Filiere di produzione e nuove strategie di marketing distributivo



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Transcript:

Filiere di produzione e nuove strategie di marketing distributivo S.V.I.T. Studimont s.r.l.

Indice 1. I Prodotti a marchio d origine... pag. 3 2. Impatto della PAC sulle produzioni tipiche...pag. 8 3. Aspetti legati alla commercializzazione dei prodotti tipici...... pag. 15 4. Le Dop e Igp siciliane... pag. 30 4.1. Gli oli extravergine di oliva... pag. 31 4.1.1.Analisi di filiera... pag. 44 4.1.1.1.Potenzialità e problemi... pag. 47 4.1.1.2.Elementi di debolezza...pag. 48 4.1.1.3.Proposte di miglioramento...pag. 50 4.1.1.4.Domanda... pag. 51 4.1.1.5.Offerta... pag. 54 4.1.1.6.Opportunità e minacce... pag. 60 4.1.2.Gli olii Dop siciliani...pag. 66 4.2. Il Pomodoro di Pachino... pag. 72 4.2.1.Analisi di filiera... pag. 79 4.3. Il Pistacchio di Bronte...pag. 92 4.3.1.Analisi di filiera... pag. 96 4.4. Il Ficodindia dell Etna... pag. 104 4.4.1.Analisi di filiera... pag. 109 4.5. Il Cappero di Pantelleria... pag. 114

4.5.1.Analisi di filiera... pag. 117 4.6. L Uva Italia di Canicattì...pag. 121 4.6.1.Analisi di filiera... pag. 131 5. Creazione di mercati locali nel contesto del marketing territoriale... pag. 142 6. Bibliografia...pag. 156 Allegato 1...pag. 152 Allegato 2...pag. 168 2

1. I Prodotti a marchio d origine Sino a qualche tempo fa il consumatore non conosceva molti dei marchi agroalimentari che adesso sono diventati la carta d identità del made in Italy di qualità. In totale sono 155 le denominazioni di origine protetta (Dop) e le indicazioni di origine geografica (Igp) italiane, aggiornate a Marzo 2006 a cui si aggiunge una Specialità Tipica Garantita (Stg). Figura 1 Marchi comunitari: Denominazione di origine protetta (Dop), Indicazione geografica protetta (Igp), Specialità tradizionale garantita (Stg). La denominazione di origine protetta (Dop) designa un prodotto agricolo o alimentare, le cui qualità o le cui caratteristiche sono dovute essenzialmente o esclusivamente all'ambiente geografico comprensivo dei fattori naturali e umani e la cui produzione, trasformazione ed elaborazione avvengano nell'area geografica delimitata. In sostanza, la Dop si applica a produzioni il cui intero ciclo produttivo, dalla produzione della materia prima all'ottenimento del prodotto finito, viene svolto all'interno di un'area geografica ben delimitata, e quindi, date le condizioni produttive attuali, non è riproducibile al di fuori di quest'area. Le Dop italiane sono in tutto 106 composte per metà (53) da prodotti zootecnici (formaggi e carni trasformate e non) e metà da prodotti ortofrutticoli, olii, aceti, spezie e prodotti di panetteria. 3

L Indicazione Geografica Protetta (Igp) è la qualifica che serve a designare un prodotto agricolo o alimentare di cui una determinata qualità, la reputazione o un'altra caratteristica, possa essere attribuita all'origine geografica e la cui produzione e/o trasformazione e/o elaborazione avvengano nell'area geografica determinata. A differenza della Dop, la Igp non richiede necessariamente la produzione in loco della materia prima, purché questa consenta di ottenere un prodotto corrispondente ai requisiti imposti dal disciplinare di produzione. Le Igp italiane sono in tutto 49 composte in maggioranza da prodotti ortofrutticoli (37), i prodotti zootecnici sono in netta minoranza (9) tra cui solo carni trasformate e non, mentre le Igp Siciliane, sono 5 di cui solo prodotti ortofrutticoli. Il marchio Specialità Tradizionale Garantita (Stg) è il riconoscimento europeo del carattere di specificità di un prodotto agro-alimentare, inteso come elemento o insieme di elementi che, per le loro caratteristiche qualitative e di tradizionalità, distinguono nettamente un prodotto da altri simili. Ci si riferisce, quindi, a prodotti ottenuti secondo un metodo di produzione tradizionale, tipico di una particolare zona geografica, al fine di tutelarne la specificità. Ad oggi come Stg è stato registrato il formaggio a pasta filata Mozzarella. Le denominazioni della Regione Sicilia sono in totale 15, per la maggioranza Dop equivalenti al 10% del patrimonio italiano dei prodotti a denominazione. Come è noto, dall introduzione del Reg. CEE 14/07/1992 n. 2081/92 relativo alla protezione delle indicazioni geografiche e delle denominazioni d origine dei prodotti agricoli e agroalimentari, sono in continua evoluzione il numero di prodotti con 4

istruttoria in corso per l ottenimento della certificazione a marchio UE. Riguardo ai prodotti siciliani, i primi prodotti ad ottenere il marchio UE, sono state le Arance Rosse Igp, e i formaggi Pecorino Siciliano DOP e il Ragusano Dop nel giugno/luglio 1996, mentre l ultimo prodotto è stato l olio Valdemone Dop nel Febbraio 2005. Con il termine "prodotti agroalimentari tradizionali" si intendono quelle produzioni le cui metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura risultino consolidate nel tempo, omogenee per tutto il territorio interessato, secondo regole tradizionali, per un periodo non inferiore ai venticinque anni. Il termine più generico di prodotto tipico non è altrettanto ben precisato ma richiama per analogia la precedente definizione ed in sintesi è quel prodotto che si avvale di metodologie di coltivazione e/o di lavorazione e conservazione di tipo tradizionale legate ad uno specifico territorio. (www.agrifoodweb.it) Il Ministero delle Politiche Agricole e Forestali ha emanato un D.M. del 14/6/2002, in accordo con le Regioni, pubblicando la seconda revisione dell'elenco nazionale dei prodotti agroalimentari definiti tradizionali delle Regioni e delle Province autonome di Trento e Bolzano, in cui vengono riconosciuti 3558 prodotti tradizionali suddivisi per regione e tipologia. Alla Regione Sicilia vengono riconosciuti 239 prodotti tradizionali e per la sola tipologia Prodotti vegetali allo stato naturale o trasformati sono compresi ben 67 prodotti. Analizzando il significato del termine tipico e tipicità, parlando di prodotto agroalimentare, è utile ricordare che è implicito nel termine 5

stesso il riferimento al luogo di origine. Semanticamente "t y p o s " indica l'impressione visibile di un simbolo su un oggetto, ottenuta percuotendo o premendo. Si tratta dunque di un marchio, di un conio originale, ed in conseguenza ciò che è tipico è originalmente ed originariamente marchiato. Il "tipo" che determina la "tipicità" è unico, mentre le qualità sono molte, definite in base a valutazioni spazio-temporali, estetiche, tecnico-scientifiche, ponderali, cromatiche, culturali e via di seguito. Tipicità e qualità non sono infatti coincidenti. La seconda è un attributo della prima, non viceversa. Una produzione vegetale può essere qualitativamente determinata dal colore, dal profumo, dalle caratteristiche varietali, di ibridazione, organolettiche, dalla perfezione maggiore o minore di risultato definitivo ma non è necessariamente tipico, anzi non lo è nella misura in cui non rappresenta un prodotto esclusivo di una determinata microzona. La tipicità invece è un fatto puramente territoriale, quindi per analogia è possibile affermare che tipico è il territorio innanzitutto, l'ambiente geografico e culturale che dà origine a prodotti che ne sono diretta emanazione e quindi unici, irriproducibili altrove, indelebilmente caratterizzati (Polloni G, 2003). Tipico è dunque il prodotto in grado di trasferire sul mercato, insieme al valore d'uso, anche i valori simbolici, culturali e storici del luogo di produzione. Col termine di prodotto locale si fa riferimento invece ad un prodotto realizzato da aziende (generalmente di dimensioni piccole o al più medie) con sedi e impianti produttivi concentrati nella stessa area di coloro che lo acquistano e consumano. In realtà, la storia dei 6

prodotti agroalimentari italiani di qualità, trae le proprie origini da questi ultimi prodotti locali di cui non era stabilita una tecnica di coltivazione, lavorazione e trasformazione ben definita e si rilevava quindi una elevata forma di diversificazione anche all interno dello stesso prodotto. Con l evolversi delle tecniche di produzione, trasformazione, condizionamento e l ampliamento del mercati nasce l esigenza di dare specificità alle caratteristiche del prodotto, evidenziare il legame col territorio di origine, differenziarlo più possibile da prodotti simili e nel contempo, garantire la sicurezza alimentare del prodotto e la sicurezza igienico sanitaria nel processo di lavorazione. Questi sono i punti di forza e gli obiettivi primari che regolano i marchi di qualità dei prodotti agroalimentari e quindi anche quelli siciliani. Si può quindi affermare che l elemento sostanziale riguardante l uso dei marchi di qualità è dato dall identificazione di un determinato prodotto come differente da prodotti di ugual tipologia a cui il consumatore può attribuire come caratteristica essenziale una qualità garantita. Tuttavia per procedere a tale identificazione il consumatore deve essere in grado di riconoscere con facilità tale prodotto di qualità; va quindi a proposito fatto presente che l ampissimo elenco dei prodotti agroalimentari tradizionali non è di facile approccio per il consumatore, piuttosto si è cercato di rendere più definito il lato dell offerta e su questa linea va indirizzato il mercato dei prodotti tipici siciliani. Tuttavia la produzione agroalimentare italiana di qualità, legata al territorio, anche se è l elemento essenziale di conquista dei mercati, 7

non è garanzia di successo. Anche la Politica Agricola Comunitaria ha voluto sostenere le imprese nella loro produzione orientata al mercato, modificando le forme e le modalità degli aiuti, convertendoli in pagamenti unici aziendali (Reg CEE n.1782/03). La UE ha quindi voluto, eliminando o riducendo gli interventi sui prezzi dei prodotti agroalimentari e introducendo un aiuto diretto al reddito agricolo, andare verso una forma di liberalizzazione di prezzi per affrontare una condizione di mercato aperta alla concorrenza globale. Data la complessità, sia logistica che normativa, dei mercati agroalimentari nasce l esigenza di potenziare un sistema produttivo che si presenta frammentato o comunque lontano dai grandi centri di scambio commerciale europei, situazione in cui si trova la Regione Sicilia. A questo proposito è utile ricordare un iniziativa legata al potenziamento del sistema produttivo olivicolo della provincia di Palermo e di Agrigento che ha portato ad un recente accordo (Ottobre 2005) di filiera tra 6.000 olivicoltori e 8 imprese di trasformazione, impegnati nella produzione dell olio Dop Val di Mazara. 2. Impatto della PAC sulle produzioni tipiche Da un analisi generale riguardo l elevato numero dei prodotti nazionali certificati e i loro rank produttivi relativi al proprio settore, si nota innanzitutto come esistano dei prodotti a denominazione che sono leader nel proprio settore che hanno ottenuto tale denominazione negli anni immediatamente successivi all applicazione dei rispettivi regolamenti CEE del 1992. In contrapposizione a questi prodotti di riferimento, esiste una lunga 8

serie (la maggioranza) di denominazioni di origine conferite a prodotti che hanno simili caratteristiche produttive ma differenti e distanti volumi produttivi rispetto ai primi citati. Sempre a differenza dei primi, questi prodotti minori hanno ottenuto tale denominazione in fasi successive, alcuni tuttora ancora in fase di approvazione, determinando l aumento anno per anno della lista delle denominazioni, senza un corrispettivo aumento delle produzioni o un significativo cambiamento di mercato (es. aumento della domanda). Da questa differente capacità produttiva deriva una differente penetrazione e diffusione nel mercato sia nazionale che, soprattutto, internazionale. Differenti sono anche gli interessi legati alla filiera produttiva di prodotti a denominazione d origine da un lato quelli largamente diffusi sul mercato a dall altro quelli non ancora presenti nei mercati al di fuori dei luoghi d origine. Nel primo caso l interesse maggiore sarà la protezione legale del marchio e prodotto famoso, nel secondo caso sarà di primaria importanza la maggiore visibilità sui mercati per espandere la domanda e quindi la produzione. Per questi ultimi, abbastanza evidenti saranno le difficoltà nella scelta di quale strategia di marketing adottare: uso di un marchio (collettivo o privato), scelta sul posizionamento di mercato del prodotto, elementi distintivi rispetto a prodotti competitivi e scelta dei canali comunicativi per informare il consumatore sulle caratteristiche peculiari del prodotto. In virtù di differenti caratteristiche, per i diversi prodotti a denominazione si possono delineare varie strategie, alla luce degli scenari che si attueranno con i futuri cambiamenti delle politiche pubbliche nonché accordi in sede WTO. 9

A tal fine è utile fare riferimento ad uno studio riguardante dinamiche e processi causali sui cambiamenti in atto risultanti dalle politiche agroalimentari commissionato dalla UE: Dolphins Project 2004 (Development of Origin Labelled Products: Humanity, Innovation and Sustainability) sul periodo 2004-2015. Lo studio si basa su possibili scenari futuri delle politiche Agricole comunitarie determinanti il settore dei prodotti a denominazione di origine. Nel primo scenario si analizza il caso in cui si affermino maggiormente i principi contenuti nella riforma di medio termine delle politiche agricole comunitarie (PAC), nel secondo si propone l ipotesi contraria sostenuta dal solo principio del libero mercato in forma dominante, nel terzo si propone l ipotesi promossa nella conferenza di Cork (Irlanda), incentrata sullo sviluppo rurale e nell ultima si offre un ipotesi in cui sia preposto il regionalismo. Attualmente, nel contesto dei prodotti a denominazione d origine, la recente revisione della PAC ha come obiettivo generale il supporto delle scelte decisionali dell impresa agricola sempre più orientata al mercato e alla domanda dei consumatori ottimizzando i costi. La filiera agroalimentare punterà maggiormente all efficienza produttiva e soprattutto a monte verranno potenziati i processi integrati di filiera, mentre a valle, nella distribuzione gli effetti diretti della PAC saranno meno visibili. Si stima che queste modifiche riguarderanno specialmente il settore lattiero-caseario e il settore carni bovine, settori in cui maggiormente si ristrutturerà la produzione di base, acquisendo sempre più importanza strategica i consorzi o associazioni di produttori. Questo scenario, conforme al modello attuale dei 10

pagamenti diretti aziendali (disaccoppiamento), incoraggia ancor di più la creazione di nuovi prodotti a denominazione di origine, così come già si evince dal crescente numero di nuove denominazioni approvate annualmente dalla UE, ma questi difficilmente riusciranno a beneficiare del vantaggio competitivo derivato dal marchio dell UE a loro accordato in ugual misura ai prodotti che hanno ottenuto la denominazione d origine un decennio prima. Difficile comunque analizzare il rischio che una grande espansione d uso del marchio UE faccia perdere risalto al marchio stesso o viceversa aiuti il riconoscimento dei prodotti minori risultante da un aumento di domanda. Sul piano degli scambi commerciali la PAC tende ad una progressiva liberalizzazione del mercato, con sussidi garantiti solo riguardo alla green box (sviluppo rurale e protezione ambientale). D altro lato l UE ha ottenuto il riconoscimento delle indicazioni geografiche (GIs) dei prodotti in base agli accordi Trade Related aspect of Intellectual Property Rights (TRIPs). Sempre riguardo all impatto che si otterrà a livello di prodotti a denominazione d origine, un secondo scenario si basa sulla considerazione che i futuri negoziati WTO porteranno ad un indebolimento delle posizioni dell UE e ad una mancata piena attuazione della PAC. In effetti, oggettivamente, le indicazioni geografiche (GIs) sono state solo riconosciute negli accordi TRIPs ma ancora non tutelate appieno, es. istituzione di un registro internazionale. Si avrà quindi una produzione agroalimentare che dovrà rispettare solo standard sanitari globali, che verrà privata di ogni sussidio, sia locale che nazionale, alla produzione e che sarà 11

beneficiaria del solo aiuto riconosciuto nella green box del WTO (aiuti sulla tutela ambientale). Ciò porterà ad una drastica riduzione di imprese agricole/agroalimentari, sul mercato si svilupperà sempre più una competizione basata sul prezzo e meno sulla specificità, in cui la differenziazione dei prodotti avverrà maggiormente a livello di trademark. Si andrà delineando un mercato estremamente competitivo dove ogni innovazione per abbattere i costi di produzione sarà praticata, es. commercio on line. Sarà anche favorita la delocalizzazione verso aree più produttive con conseguente abbandono di aree marginali, le importazioni dai paesi in via di sviluppo aumenteranno così come i probabili rischi sulla sicurezza (salubrità) alimentare. In questo quadro i consumatori saranno disposti ad un aumento di spesa per elevati standard sanitari e per la tracciabilità, promossi da marchi commerciali privati (trademark). In generale, in presenza di questo scenario i prodotti a denominazione d origine non verranno favoriti, tranne quelli già tuttora forti di una vasta organizzazione produttiva ed ampiamente riconosciuti dal consumatore. Evidente difficoltà per i prodotti a marchio regionale che da un lato subiscono lo svantaggio di una modesta distribuzione sul mercato, anche per la modesta produzione, dall altro dovranno conformarsi a standard sanitari generalizzati che elimineranno le deroghe regionali sulle modalità produttive (es. adeguamento sugli standard per le macellazioni o il divieto di lavorare latte crudo). Nel successivo scenario, riguardante una linea derivata dagli indirizzi della conferenza di Cork-Sviluppo Rurale, si è analizzato l impatto sui 12

prodotti tipici che genererebbe un cambiamento degli obiettivi PAC, incentrato prettamente sul ruolo multifunzionale dell agricoltura. In questo scenario sarà fondamentale lo sviluppo e la tutela delle aree marginali, l uso di risorse rinnovabili, il rispetto della biodiversità, con normative più orientate ad un minor impatto ambientale delle produzioni piuttosto che al rispetto di severi standard produttivi in materia di igiene e sicurezza alimentare che mal si adattano ai processi produttivi dei diversissimi prodotti tipici. Gli imprenditori agricoli beneficeranno dei contributi dell UE per produrre una vasta gamma di beni oltre ai prodotti agricoli (produzione e marketing di prodotti d eccellenza su domanda dei consumatori) e di servizi come la conservazione dell ambiente naturale. La politica rurale avrebbe una forte connotazione regionale, adattandola alle diverse esigenze locali. In questo ambito si ipotizza che i consumatori esprimano una volontà maggiore nel pagare un prodotto che esprima delle forti connotazioni territoriali e peculiari piuttosto che nel pagare per ottenere un elevata sicurezza alimentare e una completa tracciabilità del prodotto. In questo ambito, il prodotto a denominazione d origine è visto come il legame tra il mercato e le specifiche risorse ambientali, cosicché supportando i prodotti tipici si risolverebbe in parte un fallimento del mercato creando una esternalità positiva. Ciò sarà a vantaggio anche di attività integrate col territorio, ad esempio il turismo. Per l effettivo successo di questa politica sarà necessario che tutti gli attori del mercato investano e promuovano questa differente concezione di realtà produttiva e che venga sempre più divulgata. 13

L ultimo scenario riguardante il Regionalismo, si basa sul principio di abolizione di supporti diretti alla produzione, comprese le quote, e su un aumento degli aiuti (financial readjustment) tra le regioni più ricche e quelle più povere, sulla base di un principio di coesione. Pagamenti diretti saranno ammessi ma in virtù di specifici servizi, es. ecologici o benessere animale e i principi contenuti nella green box diventeranno una regola base. Si favorirà l associazionismo di produttori, sostenendo così i diversi prodotti tipici piuttosto che l interesse di multinazionali con prodotti standard. Il rischio riguardo i prodotti tipici sarà quello derivante da una scelta forzata su quale settore o linea di prodotti investire e promuovere, accantonando quelli con scarsa capacità di successo, in modo da concentrare le forze anche a livello di associazioni. Nella terminologia WTO (Organizzazione mondiale del commercio) gli aiuti economici (subsidies) sono definiti boxes mentre i colori identificano l autorizzazione o meno ad essere rilasciati da parte dei paesi membri (come un semaforo, quindi il verde green significa autorizzato). In particolare in agricoltura gli aiuti concessi senza restrizione (che rientrano nella green box ) non devono essere distorsivi nei confronti di un libero mercato, non devono coinvolgere il sostegno dei prezzi, devono provenire dall amministrazione pubblica (non devono quindi rivalersi sui consumatori), devono essere aiuti diretti ai produttori agricoli senza coinvolgere livelli produttivi, ne essere diretti a particolari prodotti. In aggiunta questi aiuti includono una maggiore protezione ambientale e programmi di sviluppo regionali. 14

Il sistema dei prodotti a denominazione di origine, nello scenario n.3 (Conferenza di Cork) avrà la massima espressione territoriale, nello scenario n.1 (attuale) sarà più limitata. Nello scenario 2 (liberalizzazione) si identificherà un vantaggio predominate per i singoli settori produttivi con predominanza di concentrazione aziendali. Nello scenario 4 (regionalismo), si verificherà un vantaggio per le associazioni di produttori che potranno da un livello locale esercitare maggiormente i loro interessi anche se i risultati varieranno da regione a regione. Nel quadro dell attuale situazione della Sicilia, gli scenari 3 e 4 paiono essere quelli in grado di meglio valorizzare e tutelare i prodotti tipici siciliani. 3. Aspetti legati alla commercializzazione dei prodotti tipici Il processo di globalizzazione che da alcuni anni investe in misura crescente i sistemi economici, influenzando i comportamenti di imprese e consumatori, pone problematiche di grande rilevanza per la commercializzazione dei prodotti tipici. In particolare due aspetti risultano essenziali: la valorizzazione e la tutela dei prodotti e delle marche, attraverso la definizione di caratteri distintivi dell'offerta che consentano con posizionamento competitivo e differenziale nell'ambito dei contesti produttivi a sempre più elevato grado di standardizzazione, l'accesso a canali e reti di distribuzione internazionali, che permettano di estendere la commercializzazione dei prodotti oltre i confini locali per conseguire i volumi indispensabili per competere ed essere presenti nel mercato. 15

Queste due priorità strategiche assumono connotazioni del tutto particolari nel caso delle produzioni tipiche, che per loro natura risentono delle contrapposizioni e delle complementarità tra locale e globale. Lo scenario di riferimento, peraltro, presenta difficoltà strutturali che si aggiungono a quelle dimensionali e gestionali che affliggono le imprese produttrici dei prodotti tipici. S'intende fare riferimento soprattutto al trend negativo che caratterizza le esportazioni italiane, alla concorrenza nell'agroalimentare da parte di altri paesi europei e dei paesi emergenti, alla tendenza verso la globalizzazione dei mercati e delle imprese che rende sempre più difficile operare su base locale alle imprese minori. Le suddette difficoltà riscontrate sul piano dimensionale e gestionale delle imprese in esame possono essere schematizzate in genere per le diverse aree operative siciliane così come emerso dai questionari appositamente approntati (vedi allegato 2): area di produzione produzione localizzata, in quantità per lo più limitata e variabile; scarsi collegamenti tra i produttori, che spesso non sono in grado di attivare i meccanismi sinergici volti a favorire le necessarie economie di scala di scopo è di apprendimento; qualità della produzione troppo dipendente dalle pratiche individuali e dal know how della singola impresa, con alcuni casi di eccellenza ma anche con produzioni spesso mediocri; area distribuzione prevalenza del canale diretto e di quello del dettaglio specializzato, per lo più gestiti secondo logiche tradizionali e familiari, senza 16

l'ausilio delle moderne metodologie commerciali e delle tecnologie digitali; scarsa presenza nel canale della grande distribuzione, per la mancanza dei requisiti richiesti in termini produttivi e logistici e per una diffusa reticenza tra gli operatori ad intrattenere rapporti commerciali con soggetti ritenuti troppo distanti per dimensione e pratiche gestionali; insufficienti capacità di negoziazione e vendita, per il prevalente orientamento alla produzione delle imprese di prodotti tipici per lo più sottodimensionate per capacità produttiva area comunicazione esigui investimenti volti alla frammentazione degli operatori; altri costi in relazione alla produzione di piccola entità; scarsa progettazione e utilizzazione di marchi collettivi sostenuti da adeguati investimenti di marketing. Alle suddette difficoltà inerenti il versante dell'offerta, se ne aggiungono altre rilevanti in ottica di marketing in riferimento ai consumatori e alla tipologia dei consumi stessi. I consumatori dimostrano in primo luogo scarsa consapevolezza circa la natura e le caratteristiche dei prodotti tipici che sono percepiti in maniera diversa dai consumatori. Ricerche empiriche (Nomisma, 2000) hanno dimostrato che gli attributi della tipicità di un prodotto sono identificati in fattori quali: la genuinità (31,8%), l'uso di materie prime del territorio (24,5%), i metodi artigianali (18,5%), le ricette tradizionali (15,8%), l'acquisto diretto nei luoghi di produzione (9,4%). Ne deriva una certa confusione circa l'identificazione stessa 17

dei prodotti tipici (spesso confusi ad esempio con quelli biologici) e la definizione dei benefici attesi. La complessità dei consumi e delle diverse percezioni dei consumatori in realtà riflettono le incertezze e le diversità riscontrabili nella definizione del bene prodotto tipico. Questi ultimi infatti in prima istanza potrebbero essere considerati alla stregua di prodotti di largo consumo, in quanto appartenenti alle medesime categorie alimentari delle commodities, ma in realtà essi presentano invece una difficile sostituibilità man mano che cresce il riconoscimento della loro specificità connessa al legame con il territorio. Per tale motivo sono stati considerati quali specialty goods, in virtù del fatto che possono avere caratteristiche uniche tali che i consumatori sono disposti a sostenere i maggiori sforzi per l acquisto e a pagare un premium price. Il massimo valore attribuibile ai prodotti tipici si collega infatti alla possibilità di riconoscere la loro natura di beni-esperienza, inteso per quei particolari prodotti / servizi caratterizzati da una multidimensionalità (rilevata sul piano emozionale e sensoriale oltre che cognitivo), multifunzionalità (particolare attenzione alla protezione e legame con il territorio di produzione) e alto contenuto simbolico connesso alla percezione di autenticità e rispetto delle più antiche tradizioni. Ne deriva dovunque che le suddette specificità si traducono, sul piano dell approccio al marketing, in sostanziali differenze rispetto ai prodotti di largo consumo (tabella 1), proposte dal Cardinali e trasferibili anche ai prodotti tipici siciliani così come emerso dal questionario, espresse in termini di difficoltà nella definizione del posizionamento competitivo e delle relative forme di comunicazione che vanno specificamente 18

valutate e risolte prodotto per prodotto. Tabella 1 Le principali differenze di marketing tra prodotti tipici e prodotti di largo consumo. CARATTERISTICHE DEL PRODOTTI DI LARGO MERCATO CONSUMO Caratteristiche della domanda Domanda sostanzialmente (consumatori) Caratteristiche del prodotto PRODOTTI TIPICI uniforme territorialmente Modelli standardizzati per aree e paese Qualità costante nello spazio differenziati per regione Difficile standardizzazione e nel tempo qualitativa Corrispondenza biunivoca tra un nome e un livello Ruolo dell'innovazione di Domanda concentrata qualitativo Ruolo strategico Modelli di consumo Qualità variabile tra le aziende appartenenti ai consorzi di tutela Scarso ruolo prodotto dell'innovazione di prodotto dell'innovazione di prodotto Struttura competitiva del ed il processo Dominanza delle di processo Dominanza delle p.m.i. multinazionali Frammentazione produttiva Mercati concentrati Elevata concorrenza tra le Avanzata cultura di aziende associate al marketing consorzio settore Gestione delle leve di marketing mix Modelli logistici e Scarsa cultura di marketing manageriali avanzati Modelli manageriali e Flessibilità produttiva Le singole aziende logistici non competitivi controllano tutte le leve di comunicazione marketing Scarsa flessibilità produttiva Consorzio: prodotto e Imprese: prezzo e distribuzione Fonte: tratta a adattata da Cardinali, 1998 I prodotti tipici siciliani, evocando i pregi dell'antica tradizione del territorio di origine, godono di un vantaggio competitivo potenziale in concorrenza al bene di largo consumo, che i produttori devono riuscire ad attuare e valorizzare attraverso opportune strategie 19

competitive. È dimostrato infatti che l'immagine del luogo (o della nazione) di origine rappresenta, al pari del prezzo o del nome della marca, un extrinsic cue (suggerimento esterno) in grado di influenzare il comportamento dei consumatori e che questi utilizzano per acquisire informazioni utili per le loro scelte. Con specifico riferimento all'agroalimentare una ricerca Nomisma ha evidenziato come, all'interno della generale tendenza negativa che caratterizza le nostre esportazioni (3,9% nel 2003), facciano eccezione i prodotti alimentari dotati di capacità distintiva (17%). In particolare, si tratta di quei prodotti (olio d'oliva, formaggi, pasta, vino) in relazione ai quali si riesce a trasferire al consumatore i valori del territorio, della cultura e delle tradizioni retrostanti; queste problematiche le vedremo meglio sviluppate nel capitolo specifico del marketing territoriale dei prodotti tipici siciliani. Il richiamo di questi prodotti è dimostrato dalle contraffazioni e dalle imitazioni realizzate in tutto il mondo, le quali addirittura è stato evidenziato che abbiano solitamente un prezzo maggiore di quello dei prodotti originali. A questo proposito si pensi che negli USA solo il 10% dei più famosi prodotti tipici italiani è realmente italiano, mentre il 90% ha solo un marchio dell'azienda produttrice o un nome riferito al prodotto scritto in italiano, oppure mostra packaging tricolori, distintivi della bandiera nazionale dell'italia (De Castro, 2004). Frequente è infatti la confusione che i consumatori stranieri fanno tra prodotto italiano e prodotto tipico, che trova il massimo dell'aberrazione nell acquisto di prodotti tipicamente italiani, come la pasta o di gelati, ma prodotti all'estero ed equivocamente accompagnati da strumenti comunicativi evocativi 20