La Evidence - Based Medicine: origini e prospettive



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La Evidence - Based Medicine: origini e prospettive Alessandro Liberati, Angelo Penna, Roberto D'Amico, Elena Telaro, Centro Cochrane Italiano, Laboratorio di Epidemiologia Clinica, Istituto Mario Negri, Milano Premessa Un articolo di presentazione di una delle più importanti novità culturali e operative per la pratica della medicina, quale la Evidence - Based Medicine (EBM) si propone in essere (1-2),non può che partire con alcuni chiarimenti di fondo relativamente a nomi di battesimo, date di nascita e parentele e definizioni. Dopo aver brevemente discusso di questi aspetti l'articolo presenta alcune delle iniziative attraverso le quali ci si sta organizzando per proporre e diffondere le informazioni scientifiche secondo i principi della EBM per poi concludersi con alcune riflessioni sulle prospettive di questo nuovo approccio al miglioramento della qualità della assistenza. I nomi di battesimo Sebbene il termine EBM stia guadagnando come tanti altri inglesismi popolarità anche in Italia sarebbe bene evitare una sua traduzione letterale che porterebbe all'uso di "evidence" come "evidenza". In italiano è "evidente" qualcosa che si giustifica di per sè, che non ha bisogno di prove. Se così facessimo, EBM finirebbe per assumere una connotazione molto autoritaria, che è esattamente il contrario di quello che lei vorrebbe essere. Per una migliore resa italiana ci sembra utile suggerire di tradurre "evidence" in "prova", un termine che rimanda assai meglio all'assioma di fondo della EBM che consiste nell'auspicio di una pratica della medicina dove gli atti assistenziali siano tanto più appropriati quanto più legittimati dall'onere della prova. Onere della prova da intendersi in un senso complessivo che va oltre il concetto di efficacia clinica espresso in senso stretto abbracciando l'orizzonte di un impatto complessivo sulla qualità della vita e della salute dei pazienti. Ecco perchè, non per gusto di modificare "termini affermati" ma per fedeltà, anzitutto epistemologica, agli assunti della EBM riteniamo utile che in italiano si parli di "Medicina delle Prove di Efficacia". Detto questo, per brevità e chiarezza, in questo articolo useremo ancora l'acronimo EBM ogni volta che parleremo di "Medicina delle Prove di Efficacia". Date di nascita e parentele: EBM e Epidemiologia Clinica Il termine EBM venne usato per la prima volta nel 1992 in un articolo pubblicato sul "Journal of American Medical Association" (JAMA) (3). L'articolo affermava, in modo esplicito, che tutte le azioni cliniche sul piano diagnostico, della valutazione prognostica e delle scelte terapeutiche dovevano essere basate su solide prove quantitative derivate da una ricerca epidemiologicoclinica di buona qualità.

La EBM si poneva così prepotentemente come momento di svalutazione della intuizione, della valutazione non sistematica delle informazioni cliniche, e dell'utilizzo del razionale fisiopatologico come base sufficiente per la decisione clinica stressando invece l'importanza della analisi sistematica della qualità e consistenza delle informazioni derivabili dalla ricerca clinica. Oltre alla competenza ed abilità clinica quindi la EBM pone come elementi necessari per la pratica di una buona assistenza sanitaria il possesso di nuove capacità quali - prima tra tutte - quella di saper consultare efficientemente ed interpretare validamente la letteratura scientifica. Ma la EBM non nasceva dal nulla. Due decenni, circa, nasceva l'epidemiologia Clinica (EC). Al di là delle specifiche definizioni tecniche, anche i propositi della EC erano quanto mai ambiziosi: "...mettere ordine nella metodologia clinica e negli approcci alla interpretazione dei risultati della ricerca, e più in generale, nello studio dei determinanti e degli effetti delle decisioni cliniche sulla salute dei pazienti" (4-5) La EC venne agli inizi trattata con molta sufficienza. Da parte dal mondo clinico che - nella sua componente "meno sofisticata" - non ne capiva le potenzialità innovative, e in quella più "pretenziosa" riteneva di non averne bisogno. Ma resistenze venivano anche dal mondo della epidemiologia tradizionale e della "sanità pubblica vecchia maniera" che vedevano nella EC una bastardizzazione metodologica da combattere in quanto destinata a creare la pericolosa illusione che la metodologia epidemiologica potesse diluire il proprio rigore per adattarsi allo studio della complessità dei problemi assistenziali (6-7). E' difficilmente contestabile che la EC abbia dato un importante contributo epistemologico e metodologico alla ricerca clinica. Questo contributo è chiaramente espresso nella diffusione di approcci espliciti alla valutazione della credibilità e rilevanza di una produzione scientifica sempre più abbondante, sempre meno facilmente accessibile e sempre meno riconducibile ad una ordinata definizione di prassi assistenziali accettabili e consolidate (8). Ma detto delle parentele è importante cogliere alcuni fatti che marcano la differenza tra EC e EBM. Anzitutto il contesto temporale nel quale esse si sono, rispettivamente, affacciate sulla scena della sanità. L'irruzione delle truppe della EBM avviene in un'epoca nella quale il peso delle discussioni legate alla "spesa sanitaria fuori controllo" ed alla necessità di interventi di contenimento e riduzione delle risorse da destinare alla sanità è divenuto preponderante. E' cresciuta d'altronde - anche se non quanto sarebbe auspicabile - la consapevolezza sulla utilità ed importanza pratica, e sulla irrinunciabilità etica, di una partecipazione informata degli utenti alle scelte sanitarie. E' cambiato il modo di pensare sui sistemi sanitari. Da una parte, infatti, essi sono diventati, in modo più evidente, indicatori del grado di maturità democratica della società e della sua capacità/volontà di tenere conto dei bisogni e, quindi, banco di prova importante per l'acquisizione del consenso politico. L'assistenza sanitaria, peraltro, è diventata un fin troppo facile oggetto da sacrificare sull'altare delle compatibilità economiche e quindi da affidare alle cure di libero mercato, di cui peraltro - nel settore specifico - ci si guarda bene dal sentirsi

in dovere di discutere se davvero esistano non dico prove ma quantomeno indizi di efficacia. Riconosciuta implicitamente la difficile praticabilità di una razionalizzazione basata solo su criteri di efficacia e di scelta esplicita delle priorità (9) è cresciuta soprattutto da parte dei politici e degli amministratori la sfiducia nella praticabilità di soluzioni che vengano dall'interno della professione. In questo senso il movimento EBM rappresenta un tentativo di risveglio di una parte della professione medica che riconosce il proprio dovere sociale, prima ancora che professionale, di render conto alla società costruendosi una legittimità in quanto capace di agire "... non sulla base di criteri personalistici e soggettivi, ma come rappresentante di una comunità con criteri comuni fondati sulla indagine razionale e l'evidenza empirica..." (8). Il filosofo della scienza Thomas Kuhn ha descritto i paradigmi scientifici come "... modi di analizzare la realtà che definiscono sia la legittimità o meno dei problemi da analizzare sia la natura delle evidenze che possono essere utilizzate per risolvere questi stessi problemi". E' solo quando si accumulano sufficienti prove sui difetti concettuali e pratici di un certo paradigma che esso viene rimpiazzato con un nuovo modo di vedere la realtà ed un nuovo range di possibili soluzioni. Non vi è dubbio che la natura della assistenza sanitaria stia cambiando e che il modo di praticare la medicina stia anch'esso cambiando, e che, nel quadro di questi cambiamenti, l'enfasi specifica che viene data al ruolo che le informazioni derivate dalla letteratura scientifica devono avere nell'indirizzare la pratica clinica rappresenti un vero e proprio cambio di paradigma. Il legame tra EC e EBM è manifesto in molti aspetti. Basti pensare a quanto eccezionale era lo studio controllato e randomizzato negli anni '60 ed a come invece oggi sia il requisito essenziale per la introduzione sul mercato dei nuovi farmaci. Il metodo delle revisioni sistematiche - e le combinazioni quantitative formali dei risultati dei singoli studi, note con il termine di metanalisi - rappresenta un approccio ormai fortemente accreditato per sintetizzare le informazioni provenienti da studi diversi. Notevoli avanzamenti, concettuali e metodologici, sono peraltro stati fatti anche nel campo della valutazione dei test diagnostici e della valutazione dei modelli prognostici. Tutte queste modifiche hanno avuto un tangibile effetto sia sul mondo della editoria scientifica che sugli atteggiamenti degli amministratori sanitari. Un'enorme quantità di articoli è stata dedicata a cercare di spiegare ed insegnare al clinico a come accedere, valutare ed intrerpretare la letteratura scientifica. Le principali riviste scientifiche hanno cercato di adottare standard sempre più rigorosi e soluzioni - come ad esempio i "riassunti strutturati" - per la presentazione di aspetti salienti della metodologia e dei risultati degli studi primari; sono altresì comparse riviste ad hoc (cosiddette di "pubblicazione secondaria") per la sintesi ed il commento critico dei principali articoli comparsi sulle riviste scientifiche. Infine, viene sempre più sentita ed affermata la necessità di produrre linee-guida basate su solide revisioni di letteratura. Tutto questo movimento è ciò che costituisce ciò che va legittimamente sotto il nome di EBM.

Il cambio di paradigma Vediamo brevemente quali erano gli elementi principali del vecchio e quali sono le caratteristiche essenziali del nuovo paradigma. Il vecchio si basava sull'assunzione secondo cui elementi sufficienti per un buon esercizio professionale erano: a) un bagaglio di esperienze ed osservazioni derivati dalla propria esperienza personale relativamente alla utilità di un test diagnostico o di una terapia ; b) la comprensione e conoscenza dei meccanismi fisiopatologici come guida alla pratica clinica; c) la padronanza delle capacità di valutazione critica fornite dal tradizionale curriculum formativo quale fattore abilitante alla capacità di valutazione critica dei nuovi test o dei nuovi trattamenti; d) il possesso di una esperienza specifica di settore per poter generare delle valide linee-guida di comportamento clinico. Conseguenza di questo modello è che il medico è in grado di affrontare i problemi che via via possono presentarsi basandosi sulla propria esperienza personale, ragionando rispetto al razionale biologico, facendo ricorso ad un libro di testo o consultandosi con un esperto locale. Coerentemente, introduzione e discussione rappresentano le sezioni più interessanti di un articolo scientifico e quelle sufficienti a derivare le informazioni necessarie ad un proficuo aggiornamento scientifico. E' evidente che questo modello attribuisce un notevole valore alla autorità (al nome!) scientifica e alla aderenza ai principi tradizionali di comportamento. Le assunzioni di fondo della EBM - alla base del nuovo paradigma - sono invece: a) sebbene l'esperienza e lo sviluppo di un "istinto clinico" siano un requisito essenziale per una buona pratica della medicina, lo sforzo di standardizzare e rendere riproducibili e valide le proprie osservazioni rappresentano un momento fondamentale per accrescere la credibilità delle deduzioni sull'utilità di un test o la efficacia di una terapia; b) lo studio delle basi fisiopatologiche rappresenta una guida necessaria ma non sufficiente per derivare linee di condotta clinica in quanto le deduzioni compiute a partire dalla valutazione dei meccanismi di base possono non essere corrette; c) la comprensione di regole metodologiche di base è fondamentale per poter interpretare la letteratura scientifica per quanto riguarda etiologia, diagnosi, prognosi ed efficacia di un intervento. Da tutto questo consegue: a) che si deve accettare di dover prendere determinate decisioni in condizioni di incertezza - per mancanza assoluta di informazioni rilevanti o per cattiva qualità di quelle esistenti; b) che il rispetto della autorità ha un peso molto inferiore rispetto alla valutazione critica rigorosa della qualità delle conoscenze disponibili. Il singolo operatore deve infatti essere capace - secondo questo modello - di valutare criticamente, e in modo autonomo, la qualità e la consistenza delle evidenze divenendo assai meno dipendente dal giudizio degli esperti autorevoli., Di nuovo, questo non significa sottovalutare l'importanza di quel tipo di capacità (quali la manualità e l'intuito clinico che non si imparano certo attraverso una ricerca clinica formale) che si possono apprendere dai colleghi più esperti. Piuttosto si

sottolinea un percorso che porta a porre questi skills sotto una nuova luce ispirata alla capacità di interpretazione critica delle informazioni che sono disponibili. Entusiasmi e critiche alla EBM La recente pubblicazione del giornale "Evidence-Based Medicine" ha catalizzato un dibattito che covava da un po' sotto le ceneri e che è stato, via via, surriscaldato da una serie di discussioni caratterizzate da due tappe fondamentali: a) l'era della battaglia sulla necessità dei trials clinici randomizzati quale metodo standard per valutare la reale efficacia di un intervento (10); b) l'era della progressiva presa d'atto della insufficienza - epistemologica prima ancora che tecnica - del modello rigido delle sperimentazioni cliniche controllate e della transizione verso il modello dei grandi trials pragmatici di popolazione quale unico strumento adeguato a cogliere - in modo affidabile - vantaggi terapeutici modesti ma rilevanti in termini di sanità pubblica (11); c) l'era dell'entusiasmo per le revisioni sistematiche come metodo scientificamente rigoroso per valutare, nel loro complesso, le evidenze sulla efficacia di un determinato intervento (12); d) l'era del ripensamento critico circa i limiti dei trials clinici (indipendentemente dal loro approccio e dalla loro filosofia) ed anche i limiti delle revisioni sistematiche troppo influenzate dalla spesso scadente qualità delle ricerche primarie e poco capaci di rispettare la eterogeneità di pazienti, setting, interventi documentati nei singoli studi i cui risultati vengono combinati (13); e) l'era del confronto/scontro tra sostenitori dell'uno o dell'altro approccio e della battaglia contro i sostenitori della EBM in quanto capaci soltanto di danneggiare la credibilità sociale, prima ancora che scientifica, della medicina (14). Due recenti editoriali su "Annals of Internal Medicine" (15) e "Lancet" (16) testimoniano di quanto possa essere alta o bassa la temperatura di questo dibattito a seconda dei rispettivi punti di vista e della percezione del "conflitto di interessi"da negare o amplificare, a seconda dei punti di vista. Nell'editoriale di Annals l'autore si dichiara, retoricamente, stupito di tanta meraviglia rispetto all'entusiasmo ed al senso di novità generato dal termine EBM. Con l'esplicito titolo: "EBM why all this fuss," ("EBM, perché tutto questo schiamazzo?") egli dichiara che, in fin dei conti, la EBM è, ed al tempo stesso non è, una novità. Non lo è nella misura in cui, da sempre, la medicina scientifica si è basata sulla acquisizione di dati obiettivi e verificabili. Lo è, invece, nella misura in cui negli ultimi decenni è cambiata profondamente la natura stessa della evidenza scientifica in almeno tre componenti: a) gli standard metodologici per la raccolta delle informazioni; b) i metodi e gli strumenti per la loro analisi; c) il contesto sociale nel quale le informazioni vengono calate ed utilizzate. Per quanto riguarda gli standard metodologici, si è passati da un tempo nel quale il singolo "case report" rappresentava il modo più elegante e raffinato di raccogliere evidenze ad una fase nella quale il ragionamento probabilistico ritiene necessario raccogliere informazioni su casistiche più ampie prima di poter parlare di associazioni, e assume come necessario lo studio clinico randomizzato prima di poter dichiarare la esistenza della efficacia terapeutica di un trattamento.

Anche la necessità e il rigore dei metodi e strumenti di analisi è cambiato. Fino a qualche tempo fa bastavano alcuni semplici strumenti statistici. A parte la disponibilità dell'uso di più flessibili tecniche di analisi, è ampiamente accettata l'idea che un singolo studio, per quanto elegante e ben raffinato, non può essere sufficiente a risolvere una controversia. Infine, anche il contesto sociale nel quale la conoscenza scientifica e la pratica della medicina si calano è anch'esso profondamente cambiato. Fino a qualche tempo fa il parere di un esperto aveva un peso eguale, se non superiore, a quello della prova empirica. Certamente ancor oggi il parere degli esperti ha un peso importante. Sempre più, tuttavia, gli operatori cercano - a conforto delle proprie decisioni - il suffragio delle prove più che l'autorità dei singoli esperti. Ne è un esempio sintomatico il fatto che nelle diverse "scale" per ordinare l'importanza delle evidenze scientifiche a favore o contro un certa decisione, le informazioni derivate da studi clinici controllati di buona qualità siano al primo posto ed il parere degli esperti senza suffragio di studi empirici all'ultimo. Sempre più quindi ci si sta allontanando dall'autoritarismo per andare incontro alla autorevolezza. Sono tutti questi cambiamenti, e non la superiorità astratta di un metodo, che sono al centro della novità introdotta con la EBM. Il sospetto che dietro a molte delle diffidenze verso la EBM ci sia essenzialmente del conservatorismo è invece rinfocolato proprio dall'editoriale di Lancet. In esso (significativamente intitolato "Evidence Based Medicine, in its place!") - accanto ad alcune considerazioni condivisibili sui possibili rischi di dogmatismo della EBM - emerge un chiaro fastidio per l'interesse che la EBM suscita. Non è difficile infatti capire che tutta la polemica potrebbe tranquillamente stemperarsi se si ascoltasse davvero ciò che anche i più tenaci assertori della EBM dicono e cioè che essa: "... non ignora o trascura, ma anzi ha come punto di partenza, le evidenze derivate dalla osservazione intelligente della pratica clinica..." (17). C'è comunque un punto essenziale sul quale bisogna essere molto fermi: la EBM deve essere un approccio culturale complessivo che valuta la rilevanza clinico/epidemiologica di un risultato come almeno altrettanto importante rispetto alle garanzie formali di metodo. Per le stesse ragioni per cui sappiamo che non saranno certo le "good clinical pratice" a produrre automaticamente trials di maggiore rilevanza clinica. Non vi è dubbio che ispirarsi alla EBM - per quanto grandi siano comunque le aree di pratica clinica per le quali non siano disponibili indicazioni chiare (16) - è una scelta di fondo. Non si tratta di trasformare - come dicono alcuni - la pratica della medicina in una serie di ricette di cucina. Si tratta di integrare le migliori informazioni derivabili dagli studi disponibili con la pratica clinica - definita alla luce della esperienza personale del singolo clinico - e la valutazione, più attenta possibile, delle preferenze del paziente. In un certo senso, il vantaggio che la EBM fornisce è quello di rendere esplicite le alternative e le motivazioni del comportamento clinico: da una certa linea di comportamento raccomandato si può sempre dissentire, e con ragione, qualora non si ritenga appropriato un determinato intervento per un determinato paziente. Rispetto alla pratica corrente la esistenza di raccomandazioni basate su prove di efficacia garantisce che un tale dissenso sia informato e motivato piuttosto che casuale perché dovuto ad implicite convinzioni del singolo operatore.

Gli approcci alla produzione e diffusione della EBM a) La Cochrane Collaboration - La Cochrane Collaboration (CC) è nata nel 1993 a seguito della formazione del primo Centro Cochrane ad Oxford. Fondata da Iain Chalmers a partire dalla "esperienza-pilota" condotta nell'area della assistenza alla gravidanza ed al parto, la CC è nata con l'obiettivo esplicito di preparare e mantenere continuamente aggiornate revisioni sistematiche sull'impatto degli interventi sanitari. La opportunita di costituire un network internazionale (tale infatti può essere fondamentalmente definita la CC) per raggiungre tale obiettivo rispondeva alla necessità che: a) tali revisioni venissero condotte con una metodologia comune che ne garantisse qualità e validità; b)si evitasse la duplicazione non necessaria facendo in modo di favorire la collaborazione tra operatori con interessi comuni; c) si fornisse un adeguato supporto metodologico ed organizzativo a tutti gli interessati a realizzare tali revisioni attraverso una rete di centri sparsi nel mondo; d) si realizzasse un insieme di strumenti di diffusione e di aggiornamento continuo delle revisioni Cochrane che superasse i limiti delle tradizionali pubblicazioni cartacee privilegiando il formato di pubblicazioni elettroniche. Nell'arco di solo tre anni (1993-1996) sono stati attivati 13 centri Cochrane nel mondo ( di cui cinque in Europa - Danimarca, Francia, Inghilterra, Italia e Olanda - cinque in Nord America - Canada e quattro in Usa - ed uno ciascuno in Australia, Brasile e Sud Africa) ed hanno iniziato a produrre revisioni sistematiche oltre 25 Gruppi Collaborativi di Revisione (GCR) (18). I prodotti dei GCR sono raccolti nella "Cochrane Library", il giornale elettronico della CC pubblicato con frequenza trimestrale, che nel secondo numero del 1997 (Aprile 1997) contiene oltre 190 revisioni sistematiche complete, 160 protocolli di altrettante revisioni attualmente in fase di realizzazione oltre a diverse altre informazioni relative a revisioni sistematiche "non Cochrane" pubblicate nella letteratura internazionale, alle referenze di oltre 90.000 studi clinici controllati recuperati attraverso la attività di ricerca manuale delle riviste mediche nazionali ed internazionali che i diversi GCR compiono nelle relative aree di interesse per identificare tutti quegli studi la cui identificazione è pregiudicata dalla incompleta indicizzazione nella banca-dati MEDLINE. b) Le riviste di pubblicazione secondaria - La prima rivista in ordine di tempo a proporsi esplicitamente come veicolo di raccolta, valutazione critica e diffusione dei risultati della ricerca clinica è stata "ACP Jornal Club" supplemento alla rivista "Annals of Internal Medicine". Con la pubblicazione del primo numero nel..., "ACP Journal Club" ha iniziato ad offrire - con periodicità quindicinale - una panoramica dei risultati derivati dagli studi clinici pubblicati sulle principali riviste internazionali. Attraverso la attività di un ampio gruppo internazionale di collaboratori, le singole riviste vengono esaminate selezionando i lavori ritenuti più rilevanti che vengono poi inviati ad esperti che preparano un breve commento relativo alla validità e rilevanza clinico-epidemiologica dei risultati presentati. In ogni numero di "ACP Journal Club" vengono così presentati i riassunti dei diversi lavori selezionati accompagnati dal breve commento dell'esperto.

A partire dalla fine del 1995 ad "ACP Journal Club" si è affiancata "Evidence Based Medicine" (prodotta dal British Medical Journal Pubblishing Group e disponibile in versione italiana dal maggio 1997) che - con un formato molto simile - offre un tipo di rassegna analoga coprendo però anche altre riviste non considerate da "ACP". Nel corso 1997 sarà avviata - da parte della casa editrice inglese Churchill Livingstone - la pubblicazione di una serie di riviste di settore - che con un formato analogo ad "ACP" ed "Evidence Based Medicine" - copriranno aree quali il cardiovascolare, la ostetricia e ginecologia, la chirurgia, ecc. Dal Maggio 1997 è inoltre disponibile la versione italiana del bimestrale "Effective Health Care" curata dal Centro Cochrane Italiano. Le linee-guida basate su prove di efficacia - Il crescente interesse generatosi attorno alle lenee -guida ha certamente contribuito a stimolare la ricerca per migliorarne sia la validità scientifica, al momento della loro produzione, sia la qualità e completezza della presentazione delle raccomandazioni in esse contenute (19). Requisiti essenziali di linee-guida di buona qualità sono: a) la chiara documentazione delle metodologie seguite per la loro produzione ( a partire dalle modalità e dai criteri seguiti per la identificazione degli esperti, dalle metodologie per la ricerca e la identificazione delle fonti, dal processo di sintesi e di valutazione critica delle informazioni rilevanti); b) la chiarezza espositiva e la indicazione delle "eccezioni ammesse"; c) la esplicita dichiarazione della "forza" di ogni singola raccomandazione in esse contenute; d) la indicazione delle caratteristiche organizzative e strutturali del setting assistenziale entro il quale chi le ha prodotte ritiene esse siano applicabili. Nel contesto di un recente progetto collaborativo tra Network Cochrane Italiano e alcune Aziende Sanitarie Italiane - denominato T.Ri.P.S.S. acronimo che sta per "Trasferire i Risultati della Ricerca nella Pratica dei Servizi Sanitari" - si è iniziato a costruire una "banca-dati" di linee-guida prodotte a livello internazionale ed a mettere a punto strumenti per la valutazione della loro qualità (20). Si tratta ancora di un approccio iniziale che cerca di esplorare la bontà delle linee-guida soprattutto in funzione del rispetto di alcune regole metodologiche nel loro processo di produzione e, successivamente, di presentazione. Conclusioni Nello scenario dei problemi di sistemi sanitari assistiamo ad una lotta (certo impari) tra mercato e risposte appropriate ai problemi di salute. Soprattutto per problemi di qualità della assistenza, in termini sia di equità sia di appropriatezza tecnica, il medico deve possedere strumenti adeguati per poter interpretare criticamente i risultati della ricerca scientifica, tradurre le sue conoscenze in stili di pratica appropriati, misurare l'impatto della propria attività. La EBM, da questo punto di vista, dovrebbe - così come in passato ha fatto la EC - fornire un quadro di riferimento capace di abituare a confrontarsi sempre esplicitamente con i limiti delle conoscenze. E' evidente che il singolo operatore così come, in futuro, anche l'amministratore si troveranno a partecipare - come responsabili, collaboratori, facilitatori od anche come oggetto - alla produzione della conoscenza in campo sanitario; la EBM

dovrebbe servire ad identificare esplicitamente le aree maggiormente bisognose di ricerca e di nuova conoscenza(7,18). Se guardiamo al quadro internazionale, il movimento Me.P.E. sebmra trovare non solo sostenitori ma anche politiche di supporto esplicite. Per quanto sia sempre difficile capire cosa avviene davvero leggendo le "corrispondenze degli altri paesi", vi sono realtà,(pensiamo a quella inglese, canadese, australiana ed olandese) nelle quali si sta cominciando a ragionare in termini di "politiche assistenziali basate su prove di efficacia". Ci si augura che parlare esplicitamente di EBM, come si è fatto in questo articolo ospitato da Tendenze, solleciti una riflessione sulla importanza di supportare lo sforzo della EBM con un adeguato programma di Ricerca & Sviluppo. BIBLIOGRAFIA 1) Sackett DL, Scott Richardson W, RosEBMerg W, RB Haynes. Evidence-based Medicine: How to pratice and teach Evidence-based Medicine. Churchill Livingstone, London 1996 2) JM Muir Gray. Evidence-based Health Care: How to make healt policy and management decisions. Churchill Livingstone, London 1997 3) Evidence-based Medicine Working Group. Evidence-based medicine: a new approach to teaching the pratice of medicine. JAMA 1992; 268: 2420-2425 4) Paul JA. Clinical Epidemiology. J Clin Investigation 1938; 17: 539-541 5) Sackett DL, Haynes RB. Clinical Epidemiology: A Basic Science for Clinical Medicine Little Brown and Co, Boston 1985 6) Last J. Che cosa è l'epidemiologia Clinica?. Epidemiologia e Prevenzione 1989; 39: 8-9 7) Liberati A. Perché discutere di Epidemiologia Clinica?. Epidemiologia e Prevenzione 1990; 44: 50-61 8) Liberati A. Valutazione del bisogno sanitario e allocazione delle risorse: il difficile ruolo dell'epidemiologia. In: G. Costa, F. Faggiano, Equità nella salute: lo scenario italiano. Atti "Seminario dei Laghi 1992" della Fondazione Smith Kline. Franco Angeli Milano, 1993 9) Starr P. The Social Trasformation of American Medicine Basic Book, Boston, 1982 10) Sacks H, Chalmers TC, Smith R. Randomized vs historical controls for clinical trials. Amer J Med 1982 ; 72 : 233-240 11) Yusuf S., Collins R., Peto R. Why do we need some large and simple randomized trials. Stat Med 3, 1984, pp 409-415 12) Parmar MKB, Stewart LA, Altman DG Metanalyses of randomized trials : when the whole is more than just the sums of the parts Br J Cancer 1996 ; 74 : 496-501 13) Nicolucci a., Grilli R., Alexanian A., et, al. Quality, evolution and clinical implications of randomized control trials on the treatment of lung cancer : a lost opportunity for metanalysis. JAMA 1989 ; 262 : 2101-2107 14) Liberati A. The relationship between clinical trials and clinical pratice : the risk of underestimating its complexity Statistics in Medicine 1994 ;13 :1485-91 15) Davidoff F. Case K. And Fried PW Evidence Based-Medicine : why all the fuss? ann Int Med 1995 ; 122 (9) 727

16) Editorial. Evidence-Based medicine, in its place! The Lanchet 1995 ; 346 : 785 17) Sackett DL, Rosemberg W., Gray M et al. Evidence-Based Medicine : what it is and what it is not. Br Med J 312, \1996, pp72-73 18) Liberati A. La cochrane Collaboration Nuovi Argomenti in medicina 1996 ; 12 : 94-98 19) Grilli R., PennaA, Liberati A. Migliorare la pratica clinica : come promuovere ed implementare linee-guida. Pensiero Scientifico Editore, 1995 Roma 20) Network Cochrane Italiano (Autori vari. Trasferire i risultati della ricerca nella pratica dei servizi sanitari : il progetto T.Ri.P.S.S. Agenzia Sanitaria Italiana (ASI), 14 Febbraio 1997 : 48-51