Prevenzione del maltrattamento e dell abuso dei minori
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- Beata Nobile
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1 Prevenzione del maltrattamento e dell abuso dei minori di Carla Zurru 1 (Oristano, Sassari, Nuoro, Cagliari ottobre 2011) Intanto grazie per essere qui e avermi dato la possibilità di parlare su un tema così delicato e così importante. Il mio compito oggi è di parlare di prevenzione, esperienze e proposte. Quando mi è stato chiesto di intervenire mi sono un po interrogata su come potevo essere utile oggi qui per voi e sono andata un po a ritroso a ricercare, prima con la memoria poi tra le carte, quelle che sono state per me storie significative e a chiedermi cosa avrei voluto che qualcuno mi trasmettesse quando ho iniziato a occuparmi di minori. Ho scelto, due esperienze in cui la scuola è protagonista ed ora ve le racconto. La prima: in collaborazione con le insegnanti di una quarta elementare lavoravo ad un progetto di educazione all affettività attraverso l intelligenza emotiva. Il lavoro consisteva nel riconoscere attraverso il corpo una emozione per poi descriverla e raccontarla attraverso una storia. Un giorno abbiamo parlato della paura. Questa è la storia raccontata da una bambina: «Ho paura della signora perchè un giorno mi spegne la sigaretta nella fronte. Lei non vuole che io parli e poi io ho paura perché forse sono stata cattiva. Lei mi chiama insieme ai miei fratellini a casa sua e mi fa fare cose brutte. Quando arriviamo ci sono altri signori e signore, loro ci fanno guardare dei film e poi ci chiedono di spogliarci e ci fanno ripetere tra noi quelle cose che fanno nei film, poi uno ci filma con la telecamera, a volte c è anche papà che fa quelle cose con 1 Pedagogista, Gestalt Counsellor, esperta in Danzamovimento terapia integrata. 1
2 la signora. Io sento una cosa nella pancia e mi viene da piangere quindi forse ho paura». La seconda: Allo sportello d ascolto in una scuola media arriva una ragazzina che frequenta la seconda che, dopo alcuni incontri, racconta di essere oggetto di attenzioni sessuali da parte del padre. Durante i colloqui comunica che lei ha scritto tutto su un tema all inizio dell anno e che l insegnante si è limitata a restituirglielo con su scritto curare di più la forma, alcuni errori di ortografia, sufficiente il contenuto, voto 6. Vediamo insieme cosa è successo, cosa ha funzionato nel primo caso e cosa non ha funzionato nel secondo. Nel primo le maestre, in particolare una, hanno creato uno spazio, il clima giusto per accogliere le parole della bambina, uno spazio non giudicante, dove l emozione della paura non era un emozione tabù e dove era possibile raccontare ed essere ascoltati. Non credo che si possa parlare con i bambini di emozioni negative e positive, più facile e giusto far passare il concetto di emozioni piacevoli e spiacevoli ma tutte da provare perché tutte necessariamente legate al vivere. Il permesso dato dall adulto di vivere quell emozione ha fatto sì che lei si sentisse autorizzata a parlarne. La capacità di quella maestra di accogliere ha fatto sì che quelle parole raccontate dalla bambina non cadessero nel vuoto ma attivassero un percorso di protezione e di cura nei confronti di quella bambina e dei suoi fratellini. Ancora molto importante è stato il riportare l emozione al sentire corporeo, questo ha permesso alla bambina di fare una associazione, un collegamento tra quello che sentiva e la parola paura. Dare un nome alle emozioni partendo dal corpo è di fondamentale importanza perché a volte i bambini non associano un sentire ad un emozione. Per esempio mi ricordo qualche anno fa di aver accompagnato un ragazzino ad un incidente probatorio. Doveva testimoniare a causa di una denuncia da lui fatta in seguito ad attenzioni sessuali ricevute da un fratello più grande; durante il viaggio gli chiedo come ti senti? Sei agitato? Lui mi risponde no e tu? Io gli dico si ho la pancia un po sottosopra. Lui dopo un momento di silenzio mi chiede ma hai anche la gola secca e il cuore che ti batte forte forte? Io rispondo di si allora lui mi dice: ah, allora sì, sono agitato anche io. Questo episodio mi ha fatto capire l importanza di insegnare ai bambini le parole per dirlo partendo da ciò che loro sentono nel corpo. È importante che imparino a riconoscere per prima cosa quello che sentono per poi dare un nome a quell emozione. Cosa non ha funzionato nel secondo racconto. L insegnante non ha accolto la richiesta d aiuto, non è riuscita a fare spazio dentro di sé e trovare la forza e il coraggio di andare 2
3 oltre il suo ruolo di insegnante di italiano e il suo compito di correggere un elaborato da un punto di vista grammaticale. Non si tratta di giudicare quell insegnante, forse si è trovata davanti una cosa troppo dolorosa per lei e, come spesso si fa in questi casi, si è nascosta dietro al suo ruolo, dietro al suo compito. Questi episodi danno lo spunto per introdurre un concetto di fondamentale importanza e cioè che la risorsa maggiore in tema di prevenzione è la capacità degli adulti di ascoltare le difficoltà e i problemi dei bambini e dei ragazzi. Senza questo non si può fare prevenzione. Qualsiasi intervento di educazione alla sessualità o di prevenzione dell'abuso, che non privilegi la costruzione di un clima di dialogo autentico tra insegnanti e allievi, non aiuta gli allievi che subiscono maltrattamenti ed abusi a mettere in parola il loro disagio, non permettendo di rompere così le barriere del silenzio, dell isolamento e della confusione che circondano quelle situazioni. Pertanto il primo passo nel fare prevenzione è che l'adulto, in questo caso l'insegnante, attui un percorso di crescita personale, una disponibilità a mettersi in gioco. Come abbiamo visto nelle storie raccontate, è stata la capacità degli insegnati di creare un clima comunicativo e relazionale dove poteva essere messa in parola la paura, che ha permesso alla bambina di esprimersi e trovare le parole adatte per dirlo, così come nella seconda storia un insegnante che ha reagito con rigidità ed incomprensione alle problematiche emotive e relazionali, rimanendo su un piano didattico, non ha permesso alla ragazzina di avere uno spazio d'ascolto, ritardando e rischiando di vanificare un intervento di cura e tutela nei suoi confronti. La prevenzione del maltrattamento ed abuso dovrebbe inserirsi all'interno di una iniziativa più ampia avente come obiettivo quello di far crescere le competenze emotive e relazionali dei bambini e dei ragazzi impegnati nel cammino scolastico; ma tale obiettivo deve al contempo presuppone una crescita preliminare o quanto meno parallela degli insegnanti. Infatti se nella realtà scolastica non migliora la capacità complessiva di tutti i soggetti, sia i soggetti adulti, in questo caso gli insegnanti, che i minori, di lavorare con le emozioni e di affrontare i problemi relazionali, diventa difficile, se non impossibile favorire la comunicazione da parte dei bambini e dei ragazzi e l'ascolto da parte degli insegnanti relativamente ai temi associati al disagio e al maltrattamento. Ma perchè è importante sottolineare che ogni buon progetto di prevenzione parte dalla formazione degli adulti coinvolti? Soprattutto perché Prima di insegnare determinati contenuti, gli educatori propongono e pongono se stessi come messaggio. 2 Per questo riveste notevole importanza anche il metodo utilizzato, è infatti attraverso il mezzo che veicoliamo il messaggio. Scrivono Kohut e Wolf non è tanto ciò che i genitori fanno, ma ciò che i genitori sono ad influenzare il Sé del bambino (H. Kohut, La ricerca del Sé, Boringhieri, Torino, p. 170). 2 C. Foti, C. Bosetto (a cura di), Giochiamo ad ascoltare, FrancoAngeli, Milano,
4 Un corso di educazione sessuale per bambini o ragazzi impostato esclusivamente sulla lezione a contenuto igienico-sanitario o psicologico-culturale, trasmette un forte messaggio a partire dal metodo stesso: al di là dei contenuti più o meno adeguati, dice ai bambini o agli adolescenti che i problemi legati alla sessualità sono costituiti essenzialmente da una carenza di conoscenze e di informazioni, dice che i problemi affettivi ed emotivi connessi alla sessualità non possono essere fatti oggetto di parola e di riflessione, dice che sulla sessualità esistono i competenti (per es. l adulto che sta insegnando ) e i non competenti (per es. gli allievi che stanno ascoltando). L intervento di educazione alla sessualità e all affettività rivolto agli allievi, se viene impostato con una metodologia interattiva, attenta alle dimensioni conflittuali ed ambivalenti della sessualità, può rappresentare un esempio di attività di prevenzione primaria del disagio (cioè un intervento rivolto a tutto il gruppo classe e a tutti gli insegnati o ai genitori di una scuola), che riesce a sollecitare e ad innescare interventi più specifici di prevenzione secondaria e terziaria, per aiutare quei minori le cui problematiche, più o meno gravi, hanno potuto evidenziarsi nel corso dell intervento di prevenzione primaria. 3 Alla scuola spetta la prevenzione primaria del disagio, quella prevenzione cioè destinata indistintamente a tutto il gruppo classe, o a tutti gli insegnanti o a tutti i genitori e non necessariamente mirata ad un target particolare. A volte mi capita di rispondere ad alcune richieste di insegnanti che mi chiedono di risolvere alcune problematiche relative ad un minore e, a volte con fatica, a volte con estrema collaborazione da parte loro, quasi sempre suggerisco e costruisco insieme a loro un intervento destinato all'intera classe del minore in questione. Sarà poi eventualmente compito degli specialisti dei servizi sociali e del consultorio, accogliendo le segnalazioni fatte dalla scuola, approfondire le problematiche individuali di ciascun minore. La finalità della prevenzione all'abuso e al maltrattamento dei minori non è quella di fornire agli allievi una semplice informazione scientifica o intellettualistica, ma fornire gli strumenti linguistici ed emotivi per poter riconoscere e mettere in parola, con persone di cui è possibile fidarsi totalmente, eventuali abusi o maltrattamenti. Per poter riconoscere le emozioni è innanzitutto necessario sentirle nel corpo, è infatti attraverso il corpo che noi sperimentiamo il mondo emotivo. Dopo averle sentite e riconosciute è importante metterle in parola, emozioni, sentimenti e stati d'animo devono trovare uno spazio legittimato per poter essere espresse. È importante lasciare spazio sia agli aspetti piacevoli che agli aspetti spiacevoli legati all'affettività e alla sessualità. Per fare questo, utilizzando metodiche di gioco, è necessario avere competenze emotive e relazionali, capacità di mettersi in gioco e di riconoscere empaticamente le emozioni degli altri, ma solo dopo aver conosciuto le proprie. Come insegnanti potrete, una volta acquisite attraverso un percorso personale, utilizzare le competenze emotive per migliorare il rapporto quotidiano con la classe, favorendo un clima 3 C. Foti, C. Bosetto, op cit 4
5 di dialogo e confronto. Es. iniziare la giornata con 5 minuti di discussione su come stiamo oggi. Es. costruire un calendario emotivo o distribuire le faccine con le espressioni. Es. iniziare la giornata permettendo a ciascuno di raccontare una cosa bella e una cosa spiacevole successa il giorno prima. Una attività specifica può essere la visione di un film; una volta ad esempio alla fine di un film si è ritagliato del tempo per centrare la discussione sulla ilarità di un gruppo di bambini che vedevano durante il film le loro compagne commuoversi. Abbiamo parlato proprio di questo nascondersi da parte dei maschietti e verbalizzato i loro stati d'animo. Così hanno potuto constatare che quelle lacrime erano perfettamente significative nel contesto della scena e che reprimerle serviva solo a creare una fastidiosa sensazione in gola o un respiro forzato o ancora una contrattura muscolare in qualche parte del corpo. È possibile anche colorare le emozioni, scoprendo come ognuno associ, in maniera personale ed unica, un colore all'emozione; trovare le emozioni in un brano musicale, in uno strumento musicale; scoprirle sul loro corpo, ricordando le loro sensazioni in varie situazioni o descrivendo quelle provate dopo l'ascolto di un brano musicale. Uno degli errori da evitare nella conduzione di gruppi di esperienze di gioco con i bambini, sia che siano condotti da un insegnate o da un esperto, è quello di riportare l'esperienza ad una valutazione didattica, ad una prestazione scolastica. Cosa significa? Significa che, gli elaborati prodotti, non dovranno essere valutati da un punto di vista della grammatica, della forma, così come ha fatto l'insegnate citata nella storia che abbiamo visto prima. Quello che importa è l'espressione dell'emozione e del sentimento, la capacità di sentire, di raccontarsi e di raccontare i vissuti emotivi e le esperienze ed è questo che deve essere valorizzato. Vorrei ora vedere insieme a voi uno spezzone di un di un film di Truffaut Gli anni in tasca in cui un maestro spiega ai suoi allievi perchè un loro compagno è stato sottratto dai servizi sociali alla madre che lo sottoponeva a maltrattamenti e percosse. Concludo con le parole di quel maestro: Un adulto infelice può ricominciare la vita altrove, può ripartire da zero, un bambino infelice nemmeno lo pensa: sa di essere infelice ma non può dare un nome a questa infelicità. Soprattutto dentro di lui non può mettere in discussione i genitori o gli adulti che lo fanno soffrire: un bambino infelice si sente sempre colpevole... 5
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