Valutazione dell eziologia professionale di una malattia

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1 Dossier Valutazione dell eziologia professionale di una malattia Tratto e modificato dalle Linee guida SIMLII, in revisione, per la prevenzione dei disturbi e delle patologie muscolo-scheletriche del rachide da movimentazione manuale di carichi. Coordinatore del gruppo di lavoro sull argomento: Stefano Mattioli Introduzione...2 La ricerca e l utilizzo delle evidenze...4 Formulazione del quesito clinico...4 Ricerca delle evidenze...4 Valutazione critica delle evidenze...5 Applicazione delle evidenze...6 Valutazione degli elementi a supporto di un origine extraprofessionale...9 Anamnesi fisiologica...9 Anamnesi familiare...9 Anamnesi patologica remota...10 Conclusioni...11 Editore Zadig via Ampère 59, Milano segreteria@zadig.it tel.: fax: Dossier 2011 Direttore: Pietro Dri Redazione: Annalisa Miglioranzi Autore dossier: Stefano Mattioli

2 Introduzione Nel valutare l eziologia professionale di una malattia, il medico del lavoro deve tenere in considerazione due elementi rilevanti: a) ogni stato o patologia può avere più cause (eziologia multifattoriale); b) la contemporanea azione di più concause è spesso necessaria per causare una variazione dello stato di salute (Porta, 2008). Ciò è particolarmente importante nell ambito delle patologie cronico-degenerative da sovraccarico biomeccanico. Infatti nell eziopatogenesi di queste malattie possono svolgere un ruolo molti fattori, quali le esposizioni ambientali precoci della vita, le comorbidità, le esposizioni voluttuarie e le esposizioni professionali. Ogni singolo caso potrà derivare da una diversa miscela di questi fattori. A complicare un quadro già tutt altro che lineare intervengono i fattori genetici. Non di rado comuni patologie che hanno esordio nell età adulta derivano da una complessa interazione tra geni ed ambiente (Feinberg, 2006). Per districarsi in questo difficile quadro può essere utile tenere in mente il modello delle torte causali pro - posto da Rothman e riportato in figura 1 (Rothman, 2002). Figura 1: modello delle torte causali di Rothman Meccanismo causale Singola causa componente Nel modello di Rothman le torte rappresentano combinazioni di concause (che l autore definisce cause componenti ) in grado di scatenare una patologia. Ogni torta prende il nome di meccanismo causale ed è carat - terizzata da una certa combinazione di cause componenti: per esempio, il meccanismo causale I è dato dalla contemporanea presenza delle cause componenti A, B, C, D e E. In figura 1, la patologia di interesse può essere generata da tre diversi meccanismi causali (I, II, III). Le cause componenti presenti nello schema possono essere fattori di svariata natura, alcuni dei quali legati a esposizioni professionali. Secondo questo modello, una singola malattia potrebbe essere causata da meccanismi causali che includono al loro interno una o più esposizioni professionali e/o da meccanismi causali che non le includono; pertanto, la stessa malattia può avere o meno un'origine professionale. Le singole cause componenti sono di per sé insufficienti a determinare lo stato di malattia; occorre però considerare che la loro assenza determina una riduzione dell incidenza della patologia. Consideriamo, per esempio, la causa componente G di figura 1. Essa per determinare la patologia deve agire assieme alle cause com - ponenti A, B, F e H; presa singolarmente, non è in grado di causare la malattia. Tuttavia, rimuovendola, l in - tero meccanismo causale II è destinato a sparire. Il modello di Rothman può essere adattato all ambito della medicina del lavoro. Le malattie a eziologia professionale non differiscono clinicamente dalle loro forme analoghe non causate dal lavoro (per esempio, l ernia del disco lombare negli esposti a MMC non differisce da quella nei non esposti); ciò è giustificabile dalla presenza di più meccanismi causali, di cui solo alcuni comprendono le cause componenti occupazionali. Prese singolarmente, le esposizioni professionali possono non essere sufficienti per lo sviluppo di una patologia; per esemplificare, si consideri che alcuni soggetti altamen - te esposti a fattori di rischio biomeccanici non sviluppano nessuna patologia muscoloscheletrica. Quando però i fattori di rischio biomeccanici agiscono come causa componente all interno di un meccanismo causale, - 2 -

3 si determina lo stato di patologia; rimuovendo l esposizione biomeccanica, pur persistendo le altre cause componenti, si determina una diminuzione del rischio di patologia. Considerando gli elementi sopra esposti emerge come l attribuzione dell eziologia professionale sia un processo assolutamente non elementare che il medico del lavoro deve affrontare con rigore metodologico, tenendo conto di tutte le informazioni disponibili. In primo luogo, un attenta raccolta dell anamnesi lavorativa è un elemento che il medico specialista in medi - cina del lavoro non può trascurare; l esposizione professionale deve essere indagata in termini di frequenza, intensità, durata ed età alla prima esposizione (fattore di importanza non trascurabile nella genesi di molte patologie). Oltre alla storia lavorativa, devono essere raccolte quante più informazioni possibili sulle abitudine personali (anamnesi fisiologica), sulla storia familiare (anamnesi familiare), sulla presenza di patologie associate a quella in esame (anamnesi patologica remota) e sulle modalità di insorgenza e sulla presentazione della patologia che si sta investigando (anamnesi patologia recente). Raccolte queste informazioni, il medico deve metterle a frutto, combinandole con l evidenza scientifica per stabilire l eventuale nesso causale tra le esposizioni professionali pregresse di un individuo e la patologia di interesse. Uno schema datato, ma apprezzabile nella sua linearità, è quello proposto dal NIOSH nel Il procedi - mento, riportato in tabella 2, si articola in sei passi; è interessante notare come il medico del lavoro debba necessariamente interfacciarsi con la pratica clinica, con l epidemiologia e con le tecniche di valutazione dell esposizione. Egli dovrà infatti valutare l evidenza a partire dall individuo (definizione diagnostica, storia naturale della malattia), reperire e comprendere l evidenza scientifica, individuare e valutare l esposizione sospetta causa della malattia. Tabella 2: schema proposto dal NIOSH per la valutazione dell eziologia professionale di una malattia Passaggio 1 Evidenza legata alla patologia 2 Epidemiologia 3 Evidenza dell esposizione Domande chiave Di quale patologia si tratta? Quale certezza diagnostica si può ottenere per la patologia in esame? Quale evidenza scientifica supporta o confuta la diagnosi? Quali dati epidemiologici sono disponibili, relativamente a questa patologia? L epidemiologia supporta una relazione con l attività lavorativa? Quale evidenza c è che il livello di esposizione sperimentata, in termini di durata, frequenza ed intensità, sia compatibile con l insorgenza della patologia? 4 Considerazioni su altri fattori eziopatogenetici Quali altri fattori causali sono da tenere in considerazione? 5 Validità della letteratura Ci sono informazioni contrastanti in letteratura circa l associazione osservata? 6 Conclusioni Sintesi dei passaggi precedenti La valutazione dell evidenza clinica e dell esposizione necessariamente varieranno a seconda della patologia e dell esposizione in oggetto; una loro trattazione esula dagli scopi di questo capitolo. Al contrario, le modalità di valutazione ed utilizzo dell evidenza epidemiologica sulla presenza di una associazione causale presenta elementi che prescindono il contesto eziopatogenetico e verranno presentate nei prossimi paragrafi

4 La ricerca e l utilizzo delle evidenze Per la ricerca delle evidenze il medico del lavoro può far riferimento alle indicazioni della Evidence Based medicine (EBM), ossia alla pratica della medicina basata sulle evidenze, diffusa in ambito clinico. In questo paragrafo presenteremo una breve panoramica delle tecniche che il medico del lavoro può utilizzare per la ricerca di informazioni sull eziologia professionale di una malattia. Per approfondimenti sulla pratica dell EBM si rimanda al sito del Gruppo Italiano per la Medicina Basata sulle Evidenze, disponibile su Per approfondimenti sulla sua applicazione all ambito preventivo si rimanda al gruppo italiano di EBP (Evidence Based Prevention) su A livello internazionale, la valutazione delle prove di efficacia delle attività preventive in Medicina del lavoro è seguita dal Cochrane Occupational Review Group, relativamente alla attività di questo ambito della Cochrane Collaboration si rimanda al sito Schematicamente, la ricerca delle evidenze si articola in 4 passaggi (Straus e Sackett, 1998): 1) formulazione del quesito clinico; 2) ricerca delle evidenze; 3) valutazione critica delle evidenze; 4) applicazione delle evidenze. Rispetto alla pratica clinica, l applicazione di questi 4 passaggi nel nostro settore necessita di alcuni accorgimenti specifici che presenteremo nei paragrafi successivi. Formulazione del quesito clinico La definizione di un quesito clinico specifico e ben circostanziato è fondamentale per poter condurre una ricerca efficace. Al fine di eseguire una corretta formulazione, si può strutturare il quesito secondo il metodo PICO: Paziente/Popolazione: la popolazione o la tipologia di paziente Intervento: nel contesto eziologico, l esposizione ad un fattore di rischio Confronto: l esposizione alternativa Outcome: la condizione/malattia di interesse Un esempio di quesito clinico formulato con il metodo PICO è: gli operai (P) che movimentano manualmente carichi (I) hanno un rischio aumentato di sviluppare ernia del disco lombare (O) rispetto alla popolazione white-collar (C)? Occorre sottolineare che il modello PICO è un ausilio mnemonico e non deve costituire un vincolo. Inoltre, nel nostro settore la definizione dell esposizione rappresenta un elemento cardine, la cui esatta definizione va oltre l applicazione del metodo PICO. Ricerca delle evidenze La ricerca delle evidenze scientifiche avveniva tradizionalmente attraverso la consultazione di riviste e di indici cartacei. Oggigiorno l utilizzo di banche dati elettroniche ha soppiantato queste pratiche e notevolmente ampliato e velocizzato la ricerca. La banca data più vasta è MEDLINE (Medical Literature Analysis and Retrieval System Online), consultabile gratuitamente attraverso il motore di ricerca PubMed ( L utilizzo di PubMed permette di identificare oltre venti milioni di citazioni bibliografiche. Tale abbondanza di letteratura biomedica offre al medico una ricchissima fonte di evidenze; tuttavia, proprio a causa del grande numero di citazioni, la consultazione del database può essere tutt altro che agevole. In letteratura sono state proposte stringhe di ricerca pre-confezionate per velocizzare e rendere più efficace il processo di ricerca. In particolare, si ricorda l esistenza di due stringhe (una più specifica ed una più sensibile) appositamente create per la ricerca di informazioni sull eziologia professionale (Mattioli et al, 2010). Le due stringhe sono presentate in tabella 3. Le stringhe possono essere digitate nel campo di ricerca di PubMed, assieme al nome della patologia che si vuole investigare; in alternativa, le due stringhe possono essere richiamate velocemente digitando nella barra di ricerca del browser internet i due URL (Uniform Resource Locator) brevi riportati in tabella sotto le stringhe. Un breve tutorial con le indicazioni per l uso delle stringhe è disponibile sul sito INAIL (ex ISPESL) l articolo completo pubblicato su Occupatio

5 nal and Environmental Medicine è consultabile gratuitamente su Oltre a MEDLINE, ma non più gratuitamente, per la ricerca di articoli scientifici si può fare riferimento a Embase, un altra grande banca dati elettronica consultabile online su In aggiunta alle due grandi banche dati appena citate, sono innumerevoli le banche dati e i motori di ricerca disponibili sulla rete. Tra i vari, citiamo la collezione di citazioni del CCOHS (Canadian Center for Occupational Health and Safety) disponibile, dietro abbonamento, on-line su si tratta di un metamotore di ricerca che sfrutta varie banche dati specifiche del settore occupazionale, tra le quali quelle statunitensi del NIOSH e quella britannica di HSE. Infine, sebbene non pertinente al tema dell eziologia professionale, si segnala il database della Cochrane Library ( nel quale è possibile consultare le revisioni Cochrane. Si tratta di revisioni di altissima qualità metodologica, che trattano l effectiveness di trattamenti, interventi di prevenzione o cura e metodologie diagnostiche. Tabella 3: stringhe di ricerca per l utilizzo di PubMed per la ricerca di informazioni sull eziologia professionale di una malattia e URL abbreviati Stringa più specifica (occupational diseases [MH] OR occupational exposure [MH] OR occupational medicine [MH] OR occupational risk [TW] OR occupational hazard [TW] OR (industry [MeSH Terms] mortality [SH]) OR occupational group* [TW] OR work-related OR occupational air pollutants [MH] OR working environment [TW]) AND nome-dellamalattia Stringa più sensibile (occupational diseases [MH] OR occupational exposure [MH] OR occupational exposure* [TW] OR occupational health OR occupational medicine OR work-related OR working environment [TW] OR at work [TW] OR work environment [TW] OR occupations [MH] OR work [MH] OR workplace* [TW] OR workload OR occupation* OR worke* OR work place* [TW] OR work site* [TW] OR job* [TW] OR occupational groups [MH] OR employment OR worksite* OR industry) AND nome-della-malattia Valutazione critica delle evidenze La selezione delle evidenze inizia con la scelta del livello del materiale scientifico da consultare. È infatti possibile individuare una gerarchia della letteratura medica che pone al livello più alto le linee guida, a quello intermedio le revisioni e al livello inferiore gli studi primari. In presenza di linee guida recenti e per - tinenti il medico del lavoro potrà omettere la ricerca ai livelli inferiori; rispetto alle altre fonti di informazio - ni, le linee guida offrono evidenze che sono già state valutate da esperti del settore e permettono di velocizzare il processo di acquisizione delle informazioni. In assenza di linee guida, l attenzione passa alle revisioni. È importante distinguere tra revisioni sistematiche, che si basano su una ricerca estensiva delle pubblicazioni primarie e applicano criteri oggettivi di giudi - zio, e revisioni narrative, che non si basano su rigore metodologico e presentano il punto di vista degli autori. Le revisioni possono essere accompagnate da una meta-analisi, ossia da una stima quantitativa dell associazione oggetto di interesse dell articolo. Gli studi primari possono essere classificati secondo il disegno dello studio (Levine et al, 1994): 1) trial randomizzato e controllato (TRC) 2) studio di coorte; 3) studio caso-controllo; 4) studio trasversali; 5) case series e case report. In genere, i TRC sono considerati gli studi maggiormente informativi; purtroppo questo disegno di studio, utile nell ambito degli studi clinici, difficilmente si concilia con gli studi eziologici. Tra gli studi osservaziona - li, gli studi di coorte forniscono solitamente le informazioni eziologiche più solide; tuttavia i costi e le difficoltà pratiche ne ostacolano spesso l utilizzo. Gli studi caso-controllo rendono possibile indagare esposizioni - 5 -

6 multiple e malattie rare e sono da considerarsi studi di buona qualità; il limite principale di questi studi è la misura dell esposizione, spesso auto-riferita dai pazienti e raccolta retrospettivamente. Gli studi trasversali ignorano la dimensione temporale e sono facilmente soggetti a distorsioni. Infine, le case series e i case re - port presentano evidenze aneddotiche e possono essere utili solo in assenza di studi di qualità superiore. Nel valutare la qualità di uno studio eziologico occorre tenere conto di almeno tre dimensioni fondamentali: a) validità interna dello studio, ossia l assenza di errori sistematici dovuti a carenze metodologiche; b) validità esterna dello studio, ossia la sua generalizzabilità e la possibilità di utilizzare i suoi risultati per rispondere al nostro quesito; c) valutazione dei risultati in termini di forza dell associazione e precisione delle stime. Per guidare la valutazione delle evidenze scientifiche sono state proposti e utilizzati svariati metodi. I criteri maggiormente utilizzati per valutare l evidenza scientifica sono quelli proposti nell ambito di uno studio sugli effetti del fumo di sigaretta sulla salute umana, dallo statistico inglese Sir Austin Bradford Hill e dal Comitato Consultivo per la Salute Pubblica degli U.S.A nel 1964 (Hill, 1965): 1) Strenght: forza dell associazione; 2) Consistency: osservazioni ripetute in tempi e circostanze diversi; 3) Specificity: ciascun effetto ha una singola causa; 4) Plausibility: l ipotesi causale è in linea con le conoscenze eziopatogenetiche; 5) Coherence: coerenza con altri dati scientifici; 6) Experimental evidence: evidenza da esperimenti o studi sperimentali; 7) Analogy: esistono effetti simili causati da fattori che agiscono allo stesso modo; 8) Temporality: la causa precede l effetto di un lasso di tempo adeguato; 9) Biological gradient: esiste una relazione dose-risposta. Sebbene ormai entrati nell uso comune, i criteri di Hill presentano diversi limiti. Rothman, nel suo celebre libro Epidemiology, an introduction avanzò dubbi su ciascuno dei criteri (Rothman, 2002). In particolare rammentiamo che la specificity è difficilmente identificabile in ambito medico e anzi a una causa corrispondono spesso più effetti (per esempio, il fumo può causare sia tumori sia malattie cardiovascolari). Inoltre, occorre precisare che lo stesso Hill, nel commentare il criterio plausibility, scrisse: Sarà utile se la causalità da noi sospettata (riferendosi all associazione tra cancro al polmone e fumo di sigaretta) è biologicamente plausibile. Ma questa è una caratteristica che, ne sono sicuro, noi non possiamo pretendere (Hill, 1965). I criteri di Hill sono quindi, al pari di tutti gli altri, non una rigida checklist, ma un insieme di parametri la cui applicabilità è da valutarsi di volta in volta e che devono essere necessariamente contestualizzati; l analisi delle evidenze scientifiche non può essere effettuata secondo modalità meccanicistiche. Applicazione delle evidenze Nei paragrafi precedenti abbiamo descritto come si possano reperire le migliori evidenze disponibili sull associazione tra un esposizione ed una malattia. Resta da stabilire come il medico del lavoro possa passare dal generale (gli studi di popolazione) al particolare (il paziente). Infatti, le nostre conoscenze sull eziologia professionale delle malattie derivano da studi nei quali è stato evidenziato, per una data malattia, un eccesso di casi (incidenza) all interno di una popolazione esposta. Partendo da queste conoscenze, per valutare la presenza di un nesso di causalità a livello individuale, per prima cosa si deve considerare il tipo di informazioni che è possibile estrapolare da uno studio epidemiologico. In presenza di una ricerca di alta qualità, e quindi priva di distorsioni, è possibile stimare una misura dell ef - fetto dell esposizione nel determinare la malattia. Tra le misure di effetto più frequentemente utilizzate troviamo: 1) il Rapporto di Rischio, o Rischio Relativo (RR); 2) la Differenza di Rischio (DR); 3) il Rischio Attribuibile (RA). Le caratteristiche fondamentali di questi stimatori sono riportate in tabella 4 (Rothman et al, 2008)

7 Tabella 4: misure di effetto: tecnica di stima e interpretazione Misura di effetto Tecnica di stima Interpretazione* Rapporto di Rischio (RR) RR = IE/INE Il RR è una misura della potenza causale del fattore di esposizione nei confronti della malattia Differenza di Rischio (DR) RD = IE-INE La DR misura il numero di casi causati dall esposizione tra gli esposti Rischio Attribuibile (RA) 1) RA = (IE-INE)/IE*100 2) RA = (RR-1)/RR Il RA misura la proporzione di casi causati dall esposizione tra gli esposti Rischio Attribuibile (RA)% 1) RA = (IE-INE)/IE*100 2) RA = (RR-1)/RR*100 Rischio Attribuibile percentuale Abbreviazioni: IE, incidenza tra gli esposti; INE, incidenza tra i non esposti. *L interpretazione presentata è valida solo in assenza di distorsioni/errori. A partire dagli anni 80 si è cominciato a utilizzare il concetto di probabilità di causa (probability of causation), ossia la probabilità che un dato caso di malattia sia stato causato dall esposizione (Porta, 2008). Questo tipo di approccio si fonda su un modello causale probabilistico, ossia un modello nel quale una causa (non obbligatoriamente necessaria o sufficiente) aumenta la probabilità di presentare l effetto. Si ricorda che tale tipo di modello è oggi quello più utilizzato per lo studio delle cause delle malattie (si pensi, per esempio, al modello stocastico utilizzato per studiare il rischio di neoplasia legato all esposizione a radiazioni ionizzanti). Solitamente si utilizza il rischio attribuibile per stimare la probability of causation; questo approccio è lecito solo in presenza di dati derivanti da studi epidemiologici senza importanti distorsioni o errori e occorre ricordare che il RA può in realtà sottostimare la probability of causation. L applicazione del concetto di probability of causation si è diffusa in ambito giuridico per la sua facilità: secondo i criteri più utilizzati, si può attribuire la patologia all esposizione se il RR negli esposti è maggiore o uguale a 2 (concetto della doubling dose) o se il RA è maggiore al 50% (ovvero più probabile che no ). Purtroppo, l utilizzo della probabilità di causa presenta un limite fondamentale. Infatti, la probabilità di causa in un dato gruppo di esposti è uguale per ogni caso; tuttavia, nella realtà, ogni singolo caso o è stato dovuto alla patologia o non lo è stato. Per esemplificare, po - tremmo supporre di avere solidi studi epidemiologici che dimostrino che il RR di tumore al polmone negli addetti alla gassificazione del carbone (esposti a idrocarburi policiclici aromatici) sia pari a 2,6 (si veda Bosetti et al., 2007). In questo caso il RA% sarebbe pari al 62% [(RR-1)/RR*100 (2,6-1)/2,6*100]; se sotto questo scenario noi valutassimo 100 casi di tumore al polmone in addetti alla gassificazione del carbone, essendo la probabilità di causa superiore al 50%, potremmo attribuire all esposizione professionale tutti i 100 casi verificatesi. Questo approccio, definito frequentista, porrebbe sullo stesso piano tutti i casi. In realtà, sotto una prospettiva più rigorosa, nel nostro gruppo 62 casi sarebbero stati causati dall esposizione (probabilità pari al 100%), mentre 38 casi avrebbero altre cause (probabilità pari allo 0%). È evidente, quindi, come l applicazione schematica del concetto di probabilità di causa possa portare a sottostimare (in presenza di RR< di 2) o a sovrastimare (per RR > di 2) il numero di casi attribuiti all esposizione. Per superare questo limite è stato proposto l utilizzo di una diversa metodologia di valutazione, l approccio Bayesiano (Vandentorren et al., 2006). Il teorema di Bayes (enunciato nel 1763) afferma che la probabilità a priori che un ipotesi sia vera, moltiplicata per un fattore fornito da nuova evidenza (tecnicamente definito rapporto di verosimiglianza), fornisce la probabilità a posteriori che l ipotesi sia vera. Questo concetto, complicato nella sua formulazione, è in realtà parte (inconsapevole) del processo di decisione clinica (Gill et al., 2005). Da sempre, il clinico combina assieme l esito della sua visita (probabilità a priori) con quello degli accertamenti diagnostici (rapporto di verosimiglianza) per formulare la diagnosi (probabilità a posteriori)

8 Lo stesso processo potrebbe essere adottato nel nostro ambito. Per giudicare l origine professionale di una malattia si hanno a disposizione due diverse fonti di informazioni: a) gli studi epidemiologici su larga scala, che possono fornire solide evidenze sul rischio di un gruppo di esposti di contrarre una malattia e quindi fornire la probabilità a priori di malattia; b) le ricerche empiriche che presentano misurazioni sul campo dell esposizione effettuate secondo le migliori prassi, che possono fornire indicazioni sulla distribuzione del rischio di una data malattia tra gli esposti e quindi rappresentare il rapporto di verosimiglianza. Il medico del lavoro dovrebbe combinare questi elementi, considerarli anche alla luce delle conoscenze sui fattori di rischio individuali e, infine, formulare il suo giudizio sull eziologia professionale di una malattia (probabilità a posteriori). L approccio bayesiano può quindi essere considerato il modo più completo per poter attribuire il nesso di causalità a livello individuale; tuttavia la sua applicazione è subordinata alla disponibilità di informazioni dettagliate sulla relazione dose-risposta tra un esposizione e una malattia. Per quanto riguarda la relazione fra coxartrosi ed esposizione lavorativa, si può citare il lavoro di Coggon e colleghi (1998) come quello con il massimo punteggio di qualità attribuito da Jensen (2008). L articolo, pubblicato su una delle riviste più importanti nell ambito epidemiologico, è uno studio caso controllo di 611 casi di coxartrosi e 611 controlli di popolazione; l esposizione a MMC è stata quantificata in termini di durata, frequenza e peso massimo sollevato. Nel caso di esposizioni pregresse di almeno 10 anni e di frequenze di solle - vamento di almeno 10 atti a settimana sono stati stimati odds ratio di 2,3 (IC95% 1,2-4,2) per pesi di almeno 10kg e di 2,7 (IC95% 1,4-5,1) per pesi di almeno 25kg. La presenza di una revisione sistematica di alta qualità semplifica notevolmente il compito: gli studi presenti in letteratura sono sufficientemente coerenti nell identificare un aumento di rischio di coxartrosi tra gli uomini esposti a MMC. Si possono quindi utilizzare le conclusioni nell ambito della valutazione del rischio

9 Valutazione degli elementi a supporto di un origine extraprofessionale Nel giudicare l eziologia di una malattia il medico del lavoro, partendo da posizioni non pregiudiziali, deve effettuare una valutazione a tutto tondo delle possibili cause, al fine di discriminare correttamente tra patologie di origine professionale ed extraprofessionale. Le patologie cronico-degenerative dell apparato muscoloscheletrico riconoscono una vasta gamma di possibili eziologie. Nel caso dell artrosi sono fattori predisponenti noti l'obesità, il sesso femminile, i traumi articolari e lo stress continuo. Oltre a questi fattori anche le alterazioni dei processi metabolici dell osso (ad esempio su base endocrina) possono accelerare i processi degenerativi. Nel caso del distretto corporeo di interesse (articolazione coxo-femorale) è anche necessario valutare la presenza di alterazioni strutturali dell articolazione (congenite o acquisite) che, alterando le dinamiche, possono aumentare l usura delle superfici articolari. Il medico deve sempre considerare una possibile origine multifattoriale, ossia deve valutare se più fattori di rischio (occupazionali, ambientali, personali, genetici ) hanno agito contemporaneamente; è inoltre importante stabilire il possibile peso dei singoli fattori di rischio concomitanti. Nell ambito della sorveglianza sanitaria del personale addetto alla MMC, il medico si troverà spesso a dover valutare il possibile nesso eziologico tra questa esposizione ed una patologia della colonna vertebrale. Per tale motivo, in questo paragrafo riporteremo brevemente le note anamnestiche essenziali da raccogliere in presenza di un lavoratore esposto a MMC ed affetto da una patologia rachidea. Anamnesi fisiologica Le pregresse gravidanze sono state suggerite come possibile fattore di rischio dell ernia del disco intervertebrale; tuttavia questa associazione non è supportata da evidenze significative. Il fumo di sigaretta è stato associato ad un moderato aumento del rischio di soffrire di mal di schiena (Shiri et al, 2010). Il consumo di bevande alcoliche non appare associato al rischio di lombalgia ed ernia del disco ed un moderato consumo di alcool è stato addirittura associato ad una diminuzione del rischio di ernia del disco (Zhang et al, 2008). L anamnesi sportiva e la pratica di hobby possono fornire indicazioni sull esposizione a fattori di rischio professionali extralavorativi. Sebbene non siano numerosi gli studi sufficientemente informativi al riguardo, gli studi inclusi nella revisione di Hildebrandt parlano a favore dell associazione positiva tra attività sedentaria e attività sportiva molto intensa, come può essere quella agonistica, e lombalgia (Hildebrandt et al.2000). Anamnesi familiare Come indicato nel capitolo relativo ai dati epidemiologici su MMC e patologie del rachide, è stata ipotizzata una forte componente ereditaria per le patologie degenerative. Perciò la raccolta di informazioni sulla presenza della patologia di interesse nei familiari diretti è un informazione essenziale da raccogliere. Si consideri che in un recentissimo studio, condotto su di un milione di abitanti dello Utah, il rischio di ernia del disco tra le persone con un familiare di primo grado affetto dalla patologia è risultato essere 4,15 volte più alto del rischio di chi non ha familiari affetti (Patel et al, 2011); nello stesso studio è stato identificato anche un rischio pari ad 1,46 per le persone con un parente di terzo grado affetto. Occorre però precisare che la presenza di due persone in famiglia affette dalla stessa patologia non è necessariamente spiegata dalla sola condivisione di fattori di rischio genetici; non di rado infatti i familiari condividono esposizioni professionali ed ambientali che possono avere rilevanza nella genesi della patologia. Quindi, nel valutare l anamnesi familiare non si deve dimenticare di indagare la storia professionale degli eventuali parenti affetti dalla patologia studiata; la presenza di familiarità (su base ereditaria) per la patologia sarà perciò particolarmente significativa nel caso in cui i parenti affetti dalla patologia non siano stati esposti professionalmente al fattore di rischio che si sta indagando

10 Anamnesi patologica remota La presenza di alterazioni posturali e morfologiche del rachide potrebbero associarsi a un aumento del rischio di sviluppare patologie degenerative del rachide; purtroppo in letteratura mancano studi analitici che forniscano indicazione sui livelli di rischio e che quindi permettano di valutare il contributo eziologico. Tra le note anamnestiche il medico dovrà sempre ricercare la presenza di pregressi traumi (professionali o non) o di eventi scatenanti. In uno studio del 2010 su 154 persone affette da ernia del disco lombare i ricerca - tori hanno identificato un evento scatenante nel 37,7% dei casi: nel 26% si trattava di attività fisica pesante (esclusa la MMC), nel 6,5% di movimentazione manuale di carichi pesanti, nel 2% di movimentazione di carichi leggeri, nel 2% di attività fisica leggera e nel 1,3% dei casi di un trauma fisico (Suri et al., 2010)

11 Conclusioni In conclusione, quindi, il medico del lavoro, nel valutare la possibile origine professionale di una patologia o di un disturbo del rachide seguendo i passi proposti dal NIOSH (Kusnetz e Hutchinson 1979), dovrà: a) valutare attentamente la correttezza del procedimento diagnostico seguito, dipendendo da questo la definizione della patologia e della sua gravità; b) conoscere i dati epidemiologici relativi alla patologia in esame, anche in relazione al rapporto con la MMC: ci si può avvalere di quanto riportato nel capitolo a questo dedicato, ma si può approfondire o aggiornare la ricerca in letteratura, anche seguendo le indicazioni fornite in questo capitolo; c) raccogliere, direttamente presso il luogo di lavoro od indirettamente (e allora con il massimo dettaglio possibile), informazioni sulle modalità di svolgimento della MMC e sulle eventuali altre coesposizioni professionali, soprattutto di ordine biomeccanico; d) raccogliere, in sede anamnestica, informazioni sugli altri possibili fattori non professionali che possano considerarsi causali o concausali, circa i quali sono state fornite notizie nei paragrafi precedenti; e) considerare l eventuale carenza di studi di qualità e/o i risultati contrastanti circa l esistenza di un associazione tra MMC (ed altri fattori professionali ed extraprofessionali) e patologia/disturbo in esame; f) sulla base dei precedenti punti, trarre conclusioni basate sull evidenza. Bibliografia Bosetti C, Boffetta P, La Vecchia C. Occupational exposures to polycyclic aromatic hydrocarbons, and respiratory and urinary tract cancers: a quantitative review to Ann Oncol Mar;18(3): Coggon D, Kellingray S, Inskip H, Croft P, Campbell L, Cooper C. Osteoarthritis of the hip and occupational lifting. Am J Epidemiol Mar 15;147(6): Feinberg AP. Phenotypic plasticity and the epigenetics of human disease. Nature 2007, 447: Gill CJ, Sabin L, Schmid CH. Why clinicians are natural bayesians. BMJ May 7;330(7499): Review. Erratum in: BMJ Jun 11;330(7504):1369. Hildebrandt VH, Bongers PM, Dul J, van Dijk FJ, Kemper HC. The relationship between leisure time, physical activities and musculoskeletal symptoms and disability in worker populations. Int Arch Occup Environ Health Nov;73(8): Hill AB. The environment and the disease: association or causation? Proc R Soc Med. 1964;58:295. Jensen LK. Hip osteoarthritis: influence of work with heavy lifting, climbing stairs or ladders, or combining kneeling/squatting with heavy lifting. Occup Environ Med Jan;65(1):6-19. Kusnetz S, Hutchinson MK (eds). A Guide to the Work Relatedness of a Disease. DHHS (NIOSH) Publication, Disponibile on-line su (accesso del 18 maggio 2011) Levine M, Walter S, Lee H, Haines T, Holbrook A, Moyer V. Users' guides to the medical literature. IV. How to use an article about harm. Evidence-Based Medicine Working Group. JAMA May 25;271(20): Mattioli S, Zanardi F, Baldasseroni A, Schaafsma F, Cooke RM, Mancini G, Fierro M, Santangelo C, Farioli A, Fucksia S, Curti S, Violante FS, Verbeek J. Search strings for the study of putative occupational determinants of disease. Oc - cup Environ Med Jul;67(7): Patel AA, Spiker WR, Daubs M, Brodke D, Cannon-Albright LA. Evidence for an inherited predisposition to lumbar disc disease. J Bone Joint Surg Am Feb 2;93(3): Richardson WS, Wilson MC, Nishikawa J, Hayward RS. The well-built clinical question: a key to evidence-based de - cisions. ACP J Club Nov-Dec;123(3):A12-3. Rothman KJ. Epidemiology. An introduction. Oxford University Press: Oxford, Rothman KJ, Greenland S, Lash TL. Modern epidemiology. New York: Lippincott, Williams and Wilkins, Shiri R, Karppinen J, Leino-Arjas P, Solovieva S, Viikari-Juntura E. The association between smoking and low back pain: a meta-analysis. Am J Med Jan;123(1):87.e7-35. Straus SE, Sackett DL. Using research findings in clinical practice. BMJ Aug 1;317(7154): Review. Suri P, Hunter DJ, Jouve C, Hartigan C, Limke J, Pena E, Swaim B, Li L, Rainville J. Inciting events associated with lumbar disc herniation. Spine J May;10(5): Vandentorren S, Salmi LR, Mathoulin-Pélissier S, Baldi I, Brochard P; Bayesian Imputability Group. Imputation of individual cancer cases to occupational causes. Scand J Work Environ Health Feb;32(1): Zhang N, Yin Y, Chen WS, Xu SJ. Moderate alcohol consumption may decrease risk of intervertebral disc degeneration. Med Hypotheses Oct;71(4):

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