EQUAZIONI ALLE DERIVATE PARZIALI Appunti del Corso Anno Accademico

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EQUAZIONI ALLE DERIVATE PARZIALI Appunti del Corso Anno Accademico 211-212 Kevin R. Payne 1 Università di Milano 1 Appunti del docente redatti con l aiuto di Tommaso Passalaqua, studente del corso nell a.a. 29-21.

Indice 1 Introduzione alle PDE 1 1.1 Nozioni di base.................................. 2 1.2 Esempi....................................... 3 1.3 Problemi e sfide.................................. 5 2 Formule di rappresentazione per PDE 8 2.1 L equazione del trasporto ed il metodo delle caratteristiche......... 8 2.2 L equazione di Laplace.............................. 12 2.2.1 Prime soluzioni e la soluzione fondamentale............. 12 2.2.2 La formula di rappresentazione di Green............... 17 2.2.3 La formula intergrale di Poisson.................... 21 2.2.4 Proprietà del valor medio........................ 25 2.2.5 Principi di massimo........................... 27 2.3 L equazione del calore.............................. 29 2.3.1 La soluzione fondamentale....................... 3 2.3.2 Formule di soluzione per il problem di Cauchy........... 32 2.3.3 Bolle di calore e proprietà del valor medio per soluzioni regolari. 36 2.3.4 Principio di massimo/minimo per soluzioni regolari......... 37 2.4 L equazione delle onde.............................. 4 2.4.1 Il caso n = 1: la formula di D Alembert................ 41 2.4.2 I casi n = 2, 3: le formule di Poisson, Kirchoff............. 43 2.4.3 Metodi di energia............................. 46 2.5 Commenti finali.................................. 49 3 Spazi di Sobolev 55 3.1 Derivate deboli.................................. 55 3.2 Gli spazi W k,p ()................................. 6 3.3 Approssimazione in W k,p tramite funzioni regolari.............. 65 3.3.1 Approssimazione locale......................... 65 i

Indice ii 3.3.2 Approssimazione globale........................ 67 3.3.3 Approssimazione fino al bordo..................... 7 3.3.4 Applicazioni dell approssimazione globale.............. 72 3.4 Traccia in W 1,p ()................................. 75 3.4.1 Il teorema della traccia.......................... 76 3.4.2 Gli spazi W k,p ()............................. 8 3.5 Soluzione debole del problema di Dirichlet.................. 84 3.6 Disuguaglianze di Sobolev............................ 88 3.6.1 Disuguaglianze per W 1,p nel caso 1 p < n............... 89 3.6.2 Disuguaglianze per W 1,p nel caso n < p.............. 95 3.6.3 Altre disuguaglianze........................... 11 3.7 Compattezza delle immersioni......................... 12 3.7.1 Compattezza e l immersione di Morrey................ 14 3.7.2 Compattezza e l immersione di Gagliardo-Nirenberg-Sobolev... 15 4 Equazioni ellittiche del secondo ordine 19 4.1 Introduzione.................................... 19 4.2 Esistenza di soluzioni deboli........................... 111 4.2.1 Esistenza tramite il lemma di Lax-Milgram.............. 112 4.2.2 Esistenza tramite la teoria di Fredholm................ 117 4.2.3 Esistenza e lo spettro reale di L..................... 122 4.3 Regolarità delle soluzioni deboli........................ 125 4.4 Principi di minimo e di massimo........................ 131 4.4.1 Principio di massimo per soluzioni classiche............. 132 4.4.2 Principio di massimo per soluzioni deboli............... 138 4.5 Autovalori e autofunzioni............................ 142

Capitolo 1 Introduzione alle PDE Iniziamo facendo notare che il campo delle PDE (Partial Differential Equations) 1 è un soggetto vivo, enorme ed importante. Il campo forma il linguaggio delle scienze nel senso che i modelli e le regole delle scienze sono quasi sempre delle PDE. Inoltre, il campo delle PDE sta all incrocio tra geometria, fisica matematica, probabilità ed analisi numerica. E anche un soggetto fine e sorprendente nel senso che piccoli (apparatamente innocui) cambiamenti nella regola della PDE possono cambiare tutto sul comportamento delle sue soluzioni; ad esempio la differenza fra u xx + u yy = e u xx u yy = è enorme. Vedremo dopo il perchè. Uno degli obiettivi principali di questo capitolo introduttivo e di quello successivo sarà quello di cominciare a sentire cosa vuol dire la regola della PDE. Inoltre, vogliamo sottolineare fin da subito l importanza del senso in cui intendiamo che una funzione data sia soluzione della PDE. In questo primo capitolo vogliamo fornire: nozioni di base; esempi; problemi e sfide. 1 Usiamo la stessa abbreviazione PDE per le forma singolare Partial Differential Equation 1

1.1 Nozioni di base 2 1.1 Nozioni di base Una PDE è un equazione per una funzione u di due o più variabili in cui è coinvolta almeno una sua derivata parziale. Prima di precisare meglio, fissiamo qualche notazione che sarà usata nel seguito. Rispetto alle coordinate x = (x 1,..., x n ) in R n denotiamo (1.1.1) Du = {D 1 u,..., D n u} dove D j u(x) = u x j (x) = u xj (x) (1.1.2) D 2 u = { D ij u; i, j = 1,..., n } dove D ij u(x) = 2 u x j x i (x) = u xi x j (x), e così via per D k u con k N con k 3. Spesso, pensiamo al gradiente Du come un vettore in R n e all hessiana D 2 u come una matrice in R n2. Usiamo anche la notazione di multi-indici α N n 2. La lunghezza di α è α = α 1 + + α n e denotiamo (1.1.3) D α u = α u x 1 α1 x n α n = D α 1 1 Dα n n u se u C α per avere l uguaglianza di tutte le derivate miste. Definizione 1.1.1. Sia U R n un aperto. Si chiama PDE di ordine k in U un equazione della forma (1.1.4) F(x, u(x), Du(x),... D k u(x)) = per x U dove u : U R n R è una funzione incognita e F : U R R n R nk R è una funzione data t.c. F(x, u, p 1,..., p k ) dipende da p k. Definizione 1.1.2. Una soluzione classica di (1.1.4) in U è una funzione u C k (U) t.c. (1.1.4) sia soddisfatta punto per punto in U. Esempio 1.1.1. u xn = in R n Tutte le soluzioni classiche sono (1.1.5) u(x 1,..., x n ) = g(x 1,..., x n 1 ) con g C 1 (R n 1 ), ma per ogni g : R n 1 R (non necessariamente C 1 ) la funzione u definita da (1.1.5) ammette derivata parziale u xn (x) = per ogni x R n. Quindi la Definizione 1.1.2 è una scelta forse opinabile. 2 N sono gli interi n e N quelli più lo zero

1.2 Esempi 3 Osservazione 1.1.1. Ci sono PDE importanti per cui Definizione 1.1.2 è troppo restrittiva. Il concetto di soluzione debole (in senso generalizzato) é essenziale per lo studio moderno delle PDE. Un primo modo di raggruppare le PDE è quello basato sul grado di linearità presente nell equazione. Definizione 1.1.3. Siano a α e f funzioni date. Una PDE (1.1.4) si chiama (L) lineare se è della forma (1.1.6) a α (x)d α xu + f (x) = ; α k cioè F(x, u, p 1,..., p k ) è lineare in (u, p 1,..., p k ). Inoltre è omogenea se f. (SL) semilineare se è della forma (1.1.7) a α (x)d α xu + f (x, u,..., D k 1 u) = α =k (QL) quasilineare se è della forma (1.1.8) a α (x, u,..., D k 1 u)d α xu + f (x, u,..., D k 1 u) = α =k (CNL) completamente nonlineare se F(x, u, p 1,..., p k ) non è lineare nelle variabili p k R nk. Non è difficile immaginare che la trattazione dei primi tre tipi sia collegata. Con una buona teoria lineare, si può vedere la classe (SL) come una perturbazione dalla linearità di ordine inferiore. Per la classe (QL), la linearizzazione di F in u = ū, con ū una soluzione approssimata dell equazione, fornisce un equazione lineare. Con stime opportune si potrebbe poi sperare di mettere il problema nel contesto della ricerca di punti fissi in uno spazio funzionale opportuno. 1.2 Esempi Esempio 1.2.1. (Lineari) (Trasporto) (Laplace) u = di Poisson. u n t + b j (x, t) u = dove u = u(x, t) xj j=1 n 2 u = dove u = u(x). L equazione u = f (x) è detta equazione j=1 x 2 j

1.2 Esempi 4 (del calore) (delle onde) u t u = dove u = u(x, t) u = 2 u u = dove u = u(x, t) t2 sono equazioni lineari che tratteremo nel Capitolo 2. Ce ne sono molte altre di una certa importanza, v. Cap 1 di [E]. L equazione del trasporto è del primo ordine, mentre le altre sono del secondo ordine. Le soluzioni stazionarie (independenti di t) dell equazione del calore o delle onde sono soluzioni dell equazione di Laplace. Le equazioni con derivate in t sono esempi di equazioni di evoluzione. Esempio 1.2.2. (Nonlineari) (Burgers) u t + uu x = dove u = u(x, t) è (QL) del primo ordine. É importante nella meccanica dei fluidi ed è un esempio di una legge di conservazione del primo ordine, cioè di un equazione della forma u t + ( f (u)) x = per qualche f. (Hamilton-Jacobi) u t + H(x, Du) = dove u = u(x) è (CNL) del primo ordine. È importante per la meccanica. (Poisson NL) u + f (u) = dove u = u(x) è (SL). È importante in questioni di geometria riemanniana ed è molto studiata tramite metodi variazionali (calcolo delle variazioni). (superfici minime) ( ) Du div (1 + Du 2 ) 1/2 = è (QL) del secondo ordine. Descrive funzioni t.c. il grafico di u ha curvatura media nulla. (Monge-Ampère) det (D 2 u) f (x, u, Du) = è (CNL) del secondo ordine. Con f opportuna, descrive funzioni con grafici di curvatura prescitta. Per altre equazioni ed esempi di sistemi lineari e non, v. Cap 1 di [E]. Osservazione 1.2.1. C è una specie di monotonia della difficoltà nello studio delle PDE nel senso che i problemi diventano più difficili all aumentare: 1. delle variabili dipendenti, cioè per sistemi; 2. delle variabili indipendenti (ODE, 2DE, PDE), cioè 1,2, o più variabili; 3. dell ordine; 4. del grado di nonlinearità. Ci sono ovviamente importanti eccezioni.

1.3 Problemi e sfide 5 1.3 Problemi e sfide Osservazione 1.3.1. Dobbiamo prestare attenzione alla scelta delle PDE da studiare; ad esempio, l equazione e u x 1 = non ha soluzioni. Rappresenta una teoria vuota. È difficile immaginare come mettere una condizione su F in (1.1.4) che escluda a priori questa situazione. Quindi, prestiamo attenzione (almeno all inizio) ad equazioni e sistemi che arrivano dalle applicazioni (scienze, geometria, etc.). Esempio 1.3.1. (delle onde - D Alembert 1749) Sia u = u(x, t) : [, L] R R soluzione dell equazione (1.3.1) u = u tt u xx =. Se le vibrazioni sono piccole, la quantità u(x, t) modellizza bene lo spostamento dalla posizione di equilibrio (u = ) di una corda elastica omogenea sotto tensione alla posizione x e al tempo t. Cosa ci dice l equazione (1.3.1)? Se, per esempio, u(x, ) è negativa e convessa (u xx (x, ) > > u(x, ) per ogni x (, L)) allora u tt (x, ) > ; cioè l accelerazione iniziale è positiva in modo da spingere la corda a tornare alla posizione di equilibrio. Osservazione 1.3.2. Attenzione alla struttura della PDE. Nel caso di un semplice cambiamento di segno, l equazione di Laplace u tt + u xx = ha un comportamento completamente diverso da (1.3.1). Con le condizione iniziali precedenti, l accelerazione diventa u tt (x, ) < in questo caso. Un obiettivo del soggetto è quello di iniziare a vedere che cosa impone la PDE (1.1.4) al comportamento di u. Osservazione 1.3.3. Le prime domande da porsi nello studio di una PDE sono: 1. Esiste almeno una soluzione? 2. La soluzione è unica in qualche senso? 3. Le soluzioni dipendono in modo continuo dai dati? Un problema per cui le risposte ad 1,2,3 siano affermative si dice ben posto (secondo Hadamard). Per l unicità abbiamo bisogno di condizioni supplementari come condizioni iniziali o condizioni al contorno. Ad esempio, per l Esempio 1.3.1 (E) (BC) u = in (, L) R u(l, t) = = u(, t) per ogni t R (IC) 1 u(x, ) = g(x) per x [, L] (IC) 2 u t (x, ) = h(x) per x [, L]

1.3 Problemi e sfide 6 dove la posizione iniziale g e la velocità iniziale h siano assegnate. Considerazioni semplici indicano che perdiamo di sicuro l unicità se cerchiamo di togliere una delle condizioni (BC), (IC) 1, (IC) 2. Per la dipendenza continua, si tratta della dipendenza da g, h. Osservazione 1.3.4. Esistenza ed unicità sono in opposizione rispetto all universo F di possibili soluzioni, nel senso che più è grande lo spazio F, più facile sarà l esistenza ma più difficile sarà l unicità e viceversa. Osservazione 1.3.5. A volte possiamo risolvere (E) + (BC) +... mediante formule esplicite (o quasi), ma tipicamente no. Quindi spesso si considerano metodi di approssimazione (analisi numerica) metodi non espliciti (analisi reale, funzionale, calcolo delle variazioni) Nella prima parte del corso, partiremo da problemi esplicitabili per poi passare ai metodi esistenziali. Osservazione 1.3.6. Nella fase esistenziale, la questione della regolarità delle soluzioni gioca un ruolo fondamentale. In particolare, come abbiamo già suggerito: 1. Non è detto che le soluzioni siano C k come richiede Def. 1.1.2. Ad esempio, ci sono onde di shock nelle soluzioni della legge di conservazione u t + (F(u)) x = per cui serve una definizione opportuna di soluzione debole. 2. Richiedendo meno regolarità si rende lo spazio più grande e quindi si facilità l esistenza, come notato nell Oss. 1.3.4. 3. Abbassare la richiesta di regolarità non è solo una questione esistenziale; ma anche tecnicamente utile. Il rilassamento rispetto alla regolarità vuol dire che non è necessario faticare per assicurare che la soluzione rimanga buona (in C k ) lungo tutto il percorso di una dimostrazione di esistenza. Quindi, possiamo dire che il lavoro si divide spesso in tre passi: A. Esistenza; B. Unicità; C. Regolarità, Non è detto però che il lavoro si faccia in tale ordine. Spesso si riesce a mostrare che le soluzioni regolari sono uniche e che le soluzioni deboli (se esistono) sono regolare mediante delle stime di regolarità. Queste stime saranno poi utile (insieme ad un po di analisi funzionale) per mostrare l esistenza.

1.3 Problemi e sfide 7 Osservazione 1.3.7. Ci interessano soprattutto tecniche per arrivare ad A,B,C. Spesso tali tecniche sono a priori; cioè assumendo di avere una soluzione (in qualche senso), cosa possiamo dire di u? Tecniche molto comuni per diversi tipi di equazioni lineari e non sono: principi di massimo; stime integrali (di energia ).

Capitolo 2 Formule di rappresentazione per PDE Il punto di questo capitolo è esaminare 4 esempi fondamentali di PDE che sono lineari a coefficienti costanti del primo e del secondo ordine. Gli obiettivi principali sono: 1. Introdurre modelli per lo studio futuro; 2. Introdurre delle tecniche di rappresentazioni di soluzioni; 3. Scoprire alcune proprietà qualitative delle soluzioni. 2.1 L equazione del trasporto ed il metodo delle caratteristiche Metodo: Integrare una PDE del primo ordine lungo delle curve opportune. Esempio 2.1.1. (L eq. del trasporto) 1 (2.1.1) u t + b Du = in R n+1 = R n R dove b = (b 1,..., b n ) R n. L equazione (2.1.1) ci dice che D V u =, dove V = (b, 1) R n+1 ; ovvero la derivata direzionale di u nella direzione V è nulla. Quindi abbiamo u costante lungo le curve tangenti al campo vettoriale V. Queste curve integrali sono della forma γ(s) = (x(s), t(s)) dove ( ẋ(s) = b γ(s) = (b, 1) = d ) ṫ(s) = 1 ds 1 Indichiamo il prodotto scalare in R n come x y oppure x, y 8

2.1 L equazione del trasporto ed il metodo delle caratteristiche 9 Quindi abbiamo delle rette passanti per (x, t ) in s = con parametrizzazione x = sb + x e t = s + t La quantità x tb = x t b è costante in s e, quindi, tutte le soluzioni classiche sono (2.1.2) u = g(x tb) con g C 1 (R n ) Esercizio 2.1.1. Verificare che u definita da (2.1.2) è soluzione classica di (2.1.1) Domanda 1: Come trovare una soluzione unica? Risposta: Andando a specificare u lungo una qualsiasi ipersuperficie Σ trasversale al campo V = (b, 1). Cioè scegliendo Σ per cui V non sia mai tangente a Σ Esempio 2.1.2. (Problema di Cauchy) Sia g C 1 (R n ). Allora u(x, t) = g(x tb) è l unica soluzione classica del problema 2 (E) u t + b Du = (IC) u = g È chiaro che u risolve (E) + (IC). in R n R su R n {t = } = Σ È l unica soluzione classica? Date due soluzioni classiche u 1, u 2 C 1 (R n R) poniamo u = u 1 u 2. Per la linearità si ha u t + b Du = e u(x, ) = per ogni x R n. Quindi u è costante (zero) lungo ogni curva γ(s) nella direzione (b, 1) trasversale all ipersuperficie {t = }. Osservazione 2.1.1. Qui g potrebbe essere presa come una qualsiasi funzione (non necessariamente C 1 ) e la funzione u = g(x tb) ammette derivata direzionale nulla, ma u non è una soluzione classica secondo la Definizione 1.1.2. Domanda 2: Cosa fare per il problema con (E) non omogenea? Cioè (E) u t + b Du = f in R n R (IC) u = g su R n {t = } = Σ dove f C (R n R) e g C 1 (R n ). Risposta: Si cerca di risolvere la ODE lungo ogni curva integrale usando il TFCI. 3 Consideriamo z(s) = u(γ (s)) = u(x + sb, s) per s R; cioè u Γ dove Γ è la curva integrale di V passante per (x, ) quando s = con la parametrizzazione γ. 2 Usiamo la scrittura {t = } per indicare {t R : t = } 3 Teorema Fondamentale del Calcolo Integrale

2.1 L equazione del trasporto ed il metodo delle caratteristiche 1 Abbiamo ż(s) = (u t + b Du)(γ (s)) = f (γ (s)) z() = u(x, ) Quindi per il TFCI s s z(s) = u(x, ) + f (γ (τ)) dτ = u(x, ) + f (x + τb, τ) dτ, ma x(s) = x + sb e t(s) = s. Quindi t u(x, t) = u(x tb, ) + f (x + (τ t)b, τ) dτ Domanda 3: Cosa fare con un equazione lineare a coefficienti variabili? (2.1.3) c(x, t)u t + b(x, t) Du = Risposta: Dobbiamo imporre condizioni su V = (b, c) per cui esistano almeno localmente le curve integrali. Dopodiché la soluzione sarà costante lungo tali curve. Definendo V = (b(x, t), c(x, t)), l equazione (2.1.3) è di nuovo della forma D V u =. Il sistema per le curve integrali risulta essere γ(s) = V(γ(s)) γ() = (x, t ) Le soluzioni definiscono il flusso di V Se V fosse almeno localmente lipschitziana (globalemte lipschitziana sarebbe ancora meglio) avremmo esistenza ed unicità locale delle soluzioni γ(s). La funzione z(s) = u(γ(s)) soddisfa ż(s) = e lungo le curve integrali di V la soluzione u risulta costante. Per l unicità della soluzione u basta andare a specificare u lungo una superficie Σ trasversale al flusso di V. Osservazione 2.1.2. Per le equazioni lineari del primo ordine, il metodo delle caratteristiche permette di ricondurre la costruzione di soluzioni alla risoluzione di ODE. Più precisamente dobbiamo: 1. Risolvere il sistema di ODE per le curve integrali γ = γ(s) di V, ovvero per le caratteristiche dell operatore differenziale L = V D = D V = c t + b D.

2.1 L equazione del trasporto ed il metodo delle caratteristiche 11 2. Integrare l ODE ż = f (γ(s)) lungo le curve collegando x U ad x U mediante γ con sostegno in U. Osservazione 2.1.3. Il metodo si estende a tutte le equazioni del primo ordine (E) 1 F(x, u, Du) = in U R n (BC) u γ = g su Γ U dove F = F(x, z, p) : U R R n R e g : Γ R. In particolare il sistema caratteristico per (E) 1 è il sistema di 2n + 1 ODE per Φ = Φ(s) = (x(s), z(s), p(s)) definito da 4 ẋ(s) = D p F(Φ(s)) (2.1.4) ṗ(s) = D x F(Φ(s)) D z F(Φ(s))p(s) ż(s) = D p (Φ(s)) p(s) Esempio 2.1.3. (Caso Lineare) F(x, z, p) = V(x) p f (x) con V campo vettoriale e f termine noto. Il sistema (2.1.4) diventa ẋ(s) = V(x(s)) (2.1.5) ṗ(s) = D x V(x(s)) p(s) D x f (x(s)) ż(s) = V(x(s)) p(s) = f (x(s)) dove abbiamo usato la PDE F = per semplificare la terza equazione. La seconda equazione è superflua, nel senso che basta integrare la prima per determinare le curve integrali γ in forma parametrica e poi si va ad integrare la terza per trovare u γ, come prima. Osservazione 2.1.4. Quando f abbiamo F(x, z, p) = F(x, p) = V(x) p e il sistema (2.1.4) diventa ẋ(s) = V(x(s)) = D p F(x(s), p(s)) (2.1.6) ṗ(s) = D x V(x(s)) p(s) = D x F(x(s), p(s)) ż(s) = ovvero un sistema hamiltoniano per F (le prime due equazioni) più z(s) = u(γ(s)) costante lungo il flusso hamiltoniano che fornisce le caratteristiche. Questo è il punto chiave che permette di generalizzare il concetto di caratteristiche per operatori differenziali di ordine superiore. Nel testo di Evans [5], il metodo delle caratteristiche viene sviluppato in modo organico. In particolare: Metodo delle caratteristiche per (E) 1 in 3.2; 4 D x è il gradiente nelle varibili x R n, etc.

2.2 L equazione di Laplace 12 L equazione di Hamilton-Jacobi u t + H(x, Du) = in 3.3; Leggi di conservazione u t + (F(u)) x = in 3.4. Esercizi: dal testo [E] Guardare Appendice A (notazione), C (calculus facts) Cap. 1-1,2,3,4 Cap. 2-1 in 2.5 2.2 L equazione di Laplace Obiettivo: Sviluppare formule di rappresentazione per le soluzioni u di (Laplace) u = n 2 u x 2 j=1 j = in U R n aperto (Poisson) u = f in U R n con f = f (x) più eventuali condizioni al bordo U di U. Più precisamente, vedremo delle formule esplicite ed implicite e le loro conseguenze. Osservazione 2.2.1. L operatore è detto Laplaciano e soddisfa 5 (2.2.1) u = tr(d 2 u) = div(du), ovvero esso è la traccia della matrice hessiana di u e la divergenza del gradiente di u. Queste due rappresentazioni sono di importanza fondamentale per interpretare l azione di su u. 2.2.1 Prime soluzioni e la soluzione fondamentale Definizione 2.2.1. Sia U R n aperto. Una funzione u C 2 (U) è detta armonica in U se u(x) = per ogni x U. Esempi di funzioni armoniche su tutto R n sono le funzioni u : R n R definite da 1. (Costanti) u(x) = c dove c R 2. (Affini) u(x) = b, x + c dove b R n, c R n 3. (Forme quadratiche) u(x) = Ax, x = a ij x i x j se tr(a) = i,j=1 n a ii = i=1 5 tr(a) è la traccia della matrice A

2.2 L equazione di Laplace 13 Osservazione 2.2.2. Altre soluzioni elementari possono essere trovate mediante il metodo di riduzione per simmetrie, sfruttando delle invarianze per. In particolare, sia u C 2 (U) armonica in U. Allora i) p R n fisso, u p (x) := u(x p) è armonica in U + {p} ii) λ > fisso, u λ (x) := u(λx) è armonica in λ 1 U ii) T O(n) fisso, u T (x) := u(tx) è armonica in T 1 U dove T O(n) se TT t = T t T = I 6 Esercizio 2.2.1. Verificare queste affermazioni usando la regola della catena. Quindi ha senso cercare delle soluzioni invarianti rispetto alle 7 a) traslazioni in e n u(x) = u(x 1,..., x n 1 ) (Riduzione di dimensione) b) rotazioni u(x) = v( x ) con v : [, + ) R (Soluzioni radiali) Domanda: Quali sono le soluzioni radiali? Poniamo u = v( x ) con r := x e calcoliamo usando r xj = x j x per trovare Quindi u xj = v (r) x j x x 2 u xj x j = v j (r) x 2 + 1 x2 v (r) x j x 3. u = v (r) + n 1 v (r) r Ponendo w = v (r), dobbiamo determinare le soluzioni di w (r) + n 1 w(r) = r una ODE a variabili separabili con soluzioni Integrando in r si trova log w = (1 n) log r + C w(r) = e C r 1 n, C R. v(r) = C 1 r 2 n + C 2 n 3 C 1 log r + C 2 n = 2 con C 1, C 2 costanti arbitrari. Sostituendo infine r = x otteniamo C 1 x 2 n + C 2 n 3 (2.2.2) u(x) = C 1 log ( x ) + C 2 n = 2 6 Matrici ortogonali dove T t è la trasposta di T 7 {e k } n k=1 è la base conaonica di Rn e x = x, x 1/2 è la norma euclidea

2.2 L equazione di Laplace 14 Osservazione 2.2.3. Le funzioni armoniche e radiali (2.2.2) sono costanti oppure singolari in ; cioè se C 1, le soluzioni con domini massimali sono definite (lisce ed armoniche) solo su R n \ {}. Questo fatto è molto importante e, per fortuna, una benedizione sorprendente. È proprio la singolarità che rende tali soluzioni utili al fine di costruire altre soluzioni. Definizione 2.2.2. La soluzione fondamentale di in R n è la funzione 1 2π log ( x ) n = 2 (2.2.3) Φ(x) = Γ( x ) = 1 n(2 n)ω n x 2 n n 3 dove ω n = B 1 () è la misura (n-dimensionale) della palla unitaria e nω n è la misura (di Hausdorff n 1-dimensionale) della sfera unitaria B 1 (). Osservazione 2.2.4. Nella Definizione 2.2.2 a) C è il segno opposto in Evans [E] (lì si tratta della soluzione fondamentale di ). 8 b) Abbiamo Φ(x) = per ogni x. c) Più in generale, per ogni y R n fisso, la funzione Φ(x; y) = Φ(x y) soddisfa x Φ(x; y) = x y. d) La scelta delle costanti C 1, C 2 sarà chiarita in seguito. Proposizione 2.2.1 (Proprietà di Φ). Abbiamo i) Φ L 1 loc (Rn ); ii) DΦ(x) C n, x ; x n 1 ii) D 2 Φ(x) C n, x. x n Dimostrazione. Dobbiamo solo calcolare e stimare. i): Φ C (R n \ {}) Φ K L 1 (K) per ogni K R n compatto. Se K B R () abbiamo (nel caso n 3) Φ dx K 1 Φ dx = B R () n(2 n)ω n R R = C n r 2 n r n 1 dr = C n R ( ) r 2 n ds dr B r () r dr < + dove ds è la misura della sfera ed è stato usato Fubini per le bucce (v. App.C di [E]). 8 [E] usa anche α(n) al posto di ω n

2.2 L equazione di Laplace 15 ii) Calcolando le derivate di Φ si trova (2.2.4) Φ xj = C n x 1 n ( x ) = C n x 1 n x j xj x = C n x n x j (2.2.5) DΦ 2 = C 2 n n j=1 x 2 j x 2n = C 2 n x 2(n 1). Esercizio 2.2.2. Controllare la dimostrazione di i) nel caso n = 2 e mostrare la parte iii). Osservazione 2.2.5. Abbiamo ottenuto così che il gradiente di Φ localmente integrabile, mente la hessiana no. Infatti D 2 Φ L 1 loc (Rn ) essendo x p L 1 loc (Rn ) se e solo se p > n. Adesso arriviamo al primo vero risultato, che indica come le soluzioni singolari per l equazione di Laplace ci diano una formula di rappresentazione esplicita per le soluzioni dell equazione di Poisson in tutto lo spazio. Teorema 2.2.1. Sia f C 2 (Rn ); cioè una funzione di classe C 2 con supporto compatto. 9 Allora la funzione u definita da (2.2.6) u(x) = (Φ f )(x) = Φ(x y) f (y) dy = Φ(y) f (x y) dy R n R n soddisfa i) u C 2 (R n ) ii) u(x) = f (x) per ogni x R n Dimostrazione. Usiamo alcune proprietà della convoluzione note dal corso di Analisi Reale (v. Payne [11]) con un argomento al limite per risolvere la singolarita di Φ(x ) in x. 1. Sappiamo dall Analisi Reale (v. Teorema 2.7.5 di [11]) che Φ L 1 loc, f L comp Φ f è ben definita e continua su tutto R n. Inoltre (v. Proposizione 2.8.1 di [11]) abbiamo f C 2 (R n ) u C 2 (R n ) dove e quindi abbiamo il punto i). 9 Denotiamo il supporto di f con il simbolo supp( f ) u = Φ f e 2 u = Φ 2 f x j x j x i x j x i x j

2.2 L equazione di Laplace 16 2. Fissiamo ε > arbitrario e scriviamo 1 u = Φ(y) x f (x y) dy + Φ(y) x f (x y) dy B ε () B ε () C := I ε + J ε dove abbiamo usato la seconda espressione in (2.2.6) per derivare sotto il segno di integrale. 3. Si ha la stima I ε D 2 f L (R n ) B ε () Φ(y) dy C D 2 f L (R n ) ε 2 n 3 ε 2 log ε n = 2 Quindi I ε per ε +. 4. Integrando per parti, si mostra che J ε f (x) per ε + (v. Theorem 1 2.2 di [E]). Osservazione 2.2.6. Nel linguaggio delle distribuzioni, il Teorema 2.2.1 afferma che (2.2.7) Φ = δ dove δ è la la distribuzione di Dirac definita da δ(ϕ) = ϕ(). Una distribuzione è un funzionale lineare e continuo sullo spazio delle funzioni test C (Rn ). La linearità è ovvia, mentre la continuità ha bisogno di una topologia sullo spazio C (Rn ). Non è nostra intenzione entrare di tale teoria, ma vogliamo notare che la convoluzione con la δ soddisfa δ f = f quando è ben definita. Quindi, la proprietà (2.2.7) di essere soluzione fondamentale implica (Φ f ) = ( Φ) f = δ f = f, ovvero l equazione non omogenea viene risolta mediante convoluzione del termine noto con la soluzione fondamentale. La scelta particolare di C 1 nella Definizione 2.2.2 è fatta per avere (2.2.7) e non Φ = n(2 n)ω n δ, ad esempio. 1 Denotiamo A C = R n \ A il complementare di A in R n.

2.2 L equazione di Laplace 17 2.2.2 La formula di rappresentazione di Green Obiettivo: Sfruttare la soluzione fondamentale Φ per trovare formule di rappresentazione anche su domini (limitati) U R n. Per fare ciò abbiamo bisogno di qualche richiamo al calcolo differenziale ed integrale in più variabili. Definizione 2.2.3. Siano U R n con bordo non vuoto e k N. Denotiamo con C k (U) lo spazio di tutte le funzioni u C k (U) t.c. D α u è uniformemente continua su ogni sottoinsieme limitato di U per ogni α con α k. Osservazione 2.2.7. Se u C k (U) allora ogni derivata parziale D α u di ordine α k si estende con continuità a U. Questa definizione è molto più adatta alle PDE rispetto quella basata sulle restrizioni a U di funzioni di classe C k in un intorno di U. Non è solo scomodo aver bisogno di trafficare con un intorno di U, ma una PDE in U vincola la funzione solo su U. Definizione 2.2.4. Sia U R n un dominio (aperto, connesso) limitato. Diciamo che il bordo U è di classe C k con k N se U è localmente il grafico di una funzione di classe C k ; cioè per ogni x U esistono r = r(x ) > e γ : R n 1 R di classe C k t.c. (con un eventuale rinominazione e riordinamento delle coordinate) U B r (x ) = {x B r : x n = γ(x 1,..., x n 1 )}. Osservazione 2.2.8. (Orientazione e versore normale) a) Possiamo fissare localmente un orientazione tramite (2.2.8) U B r (x ) = {x B r : x n < γ(x ) dove x = (x 1,..., x n 1 )}. b) Se U C 1, esiste un campo vettoriale normale esterno al bordo ν = ν(x) definito per ogni x U 11 Esempio 2.2.1. ( U ipersuperficie di classe C k ) Se per ogni x U esistono B r (x ) e Ψ C k (B r (x ), R) t.c DΨ(x ) e U B r (x ) = {x B r (x ) : Ψ(x) = }. Possiamo localmente fissare l orientazione tramite Ψ < su U B r (x ). Con questa scelta, si ha ν(x) = DΨ(x). 11 Spesso è utile indebolire la classe ai bordi lipschitziani dove si assume solo γ Lip(R n ) e quindi γ è differenziable quasi-ovunque per il Teorema di Rademacher.

2.2 L equazione di Laplace 18 Nel sistema di coordinate usato in (2.2.8) il bordo è anche definito come un insieme di livello (ipersuperficie); cioè U B r (x ) : Ψ(x, x n ) := x n γ(x ) = per x vicino ad x e abbiamo DΨ(x) = ( D x γ(x ), 1) che è un vettore (non nullo) ortogonale al bordo per ogni x vicino ad x. Dividendo per DΨ(x) si ha un versore normale esterno. Definizione 2.2.5. Sia U un dominio con U di classe C 1 e con ν = ν(x) campo vettoriale normale esterno. La derivata normale (esterna) di u in x è la quantità [ ] u 1 (x) = lim ν t + t (u(x tν) u(x)) se esiste il limite = Du(x), ν(x) se, ad esempio, u C 1 (U) Proposizione 2.2.2 (Teorema della Divergenza). Siano U R n un dominio limitato con U C 1 e V C 1 (U, R n ). Allora divv dx = U dove ds è la misura di superficie su U. V, ν ds U Dimostrazione. Risultato noto per n = 2, 3 dall Analisi III, invece v. [FMS] per il caso n 4 oppure [L2]. Proposizione 2.2.3 (Le identità di Green). Siano u, v C 2 (U) con U C 1. Allora (2.2.9) v u dx = Du, Dv dx + v u U U U ν ds (2.2.1) (v u u v) dx = U U ( v u ) ν u v ds. ν Dimostrazione. Sono conseguenze quasi immediate del Teorema della Divergenza. Infatti: i) Abbiamo l identità differenziale v u = vdiv(du) = div(vdu) Dv, Du.

2.2 L equazione di Laplace 19 Intregrando su U e usando il TdD v u dx = U = ma vdu, ν = v u ν. U div(vdu) Dv, Du vdu, ν ds U Dv, Du dx U ii) Si deve poi sommare (2.2.9) con la stessa identità scambiando il ruolo di u e v. Adesso siamo pronti per il risultato principale di questa sezione. È una formula che rappresenta i valori di ogni funzione regolare u mediante integrali di u su U e u, u ν su U rispetto una famiglia di misure che coinvolgono Φ Teorema 2.2.2. Sia u C 2 (U) con U C 1. Per ogni y U si ha [ (2.2.11) u(y) = u(x) Φ ] (x y) Φ(x y) u U ν ν (x) ds(x) + Φ(x y) u(x) dx. U Dimostrazione. Usiamo la seconda identità di Green (2.2.1) con u e v = Φ( y) su U\B ε (y) e facciamo tendere ε a. Infatti È possibile applicare (2.2.1) perchè Φ( y) C (R n \ {y}) e (U \ B ε (y)) C 1. Inoltre x Φ(x y) = per ogni x y. Quindi abbiamo [ Φ(x y) u(x) dx = Φ(x y) u ] (x) u(x) Φ(x y) U\B ε (y) U B ε (y) ν ν Risultano Φ( y) L 1 (U ε ) e u limitata su U ε := U \ B ε (y) perciò Φ(x y) u(x) dx Φ(x y) u(x) dx per ε + U\B ε (y) U Abbiamo Φ(x y) radiale attorno y e u ν continua su B ε(y) perciò Φ(x y) u (x) ds(x) ν C u n sup log ε n = 2 ν εn 1 ε 2 n n 3 B ε (y) che tende a per ε +. B ε (y) ds(x). Usando di nuovo la simmetria radiale attorno y e la continuità di u, un semplice conto mostra che u(x) Φ B ε (y) ν (x y) ds(x) = 1 u(x) ds(x) u(y) B ε (y) B ε (y) per ε +

2.2 L equazione di Laplace 2 Esercizio 2.2.3. Verificare che Φ ν ( y) = 1 B ε (y) su B ε(y) dato che ν(x) = x y x y. Osservazione 2.2.9. Nella formula di rappresentazione di Green (2.2.11), u C 2 (U) viene determinata in U tramite i valori di u in U u, u ν su U (ma questi sono troppi dati) Vogliamo eliminare la dipendenza da ν u U (oppure u U ). Questo si fa tramite una funzione correttrice ϕ(x; y) da sommare a Φ(x y) per avere una funzione di Green. Teorema 2.2.3 (Rappresentazione tramite la funzione di Green). Sia u C 2 (U) con U C 1. Se per ogni y U esiste ϕ( ; y) C 2 (U) t.c. ϕ( ; y) = in U (2.2.12) ϕ( ; y) = Φ( y) su U allora (2.2.13) u(y) = U u(x) G (x; y) ds(x) + G(x; y) u(x) dx. ν U dove G(x; y) := Φ(x y) + ϕ(x; y) è la funzione di Green per U. Prima della dimostrazione, osserviamo che 1. G è determinata dalle richieste: y U fisso G( ; y) Φ( y) armonica in U G( ; y) U = 2. Nel caso u C 2 (U) armonica abbiamo (2.2.14) u(y) = u(x) G (x; y) ds(x). ν U U Dimostrazione. (del Teorema 2.2.3) Usando (2.2.1) con u = u e v = ϕ( ; y) C 2 (U) si ha [ = u(x) ϕ ] (x; y) ϕ(x; y) u ν ν (x) ds(x) + ϕ(x; y) u(x) dx. U Sommando quest identità con la formula (2.2.11) si ottiene (2.2.13).

2.2 L equazione di Laplace 21 Osservazione 2.2.1. Se riusciamo a costruire ϕ( ; y) per ogni y U (e quindi G( ; y) per U), abbiamo una candidata per una formula esplicita di rappresentazione per una soluzione del problema (di Dirichlet per l equazione di Poisson) u = f in U u = g su U. Cioè, u(y) = U g(x) G (x; y) ds(x) + G(x; y) f (x) dx. ν U Se il dominio U è semplice con un grado alto di simmetria, si riece a costruire G esplicitamente. Nel prossimo paragrafo, faremo esattamente questo per le palle, trovando la formula di rappresentazione di Poisson. 2.2.3 La formula intergrale di Poisson Obiettivo: Trovare la funzione di Green per U = B R fondamentale Φ(x) = Γ( x ) definita da (2.2.3). = B R () usando la soluzione Proposizione 2.2.4. La famiglia di funzioni ϕ( ; y) per y B R definita da Γ ( y R x y ) y B R \ {} ϕ(x; y) = Γ(R) y = dove y = R 2 y y 2 per y soddisfa per ogni y B R (2.2.15) ϕ(, y) = in B R ϕ(x; y) BR = Γ( y ) BR (2.2.16) ϕ(, y) C 2 (B R ) ϕ(y; x) = ϕ(x; y), x B R N.B. y = R2 y 2 y è l inversione di y rispetto alla sfera B R ( ) y Dimostrazione. Γ R x y è una dilatazione di una traslazione di Γ( x ) e quindi è armonica (risp. a x) in R n \ {y }. Quindi è armonica su B R. Γ(R) è costante e quindi armonica ovunque e otteniamo così la prima parte di (2.2.15).

2.2 L equazione di Laplace 22 Per la seconda parte di (2.2.15) notiamo che x = R per x B R e abbiamo due casi: Quindi ci serve ovvero y = : ϕ(x; ) := Γ(R) = Γ( x ) ( ) y y : ϕ(x; y) := Γ R x y = Γ ( x y )? x y = y R x y con x = R e y = R2 y 2 y. R 2 x y 2 = y 2 x R2 2 y 2 y? Ma il membro destro è ( ) y 2 x 2 2 R2 R4 x, y + y 2 y 2 che è R 2 x y 2 per x = R. = R 2 ( y 2 2 x, y + R 2 ) La regolarità in (2.2.16) è ovvia. Esercizio 2.2.4. Mostrare l affermazione di simmetria in (2.2.16). Teorema 2.2.4 (Formula integrale di Poisson). Sia u C 2 (B R ) una funzione armonica in B R. Allora per ogni y B R si ha (2.2.17) u(y) = BR R 2 y 2 nω n R u(x) x y n ds(x). Dimostrazione. Basta applicare la formula di Green (2.2.13) del Teorema 2.2.3 con ϕ definita come nella Proposizione 2.2.4 e verificare (2.2.18) G ν (x; y) = R2 y 2 nω n R 1 x y n per x B R Esercizio 2.2.5. Verificare la formula (2.2.18) ricordando che ν = x/ x = x/r su B R. Teorema 2.2.5 (Problema di Dirichlet per l equazione di Laplace). Sia g C ( B R ). Allora (2.2.19) u(y) = BR R 2 y 2 g(y) nω n R g(x) x y n ds(x) y B R y B R

2.2 L equazione di Laplace 23 definisce una soluzione classica u C 2 (B R ) C (B R ) di u = in B R (2.2.2) u = g su B R Prima della dimostrazione, facciamo un paio di osservazioni. Osservazione 2.2.11. Ovviamente, sfuttando l invarianza per traslazioni dell equazione di Laplace, otteniamo anche la soluzione del problema di Dirichlet per funzioni armoniche su ogni palla B R (x ) centrata in x R n arbitrario. Osservazione 2.2.12. La mappa di soluzione g : u fornita dal Teorema 2.2.5, definisce un operatore integrale singolare (2.2.21) u(y) = K(x; y)g(x) ds(x) B R dove (2.2.22) K(x; y) = R2 y 2 è il nucleo di Poisson. Dimostrazione. (del Teorema 2.2.5) nω n R 1 x y n Passo 1 (u C (B R ) ed è armonica): Si sfruttano alcune proprietà del nucleo di Poisson (2.2.22). In particolare È ovvio che K(x; y) è C per x R, y < R, x y Si mostra che y K(x; y) = per x = R, y < R. Per farlo, o si fa il calcolo esplicito oppure si sfrutta la simmetria G(x; y) = G(y; x) per realizzare che G(x; y) è armonica in y per y x. Ma allora K(x; y) = G ν x (x; y) è armonica in y. Possiamo derivare sotto il segno di integrale per trovare y u(y) = y (K(x; y))g(x) ds(x) =. B R Passo 2 (u C (B R ) e u = g su B R ): Sfruttiamo un altra proprietà di K: (2.2.23) K(x; y) ds(x) = 1, y B R. B R

2.2 L equazione di Laplace 24 Infatti, la funzione w(x) 1 su B R è C 2 (B R ), è armonica in B R e soddisfa w 1 su B R. Per la FIP 12 abbiamo G 1 = (x; y) ds(x) = K(x; y) ds(x), y B R. B R ν B R Adesso facciamo delle stime. Fissato y B R vogliamo mostrare che: per ogni ε > esite δ > t.c. (2.2.24) u(y) g(y ) < ε se y y < δ, y B R. g C ( B R ) perciò esistono δ, M t.c. g(z) g(y ) < ε/2 (2.2.25) g(z) M z B R, z y < 2δ z B R Usando (2.2.21) abbiamo u(y) g(y ) = K(x; y) [ g(x) g(y ) ] ds(x) B R Spezzando B R ed usando la continuità di g (formule (2.2.24)-(2.2.25)): u(y) g(y ) < ε K(x; y) ds(x) + 2M K(x; y) ds(x) 2 B R B 2δ (y ) B R \B 2δ (y ) ε 2 + 2M R 2 y 2 1 nω n R x y n ds(x) B R \B 2δ (y ) ε 2 + 2MR2 y 2 nω n R nω nr n 1 sup B R \B 2δ (y ) 1 x y n Ma perciò y y < δ x y > 2δ x y x y y y > 2δ δ, u(y) g(y ) < ε 2 + 2M(R2 y 2 )R n 2 1 δ n per ogni y B δ (y ) B R con ε, δ fissi. Quindi, scegliendo y ancora più vicino ad y (in B R B δ (y ) con δ δ), possiamo dire che Quindi R 2 y 2 < δ n 2MR n 2 ε 2. u(y) g(y ) < ε 2 + 2M(R2 y 2 )R n 2 1 δ n < ε 2 + ε 2 = ε. 12 Formula integrale di Poisson

2.2 L equazione di Laplace 25 Osservazione 2.2.13. Nella formula integrale di Poisson u(y) = BR R 2 y 2 nω n R u(x) x y n ds(x) per una funzione u C 2 (B R ) armonica in B R, andando a valutare y = si trova R (2.2.26) u() = BR 2 u(x) nω n R x n ds(x) = 1 nω n R n 1 u(x) ds(x). B R Cioè, il valore di u nel centro della palla è uguale alla sua media sulla sfera B R. Ovviamente, possiamo usare qualsiasi raggio r R. Questa proprietà sarà il soggetto del prossimo paragrafo. 2.2.4 Proprietà del valor medio Come appena notato, esistono delle proprietà di valor medio per funzioni armoniche su sfere. Teorema 2.2.6. Sia u C 2 (U) armonica in U aperto. Allora per ogni palla B R (y) U 13 si ha 1 (2.2.27) (VM1) u(y) = u(x) ds(x) = B R nω n R n 1 u(x) ds(x) B R (2.2.28) (VM2) u(y) = u(x) dx = 1 B R ω n R n u(x) dx B R Dimostrazione. (via FIP) (VM1): v(x) := u(x + y) è armonica e C 2 (B R ()) e quindi per la formula (2.2.26) 1 1 u(y) = v() = v(z) ds(z) = v(x y) ds(x). B R () z =R B R (y) x y =R (VM2): Applicando Fubini per le bucce e (VM1) su ogni sfera di raggio r (, R] abbiamo u(x) dx = B R (y) = R R ( = u(y) B R (y) u(x) ds(x) B r (y) ) dr nω n r n 1 u(y) dr = u(y)ω n r n R 13 B U con U aperto vuol dire B ha chiusura compatta in U; cioè B compatto e B U

2.2 L equazione di Laplace 26 N.B. Nella dimostrazione abbiamo usato (VM1) su ogni sfera B r (y) con r (, R] per mostrare (VM2) e questo fatto sfrutta solo la continuità di u. Possiamo dire molto di più. Definizione 2.2.6. Sia u C (U). Diciamo che: i) u soddisfa la proprietà (MVP1) vale (VM1) per ogni B R (y) U ii) u soddisfa la proprietà (MVP2) vale (VM2) per ogni B R (y) U Osservazione 2.2.14. Quindi abbiamo visto che per u C (U), (MVP1) (MVP2). Vale anche il viceversa e quindi abbiamo u C (U) : (MVP1) (MVP2). per una dimostrazione, si può vedere 2.2.2 di [E]. Osservazione 2.2.15. Per le funzioni armoniche vale la proprietà del valor medio. È vero anche il contrario. Funzioni con la proprietà del valor medio devono essere C e sono armoniche. Ci limiteremo a mostrare che sono armoniche per funzioni C 2, ma tramite mollificazione si può estendere il seguente risultato anche a funzioni continue. Teorema 2.2.7. Sia u C 2 (U) che soddisfa (MVP1). Allora u è armonica in U. Dimostrazione. Per assurdo, supponiamo che y U t.c. u(y) > ). u(y) (supponiamo Scegliamo B R (y) U t.c. u(x) > per ogni x B R (y) (permanenza del segno). Consideriamo le medie integrali ϕ(r) := u(x) ds(x) = u(y), r (, R]. B r (y) Quindi ϕ è una funzione costante e abbiamo = ϕ (r) = d [ 1 dr nω n r n 1 = d [ 1 dr nω n r n 1 1 = nω n 1 = nω n r = u(y + rz) dz nω n B 1 () 1 = nω n r n 1 assurdo. u(x) ds r (x) B r (y) u(y + rz) r n 1 ds 1 (z) z B 1 () Du(y + rz) z ds 1 (z) B 1 () Du(y + rz) ν ds 1 (z) B 1 () u(x) dx >, B r (y) ] ]

2.2 L equazione di Laplace 27 Osservazione 2.2.16. Esistono numerose applicazioni della proprietà del valor medio; ad esempio 1. Principi di massimo/minimo: soggetto del prossimo paragrafo; 2. Regolarità: u C (U) con (MVP2) u C (U); 3. Stime sulle derivate di funzioni armoniche: D α u(x ) C k r n k u L 1 (B r (x )), α = k; 4. Teorema di Liouville: u armonica e limitata in R n u costante; 5. Disuguaglianza di Harnack: u C 2 (U) armonica, non negativa V U esiste C = C(V) t.c. sup u C inf u. V V Si può consulatare 2.2.3 di Evans [5] per le dimostrazioni di 2,3,4,5. 2.2.5 Principi di massimo Come preannunciato, una conseguenza della proprietà del valor medio per le funzioni armoniche è la validità dei principi di massimo/minimo. Tali principi sono fra gli strumenti più utili e potenti per le PDE. Nei prossimi paragrafi considereremo questi principi per le equazioni del calore e delle onde e poi, nel Capitolo 4, per equazioni ellittiche del secondo ordine. Teorema 2.2.8. Sia U R n un dominio limitato. Sia u C 2 (U) C (U) armonica in U. Allora a) max U u = max u e U min U u = min u U b) Se esiste x U t.c. u(x ) = max u U ( ) min u allora u è costante in U (e quindi su U). U N.B. La parte a) è detta principio di massimo/minimo debole e la parte b) principio di massimo/minimo forte. 14 Dimostrazione. Dimostriamo solo i casi del massimo; le argomentazioni per i minimi sono analoghe. In alternativa, si possono sfuttare il fatto che min ( u) = max (u) e la linearità e omogeneità dell equazione di Laplace. 14 Usiamo le abbreviazioni PdM e Pdm per questi principi.

2.2 L equazione di Laplace 28 PdM forte PdM debole: Per la continuità di u e la compattezza di U, esiste x U t.c. u(x ) = M = max u. U La tesi è banale se x U. Invece, se x U, abbiamo u M costante e quindi la tesi. PdM forte: Usiamo un argomento topologico. Sia M = {x U : u(x) = M = max U u} M per ipotesi. M = u 1 ({M}) è chiuso perchè u continua. M è aperto. Infatti, essendo U aperto, esiste B R (x ) U e abbiamo M = u(x ) = u dx M. B R (x ) Quindi deve essere u M su B R (x ), ovvero B R (x ) M. Per la connessione di U, risulta allora M = U. Osservazione 2.2.17. Una dimostrazione diretta del PdM debole è basata sul semplice fatto u = tr(d 2 u) > massimi interni. La dimostrazione si completa tramite un argomento perturbativo. Corollario 2.2.1 (Unicità per il problema di Dirichlet). Siano g C ( U), f C (U). Esiste al più una soluzione u C 2 (U) C (U) del problema u = f in U (2.2.29) u = g su U Dimostrazione. Per assurdo. Supponiamo di avere due soluzioni u 1 u 2, allora la differenza u = u 1 u 2 C 2 (U) C (U) soddisfa u = in U u = su U per la linearità della PDE e della BC. Per il PdM/m debole abbiamo poi max U u = max U u = e min u = min u =. U U Lo stesso argomento fornisce il secondo elemento di buona positura per il problema di Dirichlet.

2.3 L equazione del calore 29 Corollario 2.2.2 (Dipendenza continua dai dati). Siano f C (U), g 1, g 2 u 1, u 2 C 2 (U) C (U) soluzioni del problema u k = f in U u k = g k su U k = 1, 2 C ( U) e Allora max U Esercizio 2.2.6. Dimostrare il corollario sopra. u 1 u 2 = max g 1 g 2 U Osservazione 2.2.18. Per quanto riguarda la buona positura per le soluzioni classiche del problema (2.2.29), abbiamo: 1. unicità (Corollario 2.2.1); 2. dipendenza continua dai dati nel caso f = (Corollario 2.2.2); 3. esistenza nel caso f = e U = B R (x ). Si può fare di meglio: Esistenza per U più generico e f = con l aiuto del PdM: il metodo di Perron (super/sub soluzioni) oppure il metodo alternante di Schwarz (v. Gilbarg-Trudinger [6] oppure Dautray-Lions [4]); Esistenza per f e dipendenza continua da f (con U generico) con l aiuto del potenziale di Newton N( f ) = Φ f (v. Gilbarg-Trudinger [6]); 2.3 L equazione del calore Obiettivo: Sviluppare formule di rappresentazione per (H) u t u = in U I R n R aperto (HN) u t u = f in U I R n R aperto con f = f (x, t) dove u = u(x, t) e = n j=1 D2 x j. Dato che la PDE ha due derivate in x ma una solo in t, la seguente nozione di soluzione è naturale. Definizione 2.3.1. Siano U R n aperto e I R un intervallo. Una soluzione regolare di (H) o (HN) in U I è una soluzione u C 2 1 (U I), lo spazio di funzioni con derivate parziale continue fino al secondo ordine in x e fino al primo ordine in t.

2.3 L equazione del calore 3 2.3.1 La soluzione fondamentale Anche in questo caso, il punto di partenza è di determinare le soluzioni con massima simmetria. Osservazione 2.3.1. (Invarianze) Sia u soluzione regolare di (H) in U I. Allora sono soluzioni regolari anche le traslazioni in x, t, le rotazioni in x, e le dilatazioni paraboliche di u: i) p R n, τ R: u p,τ (x, t) := u(x p, t τ) per x U + {p}, t I + {τ}; ii) T O(n): u T (x, t) := u(tx, t) per x T 1 (U), t I; iii) λ > : u λ (x, t) := u(λx, λ 2 t) per x λ 1 U, t λ 2 I. Esercizio 2.3.1. Verificare le affermazioni fatte nell Osservazione 2.3.1 Queste invarianze suggeriscono la ricerca di soluzioni u radiali in x; cioè della forma (2.3.1) u(x, t) = ϕ( x, t) con ϕ : [, + ) R R, e omogenee rispetto alle dilatazioni paraboliche; cioè soluzioni aventi la proprietà (2.3.2) u λ (x, t) = u(λx, λ 2 t) = λ γ u(x, t) (per qualche γ R), λ >, x R n, t R. Proposizione 2.3.1. Le funzioni u : R n R + R definite da (2.3.3) u(x, t) = C 1 t n/2 e x 2 4t + C 2, C 1, C 2 R. sono soluzioni regolari di (H) radiali e omogenee di grado γ = n (rispetto alla dilatazione parabolica). Dimostrazione. Basta fare due conti per controllare che queste funzioni siano omogenee di grado n e sono soluzioni regolari di (H). Mostriamo invece come vengono ricavate al fine di illustrare un metodo. La radialità (2.3.1) e l omogenità (2.3.2) usando λ = 1/ t danno la relazione ovvero ϕ( x / t, 1) = t γ/2 ϕ( x, t), u(x, t) = ϕ( x, t) = t γ/2 v( x / t) con v : [, + ) R da trovare.

2.3 L equazione del calore 31 Ponendo s = x / t, un conto semplice mostra che u t u = t γ 2 1 [ 4sv (s) + (2n + s)v (s) γ 2 v(s) ] =, perciò la funzione v deve soddisfare l ODE 4sv (s) + (2n + s)v (s) γ v(s) =. 2 Andando a cercare soluzioni esponenziali v(s) = e αs, abbiamo bisogno di 4sα 2 + (2n + s)α γ 2 = per ogni s >, ovvero 4α 2 + α = e 2nα γ 2 =. Dalla prima relazione, otteniamo due casi: α = γ = e v(s) = 1 u = 1 α = 1/4 γ = n e v(s) = e s/4 u = t n/2 e x 2 /(4t). Prendendo combinazioni lineari di questi soluzioni (la PDE è lineare ed omogenea) arriviamosi arriva a (2.3.3). La restrizione a t > (oppure t > t R) sarà sempre più chiara nel seguito, per il momento diciamo diciamo solo che fa comodo guardare avanti nel tempo. Definizione 2.3.2. La soluzione fondamentale dell equazione del calore è la funzione 1 e x 2 /4t t > (2.3.4) Φ(x, t) = Γ( x, t) = (4πt) n/2 t < La scelta della costante C 1 è stata fatta in modo da avere la seguente proprietà cruciale. Lemma 2.3.1. R n Φ(x, t) dx = 1 per ogni t >. Dimostrazione. Basta calcolare: R n Φ(x, t) dx = = = ( 1 (4πt) n/2 e x 2 /4t dx z = R n 1 π n/2 e z 2 dz R n 1 n ( + ) π n/2 e z2 j dz j = 1. j=1 x 2 t )

2.3 L equazione del calore 32 Osservazione 2.3.2. Altre proprietà di Φ sono: a) Per ogni t > fisso, Φ(, t) è una misura di probabilità gaussiana su R n ; b) Per ogni x fisso, lim t + Φ(x, t) = ; c) Invece, nel senso delle distribuzioni lim Φ(, t) = δ( ), cioè t + lim Φ(x, t)ϕ(x) dx = ϕ(), ϕ C t + (Rn ). R n Solo la parte c) richiede qualche giustificazione, ma è un comportamento naturale dato che la famiglia di misure di probabilità Φ(, t) si sta concentrando in x = per t +. 2.3.2 Formule di soluzione per il problem di Cauchy Una prima formula di rappresentazione è la seguente formula di soluzione. Teorema 2.3.1 (Soluzione del problema di Cauchy per l eq. del calore). Sia g C (R n ) L (R n ) 15 Allora la funzione u : R n R + R definita da 1 (2.3.5) u(x, t) = Φ(x y, t)g(y) dy = R n (4πt) n/2 è soluzione regolare di 16 (2.3.6) Più precisamente a) u C (R n R + ) soddisfa (H); b) u soddisfa (IC) nel senso che (H) u t u = in R n R + R n e (IC) u = g su R n {t = } (2.3.7) lim (x,t) (x, + ) u(x, t) = g(x ), x R n. x y 2 4t g(y) dy Dimostrazione. 1. Abbiamo Φ(x, t) C (R n R + ) con derivate della forma ( D α Φ = P α x, 1 ) Φ con P α un polinomio, t dove Φ(x, t) ha decadimento esponenziale in x uniformemente in t per t τ >. Quindi per ogni τ >, α N n+1 esiste C α,τ t.c. D α Φ(x, t) C α,τ 1 (1 + x ) n+1, (x, t) Rn [τ, + ) 15 Cioè g è continua e limitata su R n. Forse sarebbe meglio scrivere g C b (Rn ). 16 Da qui in avanti useremo la notazione {t = } = {(x, t) : t = }.

2.3 L equazione del calore 33 possiamo derivare u sotto il segno di integrale per ogni t > u C (R n R + ) e u t u = (Φ t Φ) (x y, t)g(y) dy =. R n 2. Per mostrare (IC)fissiamo x R n. Dalla continuità di g: ε > δ > t.c. g(y) g(x ) < ε se y R n, y x < δ. Per il Lemma 2.3.1 abbiamo u(x, t) g(x ) = Φ(x y, t) [ g(y) g(x ) ] dy R n dy + B δ (x ) dy := I + J R n \B δ (x ) Stimando I troviamo I ε Φ(x y, t) dy ε Φ(x y, t) dy = ε. B δ (x ) R n Stimando J troviamo J 2 g L = 2 g L Φ(x y, t) dy R n \B δ (x ) 1 (4πt) n/2 e x y 2 4t dy R n \B δ (x ) dove y x δ. Dato che x x possiamo considerare solo x t.c. x x < δ/2 per cui Quindi abbiamo y x 1 2 y x per ogni y B δ (x ), x B δ/2 (x ). J C n,g 1 t n/2 = C n,g 1 t n/2 = C n,g = C 1 t n/2 n! C n,g e y x 2 16t dy R n \B δ (x ) + δ + 1 δ + t n/2 δ + n,gt n/2 δ e r2 16t nωn r n 1 dr r n 1 e r2 16t dr r n 1 ( 16t r 2 ) n dr r n 1 dr ( y x := r ) (Fubini per le bucce) (e s s n /n!) ( integrale finito ) = C n,g,δ t n/2 per t + (con δ fisso).

2.3 L equazione del calore 34 Osservazione 2.3.3. (Velocità infinita di propagazione dell informazione) Dalla formula di soluzione (2.3.5) si ha: a) Se u(x, ) = g(x) ha supporto compatto in R n e g abbiamo u(x, t) = Φ(x y, t)g(y) dy > x R n, t >. R n Cioè, il supporto di u si propaga su tutto R n in modo istantaneo. b) D altre parte u(x, t) dx = R n R n ( ) Φ(x y, t)g(y) dy dx = g(y) dy R n R n per Fubini e per il Lemma 2.3.1. Cioè la massa totale di u(x, ) si conserva. c) Quindi, la coda di u all infinito per t > è da interpretare in modo probabilistico. È presente ma è esponenzialmente piccola ed improbabile. Osservazione 2.3.4. (Regolarizzazione istantanea) La convoluzione di g continua con il nucleo di calore Φ(, t) produce una funzione C in x e t per ogni t >. Per questo motivo si ritrova Φ in molti contesti. Domanda: Cosa fare con l equazione nonomogenea (HN)? Più precisamente, possiamo risolvere il problema di Cauchy? u t u = f in R n R + (2.3.8) u = g su R n {t = } dove f = f (x, t) è una funzione data. Risposta: (Principio di Duhamel) Discende dal metodo di variazione delle costanti usato per le ODE 1. Sfruttando la linearità, ci basta risolvere il problema (2.3.8) nel caso di g = u t u = f in R n R + (2.3.9) u = su R n {t = } Infatti, la soluzione u di (2.3.8) è data dalla somma u = u, f + u g, delle soluzioni u, f di (2.3.9) e u g, di (2.3.6).