Città Città invisibile

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Città Città invisibile 29 L economia funziona davvero non quando una parte della popolazione è tenuta ai margini del mercato, ma quando ogni singola persona trae un vantaggio dal mercato. A Amartya Kumar Sen, 68 anni, l indiano che nel 1998 fu il primo asiatico a ottenere il Premio Nobel per l Economia, racconta spesso una storiella sanscrita che ha più o meno 3 mila anni. Parla di una rana che nasce in un pozzo e che, quindi, sa tutto del pozzo ma nulla di ciò che accade fuori. Si può tranquillamente dire, chiosa a quel punto Sen, che la rana ha una conoscenza globale del pozzo ma che alla fin fine resta una rana ignorante. È curioso, ma anche istruttivo, che un uomo dalla cultura straordinariamente vasta come Sen (forse l unico Le rane ignoranti uomo al mondo cui sia stato chiesto di fondare un dipartimento di Economia, all Università Jadavpur di Calcutta, a soli 23 anni d età; forse l unico Nobel della storia ad aver avuto il premio per l Economia avendo anche insegnato a livello universitario Matematica e Filosofia) riesca a concentrare uno dei problemi più discussi del nostro tempo in un apologo del tempo che fu. Eppure... Il vero pericolo, dice, non è la globalizzazione ma l idea che essa si possa realizzare in un solo campo, quello economico. È invece importante dare alla globalizzazione una Fulvio Scaglione Incontro con Amartya Sen visione universalista e non una visione settaria, e quindi riconoscere che è in atto un conflitto tra le ingiustizie economiche, che sono parte della struttura dell economia mondiale, e le richieste politiche che molta gente, e non solo i movimenti cosiddetti no-global, vuole avanzare a nome degli strati più poveri della società. In un certo senso, dunque, quella odierna è una riedizione del vecchio conflitto tra politica ed economia. O, per meglio dire, tra gli aspetti politici dell economia e i prezzi politici che occorre pagare alla trasformazione dell economia.

30 Città La Borsa di New York inv Città invisibile Per questo lei sostiene che è la democrazia la più grande conquista del Ventesimo secolo? Una cosa è chiara: se andiamo a rileggere i primi teorici dello sviluppo, notiamo che nessuno di loro ha mai sostenuto che bisognasse sopprimere in parte o del tutto la democrazia per favorire il decollo dell economia. Tutti sanno che io sono del tutto favorevole al libero...è importante dare alla globalizzazione una visione universalista e non una visione settaria, e quindi riconoscere che è in atto un conflitto tra ingiustizie economiche... mercato ma se c è un dato culturale che con gli ultimi decenni possiamo dare per acquisito è proprio aver constatato che l economia funziona davvero non quando una parte della popolazione è tenuta ai margini del mercato, ma quando ogni singola persona dal mercato trae un vantaggio. Lo si è visto bene in quasi tutte le economie asiatiche, dalla Corea del Sud a Singapore, dalla Thailandia a Hong Kong e persino alla Cina, che hanno realizzato considerevoli benefici pratici nel momento in cui l accesso delle persone al mercato è stato facilitato da una serie di agevolazioni sociali come istruzione, assistenza sanitaria, microcredito, riforma della proprietà agricola. Non tutti quei Paesi erano democratici, ma appena lo sono diventati un po di più, anche se di pochissimo, il meccanismo si è messo in moto. L esperienza pratica dimostra che per avviare lo sviluppo economico occorre un impianto sociale. E la democrazia è l unico strumento, che permette di

isibile 31 La globalizzazione a portata di mano...ciò che davvero mi interessa sono le cose che con l economia di mercato si possono fare e che l economia o il mercato da soli invece non possono fare. richiederlo e di modellarlo. Mi è capitato di notare, in uno studio che ho realizzato all inizio degli anni Novanta, che non si sono mai avute carestie di massa in Paesi indipendenti, democratici e dotati di una stampa libera. Sono passati vent anni e nessuno è mai riuscito a smentirmi, trovando un eccezione a tale regola. A proposito di democrazia: molte Istituzioni internazionali, come il Fmi, la World Bank e l Organizzazione Internazionale del Commercio, sono finite sotto accusa proprio perché ritenute poco democratiche e certo non inclini a favorire gli interessi dei Paesi più deboli e poveri. Che cosa ne pensa? L architettura istituzionale contemporanea è nata a metà degli anni Quaranta, nella scia degli accordi di Bretton Woods e mentre la seconda guerra mondiale stava andando verso la fine. Il mondo era molto diverso, allora: basta pensare che l Africa e una buona parte dell Asia erano ancora occupate da potenze coloniali. Lo scopo dichiarato di quelle organizzazioni era favorire la ricostruzione post-bellica incrementando il commercio internazionale. Da questo punto di vista hanno funzionato assai bene. Ma è chiaro che in un mondo come quello contemporaneo, che ha cancellato il colonialismo e ha una sensibilità assai maggiore per concetti come quelli, di sviluppo, diritti umani e democrazia globale, quella struttura va profondamente rivista e corretta. E qualcosa si sta già muovendo in questo senso. L unica istituzione nata ne-

32 Città inv Città invisibile gli anni Quaranta e per sua natura portata ad affrontare questi temi è l Onu. Purtroppo è anche nata con un deficit interno di democrazia, visto che i cinque Paesi membri del Consiglio di sicurezza godono del diritto di veto, negato a tutti gli altri Stati membri. Le istituzioni economiche internazionali sono state create per gli affari, l Onu per favorire la democrazia globale ma con un deficit interno di democrazia. Che cosa servirebbe, secondo lei? Secondo me si sente la mancanza di un forum internazionale in cui i più deboli possano far sentire la propria voce e affermare le esigenze di quella larga parte della popolazione mondiale colpita dal morbo della disuguaglianza. Prendiamo il caso dei medicinali per la cura dell Aids, che sono prodotti in America e in Europa ma sono, o dovrebbero essere consumati, dove ce n è più bisogno, cioè in Africa. Produrli costa poco, mentre costa moltissimo la ricerca scientifica per combinarli. Così i Paesi africani non hanno risorse sufficienti né

isibile 33 alla ricerca né all acquisto, visto che i prezzi rispondono alle logiche del mercato occidentale. È uno stato di cose inaccettabile. Ma ha dovuto pensarci il Sudafrica a ribellarsi, perché di fatto manca una sede dove un problema come questo, assai pratico, possa essere discusso e risolto. Molti la ritengono una specie di padre spirituale del cosiddetto popolo di Seattle. Come si sente in questo ruolo? Abbastanza bene, grazie. C è un fondo di verità, in quell idea, anche se sono convinto che ben pochi di coloro che hanno manifestato a Seattle, Praga o Genova sanno chi sono o hanno letto i miei libri. Del popolo di Seattle ho in grande simpatia Acquisti in un mercato africano Una sessione dell ONU le domande, che hanno il merito di aver portato all attenzione di tutti il problema capitale della disuguaglianza, sia nelle nazioni che tra le nazioni, che è la mia maggiore preoccupazione di studioso e di essere umano. Mi piacciono un po meno le loro risposte, che a volte mi paiono un po generiche, io sono molto favorevole all economia di mercato ma ciò che davvero m interessa non sono né l economia né il mercato in sé, ma piuttosto le cose che con l economia di mercato si possono fare e che l economia o il mercato da soli invece non possono fare. Ciò che davvero serve è promuovere le libertà, tutte le libertà e non solo quella di mercato, che non basta da sola a garantire le pari opportunità sociali e i diritti civili di tutti i cittadini. Io sono convinto che sono le libertà a promuovere lo sviluppo. E che pensare di ridurre le libertà per avere più sviluppo sia un illusione assai pericolosa.!