Rivista SIMG (www.simg.it) Numero 5, 2001

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Rivista SIMG -numero 5,2001- Ipercolesterolemia e Malattia Coronarica: dati Italiani e Internazionali- Rivista SIMG (www.simg.it) Numero 5, 2001 Ipercolesterolemia e Malattia Coronarica: dati italiani e internazionali Alberico L. Catapano, Andrea Poli, Elena Tragni Servizio di Epidemiologia e Farmacologia Preventiva, Dipartimento di Scienze Farmacologiche, Università degli Studi di Milano Fin dagli anni 50 le informazioni ottenute da modelli animali suggerivano che un aumento della colesterolemia induceva un aumento dell infiltrazione lipidica della parete arteriosa e, più in generale, la comparsa di modificazioni istopatologiche a livello della parete stessa, analoghe a quelle osservate nelle prime fasi dell aterosclerosi umana. Al contrario le informazioni relative alla relazione tra colesterolemia e malattia ateromasica nell uomo erano invece in quel periodo piuttosto scarse. Due studi-pilota di epidemiologia osservazionale, lanciati negli Stati Uniti e in Europa, si rivelarono una fonte preziosa di dati su questo argomento. Lo studio di Framingham iniziò in quel periodo la raccolta di informazioni sullo stile di vita, le caratteristiche antropometriche e alcuni parametri biochimici plasmatici (tra cui appunto la colesterolemia) di un campione della popolazione di quella cittadina (5.000 persone su un totale di 20.000). L obiettivo, tipico di uno studio prospettico di coorte, era di rilevare nel tempo i nuovi casi (incidenza) di eventi coronarici o più in generale cardiovascolari e di correlare tale dato con le caratteristiche già note ai ricercatori dei pazienti colpiti o non colpiti da tali eventi. Lo studio dei Sette Paesi ( Seven Countries Study ) cercò invece di identificare una correlazione tra il consumo di alcune componenti dell alimentazione delle popolazioni delle nazioni considerate (tra cui l Italia, rappresentata da tre comunità, e cioè Montegiorgio, Crevalcore e una coorte di ferrovieri) e l incidenza di eventi coronarici nelle stesse popolazioni. Gli insegnamenti di Framingham e 7-Countries I due studi hanno modificato notevolmente la nostra conoscenza della relazione tra colesterolemia e malattia coronarica. Lo studio di Framingham mostrò chiaramente come le persone con valori basali della colesterolemia totale >220-240 mg/dl sviluppavano, nel tempo, eventi vascolari fatali e non fatali con frequenza elevata, rispetto a chi aveva analoghe caratteristiche ma valori basali più bassi di colesterolemia. Indicò file:///d /Inetpub/wwwroot/Produzione_P4Simg_Siti/Simg.it/Documenti/Rivista/2001/numero5/2.htm (1 of 6) [15/08/08 11.29.10]

Rivista SIMG -numero 5,2001- Ipercolesterolemia e Malattia Coronarica: dati Italiani e Internazionalianche che i portatori, oltre all ipercolesterolemia, di altre condizioni (elevata pressione arteriosa, diabete, vizio del fumo) incorrevano in eventi clinici legati alla malattia coronarica con frequenza superiore a quella che si osservava nei pazienti solamente ipercolesterolemici. Queste osservazioni condussero alla formulazione e alla strutturazione del concetto di fattore di rischio coronarico e all osservazione che, quando coesistono in una persona, i fattori di rischio potenziano progressivamente e reciprocamente il proprio potere di predire le manifestazioni cliniche della malattia coronarica. Lo studio MRFIT Tra gli studi osservazionali condotti nei paesi anglosassoni va menzionato il MRFIT, che verso la metà degli anni 80 mostrò in una coorte di proporzioni molto ampia (circa 360.000 persone) come tra il valore della colesterolemia totale e il rischio di malattia coronarica sussistesse una correlazione continua e crescente, praticamente senza livello soglia. Lo studio MRFIT, sulla base di questi dati, indusse una riflessione profonda sul reale significato della definizione di colesterolemia normale, che aveva per lungo tempo accompagnato il rilievo di valori della colesterolemia inferiori a 200-250 mg/ dl; esso infatti indicò che qualunque modificazione della colesterolemia, sia in aumento sia in diminuzione, si accompagnava a modificazioni nella stessa direzione del rischio coronarico e che non esisteva un valore al di sotto del quale la colesterolemia perdeva la capacità di essere predittiva del rischio coronarico. Questa osservazione generò il concetto, tuttora accettabile a livello di popolazione, del tanto più basso, tanto meglio, a proposito della colesterolemia e del corrispondente rischio coronarico. Più in dettaglio, il MRFIT indicò come un valore della colesterolemia di 200 mg/dl si associasse ad un rischio di eventi nel tempo pari a circa l 1/1.000 per anno nella popolazione studiata (uomini, di età 35-64, con un basso livello di fattori di rischio concomitanti); come i pazienti con valori di colesterolemia attorno ai 150 mg/dl avessero un rischio di circa il 30% inferiore rispetto al gruppo con 200 mg/dl di colesterolo (con un rischio relativo, o RR, quindi di circa 0,7) e come, al contrario, valori di 250 e 300 mg/dl comportassero un aumento del rischio rispettivamente di 2 e 4 volte. Lo studio MRFIT consentì, peraltro, come già lo studio di Framingham, di documentare quantitativamente l importanza della multifattorialità della malattia coronarica. A parità di valori della colesterolemia, infatti, si osservò ancora una volta come la presenza concomitante di altri fattori di rischio coronarico quali il fumo o l ipertensione, aumentasse esponenzialmente le probabilità di sviluppare malattia coronarica nel tempo. I dati acquisiti Gli studi di epidemiologia osservazionale condotti tra gli anni 50 e 80, hanno permesso di definire con accuratezza i seguenti concetti: file:///d /Inetpub/wwwroot/Produzione_P4Simg_Siti/Simg.it/Documenti/Rivista/2001/numero5/2.htm (2 of 6) [15/08/08 11.29.10]

Rivista SIMG -numero 5,2001- Ipercolesterolemia e Malattia Coronarica: dati Italiani e Internazionali- alcuni aspetti dello stile di vita, tra cui l alimentazione, giocano un ruolo importante nel predire la probabilità individuale di andare incontro ad un evento coronarico fatale o non fatale questi aspetti ambientali giocano un ruolo di notevole importanza, spesso superiore all influenza del patrimonio genetico, nel determinare il rischio coronarico tra i fattori ambientali la nutrizione, attraverso l impatto sulla colesterolemia, ricopre un ruolo di primo piano il valore della colesterolemia è molto importante nel determinare il rischio coronarico di persone o popolazioni; il suo effetto non sembra caratterizzato da valori soglia ed è potenziato da altri fattori di rischio, tra cui l ipertensione, il fumo di sigaretta, la malattia diabetica. Ovviamente questi studi non potevano documentare che la riduzione della colesterolemia riducesse il rischio di eventi coronarici: questa informazione può infatti essere desunta solo da studi controllati di intervento. Gli studi di tipo osservazionale, tuttavia, rappresentarono il necessario retroterra culturale che condusse all allestimento di questi studi. La situazione Italiana Studi di tipo osservazionale di elevata qualità scientifica, a proposito della relazione tra colesterolemia e malattia coronarica, erano nel frattempo stati condotti anche nel nostro Paese. Queste ricerche, recentemente esaminate nel loro complesso da Menotti e coll., hanno innanzitutto cercato di determinare il valore medio della colesterolemia nella popolazione italiana. In realtà nessuno di questi progetti ha esaminato un campione di individui rappresentativo della popolazione generale del nostro Paese (nel quale coesistono sottogruppi, nella parte meridionale e settentrionale, con stili di vita ancora piuttosto differenti). I valori raccolti, tuttavia, sono piuttosto omogenei, e permettono di collocare la colesterolemia media in Italia, per la popolazione adulta, tra 200 e 220 mg/dl, con valori lievemente più elevati nella popolazione femminile (ma i dati a questo proposito non sono sempre concordi). Il complesso dei dati disponibili permette anche di costruire un trend temporale della colesterolemia media nazionale. Il valore di questo parametro si è rivelato sostanzialmente stabile tra i primi anni 70 ed i primi anni 90, mentre la situazione era differente nei decenni precedenti. Negli anni 60, probabilmente a seguito dell adozione di stili di vita meno tradizionali e più simili ad esempio a quelli della cultura americana, si osservarono modificazioni sfavorevoli della colesterolemia; in due gruppi di individui dell area romana, esaminati a 10 anni di distanza, Menotti poté dimostrare come i valori della colesterolemia rilevate al secondo controllo fossero del 10% circa superiori rispetto a quelli della precedente indagine. Queste variazioni si associarono a un aumento di ampiezza circa doppia (+19%) dell incidenza di patologia coronarica osservata in occasione dei due rilievi, dato che anticipava le indicazioni che si file:///d /Inetpub/wwwroot/Produzione_P4Simg_Siti/Simg.it/Documenti/Rivista/2001/numero5/2.htm (3 of 6) [15/08/08 11.29.10]

Rivista SIMG -numero 5,2001- Ipercolesterolemia e Malattia Coronarica: dati Italiani e Internazionalisarebbero ottenute anni dopo dagli studi di intervento, nei quali si dimostrò che ogni riduzione percentuale della colesterolemia indotta mediante diete o farmaci si associava a una diminuzione di ampiezza doppia della probabilità di incorrere in un evento coronarico (la famosa regola dell 1-2% secondo la quale a ogni riduzione dell 1% della colesterolemia corrisponde una riduzione del 2% il rischio coronarico). Le coorti studiate longitudinalmente (e cioè nel tempo) nel nostro Paese hanno inoltre confermato come valori crescenti di colesterolo si associno a un incidenza progressivamente crescente di eventi coronarici fatali e non fatali. Se l osservazione si prolunga per 25 anni gli scenari numerici assumono notevole precisione. Posto uguale a 1 il rischio di morte coronarica di un paziente con un valore basale della colesterolemia di 160 mg/dl, il rischio è aumentato di circa il 25% a 200 mg/dl, è raddoppiato a 280 mg/dl ed è aumentato del 150% per valori di 320 mg/dl. Anche la mortalità per tutte le cause segue lo stesso trend, seppure con minore pendenza delle curve di correlazione. Lo studio MONICA Un altra fonte importante di dati relativi alle variazioni della colesterolemia e degli altri fattori di rischio coronarici nel nostro Paese viene da uno studio internazionale, patrocinato dall Organizzazione Mondiale della Sanità, e denominato MONICA. Questo studio, tuttora in corso, ha fornito e fornisce informazioni importanti per comprendere, e correlare, l andamento dei fattori di rischio e della malattia coronarica nel nostro Paese. Va precisato che la metodologia dello studio è particolarmente rigorosa. Lo studio, innanzitutto, è condotto su un campione randomizzato (cioè estratto secondo criteri predefiniti dalla popolazione generale). Ciò è particolarmente importante e permette di evitare le preselezioni che inesorabilmente accompagnano i campioni di popolazione spontanei. La popolazione dello studio MONICA (che comprende persone di ambo i sessi e di età compresa tra i 25 ed i 64 anni) è stata reclutata mediante l invito di individui rappresentativi della popolazione, che se non aderiscono al progetto vengono rimpiazzati da persone con analoghe caratteristiche, mantenendo per quanto possibile invariati i rapporti tra gruppi con differente sesso o età. La recente pubblicazione dei dati dell area MONICA Brianza mostra che dopo un calo, peraltro di ampiezza non particolarmente ampia, tra il primo e il secondo rilievo (anni 1987 e 1990), tutti i principali indicatori di rischio coronarico hanno mostrato un impennata verso l alto al terzo rilievo, condotto nel 1994. La colesterolemia è salita nell intera popolazione esaminata (2564) da 213,40 mg/dl nel 1987 a 225,27 nel 1994 nei maschi; mentre era scesa a 209,62 alla seconda indagine, condotta nel 1990. Nelle femmine i valori corrispondenti sono stati 207,33 (1987), 210,55 (1990) e 223,62 (1994). Il trend crescente si osserva in tutte le decadi di età considerate (25-34; 55-64) e riguarda l intera curva di distribuzione della colesterolemia (tutti i valori separatori all interno della popolazione, i cosiddetti percentili, sono aumentati di valori compresi tra 10 e 15 mg/dl tra il 1984 ed il 1990). file:///d /Inetpub/wwwroot/Produzione_P4Simg_Siti/Simg.it/Documenti/Rivista/2001/numero5/2.htm (4 of 6) [15/08/08 11.29.10]

Rivista SIMG -numero 5,2001- Ipercolesterolemia e Malattia Coronarica: dati Italiani e Internazionali- Il trend non favorevole della colesterolemia totale è parzialmente attenuato dalla crescita dei valori della colesterolemia HDL (dotata come è noto di un efficace azione di tipo antiaterogeno), che nel periodo considerato è aumentata, nei due sessi e in tutte le classi di età, di 23 mg/dl, pari a circa il 5% del suo valore all inizio del periodo di osservazione. Questa favorevole evoluzione, peraltro, annulla probabilmente meno della metà dell aumento di rischio connesso all aumento della colesterolemia totale e della sua frazione principale, il colesterolo LDL. Anche l evoluzione di altri fattori di rischio cardiovascolare fornisce segnali meritevoli di attenta valutazione. La pressione sistolica e diastolica media rilevata nel campione MONICA, per esempio, in discesa tra il primo e il secondo rilievo (e cioè nel periodo 1987-1990), appare in genere crescente tra il 90 e il 94. Tra le donne, la sistolica sale di circa 2 mm Hg e la diastolica di 1 mm Hg. La percentuale degli ipertesi trattati efficacemente scende (e talora in modo importante) nello stesso periodo; cresce invece con costanza l indice di massa corporea (il BMI), mentre l abitudine al fumo aumenta tra le donne (specie le più giovani) e si riduce significativamente tra gli uomini. Gli eventi ischemici in Italia Ma lo studio MONICA fornisce anche indicazioni sull evoluzione degli eventi ischemici e coronarici. E i dati disponibili suggeriscono un andamento apparentemente disomogeneo dei due parametri (eventi coronarici fatali e non fatali): i primi sono in calo più o meno netto, mentre i secondi (i non fatali) si rivelano stabili, o tendono addirittura a crescere, seppure lievemente. Si ha a questo punto l impressione che il calo del numero di decessi per infarto nel nostro Paese, osservato negli ultimi anni, vada attribuito largamente (o esclusivamente) alla migliore gestione dell infarto miocardico acuto da parte del cardiologo, che soprattutto a seguito dell introduzione della trombolisi ha ridotto la quota percentuale dei pazienti che non sopravvivono all infarto, più che agli interventi di carattere preventivo. Ciò rappresenta da un lato una dimostrazione della attenzione non sempre ottimale che il mondo medico italiano dedica ai temi della prevenzione, ma sottolinea al tempo stesso come le importanti opportunità di controllo della malattia coronarica che possono essere ottenute mediante interventi di carattere preventivo, specie sulla colesterolemia, siano di fatto tuttora poco esplorate, e mantengano quindi quasi intatto il loro ampio potenziale di impatto positivo. Conclusioni Gli studi di osservazione condotti nel nostro Paese hanno confermato, in sintonia con quelli portati a termine negli Stati Uniti o in altre comunità europee, che valori elevati della colesterolemia si associano ad un aumento del rischio coronarico. Una situazione che peggiora ulteriormente qualora l ipercolesterolemia coesiste con altri fattori di rischio, quali l ipertensione, il fumo di sigaretta, la file:///d /Inetpub/wwwroot/Produzione_P4Simg_Siti/Simg.it/Documenti/Rivista/2001/numero5/2.htm (5 of 6) [15/08/08 11.29.10]

Rivista SIMG -numero 5,2001- Ipercolesterolemia e Malattia Coronarica: dati Italiani e Internazionalimalattia diabetica. Gli studi di prolungata durata temporale indicano anche che la colesterolemia media degli italiani, che attualmente si colloca su valori superiori a quelli accettabili, non mostra un trend decrescente, come si osserva invece in altre comunità nazionali (USA, Finlandia, Canada, Australia, ecc.) e che tale relativa stabilità della colesterolemia coesiste con una relativa stabilità dell incidenza globale della malattia coronarica, valutata come somma degli eventi fatali e non fatali. Referenze bibliografiche 1) Martin MJ., et al., Serum cholesterol blood pressure and mortality: implications from a cohort of 361.162 men. Lancet II, 933-36,1986. 2) Castelli WP., et al., Incidence of coronary heart disease and lipoprotein cholesterol levels: the Framingham Study. JAMA 256; 2835-38,1986. 3) Keys A., et al., The diet and 15-year death rate in the seven countries study. AM J Epidemiol 124; 903-915, 1986. 4) Keys A. et al., Comparison of multivariate predictive power of major risk factors for coronary heart diseases in different countries: results from eight nations of the seven countries study, 25- year follow-up. J Cardiov. Risk 3; 69-75, 1996. 5) Cesana G.C. et al., MONItoraggio del rischio e delle malattie CArdiovascolari in Lombardia. Ed. Centro Studi Patologia Cronico-Degenerativa, 1996. top file:///d /Inetpub/wwwroot/Produzione_P4Simg_Siti/Simg.it/Documenti/Rivista/2001/numero5/2.htm (6 of 6) [15/08/08 11.29.10]