Il mercato dei prodotti halal a cura di Hamid Roberto Distefano Amministratore delegato Halal Italia INTRODUZIONE L'Islam costituisce attualmente la religione più diffusa nel mondo per numero di fedeli, una comunità transnazionale che raggiunge quasi 2 miliardi di unità (1,83 miliardi nel 2009), con un ritmo di crescita costante ed elevato (tasso medio di crescita annua pari all'1,8%, rispetto all'1,2 % della popolazione mondiale non musulmana). Anche in Europa la presenza dei musulmani ha ormai superato i 50 milioni di persone e la percentuale dei fedeli musulmani sul numero totale degli abitanti è addirittura maggiore di quella che ritroviamo nel Nord America, nell'america Latina, nell'area australiana e nei Paesi del Pacifico. I musulmani, sopratutto a livello europeo, stanno inoltre acquisendo un potere d'acquisto sempre maggiore e tutto ciò rende estremamente interessante il potenziale di questo settore di mercato, costituito essenzialmente dai prodotti alimentari halal, vale a dire leciti da un punto di vista religioso (dunque i prodotti conformi alle regole islamiche che disciplinano il rapporto tra l'uomo e il nutrimento) e dalla finanza halal (vale a dire la finanza conforme alle prescrizioni religiose che regolano per i musulmani il corretto rapporto tra l'uomo ed il denaro). A fronte di opportunità economiche senz'altro allettanti, il commercio internazionale di prodotti alimentari halal è ancora al momento relativamente ridotto, rispondendo a circa il 10% della dimensione potenziale del mercato. Vi è dunque una forte domanda eticamente
orientata ancora insoddisfatta, ma questa, per essere gestita con successo, non può prescindere da una più approfondita conoscenza delle esigenze e sopratutto della mentalità dei consumatori musulmani a cui ci si voglia approcciare. Questo gap è ancora più marcato in Italia dove la presenza islamica, nell'epoca contemporanea, è molto più recente rispetto agli altri Paesi europei che hanno adottato nel XIX e XX secolo politiche coloniali più massicce nei Paesi a maggioranza islamica (Regno Unito, Francia, Germania, ecc). Con il progetto di certificazione Halal Italia, la CO.RE.IS. (Comunità Religiosa Islamica) Italiana, quale principale ente di rappresentanza religiosa dei musulmani in Italia, ha quindi voluto dare un importante contributo allo sviluppo di una cultura e di una pratica che rispettino le differenze religiose, attraverso la certificazione di prodotti alimentari, cosmetici e farmaceutici che tengano conto delle specifiche esigenze della comunità islamica in Italia e nel resto del mondo. Il fine è quello di costituire un ponte culturale tra l'europa e il mondo islamico in vari settori produttivi, aiutando così a promuovere lo sviluppo armonioso del pluralismo nell'attuale società multi-culturale e multi-confessionale, nel rispetto del quadro giuridico europeo, della cultura nazionale e di tutte le diverse comunità religiose. Tale impostazione è stata ben recepita dalle Istituzioni che, il 30 giugno 2010 alla Farnesina, hanno voluto sancire una Convenzione interministeriale a sostegno dell'iniziativa Halal Italia, sottoscritta dal Ministero degli Affari Esteri, dello Sviluppo Economico, della Salute e delle Politiche agricole, alla presenza degli ambasciatori dei Paesi OCI (Organizzazione della Conferenza Islamica) in Italia. Un esempio dunque di best practice che unisce alla valorizzazione del contributo positivo della comunità islamica in Italia al tessuto sociale unitariamente considerato con un valore aggiunto per i prodotti di qualità del made in Italy che possono, in tal modo, soddisfare la domanda interna di 1,5 milioni di musulmani residenti e beneficiare di uno strumento importante in chiave internazinalizzazione per approcciare, in maniera qualificata, nuovi mercati emergenti.
ANALISI DEL MERCATO HALAL IN ITALIA E NEL MONDO Una possibile chiave di lettura sullo sviluppo del mercato del halal food può essere fornita dall'approfondimento dei dati inerenti il fenomeno della certificazione religiosa islamica nel suo complesso. Si tratta prevalentemente di stime in considerazione del fatto che, pur trattandosi di un comparto che cresce con ritmi estremamente rilevanti, il mercato non è ancora completamente strutturato ed è relativamente giovane tanto a livello internazionale (analisi di mercato disponibili da meno di 10 anni), quanto a livello nazionale (sviluppi significativi tracciabili negli ultimi 2/3 anni). Ciò detto non si tratta qui di un "settore di nicchia": come abbiamo visto circa il 25% della popolazione mondiale fa riferimento alla religione islamica e alimenta un mercato di circa 2.300 miliardi usd (fonte: World Halal Forum, KL, 2010) considerando insieme food, cosmesi, farmaceutica e turismo. Prendendo in esame il solo comparto agro-alimentare i dati ci parlano di un valore stimato di circa 700 mld usd con fattori di crescita costanti nell'ordine del 16% annuo negli ultimi 5 anni. Se andiamo a considerare l'europa dove vivono circa 50 milioni di musulmani (il 2,70% della popolazione islamica mondiale) scopriamo che lo stesso comparto halal food vale circa 70 mld usd ovvero ben il 10% del mercato globale: questo significa che la propensione e il potere di acquisto della comunità islamica in Europa è quasi 4 volte superiore ai valori medi del resto del mondo. La certificazione del halal food è dunque uno strumento importante al servizio dell'internazionalizzazione del sistema produttivo italiano anche in chiave europea e quindi più accessibile per lo storico e radicato tessuto delle PMI nazionali. Se prendiamo ora in esame la situazione italiana abbiamo visto che la popolazione islamica residente ha ormai raggiunto il milione e mezzo di unità con quote consistenti e crescenti di musulmani di origine italiana e seconde/terze generazioni di giovani nati e cresciuti in Italia da genitori provenienti dall'asia e dall'africa.
Il potenziale del mercato halal food in Italia è stimato (fonte: Ministero Affari Esteri, 2010) in 5 mld usd/anno. Le categorie di prodotto più interessate nei processi di certificazione halal sono le seguenti: carni e prodotti base carne; pasticceria e gelateria; grain products; seconde lavorazioni frutta e verdura; piatti pronti; enzimi/additivi; lattiero-caseari; bevande; grassi e olii; etc. Secondo i dati in nostro possesso (fonte: Halal Italia, 2012) le aziende italiane coinvolte in processi di certificazione halal si avvicinano alle 100 unità; si tratta di grandi imprese/multinazionali nel 24% dei casi, aziende di media dimensione 63%; piccole imprese/imprese familiari 13%. Un terzo (31%) opera nel settore delle carni/prodotti base carne. Si concentrano per la maggior parte nel Nord Italia (55% del totale) e particolarmente in Lombardia ed Emilia Romagna, 15% al Centro, 10% al Sud e 20% nelle Isole. Si tratta principalmente di aziende, quale ne sia la dimensione, con una consolidata propensione all'export che individuano nella certificazione halal un plus valore per consolidarsi sui mercati esteri o aggredirne di nuovi e, al tempo stesso, rafforzare la propria posizione sul mercato domestico intercettando la crescente domanda di prodotti certificati da parte della comunità islamica nazionale.
Considerando il triennio 2010-2012 (stima) registriamo una crescita della domanda di serivizi di certificazione costante: nel 2011 (su 2010) +40%; proiezione 2012 (su 2011) +50%. Questo significa che la cifra di aziende certificate e di prodotti disponibili è più che raddoppiata a testimonianza dell'interesse crescente che la certificazione halal riveste nell'ambito produttivo alimentare italiano. Un ultimo dato significativo a conferma della soddisfazione dei clienti relativamente all'impatto commerciale dell'investimento nella certificazione, registriamo che quasi il 90% delle aziende, allo scadere del triennio di validità del certificato, procedono con il rinnovo. Un ultimo fenomeno interessante che emerge anche in Italia, già registrato da alcuni anni in maniera significativa su mercati occidentali più consolidati (Francia, UK, Germania, USA, ecc), è connesso con il trend di posizionamento commerciale del prodotto certificato halal. La percezione generale dei consumatori sta passando rapidamente dal considerarlo un prodotto di bassa qualità o di carattere strettamente etnico, al coglierne il valore aggiunto in termini di verifica delle materie prime e degli ingredienti, controllo del processo produttivo tout court e salubrità. In questo senso, come operazione già compiuta, abbiamo l'esempio del kosher negli Stati Uniti e in alcuni Stati europei. In Francia, Germania e Regno Unito il 40% dei consumatori di prodotti halal è già oggi non musulmano mentre in Italia, sulla base dei feedback ricevuti dalle nostre aziende stimiamo che i consumatori che scelgono il prodotto halal come conseguenza di una particolare attitudine ad un consumo attento e critico dei prodotti agro-alimentari rappresentano quasi il 20% del totale. In tal senso l'attenzione della GDO in Italia (a differenza di molti altri Paesi UE) a intraprendere progetti più strutturati nell'ambito dell'offerta commerciale dei prodotti certificati halal sarebbe da incoraggiare ulteriormente. L'offerta attuale è infatti piuttosto limitata quantitativamente, non organizzata all'interno dei pdv e, generalmente lacunosa per qualità dei prodotti e per autorevolezza delle certificazioni proposte dai fornitori.