SALTERNUM SEMESTRALE DI INFORMAZIONE STORICA, CULTURALE E ARCHEOLOGICA A CURA DEL GRUPPO ARCHEOLOGICO SALERNITANO

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1 SALTERNUM SEMESTRALE DI INFORMAZIONE STORICA, CULTURALE E ARCHEOLOGICA A CURA DEL GRUPPO ARCHEOLOGICO SALERNITANO

2 REG. TRIB. DI SALERNO N. 998 DEL 31/10/1997 ANNO XIII - NUMERO GENNAIO/DICEMBRE 2009

3 GABRIELLA d HENRY EDITORIALE Cento anni fa, il 9 maggio 1909, con Regio Decreto n. 373 venne fondata la Scuola Archeologica Italiana di Atene (ora chiamata, secondo la discutibile moda delle sigle, SAIA); il decreto venne pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 30 giugno dello stesso anno. E la Scuola venne inaugurata l anno seguente, il 7 aprile Si era a qualche decennio dall Unità d Italia e dalla nascita dello Stato italiano; fino a quel momento, nonostante l attiva presenza di alcuni archeologi di valore, la cultura antichistica italiana era dominata dagli studiosi tedeschi, di stampo prevalentemente positivista. Per la prima volta un Istituzione culturale italiana si affiancava a storiche Istituzioni dei maggiori Paesi, europei e non, che avevano nella Grecia classica il loro punto di riferimento ed il loro centro di ricerca. Già precedentemente un grande archeologo italiano, il trentino Halbherr, aveva lavorato nelle isole greche. Ma il primo direttore della Scuola fu Luigi Pernier, che rimase ad Atene diversi decenni: i suoi interessi di studioso si concentrarono a Creta e Lemno; oltre a Rodi, che in quegli anni era soggetta all occupazione italiana. Per un breve tempo fu poi direttore lo storico dell arte antica Alessandro Della Seta. Nel marzo 1948, dopo le vicissitudini del conflitto mondiale, la Scuola venne ufficialmente riaperta, sotto la direzione del triestino Doro Levi, che, prima delle leggi razziali di cui fu vittima, aveva già lavorato a lungo in Grecia, soprattutto a Creta (si ricordano in proposito gli scavi di Festòs e di Aghia Triada). Ma uno dei grandi meriti di Doro Levi fu quello di estendere gli interessi degli studiosi italiani verso la Turchia, la Siria, l Albania, l Egitto e Cipro, oltre alla Libia che era già stata interessata da missioni di scavo italiane. Dopo la lunga esperienza di Levi, che si interruppe nel 1975, furono direttori della Scuola d Atene Antonino Di Vita ed il nostro quasi-concittadino Emanuele Greco, che ha dato un nuovo impulso a scavi e ricerche in terra greca, coinvolgendo nella sua organizzazione diverse università italiane. Qualche anno fa la Scuola corse il pericolo di chiusura, essendo entrata, erroneamente ed incredibilmente, nell elenco dei cosiddetti Enti inutili : per fortuna si accorsero in tempo dell errore e la cosa non ebbe seguito; ora combatte, come tutte le istituzioni culturali, con il problema dei fondi, ed ha dovuto, a malincuore, ridurre il suo personale. Nell occasione del Centenario la Scuola ha pubblicato un simpatico amarcord, nel quale alcuni ex allievi della Scuola, ora docenti universitari o funzionari del Ministero per i Beni Culturali, parlano della loro prima esperienza in Grecia, con nostalgia e tenerezza; e tutti, senza eccezione, legano la loro formazione culturale all esperienza ateniese. Ritengo che sia necessario riflettere su tutto questo, e non scordarsi mai che l Italia è fatta anche di queste eccellenze. Gabriella d Henry - 3 -

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5 GIANCARLO BAILO MODESTI Le popolazioni indigene dell entroterra Bisaccia, Nell incontro di oggi scenderemo di molto nel tempo rispetto alle cose di cui abbiamo discusso insieme l ultima volta, in cui - se vi ricordate - eravamo rimasti, a seconda delle cronologie, tra i 3000 e i 2000 a.c., dunque in un tempo molto remoto. Adesso saltiamo tutto un lungo periodo, che è quello dell età del Bronzo, e ci spostiamo invece alle soglie dell epoca storica, in quella che gli archeologi chiamano tradizionalmente prima Età del Ferro: siamo quindi, in termini di cronologia assoluta - per le cose più antiche che vedremo - già nel corso del IX secolo a.c. Faremo poi una veloce carrellata di quattrocinque secoli per cercare di vedere lo sviluppo di questa cultura indigena detta di Oliveto-Cairano nelle tappe più significative dei suoi mutamenti e per capire appunto come si evolve questa cultura indigena di fronte alle sollecitazioni della storia e ai suoi stessi sviluppi. La prima Età del Ferro è un momento essenziale per l assetto più generale della penisola italiana. Sono trascorsi gli anni cruciali intorno al 1000 a.c., che sono quelli durante i quali si verificano tutta una serie di fenomeni di cui non parlerò in questa sede, e che soprattutto si concludono con il formarsi di vere e proprie unità nazionali, quelle che, praticamente, ci hanno accompagnato fino quasi ai nostri giorni. Sto parlando delle unità nazionali in senso regionalistico, per cui già negli assetti delle popolazioni protostoriche che vivevano in quel periodo si vedeva una partizione dell Italia che corrisponde grosso modo a quella che sarà poi delle regiones augustee - naturalmente con qualche piccola variante - e, tutto sommato, anche alla nostra divisione regionale odierna. Fa eccezione proprio la Campania, i cui confini odierni, come sapete, sono poco più che un espressione geografica, mentre al suo interno essa è un crogiolo di culture campane e di altre culture - come quelle di cui parleremo - che guardano a volte più verso il versante pugliese o verso il versante lucano. La Campania nell Età del Ferro è percorsa essenzialmente da due grandi filoni culturali: quello degli incineratori villanoviani, che sono in pratica i Protoetruschi, e poi gli indigeni cosiddetti della Cultura delle tombe a fossa. E una distinzione che, soprattutto nella definizione, rivela già un opposizione del rituale funerario tra popolazioni che incineravano, e cioè bruciavano i propri morti e li deponevano in un urna costituita generalmente da un vaso o da una forma fittile di capannna, e popolazioni che invece, come facciamo noi, inumavano in semplici fosse terragne i resti dei propri antenati. I centri più importanti del gruppo villanoviano sono, a Nord, Capua e, nelle nostre zone, Pontecaganano; vi sono poi delle piccole appendici a Capodifiume, già in territorio pestano, e l ultimo avamposto di Sala Consilina, nel Vallo di Diano, che probabilmente nell Età del Ferro è una sorta di enclave degli Etruschi di Pontecagnano. Sala Consilina poi, per la sua stessa vocazione a metà tra Campania, Lucania e area enotria, deciderà molto presto, già nelle fasi finali dell Età del Ferro, per la vocazione enotria e se ne andrà nel corso del suo sviluppo in tutt altra direzione rispetto a Pontecagnano e a Capua. La Cultura delle tombe a fossa si divide a sua volta in due sotto-filoni, uno costiero, detto di Cuma-Torre Galli perché raggiunge anche le coste calabresi, che ha i suoi centri nelle zone vicine a noi, come ad esempio S.Valentino Torio, - 5 -

6 SALTERNUM S. Marzano e numerosi altri centri. Vi è poi, derivata probabilmente da questa dopo l impatto con i Greci, una cultura dell interno che se na va però verso Caudium-Montesarchio passando per Avella, e che corrisponde a una sorta di ristrutturazione del mondo campano in un momento successivo alla destrutturazione avvenuta per l incontro con i Greci che, almeno per alcuni indigeni e in particolare per quelli di Cuma, dovette essere particolarmente violento. Ma il secondo sotto-filone, quello che a noi interessa, è invece rappresentato dal gruppo detto di Oliveto-Cairano, che ha i suoi centri principali nell alta valle del Sele a Oliveto Citra, probabilmente a Montecorvino Rovella e a S. Maria a Vico - dove sono attualmente in corso alcuni scavi -, e lungo il versante ofantino, appena superato il varco appenninico e la Sella di Conza, a Cairano, Calitri, Bisaccia, Conza della Campania e in tutta un altra serie di centri, tra i quali i più esplorati sono quelli alto-irpini di Cairano e di Bisaccia. Si tratta probabilmente, da quelli che sono i dati archeologici, di una popolazione venuta un giorno dall altra parte del mare, dall altra sponda della costa adriatica e cioè dall area cosiddetta illirica. I confronti più stretti si hanno ad esempio con materiali dalla Macedonia. Probabilmente attraversarono il mare, risalirono il corso dell Ofanto, arrivarono nei dintorni del varco appenninico e si collocarono un po su tutte le alture strategicamente importanti a dominare il corso dell Ofanto e del Sele. La via di comunicazione naturale Ofanto-Sele, attraverso la Sella di Conza e il varco appenninico, è nell antichità una delle vie più importanti proprio per creare un passaggio, senza andare per mare, tra la costa tirrenica e quella adriatica ed è quindi una via di fondamentale importanza strategica, il cui controllo - come vedremo - era ricco di conseguenze. Le popolazioni di Oliveto-Cairano non raggiungono mai un livello urbano, vivono sempre sparse in villaggi - ma in villaggi uniti da un rapporto di solidarietà -, creando un sistema che permetteva di controllare tutto il territorio circostante. Come si presenta questa cultura al momento della sua comparsa nelle nostre zone? L evidenza che abbiamo è ancora una volta soprattutto funeraria: non abbiamo gli abitati nemmeno per l epoca più antica, che è la prima Età del Ferro. Le tombe sono - come dicevamo - tombe a fossa terragna che quasi sempre hanno una copertura in pietre e ciottoli di fiume. Tolta la copertura, nelle tombe appaiono i morti, con lo scheletro deposto supino nella fossa e, accanto a questo, degli oggetti che lo accompagnavano come corredo personale. Proprio dall esame di ciò che compare in queste tombe cercheremo ora di ricavare dei dati per quello che riguarda l assetto di queste comunità. Nella prima Età del Ferro i corredi sono generalmente abbastanza poveri e non particolarmente esuberanti; rarissimi sono gli oggetti di ornamento: si trovano infatti solo ornamenti funzionali, come la spilla che serviva a chiudere il vestito sul petto. Le donne, oltre alla spilla, raramente hanno qualche anellino o qualche bottoncino di bronzo, ma si tratta nel complesso di corredi molto sobrî. C è poi il corredo ceramico, che generalmente è costituito dalla grande brocca biconica, all interno della quale spesso c è un piccolo attingitoio - una tazza o un anforetta -, mentre, nei corredi più esuberanti, a questi due vasi si aggiunge una tazza più grande che noi chiamiamo ciotola-attingitoio, perché rappresenta una via intermedia tra una forma aperta e una forma chiusa. Il servizio ceramico era costantemente deposto ai piedi del defunto sia nelle tombe maschili sia nelle tombe femminili e il dato interessante, che a volte non si ritrova in altre popolazioni indigene contemporanee, è che si tratta sempre dello stesso servizio sia per l uomo che per la donna. L elemento che cambia, però, e che distingue i due sessi già a livello dell esame degli oggetti nel momento della deposizione finale, è invece rappresentato dagli oggetti di ornamento, perché gli uomini hanno sempre spille del tipo ad arco serpeggiante, mentre le donne hanno la caratteristica fibula ad occhiali (o a doppia spirale), che è uno degli elementi di tradizione adriatica che rimanda all area illirica e che non compare a Pontecagnano o nella Valle del Sarno. Se il servizio ceramico ai piedi del defunto è lo stesso per uomini e per donne, l uomo però è a volte connotato con oggetti tipicamente maschili come le armi - la punta di lancia ad esempio - o con strumenti a lui funzionali, come il rasoio. La - 6 -

7 GIANCARLO BAILO MODESTI donna invece, quando vuole connotare il proprio sesso, presenta la fusaiola, che è un oggetto connesso con l arte del filare e, quindi, con attività tipicamente femminili. Questo quadro già ci offre dati interessanti, perché bisogna pensare che una tomba a fossa, anche una tomba semplice come queste, deve essere interpretata quasi alla stregua di una fonte scritta o di un messaggio, ossia come un insieme di segni che gli antichi hanno lasciato non casualmente, ma volutamente, e che noi ora dobbiamo cercare di interpretare. Non è casuale, ad esempio, la forma stessa di una tomba, o se in una tomba è presente un oggetto piuttosto che un altro, o, ancora, se un particolare oggetto si trova in un punto preciso della tomba piuttosto che in un altro. Tutto questo insieme di segni costituisce un sistema dietro il quale c è un elaborazione e una volontà cosciente ed è proprio questa che noi dobbiamo cercare di leggere e interpretare, senza lavorare troppo con la fantasia. Che immagine ci restituisce, dunque, una necropoli fatta di tombe di questo tipo? Ci restituisce l immagine di una comunità non particolarmente ricca, che non aveva quindi un grande surplus del quale poteva privarsi per donarlo, ad esempio, come corredo funebre ai morti, e una società tutto sommato abbastanza egualitaria. In realtà, come l antropologia moderna ci insegna, una società veramente egualitaria probabilmente non è esistita mai; diciamo però che era egualitaria dal punto di vista delle nostre categorie moderne, le categorie economiche attraverso cui noi oggi misuriamo uguaglianze e disuguaglianze. Probabilmente, poi, va considerato che ci sono segni che non sono rimasti all archeologo - si ricordi che spesso non si trovano neanche tutti gli oggetti della cultura materiale che eventualmente erano stati deposti in una tomba -, oppure segni, non della cultura materiale, che nella tomba a livello funerario non venivano indicati e che segnalavano però, all interno di quella comunità, una differenza tra individui (si pensi ad esempio all ipotesi che i cadaveri avessero tatuaggi, che noi non abbiamo più ma che magari rappresentavano un elemento di prestigio all interno della comunità). Fig. 1 - Bisaccia (AV). Fibula ad occhiali (o a doppia spirale). Possiamo comunque dire che ricaviamo l immagine di una comunità che, almeno dal punto di vista economico, non aveva al suo interno grandi differenze e in cui probabilmente esistevano ancora forme di gestione comune delle risorse, che dovevano essere quelle agricole con integrazioni di allevamento e di attività pastorali. Soprattutto, il dato che colpisce e che risulta insolito rispetto alle altre popolazioni contemporanee, è questa equivalenza sociale dell uomo e della donna: l uomo e la donna si connotano, sì, per la loro differenza sessuale, ma il servizio che rappresenta l individuo adulto ai piedi del morto è assolutamente identico e vi è dunque una sostanziale equivalenza dell uomo e della donna all interno del gruppo; vi è, cioè, una divisione di ruoli, ma un uguale dignità e un uguale peso all interno della comunità. La differenza passa invece, come spesso accade per queste popolazioni primitive, per le classi d età. Se andiamo ad analizzare le tombe degli individui non ancora adulti, quindi non ancora iniziati alla comunità, vediamo che anche quando hanno un corredo particolarmente esuberante di ceramica, hanno, sì, la tazza e lo scodellone, ma non hanno mai il servizio tipico che comprende la grande brocca e l attingitoio. Hanno poi - 7 -

8 SALTERNUM anch essi le spille, che connotano, quando sono bambini avanti nell età, il sesso maschile e femminile. Ma a loro è negato il servizio che identifica l individuo adulto. Talvolta addirittura sono privi del corredo ceramico e hanno solo ornamenti. Dopo questo secondo livello di classi d età, a un livello ancora più basso si collocano i neonati o i bambini nella prima infanzia, che di solito sono deposti in piccole fosse sul terreno nelle quali lo scheletro spesso non è rimasto se non sotto forma di piccoli frustuli di ossa. Le tombe di neonato si mostrano particolarmente interessanti perché al loro interno hanno sempre e soltanto la grande spilla maschile dei vari tipi ad arco serpeggiante, presente con esemplari di dimensioni normali - quindi non miniaturizzate per un bambino - se non, a volte, addirittura di dimensioni considerevoli. Vi è poi un esempio di tomba di infante in cui il neonato non era deposto nella fossa, ma vi era un buco nel terreno con un grande vaso che conteneva all interno le spoglie del bimbo. Insieme alle spoglie del bambino si rinvennero un coltello di ferro, assolutamente improbabile come oggetto d ornamento personale del neonato, un enorme spilla ad arco serpeggiante e una punta di lancia di bronzo, identica a quella degli adulti maschi. In un altra tomba di infante, invece, non c era alcun oggetto di corredo, ma soltanto una punta di lancia in bronzo, deposta a metà della piccola fossa. L immagine che suggerisce questo modo di deporre il neonato risulta abbastanza anomala: il neonato, in pratica, non ha un corredo personale e anche la spilla che chiude il vestito sul petto non appartiene al corredo dell infante, anche perché in qualche caso, come in quello dell enchytrismos (la sepoltura entro vasi), la spilla serviva piuttosto per chiudere il panno in cui i resti del neonato erano inseriti. L infante non ha dunque diritto al servizio ceramico e neanche agli oggetti personali; quando poi si rinvengono elementi di tipo personale come la spilla, si tratta sempre della spilla maschile di grandi dimensioni. A volte, addirittura, a ribadire questa connotazione maschile di individuo adulto, sono presenti la punta di lancia e il coltello di ferro. Il neonato, dunque, in qualche modo non esiste di per sé e non ha ancora una sua individualità, ma esiste in quanto collegato con la figura paterna, perché è il padre che è garante del neonato e nelle tombe di neonato dà la sua impronta. Anche questo è un dato che non trova confronto nelle culture indigene contemporanee, in cui fin dalla primissima età i maschietti e le femminucce vengono connotati in maniera autonoma, anche se mai con tutte le prerogative proprie del maschio o della donna adulti. Questo è il quadro che dagli inizi della cultura, quindi dal pieno IX secolo a.c., prosegue fino circa a tutta la metà l VIII secolo a.c. Poi improvvisamente, in modo anche abbastanza repentino e senza passaggi intermedi, le tombe più recenti, che vanno dalla seconda metà dell VIII agli inizi del VII secolo a.c., si mostrano completamente diverse. Sono tombe generalmente molto più ricche di materiali e soprattutto si osserva che si è spezzata quella antica equivalenza tra il servizio dell uomo e il servizio della donna ai piedi del morto. L uomo, infatti, ha costantemente ai piedi una grande olla che non è più l olla biconica del passato ma è la grande olla da derrate, quella che costituisce il simbolo della ricchezza agricola e il bene sostanziale del gruppo; al suo interno si trova ancora spesso l attingitoio, costituito da un anforetta o da una tazza. Per l uomo, poi, si può individuare tra il resto della suppellettile un secondo servizio ceramico, che è deposto generalmente sulle gambe, sotto il bacino, e comprende un grande scodellone con, al suo interno, un ulteriore vaso. Il corredo maschile presenta la punta di lancia ormai realizzata in ferro e non più in bronzo ed è anch esso caratterizzato da specifici oggetti di ornamento: continua infatti anche nelle spille la distinzione tra maschio e femmina, con la spilla ad arco serpeggiante per gli uomini e la spilla ad occhiali per le donne, anche se vi sono alcuni tipi di fibule -come quelle a navicella o a sanguisuga - che condividono sia gli uomini che le donne. Come avevamo già visto comparire nelle sepolture femminili dell età precedente, nelle tombe delle donne c è adesso costantemente quello che è il fossile-guida della cultura, ossia il bracciale ad arco inflesso, che diventa in questo - 8 -

9 GIANCARLO BAILO MODESTI momento molto più diffuso e canonico. Il bracciale ad arco inflesso, infatti, è presente in tutte le tombe femminili e quando si trova in una sepoltura, anche al di fuori dai centri della cultura di Oliveto-Cairano, si può essere certi di essere in presenza di una donna di Oliveto-Cairano, perché evidentemente questi bracciali erano qualcosa che, nell immaginario di quelle genti, ribadiva l identità culturale e l appartenenza delle donne a quel gruppo ben definito. Le tombe femminili, a differenza di quelle maschili, non hanno la grande olla da derrata ai piedi, ma ai piedi hanno soltanto lo scodellone, a volte accompagnato da un altro vaso: in sostanza, le donne hanno ai piedi quello che nell uomo costituisce il servizio secondario e complementare, che è posto sulle gambe o vicino al bacino. E questa è una differenza fondamentale rispetto alla fase precedente. Che immagine ci restituiscono già questi pochi dati? Per quanto riguarda la società in generale, che senza dubbio ha fatto un salto di crescita, i corredi sono tutti sensibilmente più ricchi e, nonostante questo, cominciano ad avvertirsi al loro interno le prime differenze di ricchezza. All interno dei corredi funebri si comincia a rinvenire anche suppellettile ceramica che non è prodotta in loco ma che è prodotta dalle culture indigene vicine, in particolare della Daunia. E questo ci dice che si tratta ormai di una comunità che produce anche più di quanto le basti per la sua stessa sussistenza e che ha qualche cosa che può scambiare. Mentre l immagine della comunità precedente era quella di una comunità tesa alla sopravvivenza e chiusa al suo interno, questa è l immagine di una comunità invece in fase di sviluppo, che si apre all esterno e che è in un momento di profonda crescita. Quello che cambia è, come si diceva, l equivalenza tra uomo e donna: improvvisamente l uomo rivendica nella tomba i simboli propri e sostanziali che ricordano la ricchezza del gruppo e che vengono rappresentati dall olla da derrate. Ma non è soltanto questo. Tranne qualche rarissima eccezione, gli oggetti di ferro, che costituisce il metallo di valore sostanziale e di valore tecnologico all interno del gruppo, sono prerogativa dell elemento maschile. Fig. 2 - Bisaccia (AV), Museo Civico Castello Ducale. Askos dauno dalla T Prima metà VII sec. a.c. Fig. 3 - Bisaccia (AV), Museo Civico Castello Ducale. Goliera di bronzo dalla T Prima metà del VII sec. a.c. Fig. 4 - Bisaccia (AV), Museo Civico Castello Ducale. Anforetta d impasto decorata a lamelle metalliche dalla T VII sec. a.c

10 SALTERNUM Fig. 5 - Bisaccia (AV). La tomba della Principessa in corso di scavo (foto G. Bailo). Si delinea dunque un quadro in cui ci sono corredi di donne che non possono definirsi povere, ma i simboli più importanti del potere reale all interno del gruppo sono appannaggio dell elemento maschile. Rimane da chiedersi che cosa ha fatto fare questo salto di qualità alla cultura. Fondamentale a questo proposito è il rinvenimento di una tomba che fu messa in un luce un giorno imprecisato della fine degli anni 70 sulla collina di Bisaccia. Sulla collina si rinvenne una sepoltura che immediatamente si differenziava dalle altre. Innanzi tutto si trattava di una tomba a fossa, di grandi dimensioni, che aveva la normale copertura in pietre e ciottoli; da questo punto di vista, dunque, l immagine era identica a quella delle altre tombe della collina, si differenziava però già dal grande lastrone di pietra bianca che si rinvenne reclinato e piegato tra le pietre della copertura, ma che in origine, probabilmente, doveva essere innalzato a formare una sorta di sema, ossia di segnacolo della tomba e che già si poneva come elemento di distinzione rispetto alle altre tombe. Ma, soprattutto, il dato più curioso era rappresentato dal fatto che questa tomba era circondata, almeno per tutta la sua metà inferiore, da un recinto di pietre che le altre tombe non avevano. Vi era un primo recinto, quello probabilmente originale e più ampio, che venne poi ribadito da un ulteriore recinto, aggiunto forse quando il primo si era in parte interrato o era stato risistemato. Prima ancora di sapere che cosa ci fosse dentro la tomba, dunque, si osservava che questa sepoltura voleva presentarsi già dall immagine esterna come diversa dalle altre tombe della collina. L aspetto più importante di questa diversità è senz altro rappresentata dal recinto, perché il recinto presso tutte le popolazioni antiche, e soprattutto quelle vicine a noi, ha uno spiccato valore di limite ed è capace di creare un limite, oltre il quale non si può andare, tra lo spazio interno e lo spazio esterno al recinto stesso. Il recinto, quindi, isola un elemento di

11 GIANCARLO BAILO MODESTI una certa importanza e rappresenta un limite che distingue ciò che è all interno del limite stesso - che è sacro e di notevole importanza - da ciò che è all esterno (si pensi ad esempio al solco che Romolo traccia quando deve disegnare il perimetro di Roma e si pensi al fatto che quando Remo, suo fratello, supera il solco, Romolo non esita ad ucciderlo, proprio perché era stato in qualche modo commesso un sacrilegio che soltanto la morte e il sacrificio potevano intervenire a sanare). Questi limiti dunque, anche se non fisicamente invalicabili, sono simbolici, e in quanto tali invalicabili sostanzialmente. Il messaggio che se ne può ricavare è dunque che all interno di questo limite era posto qualcosa di importante e che il recinto costituiva un limite oltre il quale non si doveva andare. Sotto le pietre uscì il corredo particolarmente ricco dell individuo che vi era deposto, che era sicuramente una donna per la presenza dei numerosi bracciali ad arco inflesso. Colpiva l esuberanza del corredo non solo per la quantità dei vasi, ma anche per la qualità di alcuni di essi: vi erano infatti dei vasi di bronzo e i vasi di bronzo nell antichità, in questo orizzonte cronologico, hanno anche un valore economicamente molto più rilevante rispetto ai vasi di ceramica. Soprattutto, questi oggetti erano degli status symbol, degli oggetti di prestigio. Molti di essi, come la phiale baccellata, sono quelli che si ritrovano costantemente in tutte le tombe dell élite di Età orientalizzante, per esempio, dell Etruria, nelle grandi tombe come la Bernardini, la Barberini o la Regolini Galassi. Ma al di là della preziosità di alcuni oggetti che uniformano il corredo di questa donna, che era databile agli inizi del VII secolo a.c., a quello dei principi di Età orientalizzante di Pontecagnano - per il confronto di due bacini di bronzo con prese lunate, che si trovano soltanto nelle tombe principesche di Pontecagnano -, al di là di ciò, questa tomba femminile conteneva degli elementi anomali, rispetto all assetto della comunità, anche all interno della fossa. Aveva ai piedi, ad esempio, la grande olla da derrate. Il suo corredo ceramico comprendeva vasi d argilla e, oltre alla phiale baccellata e ai due bacini bronzei di cui abbiamo Fig. 6 - Bisaccia (AV). La Principessa sulle colline. Fig. 7 - Bisaccia (AV), Museo Civico Castello Ducale. Phiale baccellata di bronzo dalla T VII sec. a.c. appena parlato, un grande calderone anch esso di bronzo. Tolto il corredo che più o meno rivestiva la defunta, uscì il vestito di quella che a questo punto possiamo chiamare principessa. La donna era interamente rivestita di bronzo. Tutte le donne sepolte sulla collina hanno in quest epoca un corredo particolarmente abbondante nei bronzi è tipico appunto delle comunità che hanno un riferimento con la sponda illirica dell Adriatico - e tutte hanno oggetti di bronzo distribuiti dalla testa ai piedi; anche quando ve ne sono solo due o tre, infatti, si cerca di fare in modo che l intero corpo sia toccato dal bronzo. La nostra principessa aveva migliaia di piccoli bottoncini di bronzo disseminati fino al bacino, che andavano disegnando una sorta di scialle;

12 SALTERNUM Fig. 8 - Bisaccia (AV), La Principessa. bottoni più grandi erano verosimilmente applicati sulla gonna, che era poi ulteriormente appesantita da grandi dischi di bronzo, in qualche caso decorati. Aveva 51 bracciali ad arco inflesso, 25 al polso sinistro e 26 al polso destro: in questo caso il numero era singolare, poiché ci sono donne con più bracciali, ma questo numero è rimasto finora senza confronti. Va osservato, a questo punto, che le donne di Oliveto- Cairano avevano costantemente un bracciale in più al braccio destro e che i bracciali non sono mai in numero pari, sia quando sono in numero minore, sia fino al numero maggiore, che è appunto 51. Ad oggi non è possibile spiegare il significato di questo dato. Negli unici casi in cui i bracciali sono pari - perché, come sempre ci sono delle eccezioni -, si tratta o di bambini, oppure, come nella T. 4 di Cairano, della sepoltura di una donna che aveva un solo bracciale al polso sinistro e uno al polso destro, che per il resto era priva di corredo e che era una donna zoppa, con un difetto di articolazione agli arti inferiori. Una delle ipotesi che si potrebbero suggerire potrebbe essere che le donne che presentano un numero dispari di bracciali sono le donne adulte, maritate, quindi le donne che a pieno titolo hanno avuto il ruolo di elemento femminile della comunità. La nostra principessa aveva un numero notevole di spille di bronzo, tra cui alcune enormi, ricoperte di ambra e di avorio. Aveva poi anche le fusaiole, ma mentre le altre donne della cultura avevano spesso esemplari in impasto deposti ai piedi della fossa, la principessa le aveva in ambra e addirittura in metallo, quindi abbastanza improbabili come oggetti d uso allusivi al duro lavoro quotidiano, ma da interpretare piuttosto come oggetti d ornamento, appartenenti forse ad una lunga e complessa serie di elementi ornamentali che probabilmente adornavano i capelli o una treccia che correva lungo le spalle. Si trattava, dunque, di una donna che risultava trasgressiva rispetto all elemento maschile della comunità e che rivendicava atteggiamenti impensabili per le altre donne; una donna che rivendicava in qualche modo anche la propria femminilità perché aveva poi tutti gli elementi che connotano le figure femminili, come la fibula ad occhiali, la fusaiola e tutta una serie di elementi che caratterizzano anche le altre donne del gruppo. La principessa non era però l unica ad avere una tomba dotata di recinto: di fianco a lei, infatti, c era una tomba maschile che aveva anch essa un accenno di recinto e che era dotata di un corredo particolarmente ricco, anche se poi non aveva al suo interno tutti quei simboli così significanti che aveva la principessa, ma questo perché si trattava di un uomo e l uomo non doveva esibire nulla. Ai piedi di queste due tombe maggiori c erano, disposte perpendicolarmente e quindi con un orientamento diverso da tutte le tombe del resto della collina, due tombe di giovani guerrieri, una ai piedi della principessa, una ai piedi dell uomo che le era a fianco. Non avevano un corredo particolarmente esuberante: uno solo aveva un piccolo accenno di recinto, quindi uno di quegli elementi forti che avevano le tombe maggiori, ma che chiaramente gli derivava di riflesso dall essere legato in qualche modo da un rapporto non sappiamo quale, ma possiamo presumere un rapporto quasi di sudditanza o di complementarità e difesa - agli individui della parte superiore della collina. C erano infine due tombe di bambino, con corredi dai bronzi molto belli, che, anche se non di particolare ricchezza, risultavano comunque sicuramente più ricche delle altre tombe di bambino coeve. Tutto questo insieme di sepolture, in una collina in cui le tombe sono disposte abbastanza fittamente una vicino all altra, era distribuito invece su uno spazio che lasciava molta libertà

13 GIANCARLO BAILO MODESTI Oltre tutto, ai piedi della principessa c erano i resti di un vaso rituale che non si ritrova nei corredi funerari e che probabilmente è testimonianza, insieme alla reduplicazione del recinto, che la persona che vi era stata deposta, non solo era stata molto importante in vita, ma probabilmente aveva lasciato una memoria che era stata coltivata e in qualche modo anche acuita nel corso del tempo. E probabile, quindi, per arrivare alle conclusioni di questi segni, che siamo in presenza del gruppo di vertice della comunità che ha ormai abbandonato la prima Età del Ferro ed è entrata nell Età orientalizzante e che rappresenta pertanto la comunità di seconda Età del Ferro di Oliveto-Cairano. Un gruppo di vertice sensibilmente staccato dal resto della comunità, dotato sicuramente di un potere incredibilmente forte rispetto ai propri simili e quindi, si può dire, di un potere di tipo più o meno assoluto. Riguardo alla Principessa vi è, però, un altra sorpresa. Al momento dello scavo, sotto il vestito si trovarono pochissime ossa e in un primo momento si pensò che il motivo andasse cercato nel bronzo stesso, che aveva corroso le ossa, o nell acidità del terreno. In realtà, le analisi degli antropologi hanno dimostrato che si trattava dei resti di una bambina di pochi anni di età, sepolta con il vestito di una adulta. A questo punto, viene giustamente da chiedersi se non vacilli l intero discorso. In realtà io penso che il discorso si rafforzi: proprio perché c era un gruppo familiare dotato di un potere così forte, questa bimba è stata probabilmente deposta in questo modo in quanto predestinata: è stata cioè deposta secondo l immagine che avrebbe assunto se avesse continuato a vivere all interno del gruppo di vertice. E questo è ancora più significativo del nucleo sociale a cui la principessina apparteneva. Adesso bisogna cercare di capire che cosa ha creato questa accelerazione improvvisa all interno della comunità, questa ricchezza maggiore e questa frammentazione, disarticolazione e ricomposizione ad altri equilibri della compagine sociale. Sicuramente motivi interni, ma anche un elemento esterno che inevitabilmente deve avere accelerato il processo. A questo punto, se si va alla ricerca di spie che possano offrire una chiave di lettura, per me si tratta dei vasi dauni, i bei vasi di ceramica geometrica dipinta che cominciano a comparire improvvisamente a Bisaccia, e non negli altri centri della cultura di Oliveto-Cairano, nella seconda metà dell VIII secolo a.c. e che compaiono, non in tutti i corredi, ma con una certa frequenza, soprattutto nei corredi femminili fino alla prima metà del VII secolo a.c. Che cosa sta succedendo in questo volgere di tempo? Poco prima della metà dell VIII secolo a.c. è stato fondato nell isola di Ischia l emporio greco di Pithekoussai. Non è probabilmente la prima colonia greca d Occidente - infatti gli antichi stessi a partire da Strabone parlano di Cuma come prima colonia greca d Occidente -, ma è l ultimo esito del processo precoloniale e delle frequentazioni delle coste campane da parte dei Greci risalenti ancora all epoca micenea, quando i navigatori greci facevano rotta verso il litorale tirrenico per approvvigionarsi dei metalli e in particolare dei metalli dell isola d Elba. Pithekoussai è un momento di strutturazione forte di questo processo: si crea fisicamente e per la prima volta un avamposto stabile e residente a fare da testa di ponte proprio verso le coste tirreniche. Sappiamo, poi, che Pithekoussai era il polo occidentale di un sistema che il mondo euboico completava con l emporio orientale di Al-Mina, alle foci dell Oronte, e attraverso questi due poli si giocava la loro leadership sul Mediterraneo e quindi, più in generale, la leadership del commercio nel mondo allora conosciuto. Subito dopo, dopo la metà dell VIII secolo a.c., viene fondata Cuma che è invece la prima vera e propria colonia greca d Occidente, nel senso che è un insediamento nato per essere stabile, per sfruttare anche il territorio agricolo e non solo per istanze commerciali o di alto artigianato. Cuma nasce in base a un progetto politico di conquista per sempre, un progetto politico di ampio respiro. Noi sappiamo che questo porta al contatto con alcune delle popolazioni indigene: con alcuni, gli abitanti di Cuma per esempio, tale contatto fu sicuramente violento e gli indigeni scomparvero o furono massacrati, anche se le fonti lo adombrano

14 SALTERNUM E anche a Pontecagnano c è, ad esempio, il corredo di una donna che, sia dalla suppellettile ceramica sia dalla presenza dei bracciali ad arco inflesso e da altri elementi, rivela di essere una donna di Oliveto-Cairano, contraddistinta peraltro da un notevole status sociale. Tra gli oggetti di corredo che aveva questa donna ci sono due strani uncini che si sono trovati anche in altre tombe di donne indigene e che generalmente venivano interpretati come strumenti per cardare la lana anche se, per la verità, gli oggetti funzionali alla cardatura della lana non sono così, ma presentano più punte. Io ho cercato altri confronti, pensando sempre che fossero collegati all attività della lana, e per ora ho trovato solo un confronto in un orizzonte lontano, con uno strumento del Kashmere che viene utilizzato vicino ad un telaio dove si fabbricano i famosi tappeti di quelle zone. Per farla breve, io credo che a un dato punto si avvertano queste esigenze di materie prime da parte del mondo greco, che non le richiedeva soltanto per sé, ma anche in vista di una redistribuzione sul mercato, visto anche il complesso sistema di commerci a cui abbiamo accennato poco fa. A quel punto, vengono coinvolte le popolazioni dei dintorni: uno degli elementi forti che interessano ai Greci per qualche motivo è la lana della Daunia. La Daunia e i centri dauni sono a breve distanza da Bisaccia e Bisaccia si trova sugli antichi tratturi di tradizione pastorale che già dall Età preistorica funzionavano proprio in riferimento al fenomeno della transumanza. Le popolazioni di Oliveto-Cairano sono collocate, come abbiamo detto all inizio, in punti strategici, controllano tutti i nodi viari fondamentali, non solo il sistema Ofanto-Sele, ma - Bisaccia in particolare - anche i corsi fluviali del Calaggio, del Carapelle e le varie direttrici che portano poi verso la costa campana e verso la Daunia. Penso che i Dauni fossero i produttori della lana e che, poiché erano legati anche per la comune origine illirica da una sorta di somiglianza culturale con le genti di Oliveto-Cairano, venga loro spontanea la collaborazione con queste popolazioni. Le genti di Oliveto-Cairano approfittano della loro collocazione strategica per fare poi da mediatori nei riguardi della costa, probabilsoltanto; le popolazioni dell Etruria con cui i Greci entrarono in contatto fecero invece un notevole salto di qualità, anche perché erano depositarie dei metalli che i Greci andavano a cercare. Ma essendo i Greci finalmente qui e dovendo fare i conti per sempre con il retroterra indigeno, anche le nostre popolazioni indigene, quali più e quali meno, vennero in rapporto con i nuovi venuti. E reagiscono diversamente: quelli più saldamente strutturati, come i Protoetruschi di Pontecagnano, parlano con i Greci in condizioni quasi di pari dignità, mentre le popolazioni della Cultura delle tombe a fossa in un modo un po più subalterno. Quello che prima del ritrovamento della tomba della Principessa pensavamo è che questi fenomeni non avessero lasciato traccia sulle popolazioni indigene dell interno, come quelle di Bisaccia, poiché nell alta Irpinia non appariva materiale d importazione greca. Invece, proprio la presenza di questi vasi dauni ha messo in sospetto. La Daunia nell antichità, da Aristotele in poi fino alla tarda antichità, era famosa - soprattutto il centro di Canosa - per la qualità della sua lana. I centri greci, nel momento del loro primo insediamento, avevano da costruire tutto il loro assetto e approvvigionarsi di tutte le materie prime. E il momento in cui, in attesa di strutturarsi, i Greci hanno bisogno dagli indigeni di materie prime di qualunque tipo. Ed è probabile che la lana dauna in questa direzione giochi un ruolo fondamentale: è solo in questo momento infatti che noi troviamo i vasi dauni qui a Bisaccia, ma anche a Pithekoussai nell isola di Ischia e poi in altri centri campani del retroterra più vicino, e vasi dauni giungono anche a Pontecagnano. Successivamente, invece, dopo il periodo collegato a questi avvenimenti, la presenza di tali oggetti scomparirà. A Pithekoussai i grandi archeologi Buchner e Ridgway scavarono negli anni Ottanta la tomba di una donna con un associazione insolita di oggetti: si trattava dell orecchino tipico di Oliveto- Cairano, della spilla di Oliveto-Cairano e di un tutulus, un copricapo come quello che aveva anche la principessa di Bisaccia. Questa era sicuramente la tomba di una donna della cultura di Oliveto-Cairano, probabilmente originaria di Bisaccia stessa, deposta a Pithekoussai

15 GIANCARLO BAILO MODESTI mente non direttamente con i Greci, ma con i centri indigeni forti, come Pontecagnano. Ma non è solo il commercio della lana che mettono in campo le genti di Oliveto-Cairano, bensì anche l alta capacità tecnologica e artigianale delle proprie donne, di cui è un esempio la defunta che abbiamo vista sepolta a Pontecagnano con gli strumenti del mestiere. Addirittura, in un determinato momento, queste donne creano, come succede a Pontecagnano, dei veri e propri ateliers, delle piccole comunità di immigrati nei centri più vicini ai luoghi di mercato, dando così vita ad un sistema complesso. Questo, oltre probabilmente ad altri fatti, fa fare un salto di qualità enorme alla cultura di Oliveto-Cairano e alla sua gente. La figura femminile è quella che di fatto contribuisce, nella misura che abbiamo detto, a questi fenomeni; succede tuttavia, per apparente paradosso, che nel momento in cui la donna diventa ancora più importante per lo sviluppo del gruppo, improvvisamente è poi l elemento maschile che detiene il controllo dei mezzi di produzione. Soltanto in una fase viene recuperata la grande dignità della donna, almeno nel livello del gruppo di vertice: si tratta della principessa, che in qualche modo raduna in sé, con i suoi elementi trasgressivi e tutto quanto abbiamo detto, l immagine nuova e forte della donna all interno della comunità. C è poi un altra tappa - ed è l ultima - nella storia di Oliveto-Cairano. Dopo questo momento, databile entro la metà del VII secolo a.c., la vita di Oliveto-Cairano dura abbastanza simile per alcuni decenni. Dobbiamo arrivare al VI secolo a.c. per vedere un altro momento di rottura, questa volta non più a Bisaccia ma a Cairano. A Cairano era stata trovata in anni precedenti una necropoli simile a quella di Bisaccia e della stessa epoca; poi, improvvisamente, sulla collina del Calvario che dominava strategicamente tutta la zona, è uscito un nucleo abitato e una necropoli limitata, circondata da un ampio fossato. L abitato si presenta come una sorta di grande palazzotto, non certo il villaggio di capanne della gente normale di quell epoca. Le tombe della necropoli a volte hanno dimensioni notevoli - anche se ve ne sono alcune di dimensioni e di corredo normali -, sono incavate nel banco di roccia e hanno un aspetto quasi architettonico, assomigliando sempre più alle tombe a camera. Nelle tombe ricche, in questo orizzonte cronologico, finalmente compare anche il materiale importato dall area etrusca e dall area greca, come le coppe ioniche, il bucchero etrusco, i vasi di bronzo, le oinochoai di tipo rodio, e un elmo corinzio. L abitato ha un grande magazzino con decine di olle da derrate, che si configura come un vero e proprio palazzotto dei signori locali dell età arcaica e tardo-arcaica. I corredi delle sepolture sono poi particolarmente ricchi. Che cosa è successo? Siamo in un momento particolare: nel corso del VI secolo a.c. avviene lungo la costa quello scambio di leadership sulle rotte marittime tra Etruschi e Greci che segna gli eventi storici di quegli anni. Alla fine prevalgono i Greci, e gli Etruschi, che erano gli antichi re del mare, vengono definitivamente sconfitti. É il momento in cui nasce il centro di Fratte, perché proprio mentre Pontecagnano ha una vocazione costiera che segue il destino degli Etruschi, Fratte è rivolta verso la valle dell Irno e verso l interno, ed è il momento in cui i riferimenti per l interno non sono più centri come Pontecagnano, ma altri come Capua. É il momento in cui rispetto all elemento etrusco marittimo prevale l elemento etrusco costiero, che però, ricacciato dalle coste, tende a spostare la sua produzione verso l interno: non potendo infatti più farlo liberamente sul mare, se non a pena di gravi rischi, gli Etruschi cercano le vie dell interno per portare gli oggetti con cui fare mercato dalla costa tirrenica a quella ionica e a quella adriatica. In questo frangente una via come quella dell Ofanto-Sele - questa volta percorsa al contrario, non nel senso della lana che scendeva dalle colline, ma nel senso della merce che dai centri etruschi della costa andava verso l interno - diventa fondamentale. Il controllo di quelle vie fa fare alla gente - forse in particolare più alla gente di Cairano e di Calitri, che si trovano più vicini all Ofanto - un salto di qualità ulteriore. Il modello è probabilmente quello del prelievo in presenza di un passaggio obbligato, ma anche quello del

16 SALTERNUM dono e di rapporti di reciprocità che si creano tra lo straniero che deve passare per quelle zone e gli indigeni. E probabile che all interno delle comunità di Oliveto-Cairano i gruppi già emergenti traggano da questo movimento un elemento per fare un ulteriore salto di qualità. E a questo punto non solo distinguono la loro tomba all interno delle altre, ma, come ad esempio a Cairano, addirittura spostano il loro abitato, non il villaggio di capanne dove stanno gli altri, sulla collina del Calvario. Anche la loro necropoli risulta separata da quella degli altri: è la necropoli ai piedi del palazzotto, circondata da un ampio fossato, in cui si trovano tombe ricche e meno ricche, il che fa pensare alla presenza, all interno di un clan gentilizio, di signori e di loro clientes, secondo il modello che avremo poi in età romana. Concettualmente, anche se non si può pensare a una filiazione diretta di uno dall altro, il fossato che circonda le tombe della collina del Calvario è l estensione del recinto della Principessa. Il fatto appunto che il recinto, nel caso della principessa e dell uomo sepolto di fianco a lei, isolasse una sola tomba per volta ha un significato; il fatto che un intero nucleo sociale sia circondato da un fossato significa che gli equilibri sono mutati e che anche l aspetto culturale cerca di ricalcare nell immaginario funerario questa realtà diversa. È un po tutto il gruppo di vertice che si è ormai distaccato anche fisicamente dal resto della comunità e si colloca sulla collina. Questo quadro dura per tutta la seconda metà del VI secolo a.c. e per buona parte del V secolo a.c. Improvvisamente poi arriviamo alla fine della storia: proprio nel suo momento di massimo sviluppo la cultura di Oliveto-Cairano finisce e scompare in tutti i centri. Le necropoli non hanno seguito e non ci sono centri abitati contemporanei che si sviluppano. Cosa è successo? Dalla metà del V secolo a.c. in poi sono anni cruciali per le nostre zone e per la Campania in generale, perché comincia quel fenomeno che è stato chiamato di sannitizzazione, che riconduce tutta la regione a un forte grado di omogeneità politica, culturale e militare. Le nostre genti peraltro sono quelle sospette nelle fonti antiche per aver sostenuto l elemento sannitico dell interno: sappiamo infatti che la sannitizzazione è anche una presa del potere delle città greche da parte dell elemento sannitico, ma è probabile - come ci testimoniano le fonti - che per fare questo abbiano chiamato a raccolta anche le tribù dell interno con cui avevano rapporti di solidarietà. Due sono quindi le eventualità. Visto che sono mutati gli equilibri sulla costa e che tutto quel sistema di commerci di cui abbiamo parlato entra in crisi e cambia radicalmente, come l antropologia moderna ci dimostra, è probabile che una cultura che ha fatto dei passi in avanti rispetto al proprio trend normale, se vengono improvvisamente a cadere i motivi che le hanno fatto fare questo salto di qualità, non solo torni ai livelli precedenti, ma addirittura, a volte, si estingua. Oppure, come io credo più probabile, finisce la cultura di Oliveto-Cairano, ma l éthnos di Oliveto-Cairano si scioglie in questo momento più vasto di sannitizzazione della Campania. Noi non lo riconosciamo più perché è chiaro che esso assume, anche nella vita materiale, dei modelli e degli atteggiamenti consoni alla nuova realtà e alle nuove esigenze. Alla fine non sappiamo che fine hanno fatto le genti di Oliveto- Cairano, ma sappiamo che si è aperto un capitolo completamente diverso un po in tutta la Campania e molte pagine all interno di esso vanno verso un nuovo destino

17 GIANCARLO BAILO MODESTI CURRICULUM DELL ATTIVITÀ SCIENTIFICA E DIDATTICA di GIANCARLO BAILO MODESTI - Il 21 giugno 1972 consegue, presso l Università degli Studi di Milano, la laurea in Lettere e Filosofia con tesi in Archeologia e Storia dell Arte greca e romana (110 e lode). - Nell anno accademico 1972/73 è ammesso alla Scuola Nazionale di Archeologia di Roma e frequenta il primo anno, superando le prove d esame previste (Preistoria del Vicino e Medio Oriente, 30 e lode; Protostoria Europea, 30 e lode; Topografia di Roma e dell Italia antica, 30 e lode; Paletnologia, 30 e lode). - Risulta vincitore di un assegno biennale di formazione scientifica e didattica presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell Istituto Universitario Orientale di Napoli, a decorrere dall 1/11/1974 e rinnovato per i bienni successivi. - È immesso in ruolo come Ricercatore universitario confermato presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell Istituto Universitario Orientale di Napoli, con decorrenza giuridica dall 1/8/ a partire dall a.a. 1997/98 gli viene affidato l insegnamento di Preistoria e Protostoria presso l Università degli di Studi di Napoli L Orientale. ATTIVITA SCIENTIFICA A) Ricerca sul terreno Ha condotto numerose campagne di esplorazione archeologica su incarico della Soprintendenza Archeologica di Salerno, Avellino, Benevento e della Soprintendenza Archeologica della Basilicata. Nel 1970, 1971 e 1976 ha la direzione scientifica degli scavi nelle necropoli e nell abitato di Cairano (AV). Sempre nell alta valle dell Ofanto dirige l esplorazione dell insediamento preistorico, della necropoli protostorica e dell abitato d età sannitica di Bisaccia (AV), (1975, 1976, 1989, 1990, 1991) e quello dell insediamento arcaico di Calitri (AV), (1976). Nel corso degli anni 70 effettua anche interventi di scavo e recupero nei centri della valle del Sarno (S. Marzano; S. Valentino Torio) e della piana del Sele (Eboli; Serra d Arce; Oliveto Citra). Dal 1974 al 1979 dirige gli scavi effettuati nelle necropoli e nell abitato del centro etrusco-campano di Pontecagnano (SA). Nello stesso sito, dal 1981 al 1987, ha la direzione scientifica delle annuali campagne di scavo condotte nell area della città antica dalla cattedra di Etruscologia ed Antichità Italiche dell Istituto Universitario Orientale di Napoli, su apposita concessione del Ministero per i Beni Culturali ed Ambientali. Nel 1989 conduce l indagine archeologica nella necropoli d età orientalizzante e nell abitato di IV-III sec. a.c. di Noepoli (PZ). Dal 1992 al 1996 conduce numerose campagne di scavo nelle necropoli di Pontecagnano, riportando tra l altro alla luce la necropoli d età eneolitica riferibile alla facies del Gaudo. Nel 2001, in collaborazione con la Soprintendenza Archeologica di Salerno e la Soprintendenza Speciale al Museo Nazionale Preistorico Etnografico Luigi Pigorini di Roma, conduce una campagna di scavo a Paestum, all interno del programma di ricerca sulle testimonianze pre-greche del territorio pestano, di cui è coordinatore. Nel 2002 ha la direzione scientifica dell esplorazione archeologica preventiva del tratto di Pontecagnano in occasione dei lavori per l ampliamento dell Autostrada SA-RC, in base all apposita convenzione stipulata tra la Soprintendenza Archeologica di Salerno, AV, BN e l Università degli di Studi di Napoli L Orientale

18 SALTERNUM B) Convegni, Mostre, Musei Collabora alla promozione e organizzazione delle seguenti iniziative: - Seconda Mostra della Preistoria e Protostoria nel Salernitano, curata dalla Soprintendenza alle Antichità di Salerno e dall Istituto Italiano di Preistoria e Protostoria (Salerno-Pontecagnano, 1974). - Convegno Temi e problemi dell istruzione storico-artistica preuniversitaria, promosso dalla Facoltà di Lettere e Filosofia dell Istituto Universitario Orientale di Napoli (Napoli, 1976). - Primo Convegno Internazionale sull Ideologia Funeraria nel Mondo Antico a cura dell Istituto Universitario Orientale di Napoli, del Centre des Recherches Comparées sur les Societés Anciennes e della Maison des Sciences de l Homme di Parigi (Napoli-Ischia, 1977). - Colloquio Cronologia e diffusione della ceramica geometrica dipinta della Daunia, a cura del Seminario di Studi del Mondo Classico dell Istituto Universitario Orientale di Napoli (Napoli, 1978). - Riordino dei depositi, allestimento ed apertura al pubblico del Museo Nazionale dell Agro Picentino (Pontecagnano 1978). - Convegno Internazionale Metodi e Tecniche dell Archeologia, promosso dall Istituto Universitario Orientale di Napoli (Napoli, 1979). - Tavola rotonda L iscrizione di Amina (...) e le altre testimonianze epigrafiche dalla ricerca archeologica nell abitato di Pontecagnano, a cura del Dipartimento di Studi del Mondo Classico e del Mediterraneo Antico dell Istituto Universitario Orientale di Napoli (Pontecagnano, 1984). - Progetto per la fruizione del patrimonio archeologico di Pontecagnano (AA.VV., Parco archeologico di Pontecagnano - recupero di un ambiente urbano, Ercolano 1993). - Mostra L Ultima Pietra, il Primo Metallo - sentieri della Preistoria, a cura della Soprintendenza Archeologica di Salerno, dell Istituto Universitario Orientale di Napoli e del Comune di Pontecagnano, Pontecagnano (SA), 1993). - Congresso L Antica età del Bronzo, Viareggio Mostra e Convegno La Pietà degli Dei - santuari e culto a Pontecagnano (Pontecagnano, 19 dicembre 1996). - Convegno Criteri di nomenclatura e di terminologia inerente alla definizione delle forme vascolari del Neolitico/Eneolitico e del Bronzo/Ferro, Lido di Camaiore Mostra e Convegno Prima di Pithecusa i più antichi materiali greci del golfo di Salerno, Pontecagnano (SA), Riordino dei materiali preistorici e protostorici del Museo Archeologico Nazionale della Valle del Sele di Eboli in occasione della sua apertura al pubblico. - Partecipazione al coordinamento scientifico dei lavori per l allestimento del nuovo Museo Archeologico Nazionale di Pontecagnano (SA), in base all apposita convenzione stipulata tra la Soprintendenza Archeologica di Salerno, AV, BN e l Università degli di Studi di Napoli L Orientale. - Riordino dei materiali preistorici e protostorici del Museo Archeologico Nazionale di Paestum in vista del riallestimento dell esposizione. É intervenuto con propri contributi a: - XV, XVI e XVIII Convegno di Studi sulla Magna Grecia (Taranto 1975, 1976, 1978). - XX Riunione Scientifica dell Istituto Italiano di Preistoria e Protostoria in Basilicata (Melfi 1976). - Colloquio Cronologia e diffusione della ceramica geometrica della Daunia (Napoli 1978). - Tavola rotonda L iscrizione di Amina (...) e le altre testimonianze epigrafiche dalla ricerca archeologica nell abitato di Pontecagnano (Pontecagnano 1984). - IV Convegno di Acquasparta, L emergenza del politico tra le popolazioni osco-lucane (Acquasparta 1986). - Congresso Internazionale L età del Rame in Europa (Viareggio 1987)

19 GIANCARLO BAILO MODESTI - Congresso L antica età del bronzo in Italia (Viareggio 1995). - Congresso Criteri di nomenclatura e di terminologia inerente alla definizione delle forme vascolari del Neolitico/Eneolitico e del Bronzo/Ferro (Lido di Camaiore, marzo 1998). - Convegno di Studi in onore di L. Bernabò Brea, Istituto Italiano di Preistoria e Protostoria, Lipari Convegno Depositi votivi e culti dell Italia Antica dall età arcaica a quella tardo-repubblicana, Perugia Convegno Lo spazio del rito. Santuari e culti in Italia meridionale tra Indigeni e Greci, Matera Incontro di Studi di Preistoria e Protostoria in Etruria Miti simboli decorazioni, Pitigliano (GR) - Valentano (VT), È stato responsabile scientifico di due programmi di ricerca CNR sui seguenti temi: - Sistemazione dei beni culturali ed ambientali: l evidenza archeologica dei Campi Flegrei nella prospettiva d uno sviluppo alternativo. - Culture indigene dell Italia meridionale tra VIII e IV sec. a.c. C) Pubblicazioni Ha prodotto una monografia sulle popolazioni indigene della Campania interna in età arcaica, una sull Età del Rame in Campania; contributi vari e schede negli Atti di diversi Convegni scientifici e contributi su Riviste specialistiche. Ha collaborato anche alla realizzazione di opere di divulgazione scientifica ed ha partecipato alla stesura di progetti finalizzati alla valorizzazione dei Beni Culturali e del territorio. ELENCO DELLE PUBBLICAZIONI Contributi scientifici: 1- G. BAILO MODESTI, Eboli, necropoli eneolitica, in Seconda mostra della Preistoria e della Protostoria nel Salernitano, Salerno 1974, pp G. BAILO MODESTI, Cairano, in Seconda mostra della Preistoria e della Protostoria nel Salernitano, Salerno 1974, pp G. BAILO MODESTI, Bisaccia: campagna di scavo 1975, in Atti del XV Convegno di Studi sulla Magna Grecia, Taranto 1975, Napoli 1976, pp G. BAILO MODESTI, L alta valle dell Ofanto, in Atti del XVI Convegno di Studi sulla Magna Grecia, Taranto 1976, Napoli 1977, pp G. BAILO MODESTI, Aspetti della cultura di Oliveto-Cairano, in Atti della XX Riunione Scientifica dell Istituto Italiano di Preistoria e Protostoria in Basilicata, ottobre 1976, Firenze 1978, pp G. BAILO MODESTI et Alii, Pontecagnano, in Atti del XVIII Convegno di Studi sulla Magna Grecia, Taranto 1976, Napoli 1977, pp G. BAILO MODESTI, Cairano nell Età arcaica - l abitato e la necropoli, in AION ArchStAnt, Quaderno 1, Napoli G. BAILO MODESTI, Il Periodo arcaico, in Storia del Vallo di Diano, I, Salerno 1981, pp G. BAILO MODESTI, Oliveto-Cairano: l emergere di un potere politico, in G. GNOLI, J. P. VERNANT (edd.): La Mort, les Morts dans les sociétes anciennes, Cambridge 1982, pp G. BAILO MODESTI, Lo scavo nell abitato antico di Pontecagnano e la coppa con l iscrizione AMINA(...), in AION ArchStAnt., VI, 1984, pp G. BAILO MODESTI, Cairano, in Bibliografia Topografica della Colonizzazione greca in Italia e nelle isole tirreniche, IV, 1985, pp

20 SALTERNUM 12- G. BAILO MODESTI, L Eneolitico in Campania e la facies del Gaudo, in Atti del Congresso Internazionale L età del Rame in Europa, Viareggio ottobre 1987, in Rassegna di Archeologia, 7, 1988, pp G. BAILO MODESTI, Oliveto Citra, in Bibliografia Topografica della Colonizzazione greca in Italia e nelle isole tirreniche, XII, 1993, pp G. BAILO MODESTI et Alii, L ultima Pietra il primo Metallo - sentieri della Preistoria, Salerno G. BAILO MODESTI, A. SALERNO, Il Gaudo di Eboli, in Origini, XIX, 1995, pp G. BAILO MODESTI, M. CRISTOFANI, Pontecagnano, in Rivista di Epigrafia Studi Etruschi, Etrusca, LXII, 1996, n G. BAILO MODESTI, A. SALERNO, La Campania tra culture eneolitiche ed età del bronzo antico in D. COCCHI GENICK (ed.): L antica età del bronzo in Italia, Firenze 1996, pp G. BAILO MODESTI, A. SALERNO, Pontecagnano II. 5. La necropoli eneolitica - L età del Rame in Campania nei villaggi dei morti, in AION ArchStAnt, Quad. 11, Napoli G. BAILO MODESTI, Coppe a semicerchi penduli dalla necropoli di Pontecagnano, in M. BATS, B. d AGOSTINO, Euboica - l Eubea e la presenza euboica in Calcidica e in Occidente, Napoli 1998, pp G. BAILO MODESTI, A. SALERNO, P. TALAMO, L Eneolitico in Campania: criteri per una definizione tipologica e terminologica del repertorio vascolare, in D. COCCHI GENIK (a cura di), Criteri di nomenclatura e di terminologia inerente alla definizione delle forme vascolari del Neolitico/Eneolitico e del Bronzo/Ferro, Atti del Congresso - Lido di Camaiore, marzo 1998, Firenze 1999, pp G. BAILO MODESTI et Alii, Strutture morfologiche e funzionali delle classi vascolari del Bronzo Finale e della prima Età del Ferro in Italia meridionale, in D. COCCHI GENIK (a cura di), Criteri di nomenclatura e di terminologia inerente alla definizione delle forme vascolari del Neolitico/Eneolitico e del Bronzo/Ferro, Atti del Congresso - Lido di Camaiore, marzo 1998, Firenze 1999, pp G. BAILO MODESTI, P. GASTALDI (a cura di), Prima di Pithecusa - i più antichi materiali greci del golfo di Salerno, Catalogo della Mostra - 29 aprile 1999, Pontecagnano Faiano, Museo Nazionale dell Agro Picentino, Napoli G. BAILO MODESTI, Pontecagnano (Salerno), in E. PELLEGRINI, R. MACELLARI (a cura di), I lingotti con il segno del ramo secco considerazioni su alcuni aspetti socio-economici nell area etrusco-italica durante il periodo tardo arcaico, in Biblioteca di Studi Etruschi, 37, Pisa-Roma 2001, pp G. BAILO MODESTI, Rituali funerari eneolitici nell Italia peninsulare: l Italia meridionale in Atti del Convegno di Studi in onore di L. Bernabò Brea, Lipari 2000, Istituto Italiano di Preistoria e Protostoria, Firenze 2003, pp G. BAILO MODESTI et Alii, I santuari di Pontecagnano in Atti del Convegno Depositi votivi e culti dell Italia Antica dall età arcaica a quella tardo-repubblicana, Perugia 1-4 giugno G. BAILO MODESTI et Alii, I santuari di Pontecagnano: paesaggio, azioni rituali e offerte in Atti del Convegno Lo spazio del rito. Santuari e culti in Italia meridionale tra indigeni e greci, Matera giugno G. BAILO MODESTI, P. AURINO, L enigma della semplicità: schemi decorativi nella ceramica della cultura del Gaudo in Atti del Sesto Incontro di Studi di Preistoria e Protostoria in Etruria, Pitigliano (GR) 13 settembre 2002, Valentano (VT) settembre 2002, Milano 2004, pp G. BAILO MODESTI, Le tombe e la morte nell Età del Rame in Campania, in F. MARTINI (a cura di): La cultura del morire nelle società preistoriche e protostoriche italiane, Firenze 2006, pp G. BAILO MODESTI 2006, Interpretare il Gaudo, Atti del Settimo Incontro di Studi di Preistorie e Protostoria in Etruria, Pitigliano (GR) 13 settembre 2004, Valentano (VT) settembre 2004, Milano 2006, pp G. BAILO MODESTI, Preistoria e Protostoria nel territorio di Paestum, 2008, in cds

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