1 LA PROPRIETÀ E I BENI

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1 LA PROPRIETÀ E I BENI Bibliografia essenziale: G. CERRINA FERONI, Cartolarizzazione dei beni pubblici, in Encicl. dir.-annali, Milano, 2010, vol. III; L. MERCATI, Pubblico e privato nella valorizzazione del patrimonio immobiliare, Torino, 2009; I beni pubblici: tutela, valorizzazione e gestione, a cura di A. POLICE, Milano, 2008; M. ARSÌ, Usi civici, in Diz. dir. pubbl., a cura di S. CASSESE, VI, Milano, 2006; F. FRANCARIO, Privatizzazioni, dismissioni e destinazione «naturale» dei beni pubblici, in Dir. amm., 2004; M. RENNA, La regolazione amministrativa dei beni a destinazione pubblica, Milano, 2004; V. CE- RULLI IRELLI, Utilizzazione economica e fruizione collettiva dei beni, in Annuario AI- PDA, 2003; F. MERUSI, Il diritto sussidiario dei domini collettivi, in Riv. trim. dir. pubbl., 2003; P. STELLA RICHTER, Proprietà collettive, usi civici e interesse pubblico, in Dir. amm., 2003. 1. Lo Stato e gli enti dell organizzazione pubblica sono proprietari di beni e titolari di diritti su beni. Beni giuridici, come si sa, sono le cose che possono formare oggetto di diritti (art. 810 cod. civ.). Diritti dominicali (la proprietà, appunto), ovvero altri diritti reali (segnatamente servitù su beni privati: art. 825 cod. civ.). In ciò si manifesta tipicamente la loro capacità di diritto comune, la capacità giuridica generale. Ché a tali diritti si applica in principio il diritto comune, quale stabilito fondamentalmente dal codice a proposito della proprietà e delle altre situazioni reali e personali di godimento, salve deroghe. In punto di fatto, si ricorda che lo Stato italiano era all origine un grandissimo proprietario immobiliare per avere ereditato vastissimi compendi patrimoniali per successione dagli Stati preunitari; patrimoni che in gran parte furono alienati nei primi decenni di vita dello Stato unitario, per effetto di alcune leggi, assai qualificanti per l ideologia dell epoca e per il processo di avvio in Italia del sistema di produzione Stato proprietario

2 Diritto Privato ed Amministrazione Pubblica capitalistico, a cominciare dalla L. n. 793/1862; e trovando un momento fondamentale nella avocazione allo Stato del c.d. asse ecclesiastico (L. n. 3848/1867), costituito dai patrimoni degli enti ecclesiastici indicati dalla stessa legge, che successivamente furono alienati ai privati. Anche una volta esaurita questa politica di svendita del patrimonio dello Stato, questo rimase assai cospicuo, e lo rimane tuttora, come già dimostrato dal notissimo rapporto Cassese (e più di recente dal Censimento del Patrimonio immobiliare dello Stato, 2007). E assai cospicuo resta altresì il patrimonio degli altri enti pubblici, e segnatamente dei Comuni. Tanto che di recente si è avviata una nuova politica di alienazione (o privatizzazione) del patrimonio pubblico, che è tuttora in corso (subito infra), che con modalità diverse ricalca quella antica. Ma il patrimonio pubblico (i beni e i diritti patrimoniali appartenenti allo Stato e agli enti pubblici come soggetti di diritto comune) non esaurisce l insieme dei beni appartenenti allo Stato e agli enti pubblici. Ché anzi quelli patrimoniali, nel senso appena accennato, possono essere considerati beni residuali, nel complesso di detti beni. Ciò perché, i beni dello Stato e degli enti pubblici possono essere, e lo sono in concreto, strumenti diretti di amministrazione; e in quanto tali, essi vengono gestiti e tutelati secondo speciale disciplina, senz altro ascrivibile al diritto pubblico (diritto dei beni pubblici). Come beni patrimoniali restano soggetti alla disciplina del diritto comune, quei beni appartenenti allo Stato e agli enti pubblici, che (per usare le parole dell antica legge del 1862 appena citata) non sono destinati ad uso pubblico o richiesti dal pubblico servizio ; insomma che in concreto non si presentano come strumenti diretti di amministrazione. Invero, limitandosi in questa sede ad un rapidissimo sguardo storico, il diritto dei beni pubblici quale noi lo intendiamo, nasce nel periodo francese rivoluzionario (part. v. L. 22.11-1.12.1790) al momento in cui fu introdotta nell ambito degli antichi beni già appartenenti al sovrano (domaine de la couronne), tutti in quanto tali sottratti al diritto comune, una volta divenuti beni della Nazione, la distinzione tra quelli necessari per le esigenze della collettività (e così le strade, i fiumi, le rive del mare, i porti, etc.) e quelli non necessari. I primi venivano sottratti all applicazione del diritto comune e ascritti al concetto di demanio pubblico; gli altri senz altro riportati, come beni patrimoniali, alla disciplina del diritto comune. Tale impostazione, propria della fondadiritto dei beni pubblici

La proprietà e i beni 3 mentale legge rivoluzionaria, fu poi mantenuta nel codice di Napoleone e nei successivi codici civili da quello derivati, e da ultimo, con alcune modificazioni, nel nostro (artt. 822 ss. cod. civ.). Insomma, i beni appartenenti allo Stato e agli enti pubblici vengono riportati alla disciplina del diritto comune e perciò divengono possibile oggetto di alienazione e commercio giuridico (in ciò sovvertendo il diritto dell Antico Regime) salvo che essi non appartengano a determinate categorie che risultano necessarie agli interessi della collettività. In questo secondo caso essi mantengono una disciplina loro propria, come già avevano sotto l Antico Regime, che li sottrae in buona sostanza all applicazione del diritto comune. Se occorre un esempio, si pensi a un ente pubblico che si trova in una situazione debitoria nei confronti di terzi. Com è noto, ai sensi dell art. 2740 cod. civ., il debitore risponde dell adempimento delle obbligazioni con tutti i suoi beni presenti o futuri. E a tal fine, sono previsti in favore del creditore strumenti intesi alla conservazione della garanzia patrimoniale e intesi ove necessario a consentire al creditore l esecuzione forzata sui beni del debitore per ottenere la soddisfazione del suo credito. Applicando detta disciplina, i beni dell ente pubblico vanno perciò a costituire la garanzia patrimoniale di questi nei rapporti di credito e perciò possono essere oggetto degli strumenti intesi a garantire i creditori. Possono essere ad esempio espropriati ai sensi degli artt. 2910 ss. cod. civ. Ma si pone il problema: può essere espropriata una porzione di terreno dell ente pubblico debitore destinata a piazza, o a parcheggio; può essere espropriato un edificio di proprietà dell ente pubblico, destinato a scuola ovvero destinato ad ospitare gli uffici dell ente medesimo; può essere espropriato l autoveicolo di proprietà dell ente pubblico, destinato al trasporto urbano? E così via. La risposta è che questi beni non possono essere espropriati proprio perché essi vengono sottratti all applicazione del diritto comune, in quanto strumenti diretti di amministrazione (destinati a servire interessi della collettività). 2. Sulla base di queste premesse, esaminiamo brevemente il nostro diritto vigente, in materia di beni pubblici come quelli oggetto di dirit-

4 Diritto Privato ed Amministrazione Pubblica to di proprietà o di altri diritti reali (art. 825 cod. civ.) appartenenti allo Stato e agli enti pubblici. Esso è dislocato, nella parte fondamentale, nel codice civile, sotto il libro de La Proprietà (artt. 822 ss. cod. civ.); e si tratta di collocazione (comune agli altri ordinamenti dell Europa continentale) corretta, poiché il diritto dei beni pubblici consiste di una serie di deroghe al diritto comune (posto dallo stesso codice) in materia di circolazione e di tutela dei beni. L impostazione della disciplina codicistica, che deriva dalla tradizione legislativa cui s è accennato, distingue, nell ambito dei beni appartenenti allo Stato e agli enti pubblici, quelli ascritti al demanio pubblico (artt. 822 ss. cod. civ.), a loro volta distinti in quelli appartenenti allo Stato (art. 822 cod. civ.) e quelli appartenenti alle province e ai comuni (art. 824 cod. civ.) (per il demanio regionale, v. poi, art. 11, L. n. 281/1970); e quelli ascritti al patrimonio, rispettivamente dello Stato, delle province e dei comuni (art. 826 cod. civ.), e degli enti pubblici non territoriali (art. 830 cod. civ.). Nell ambito del patrimonio, distingue ancora il patrimonio indisponibile, formato dai beni destinati ad una funzione o servizio pubblico e perciò sottratti alla disciplina comune, dal patrimonio disponibile, formato dai beni non destinati, e perciò senz altro soggetti a detta disciplina (per questa seconda distinzione, di origine contabilistica, v. meglio, artt. 6 ss. Reg. contab.). In realtà, queste distinzioni, delle quali pure si deve tenere conto per il loro valore tradizionale, e per l uso comune della terminologia, hanno carattere piuttosto descrittivo, salve applicazioni pratiche del tutto marginali, e trovano riscontro esclusivamente sul versante contabilistico interno (come in materia di inventariazione: artt. 3 ss., Reg. contab.). Mentre, emerge una differenziazione netta tra beni pubblici (demaniali o patrimoniali indisponibili che siano, secondo il codice) e beni patrimoniali come quelli soggetti al diritto comune. Per i primi la disciplina è sostanzialmente conforme (diritto dei beni pubblici) e le distinzioni che si danno derivano da caratteri strutturali dei beni e non dalla loro ascrizione all una o all altra categoria codicistica. Così ad esempio, la disciplina della tutela amministrativa dei beni pubblici, sicuramente assai caratteristica della specie (ZANOBINI), che il codice prevede a proposito dei beni del demanio pubblico (art. 823, 2 co., cod. civ.) è ritedisciplina codicistica

La proprietà e i beni 5 nuta dalla giurisprudenza (pacifica e consolidata) come propria di tutti i beni pubblici. Anzitutto, vi sono alcune categorie di beni, identificate per loro caratteristiche naturali, che la legge senz altro riserva all appartenenza pubblica. Le più importanti categorie di detti beni sono quelle elencate dal codice civile all art. 822, 1 co. (c.d. demanio naturale); che come si sa, consistono nel lido del mare, la spiaggia, le rade e i porti (c.d. demanio marittimo); ne i fiumi, i torrenti, i laghi e le altre acque definite pubbliche dalle leggi in materia (c.d. demanio idrico); nonché all art. 826, 2 co., che consistono ne le foreste che a norma delle leggi in materia costituiscono il demanio forestale dello Stato, ne le miniere, le cave e torbiere quando la disponibilità ne è sottratta al proprietario del fondo, ne le cose di interesse storico, archeologico, paletnologico, paleontologico e artistico, da chiunque e in qualunque modo ritrovate nel sottosuolo. In questi casi, i beni appartenenti a queste categorie, individuati per loro caratteristiche naturali stabilite dalle leggi di settore e in qualche caso oggetto di specifico accertamento da parte dell autorità amministrativa (come ad esempio i giacimenti minerari, riconosciuti esistenti e coltivabili dall autorità competente: art. 10, D.P.R. n. 382/1994 cit.), per il fatto stesso di esistere (o al momento in cui vengono scoperti o rinvenuti: così, i beni culturali nel sottosuolo, gli stessi giacimenti minerari) sono riservati alla proprietà pubblica, cioè appartengono necessariamente allo Stato o ad altro ente indicato dalla legge; sono assolutamente inappropriabili da parte di terzi. E queste loro caratteristiche che appunto li fanno ascrivere al tipo e perciò li assoggettano alla particolare disciplina di diritto pubblico, possono essere accertate in caso di contestazione dall autorità giudiziaria ordinaria (cfr. Cass., I, 1.12.2004, n. 22501: poiché, dalla entrata in vigore della L. 20 giugno 1909 n. 364, la proprietà sui reperti archeologici appartiene, a titolo originario, allo Stato, il privato che rivendichi il proprio diritto di proprietà su detti beni può solo eccepire, fornendone la relativa prova, che i beni stessi sono stati acquisiti in proprietà privata prima del 1909 ovvero far valere una delle ipotesi nelle quali la L. 1º giugno 1939 n. 1089 consente che quei beni ricadano in proprietà di privati ). È la legge che direttamente ascrive questi beni al genus dei beni pubblici: i beni per il fatto di essere quelli che sono (e ascrivibili perciò beni riservati

6 Diritto Privato ed Amministrazione Pubblica destinazione pubblica alle categorie di legge), e a prescindere perciò dalla loro concreta destinazione alla funzione o al servizio, sono senz altro riservati alla proprietà pubblica e assoggettati alla relativa disciplina. Essi vengono considerati, per il loro stesso esistere, strumenti diretti di amministrazione. E gli atti di accertamento dell autorità amministrativa, laddove previsti, come s è accennato, hanno valore dichiarativo (Cass., S.U., 30.4.2008, n. 10876; Cons. St., VI, 19.5.2005 n. 2509: le acque pubbliche, tra cui i laghi, fanno parte, salvo diversa previsione legale, del demanio necessario idrico dello Stato, come risulta dall art. 822 cod. civ. così come le aree risultanti dal ritiro delle acque ; TAR Sardegna, 20.6.2005 n. 1435: ai sensi dell art. 822 cod. civ. costituiscono demanio naturale e necessario e fanno parte del demanio marittimo il lido del mare e la spiaggia ; Cass., S.U., 5.7.2004 n. 12272: le acque pubbliche, nel nostro ordinamento, fanno parte del demanio necessario (idrico) dello Stato, con l eccezione del demanio regionale, riguardante talune acque lacuali ). In secondo luogo, i beni di appartenenza pubblica possono essere destinati ad una funzione o servizio pubblico per decisione dell autorità competente. Una volta che la destinazione è in concreto realizzata, il bene acquista la qualità di bene pubblico, e viene assoggettato alla relativa disciplina. Qui opera la norma clausola generale, alla quale s è accennato, di cui agli artt. 828, 2 co., e 830, 2 co., cod. civ., che consente appunto a tutti gli enti pubblici di destinare beni di loro appartenenza a funzioni o servizi loro propri, nonché a sede degli uffici dell ente, sottraendoli in conseguenza all applicazione del diritto comune (v. Cass., 13.3.2007 n. 5867). Questo principio è espresso dal codice nella nota formula che i beni stessi non possono essere sottratti alla loro destinazione, se non nei modi stabiliti dalle leggi che li riguardano ; cioè, non possono esservi sottratti nei modi stabiliti dal diritto comune. Per tornare agli esempi sopra affacciati, una volta che il Comune destina un edificio di sua proprietà a sede della scuola, questo edificio non potrà essere sottratto alla destinazione medesima, in virtù di espropriazione attivata dai creditori dell ente ai sensi della normativa codicistica. Esso finché scuola rimane, non potrà servire a soddisfare i creditori dell ente. Questo significa che il bene non può essere sottratto alla destinazione pubblica se non nei modi stabiliti dalle leggi che lo riguardano.

La proprietà e i beni 7 La destinazione può avere diversi oggetti, attinenti ad ogni funzione o servizio di pertinenza dell ente. Quindi sono beni a destinazione pubblica gli edifici destinati a sede di uffici pubblici, con i loro arredi (art. 826, 3 co., cod. civ.); sono beni a destinazione pubblica quelli costituenti la dotazione della Presidenza delle Repubblica, le caserme, gli armamenti, gli aeromobili militari e le navi da guerra (art. 826, 2 co., cod. civ.); ma sono altresì beni a destinazione pubblica le opere destinate alla difesa militare (art. 822, 1 co., cod. civ.) nonché le strade, le autostrade e le strade ferrate; gli aerodromi; gli acquedotti (art. 822, 2 co., cod. civ.) e sono beni a destinazione pubblica tutti quelli che in virtù del potere di destinazione con oggetto generale sopra ricordato, proprio di tutti gli enti pubblici, risultano destinati a un pubblico servizio (artt. 826, 3 co.; 830, 2 co., cod. civ.). Come si vede si tratta di una congerie vastissima di beni, del tipo più diverso. Di queste categorie di beni, alcune, anche per il loro maggior rilievo amministrativo, come le strade, le ferrovie, gli aeroporti, e così via, restano ascritte dal codice al demanio pubblico, secondo la dizione dell art. 822 cod. civ.. Si tratta, come s accennava, di una classificazione descrittiva che dà luogo esclusivamente ad effetti sul piano della gestione contabile interna dei beni (subito infra) salvo il marginale effetto di cui all art. 879, 1 co., cod.civ., che vieta al vicino di costruire in aderenza agli edifici appartenenti al demanio pubblico e a quelli soggetti allo stesso regime. Norma quest ultima, derogatoria rispetto alla disciplina comune dei rapporti di vicinato, che accomuna tutti i beni del demanio pubblico a prescindere dalla distinzione tra beni riservati e beni a destinazione pubblica. La destinazione risulta in genere come effetto di un procedimento decisionale dell autorità amministrativa. E così ad esempio, un edificio di proprietà del Comune, sarà destinato a scuola per effetto di una deliberazione del consiglio comunale. Però la destinazione, perché possa dar luogo agli effetti civilistici menzionati (e cioè sottrarre il bene all applicazione del diritto comune) nei confronti di terzi, deve risultare in fatto; cioè tradursi nella effettiva utilizzazione del bene allo scopo fissato con l atto di destinazione. E così ad esempio, non basta la deliberazione del consiglio comunale che intende destinare un certo edificio a scuola perché questo si trasformi in bene pubblico e venga perciò sottratto alla disciplina del diritto comune. Occorre che l edificio sia

8 Diritto Privato ed Amministrazione Pubblica cessazione della destinazione effettivamente attrezzato per la sua nuova destinazione; non necessariamente che la scuola sia aperta come tale ma che almeno siano di fatto iniziati i lavori intesi ad adibire l edificio alla destinazione stessa. Un bene, in tanto può considerarsi appartenente al patrimonio indisponibile per essere destinato a pubblici servizi a norma del 3 co., dell art. 826 cod. civ., in quanto abbia una effettiva destinazione a quel servizio, non essendo sufficiente la determinazione dell ente pubblico di imprimere al bene il carattere di patrimonio indisponibile (Cass., S.U., 23.6.1993 n. 6950; Cass., 12.5.2003 n. 7269 secondo cui l art. 826, 3 co., cod. civ. richiede, ai fini della appartenenza di un bene al patrimonio indisponibile della P.A. la concreta ed effettiva destinazione dello stesso ad un pubblico servizio ; Cass., 13.3.2007 n. 5867; 22.6.2004 n. 11608: affinché un bene non appartenente al demanio necessario possa rivestire il carattere pubblico proprio dei beni patrimoniali indisponibili perché destinati ad un pubblico servizio ai sensi dell art. 826, 3 co., cod. civ. deve sussistere un doppio requisito: la manifestazione di volontà dell ente titolare del diritto reale pubblico e perciò un atto amministrativo da cui risulti la specifica volontà dell ente di destinare quel determinato bene ad un pubblico servizio e l effettiva ed attuale destinazione del bene al pubblico servizio ; nello stesso senso v. più di recente Cons. St., IV, 30.1.2009 n. 513). Insomma, la destinazione opera come fatto produttivo di effetti e in quanto tale può essere accertata dall autorità giudiziaria ordinaria in caso di contestazione (Cass., 9.4.1964 n. 811). Lo stesso si può affermare in ordine alla cessazione della destinazione; la quale deve avvenire in fatto, non essendo sufficiente la mera manifestazione della volontà da parte dell ente. Una striscia di terreno diventa strada pubblica al momento in cui cominciano i lavori per la costruzione della stessa; cessa di essere strada pubblica al momento in cui viene esclusa in fatto, dalla circolazione (Cass., 30.8.2004 n. 17387: la sdemanializzazione d una strada può anche verificarsi senza l adempimento delle formalità previste dalla legge in materia, ma occorre che essa risulti da atti univoci, concludenti e positivi della P.A., incompatibili con la volontà di conservare la destinazione del bene all uso pubblico ; nello stesso senso v. Cass., II, 3.6. 2008, n. 14666, TAR Sicilia, 2.2.2007 n. 375; ma anche Cons. St., IV,

La proprietà e i beni 9 11.9.2001 n. 4755: il bene appartenente al demanio stradale, del comune o di altro ente, mantiene il proprio carattere di bene pubblico in senso oggettivo (carattere che ne impedisce l alienabilità e la formazione di diritti di terzi) fino a che perduri, in concreto, la sua attitudine a soddisfare l interesse alla pubblica circolazione, sicché ove questa venga definitivamente a cessare, il bene perde il proprio carattere demaniale e passa nel patrimonio disponibile dell ente, senza che occorra un c.d. atto di sdemanializzazione, che ha carattere meramente dichiarativo ). Analogamente, una strada vicinale pubblica (bene soggettivamente privato, ma di interesse oggettivamente pubblico, e come tale soggetto allo stesso regime dell uso pubblico) rimane tale fino a quando mantenga la destinazione a soddisfare l interesse collettivo alla circolazione. Una volta questo venuto meno, rimane una semplice via vicinale privata (non destinata, cioè ad uso pubblico). 3. Nel loro insieme, queste categorie di beni costituiscono i beni pubblici, come quelli appartenenti a titolo individuale allo Stato come ente, o ad altri enti pubblici. Essi sono sottoposti come s è detto, ad una disciplina pubblicistica fortemente derogatoria rispetto al diritto comune. Essa ruota intorno a un punto fondamentale: che essendo questi beni strumenti diretti di amministrazione nel senso che la loro stessa presenza fisica, ovvero la loro utilizzazione in un certo modo, serve alla cura di interessi della collettività (le strade servono per circolare nel territorio, la spiaggia e gli arenili servono ai pubblici usi del mare, etc.), essi devono essere tutelati sia nell integrità fisica, sia nell appartenenza giuridica. Ciò comporta l inapplicabilità ad essi delle norme comuni sulla circolazione giuridica; e l applicazione di norme speciali sulla tutela amministrativa (art. 823 cod. civ.). La prima regola è quella che viene espressa dal codice con la formula che i beni sono inalienabili e non possono formare oggetto di diritti a favore di terzi, se non nei modi e nei limiti stabiliti dalle leggi che li riguardano (art. 823, 1 co., cod. civ.). Si tratta dell incommerciabilità. Questa regola opera senz altro nei confronti dei beni riservati, i quali sono incommerciabili come tali a prescindere dalla loro concreta desti- incommercia- bilità

10 Diritto Privato ed Amministrazione Pubblica nazione; opera nei confronti dei beni a destinazione pubblica in costanza di destinazione. L arenile è incommerciabile anche se coperto di sterpi e del tutto inservibile ad ogni uso. La strada è incommerciabile in costanza della destinazione stradale; una volta questa cessata in maniera inequivocabile (v. ad es., Cass., 22.4.1992 n. 4811) diventa commerciabile. La regola dell incommerciabilità si estrinseca in tre principali applicazioni. Anzitutto essa comporta l inalienabilità del bene o di singole sue porzioni. Esso non può essere oggetto di atti di alienazione o costitutivi di altri diritti a carattere reale o personale di godimento, salvo che non si tratti di atti espressamente consentiti dalla legge ovvero senz altro compatibili con la destinazione. Gli atti eventualmente posti in essere in violazione del divieto sono nulli (v. ad es., Trib. Salerno, 14.10.1991, in Arch. civ., 1992, 709; Cass., II, 20.4.2001, n. 5894: è nullo l atto di trasferimento di un bene immobile, derivante dall incommerciabilità del bene medesimo perché demaniale ). In secondo luogo, l incommerciabilità comporta, come si accennava, la sottrazione del bene alla garanzia patrimoniale dei creditori dell ente di appartenenza. Il bene o singole sue porzioni, non può essere assoggettato ad espropriazione forzata né ad esecuzione in forma specifica, e comunque non può essere oggetto di pignoramento. Insomma esso è inservibile come strumento di garanzia patrimoniale. Anche qui la regola opera differentemente a proposito dei beni riservati che sono sottratti sempre e comunque a dette procedure a prescindere dalla loro concreta destinazione; e a proposito dei beni a destinazione pubblica, che sono sottratti soltanto in costanza di destinazione. In terzo luogo, l incommerciabilità è configurata come imprescrittibilità, che significa che il bene (o singole sue porzioni), non può essere oggetto di fatti acquisitivi posti in essere da soggetti terzi. Il possesso del bene, anche se protratto nel tempo previsto per l usucapione, nei confronti di beni pubblici non dà luogo ad alcun effetto. La proprietà pubblica permane. Questa regola tuttavia, a ben guardare, è propria dei beni riservati (e così ad esempio, la porzione di arenile coltivata dal vicino per i suoi usi non può in virtù di questo fatto, essere acquisita dal vicino per usucapione); perché questi beni sono e restano pubblici a prescindere dalla loro concreta destinazione. Ma per i beni a destinazione pubblica la regola è inapplicabile: il possesso del bene detenuto da un terzo, non è

La proprietà e i beni 11 infatti compatibile con la destinazione pubblica; quindi se di fatto si instaura e si protrae, questo significa che la destinazione pubblica del bene o della sua porzione è cessata e perciò che il bene ha perso la sua natura di bene pubblico (cfr. Cass., II, 12.4.1996, n. 3451: la sdemanializzazione di un bene, con la conseguenziale configurabilità di un possesso da parte del privato ad usucapionem, può verificarsi tacitamente, in carenza di un formale atto di declassificazione, solo in presenza di comportamenti positivi della P.A. ). La seconda regola è quella che viene espressa dal codice nella formula che spetta all autorità amministrativa la tutela dei beni che fanno parte del demanio pubblico ; con la facoltà sia di procedere in via amministrativa, sia di valersi dei mezzi ordinari a difesa della proprietà e del possesso (art. 823, 2 co., cod. civ.). La seconda affermazione della norma, che cioè i beni pubblici vengano anzitutto tutelati mediante l esercizio del potere di azione nelle forme comuni, è da considerare assolutamente pacifica come estrinsecazione della capacità di diritto comune degli enti pubblici (ma tale non era nell impero del vecchio codice e ciò spiega il perché della previsione espressa). Sulla tutela in via amministrativa si deve dire che le leggi di settore, relative alle principali categorie dei beni pubblici, riservati e non, e segnatamente di quelli ascritti all insieme del demanio pubblico, prevedono in capo all autorità amministrativa poteri di esecuzione d ufficio a tutela dell integrità materiale dei beni. Si tratta di procedimenti esecutivi, il cui archetipo è nell art. 378 della legge sui lavori pubblici del 1865 (L. n. 2248/1865, allegato F) che si articolano, una volta accertata la violazione, nell ordine di rimozione o di ripristino al trasgressore entro un termine imposto, trascorso inutilmente il quale, l Amministrazione competente esegue d ufficio l attività di rimozione o di ripristino a spese del trasgressore. Il potere di autotutela spettante alla pubblica amministrazione per i beni demaniali, disciplinato dall art. 823 cod. civ., può essere esercitato anche quando un immobile abbia natura di bene patrimoniale indisponibile (Cons. St., V, 1.10.1999 n. 1224). tutela 4. Questi di cui s è detto sono i beni appartenenti a titolo individuale allo Stato o agli enti pubblici. E di questi si occupa il codice agli artt. beni collettivi

12 Diritto Privato ed Amministrazione Pubblica 822 ss., cod. civ. Ma altri beni, di assai cospicua consistenza, appartengono ad alcuni enti pubblici a carattere comunitario, e tra essi particolarmente ai Comuni, come enti esponenziali delle rispettive comunità di abitanti, non a titolo individuale ma a titolo collettivo. Cioè, in questi casi, l ente risulta come l intestatario formale dei beni, in quanto ente rappresentativo di una determinata collettività, o comunità di abitanti, alla quale i beni appartengono (beni collettivi). A volte si tratta di vera e propria appartenenza dominicale (proprietà collettiva di diritto pubblico; demanio civico); altre volte si tratta di diritti di godimento su beni appartenenti a terzi (c.d. usi civici, diritti collettivi di godimento e d uso). Questi beni e diritti si identificano per un dato propriamente giuridico e cioè quello della loro appartenenza collettiva. Mentre a proposito dei beni in proprietà individuale, di cui s è appena detto, i caratteri strutturali del bene o la sua destinazione (cioè caratteri oggettivi) ne producono la qualificazione pubblicistica e perciò il regime giuridico, qui è la qualità giuridica del bene per quanto concerne il profilo dell appartenenza (collettiva, appunto!) che in quanto tale ne produce la qualificazione pubblicistica e il relativo regime giuridico. L appartenenza collettiva si estrinseca nella titolarità in capo ai singoli membri della collettività (i cives) di diritti propri di godimento diretto del bene e di poteri di tutela dello stesso: i cives possono direttamente esercitare le azioni a tutela della proprietà e del possesso dei beni collettivi. I beni collettivi sono sottoposti ad un regime di incommerciabilità relativa, cioè derogabile con apposita autorizzazione, regolato dalla L. n. 1766/1927 (e Reg. appr. r.d. n. 332/1928); e adesso dalle leggi regionali (v. per tutti, L.r. Abruzzo n. 25/1988 e succ. modif. Più di recente v. L.r. Basilicata n. 57/2000; L.r. Liguria n. 27/2002; L.r. Molise n. 14/2002). Ma la categoria trova riscontro nella stessa norma del codice, art. 825 cod. civ., laddove trattando dei cd. diritti demaniali su beni altrui (segnatamente le servitù, come si è detto) menziona la categoria dei beni privati destinati ad uso pubblico. Categoria che comprende anche gli usi civici (dove, appunto, il bene privato è aperto a determinati usi della collettività di riferimento, che li esercita attraverso i suoi membri uti singuli, titolari perciò in proprio dei relativi diritti); ma comprende anche altre fattispecie in cui, non la collettività attraverso i suoi singoli

La proprietà e i beni 13 membri, ma senz altro l ente rappresentativo della collettività stessa, e segnatamente il Comune, è titolare del diritto di uso; per averlo acquistato in virtù di atti di diritto comune (ad esempio donazioni) o di diritto pubblico (ad esempio antiche concessioni sovrane) o anche di fatti acquisitivi (l usucapione mediante l uso protratto nel tempo). Si veda sul punto l importante vicenda giudiziaria che riconobbe il diritto di godimento e di uso del popolo romano (e per esso del Comune di Roma) sulla villa del principe Borghese, ciò da cui conseguì l inalienabilità della villa stessa (Tribunale, Roma, 14.12.1885, in Legge, 1886, I, 241; Cass., Roma, 9.3.1887, in Foro it., 1887, I, 397). 5. Il recente D.l.vo n. 85/2010, in attuazione dell art. 19 L. n. 42/2009 (c.d. federalismo fiscale), ha previsto una serie di principi per l attribuzione a Comuni, Province, Città metropolitane e Regioni di un loro patrimonio (c.d. federalismo demaniale). In particolare, è previsto che con uno o più decreti attuativi del Presidente del Consiglio dei ministri siano individuati (attraverso un elenco predisposto dall Agenzia del Demanio) i beni statali che possono essere attribuiti a titolo non oneroso a Comuni, Province, Città metropolitane e Regioni. Lo Stato, previa intesa conclusa in sede di Conferenza Unificata, deve procedere all attribuzione dei beni (art. 1). L ente territoriale destinatario del bene ne deve disporre nell interesse della collettività rappresentata e deve favorirne la massima valorizzazione funzionale, a vantaggio diretto o indiretto della collettività territoriale rappresentata. I beni dello Stato sono attribuiti agli enti del governo territoriale, sulla base dei principi di sussidiarietà, adeguatezza e territorialità : l attribuzione dei beni deve avvenire, in relazione al loro radicamento sul territorio, in favore dei Comuni, salvo che per l entità o tipologia dei beni trasferiti, esigenze di carattere unitario richiedano l attribuzione a Province, Città metropolitane o Regioni quali livelli di governo maggiormente idonei a soddisfare le esigenze di tutela, gestione e valorizzazione. I beni possono essere inseriti dalle Regioni e dagli enti locali in processi di alienazione e dismissione secondo le procedure di cui all art. 58 D.L. n. 112/2008, conv. L. n. 133/2008 (cfr. infra). Il trasferimento deve tener conto dell idoneità finanziaria necessaria a soddisfare le esigenze di tutela, gestione e valorizzazione del bene; federalismo demaniale