), unire in un piatto uova e asparagi cospargendo il tutto con scagliette di pecorino. 2

Bruschetta: termine di origine laziale ormai diffuso in tutta Italia, che indica una fetta di pane rustico abbrustolito bruscato, sul quale si strofina a caldo uno spicchio d aglio Bruschetta pane casereccio e la bruschetta è il più conosciuto antipasto della cucina romana; disposta con pane casereccio di almeno un giorno, tagliato a fette non troppo sottili e passate sulla fiamma viva per abbrustolirle, poi sfregate con aglio ripassandola con un filo di olio (una volta grezzo e di prima spremitura). La tipica bruschetta romana si può presentare anche con quella del vignaiolo con broccoletti, pomodori, salsiccia fresca, peperoncino rosso, olio e una spruzzata dl vino; una variante è la panzanella, fatta di avanzi di pane che vanno bagnati in acqua per pochi secondi, poi appena strizzati col palmo della mano prima di condirli con olio, aceto, cipolla, basilico in foglie spezzettato, pomodoro in pezzi, sale e pepe. Me so aggiustato un piatto de bruschetta, davanti a un tavolino sgangherato e un pensieraccio nero l ho affogato nell urtima fojetta. All improvviso allora fo er pajaccio: così m illudo, mentre rido e canto, che la felicità na vorta tanto, m ha preso sottobraccio. All Osteria dell illusione di Giuliano Malizia Carciofi alla Giudea 6 carciofi romani o toscani, olio abbondante, sale e pepe q.b.. usare dei carciofi teneri senza il gambo, togliendo quindi una parte del fondo e le foglie esterne; aprite le altre foglie senza spuntarle così da aprire il carciofo proprio come un fiore e condite il tutto con sale e pepe a piacere e fateli cuocere in una teglia fonda in modo che siano quasi completamente coperti di olio bollente. Infine scolateli quando saranno diventati dorati e croccanti. 3

Carciofi alla romana 6 carciofi romani, una manciata di prezzemolo, 1 spicchio di aglio, un pò di mentuccia, 4 cucchiai di olio, ½ bicchiere di vino bianco secco e ½ di brodo vegetale, sale e pepe q. b.. togliete ai carciofi le foglie dure e il gambo e riempiteli fra foglia e foglia, con un trito di prezzemolo, aglio e mentuccia; disponeteli poi in una casseruola, uno accanto all'altro con quattro cucchiaiate di olio, lasciando cuocere per circa 10 minuti, versatevi poi mezzo bicchiere di vino bianco secco e mezzo bicchiere di brodo vegetale, coprite la casseruola e lasciate cuocere piano fino a che il sugo si è ristretto. Il carciofo romanesco che era apprezzato già da etruschi e romani - è una varietà tenera, dolce e tondeggiante, con le foglie verdi scuro dalla punta rosa arrotondata; Talvolta è chiamato mammola e si usa per la preparazione dei carciofi sia alla Giudia che alla Romana. Questa prelibatezza è coltivata da gennaio a marzo nelle province di Viterbo, Roma e Latina. Crostini alla romana sfilatini di pane, 6 bocconcini di mozzarella, 4 acciughe dissalate e deliscate, 50 gr. burro, sale e pepe q. b.. tagliate i bocconcini di mozzarella a fette piuttosto spesse, salatele e pepatele; affettate gli sfilatini e, infilzate in 4 spiedini il formaggio e il pane, alternandoli, iniziando e terminando col pane; appoggiate le punte degli spiedini sui bordi di una teglia, in modo che rimangano sospesi. Metteteli poi nel forno preriscaldato a 250 gradi, finché il formaggio comincerà a filare e il pane sarà brustolito; nel frattempo in un tegamino amalgamate le acciughe nel burro a fuoco basso, quando gli spiedini saranno pronti, disponeteli in un piatto caldo, irrorateli con la salsina pronta e serviteli subito ancora caldi. 4

Frittata di carciofi 2 carciofi, 4 uova, sale, pepe bianco e guanciale a piacere cuocere i carciofi e tagliate a pezzetti i carciofi e soffriggeteli con un po d'olio e guanciale; aggiungete poi le uova sbattute con l aggiunta di sale e pepe. Ultimata la cottura, servire ben calda Supplì al telefono risotto alla parmigiana, 100 gr. mozzarella, 1 cucchiaio parmigiano reggiano grattugiato, 100 gr. prosciutto crudo magro affettato spesso, 1 ciuffetto di prezzemolo tritato, 2 uova, farina, abbondante olio o strutto per friggere pangrattato sale e pepe q.b.. preparate il risotto alla parmigiana cuocendolo al dente; versatelo sul tavolo e lasciatelo raffreddare completamente. Nel frattempo in una terrina sbattete 2 uova, salate, aggiungete la mozzarella, il prosciutto tagliato a piccoli dadi, il formaggio grattugiato, il prezzemolo e il pepe. Con il palmo della mano formate i supplì della dimensione di piccole arance ma con la caratteristica forma allungata. Fate un buco con un dito nel mezzo di ognuno e riempite questi buchi con un cucchiaino del composto preparato. Richiudete il riso stesso in modo che il ripieno non possa uscire durante la cottura; infarinate leggermente i supplì, passateli nell uovo sbattuto, poi nel pangrattato. Immergeteli, pochi alla volta, nell olio bollente, sgocciolateli croccanti e dorati e serviteli subito. Per preparare dei supplì alla romana, sostituite il ripieno con un ragù e con dadini di mozzarella. 5

Consumata fredda, è ottima anche in estate Primi piatti Ceci alla salvia 400 gr. di ceci, 2 spicchi di aglio, 50 gr. di lardo, 1/2 cipolla, 1 carota, 1 costa di sedano, una manciata di foglie di salvia, 2 cucchiai di concentrato di pomodoro, 4 fette di pane casereccio, 2 cucchiai di pecorino, 4 cucchiai di olio di oliva sale e pepe q. b.. lavate i ceci e metteteli a mollo in acqua fredda per una notte; il giorno seguente scolateli e poneteli in una pentola con 1 litro e 1/2 di acqua fredda poco salata e fateli cuocere a fiamma bassa e con il coperchio, per circa 2 ore.nel frattempo tritate lardo, aglio, cipolla, carota sbucciata e lavata, sedano e una foglia di salvia; soffriggete il trito nell'olio a fiamma bassa per 10 minuti, unite poi i ceci cotti con il loro brodo, il concentrato di pomodoro, le foglie di salvia e bollite piano per ½ ora; tostate in forno le fette di pane, adagiatele una per fondina, versatevi la minestra, pepate, aggiungete l'olio crudo e servitele calde con pecorino grattugiato a parte. Fettuccine del papa 500 gr fettuccine,.120 gr. prosciutto crudo, 120 gr. burro, 2 uova, 60 gr. crema di latte, e ½ cipolla rosolare nel burro la cipolla tritata ed il prosciutto tagliato a piccole strisce; scaldate l impasto con una noce di burro, formaggio grattugiato, sale e pepe e amalgamare con le uova sbattute fino a formare una salsa compatta, poi condite le fettuccine cotte al dente con questa salsa. Volendo si possono far mantecare aggiungendo del parmigiano grattugiato e della crema di latte. 6

Fusilli con gamberi e crema di zucchine Comune Anzio Provincia di FR LT RI RM VT fusilli 400 gr., zucchine 4, gamberi 400 gr. di medie dimensioni; peperoncino, prezzemolo, aglio, olio extravergine d'oliva e sale q. b.. togliere ai gamberi le estremità (zampette e baffetti); scaldate in un tegame un filo d olio con l'aglio; aggiungete i gamberi e rosolateli, aggiungete poi un bicchiere di vino bianco, fino a farlo evaporare; aggiungere il prezzemolo e il peperoncino, tagliuzzate a listellette le zucchine e frullatele fino a farle diventare una crema unendo quindi le zucchine. Coprite poi il tegame e fatele trifolare;. a cottura ultimata, cuocere la pasta e una volta scolata, saltate il tutto in modo che la pasta leghi con la salsa. Servite ben caldo Maccheroni ai fegatini maccheroni, 500 gr., fegatini di pollo 300 gr., mortadella 30 gr., scalogno 1, carota, sedano, alloro, olio d'oliva, sale e pepe, q.b. preparate un trito con lo scalogno, la carota ed il sedano e fate rosolare con un filo d olio; a cottura ultimata, unite i fegatini, la mortadella tritata, l'alloro, il sale e il pepe e fate rosolare a fuoco vivo; a cottura ultimata, toglieteli dal fuoco e condite la pasta preventivamente cotta al dente amalgamando bene il sugo ottenuto con i fegatini. 7

ideale anche per una cena fredda Mezze maniche ai pomodorini gratinati pasta mezze maniche rigate, 500 gr., pomodorini ciliegini, 500 gr., pane grattugiato, olive, olio di oliva, capperi, origano, peperoncino e sale, q. b. lavare i pomodorini e tagliarli a metà disponendoli in una teglia antiaderente ben oliata; distribuire il pangrattato sui pomodorini, aggiungendo sale, peperoncino, origano, olive e capperi tagliati a pezzettini piccoli ed olio di oliva a piacere. Cuocere nel forno a 180 gradi per 10/15 minuti fino a quando i pomodorini saranno ben gratinati, ma non troppo asciutti. Cuocere quindi pasta, scolarla bene e amalgamarla al condimento a base di pomodorini. Dosi per 2 Commensali Panzanella alla romana pane di Genzano, 300 gr., pomodori rossi, aceto, olio di oliva, basilico, sale e pepe, q.b. bagnate con poca acqua le fette di pane; disponendo su ciascuna i pomodori tagliati a pezzetti strofinati in modo da inumidire il pane anche con il loro sugo. Condite poi con olio, sale, pepe, aceto e basilico fresco. ssssssssssssssssssssssssssssssssssssssssssssssssssssssssssssssssssssssssssssssssssssssssssssssssssssssssssssssssssssssssss 8

Pasta alla carbonara ½ kg. di spaghetti n. 5, 100 g guanciale o pancetta magra tesa, 1 cucchiaio olio d'oliva, 1 spicchio d'aglio, 1/3 di cipolla, 4 uova intere, 2 cucchiai di pecorino grattugiato, 2 cucchiai parmigiano reggiano grattugiato, sale e pepe q. b.. lessate la pasta (spaghetti, bucatini o penne) in abbondante acqua bollente e salata. In una padella larga soffriggete nell olio, con l aglio, il guanciale tagliato a listarelle: a cottura ultimata togliete poi l aglio; in un piatto rompete le uova e sbattetele aggiungendo una manciata di pecorino, una di parmigiano-reggiano e abbondante pepe appena macinato. Appena la pasta è cotta al dente, scolatela, versatela nella padella dove avete predisposto il soffritto e ripassate il tutto rimescolando finché è le uova si saranno amalgamate alla pasta. Servite aggiungendo il formaggio grattugiato Nell Antica Roma era abitudine consumare tre pasti al giorno: jentaculum (la nostra prima colazione), era consumata nelle prime ore del mattino; si trattava di un pasto leggero e semplice a base di pane, formaggio, frutta secca, miele, latte e vino, con il quale veniva condito il pane. I più poveri usavano fare il primo pasto semplicemente a base di pane bagnato nel latte o nel vino; il prandium (il nostro pranzo) veniva consumato poco prima di mezzogiorno, ed era il secondo pasto della giornata che veniva consumato velocemente e in piedi; era un pasto freddo a base di legumi, verdura, frutta e pesce; la coena (la nostra cena) infine, nella cucina dell Antica Roma era il pasto più importante. Le famiglie più povere finivano la loro giornata con un semplice pasto a base di farina, legumi e verdure, una sorta di pasticcio nutriente ma dal gusto sempre uguale, mentre per le famiglie patrizie, la cena era un momento di divertimento, dialogo e riunione di familiari, amici e protettori e l ultimo pasto della giornata, poteva durare diverse ore ed era arricchito da diversi piatti e ghiottonerie di ogni genere, conditi con particolari salse e accompagnati da vino e bevande. Le uova delle oche Le oche sono passate alla storia per aver salvato il Campidoglio, ma erano tenute in gran conto per le proteiche e grossa uova che venivano usate per rinvigorire coloro che svolgevano intensa attività fisica, erano considerate cibo dei forti. A Roma non esisteva cascina senza uova, è infatti nella capitale che è nato il detto ab ovo usque ad mala, ovvero dall uovo alle mele, per dire l intero pranzo. 9

Secondi piatti Abbacchio alla cacciatora abbacchio, 1/2 kg.; strutto, 20 g; acciughe, 2; aceto bianco, aglio, rosmarino, salvia, sale e pepe q. b. tagliare a pezzi l'abbacchio e mettetelo in un tegame per insaporirlo con strutto, sale, pepe, un trito d aglio, rosmarino e salvia; mettetelo poi in cottura prima a fuoco vivo per circa cinque minuti, poi a fuoco lento per circa 50 minuti, avendo cura - di tanto in tanto - di aggiungere dell aceto e, se serve, un po d acqua. A cottura quasi ultimata, aggiungete i filetti d acciuga e lasciate finire la cottura per cinque minuti a fiamma leggera, servire poi caldo. Coda alla vaccinara coda di vitellone, 1 kg.; sedano, cipolla, carote, olio di oliva, sale, pepe, peperoncino, vino bianco, pomodoro in polpa q. b e 1 dado da brodo. soffriggete un trito di cipolle, carote e sedano e, in cottura, aggiungete un po' di vino; unite poi la coda, precedentemente bollita e fatela cuocere per un quarto d ora, prima di aggiungere sale, pepe e peperoncino. A vino totalmente evaporato, aggiungete la polpa di pomodoro e il dado da brodo, lasciate poi cuocere a fuoco lento, fino a che la carne diventa morbida e il sugo denso. La coda alla vaccinara è una ricetta tipica della cucina romana popolare che veniva preparata soprattutto a Testaccio e nel Rione Regola, abitato prevalentemente da vaccinari e concia-pelli, da cui il ritornello: Le Regolante so tutte magna code e sso ccarine, so ttutte tutte magna code e sso galante. La coda veniva un tempo data ai mandriani come integrazione della paga e questi la facevano poi cucinare nelle osterie. Si prepara con l aggiunta dei gaffi, ossia le guance del bovino e ha un accompagnamento obbligatorio: il sedano. 10

Trippa alla romana trippa lessata, 1 kg.; dado da brodo 1, vino bianco secco 1/2 bicchiere cipolla, carote, sedano, parmigiano, sale, pepe, peperoncino e polpa di pomodoro q.b. preparate un soffritto con la trippa tagliata a striscioline, sedano, carote e cipolla, aggiungete poi del vino e fate cuocere a fuoco vivo fino ad evaporazione del vino; poi aggiungete sale, pepe, peperoncino, la polpa di pomodoro e un dado da brodo e lasciate bollire per 40 minuti. Servite con abbondante parmigiano ed il sugo ben raddensato Alcuni modi di dire Se magna pe campà no pe crepà A magnà e a grattà tutto sta a comincià E' mejo che la panza mia crepi che la grazzia de Dio se sprechi Panza mia fatte capanna Se campa na vorta sola Chi magna da solo se strozza Tutto fa brodo fora che la serva der prete Li mejo bocconi so der coco In bocca è peccato quello c'esce, no quello c'entra Chi beve pe' magnà magna pe vive Chi magna le lumache caga le corna Chi s'aspetta gnocchi non vole brodo A la braciola la graticola, ar fritto la padella La pulenta panza abbotta e culo allenta L'uva nera fa ingrossà le zinne Noci e pani pasto da sovrani Pane d'un giorno e vino d'un anno Magna quer che voi e spenni quer che poi Co li broccoli ce vo' l'aringa Anche le mejo bravure der coco finischeno in quer loco Chi cià er pepe lo mette alle rape, chi nun ce l'ha le magna sciape 11

Dolci Pangiallo uvetta 250 gr., mandorle 75 gr., gherigli di noce 50 gr., nocciole tostate 100 gr., frutta candida 150 gr., fichi secchi 125 gr., pinoli 50 gr., cioccolato fondente 100 gr., miele 100 gr., pasta da pane 80 gr., olio d'oliva 3 cucchiai, farina 330 gr. uovo 1, albumi 2, spezie miste 1 pizzico, cacao 2 cucchiai, rhum 3 cucchiai, zucchero 1 cucchiaio e sale q. b. mettete in ammollo in acqua tiepida l'uvetta; tagliuzzate a metà le mandorle pelate, sminuzzate i gherigli di noce, tritate le nocciole tostate e la frutta candita, affettate i fichi secchi, grattugiate il cioccolato fondente, fate sciogliere il miele e aggiungete il cioccolato, mantenendo il tutto in caldo a bagnomaria. Sistemate in una bacinella la pasta da pane a pezzetti, mettendoci 3 cucchiai d'olio d'oliva e un po' d'acqua tiepida. Aggiungete poi 300 gr. di farina, un pizzico di sale, un uovo e incorporateci tutta la frutta secca e candita preparata prima. Amalgamate quindi i pinoli, un pizzico di spezie miste, un cucchiaio di cacao e insaporite con il rhum e il miele preparato, lavorando bene l impasto formate un panetto; mettetelo poi a riposare per un'ora. Montate a neve 2 albumi, incorporateci 30 gr. di farina, unite un cucchiaio di zucchero e uno di cacao, imburrate una teglia (possibilmente) rotonda e adagiateci il panetto, ricopritelo poi con la glassa e cucinate il tutto in forno caldo a 180 C per un'ora circa. Servire freddo. Torta di noci uova 6, zucchero a velo 6 cucchiai, noci tritate 8 cucchiai, pangrattato 2 cucchiai, farina 1 cucchiaio, scorza grattugiata di 1 limone, lievito 1 bustina e 1 noce di burro sbattete i tuorli con lo zucchero a velo e unite tutti gli altri ingredienti, per ultimo gli albumi montati a neve ed il lievito; versate poi il composto in una tortiera imburrata e fate cuocere in forno caldo a 180º per 30-40 minuti circa. Servire quindi freddo 12

Dosi per 6 Commensali Crostata di ricotta 600g. di ricotta, una tazza di panna da cucina, 3 cucchiai di farina, 2 uova intere, 100 gr. di prosciutto cotto tagliato a dadini, sale, poco pepe, burro e pasta sfoglia. per il ripieno, mescolare in una terrina la ricotta, la panna, la farina, le uova, il prosciutto cotto e aggiungere il sale e il pepe (fate attenzione che l'impasto non sia troppo liquido, in quel caso si deve aggiungere un altro cucchiaio di farina). Foderare una teglia rotonda precedentemente imburrata con la pasta sfoglia, riempire con l'impasto e ricoprire il tutto con ulteriore pasta sfoglia facendola aderire ai bordi. Cuocere in forno 200 gradi per 50 minuti circa. 13 Roma e Provincia tra curiosità e tradizione Mattatoio o ammazzatora Il Mattatoio di Testaccio è ormai chiuso e l imponente struttura è sede della Galleria d Arte Contemporanea; intorno al Mattatoio nell 800 nacquero molte trattorie specializzate in piatti preparati con il Quinto quarto e ancora oggi nel quartiere sono numerosi i locali che propongono la cucina romana tradizionale. L'ex mattatoio quindi è stato dismesso nel 1975, quando Roma aveva ormai quasi 3 milioni di abitanti, per essere sostituito da una nuova struttura ubicata nelle vicinanze di via Palmiro Togliatti; da quella data, il complesso considerato un raro esemplare dell'archeologia industriale romana, ha subito diverse ristrutturazioni nelle sue diverse parti dove, nei diversi padiglioni, vengono ospitate mostre permanenti ed estemporanee di diverso genere. Attualmente gli edifici ospitano alcuni uffici dei vigili urbani; mentre dal 1992, con la nascita della terza università, alcuni spazi sono stati adibiti ad aule per la Facoltà di Architettura per la quale è previsto lo spostamento in blocco dell'attività didattica e degli uffici di facoltà; nel 2002 un'area di 105.000 m² con due padiglioni, è stata destinata alla seconda sede del MACRO denominata Future. Nel complesso si è inoltre insediato il centro sociale Villaggio Globale. L'ex Mattatoio ha visto nascere Muccassassina, la serata di autofinanziamento del Circolo di cultura omosessuale Mario Mieli di Roma, a cui peraltro deve l'ironico nome, ed ha ospitato, a partire dal 2002 le prime tre edizioni del Gay Village, evento organizzato nell'ambito dell'estate romana. Il 29 settembre 2007, sul lato di via del Campo Boario, è stata inaugurata una sede permanente di 3500 m² per la Città dell'altra economia. Il 12 marzo 2008 la facoltà di Architettura dell'università Roma Tre ha inaugurato ed aperto a studenti e docenti il padiglione 15A, sul lato del Lungotevere.

Mentuccia. Pianta aromatica erbacea le cui foglie stanno alla cucina romana come il prezzemolo a quella nazionale. Misticanza (nella fotina a sinistra) Fatevi all uscio, madonna dolciata Che v ho recato un cesto d insalata. Io v ho recato d ogni fin erbetta Menta, cicerchia, fiorana e rutetta E nepitella, metaschio e borrana. I versi di questa Ballata del XIII secolo testimoniano con altri documenti della stessa epoca, l origine della ricetta dell insalata mista, anticamente chiamata insalata di mescolame o mescolanza e trasformata in misticanza dal dialetto romano. A Roma i frati cappuccini sono stati i precursori degli odierni verdurieri, essi infatti, come compenso per l obolo ricevuto dai benefattori, donavano loro una gran varietà di insalate: lattughella, riccetta, cerfoglio, barba di frate o erba stella, caccialepre, invidiola, ruchetta, pimpinella o erba noce. Monte dei cocci Il Monte è formato da pezzi di anfore vinarie romane accatastate le une sulle altre; la pratica iniziò a partire dal 55 a.c. per decreto imperiale, per favorire lo smaltimento delle anfore che, non essendo smaltate all interno, risultavano porose e deteriorabili e quindi non potevano essere riutilizzate. Poiché la terracotta mantiene costante la temperatura (intorno ai 10 ) e garantisce la ventilazione conservando il luogo asciutto, lungo i fianchi del Monte dei cocci furono scavate 48 grotte, destinate a freschi ripostigli per olio, vino e derrate alimentari della Roma papalina. Nerbetti I nervi, i tendini e gli zampetti del vitello disossato che il macellaio regala al cliente affinché li aggiunga al brodo per renderlo più saporito; lessati e conditi con salsa verde, sono una delle prelibatezze della cucina popolare romana. Pajata o pagliata (nella fotina a sinistra) A Roma il termine indica la parte alta dell intestino tenue del vitello, del manzo, dell agnello o del capretto; le paiate ovine e caprine, non richiedono una preparazione particolare, mentre quelle di manzo e di vitello devono essere private del rivestimento esterno, tagliate a pezzi e legate con filo alle estremità, affinché la saporitissima crema interna non fuoriesca, e quindi lavate. La pajata ridotta in ciambelline legate con il filo è l ingrediente fondamentale per preparare un sugo e un primo piatto fra i più famosi della cucina romana, i rigatoni co la pajata, senza dimenticare la pagliatina di vitella alla cacciatora. Pazientini quaresimali I pazientini sono biscotti tradizionali che venivano preparati durante la Quaresima e che ancora si trovano, insieme ai maritozzi, nelle pasticcerie romane. Per la preparazione si impiegano farina, zucchero in polvere, chiare d uovo, vaniglina e caramello. I biscotti vengono modellati a forma di palline schiacciate come grossi lupini o lettere maiuscole dell alfabeto e prima di mangiarli si lasciano riposare un paio di giorni Peperoncino (nella fotina a sinistra, la statua parlante di Madama Lucrezia) In passato, dinanzi alla Basilica di S. Marco ogni primo di maggio si teneva il ballo de li poveretti al quale prendevano parte popolane e giovanotti dei vari rioni ma anche, con grande spasso dei romani, gobbi, storpi e vecchietti in vena di baldoria. La festa si svolgeva davanti alla statua parlante di Madama Lucrezia, ornata, per l occasione, di collane di cipolle, capi d aglio e peperoncini. Attualmente l enorme busto marmoreo alto circa 3 metri di Madama Lucrezia, si trova in un angolo di Palazzetto Venezia in piazza San Marco e proviene - probabilmente - da un tempio dedicato ad Iside e raffigura una donna, forse una sacerdotessa di questo culto o forse la stessa Iside. Il soprannome gli deriva dalla nobile dama Lucrezia d Alagno, favorita di Alfonso d Aragona, re di Napoli, che visse e abitò presso la suddetta piazza nella seconda metà del XV secolo. 14

Porchetta di Ariccia una tradizione diventata ormai cultura La porchetta è una specialità della tradizione gastronomica dei Castelli Romani (Ariccia in particolare si trova a 28 Km circa da Roma, percorrendo la Via Appia Nuova) ed è ottenuta dalla scrofa di razza italiana selezionata, o di razza Landrace, Large White, Pietrain o di razza incrociata e, di norma, è di 70-80 kg di peso. La pelle dei maiali appena macellati viene fiammeggiata, lavata e raschiata accuratamente mentre il maiale, privato delle zampe, si svuota e si disossa; l interno viene farcito con sale, pepe nero, finocchio selvatico, aglio e altri aromi mentre pure le interiora (fegato, polmoni e cuore) sono lavate, sbollentate in acqua salata, tagliate a pezzetti, condite e vengono anche queste - inserite all interno. La caratteristica della porchetta di Ariccia consiste anche nel modo in cui la carne del maiale viene arrotolata, legata e cucita a mano con ago e spago, secondo una tecnica che risale addirittura agli Etruschi e poi agli antichi Romani, questa pratica è necessaria per rendere compatta la carne e uniforme la cottura. Una volta ben farcito, il maiale viene poi infilato per lungo su uno spiedo e messo in un grande forno da pane, scaldato a legna per la lenta cottura che dura dalle 3 alle 5 ore e durante la quale il grasso in eccesso si scioglie lasciando la carne magra. La porchetta viene servita fredda a fette con un anello di grasso intorno e la crosta esterna bruna, lucida e croccante si accompagna con del pane casereccio (possibilmente di Genzano, comune confinante con Ariccia, famoso sia per la tradizionale Infiorata che per il pane casereccio, cotto quindi a legna) e con del vino rosso giovane, possibilmente anche questo dei Castelli Romani. La tecnica di preparazione della porchetta di Ariccia fu descritta già nel XV secolo dal gastronomo Maestro Martino da Como nel Libro de arte coquinaria mentre in tempi più vicini, nel 1802, il tedesco Johann Gottfried Seume, autore de L Italia a piedi, passando per Ariccia espresse disappunto per la decisione del principe Chigi di abbattere le querce secolari del suo parco per favorire il pascolo di porci bradi, progenitori delle moderne porchette. E bene sapere che alcuni produttori di porchetta, si sono recentemente trasferiti negli Stati Uniti dove stanno raccogliendo ottimi consensi. Pizza e fichi A Roma l espressione come pizza e fichi si usa per indicare una cosa davvero squisita. La bontà delle cose semplici, come lo spuntino che gioca con i sapori: il salato della pizza, spessa, calda e con grani di sale grosso e il dolce dei fichi, dolci, profumati e carnosi. Pizza ricresciuta di Pasqua (nella fotina in basso) La Pizza ricresciuta è un dolce di Pasqua della cucina tradizionale romana, c è ancora chi ricorda che un tempo si trascorreva tutto il Venerdì Santo a preparare la Pizza pasquale, affinché fosse pronta per la benedizione del prete che arrivava nelle case appena sciorte le campane. La tavola veniva imbandita con candide tovaglie di Fiandra, mazzi di fiori primaverili come violetta e mimosa e vasi nei quali erano stati fatti germogliare al buio grano, orzo e lenticchia. Le leccornie consumate a Pasqua comprendevano agnello, ova toste, brodetto, salame tipo corallina ed erano dominate dalla gonfia Pizza ricresciuta preparata con farina, lievito di birra, zucchero in polvere, burro, cannella, sale, uova e dadini di scorzette candite. Forni e gastronomie soprattutto della provincia romana la propongono ancora oggi. 15

Puntarelle (nella fotina a sinistra) È così chiamata, al plurale, una particolare varietà di cicoria catalogna, le cui costole sono tagliate a listarelle e condite con una salsa a base di aglio, olio, aceto e filetti di acciughe per preparare un ottima insalata tradizionale della cucina romana, con la quale si accompagna l abbacchio (ma non solo). Ventre de vacca Essere in un ventre di vacca in romanesco significa trovarsi nel benessere e godere di una vita comoda e lieta. Na setta de garganti che rameggia E vò tutto pe forza co li strilli: un Papa maganzese che stangheggia, promettennoce tordi e ce dà grilli, Er ventre de vacca di G. G. Belli Tordo matto di Zagarolo (nella fotina a sinistra) Sono così chiamati gli involtini a forma di piccoli uccelli ottenuti con scaloppine di carne di cavallo della Maremmma arrotolate e condite con lardo, prezzemolo, aglio, salvia, coriandolo, sale e pepe. A Zagarolo comune tra i Castelli Romani e i Monti Prenestini - vi era una grande popolazione equina e vi si sviluppò pertanto l uso di mangiare carne di cavallo. Grattachecca (nella fotina a sinistra) Bibita a granita composta di ghiaccio grattato finemente a mano (e non tritato con una macchinetta!) e sciroppi alla frutta di vario genere; normalmente viene servita in un bicchiere alto ghiacciato e con la cannuccia. Un tempo molto diffusa, oggi i Chioschi dove viene preparata sono rimasti pochi. La grattachecca è un alimento rinfrescante tipico della città di Roma (molto diffuso anche a Napoli col nome di a rattata la grattata o più volgarmente o cazzimbocchio). È preparato con ghiaccio grattato a neve al quale vengono aggiunti uno o più sciroppi o succhi di frutta; il nome deriva dal verbo grattare e da checca, termine con il quale un tempo si identificava il grosso blocco di ghiaccio utilizzato per refrigerare gli alimenti, quando ancora non esistevano i frigoriferi. A differenza della granita che viene prodotta con acqua mescolata a sciroppi o succhi e messa a congelare, la grattachecca è composta da ghiaccio grattato da un singolo blocco di grandi dimensioni (anche fino a un metro di lunghezza), con un apposito raschietto provvisto di una camera vuota posteriore che consente di accumulare il ghiaccio grattato così ottenuto. Il contenuto della camera è generalmente sufficiente per riempire un bicchiere e, una volta riempito questo con il ghiaccio così ottenuto, viene aggiunto succo di frutta o sciroppo. Un tempo alimento molto comune nelle giornate estive in Roma, negli anni è stato sostituito da più semplici granite, realizzate con macchinari che prendono acqua mescolata a sciroppi e la congelano mescolando continuativamente e impedendo all'acqua di formare un blocco unico o da una versione moderna della grattachecca, consistente in cubetti di ghiaccio tritati con un tritaghiaccio elettrico ai quali viene aggiunto poi succo di frutta o sciroppo. A Roma solo pochi chioschi oramai preparano la grattachecca con ghiaccio grattato da un singolo blocco e non con cubetti di ghiaccio tritati. 16