Gli agenti biologici come armi di distruzione di massa Dott.ssa Lina Di Giamberardino Biologa esperta in armi chimiche e biologiche L 11 settembre 2001 ha segnato tragicamente la fine di un periodo di relativa pace durante il quale la guerra, intesa nel senso stretto del termine, era stata risolta attraverso l intervento di Organizzazioni di livello mondiale, sostenute da una costante collaborazione politica e diplomatica. Il terrorismo può colpire ovunque, e chiunque può trasformarsi in un bersaglio. Diversamente da quanto accadeva in passato, quando gruppi terroristici puntavano a uccidere un numero limitato di persone per influenzare le politiche di un determinato stato, oggi i terroristi sembrano intenzionati a sferrare un attacco frontale alla cultura e alla democrazia, usando tutti i mezzi a loro disposizione al fine di fare il maggior numero possibile di vittime. In più occasioni, i media hanno riportato preoccupanti notizie riguardo la presenza di vari gruppi terroristici in possesso di armi di distruzione di massa, da utilizzare contro le Nazioni. Nel recente passato non sono mancati episodi ove si è assistito all utilizzo per scopo terroristico di armi chimiche e biologiche contro popolazioni civili. Nel 1984, gli Stati Uniti dovettero fronteggiare un attacco, seppur in scala ridotta, effettuato con armi di tipo biologico; accadde infatti che in Oregon 750 persone si ammalarono dopo aver consumato, in self services, del cibo che era stato contaminato con la salmonellosi da parte di seguaci di una setta. I batteri, creati in un semplice laboratorio sotterraneo, erano stati immessi in piccoli flaconi d acqua con cui, i seguaci della setta, avevano contaminato i cibi e gli alimenti semplicemente lasciandone cadere sopra qualche goccia. L aspetto più inquietante della vicenda è che non si scoprì la connessione tra quell attacco e la setta finchè uno degli ex-seguaci non confessò tutto alle Autorità.
Le cosiddette armi di distruzione di massa, possono essere classificate in tre principali gruppi: nucleari, chimiche e biologiche. Se le armi chimiche nelle mani dei terroristi sono un forte elemento di preoccupazione, le armi biologiche in mani criminali sono un vero e proprio incubo. La differenza fondamentale tra le armi biologiche e qualsiasi altro tipo di arma creata sino a oggi è la seguente: le armi biologiche si riproducono e si diffondono autonomamente, in quanto presentano caratteristiche di contagiosità e persistenza. Per contagiosità si intende quel fenomeno legato alla presenza di organismi patogeni capaci di infettare inizialmente un numero anche esiguo di individui, dai quali l infezione si diffonde in proporzione esponenziale originando delle vere e proprie epidemie (esempio emblematico è rappresentato dal Poxvirus del vaiolo dell uomo la cui contagiosità è elevatissima). Per persistenza si intende la capacità di un microrganismo di resistere nell ambiente per tempi piuttosto lunghi,ad es Bacillus anthracis o antrace sotto forma di spore. Ad eccezione dell antrace, la maggior parte degli agenti biologici vengono fortemente indeboliti, o
addirittura annientati, a seguito dell esposizione all aria e alla luce solare. Purtroppo, però, esistono tecniche di ingegneria genetica in grado di migliorare la capacità degli agenti patogeni biologici e quindi la capacità di resistere alle condizioni ambientali e agli antibiotici. In un ipotetico scenario caratterizzato dall utilizzo di armi biologiche per attentati terroristici, non si può prescindere dalla considerazione che tale forma di aggressione si dimostra particolarmente pericolosa per l uomo. Ogni previsione o pianificazione rischia di venire vanificata dall impatto psicologico che questa tipologia di aggressione esercita sulla popolazione civile. E necessario quindi predisporre accurate strategie ed interventi particolarmente sofisticati che rappresentino una risposta valida ed efficace ai possibili attacchi bioterroristici, limitandone i danni anche in termine di allarme sociale che la crisi comporterebbe. Gli strumenti giuridici internazionali, creati per prevenire l utilizzo di armi biologiche da parte degli Stati, sono il Protocollo di Ginevra del 1925 e la Convenzione per le Armi Biologiche ratificata negli anni 70. Quest ultima ha fallito il suo compito, come è stato dimostrato oltre dieci anni fa dalla Guerra del Golfo. A seguito di essa, la Commissione speciale dell ONU ebbe la possibilità di verificare il rinvenimento in alcune Nazioni di spore di antrace, di aflatossina e di tossina botulinica, potenzialmente utilizzabili come armi biologiche, in violazione della Convention, anche se tali armi non erano state usate. Un problema similare è emerso successivamente in un altra Nazione che produceva armi biologiche in una catena diffusa in tutto il proprio territorio, pur essendo un Paese firmatario della Convention. La Convenzione per le Armi Biologiche è stata sicuramente uno strumento utile, ma largamente insufficiente per la totale assenza di strumenti di verifica. Il controllo è reso,
peraltro, ancora più difficoltoso dalla possibilità del dual use, che consiste nella facoltà per gli Stati di studiare un percorso scientifico che si presta sia alla produzione di un arma, quindi ad un aspetto aggressivo, sia alla produzione di strumenti difensivi per l umanità, quali ad es. i vaccini. Gli agenti biologici sono stati suddivisi dai CDC (Centers for Disease Control and Prevention) in tre categorie A,B e C. Vengono definiti agenti patogeni di classe A quei microrganismi che: possono essere disseminati agevolmente e trasmessi da persona a persona, che causano alta mortalità, che richiedono azioni speciali per la preparazione della Sanità Pubblica e possono provocare panico e perturbamento sociale. Solo i centri di riferimento con un livello di biosicurezza adeguato, attrezzati con laboratori e protezioni specifiche per gli operatori, possono eseguire diagnosi mediante esami colturali, immunologici, istologici e molecolari. In caso di attacco è abbastanza scontata l importanza della rilevazione e identificazione dell eventuale agente biologico disperso. Ovviamente questo comporta la conoscenza e la messa a punto di metodiche il più precise possibili, che possano dare una risposta puntuale e rapida. Idealmente un test deve essere rapido, accurato e fattibile. La rapidità di un test diagnostico si traduce nella riduzione del tempo di esecuzione e nella possibilità di saggiare molti campioni potenzialmente sospetti. L accuratezza consiste di tre caratteristiche: sensibilità, specificità e riproducibilità.
Quest ultima è la condizione necessaria affinché la metodica sia trasferibile tra operatori diversi e in tempi diversi; infine un test ideale deve essere attendibile e fattibile, basato su una metodica di semplice allestimento, in grado di fornire risultati facilmente leggibili ed inequivocabili. E indispensabile innanzitutto l identificazione degli agenti biologici patogeni attraverso indagini tradizionali, che includono l osservazione diretta del microrganismo al microscopio. L indagine colturale è un mezzo altrettanto valido: prevede la scelta del terreno di coltura liquido o solido,che può variare da un patogeno all altro in relazione all indagine da eseguire (se generica o mirata). Mediante l esame culturale è possibile effettuare diagnosi differenziali per accertare l identità del virus o del batterio, che talvolta può presentare somiglianze con altri tipi, più o meno virulenti e pericolosi. Tali metodologie hanno lo svantaggio di richiedere tempo; l isolamento e l identificazione di un patogeno richiedono giorni e anche settimane, che si rivelano disastrose in caso di attacco bioterroristico, circostanza nella quale la diagnosi, l intervento terapeutico sono essenziali per contenere e limitare i danni. Un altro metodo è quello immunologico, che si fonda sulla reazione antigene anticorpo. L avvento delle tecniche di biologia molecolare, ha in parte risolto i problemi connessi a situazioni difficili o di emergenza, in quanto ha permesso di effettuare identificazioni di virus o batteri dispersi nell ambiente, attraverso la PCR. E difficile descrivere l impatto che la PCR (Polymerase Chain Reaction), (scoperta da Kary Mullis e per la quale è stato insignito del Nobel nel 1983), ha esercitato sugli ambienti scientifici e sullo sviluppo dei mezzi di difesa, che è stato definito rivoluzionario.
Una persona senza esperienza di laboratorio, se addestrata, in breve tempo può essere in grado di utilizzare questo tipo di tecnologia. Un operatore più esperto può seguire a distanza l andamento dei risultati e avviare un sistema di sorveglianza in tempo reale. Il metodo è, quindi, particolarmente utile per la ricerca di microrganismi difficili o impossibili da coltivare, quali molti generi di batteri, funghi e virus, come appunto quelli di origine infettiva che potrebbero essere utilizzati a fini bioterroristici. Nel presente articolo sono state citate delle metodiche per la rilevazione ambientale degli agenti biologici di classe A in un eventuale attacco bioterroristico. Affinchè questa condizione sia resa possibile, è obbligatorio intervenire con tutti gli strumenti che possano produrre benefici, diminuendo la vulnerabilità di un sistema sociale, ed è altresì necessario rendere più efficaci le attività di controllo e di informazione della popolazione, che inducano ad una maggiore correttezza di comportamenti.
BIBLIOGRAFIA Mullis K., "The Unusual Origin of the Polymerase Chain Reaction," Scientific American, April 1990, pp. 56-65.A.F. Markham "The Polymerase Chain Reaction: A Tool for Molecular Medicine," Medical Journal 306:441?447, February 13, 1993. Naber S. P. "Molecular Pathology: Diagnosis of Infectious Disease" The New England Journal of Medicine, 331:1212?1215, November 3, 1994. Housman D. Human DNA Polymorphism" The New England Journal of Medicine, 332:318-320, February 2, 1995. Service R. F., The Incredible Shrinking Laboratory," in Science 268:26-27, April 7, 1995. Jake Carson Bioterrorismo e Armi Chimiche 2001, pp 7-8-9-17-18.