Competenze e prospettive per l infermiere



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312 Le cure intermedie N. 201 Competenze e prospettive per l infermiere Laura Rasero 1, Patrizia di Giacomo 2, Luisanna Rigon 3, Cristina Santin 4 1 Professore Scienze infermieristiche, Università di Firenze 2 Tutor universitario e Professore a contratto di Infermieristica, Università di Bologna, sede di Rimini 3 Presidente e Direttore scientifico di Formazione in Agorà, Scuola di Formazione alla salute, Padova 4 Infermiera clinica, U.O. Pronto Soccorso, Azienda Ulss 7 Pieve di Soligo (TV) Abstract In Italia come in altri Paesi, da tempo si lavora alla ricerca di soluzioni organizzative sanitarie e sociosanitarie efficaci nel fornire risposte scientificamente valide ed economicamente sostenibili. La transizione demografica verso l aging, con una popolazione progressivamente sempre più rappresentata da individui in età avanzata (le stime attuali citano una quota del 33% di soggetti ultrasessantacinquenni sul totale di popolazione attesi nel 2030) con un incidenza importante di malattie cronico degenerative e con un conseguente incremento della disabilità, si scontra con i vecchi modelli di assistenza e cura, che hanno da sempre privilegiato una dimensione ospedalocentrica. L incremento della complessità assistenziale obbliga a un ripensamento profondo e a una conseguente riprogettazione sia dei luoghi di cura, che dei modelli organizzativo/assistenziali in atto, favorendo una vera integrazione ospedale-territorio e ridefinendo modelli di assistenza che prevedano da subito il coinvolgimento della persona e della famiglia in un ottica di proattività, ovvero di capacità di assumere un ruolo chiave nei processi sanitari che direttamente interessano la persona. Su tale falsariga si muove, ad esempio, il modello già implementato sul territorio toscano per i pazienti con patologie croniche: l Expanded Chronic Care Model è orientato a un approccio proattivo tra i professionisti della salute e le persone fragili con comorbosità e/o patologie croniche, i quali diventano i primi protagonisti del proprio percorso assistenziale. Il paradigma della relazione mira a sviluppare l empowerment dell assistito il quale, acquisendo una profonda conoscenza e consapevolezza di sé e dei propri bisogni di salute, assume la responsabilità della gestione del proprio percorso all interno dell organizzazione sociosanitaria 1 ed è incoraggiato e motivato a sviluppare un autogestione completa self-management delle proprie criticità, avvalendosi della consulenza educativa del professionista della salute spesso rappresentato dall infermiere 2 3. La discussione in merito alla complessità assistenziale delle persone fragili con comorbosità e alla progettazione e realizzazione di modelli organizzativi che valorizzino strategie di prevenzione, promozione, mantenimento della salute e continuità delle cure nel rispetto di vincoli economici sempre più stringenti è, a livello nazionale e internazionale, ampia ed eterogenea. È in questo nuovo scenario che si rende necessaria un attenta riflessione in merito all implementazione e diffusione sul territorio nazionale di strutture intermedie, capaci di accogliere quella estesa fetta di popolazione che, per la presenza di problematiche assistenziali sociosanitarie non trattabili a domicilio ma il cui livello di bisogno non configuri il ricorso all ospedale (luogo che deve agire in acuzie), possa prevedere la presenza e l utilizzo di strutture (quali, ad esempio, Nurse-led clinics, Low care) gestite e organizzate completamente da infermieri 4-10. Il contesto internazionale Sono molte le ricerche internazionali che riportano gli

N. 201 Le cure intermedie 313 aspetti positivi relativi alla gestione infermieristica delle strutture intermedie: tali articoli mettono in rilievo alcune prerogative che in tali strutture trovano particolare valorizzazione, quali la capacità degli infermieri di un approccio olistico alle cure, preventivo ed educativo piuttosto che esclusivamente curativo 11-13, la garanzia della continuità delle cure ospedale-territorio, il contenimento dei costi assistenziali 14-16, il maggior coinvolgimento della persona e della famiglia, la maggior garanzia di continuità dei percorsi dall acuzie verso la riabilitazione, e la riduzione dei ricoveri ripetuti 17-20. Uno studio condotto da Griffiths evidenzia come gli assistiti nelle nursing led in patients units statunitensi, rispetto alle persone ricoverate nelle unità di cura per acuti manifestino uno stato di benessere migliore, facciano diminuire le giornate di degenza (maggior numero di persone dimesse dopo i 3 mesi) e le riammissioni in ospedale 21, nonché come precedentemente già ricordato un contenimento complessivo dei costi di sistema. Ndosi, nella sua revisione sull efficacia delle cure fornite dal nurse led alle persone con artrite reumatoide (RA), mette in luce l associazione fra le nurse led care e miglior qualità di vita, aumento delle conoscenze della persona assistita e minor fatigue e riduzione del disease activity 22. Sempre Ndosi evidenzia che, in uno specifico trial, le nurse led care gestiscono in maniera efficace le persone con artrite reumatoide con riduzione della disease activity e una maggiore soddisfazione espressa per le cure ricevute da parte degli assistiti 23. Kuethe evidenzia che nella gestione delle persone con asma non vi sono differenze statisticamente significative fra un assistenza nurse led car e physician-led care rispetto a indicatori di risultato quali numero di esacerbazioni di asma, gravità clinica e qualità di vita. La revisione conclude che l assistenza nurse led può essere appropriata nella gestione delle persone con asma ben controllata 24. Infine, la revisione sistematica condotta da Horrocks nel 2002 25, comprendente 11 rct e 23 studi osservazionali con l obiettivo di valutare se le cure fornite dagli infermieri fossero sicure rispetto a quelle fornite dai medici, riporta ampi risultati positivi. Altre esperienze pubblicate testimoniano che il contributo e la qualità delle cure fornite dalla gestione infermieristica fornisce risultati equivalenti, in tali strutture, a quelli forniti da organizzazioni 26 27. physician centered Modelli assistenziali Una logica dell organizzazione intelligente, innovativa, in cambiamento, legata alla teoria dell autoapprendi- mento e della complessità delle organizzazioni, richiede necessariamente di ridisegnare ruoli e funzioni dei professionisti che lavorano nell ambito del sistema salute, nonché una profonda revisione dei modelli organizzativi. L Innovative Care Delivery Model in linea con la politica della salute proposta dall Institute of Medicine 28, e la Health Workforce Solutions (HWS) e The Robert Wood Johnson Foundation (RWJ 29 nel 2007 hanno creato una e finanziato un progetto di ricerca innovativo per identificare e declinare nuovi modelli assistenziali che potessero essere implementati in risposta a questa politica socioeconomica di innovazione e promozione della salute. Attraverso un ampia revisione della letteratura, la HWS ha individuato 24 Innovative Care Delivery Models e ha identificato 8 elementi comuni a molti di questi 24 modelli innovativi, che descrivono il cambiamento della filosofia della cura della persona, la nuova prospettiva del sistema salute e delineano gli sforzi necessari per le organizzazioni che forniscono servizi di cura e salute e che desiderino implementarli. Gli 8 elementi distintivi sono: 1. Ruoli di rilievo per gli infermieri. 2. Evoluzione verso una cura interdisciplinare: approccio in team. 3. Un ponte nella continuità assistenziale. 4. Una spinta oltre i confini: la casa come setting di cura. 5. Target di utenti che accedono ai servizi di salute: persone molto anziane. 6. Focus incentrato sull assistito. 7. Alto livello di tecnologia. 8. Attenzione ai risultati: miglioramento della soddisfazione, della qualità e dei costi. I 24 modelli assistenziali innovativi sono stati organizzati in tre grandi categorie assistenziali: 1. Modelli per le cure acute - Acute Care Models. 2. Modelli di continuità delle cure - Bridge the Continuum. 3. Modelli delle cure integrate - Comprehensive Care Models. A fronte di un sistema di salute caratterizzato da un ampia variabilità, è necessario svincolarsi da un organizzazione infermieristica assistenziale rigida e settoriale, strutturata prevalentemente per compiti, per sviluppare modelli organizzativi attenti alla mappatura dei bisogni di salute della persona fragile, al contesto socioeconomico e politico e ai risultati. In tal senso, le strutture intermedie possono rappresentare una utile opzione per lo sviluppo

314 Le cure intermedie N. 201 e l implementazione di modelli organizzativi capaci di reinterpretare l organizzazione della presa in carico del cittadino per la produzione di livelli confacenti di salute. Primary Nursing 30, Advanced Primary Nursing 31, Case/ Care Management 32, Integrated Case Management. Le strutture intermedie a gestione infermieristica possono, anche in Italia, fare immaginare una direzione esclusivamente infermieristica con la presenza di infermieri con competenze specialistiche/avanzate. In tale prospettiva in America, negli anni, le diverse Associazioni infermieristiche, in linea con lo sviluppo di una formazione Accademica universitaria avanzata e mirata, hanno pubblicato significativi documenti nei quali declinano il core competence dell infermiere dirigente (Chief Nursing Officer) 33, ovvero di colui che, in tali strutture, deve assumere ruolo e capacità di leader e guida dell organizzazione. Inoltre, la letteratura internazionale nel definire la leadership infermieristica all interno del sistema salute complessivo, in uno scenario di forte evoluzione socioculturale, ha descritto per il ruolo di dirigente infermieristico i livelli di responsabilità strategica e politica, che si declinano nell individuazione di due figure di seguito individuate 34 : 1. The Entity Chief Nursing Officer (CNO), ovvero colui che ha la responsabilità di individuazione, monitoraggio e gestione delle politiche della salute 2. The System Chief Nurse Executive (CNE), ovvero colui che guida e dirige le strategie, promuove il miglioramento dei risultati per l assistito, l organizzazione e la pratica clinica avanzata. Più in generale, nel panorama internazionale e, conseguentemente, nella realtà sanitaria italiana, ruoli e livelli di competenza dell infermiere all interno del contesto organizzativo di appartenenza possono essere riassunti come nella tabella (Tab. I) di seguito proposta. Il contesto italiano In Italia, in molti Piani sanitari regionali (Toscana, Lombardia, Veneto, Emilia-Romagna) sono dedicate intere parti alla gestione dell integrazione delle cure primarie con quelle intermedie e con l assistenza ospedaliera a mediobassa intensità e la rivalutazione del ruolo dei vari professionisti della salute. Alcune soluzioni sono state da tempo realizzate e attuate in diversi contesti territoriali. Sono di esempio le esperienze di Trieste, con il progetto nursing riabilitante e innovativo che ha previsto l inserimento degli infermieri di comunità; Bologna, con i reparti post-acuti a conduzione infermieristica e l attuazione del progetto Cruscotto post acuzie; fino al caso di Milano, con la low care aperta nell Ospedale di Niguarda Ca Grande alla fine del 2001, ove vengono accolti pazienti che hanno superato la fase acuta della malattia, ma non ancora passibili di dimissione in quanto necessitano di osservazione e continuità assistenziale, terapeutica e riabilitativa. Gli utenti provengono dalle strutture complesse di degenza aziendali. Gli obiettivi di tale struttura sono quelli più volte ricordati: assicurare la continuità assistenziale anche attraverso l implementazione di protocolli condivisi che garantiscano l integrazione tra ospedale e territorio, ottenere il massimo recupero possibile dell autonomia della persona, ridurre la degenza media ottimizzando l utilizzo di posti letto per acuti, diminuire il costo dell assistenza. Anche in Toscana, nella ASL di Prato, è presente una struttura denominata Presidio di continuità assistenziale - cure intermedie (C.I.) gestito da infermieri sul modello delle nursing led clinics. Garantisce un assistenza caratterizzata da una medio-bassa intensità della componente diagnostico-terapeutica e un alta intensità di cure infermieristiche nelle 24 ore. La gestione del percorso che conduce il paziente in tale struttura inizia a livello ospedaliero, ove l infermiere team leader identifica il candidato per l accesso alle C.I., ne discute con il medico tutor Tabella I. Declinazione del ruolo dell infermiere a tutti i livelli nel contesto internazionale e in quello italiano e livello di competenza. Contesto internazionale Contesto italiano Livello di competenza Chief Nursing Officer Direttore di struttura Livello di dirigenza Chief Nursing Executive Direttore di dipartimento Coordinator-Manager Nurse Infermiere coordinatore Case Manager/Nurse Leader/ Infermiere Case Manager Livello clinico Nurse Specialist /Leader/specializzato Clinical Nurse Infermiere clinico

N. 201 Le cure intermedie 315 e insieme avviano il processo Segnalazione candidato ognuno per le proprie responsabilità. All accoglienza in C.I. l infermiere che avvia il processo assistenziale diventa il referente per la persona. La presa in carico coinvolge sia il soggetto che la famiglia e, a tale scopo, il piano assistenziale è condiviso in briefing con il medico di continuità assistenziale e il MMG, il quale effettua il primo accesso in struttura entro le prime 24/48 ore. La pianificazione della dimissione dalla struttura di cure intermedie avviene entro il 5 giorno dalla data di dimissione prevista, attraverso una segnalazione alla Centrale assistenza territoriale (CAT). Il team multiprofessionale operante nella struttura (infermiere referente delle C.I., inf. Coord. C.I., MMG, medico di comunità, ed eventualmente il medico specialista che ha seguito il caso fisiatra/geriatra, fisioterapisti), pianifica la dimissione attraverso un debriefing al quale partecipano anche i familiari e/o la stessa persona assistita. All atto del ritorno al proprio domicilio l infermiere referente redige una relazione infermieristica di dimissione che sarà fornita al paziente e al MMG e, se necessario, agli infermieri dell assistenza domiciliare o della sanità d iniziativa per garantire il raggiungimento degli obiettivi assistenziali a lungo termine. Conclusioni Anche nel nostro Paese, l istanza di garantire percorsi di cura in grado di offrire risposte appropriate verso la cronicità emergente, nel rispetto dei vincoli economici imposti al sistema sanitario, ha fatto emergere nuovi modelli gestionali che guardano al territorio come setting ove sviluppare risposte efficaci. Tali modelli prevedono la valorizzazione delle competenze sempre più avanzate che l infermiere ha saputo maturare, anche grazie a nuovi percorsi formativi. In tale contesto, lo sviluppo di strutture di cure intermedie patient-centered anziché disease-centered ha determinato una spinta alla crescita manageriale nei percorsi di assistenza, con acquisizione di autonomia e capacità di decision leading che fino a pochi anni or sono non consideravano la professionalità infermieristica in tali ruoli. L auspicio è che le nuove soluzioni organizzative valorizzino la figura infermieristica come protagonista nel raggiungimento di outcome di salute, attraverso un riconoscimento delle competenze professionali e non come risorsa a minor costo. D altro canto, la sfida degli infermieri di oggi e di domani sarà nel cogliere tale opportunità per mettere a disposizione del sistema le proprie competenze in sinergia e non in antagonismo con le altre figure professionali impegnate nei percorsi di diagnosi, cura, riabilitazione e prevenzione di tutti i cittadini. Bibliografia 1 Kathol R, et al. Manuale del Case Manager Integrato. Milano: CEA Edizioni 2014. 2 Bodenheimer T, Wagner EH, Grumbach K. Improving primary care for patients with chronic illness. JAMA 2002;288:1775-9. 3 Bodenheimer T, Wagner EH, Grumbach K. Improving primary care for patients with chronic illness: the chronic care model, Part 2. JAMA 2002;288:1909-14. 4 Efraimsson E, Hillervik C, Ehrenberg A. Effects of COPD selfcare management education at a nurse-led primary health care clinic. Scand J Caring Sci 2008;22:178-85. 5 Morcom J, Dunn SV, Luxford Y. Establishing an Australian nurse practitioner-led colorectal cancer screening clinic. Gastroenterol Nurs 2005;28:33-42. 6 Burrows A, Humphrey S. A patient satisfaction survey of anurse-led colorectal clinic. Nurs Times 2006;102:31-3. 7 Hopkins K, Tookman AJ. Rehabilitation and specialist palliativecare. Int J Palliat Nurs 2000;6:123-30. 8 MacMahon Tone J, Agha A, Sherlock M, et al. An intensive nurse-led, multi-interventional clinic is more successful in achieving vascular risk reduction targets than standard diabetes care. Ir J Med Sci 2009;178:179-86. 9 Brown I, Psarou A. Literature review of nursing practice in managing obesity in primary care: developments in the UK. J Clin Nurs 2008;17:17-28. 10 Mason J, Freemantle N, Gibson J, et al. Specialist nurse-led clinics to control of hypertension and hyperlipidemia in diabetes economic analysis of the SPLINT trial. Diabetes Care 2005;28:40-6. 11 Wong F, Chung L. Establishing a definition for a nurseled clinic: structure, process, and outcome. J Adv Nurs 2006;53:358-69. 12 Bhattacharya B, Pickering S, McCulloch A, et al. The nurseled diabetes clinic: a care satisfaction audit. Journal of Diabetes Nursing 2007;11:228-32. 13 Edward LL, Hellstrom AL, Ohrn I, et al. The lived experience of the diabetes nurse specialist regular check-ups,as narrated by patients with type 2 diabetes. J Clin Nurs 2008;17:772-81. 14 Canam C. Illuminating the clinical nurse specialist role of advanced practice nursing: a qualitative study. Nurs Leadersh (Tor Ont) 2005;18:70-89. 15 Stephen A. Leadership across boundaries: a qualitative study of the nurse consultant role in English primary care. J Nurs Manag 2007;15:703-10.

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