Sarcomi. Paolo G. Casali, Alessandro Comandone, Stefano Ferrari, Alessandro Gronchi, Angelo P. Dei Tos INTRODUZIONE

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1 Sarcomi 16 Paolo G. Casali, Alessandro Comandone, Stefano Ferrari, Alessandro Gronchi, Angelo P. Dei Tos INTRODUZIONE I sarcomi sono tumori istogeneticamente riconducibili al mesenchima, cioè al tessuto connettivo embrionale. Essi ripropongono quindi aspetti differenziativi propri dei tessuti connettivi. Per esempio, il liposarcoma è un tumore maligno con una differenziazione che ricorda quella del tessuto adiposo e il leiomiosarcoma quella del tessuto muscolare. Alcuni sarcomi mostrano una differenziazione che non trova alcun corrispettivo naturale, come per esempio il sarcoma sinoviale. Inoltre, la differenziazione può essere più o meno marcata, a seconda del grado di malignità, così che i sarcomi ad alto grado di malignità tendono a mostrare di meno, o non mostrare affatto, una chiara differenziazione. Spesso l immunoistochimica può comunque svelare aspetti differenziativi che consentono di confermare, o di ipotizzare, una diagnosi di istotipo. Altre volte, il grado di malignità è tale che la diagnosi è necessariamente quella di sarcoma non ulteriormente specificabile. In alcuni casi, vi sono dei marcatori biomolecolari che consentono un attribuzione di istotipo, come nei sarcomi con traslocazioni cromosomiche. Vi sono alcuni fattori di rischio chimico, da esposizione ambientale o professionale, come in particolare alcuni erbicidi, la diossina, il cloruro di vinile (Lahat et al., 2008). Esistono alcune condizioni predisponenti su base genetica, come la neurofibromatosi di tipo 1 e 2, la poliposi familiare, la sindrome di Li Fraumeni (Uhlmann e Plotkin 2012; Half et al., 2009; Malkin, 2011). Il linfedema cronico può sottendere casi di angiosarcoma. Una pregressa radioterapia, con intervalli intorno ai 10 anni o più, è la causa di un piccolo numero di sarcomi (Berrington de Gonzalez et al., 2012). Si tratta in genere di sarcomi ad alto grado di malignità non ulteriormente specificabili, ma anche di osteosarcomi, tumori maligni delle guaine dei nervi periferici, angiosarcomi (tipicamente in mammella irradiata). Infine, non vi sono evidenze che correlino i sarcomi ai traumi. I sarcomi sono tumori rari (Stiller et al., 2013). Complessivamente, essi hanno infatti un incidenza intorno a 6/ /anno, e inoltre si suddividono ulteriormente in alcune decine di sottogruppi, con differenze spesso rilevanti dal punto di vista terapeutico. Una partizione grossolana consente di distinguere alcuni gruppi, ciascuno comprendente anche molti istotipi. Il più frequente di questi gruppi è costituito dai sarcomi dei tessuti molli dell adulto, con un incidenza superiore a 4/ /anno. Essi originano nelle parti molli, a livello superficiale o profondo, o nei visceri. Ne consegue che la loro origine anatomica può essere ubiquitaria. Il secondo gruppo comprende i sarcomi dell osso, rappresentati dall osteosarcoma e dal sarcoma di Ewing, tipici dell adolescenza, e dal condrosarcoma e alcuni altri tumori ossei particolarmente rari (come il cordoma), tipici dell adulto. Vi è poi il rabdomiosarcoma (embrionale o alveolare), sarcoma dei tessuti molli che è proprio dell età infantile. In tutti i sarcomi vi è la possibilità di un insorgenza in età non tipica. In questi casi, l istotipo sottende comunque il comportamento biologico e clinico della malattia e dunque, in linea di massima, determina anche il trattamento. Naturalmente possono esservi differenze di tollerabilità delle terapie in relazione all età, ma i criteri terapeutici, in linea di massima, dovrebbero essere i medesimi in base all istotipo. Infine, istotipi propri dell osso (per esempio, il sarcoma di Ewing) possono originare dai tessuti molli e istotipi propri dei tessuti molli (per esempio, l angiosarcoma) possono originare dall osso. Ancora, in linea di massima, le caratteristiche clinico-biologiche sono ascrivibili più all istotipo che alla sede anatomica. In questo capitolo si accenna a tutti i gruppi della famiglia dei sarcomi, a eccezione del rabdomiosarcoma. La rarità complessiva dei sarcomi e la loro ulteriore frammentazione rendono necessarie forme di riferimento elettivo dei pazienti, per superare la difficoltà, tipica delle malattie rare, del difetto di esperienza al di fuori di centri iperspecialistici. Una raccomandazione tradizionale è dunque di riferire i pazienti con sarcoma verso centri dedicati. Oggi, questo può anche tradursi nel riferimento elettivo verso reti collaborative che comprendano questi centri e ne pongano in condivisione la competenza specialistica. Un esempio è, in Italia, la Rete Tumori Rari. Il riferimento dovrebbe avvenire, preferibilmente, prima ancora della biopsia diagnostica di sarcoma, poiché una biopsia condotta in modo inappropriato può avere conseguenze per la successiva chirurgia. I pazienti con masse profonde dei tessuti molli, o con masse superficiali di diametro >5 cm, dovrebbero dunque essere riferiti a centri dedicati, in quanto la probabilità che si tratti di un sarcoma è significativamente elevata (Styring et al., 2012). A maggior ragione, comunque, l invio del paziente a un centro di riferimento dovrebbe realizzarsi almeno quando vi sia la diagnosi istologica di sarcoma. In caso contrario, si incorre in un numero elevato di radicalizzazioni chirurgiche dopo una prima 629

2 630 Capitolo 16 Sarcomi chirurgia inappropriata, e, cosa ancor più importante, di errori strategici nella decisione clinica. Particolarmente, la decisione clinico-strategica e la diagnosi istopatologica sono tempi critici per una buona qualità di cura, e per essi un riferimento appropriato del paziente è cruciale. Anche nei centri di riferimento, ovviamente, si dovrà scontare l eccesso di incertezza che è tipico delle malattie rare. Questo dipende dal basso numero di casi inseribili negli studi clinici quando la malattia è rara e dunque dal difetto di evidenza che vi è connaturato. Questa incertezza, laddove esistente, dovrebbe sempre essere condivisa con il paziente, informato della sua condizione, così come della rarità di quest ultima e delle implicazioni che ne derivano. Il riferimento elettivo dei pazienti con tumori rari è funzionale anche a un maggiore inserimento di casi negli studi clinici, in quanto più facilmente questi ultimi saranno attivi nei centri dedicati. In definitiva, gli studi clinici sono il modo migliore per superare quell eccesso di incertezza che è proprio delle malattie rare. La rarità dei sarcomi, che determina una loro bassissima probabilità a priori, preclude politiche di anticipo diagnostico su popolazione ( screening ). Come per tutte le malattie rare, l obiettivo resta invece la diagnosi tempestiva, cioè una diagnosi non ritardata in presenza di segni clinici. Un ostacolo in questo senso è la frequenza delle lesioni benigne dei tessuti molli, in particolare i lipomi, per contrasto con la rarità, appunto, delle lesioni maligne. Anche i traumi, con la possibilità di ematomi e altre tumefazioni, costituiscono, per la frequenza, un ostacolo a un riconoscimento tempestivo. Il criterio empirico sopra ricordato per selezionare le lesioni più a rischio di essere sarcomi è assumere come sospette tutte le masse profonde e quelle superficiali di diametro >5 cm. Per le lesioni ossee, il dolore, l impotenza funzionale e la tumefazione sono criteri di sospetto, ancora con una diagnosi differenziale, tuttavia, con molte patologie benigne, di tipo traumatico o degenerativo. Naturalmente, la persistenza per diverse settimane di segni clinici in un adolescente, o giovane adulto, dovrebbe rappresentare un criterio di importante sospetto clinico. In alcune situazioni, un sarcoma dei tessuti molli è mascherato da un ematoma: in assenza di traumi o di terapia anticoagulante in atto, un ematoma insorto spontaneamente dovrebbe essere indagato. I sarcomi hanno una storia naturale alquanto peculiare rispetto agli assai più frequenti tumori epiteliali ( carcinomi ). Innanzi tutto, essi mancano quasi sempre di una fase di estensione linfonodale regionale. Naturalmente vi sono delle eccezioni (per esempio, i sarcomi epitelioidi o il rabdomiosarcoma), ma il principio è ampiamente valido, così che, per esempio, nei sarcomi dell utero, o della mammella, non si prevede un tempo chirurgico di dissezione linfonodale regionale in assenza di segni clinici di coinvolgimento. Invece, vi è un tropismo per una metastatizzazione di primo filtro a livello polmonare. Chiaramente è da intendersi come un filtro in senso clinico e non biologico. Tuttavia, esso consente di utilizzare una particolare opzione terapeutica, che spesso viene considerata nei sarcomi (soprattutto nell osteosarcoma e nei sarcomi dei tessuti molli dell adulto) con metastasi isolate ai polmoni: la chirurgia delle metastasi. Lo scheletro, il fegato e i tessuti molli a distanza sono altre sedi di possibile metastatizzazione, spesso successive alla fase polmonare. Ancora, esistono peculiarità legate all istotipo, come, per esempio, la possibile metastatizzazione dei sarcomi alveolari al sistema nervoso centrale, che è coinvolto molto raramente nei sarcomi. A livello locale, i sarcomi si associano a presentazioni e modalità di crescita che hanno aspetti caratteristici (Enneking et al., 1980). Per esempio, la loro crescita si presenta molto più come espansiva che infiltrativa. Vi è cioè una grossolana tendenza dei sarcomi a rispettare le formazioni anatomiche circostanti assai più che i carcinomi, anche se naturalmente non manca la possibilità di aspetti francamente infiltrativi, particolarmente nei sarcomi ad alto grado di malignità. La lesione sarcomatosa mostra anche una tendenza a essere circoscritta da una cosiddetta pseudocapsula, costituita da tessuto fibroso compresso dalla crescita tumorale e spesso permeato da cellule tumorali (Fig. 16.1). Macroscopicamente essa appare delimitare il nucleo della lesione, ma concettualmente è da considerarsi perforata dal tumore. Questo rende necessaria in tutti i sarcomi un exeresi chirurgica ampia, cioè eccedente la pseudocapsula (Fig. 16.2). Nei sarcomi a più elevato grado di malignità, vi possono poi essere delle lesioni microscopiche o macroscopiche anche al di fuori della zona reattiva: sono le cosiddette lesioni skip. Esse si trovano comunque all interno del compartimento anatomico in cui nasce il sarcoma, cioè dello spazio, se esistente, delimitato dalle fasce muscolari, dal periostio, dal perinevrio e dall avventizia dei vasi. Queste ultime formazioni sono particolarmente resistenti all infiltrazione, così che un margine negativo su di esse rappresenta un margine chirurgico qualitativamente privilegiato anche quando quantitativamente esiguo. Quindi, l adeguatezza di un margine chirurgico nel contesto di una chirurgia ampia deve essere valutata tenendo conto non solo dell ampiezza centimetrica del tessuto sano, ma anche della formazione anatomica cui il tessuto sano è prospicente (anche un margine millimetrico può essere soddisfacente rispetto a formazioni anatomiche nobili). Peraltro, i compartimenti esistono solo in alcune sedi anatomiche, così che molti sarcomi originano in sedi naturalmente non compartimentali. Altri, ovviamente, possono valicare i limiti del compartimento di origine con FIG Lesione sarcomatosa, con pseudocapsula, a crescita espansiva.

3 Capitolo 16 Sarcomi 631 FIG Exeresi chirurgica ampia. Margine dell exeresi Vasi femorali superficiali Femore senza periostio Vasi femorali superficiali senza avventizia la progressione tumorale. Quindi i principi della chirurgia compartimentale si applicano solo in una frazione di casi. Vale peraltro la regola generale che una chirurgia con margine libero, cioè una chirurgia R0, sarà senz altro superiore rispetto a una chirurgia con margine microscopicamente infiltrato, cioè R1, e tanto più rispetto a una chirurgia R2, con infiltrazione macroscopica (Gronchi et al., 2010). In linea di massima, pur con qualche eccezione per lesioni particolarmente poco aggressive (alcuni liposarcomi a basso grado in sede non retroperitoneale), una chirurgia che non sia R0 è inaccettabile, a meno di impedimenti anatomici insuperabili. Anche una chirurgia R0 può d altronde meritare una radicalizzazione in presenza di una inadeguatezza relativa alle considerazioni sopra ricordate. Il giudizio di appropriatezza chirurgica dovrebbe essere specialistico e multidisciplinare. Infatti, per formularlo occorre considerare la storia naturale del particolare istotipo nella particolare sede anatomica, in rapporto alle tecniche ricostruttive disponibili (ivi comprese le ricostruzioni plastiche, vascolari e nervose). Inoltre, le altre modalità terapeutiche (radioterapia ed eventualmente terapia medica) potrebbero essere utili in un approccio multimodale all ottimizzazione della qualità del margine chirurgico. In questo senso, nei sarcomi degli arti, fino a qualche decina di anni fa la chirurgia era spesso demolitiva. Oggi, gli interventi gravemente demolitivi (in particolare amputazioni), in senso anatomico e/o funzionale, sono una minoranza, generalmente inferiore al 10% dei casi. Non mancano problematicità nella decisione clinica multidisciplinare, quando si debba commisurare un possibile aumento del rischio di recidiva locale con la migliore qualità di vita derivante da una preservazione di organo e di funzione. In realtà, in questi casi particolari, la decisione è spesso difficile, anche per una non chiara dimostrazione del nesso tra recidiva locale e prognosi a distanza. È chiaro che la recidiva locale deve essere evitata, perché in mancanza di un controllo locale di malattia manca per definizione anche la guarigione. Ma è chiaro che la recidiva locale dipende non solo dall adeguatezza del trattamento locale ma anche dall aggressività intrinseca della malattia, così che la mera correlazione tra recidiva locale e prognosi non è una dimostrazione sufficiente del nesso di causalità in presenza di un ovvio bias di selezione. Non mancano caratteristiche fortemente collegate ai singoli istotipi e alla sede anatomica. Vi sono sedi anatomiche (per esempio, il retroperitoneo o la radice degli arti) nelle quali una recidiva locale assume di per sé caratteristiche molto sfavorevoli, anche sulla sopravvivenza. Quindi il decision-making può essere complesso e dovrebbe sempre essere di tipo multidisciplinare specialistico. La stadiazione riflette le caratteristiche di storia naturale di malattia. Così, la TC del torace è un tempo imprescindibile nella stadiazione di qualsiasi sarcoma, dato il tropismo polmonare elettivo della metastatizzazione. Nei sarcomi ad alto grado, può anche essere considerata una valutazione strumentale dello scheletro e dell addome. Lo studio del midollo osseo è un tempo ulteriore della stadiazione in sarcomi con maggiore attitudine sistemica, quali il sarcoma di Ewing e il rabdomiosarcoma embrionale e alveolare. Non è necessario in genere un tempo esplorativo linfonodale regionale nella chirurgia delle forme localizzate senza evidenza clinica di interessamento. Per quanto riguarda la classificazione in stadi, spesso si distingue semplicemente tra sarcomi in fase localizzata, in fase di metastatizzazione polmonare isolata, in fase metastatica extrapolmonare. Le classificazioni in stadi formalizzate riflettono questa ovvia differenza tra forme localizzate e forme metastatiche, e inoltre l importanza di fattori prognostici come le dimensioni e la profondità. A differenza della maggior parte degli altri tumori solidi, l attuale classificazione in stadi UICC/AJCC comprende anche un fattore prognostico biologico quale il grado di malignità (American Joint Committee on Cancer, 2010; Union for International Cancer Control, 2010). Questo riflette l importanza che il grado di malignità assume nei sarcomi (Fig. 16.3). Nei tumori stromali gastrointestinali (GIST) in fase localizzata si preferisce usare una classificazione del rischio di recidiva attualmente fondata su tre fattori prognostici, quali le dimensioni, la sede e l indice mitotico, cioè ancora due fattori di estensione anatomica e un fattore biologico riconducibile in qualche modo al grado di malignità. Nell osteosarcoma la valutazione della risposta tumorale patologica dopo un eventuale terapia medica preoperatoria costituisce un ulteriore criterio assai utilizzato nella decisione terapeutica, anche se evidentemente successivo all avvio delle terapie, e dunque successivo a una modificazione delle caratteristiche originarie della malattia. Mancano veri e propri marcatori sierici dei sarcomi in generale, con poche eccezioni. Nell osteosarcoma, la fosfatasi alcalina può essere elevata e rappresenta sia un fattore prognostico sia un marcatore di risposta al trattamento. Lo stesso si applica alle latticodeidrogenasi nel sarcoma di Ewing. Dal punto di vista molecolare, un quinto dei sarcomi presenta traslocazioni cromosomiche, con prodotti di fusione che hanno un significato patogenetico e possono essere molto utili per la diagnostica differen-

4 632 Capitolo 16 Sarcomi FIG Leiomiosarcoma a basso grado (sinistra) e ad alto grado (destra). ziale patologica. Naturalmente essi possiedono anche un potenziale significato terapeutico per la terapia medica molecolare mirata. Alcuni di essi possono avere un significato prognostico. I sarcomi rappresentano in questo senso una patologia per la quale l allestimento prospettico di biobanche sarebbe fondamentale nell avanzamento delle conoscenze sulla storia naturale di malattia e nell esplorazione di nuovi farmaci. La diagnosi istopatologica è sempre basata sulla morfologia e sull istochimica (Fletcher et al., 2013). In alcuni casi, l analisi citogenetica e/o molecolare consente di risolvere dubbi diagnostici nell attribuzione dell istotipo. Altre volte, vi sono dei fattori prognostici o predittivi biomolecolari che, come tali, entrano sempre più nella routine diagnostica patologica. Nei sarcomi dell osso, la radiologia può assistere nella diagnosi istologica, per l importanza, per esempio, dell attribuzione all osso piuttosto che alle parti molli di una lesione che comprenda sia l uno sia le altre. Inoltre, la correlazione clinico-patologica è particolarmente importante quando la diagnosi debba essere posta su biopsia, con gli ovvii limiti della rappresentatività potenziale del campione bioptico. I sarcomi, infatti, possono essere eterogenei istologicamente. Per esempio, il grado di malignità evidenziato a una biopsia deve spesso essere considerato come un grado minimo piuttosto che necessariamente come il grado reale. D altronde, la correlazione clinicoradiologica può aiutare nel porre la diagnosi bioptica nel contesto di ulteriori informazioni (ad esempio, entità della necrosi, ecc.), oltre che, in alcuni casi, risolvere possibili problemi di diagnosi differenziale di istotipo. In generale, la diagnosi patologica è resa difficile dal numero degli istotipi e dalla rarità dei sarcomi. D altra parte la diagnosi differenziale rispetto ad altre neoplasie è ovviamente fondamentale per un corretto approccio terapeutico, e anche l attribuzione del corretto istotipo all interno della famiglia dei sarcomi è sempre più importante dal punto di vista del trattamento. Peraltro, non mancano difficoltà intrinseche alle attuali classificazioni istopatologiche dei sarcomi e dunque non mancano problemi di riproducibilità della diagnosi di istotipo anche tra patologi esperti. È quindi fondamentale il riferimento di tutte le diagnosi patologiche di sarcomi, o sospette tali, verso centri di anatomia patologica con competenza specifica nei sarcomi. Sul piano del trattamento, la chirurgia è il tempo terapeutico fondamentale di quasi tutti i sarcomi e comunque un tempo terapeutico da considerare in tutti i sarcomi, anche nella fase metastatica, in particolare in caso di metastatizzazione polmonare isolata. Nei sarcomi pediatrici (sarcoma di Ewing e rabdomiosarcoma embrionale e alveolare), la terapia medica e la terapia radiante assumono un importanza maggiore, tale da potere anche sostituire la chirurgia in alcuni casi. La terapia medica è fondamentale nell osteosarcoma. Essa è sempre più importante nei GIST, in rapporto all efficacia delle terapie a bersaglio molecolare, a fronte di una patogenesi incentrata sulla mutazione attivante di un oncogene. La terapia medica è basilare anche nel grande gruppo dei sarcomi dei tessuti molli dell adulto, in rapporto alla sua utilità nel contesto di un approccio terapeutico che è spesso multimodale, cioè comprendente chirurgia, terapia medica e radioterapia. Il decision-making dovrebbe sempre essere multidisciplinare. In effetti, la multidisciplinarietà dovrebbe essere il metodo di qualsiasi decisione clinica strategica nel paziente con sarcoma. Anche la decisione di escludere una modalità terapeutica dovrebbe essere multidisciplinare, nell ambito di malattie complesse sul piano istopatologico e ubiquitarie nell origine anatomica. L approccio multidisciplinare deve comprendere le competenze riabilitative, per l ovvia importanza che assumono, in particolare, nei sarcomi degli arti. Il momento del supporto psicologico è importante, per esempio nell approccio a bambini, adolescenti e giovani adulti, con le peculiarità delle problematiche relative sul piano personale e sociale. Le terapie palliative sono sollecitate da una specificità della storia naturale dei sarcomi. Questa è contraddistinta dalla frequente assenza di cachessia e dalla possibile metastatizzazione polmonare isolata anche per lunghi periodi nell evoluzione clinica del paziente metastatico. Ciò comporta che spesso le condizioni cliniche permangono buone in presenza di una metastatizzazione solo, o principalmente, polmonare. L insufficienza respiratoria può essere la causa di morte, spesso a fronte dell assenza di insufficienza di organo in altre sedi. La fase terminale di un giovane paziente con sarcoma, in insufficienza respiratoria senza insufficienza di organo in altre sedi e senza cachessia, è una sfida difficile per le cure palliative. Sempre in assenza di altre insufficienze di organo, o cachessia, gli eventi compressivi dei sarcomi addominali, o le problematiche

5 Capitolo 16 Sarcomi 633 della malattia locale avanzata in un arto, con ulcerazioni e compressioni, rappresentano altre sfide relativamente peculiari nella terapia palliativa dei sarcomi. Anche nella fase terminale, dunque, vale il principio generale della necessità di un approccio specifico e multidisciplinare ai sarcomi. BIBLIOGRAFIA American Joint Committee on Cancer. Cancer Staging Manual. 7th ed. Springer, New York, NY, Berrington de Gonzalez A, Kutsenko A, Rajaraman P. Sarcoma risk after radiation exposure. Clin Sarcoma Res 2012;2:18. Enneking WF, Spanier SS, Goodman MA. A system for the surgical staging of musculoskeletal sarcoma. Clin Orthop Relat Res 1980;153: Fletcher CDM, Bridge JA, Hogendoorn PCW, Mertens F. WHO Classification of Tumours of Soft Tissue and Bone. IARC, Lyon, Gronchi A, Lo Vullo S, Colombo C et al. Extremity soft tissue sarcoma in a series of patients treated at a single institution: local control directly impacts survival. Ann Surg 2010;251: Half E, Bercovich D, Rozen P. Familial adenomatous polyposis. Orphanet J Rare Dis 2009;4:22. Lahat G, Lazar A, Lev D. Sarcoma epidemiology and etiology: potential environmental and genetic factors. Surg Clin North Am 2008;88: Malkin D. Li-Fraumeni syndrome. Genes Cancer 2011;2: Stiller CA, Trama A, Serraino D et al.; RARECARE Working Group. Descriptive epidemiology of sarcomas in Europe: Report from the RARECARE project. Eur J Cancer 2013;49(3): Styring E, Billing V, Hartman L et al. Simple guidelines for efficient referral of softtissue sarcomas: a population-based evaluation of adherence to guidelines and referral patterns. J Bone Joint Surg Am 2012;94: Uhlmann EJ, Plotkin SR. Neurofibromatoses. Adv Exp Med Biol 2012;724: Union for International Cancer Control. TNM Classification of Malignant Tumours. 7th ed. Wiley-Blackwell, Oxford, UK, SARCOMI DEI TESSUTI MOLLI DELL ADULTO ASPETTI GENERALI I sarcomi dei tessuti molli dell adulto sono il gruppo più numeroso all interno della famiglia dei sarcomi. L incidenza complessiva è infatti superiore a 4/ /anno (Stiller et al., 2013). L età mediana di insorgenza è intorno ai 60 anni, ma il range è molto ampio e vi sono istotipi che, anzi, sono propri della giovane età (in particolare, il sarcoma sinoviale). La diagnosi patologica di sarcoma dei tessuti molli dell adulto è difficile, perché deve distinguere fra le decine di istotipi che vi sono compresi (Tab. 16.1). Dovrebbe sempre essere fornito il grado di malignità, perché è il fattore prognostico fondamentale dei sarcomi dei tessuti molli (Guillou et al., 1997). Vi sono peraltro alcuni istotipi che sono automaticamente associati a un grado definito: per esempio il liposarcoma mixoide a un basso grado e il sarcoma sinoviale a un alto grado. Vi sono casi nei quali il grado di malignità potrebbe non essere attribuibile secondo criteri codificati: la comunicazione con il patologo è allora importante per veicolare al clinico quella che possa essere l impressione istopatologica sull aggressività biologica del tumore. Inoltre, il referto istopatologico di una lesione primitiva dovrebbe descrivere le dimensioni della neoplasia e la qualità dei margini chirurgici. Dovrebbe cioè essere agevole ricostruire se l intervento chirurgico sia stato completo (R0), microscopicamente intralesionale (R1) o macroscopicamente intralesionale (R2). Per questo è importante la collaborazione tra chirurgo e patologo, così da orientare il pezzo chirurgico e consentire un adeguata ricostruzione dei margini chirurgici. La diagnosi clinica di sospetto di sarcoma è relativamente agevole in presenza di una massa palpabile, ma naturalmente può non esserlo se la massa è profonda (un esempio tipico è il retroperitoneo). Il rilievo di una massa profonda nei tessuti molli o superficiale di dimensioni superiori a 5 cm costituisce un segno di sospetto importante e dovrebbe indurre a un riferimento appropriato del paziente verso un centro con esperienza nella patologia, possibilmente fin dall effettuazione della biopsia (Styring et al., 2012). TERAPIA MEDICA La terapia medica dei sarcomi dei tessuti molli dell adulto è classicamente incentrata sulle antracicline. La monochemioterapia è associata a frequenze di risposta nell ambito del 20%, con una durata della risposta, in fase metastatica, inferiore a un anno. Questo rappresenta a oggi un riferimento per l approccio convenzionale ai sarcomi delle parti molli in fase metastatica che necessitino di una terapia medica. L altro farmaco provvisto di Tabella 16.1 Sarcomi dei tessuti molli: istotipi Sarcomi a differenziazione adipocitaria Liposarcoma ben differenziato/dedifferenziato Liposarcoma mixoide/a cellule rotonde Liposarcoma pleiomorfo Sarcomi a differenziazione fibroblastico/miofibroblastica Fibrosarcoma Mixofibrosarcoma Sarcoma fibromixoide a basso grado Fibrosarcoma sclerosante epitelioide Sarcomi a differenziazione muscolare liscia Leiomiosarcoma Sarcomi a differenziazione muscolare-scheletrica Rabdomiosarcoma embrionale Rabdomiosarcoma alveolare Rabdomiosarcoma pleiomorfo Sarcomi a differenziazione vascolare Emangioendotelioma epitelioide Angiosarcoma Sarcomi a differenziazione incerta Sarcoma sinoviale Sarcoma epitelioide Sarcoma alveolare delle parti molli Sarcoma a cellule chiare Condrosarcoma mixoide extrascheletrico Sarcoma di Ewing extrascheletrico Tumore desmoplasico a cellule rotonde Tumore rabdoide extrarenale Mesenchimoma maligno Tumori maligni a cellule epitelioidi perivascolari ( PEComi ) Sarcoma intimale Sarcoma pleiomorfo non ulteriormente specificato

6 634 Capitolo 16 Sarcomi un attività antitumorale ad ampio spettro nei sarcomi dei tessuti molli dell adulto è l ifosfamide. I risultati degli studi randomizzati che, nella malattia avanzata, hanno confrontato adriamicina in monochemioterapia versus adriamicina + ifosfamide non hanno mai fornito un evidenza statisticamente significativa di un vantaggio in termini di sopravvivenza globale in favore della polichemioterapia (Antman et al., 1993; Edmonson et al., 1993; Santoro et al., 1995). Quest ultima è associata a tossicità più importanti, particolarmente perché, se vantaggio vi può essere, esso deriverebbe dall uso di dosi piene sia dell antraciclina sia dell ifosfamide. In realtà, vi è la documentazione di un vantaggio in favore della polichemioterapia in termini di frequenza di risposta tumorale e sopravvivenza libera da progressione (Judson et al., 2012). In uno studio randomizzato che ha utilizzato dosi adeguate, questo vantaggio è dello stesso ordine di grandezza di quello riportato per alcuni nuovi farmaci entrati nell uso clinico nella terapia della fase avanzata dei tumori solidi, inclusi i sarcomi. Quindi vi è un evidenza in favore della polichemioterapia laddove appaia verosimile che: il paziente possa tollerare bene una neutropenia importante della durata di pochi giorni e una tossicità soggettiva di un qualche rilievo, in assenza di problematiche di organo significative; una risposta tumorale possa essere utile per motivi sintomatologici, o per prevenire peggioramenti della qualità di vita, o per favorire l utilizzo di altre modalità terapeutiche (in particolare la chirurgia), oppure il paziente desideri tentare probabilità limitate di un vantaggio di un qualche rilievo sulla sopravvivenza libera da progressione. È da notare che in diverse casistiche vi è l evidenza di un vantaggio notevole per una piccola frazione di pazienti responsivi alla chemioterapia, e naturalmente questa probabilità potrebbe essere un poco più elevata utilizzando regimi più attivi. In realtà, questi principi generali devono oggi misurarsi con un altra variabile: un attività antitumorale dei farmaci disponibili che appare sempre più stratificata per istotipo. Così, per esempio, vi è una buona evidenza che la gemcitabina abbia un attività elettiva verso il leiomiosarcoma e l angiosarcoma (Maki et al., 2007; Duffaud et al., 2010; Stacchiotti et al., 2012). La trabectedina ha un attività elettiva verso i liposarcomi mixoidi, con frequenze di risposta molto elevate e di buona durata, e un attività definita verso i liposarcomi ben differenziati e dedifferenziati e il leiomiosarcoma, inclusi in particolare i leiomiosarcomi dell utero (Demetri et al., 2009; Grosso et al., 2007; Grosso et al., 2009). La dacarbazina e la temozolomide hanno un attività elettiva verso il leiomiosarcoma (Garcia del Muro et al., 2005). Per contro l ifosfamide è stata associata in valutazioni retrospettive a una scarsa attività proprio nel leiomiosarcoma, così che in diversi centri si tende a non usarla in questo istotipo (Lorigan et al., 2007). I taxani hanno un attività nell angiosarcoma, includendo in particolare il paclitaxel a basse dosi settimanali (Penel et al., 2008). Più dubbio è il contributo del docetaxel nell associazione con la gemcitabina, peraltro elettivamente attiva nel leiomiosarcoma e probabilmente nei sarcomi pleiomorfi con differenziazione miogenica (Maki et al., 2007; Duffaud et al., 2010). Infine, l ifosfamide ad alte dosi, eventualmente con migliore tollerabilità se somministrata in infusione prolungata mediante elastomero portatile, può avere un attività anche in pazienti pretrattati con ifosfamide a dosi convenzionali (Le Cesne et al., 1995; Meazza et al., 2010). Sembra esservi una maggiore attività nei sarcomi sinoviali e nei liposarcomi dedifferenziati. È quindi ovvio che, nell ambito della chemioterapia citotossica, la scelta del regime migliore può considerare questa specificità per istotipo del profilo di attività dei vari farmaci. Questo vale certamente nell ulteriore linea chemioterapica, talvolta anche in prima linea. Negli ultimi anni vi è poi evidenza dell attività dei farmaci a bersaglio molecolare anche nei sarcomi dei tessuti molli dell adulto, ovviamente con una notevole selettività per istotipo. Così, innanzi tutto, imatinib trova un indicazione riconosciuta nella terapia medica del dermatofibrosarcoma, per una iperproduzione di ligando del PDGFRB (platelet-derived growth factor receptor, beta polypeptide) in relazione alla traslocazione cromosomica tipica dell istotipo (Rutkowski et al., 2010). Il dermatofibrosarcoma è una malattia a basso grado di malignità che, generalmente, guarisce con la chirurgia. Tuttavia, vi sono casi che possono giovarsi di una terapia medica, in combinazione ad approcci chirurgici a volte problematici. Vi sono anche casi in cui vi è una componente fibrosarcomatosa che espone a un maggior rischio di recidiva e anche di metastatizzazione (Stacchiotti et al., 2011b). Dunque, vi sono casi in cui una terapia medica del dermatofibrosarcoma può essere utile. Pazopanib è un farmaco antitirosinchinasico e antiangiogenico, che ha dimostrato un efficacia sulla sopravvivenza libera da progressione in uno studio randomizzato che ha compreso tutti gli istotipi tranne i liposarcomi (van der Graaf et al., 2012). Vi è qualche evidenza preliminare che esso possa avere una maggiore attività nel leiomiosarcoma e nel sarcoma sinoviale. Sunitinib ha dimostrato un attività antitumorale nei sarcomi alveolari delle parti molli, nel tumore fibroso solitario (già denominato emangiopericitoma ) e nei sarcomi a cellule chiare (George et al., 2009; Stacchiotti et al., 2011a; Stacchiotti et al., 2010a; Stacchiotti et al., 2010b). La risposta tumorale può essere non dimensionale, analogamente a quanto può avvenire nei GIST in risposta a imatinib (Fig. 16.4). Gli inibitori di mtor (mammalian target of rapamycin) hanno dimostrato una qualche attività nei PEComi maligni ( perivascular epithelioid cell tumor ), a fronte di un attività meglio definita in un PEComa quale la linfangioleiomiomatosi (Chawla et al., 2011; McCormack et al., 2011; Wagner et al., 2010). Altri farmaci a bersaglio molecolare sono in studio, ed è molto FIG Tumore fibroso solitario in terapia con Sunitinib: risposta tumorale non dimensionale.

7 Capitolo 16 Sarcomi 635 probabile che alcuni di essi possano trovare un ruolo in alcuni istotipi in rapporto al loro meccanismo di azione, volta a volta più interessante in uno o l altro istotipo. Sono da considerare le peculiarità di alcuni sarcomi dei tessuti molli. Un esempio è costituito dai sarcomi dell utero. Escludendo i tumori mulleriani misti ( carcinosarcomi ), che possono essere assimilati a forme epiteliali, essi comprendono i leiomiosarcomi, gli adenosarcomi, i sarcomi stromali endometriali e i sarcomi endometriali indifferenziati. I leiomiosarcomi dell utero possono essere assimilati in prima approssimazione ai leiomiosarcomi in generale. I sarcomi endometriali indifferenziati sono sarcomi altamente aggressivi e quindi possono essere assimilati, al momento, ai sarcomi pleomorfi (Tanner et al., 2012). Gli adenosarcomi sono tumori misti, in linea di massima a bassa aggressività, nei quali la sola componente mesenchimale è maligna. I sarcomi stromali endometriali sono neoplasie a basso grado, la cui recidività, anche a distanza, è tuttavia non trascurabile nel medio-lungo termine. Essi mostrano peraltro una elevata ormonoresponsività, così che la terapia ormonale con progestinici, o inibitori delle aromatasi, o LH-RH agonisti, si associa a elevata probabilità di risposta, anche prolungata (da evitare il tamoxifene, per un effetto agonista) (Thanopoulou e Judson, 2012). STRATEGIA TERAPEUTICA NELLA MALATTIA LOCALIZZATA La chirurgia è a oggi il trattamento elettivo di tutti i sarcomi dei tessuti molli in fase localizzata, con l obiettivo dell exeresi ampia, seguita dalla radioterapia in molti casi di sarcoma ad alto grado di malignità, a sede profonda, di diametro >5 cm (Gronchi et al., 2010; Yang et al., 1998). La decisione sulla qualità della chirurgia e sull indicazione radioterapica è da individualizzare in base a considerazioni anatomiche e all istotipo. La radioterapia non dovrebbe mai essere considerata un surrogato di una chirurgia adeguata. Quando fattibile, la migliore opzione nei casi di chirurgia non ottimale già eseguita è una nuova chirurgia di radicalizzazione (Fiore et al., 2006). Molti studi hanno valutato l efficacia della chemioterapia adiuvante nei sarcomi dei tessuti molli dell adulto. Sostanzialmente essi sono risultati discordanti, e questo limita il valore di una metanalisi che pure ha dimostrato un vantaggio statisticamente significativo in termini sia di sopravvivenza libera da recidiva sia di sopravvivenza globale (Pervaiz et al., 2008; Woll et al., 2012). Il vantaggio ipotizzabile sulla base degli studi positivi è peraltro limitato, ma in fondo non dissimile da quello prospettabile in diversi altri tumori solidi nei quali la chemioterapia adiuvante è in genere effettuata. È da considerare che vi sono situazioni prognostiche, in presenza di alto grado di malignità, sede profonda, diametro tumorale >5 cm, nelle quali il rischio di recidiva può superare il 50%. In questi casi può essere condivisa con il paziente, in condizioni di incertezza, la decisione di effettuare un trattamento medico adiuvante. Uno studio randomizzato ha dimostrato che 3 cicli di chemioterapia con antraciclina e ifosfamide, a dosi piene, ottengono un risultato analogo a quello ottenibile con 5 cicli (Frustaci et al., 2001; Gronchi et al., 2012). Esiste quindi la possibilità di limitare il trattamento nel numero dei cicli, rendendolo più tollerabile, nonostante l esigenza di dosi piene. Un quesito riguarda il valore aggiunto di chemioterapie adiuvanti variabili per istotipo, in base alle considerazioni sopra riportate. È poi ragionevole assumere che la chemioterapia complementare possa essere posizionata prima della chirurgia, anziché dopo, quando vi siano motivi per ritenere che una citoriduzione possa agevolare la chirurgia. Anche la radioterapia può essere posizionata prima della chirurgia, spesso in combinazione con la chemioterapia. Per questo è fondamentale una valutazione multidisciplinare di tutti i casi di sarcoma dei tessuti molli in fase localizzata. A maggior ragione i trattamenti preoperatori, spesso combinati, sono fondamentali in caso di sarcoma non operabile, od operabile in maniera demolitiva ma potenzialmente convertibile. La citoriduzione in questi casi persegue un obiettivo locoregionale. Ovviamente concomita, per quanto riguarda la chemioterapia, anche un obiettivo sistemico, tanto più importante in relazione all alto rischio di recidiva posto in genere da queste presentazioni. Questi principi valgono tipicamente per i sarcomi degli arti e dei cingoli, ma non vi è motivo logico per non applicarli anche nei sarcomi del tronco superficiale, della testa e collo, del retroperitoneo e dei visceri (per esempio, sarcomi dell utero). È ovvio che vi saranno fattori locoregionali che ne condizioneranno l applicabilità, in particolare per quanto riguarda il trattamento radiante e/o la sua combinazione con la chemioterapia. Così ad esempio nei sarcomi del retroperitoneo (Fig. 16.5) si tende a perseguire in molti centri una chirurgia quasi compartimentale, con resezione elettiva di organi adiacenti anche non infiltrati (tipicamente il rene), nel tentativo di riprodurre in una sede problematica, extracompartimentale, i principi della chirurgia dei sarcomi degli arti (Bonvalot et al., 2012). STRATEGIA TERAPEUTICA NELLA MALATTIA METASTATICA La chemioterapia è di scelta in caso di malattia metastatica. Tuttavia, la chirurgia delle metastasi polmonari è di scelta in caso di lesioni solo polmonari, resecabili completamente, in numero ragionevolmente limitato e comparse dopo intervalli sufficientemente lunghi (Roth et al., 1985). Ovviamente vi sono infinite gradazioni in questi fattori prognostici, cioè nel numero delle lesioni e nell intervallo libero, così che l indicazione chirurgica può essere spesso opinabile. Altrettanto, può essere opinabile l indicazione a combinare la chirurgia delle metastasi con la chemioterapia. Spesso si tende a utilizzare la chemioterapia in caso di fattori prognostici sfavorevoli. Una buona risposta alla chemioterapia incoraggia allora a effettuare la chirurgia, anche in presentazioni con un numero elevato di lesioni e intervallo libero breve (fino al limite delle presentazioni sincrone). Purtroppo, non vi è un evidenza obiettiva sull efficacia della combinazione di chemioterapia e chirurgia delle metastasi, così che la decisione non può che essere individualizzata in base a considerazioni razionali e condivisa con il paziente. È da considerare che, in caso di fattori prognostici favorevoli, la chirurgia delle metastasi polmonari può perseguire un obiettivo di eradicazione, sia

8 636 Capitolo 16 Sarcomi Colon dx Rene dx Neoplasia M. psoas resecato V. cava inf. senza avventizia N. femorale FIG Exeresi chirurgica quasicompartimentale di un sarcoma retroperitoneale. pure a bassa probabilità. In ogni caso, persegue l obiettivo di un beneficio palliativo di medio termine, a fronte di una buona tollerabilità. Questo giustifica anche la chirurgia iterativa delle metastasi polmonari isolate alle successive recidive. In caso di metastasi extrapolmonari, o metastasi polmonari non resecabili completamente, la chemioterapia esclusiva è di scelta. A volte si ricorre di fatto alla chirurgia delle metastasi anche in talune di queste presentazioni, ma in genere la decisione è motivata più che altro da considerazioni pratiche o dalle peculiarità dei singoli casi. Ovviamente i trattamenti ablativi non chirurgici possono rappresentare un compromesso, quale consolidamento di buone risposte al trattamento medico, così da realizzare remissioni complete altrimenti non perseguibili. Resta da dimostrare comunque il vantaggio prognostico che ne derivi. Nella malattia avanzata extrapolmonare, o polmonare non resecabile, la terapia medica viene proseguita in genere per un numero limitato di cicli, fino alla massima risposta tumorale, e poi interrotta. Questo è stato in passato condizionato dal frequente utilizzo delle antracicline e quindi dall impossibilità di proseguire per lunghi periodi, causa la tossicità cumulativa. Alcuni farmaci usati oggi, almeno in alcuni istotipi, come gemcitabina o trabectedina, consentono invece un mantenimento per intervalli prolungati. Purtroppo, manca un evidenza in favore o contro il mantenimento, così che questa decisione viene individualizzata in base a considerazioni razionali e anche a politiche istituzionali. Nei sarcomi dei tessuti molli dell adulto, le condizioni del paziente tendono a mantenersi buone anche alle recidive successive e a volte la metastatizzazione si mantiene a lungo esclusivamente polmonare. In questi casi, è spesso utilizzata una chirurgia iterativa delle metastasi, sempre a condizione che le lesioni siamo resecabili completamente e siano in numero sufficientemente limitato. Le buone condizioni del paziente, in assenza di cachessia, incoraggiano le terapie mediche di ulteriore linea. La disponibilità di nuovi farmaci nei sarcomi, a fronte della loro ricchezza in target biomolecolari, coopera a determinare prassi di trattamento piuttosto aggressive anche nella fase avanzata di malattia. Mancano evidenze di un vantaggio rispetto a scelte di migliore terapia di supporto. Una valutazione precoce della risposta tumorale nei tentativi di ulteriore linea può minimizzare tossicità e costi, senza sacrificare la speranza di un paziente in buone condizioni generali. FOLLOW-UP Dopo remissione chirurgica della malattia localizzata, il follow-up deve considerare soprattutto il rischio di recidiva locale e di metastasi polmonari isolate, in quanto potenzialmente ancora guaribili. Quindi la risonanza magnetica, o l ecografia, a livello locale, e la TC del torace, a livello sistemico, sono le metodiche utilizzate in genere. I fattori prognostici determinano l intensività del follow-up, dove evidentemente il rischio implicato da un sarcoma a basso grado di malignità è elettivamente a livello locale, mentre il rischio di un sarcoma ad alto grado è sia locale sia sistemico. La durata dell intervallo di rischio è inversamente proporzionale al grado di malignità, essendo da considerare comunque che un eventuale chemioterapia adiuvante può prolungare la finestra suscettibile di recidive. In pratica, sono in genere utilizzati intervalli da 3 a 6 mesi nei primi anni, mentre il rischio successivo è in molti casi assai più basso, così da rendere opinabile la scelta di un follow-up sistematico, come in molte altre neoplasie. Nei primi anni, invece, l attenzione alla sede locale e al torace è razionalmente giustificabile con la disponibilità di trattamenti potenzialmente eradicanti, sia in caso di recidiva locale sia in caso di recidiva polmonare isolata.

9 Capitolo 16 Sarcomi 637 BIBLIOGRAFIA Antman K, Crowley J, Balcerzak SP et al. An intergroup phase III randomized study of doxorubicin and dacarbazine with or without ifosfamide and mesna in advanced soft tissue and bone sarcomas. J Clin Oncol 1993;11: Bonvalot S, Raut CP, Pollock RE et al. Technical considerations in surgery for retroperitoneal sarcomas: position paper from E-Surge, a master class in sarcoma surgery, and EORTC STBSG. Ann Surg Oncol 2012;19: Chawla SP, Blay J-Y, Ray-Coquard IL et al. Results of the phase III, placebo-controlled trial (SUCCEED) evaluating the mtor inhibitor ridaforolimus (R) as maintenance therapy in advanced sarcoma patients (pts) following clinical benefit from prior standard cytotoxic chemotherapy (CT). J Clin Oncol 2011;29(suppl):abstr Demetri GD, Chawla SP, von Mehren M et al. 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10 638 Capitolo 16 Sarcomi NEOPLASIE STROMALI GASTROINTESTINALI ASPETTI GENERALI I tumori stromali gastrointestinali (GIST) costituiscono una neoplasia addirittura non codificata fino a poco più di vent anni fa. Questo determina, a oggi, alcune incertezze nella stessa storia naturale di malattia. Nel 2000, poi, il trattamento fu rivoluzionato dall introduzione di una delle prime terapie a bersaglio molecolare a rivelarsi efficace nell oncologia medica dei tumori solidi. Si tratta quindi di una patologia che ha ricevuto grande interesse negli ultimi anni, anche come modello per tutta l oncologia medica. Questo è accaduto nonostante la rarità dei GIST, la cui incidenza è intorno a 1,5/ /anno (Nilsson et al., 2005). Non sono noti fattori di rischio particolari. Esistono tuttavia alcune tipologie rare di GIST che compaiono nell ambito di sindromi, quali, in particolare, la neurofibromatosi di tipo 1 e la triade di Carney (quest ultima definita da GIST, paragangliomi e condromi costali, a comparsa anche non sincrona) (Mussi et al., 2008; Zhang et al., 2010; Postow et al., 2012). La sindrome di Carney-Stratakis, invece, con la diade di GIST e paragangliomi, è legata a una mutazione germinale del gene della succinildeidrogenasi (Pasini et al., 2008). Esistono infine rarissimi GIST legati a mutazioni germinali di KIT o PDGFRA (Li et al., 2005). In tutti questi casi la presentazione è spesso multicentrica. I GIST pediatrici, in particolare, associati o meno a triade di Carney, si caratterizzano per la maggiore incidenza nel sesso femminile, la multicentricità in genere gastrica, il possibile coinvolgimento linfonodale, l andamento indolente anche in fase avanzata (Rink, 2009). Istologicamente, i GIST si presentano con una morfologia a cellule fusate o a cellule epitelioidi, senza che questo rivesta un significato prognostico, anche se vi sono correlazioni con lo stato mutazionale di KIT e PDGFRA (Foo et al., 2012). Quest ultimo ha una grande importanza nella predizione di risposta ai farmaci a bersaglio molecolare e anche un significato prognostico. L immunoistochimica, in genere positiva per CD117 e/o DOG1, non ha invece significato predittivo. È infatti la mutazione attivante dell oncogene KIT o PDGFRA che nella maggior parte dei casi rappresenta il driver della malattia e costituisce un predittore di risposta alla terapia a bersaglio molecolare, la quale agisce sul recettore costitutivamente attivato per la mutazione (Corless et al., 2011). Infatti, i GIST sono neoplasie caratterizzate da mutazioni attivanti di KIT, in circa l 80% dei casi, o PDGFRA, in circa il 10%. I restanti GIST sono wild-type (spesso in associazione alle sindromi sopra ricordate). Molti GIST wild-type dello stomaco si contraddistinguono per un difetto del complesso enzimatico della succinato drogenasi. Questo difetto manca nei GIST wild-type in neurofibromatosi. Sono state segnalate infine mutazioni di BRAF. Clinicamente, i GIST possono riguardare lo stomaco (nella maggioranza dei casi), l intestino tenue (in un terzo dei casi), il retto, raramente l esofago. È dubbia l esistenza effettiva di GIST extragastrointestinali, che spesso appaiono come la probabile espressione di un distacco secondario della massa dalla parete gastroenterica o un misconoscimento della pertinenza gastroenterica. È tipica dei GIST, infatti, la crescita estrinseca dalla parete gastroenterica. Tra l altro, questo comporta una possibile difficoltà dell endoscopia, in diversi casi, a identificare la lesione. Spesso i GIST vengono quindi diagnosticati quando è presente una massa addominale silente, anche di dimensioni considerevoli. In alcuni casi, la diagnosi avviene per complicazioni a carico della massa tumorale, sostanzialmente con emorragie digestive, acute o croniche, oppure perforazioni gastroenteriche o emoperitoneo. Altre volte la diagnosi di GIST è frutto del reperimento incidentale a una laparotomia effettuata per altre cause. I GIST di piccole dimensioni sono un tipico incidentaloma alla gastroscopia o alla laparotomia. La recidiva locale è rara in assenza di problematiche sul margine chirurgico, mentre è tipica, in caso di ricaduta, la metastatizzazione a livello peritoneale e/o epatico. È invece molto rara la metastatizzazione polmonare, mentre è possibile una metastatizzazione scheletrica o anche in altre sedi nei pazienti con storia naturale prolungata dalle terapie a bersaglio molecolare. Sostanzialmente, però, la storia naturale della malattia recidivante si svolge in linea di massima a livello addominale. Il rischio di recidiva è stimabile in base a fattori prognostici quali l indice mitotico, il diametro tumorale, la sede. La combinazione di questi fattori consente di attribuire una classe di rischio, mediante partizioni del rischio, nomogrammi o mappe prognostiche (Miettinen e Lasota, 2006; Joensuu et al., 2012b; Gold et al., 2009). È importante considerare che questi fattori prognostici, in particolare l indice mitotico, sono variabili continue, anche se diversi sistemi prognostici le trattano come variabili dicotomiche. TERAPIA MEDICA La chemioterapia, con i farmaci usati nei sarcomi, non è attiva nei GIST. Al contrario, la terapia a bersaglio molecolare comprende ormai diversi farmaci attivi. Imatinib è il farmaco a oggi più attivo, con un meccanismo di azione rappresentato dall inibizione competitiva della tasca per l ATP del recettore tirosinchinasico KIT o PDGFRA, costitutivamente attivato a seguito della mutazione dell oncogene (Demetri et al., 2002; Verweij et al., 2004; Blanke et al., 2008). La risposta tumorale è predicibile in prima linea attraverso l analisi mutazionale, in quanto le mutazioni dell esone 11 di KIT sono altamente sensibili, le mutazioni dell esone 9 di KIT sono sensibili ma richiedono dosi più elevate di 400 mg/die, altre mutazioni meno frequenti sembrano sostanzialmente sensibili, con l importante eccezione della mutazione D842V di PDGFRA (MetaGIST, 2010). I GIST wild-type, cioè senza una mutazione nota di KIT o PDGFRA, sono meno sensibili, ma non necessariamente insensibili in toto a imatinib. La frequenza globale di risposta a imatinib dei GIST è dunque intorno all 80-90%, ma appunto si stratifica in base al genotipo (Corless et al., 2011). Infatti, i GIST sono neoplasie caratterizzate da mutazioni attivanti di KIT, in circa l 80% dei casi, o PDGFRA, in circa il 10%. I restanti GIST sono wild-type (spesso in associazione alle sindromi sopra ricordate). Molti GIST wildtype dello stomaco si contraddistinguono per un difetto del complesso enzimatico della succinato drogenasi. Questo difetto manca nei GIST wild-type in neurofibromatosi. Sono state segnalate infine mutazioni di BRAF.

11 Capitolo 16 Sarcomi 639 L ulteriore linea dopo imatinib è segnata dalla frequente eterogeneità molecolare della resistenza secondaria (Wardelmann et al., 2006). Questo significa che nello stesso paziente si possono avere più mutazioni secondarie. È dunque molto difficile ipotizzare un efficacia predittiva dell analisi molecolare su campioni del tessuto tumorale in progressione secondaria. Soprattutto, questo rende l inibizione tirosinchinasica meno efficace nell ulteriore linea e probabilmente rende più significativo il meccanismo antiangiogenico di diversi dei farmaci che si sono dimostrati attivi. Sunitinib è il farmaco convenzionale nella seconda linea, specialmente dopo fallimento di un incremento a 800 mg die della dose di imatinib (Zalcberg et al., 2005; Demetri et al., 2006). Regorafenib ha dimostrato un efficacia nella terza linea a bersaglio molecolare, dopo fallimento di imatinib e sunitinib (Demetri et al., 2012). L eterogeneità molecolare è il motivo per cui si tenta in questo momento di utilizzare farmaci non necessariamente attivi direttamente sul recettore tirosinchinasico. Così, per esempio, si cerca di utilizzare farmaci attivi a valle, sui pathway attivati dalla stimolazione del recettore, eventualmente in associazione, o forse, in futuro, in sequenza o alternanza. STRATEGIA TERAPEUTICA NELLA MALATTIA LOCALIZZATA Il trattamento dei GIST in fase localizzata e operabile è costituito dalla chirurgia. L obiettivo della chirurgia è la negatività dei margini sulla parete gastroenterica (Bednarski et al., 2012). Peraltro, non vi è un evidenza sicura che interventi con margini microscopicamente interessati abbiano necessariamente una prognosi peggiore, anche se è logico perseguire una minimizzazione del rischio di recidiva locale attraverso un ottimizzazione del margine. È da notare che comunque nei GIST lo scopo non è tanto una chirurgia ampia come nei sarcomi, ma una chirurgia R0. La terapia adiuvante con imatinib per 3 anni dopo chirurgia completa ha dimostrato un chiaro vantaggio in termini di sopravvivenza libera da recidiva (DeMatteo, 2009). Vi è la dimostrazione di un limitato vantaggio anche in termini di prolungamento della sopravvivenza (Joensuu et al., 2012a) o di possibili end-point surrogati, quali la sopravvivenza senza fallimento della prima inibizione tirosino-chinasica (Casali et al., 2013). Quindi la terapia adiuvante è convenzionale nei GIST che abbiano un rischio significativo di recidiva. La decisione sulla quantificazione della soglia di rischio tale da rendere proponibile un trattamento adiuvante dovrebbe essere condivisa con il paziente. Il limite maggiore è il fatto che le casistiche disponibili non sembrano suggerire una maggiore probabilità di eradicazione con la terapia adiuvante, anche se i risultati degli studi disponibili sono a oggi insufficienti a trarre delle conclusioni definitive (Joensuu et al., 2012b; Dematteo, 2009, Casali et al., 2013). In altri termini, gli studi disponibili suggeriscono oggi un prolungamento dell intervallo a recidiva, ma non una riduzione nella probabilità di recidiva. Sono in corso studi che valutano periodi più lunghi di terapia adiuvante. Il limite può essere teoricamente costituito dalla possibile occorrenza di resistenza secondaria prolungando la durata della terapia adiuvante. Mancano dati in questo senso, anche se questo rischio è stato escluso con intervalli di terapia intorno a 3 anni. In sintesi, vi è oggi l indicazione a proseguire per 3 anni e poi sospendere il trattamento adiuvante. Nella malattia localizzata problematica, l efficacia della terapia a bersaglio molecolare con imatinib è tale da suggerire spesso un pretrattamento, ovviamente dopo biopsia diagnostica (Eisenberg et al., 2009; Fiore et al., 2009). È il caso della malattia inoperabile, con l obiettivo della citoriduzione fino a resecabilità. Un altro caso è la malattia resecabile solo al prezzo di un intervento demolitivo in senso anatomico e/o funzionale. L esempio tipico è costituito dai GIST del retto (Jakob et al., 2012), ma un altro esempio possono essere i GIST candidati a gastrectomia totale. Un ulteriore caso è quello dei pazienti con rischio di complicanze chirurgiche, in particolare di rottura tumorale, che l eventuale risposta tumorale alla terapia medica può limitare. La rottura tumorale è un evento prognosticamente molto sfavorevole, perché seguito in una proporzione elevata di casi dalla recidiva peritoneale (Hohenberger et al., 2010). In fase preoperatoria diviene importante valutare precocemente la risposta, per esempio con PET. Anche il genotipo diviene particolarmente importante, perché alcune scelte di trattamento vengono effettuate in presenza di genotipi sensibili alla terapia medica, ma non in caso contrario. L intervallo di 6-12 mesi è ottimale per programmare la chirurgia del residuo in risposta, perché sarà stato probabilmente raggiunto il massimo di risposta dimensionale e il rischio di resistenza secondaria è ancora basso. Oggi si sa che vi è un elevata incidenza di piccole lesioni gastriche che sono GIST dal punto di vista istopatologico ma che perlopiù non sono destinate a crescere (Rossi et al., 2010). Molte hanno dimensioni microscopiche e possono solo essere un reperto incidentale. Altre hanno dimensioni macroscopiche e quindi possono essere identificate alla gastroscopia o alla TC o RM. Le dimensioni le rendono spesso difficilmente biopsiabili, così che una politica accettabile per lesioni sospette di dimensioni <2 cm può anche essere il follow-up senza trattamento in assenza di evidenza di progressione a controlli seriati. Nelle lesioni del retto si tende invece a effettuate un accertamento bioptico, per il maggior rischio di recidiva dei GIST di tale sede. STRATEGIA TERAPEUTICA NELLA MALATTIA METASTATICA Attualmente, imatinib è la terapia di scelta nella prima linea della malattia metastatica, quando l analisi mutazionale mostri un genotipo sensibile. Imatinib deve essere proseguito indefinitamente, cioè fino a progressione. Studi randomizzati hanno infatti dimostrato come la sospensione del trattamento si accompagni in genere a rapida progressione (Le Cesne et al., 2010). La durata della risposta a imatinib ha una mediana intorno a 2 anni, ma il range è molto ampio, con un sottogruppo limitato di pazienti metastatici che oggi risultano sopravviventi liberi da progressione a più di 10 anni (Blanke et al., 2008a). Il fattore limitante è la resistenza secondaria, cioè l acquisizione di caratteristiche biomolecolari tali per cui il recettore non viene più inibito da imatinib. Non sempre, peraltro, la progressione è determinata da una resistenza molecolare. È molto probabile

12 640 Capitolo 16 Sarcomi che alcuni casi siano determinati da variazioni nella farmacocinetica di imatinib, cioè una diminuzione nel tempo della concentrazione plasmatica di imatinib. Vi sono anzi evidenze retrospettive che suggeriscono una correlazione tra buone concentrazioni di farmaco nel plasma e sopravvivenza libera da progressione (Demetri et al., 2009). Purtroppo, mancano evidenze prospettiche, così che una politica di individualizzazione della dose sulla base dei livelli plasmatici non è oggi convenzionale. Tuttavia, la determinazione dei livelli plasmatici può essere utile in caso di progressione, in corso di terapie concomitanti in grado di interferire con la farmacocinetica di imatinib, in presenza di tossicità inattese. In queste evenienze, sembra logico escludere che vi sia un fattore farmacocinetico in grado di condizionare l efficacia o la tollerabilità della terapia. In caso di progressione, comunque, viene routinariamente effettuato un tentativo di elevazione della dose a 800 mg/die, con precoce valutazione della risposta (Zalcberg et al., 2005). La seconda linea della malattia avanzata è costituita da sunitinib, la cui somministrazione può effettuarsi o con un regime che prevede 4 settimane di terapia a 50 mg/die e 2 di sospensione, oppure con un regime continuativo a 37,5 mg/die (Demetri et al., 2004; George et al., 2009). Il profilo di tossicità è più impegnativo rispetto a imatinib. Nella terza linea è stato dimostrato un vantaggio in termini di sopravvivenza libera di progressione con regorafenib, un altro antitirosinchinasico e antiangiogenico (Demetri et al., 2012). Anche il profilo di tossicità di regorafenib è più impegnativo rispetto a imatinib. In mancanza di farmaci sperimentali, un tentativo ragionevole può essere quello di ristabilire un inibizione tirosinchinasica con imatinib anche quando in precedenza vi sia stata una progressione al farmaco. Questo può indurre nuove risposte, pur in una limitata proporzione dei casi e per intervalli non lunghi, o può almeno rallentare la progressione di malattia (Kang et al., 2013). È verosimile che si possa essere instaurata in questi casi una riespansione di cloni tumorali sensibili. In generale, sembra utile mantenere un inibizione tirosinchinasica anche in presenza di progressione, soprattutto di progressione non rapidamente evolutiva, perché può contribuire a rallentare la crescita tumorale. La sopravvivenza mediana dei pazienti con GIST metastatico è stata di 5 anni nei primi studi ed è probabile che essa stia migliorando, soprattutto con la disponibilità di più linee di terapia a bersaglio molecolare. Questo rappresenta un miglioramento sostanziale rispetto al passato, cioè all epoca precedente la terapia a bersaglio molecolare, quando la sopravvivenza mediana era intorno a un anno. Inoltre, esiste una frazione di pazienti che divengono lungosopravviventi senza progressione. Negli studi con lungo follow-up, questa proporzione di pazienti sembra limitata intorno al 10%. Si tratta di un sottogruppo di grande interesse. A oggi non abbiamo conoscenza di fattori prognostici. Un fattore prognostico per la sopravvivenza libera da progressione è certamente il volume tumorale all inizio della terapia (Van Glabbeke et al., 2005). Anche questo fra l altro suggerisce che la prognosi dei pazienti metastatici possa essere migliorata in questi anni, poiché oggi la diagnosi di metastatizzazione tende ad avvenire più precocemente e quindi a volumi tumorali più piccoli. Questo è anche il motivo per cui si è ipotizzato che una chirurgia del residuo tumorale in risposta possa associarsi a un vantaggio prognostico. In effetti, in molte casistiche retrospettive si è verificata una prognosi migliore per i pazienti sottoposti a chirurgia del residuo tumorale in risposta. Tuttavia, l ovvio bias di selezione di casistiche retrospettive non consente di trarre conclusioni sull efficacia della chirurgia di per sé (Raut et al., 2010; Mussi et al., 2010). Purtroppo, tentativi di valutazione prospettica al momento non sono risultati fattibili. Dunque la decisione sull eventuale chirurgia del residuo nei GIST metastatici in risposta a imatinib è attualmente da individualizzare, condividendo con il paziente l incertezza sull efficacia del trattamento chirurgico. È probabile peraltro che l asportazione di un residuo disseminato, in particolare a livello peritoneale, abbia poca utilità, mentre l exeresi, e tanto più l ablazione, di un numero limitato di lesioni epatiche è perlomeno più agevole e quindi sostenibile in linea di principio. Se si decide di effettuarla, il posizionamento migliore della chirurgia del residuo dovrebbe situarsi intorno a 6-12 mesi dall inizio di imatinib, quando si sia ottenuto il massimo di risposta dimensionale e ancora sia basso il rischio di resistenza. Le terapie a bersaglio molecolare nelle varie linee terapeutiche dovrebbero sempre essere mantenute indefinitamente, pena la progressione intervallare, anche in caso di exeresi chirurgica completa del residuo in risposta (Le Cesne et al., 2010). È vero che la risposta sembra essere in genere recuperata dal ristabilimento della terapia, ma evidentemente non vi è motivo per un trattamento intervallare, inducendo continuamente arresto e ricrescita della malattia. Inoltre, è possibile che la qualità della risposta tumorale nuovamente ottenuta sia inferiore rispetto a quella precedente (Patrikidou, 2013). La valutazione della risposta tumorale può essere talora difficoltosa per la possibile mancanza di una regressione dimensionale, soprattutto nei primi mesi di terapia. In questi casi, tuttavia, vi è una netta modificazione dell aspetto radiologico del tessuto neoplastico (Fig. 16.6), per esempio una chiara ipodensità alla TC, con una diminuzione della captazione del contrasto, o un segnale alla RM ipointenso in T1 e iperintenso in T2 (Choi et al., 2007; Van den Abbeele, 2008). La PET è in grado di verificare molto precocemente uno spegnimento metabolico della neoplasia in trattamento, anche prima di qualsiasi effetto in TC o RM. Questo presuppone un confronto con una PET precedente l inizio della terapia, perché un numero per quanto limitato di GIST appare non metabolicamente attivo di base. La terapia va proseguita nei giorni di effettuazione della PET, perché una sospensione della terapia potrebbe accompagnarsi a una pressoché immediata riaccensione della lesione. Come la risposta, anche la progressione precoce può assumere caratteristiche peculiari, cioè non dimen- FIG GIST in terapia con imatinib: risposta tumorale non dimensionale.

13 Capitolo 16 Sarcomi 641 sionali. Per esempio, la comparsa di un nodulo solido all interno di una massa ipodensa per risposta è un segno molto probabile di progressione. FOLLOW-UP Nei GIST in fase localizzata trattati chirurgicamente, il follow-up sistematico persegue l obiettivo della diagnosi di recidiva epatica e/o peritoneale. È rara la recidiva locale, in mancanza, perlomeno, di limitazioni sostanziali della chirurgia primitiva. Quindi, in genere, il follow-up si effettua con TC addomino-pelvica, o risonanza magnetica, per intervalli intorno a 2-3 anni ogni 3-4 mesi, quindi a scadenze più ampie. Ovviamente la terapia adiuvante sposta il rischio di recidiva al termine della sua effettuazione (per ulteriori 2-3 anni) e dunque il follow-up deve tenerne conto. BIBLIOGRAFIA Bednarski BK, Pisters PW, Hunt KK. The role of surgery in the multidisciplinary management of patients with localized gastrointestinal stromal tumors. 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14 642 Capitolo 16 Sarcomi OSTEOSARCOMA ASPETTI GENERALI L osteosarcoma è una neoplasia molto rara, con un incidenza intorno a 0,2/ /anno. È tipica dell adolescente, ma può insorgere anche in età adulta. I casi dell adulto sono più spesso radioindotti o secondari a malattia di Paget. L osteosarcoma è tipicamente un sarcoma ad alto grado di malignità con produzione di matrice osteoide. Vi sono tuttavia alcuni istotipi a basso grado di malignità: l osteosarcoma paraostale, l osteosarcoma periostale e l osteosarcoma centrale a basso grado. Inoltre, l osteosarcoma del blocco facciale può presentarsi con istologia condroblastica e (ma non necessariamente) a basso grado. Le sedi più tipiche di insorgenza sono le metafisi delle ossa lunghe dell arto inferiore intorno al ginocchio (femore e tibia), seguite dall omero prossimale, anche se non mancano casi di localizzazione allo scheletro assile. All imaging radiologico, l osteosarcoma si presenta come una lesione osteosclerotica od osteolitica o mista. Concomita distruzione della corticale dell osso e possibile interessamento delle parti molli con calcificazioni radiali. La fosfatasi alcalina è un marcatore sierico, che ha valore prognostico e che inoltre correla con la risposta tumorale. La stadiazione comprende la radiografia del segmento scheletrico colpito, la RM, la TC del torace e una scintigrafia ossea globale. TERAPIA MEDICA Il trattamento dell osteosarcoma fu rivoluzionato nel grazie alla sua elevata sensibilità alla chemioterapia (Cortes et al., 1974; Jaffe et al., 1974). Il farmaco più attivo è l adriamicina. Gli altri farmaci principalmente in uso sono il cisplatino e il metotrexato ad alte dosi, seguiti dall ifosfamide e dall etoposide (Ferrari et al., 2012). Essi sono in genere usati all interno di regimi polichemioterapici che ne prevedono la somministrazione sincrona (come, per esempio, adriamicina + cisplatino) o in sequenza (come quando si usano il metotrexato ad alte dosi, o l ifosfamide ad alte dosi, o la stessa adriamicina a dosi piene, in monochemioterapia, sequenzialmente agli altri farmaci, o regimi). Un attivatore dei macrofagi, il muramil tripeptide, è utilizzato in alcuni protocolli di prima linea con le polichemioterapie comprendenti i farmaci più attivi. Il valore aggiunto del muramil tripeptide è basato su un unico studio randomizzato, che ne ha dimostrato il vantaggio in termini di sopravvivenza (con una differenza non statisticamente significativa sulla sopravvivenza libera da malattia) (Meyers et al., 2008). Il beneficio per sottogruppi appariva concentrato sui pazienti che nello studio ricevevano anche ifosfamide. Tuttavia, lo studio stesso, a disegno fattoriale, non dimostrò vantaggi per l aggiunta dell ifosfamide ad adriamicina, cisplatino e metotrexato ad alte dosi. STRATEGIA TERAPEUTICA NELLA MALATTIA LOCALIZZATA La chirurgia è un tempo terapeutico irrinunciabile nell osteosarcoma. Tuttavia, in epoca prechemioterapica, essa non otteneva più del 10-20% di guarigioni. L introduzione della chemioterapia ottenne l aumento delle probabilità di guarigione al 60-70%, cioè, sostanzialmente, ai livelli attuali (Link et al., 1986; Eilber et al., 1987). Dunque vi è un indicazione convenzionale all uso della chemioterapia adiuvante in tutti i casi di osteosarcoma in fase localizzata. L eccezione è fornita dai soli casi a basso grado di malignità, cioè l osteosarcoma paraostale e periostale e l osteosarcoma condroblastico del blocco facciale a basso grado di malignità (Cesari et al., 2011; Guadagnolo et al., 2009). Generalmente la chemioterapia viene somministrata in parte preoperatoriamente. Dopo 3-4 cicli di induzione, segue l intervento chirurgico. Segue quindi un consolidamento chemioterapico, che in genere occupa un numero di cicli che dipende dal protocollo e dalla risposta tumorale all induzione. Infatti, il regime chemioterapico tende a essere modificato quando la risposta tumorale patologica sia stata subottimale. A questo fine, si può fare una distinzione fra necrosi patologiche postchemioterapiche superiori e inferiori al 90%. È vero che uno studio clinico randomizzato che ha valutato l efficacia del posizionamento preoperatorio di parte della chemioterapia non ne dimostrò alcun vantaggio rispetto all effettuazione postoperatoria (Goorin et al., 2003). Inoltre, alcuni dei presupposti che condussero storicamente all impiego preoperatorio di parte della chemioterapia oggi non sussistono più, in particolare la necessità di un intervallo di tempo per il confezionamento delle protesi chirurgiche e la necessità di una citoriduzione per potere tecnicamente effettuare un intervento non demolitivo (Rosen et al., 1979). Infatti, i miglioramenti delle tecniche chirurgiche intervenuti concomitantemente e anche l evoluzione culturale del concetto di adeguatezza chirurgica hanno ridimensionato l importanza della citoriduzione ottenibile con la chemioterapia preoperatoria ai fini di una maggiore preservazione degli arti, che oggi è la regola nella maggior parte dei casi. Questo non toglie che, chirurgicamente, vi possa ben essere un qualche vantaggio derivante dalla citoriduzione, anche quando vi sia già un indicazione conservativa di base. Peraltro, vi sono casi in cui vi è un ostacolo tecnico obiettivo per la preservazione dell arto, così che la citoriduzione può convertire l indicazione demolitiva di base. Come detto, un altro vantaggio della chemioterapia preoperatoria è la possibilità di verificare la risposta tumorale, in termini di necrosi patologica sul pezzo operatorio. Una necrosi patologica pressoché totale dopo alcuni cicli di chemioterapia preoperatoria corrisponde infatti a una buona prognosi e suggerisce di proseguire con il regime utilizzato per l induzione. Necrosi subottimali si associano a probabilità inferiori di guarigione, secondo una correlazione proporzionale tra necrosi e prognosi (Bacci et al., 1990). A un estremo vi è un elevatissima probabilità di guarigione e all altro la stessa probabilità di guarire che vi era in epoca prechemioterapica. Nei casi di risposta inadeguata, idealmente

15 Capitolo 16 Sarcomi 643 si dovrebbe variare la chemioterapia postoperatoria così da rafforzarne l efficacia. Purtroppo, mancano farmaci effettivamente alternativi a quelli usati nell induzione, così che, a oggi, il valore aggiunto dei regimi di salvataggio resta limitato. Storicamente, vi sono stati tentativi di alleggerire l intensità della chemioterapia di induzione, cercando di recuperarne l intensità in fase postoperatoria nei soli casi di necrosi subottimale. Questi tentativi sono falliti, dimostrando che l intensità di dose a partire dalla fase di induzione è molto importante per massimizzare le probabilità di guarigione (Winkler et al., 1988). Per contro, i tentativi di intensificare la chemioterapia di induzione hanno consentito un aumento della probabilità di buona necrosi, ma non si sono accompagnati a un analogo miglioramento prognostico, indebolendo in un certo senso il valore prognostico della necrosi da chemioterapia (Lewis et al., 2007). Al momento, in sintesi, è raccomandata una chemioterapia di induzione preoperatoria. In presenza di ostacoli alla sua effettuazione, o importanti motivi per eseguire la chirurgia d emblée, la chemioterapia può ben essere attuata postoperatoriamente. Un regime consolidato per la chemioterapia preoperatoria è adriamicina + cisplatino + metotrexato ad alte dosi (Ferrari et al., 2012). Alcuni studi randomizzati non hanno trovato un vantaggio nell aggiunta del metotrexato ad alte dosi alla combinazione di adriamicina + cisplatino (Whelan et al., 2012). È vero tuttavia che questi studi non riprodussero i risultati degli altri studi. In questo senso, la combinazione con il metotrexato ad alte dosi in pazienti con problematiche collaterali, o in centri privi di consuetudine con il farmaco, può essere di difficile effettuazione. L eventuale tossicità da metotrexato ad alte dosi può quindi portare a ridurre l intensità di dose di adriamicina + cisplatino, cioè dei due farmaci più importanti. Dunque, la scelta di incorporare il metotrexato ad alte dosi è in parte una scelta istituzionale e in parte è condizionata dall abilità della struttura di somministrare il farmaco in condizioni di sicurezza. Il metotrexato ad alte dosi deve essere somministrato con idratazione adeguata e rescue con acido folico. Il dosaggio dei livelli sierici a 24 e 48 ore aiuta a riconoscere precocemente l eventuale ciclo tossico, per un suo trattamento tempestivo, così da ridurre il rischio di insufficienza renale e la conseguente tossicità midollare e sulle mucose. Se quindi il metotrexato ad alte dosi è in genere utilizzato almeno nel paziente in buone condizioni e di età inferiore ai 40 anni, non sembra esservi un valore aggiunto dell ifosfamide nella fase di induzione preoperatoria. In caso di necrosi subottimale, essa può essere recuperata nella parte postoperatoria. Attualmente non vi è un consenso internazionale sul ruolo del muramil tripeptide nel trattamento di prima linea dell osteosarcoma e vi è dunque una eterogeneità nel mondo sulla sua incorporazione nei protocolli in corso, terapeutici e sperimentali. Nella malattia localizzata avanzata e in sedi atipiche e critiche sul piano chirurgico, come per esempio il bacino non aggredibile con emipelvectomia, il trattamento locale deve forzatamente essere la radioterapia, cercando di massimizzare l uso della chemioterapia. Per il resto, la radioterapia non è attualmente usata nell osteosarcoma, considerato radioresistente, contrariamente al sarcoma di Ewing. Tuttavia, la radioterapia è utilizzata in alcuni casi, in particolare quando l intervento sia forzatamente marginale, come nell osteosarcoma del blocco facciale (DeLaney et al., 2005; Guadagnolo et al., 2009) e non è escludibile un allargamento delle sue indicazioni in futuro. STRATEGIA TERAPEUTICA NELLA MALATTIA METASTATICA La chirurgia delle metastasi polmonari è spesso molto importante, per la tendenza dell osteosarcoma, ancor più degli altri sarcomi, a dare una metastatizzazione polmonare isolata. Quindi, in caso di metastatizzazione polmonare d emblée, il trattamento seguirà gli stessi principi della fase localizzata, aggiungendo la chirurgia delle metastasi polmonari. Vi sono peraltro delle presentazioni con malattia polmonare molto limitata, la cui prognosi è sostanzialmente simile a quella della malattia localizzata (Kager et al., 2003). Molto diversa è la prognosi dell osteosarcoma diffusamente metastatico, o pluricentrico a livello scheletrico. Nel caso di recidiva con metastasi polmonari isolate, spesso la chirurgia può essere un trattamento di salvataggio adeguato (Putnam et al., 1983). Questo accade quando siano favorevoli i fattori prognostici, cioè il numero delle lesioni sia basso e l intervallo libero prolungato. In caso contrario, si ricorre alla chemioterapia, con o senza chirurgia delle metastasi, con la difficoltà della scarsa disponibilità di farmaci diversi da quelli usati nella fase adiuvante. In caso di intervallo lungo, si possono ovviamente utilizzare farmaci già usati, pur con il limite evidente della dose cumulativa delle antracicline. L ifosfamide ad alte dosi è un opzione in parte non cross-resistente (Ferrari, 2012). FOLLOW-UP Dopo remissione chirurgica della malattia localizzata, il follow-up deve considerare il rischio di recidiva locale e di metastasi polmonari. Quindi la radiografia e la risonanza magnetica, a livello locale, e la TC del torace, a livello sistemico, sono le metodiche utilizzate. In pratica, sono in genere previsti intervalli tra i controlli intorno a 3 mesi nei primi anni, poi ogni 6 mesi e poi annualmente. In pazienti giovani, il follow-up deve anche considerare le sequele a distanza. Vi sono comprese le problematiche psicologiche, quelle sulla fertilità, le tossicità di organo (in particolare a livello cardiologico). BIBLIOGRAFIA Bacci G, Picci P, Ruggieri P et al. Primary chemotherapy and delayed surgery (neoadjuvant chemotherapy) for osteosarcoma of the extremities. The Istituto Rizzoli Experience in 127 patients treated preoperatively with intravenous methotrexate (high versus moderate doses) and intraarterial cisplatin. Cancer 1990;65: Cesari M, Alberghini M, Vanel D et al. Periosteal osteosarcoma: a single-institution experience. Cancer 2011;117: Cortes EP, Holland JF, Wang JJ et al. Amputation and adriamycin in primary osteosarcoma. N Engl J Med 1974;291: DeLaney TF, Park L, Goldberg SI et al. Radiotherapy for local control of osteosarcoma. Int J Radiat Oncol Biol Phys 2005;61: Eilber F, Giuliano A, Eckardt J et al. Adjuvant chemotherapy for osteosarcoma: a randomized prospective trial. J Clin Oncol 1987;5: Ferrari S, Ruggieri P, Cefalo G et al. Neoadjuvant chemotherapy with methotrexate, cisplatin, and doxorubicin with or without ifosfamide in nonmetastatic osteosarcoma of the extremity: an Italian sarcoma group trial ISG/OS-1. J Clin Oncol 2012;30:

16 644 Capitolo 16 Sarcomi Goorin AM, Schwartzentruber DJ, Devidas M et al.; Pediatric Oncology Group. Presurgical chemotherapy compared with immediate surgery and adjuvant chemotherapy for nonmetastatic osteosarcoma: Pediatric Oncology Group Study POG J Clin Oncol 2003;21: Guadagnolo BA, Zagars GK, Raymond AK et al. Osteosarcoma of the jaw/craniofacial region: outcomes after multimodality treatment. Cancer 2009;115: Jaffe N, Frei E 3rd, Traggis D, Bishop Y. Adjuvant methotrexate and citrovorum-factor treatment of osteogenic sarcoma. N Engl J Med 1974;291: Kager L, Zoubek A, Pötschger U et al.; Cooperative German-Austrian-Swiss Osteosarcoma Study Group. Primary metastatic osteosarcoma: presentation and outcome of patients treated on neoadjuvant Cooperative Osteosarcoma Study Group protocols. J Clin Oncol 2003;21: Lewis IJ, Nooij MA, Whelan J et al.; MRC BO06 and EORTC collaborators; European Osteosarcoma Intergroup. Improvement in histologic response but not survival in osteosarcoma patients treated with intensified chemotherapy: a randomized phase III trial of the European Osteosarcoma Intergroup. J Natl Cancer Inst 2007;99: Link MP, Goorin AM, Miser AW et al. The effect of adjuvant chemotherapy on relapse-free survival in patients with osteosarcoma of the extremity. N Engl J Med 1986;314: Meyers PA, Schwartz CL, Krailo MD et al.; Children s Oncology Group. Osteosarcoma: the addition of muramyl tripeptide to chemotherapy improves overall survival-a report from the Children s Oncology Group. J Clin Oncol 2008;26: Putnam JB Jr, Roth JA, Wesley MN et al. Survival following aggressive resection of pulmonary metastases from osteogenic sarcoma: analysis of prognostic factors. Ann Thorac Surg 1983;36: Rosen G, Marcove RC, Caparros B et al. Primary osteogenic sarcoma: the rationale for preoperative chemotherapy and delayed surgery. Cancer 1979;43: Whelan JS, Jinks RC, McTiernan A et al. Survival from high-grade localised extremity osteosarcoma: combined results and prognostic factors from three European Osteosarcoma Intergroup randomised controlled trials. Ann Oncol 2012;23: Winkler K, Beron G, Delling G et al. Neoadjuvant chemotherapy of osteosarcoma: results of a randomized cooperative trial (COSS-82) with salvage chemotherapy based on histological tumor response. J Clin Oncol 1988;6: SARCOMA DI EWING ASPETTI GENERALI Il sarcoma di Ewing è una neoplasia molto rara, con un incidenza intorno a 0,2/ /anno. Anch esso è tipico dell adolescente, ma non mancano i casi nell età adulta. Il sarcoma di Ewing è un sarcoma a piccole cellule, per definizione ad alto grado di malignità. Vi è tipicamente una traslocazione cromosomica: la più comune è la t(11;22)(q24;q12), con trascritto derivante dalla fusione di EWS e FLI1. Le sedi ossee più colpite sono le diafisi dello scheletro dell arto inferiore e, meno frequentemente, superiore, ma può essere coinvolto lo scheletro pelvico così come possono esserlo tutti gli altri segmenti scheletrici. Una sede peculiare è la parete toracica (tumore di Askin), con neoplasie che possono estendersi facilmente per contiguità a tutto l ambito pleurico omolaterale. Nell adulto, assai più che nel bambino, si osservano anche le forme extrascheletriche, cioè a partenza dai tessuti molli o dai visceri (per esempio, il rene). L aspetto radiologico delle lesioni ossee è litico, o misto, spesso con estensione nelle parti molli contigue. Le LDH sono un possibile marcatore sierico, con significato prognostico e di indicatore di risposta. La stadiazione di malattia comprende routinariamente una valutazione locale (con RM o TC), la TC del torace e dell addome, una scintigrafia ossea globale, cui in genere si aggiunge una biopsia osteomidollare. L attitudine sistemica del sarcoma di Ewing è più marcata rispetto agli altri sarcomi (analogamente al rabdomiosarcoma). TERAPIA MEDICA Anche il trattamento del sarcoma di Ewing fu rivoluzionato nel con l introduzione della chemioterapia (Rosen, 1974). Le probabilità di guarigione con sola radioterapia non erano superiori al 20%, mentre oggi superano il 70%. Gli studi eseguiti negli anni hanno documentato il valore aggiunto dell adriamicina, all interno di regimi polichemioterapici comprendenti gli altri farmaci classicamente attivi, cioè gli alchilanti (ciclofosfamide o ifosfamide), la vincristina, l actinomicina D (Nesbit et al., 1990). L uso dell ifosfamide e l aggiunta dell etoposide si sono associati con un ulteriore miglioramento prognostico, così che oggi l adriamicina, l ifosfamide, la vincristina, l etoposide sono i farmaci correntemente utilizzati nella prima linea di trattamento di tutti i casi di sarcoma di Ewing (Grier et al., 2003). Nelle presentazioni sfavorevoli diversi studi hanno testato l intensificazione con chemioterapia ad alte dosi, in particolare con busulfano e melfalan (Luksch et al., 2012). Nella seconda linea di trattamento, hanno dimostrato un attività antitumorale regimi come ifosfamide ad alte dosi (Ferrari et al., 2009), eventualmente in infusione continua prolungata (Meazza et al., 2010), ciclofosfamide e topotecan (Farhat et al., 2012), temozolomide e irinotecan (Casey et al., 2009), gemcitabina e docetaxel (Rapkin et al., 2012). Tra i farmaci a bersaglio molecolare, vi è stata qualche evidenza di attività degli inibitori di IGFR (insulin-like growth factor 1 (IGF-1) receptor), in sottogruppi limitati di pazienti, in assenza tuttavia di biomarcatori utili a identificarli (Olmos et al., 2010). STRATEGIA TERAPEUTICA NELLA MALATTIA LOCALIZZATA Generalmente, il trattamento inizia con una chemioterapia di induzione, cui segue la chirurgia e quindi un consolidamento con ulteriore chemioterapia, concomitante a radioterapia nei casi in cui si decida di effettuare una radioterapia di consolidamento alla chirurgia. La radioterapia può anche sostituire la chirurgia, senza per questo compromettere l intenzione eradicante del trattamento. Tuttavia, le serie retrospettive, pur con qualche bias di selezione, suggeriscono un valore aggiunto per la chirurgia, così che quest ultima è correntemente utilizzata, tranne che nei casi di inoperabilità o di necessità di interventi demolitivi (Bacci et al., 2004). In questi ultimi casi, si deve ovviamente

17 Capitolo 16 Sarcomi 645 comparare la funzione residua attesa dopo chirurgia da una parte e dopo radioterapia dall altra, così che interventi chirurgici demolitivi non sono esclusi a priori anche in una neoplasia radiosensibile come il sarcoma di Ewing. La durata complessiva del trattamento medico è superiore a 12 cicli in molti protocolli, anche se sono in corso studi intesi a testare regimi con un numero inferiore di cicli. Vi è un quesito aperto riguardante l uso delle terapia ad alte dosi, in particolare con busulfano e melfalan, con trapianto di cellule staminali emopoietiche, nelle presentazioni ad alto rischio di recidiva. Quest ultimo può essere definito da alcuni fattori prognostici intrinseci alla presentazione (per esempio, il volume di malattia, il coinvolgimento di un emitorace nel tumore di Askin ecc.) o correlati alla responsività alla chemioterapia di induzione. Nel sarcoma di Ewing scheletrico, infatti, dopo chemioterapia di induzione, l assenza di residuo vitale, un residuo microscopico e un residuo macroscopico si sono associati, rispettivamente, a rischi di recidiva intorno al 90%, 70% e 35% (Picci et al., 1993). Vi è un evidenza non controllata che il consolidamento ad alte dosi possa migliorare il rischio atteso di recidiva nei casi di risposta subottimale (considerando peraltro che si tratta appunto di una risposta subottimale più che di un assenza di risposta) (Ferrari et al., 2011). Sono attesi i risultati di un altro studio randomizzato. Questi principi di trattamento si applicano anche al sarcoma di Ewing extrascheletrico, più frequente nell adulto. La durata del trattamento può essere un fattore critico nell adulto, così che in diverse istituzioni il numero totale di cicli è un po inferiore rispetto a quello dei protocolli in uso nel sarcoma di Ewing dello scheletro nell adolescente. STRATEGIA TERAPEUTICA NELLA MALATTIA METASTATICA Pur essendo una neoplasia molto chemio/radioresponsiva, la prognosi del sarcoma di Ewing metastatico rimane insoddisfacente, particolarmente nell adulto. Vi è comunque una distinzione prognostica fra la metastatizzazione polmonare isolata e la metastatizzazione extrapolmonare (scheletrica, osteomidollare ecc.). Quest ultima si correla con una prognosi molto sfavorevole, mentre la prima è ancora compatibile con una eradicabilità, sia pure in un numero relativamente limitato di casi (Ladenstein et al., 2010). Nella malattia metastatica d emblée, l approccio non è concettualmente diverso da quello della malattia localizzata. Anche in questo caso, un quesito aperto riguarda l uso di terapie ad alte dosi, in particolare con busulfano e melfalan, con rescue con cellule staminali emopoietiche. Vi sono evidenze retrospettive di un miglioramento della sopravvivenza libera da recidiva, rispetto alle serie storiche, in caso di metastatizzazione polmonare isolata. Soprattutto in questa popolazione di pazienti, vi è quindi spazio oggi per una decisione condivisa in condizioni di incertezza sull uso, non convenzionale, di un consolidamento ad alte dosi dopo buona risposta a un induzione convenzionale. In caso di metastatizzazione polmonare isolata, vi è anche qualche evidenza non controllata dell efficacia dell irradiazione polmonare totale a Gy, quale consolidamento dopo chemioterapia convenzionale o ad alte dosi (Whelan et al., 2002). Nella recidiva metastatica a distanza, occorre naturalmente considerare l intervallo libero, in relazione alla possibilità di riutilizzare farmaci a cui il paziente è già stato esposto, pur con il limite ovvio della dose cumulativa delle antracicline. Non esiste un trattamento medico convenzionale di seconda linea non cross-resistente, essendo disponibili opzioni quali ifosfamide ad alte dosi, temozolomide e irinotecan, gemcitabina e docetaxel, ciclofosfamide e topotecan. Per la metastatizzazione polmonare isolata, dopo risposta a una reinduzione convenzionale, è possibile considerare l opzione, non convenzionale, di un trattamento ad alte dosi (Kegye e Naszály, 1998), così come della chirurgia delle metastasi (Briccoli et al., 2004). FOLLOW-UP Dopo remissione chirurgica della malattia localizzata, anche nel sarcoma di Ewing il follow-up è rivolto innanzi tutto a diagnosticare la recidiva locale e la metastatizzazione polmonare. È comunque da tenere presente l attitudine sistemica del sarcoma di Ewing. La radiografia e la RM, a livello locale, e la TC del torace, a livello sistemico, sono le metodiche utilizzate. In pratica, sono in genere previsti intervalli intorno a 3 mesi nei primi anni, poi ogni 6 mesi e poi annualmente. Il follow-up deve anche considerare le sequele a distanza e le seconde neoplasie. Vi sono infatti le problematiche psicologiche, quelle sulla fertilità, le tossicità di organo (in particolare a livello cardiologico). Il rischio di seconde neoplasie è alto, nel range del 5-10% a 20 anni, nelle sedi irradiate, con una correlazione del rischio con la dose utilizzata. BIBLIOGRAFIA Bacci G, Forni C, Longhi A et al. Long-term outcome for patients with non-metastatic Ewing s sarcoma treated with adjuvant and neoadjuvant chemotherapies. 402 patients treated at Rizzoli between 1972 and Eur J Cancer 2004;40: Briccoli A, Rocca M, Ferrari S et al. Surgery for lung metastases in Ewing s sarcoma of bone. Eur J Surg Oncol 2004;30: Casey DA, Wexler LH, Merchant MS et al. Irinotecan and temozolomide for Ewing sarcoma: the Memorial Sloan-Kettering experience. Pediatr Blood Cancer 2009;53: Farhat R, Raad R, Khoury NJ et al. Cyclophosphamide and Topotecan as First-line Salvage Therapy in Patients With Relapsed Ewing Sarcoma at a Single Institution. J Pediatr Hematol Oncol 2012 Oct 4 [Epub]. Ferrari S, del Prever AB, Palmerini E et al. Response to high-dose ifosfamide in patients with advanced/recurrent Ewing sarcoma. Pediatr Blood Cancer 2009;52: Ferrari S, Sundby Hall K, Luksch R et al. Nonmetastatic Ewing family tumors: highdose chemotherapy with stem cell rescue in poor responder patients. Results of the Italian Sarcoma Group/Scandinavian Sarcoma Group III protocol. Ann Oncol 2011;22: Grier HE, Krailo MD, Tarbell NJ et al. Addition of ifosfamide and etoposide to standard chemotherapy for Ewing s sarcoma and primitive neuroectodermal tumor of bone. N Engl J Med 2003;348: Kegye A, Naszály A. Radiotherapy for lung metastases in a patient with ewing sarcoma. Sarcoma 1998;2: Ladenstein R, Pötschger U, Le Deley MC et al. Primary disseminated multifocal Ewing sarcoma: results of the Euro-EWING 99 trial. J Clin Oncol 2010;28: Luksch R, Tienghi A, Hall KS et al. Primary metastatic Ewing s family tumors: results of the Italian Sarcoma Group and Scandinavian Sarcoma Group ISG/SSG IV Study including myeloablative chemotherapy and total-lung irradiation. Ann Oncol 2012;23:

18 646 Capitolo 16 Sarcomi Meazza C, Casanova M, Luksch R et al. Prolonged 14-day continuous infusion of high-dose ifosfamide with an external portable pump: feasibility and efficacy in refractory pediatric sarcoma. Pediatr Blood Cancer 2010;55: Nesbit ME Jr, Gehan EA, Burgert EO Jr et al. Multimodal therapy for the management of primary, nonmetastatic Ewing s sarcoma of bone: a long-term follow-up of the First Intergroup study. J Clin Oncol 1990;8: Olmos D, Postel-Vinay S, Molife LR et al. Safety, pharmacokinetics, and preliminary activity of the anti-igf-1r antibody figitumumab (CP-751,871) in patients with sarcoma and Ewing s sarcoma: a phase 1 expansion cohort study. Lancet Oncol 2010;11: Picci P, Rougraff BT, Bacci G et al. Prognostic significance of histopathologic response to chemotherapy in nonmetastatic Ewing s sarcoma of the extremities. J Clin Oncol 1993;11: Rapkin L, Qayed M, Brill P et al. Gemcitabine and docetaxel (GEMDOX) for the treatment of relapsed and refractory pediatric sarcomas. Pediatr Blood Cancer 2012;59: Rosen G, Wollner N, Tan C et al. Disease-free survival in children with Ewing s sarcoma treated with radiation therapy and adjuvant four-drug sequential chemotherapy. Cancer 1974;33: Whelan JS, Burcombe RJ, Janinis J et al. A systematic review of the role of pulmonary irradiation in the management of primary bone tumours. Ann Oncol 2002;13: ALTRE NEOPLASIE OSSEE DI INTERESSE MEDICO CONDROSARCOMA Il condrosarcoma (Riedel et al., 2009) è una neoplasia ossea tipica dell adulto, con un incidenza intorno a 0,2/ /anno. Dal punto di vista patologico, si distingue il condrosarcoma centrale (che nasce all interno di un osso), periferico (che nasce dalla superficie dell osso), dedifferenziato (quando si ha la coesistenza di una componente condromatosa o ben differenziata a basso grado e di una componente ad alto grado), a cellule chiare (neoplasia tipicamente a basso grado), mesenchimale (neoplasia ad alto grado a cellule rotonde, per certi versi accostata ai sarcomi più aggressivi, come il sarcoma di Ewing). Fondamentale è il grading, con una chiara correlazione prognostica. Il trattamento di elezione è sempre chirurgico. Il condrosarcoma è associato a una radioresistenza, che tuttavia non preclude opzioni radioterapiche in elezione, in particolare con adroni (protoni e ioni di carbonio), per localizzazioni anatomiche critiche dal punto di vista chirurgico (come la base cranica). Non vi è un indicazione convenzionale alla terapia medica adiuvante. Tuttavia, in caso di condrosarcoma ad alto grado è possibile proporre al paziente l opzione non convenzionale di una chemioterapia adiuvante in condizioni di incertezza sul suo significato prognostico. In caso di condrosarcoma mesenchimale, vi è invece una tendenza in molte istituzioni a effettuare una chemioterapia adiuvante, avvicinando queste forme agli altri sarcomi, aggressivi e responsivi, a piccole cellule. Nella malattia metastatica delle forme ad alto grado, è possibile sfruttare una qualche sensibilità ai chemioterapici in uso genericamente nei sarcomi, quindi adriamicina e ifosfamide, sia pure nella carenza di studi clinici. CORDOMA Il cordoma è una neoplasia ossea del giovane e dell anziano, con un incidenza inferiore a 0,1/ /anno (Casali et al., 2007). La sede di partenza è tipicamente il rachide, elettivamente il sacro e la base cranica, ma anche i metameri vertebrali. Si tratta di una neoplasia a basso grado, istogeneticamente associabile ai residui della notocorda. La recidività locale è il fattore limitante dal punto di vista prognostico, sia pure a comparsa, in molti casi, dopo intervalli che possono anche essere di molti anni. Non manca un potenziale di metastatizzazione, che può arrivare fino a un terzo dei casi. Raramente, i cordomi sono dedifferenziati, con morfologia ad alto grado e comportamento più aggressivo. Il trattamento elettivo è chirurgico o radioterapico. Vi è un evidenza, sia pure non controllata, di un efficacia della radioterapia con adroni (protoni e ioni di carbonio) non lontana da quella della chirurgia, soprattutto quando le casistiche chirurgiche vengano valutate a follow-up prolungati. Il vantaggio rispetto alla chirurgia è naturalmente il risparmio di interventi demolitivi, spesso, al meglio, marginali, in sedi come il sacro e la base cranica, con le implicazioni funzionali relative. Un obiettiva difficoltà nell interpretazione dei risultati è la rarità della malattia, che preclude studi controllati di buona potenza statistica, e la lunghezza del follow-up che sarebbe richiesto. La chemioterapia citotossica non è attiva. Vi è invece evidenza di attività di farmaci a bersaglio molecolare, in particolare imatinib, probabilmente attraverso il suo effetto sul PDGFRB (Casali et al., 2004, Stacchiotti et al., 2012). Vi è anche qualche attività degli inibitori di EGFR (epidermal growth factor receptor). Sono possibili risposte tumorali con imatinib da solo, in genere non dimensionali, ma simili a quelle ottenibili in altri tumori solidi con i farmaci a bersaglio molecolare e accompagnate da miglioramento sintomatologico. Sono in corso studi anche di combinazione tra farmaci a bersaglio molecolare. TUMORE A CELLULE GIGANTI DELL OSSO (OSTEOCLASTOMA) Si tratta di un tumore osseo del giovane adulto, sostanzialmente benigno, ad aggressività locale, sia pure con la rara occorrenza di metastasi polmonari e con il possibile sviluppo di una componente sarcomatosa ad alto grado, primariamente o secondariamente. Il trattamento è chirurgico. Tuttavia, non mancano casi di recidiva con particolare impegno locale e non mancano neppure casi di metastatizzazione. In questi casi, vi è ora evidenza di efficacia di un farmaco a bersaglio molecolare, denosumab, per il suo effetto inibente il ligando per RANK (receptor activator of nuclear factor kappa- B ligand, RANKL), espresso dalle cellule neoplastiche del

19 Capitolo 16 Sarcomi 647 tumore. RANKL, a sua volta, induce la formazione e maturazione delle cellule giganti tipiche della neoplasia, ancorché non neoplastiche (Thomas, 2012). L effetto di denosumab è quindi molto specifico sul meccanismo patogenetico di questo tumore, con elevatissima frequenza di risposta tumorale e apparente assenza di resistenze secondarie (Thomas et al., 2010, Branstetter et al., 2012). Sono in corso studi per valutare il ruolo di denosumab nella strategia terapeutica dei casi di tumore a cellule giganti dell osso che richiedano una terapia medica, in quanto non operabili o suscettibili solo di interventi demolitivi. Attualmente, resta da verificare l impatto del trattamento, e le sue potenziali sequele, a follow-up più lunghi, e il significato che esso può assumere nella strategia terapeutica complessiva dei casi problematici. BIBLIOGRAFIA Branstetter DG, Nelson SD, Manivel JC et al. Denosumab induces tumor reduction and bone formation in patients with giant-cell tumor of bone. Clin Cancer Res 2012;18: Casali PG, Messina A, Stacchiotti S et al. Imatinib mesylate in chordoma. Cancer 2004;101: Casali PG, Stacchiotti S, Sangalli C et al. Chordoma. Curr Opin Oncol 2007;19: Riedel RF, Larrier N, Dodd L et al. The clinical management of chondrosarcoma. Curr Treat Options Oncol 2009;10: Stacchiotti S, Longhi A, Ferraresi V et al. Phase II study of imatinib in advanced chordoma. J Clin Oncol 2012;30: Thomas D, Henshaw R, Skubitz K et al. Denosumab in patients with giant-cell tumour of bone: an open-label, phase 2 study. Lancet Oncol 2010;11: Thomas DM. RANKL, denosumab, and giant cell tumor of bone. Curr Opin Oncol 2012;24:

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