La globalizzazione come opportunità di sviluppo del sistema moda: verso un nuovo paradigma del network e dell innovazione

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1 La globalizzazione come opportunità di sviluppo del sistema moda: verso un nuovo paradigma del network e dell innovazione A cura di Clemente Tartaglione STESURA PROVVISORIA 20 novembre 2006

2 Sommario 1. Obiettivi e contenuti della ricerca 2. Uno sguardo al sistema moda in Europa 3. Principali risultati dell industria italiana della moda negli ultimi 5 anni: alcuni dati generali 3.1 la dinamica della produzione e delle vendite 3.2 l evoluzione degli scambi con l estero 3.3 L impatto occupazione 4. Il profilo struttura dell industria italiana della moda 4.1 Il contributo del settore all economia nazionale 4.2 Struttura ed evoluzione della filiera moda 4.3 Le trasformazioni dell apparato manifatturiero 4.4 Il ruolo delle micro e piccole imprese 5. Il contesto competitivo nell era post-atc: le priorità strategiche come risposta alla liberalizzazione 5.1. Un nuovo paradigma del network di distretto 5.2. La sfida dell innovazione tecnologica e del potenziamento delle componenti immateriali della filiera 5.3 Nuovi mercati e nuove strategie commerciali 5.4 La formazione come fattore di innovazione delle imprese italiane del settore moda 6. Un quadro di sintesi degli scenari emersi e delle opzioni di policy 2

3 1. Obiettivi e contenuti della ricerca Nel corso dell ultimo decennio i processi di globalizzazione e un forte avanzamento tecnologico hanno prodotto una integrazione economica, industriale e dei mercati, che ha avuto l effetto di allargare il perimetro entro cui si collocano e si diversificano le opportunità di sviluppo. Questo nuovo contesto ha segnato profondamente l intero apparato produttivo dei paesi avanzati tra cui l Italia, per le caratteristiche della sua industria, è tra le economie più esposte. L allargamento dei confini economici anche ai paesi di nuova industrializzazione, i cambiamenti nella geografia della produzione e la formazione di nuovi mercati al consumo trainati da uno forte accelerazione dello sviluppo, sono fattori che impongono un cambiamento nell architettura su cui costruire le prospettive del sistema industriale del paese. Questa nuova architettura, come unanimemente condiviso in ambito europeo e nazionale, dovrà fare leva su un modello di sviluppo centrato su un nuovo paradigma dell innovazione a cui contribuiscono in modo sistemico e integrato tutte le componenti su cui si forma il valore del prodotto, dell impresa e di una intera economia. Ed è su questi presupposti che nel documento di accompagnamento del decreto Bersani troviamo una nuova definizione di manifatturiero in cui si estende il concetto di industria alle nuove filiere produttive che integrano le diverse fasi del processo manifatturiero e delle sue tecnologie e valorizzano l apporto dell intero apparato dei servizi. In questo senso, come si legge sul documento, affinché l industria possa continuare a rappresentare il motore dello sviluppo economico italiano, questo segmento dell economia va riferito alle nuove sinergie che si possono creare tra imprese manifatturiere, imprese del terziario e ricerca industriale. Ovviamente, questo generale cambiamento di prospettiva coinvolge anche il sistema moda, ed è per questo che la Filtea anche in questa occasione si è impegnata in un progetto di ricerca che possa dare un contributo concreto ad una politica che consenta all economia della moda di superare i suoi confini tradizionali per avanzare nella direzione di un sistema con una geometria diversa dal passato. In una prospettiva di sviluppo vincolata all esigenza di superare una competizione centrata sui costi, diventa infatti inevitabile spostare il baricentro delle politiche su quei segmenti di mercato dentro e fuori dai confini nazionali che impongono una forte valorizzazione del prodotto sul piano materiale dei suoi contenuti tecnici/tecnologici e sul piano immateriale nella sua componente creativa e della comunicazione. E questo l approccio strategico che anche l UE attraverso il gruppo di alto livello propone come condizione per salvaguardare una pezzo del manifatturiero che in Europa occupa 3 milioni di lavoratori e in Italia oltre 700 mila addetti. Naturalmente, una condizione fondamentale, affinché possa essere acquisita questa multidimensionalità del processo di valorizzazione del prodotto moda, diventa senza alcun dubbio la possibilità di gestire in modo sinergico e finalizzato tutte quelle fasi della filiera che contribuiscono a questo risultato. 3

4 Questo impone di superare un approccio basato sulla nozione tradizionale di settore, per accedere ad un concetto più esteso di filiera moda. La filiera è infatti l unica chiave di lettura che consente di rappresentare l effettiva articolazione di attività di produzione e servizi (opportunamente segmentata al suo interno per distinguere le fasi a monte o a valle della catena del valore) attraverso cui si realizza quel processo integrato che genera il valore finale del prodotto. Sulla base di questo criterio-guida, il sistema moda può essere rappresentato come una piattaforma operativa in cui convivono tre componenti: l insieme delle industrie manifatturiere che contribuiscono alla realizzazione del prodotto; le attività di servizio che contribuiscono a conferire valore immateriale ai beni, e le attività di tipo commerciale. E quindi del tutto evidente che diventa necessario moltiplicare le occasioni di contaminazione tra tutte quelle componenti industriali e dei servizi che sono fondamentali per tradurre nei fatti questo nuovo e auspicato spostamento dell obiettivo strategico del sistema moda. Con questo obiettivo, è stato disegnato un rapporto di ricerca dove all interno di un quadro generale del sistema moda in Europa è stata sviluppata una prima parte di analisi delle performance e del profilo strutturale del settore. Sulla base di questo apparato informativo è stato poi costruito un approfondimento sui principali driver dello sviluppo del settore all interno del nuovo contesto competitivo nell era post-atc. Con questa seconda parte sono stati affrontati tre temi: quella della ridefinizione del modello organizzativo di distretto; quello della centralità delle componenti tecnologiche e dei più innovativi fattori immateriali su cui costruire il valore del prodotto; e quello della formazione come catalizzatore del cambiamento. 2. Uno sguardo al sistema moda in Europa Nel corso dell ultimo decennio il sistema moda è stato uno dei maggiori protagonisti del processo di globalizzazione dell economia. Il principale effetto di questo allargamento dei confini economici è stato un mutamento della geografia produttivo/commerciale del settore nella direzione di una crescita del ruolo dei paesi emergenti ed in modo particolare dei paesi asiatici di nuova industrializzazione. In questo nuovo quadro di divisione internazionale del lavoro l apparato produttivo insediati in Europa ha dovuto affrontare un processo di razionalizzazione e riposizionamento competitivo che ha inciso significativamente sulle dinamiche di sviluppo del settore. Dagli ultimi dati Eurostat, nel periodo che va dal 1993 al 2004, la produzione è infatti diminuita ad una media annua del 3,3% e questa riduzione del volume di attività ha determinato una perdita di quasi un terzo della forza lavoro presente in Europa. All interno di questo nuovo assetto internazionale del settore sta cambiando anche il ruolo dell Europa negli scambi commerciali con il mondo. La vecchia Unione a 15, pur continuando a giocare un ruolo da protagonista del commercio mondiale non riesce a difendere le sue quote di mercato. Nel periodo che va dal 1999 al 2003 la sua quota sul totale delle esportazioni mondiali è infatti scesa dal 30,5 al 28,7%. Nella 4

5 stessa direzione è andato anche il contributo dell america del Nord che è sceso dal 6,2% del 1999 al 4,2% del Sul piano degli scambi commerciali, il processo di apertura internazionale ha invece favorito quelle aree di nuova industrializzazione che sono riuscite a capitalizzare un forte vantaggio sul costo del lavoro. In questo ambito si conferma il protagonismo dell Asia orientale che, trainata dal contributo della Cina, detiene una quota di esportazioni mondiali di prodotti moda pari al 42,5% (40% nel 1999). Pur con una dimensione relativa diversa, cresce anche il ruolo dell Asia centra che porta la sua quota di export al 6,2%. Nonostante questa ridefinizione della geografia degli scambi verso l aria dei paesi asiatici, è senz altro importante evidenziare come l Europa centro orientale, pur partendo da quote minime, stia riuscendo a ritagliarsi un ruolo che sta crescendo nel corso degli anni (2,2% la quota di export nel 2002 contro una posizione che si fermava all 1,6% nel 1999). Le cifre consegnano una situazione diversa per l industria della moda dell America centro meridionale che invece perde quote di mercato (5,7% nel 2003 rispetto ad un risultato del 6,6% nel 1999). I principali esportatori di prodotti tessili e articoli di abbigliamento (% sul totale export nel mondo) Altri paesi UE15 9,4% Belgio e Lussemburgo 3,2% Europa centro orientale 2% Turchia 3,0% Altri paesi europei 1% Francia 3,5% America settentrionale 5% Italia 7,3% Altri paesi Asia centrale 1% Germania 5,3% Messico 2,3% UE15 30,5% Atri paesi America centro meridionale 3% Bangladesh 1,4% Pakistan 1,5% Asia centrale 6,2% Resto del Mondo 6,1% India 2,5% Asia orientale 42,5% Altri paesi Asia orientale 7% Taiw an 2,5% Corea del Sud 3,3% Hong Kong 4,9% Cina 24,4% Fonte: Eurostat Il valore del sistema moda nell economia europea Anche dopo questa lunga fase di declino, il sistema moda continua a rappresentare un pezzo importante dell economia manifatturiera europea. Complessivamente, nell area UE25 i comparti moda tessile, abbigliamento, pelletteria, calzature e concia, realizzano 73 miliardi di euro di valore aggiunto e occupano poco più di 3 milioni di lavoratori 5

6 (se si allarga l indagine anche a Romania e Bulgaria - paesi di prossima adesione - l occupazione sale a circa 3,8 milioni e il valore aggiunto sfiora i 75 miliardi di euro). Con questi numeri, il settore rappresenta all interno dell apparato manifatturiero UE a 25 circa 8,5% dell occupazione e poco più del 4% del valore aggiunto. Questo risultato prende forma attraverso l aggregazione di comparti con dimensioni diverse. In termini di addetti il primo comparto è l abbigliamento con quasi 1,5 milioni di unità, seguito dal tessile che supera di poco il milioni di lavoratori e il sistema della pelletteria che si ferma a quasi 550 mila unità. Per quanto riguarda invece il valore aggiunto la situazione vede al primo posto l apparato produttivo tessile con 32 miliardi di euro; non distante, l abbigliamento con 28 miliardi di euro, ed infine, la pelletteria con quasi 13 miliardi di euro. Il valore del sistema moda in Europa (UE25) - anno 2002 Occupazione Valore assoluto (in migliaia di unità) Quota % sul totale industria Valore aggiunto Valore assoluto (in milioni di ) Quota % sul totale industria Tessile , ,8 Abbigliamento , ,6 Pelletteria e calzature 548 1, ,7 Totale sistema moda , ,1 Fonte: Eurostat, Structural Business Statistics (Industry, Construction, Trade and Services), Annual enterprise statistics La configurazione geografica del settore dentro l UE25 Dentro il perimetro europeo il settore moda si concentra largamente nell area occidentale. Gli ultimi dati di fonte Eurostat consentono infatti di attribuire all aggregato dei 15 paesi della vecchia Europa oltre il 90% del valore aggiunto e circa il 73% dell occupazione. Questa configurazione geografica del settore cambia significativamente quando si allarga l indagine anche a Romania e Bulgaria (ossia i due paesi di prossima adesione UE). In particolar modo, in termini occupazionali, l inclusione di questi due paesi riduce la dimensione relativa dell area occidentale dell UE ad una quota del 60%. Resta invece sostanzialmente invariata la distribuzione del valore aggiunto che si sposta verso l area Centro orientale per soli due punti percentuali. Rimanendo nell ambito UE25, il comparto dove è maggiore il contributo dell area centro orientale è quello dell industria dell abbigliamento con il 34% dell occupazione ed il 10% del valore aggiunto. Per gli altri due settori la quota dei 10 paesi di nuova adesione si ferma invece al 22% della forza lavoro e al 5% del valore aggiunto. Di nuovo, il ruolo dell area orientale cresce in tutti i comparti quando si allarga il perimetro ai due paesi di nuova adesione. In modo particolare, l impatto più visibile è sull abbigliamento che in termini di occupazione registra un contributo dell area extra-ue15 pari al 51% del totale (36% pelletteria e calzature; 29% Tessile). 6

7 La configurazione del settore moda per comparto e macro aree geografica Primi 15 paesi UE 10 paesi di nuova adesione UE + Romania e Bulgaria 7% 13% 7% 9% 29% 51% 36% 40% 93% 87% 93% 91% 71% 49% 64% 60% Valore aggiunto Addetti Valore aggiunto Addetti Valore aggiunto Addetti Valore aggiunto Addetti Tessile Abbilgiamento Pelletteria e calzature Totale sistema moda Fonte: Eurostat, Structural Business Statistics (Industry, Construction, Trade and Services), Annual enterprise statistics A formare il sistema moda europeo contribuiscono in modo diverso i paesi. A questo proposito, un ruolo eccezionale spetta all Italia che occupa saldamente la prima posizione sia per numero di addetti (20% del totale Europa a 27) che per reddito prodotto (circa il 33% del totale). Rispetto alla variabile di occupazione, il secondo posto dopo l Italia è occupato dalla Romania con una forza lavoro pari a 540 mila unità. Come fotografato dal grafico, tra i primi cinque paesi per dimensione occupazionale ci sono anche la Polonia, la Spagna ed il Portogallo, che assorbono circa 300 mila addetti ciascuno. Da notare che dalla ripartizione dell occupazione emerge un settore che nonostante la sua presenza diffusa, si caratterizza per una rilevante concentrazione geografica. Nel complesso i paesi dove l apparato produttivo moda supera i 100 mila addetti sono 11 dei 27 che formano l area dell aggregato europeo, e solo sommando i primi 5 si realizza quasi il 60% dell occupazione. Occupazione del sistema moda UE27 per paese (val. assoluti in migliaia) anno 2002 Spagna (ES); 295; 8% Francia (FR); 248; 7% Germania (DE); 216; 6% Regno Unito (UK); 213; 6% Bulgaria (BG); 191; 5% Rep.Ceca (CZ); 136; 4% Portogallo (PT); 305; 8% Ungheria (HU); 130; 3% Rep. Slovacca (SK); 65; 2% Lituania (LT); 64; 2% Belgio (BE); 52; 1% Polonia (PL); 314; 8% Grecia (EL); 40; 1% Austria (AT); 37; 1% Slovenia (SI); 32; 1% Paesi Bassi (NL); 28; 1% Romania (RO); 540; 14% Estonia (EE); 27; 1% Lettonia (LV); 24; 1% Italia (IT); 778; 20% Altri paesi UE27; 61; 2% 7

8 Dal alto del valore aggiunto, se si esclude l Italia che consolida il suo primato con una quota di reddito che si avvicina ad un terzo del totale prodotto in Europea, la graduatoria tra gli altri paesi cambia significativamente. Come già evidente dai risultati per macro area, la larghissima parte del reddito prodotto dal settore proviene dalle imprese dell Europa occidentale (oltre il 90% del totale). Assieme all Italia, gli altri 4 paesi che maggiormente contribuiscono a questo risultato sono: Regno Unito, Germania e Francia, con dimensioni relative che si attestano intorno all 11% del totale, e la Spagna che occupa la quinta posizione con quasi il 9% del valore aggiunto. In questa graduatoria il primo paese dell area centro orientale è la Polonia che contribuisce con il 3% del valore aggiunto e occupa la ottava posizione dopo il Belgio e il Portogallo. Il dato di ripartizione del valore aggiunto restituisce un fenomeno di concentrazione ancor più evidente di quello misurato sull occupazione. Sommando i primi 5 paesi si ottiene infatti oltre il 75% della ricchezza prodotta dall apparato produttivo moda insediato nella futura Europa a 27. Valore aggiunto del sistema moda UE27 per paese (val. n milioni di ) -anno 2002 Germania (DE); 8466; 11% Regno Unito (UK); 7875; 11% Spagna (ES); 6697; 9% Portogallo (PT); 3369; 5% Belgio (BE); 2513; 3% Polonia (PL); 1994; 3% Austria (AT); 1465; 2% Romania (RO); 1311; 2% PaesiBassi(NL); 1162; 2% Grecia (EL); 981; 1% Rep.Ceca (CZ); 952; 1% Francia (FR); 8822; 12% Ungheria (HU); 664; 1% Finlandia (FI); 580; 1% Danimarca (DK); 557; 1% Svezia (SE); 499; 1% Italia (IT); 24356; 33% Altri paesi UE27; 2011; 3% Fonte: Eurostat, Structural Business Statistics (Industry, Construction, Trade and Services), Annual enterprise statistics Profilo strutturale dell apparato produttivo Le differenze per macro area geografica e paese non si esauriscono con il dato sulla dimensione relativa di occupazione e valore aggiunto. Un primo fattore di forte disomogeneità che sta segnando la geografia delle delocalizzazioni verso i paesi in via di sviluppo è indubbiamente il costo del lavoro. Rispetto a questa variabile il vantaggio competitivo dell area centro orientale è particolarmente evidente. Le stime Eurostat, infatti, attribuiscono all Europa a 15 un costo medio del lavoro di euro contro un livello che nella media dei 12 paesi dell area orientale si ferma a circa 4000 euro. In realtà questa rappresentazione di un sistema fortemente polarizzato tende a sfumarsi se si accede ad una comparazione tra paesi. Analizzando la situazione dei principali paesi occidentali per dimensione del 8

9 settore, si scopre infatti che il costo del lavoro oscilla da un massimo di circa mila euro della Germania per poi scendere progressivamente fino a toccare un punto di minimo con il Portogallo (4 paese per numero di occupati nel settore), che con i suoi 8,5 mila euro di costo va a sovrapporsi ai risultati della Polonia (3 paese per numero di occupati in Europa). Ovviamente, l area di sovrapposizione rappresenta anche il punto di maggior costo del lavoro nell ambito dei principali paesi tessili dell Europa Orientale. I dati riportati nel grafico descrivono infatti un contesto in cui convivono quattro diverse aree di costo: quella dei due paesi di prossima adesione (Bulgaria e Romania), che esprimono il livello di costo più basso in Europa (circa 1500 euro l anno); c è poi un secondo raggruppamento di 2 paesi (Lituania e Repubblica Slovacca) che si attesta attorno ai 3400 euro; il terzo aggregato è quello composto da Ungheria e Repubblica Ceca dove il costo sale intorno ai 4600 euro; ed infine, c è la Polonia che come già sottolineato rappresentano il punto più vicino al sistema occidentale. Il costo medio annuo del lavoro (in migliaia di ) Germania (DE) 30,3 Francia (FR) 27,8 Regno Unito (UK) 23,7 Media UE15 Italia (IT) 18,6 19,62 Spagna (ES) 16,1 Portogallo (PT) Polonia (PL) 7,2 8,5 Repubblica Ceca (CZ) Ungheria (HU) Media nuovi 10UE + Bulgaria-Romania Repubblica Slovacca (SK) Lituania (LT) 4,8 4,5 3,49 3,5 3,3 Romania (RO) Bulgaria (BG) 1,6 1,3 Fonte: Eurostat, Structural Business Statistics (Industry, Construction, Trade and Services), Annual enterprise statistics I forti differenziali di costo del lavoro non sembrerebbero segnare allo stesso modo il livello di competitività dei sistemi paese. Continuando questo esercizio di comparazione attraverso un analisi della capacità di valore aggiunto si scopre infatti che i differenziali tra paesi sul costo si ripetono con la stessa intensità anche rispetto alla variabile di produttività apparente del lavoro. Questa forte correlazione tra costo e produttività, conferma anche nelle statistiche il persistere in Europa di un settore moda che si sviluppa su due modelli industriali le cui asimmetrie non si misurano solo attraverso i differenziali salariali, ma riguardano complessivamente una diversa capacità di dotarsi di un assetto organizzativo 9

10 efficiente, di sviluppare il prodotto nel suo contenuto tecnico e di design; e di predisporre una strategia commerciale e di marketing capace di valorizzazione il prodotto sul mercato. Rapporto tra costo medio annuo del lavoro e valore aggiunto per addetto (migliaia ) 40,0 Germania Regno Unito 35,0 Francia Valore aggiunto per addetto (in miglia di ) 30,0 25,0 20,0 15,0 10,0 Portogallo Spagna Italia Rep. Ceca Polonia 5,0 Ungheria Lituania Rep Slovacca Romania Bulgaria 0,0 0,0 5,0 10,0 15,0 20,0 25,0 30,0 35,0 40,0 Costo medio del lavoro per addetto (in miglia di ) Fonte: Eurostat, Structural Business Statistics (Industry, Construction, Trade and Services), Annual enterprise statistics Le caratteristiche dell occupazione L elemento portante dell assetto occupazionale del sistema moda, nonché fattore di omogeneità tra i diversi paesi UE, è senz altro la larga presenza di donne. Come evidente dal grafico elaborato sempre su dati Eurostat, nella media dei 25 paesi UE la quota di donne assorbe infatti quasi i due terzi dell occupazione. Tra i paesi dove esiste una presenza significativa del settore il dato oscilla dal 54% del regno unito fino a raggiungere un picco intorno all 80% in Polonia, Ungheria Repubblica Slovacca e Lituania. Questa forte caratterizzazione di genere diventa poi ancora più evidente quando si fa il confronto con il dato medio dell economia manifatturiera. Infatti, nella media dell industria dell Europa a 25 il tasso di femminilizzazione del lavoro si ferma al 35% contro il 65% del tessile. 10

11 La presenza femminile nel sistema moda: un confronto tra i principali paesi UE per dimensione relativa del settore 77,2 78,4 79,3 81,9 82,3 53,7 57,2 58,2 58, ,5 Regno Unito (UK) Germania (DE) Spagna (ES) Francia (FR) Italia (IT) EU-25 Portogallo (PT) Rep. Ceca (CZ) Polonia (PL) Ungheria (HU) Rep. Slovacca (SK) Lituania (LT) Fonte: Eurostat, Structural Business Statistics (Industry, Construction, Trade and Services), Annual enterprise statistics I paesi dell UE rispetto alle specializzazioni produttive all interno della filiera moda Continuando in questo esercizio di analisi del settore moda dell UE, un altro dato interessante riguarda le differenze tra paesi rispetto all articolazione di comparto su cui si compone il settore. A questo proposito, i dati di occupazione e valore aggiunto restituisce una fotografia in cui l aria orientale, ad eccezione della Repubblica Ceca, si caratterizza per una evidente specializzazione sull abbigliamento, mentre nei paesi della vecchia Europa la quota maggiore va attribuita al comparto tessile. A scandire questa contrapposizione, ci sono da un lato i due paesi di prossima adesione (Bulgaria e Romania) e la Lituania dove l abbigliamento supera il 60% degli occupati e del valore aggiunto, e dall altro lato il Regno Unito e la Germania dove le stesse cifre devono essere invece attribuite al tessile. In tutti i paesi, il comparto della produzione di calzature e pelletteria occupa per dimensione relativa la terza posizione. Le due aree dove il contributo di questo comparto è maggiore sono la Slovacca (con il 26% dell occupazione ed il 30% del valore aggiunto), e l Italia con quote intorno al 25%. 11

12 Confronto tra i principali paesi moda dell UE25 per 100% 90% 80% 70% 60% 50% 40% 30% 20% 10% Pelletteria e calzature Abbigliamento Tessile 0% Romania Bulgaria Ungheria Rep. Slovacca Lituania Portogallo Polonia Italia Spagna Valore aggiunto Francia Regno Unito Germania Rep.Ceca Bulgaria Romania Ungheria Polonia Rep. Slovacca Lituania Portogallo Italia Spagna Occupazione Francia Rep.Ceca Germania Regno Unito Fonte: Eurostat, Structural Business Statistics (Industry, Construction, Trade and Services), Annual enterprise statistics 3. Principali risultati dell industria italiana della moda negli ultimi 5 anni: alcuni dati generali 3.1 La dinamica della produzione e delle vendite In questo nuovo contesto di crescente apertura delle economie nazionali e forte protagonismo dei paesi in via di sviluppo anche il sistema moda italiano evidenzia una chiara difficoltà a difendere il suo posizionamento competitivo. Nell ultimo quinquennio ( ), senz altro un periodo di accelerazione del processo di globalizzazione oltre che di complessivo rallentamento dell economia europea e di rafforzamento dell euro, il sistema moda ha infatti fatto registrare non solo una forte riduzione della produzione nazionale ma anche una perdita di fatturato (sceso da quasi 96 miliardi nel 2001 a poco più di 80 miliardi nel 2005) e di vendite all estero (diminuite dell 11%). Questa criticità dell apparato produttivo moda emerge in modo evidente anche dal confronto con l andamento medio dell aggregato manifatturiero il quale pur segnando una riduzione della produzione (- 6% il risultato 2005 rispetto al 2001) realizza una leggera crescita del fatturato (+3,5%) e dei flussi commerciali verso l estero (+7,5%). Come evidente dal grafico che segue, nessuno dei macro comparti su cui prende forma il sistema moda è riuscito ad imporsi in questa fase di ridefinizione dell assetto competitivo del settore. Infatti, nonostante evidenti differenze di intensità, nei cinque anni che vanno dal al 2005, tessile, abbigliamento e pelletteria, segnano una perdita sia della produzione nazionale che del fatturato. L unico dato in controtendenza è quello delle vendite all estero di prodotti dell abbigliamento che diversamente dagli altri comparti resta fermo ai livelli del

13 Dinamica % della produzione, fatturato ed export nel periodo Tessile Abbigliamento Pelletteria e calzature Totale attività manifatturiere PRODUZIONE 2001/ % -22% -29% -5,9% 2005/2004-4% -12% -9% -2,5% FATTURATO 2001/ % -5% -12% 3,5% 2005/2004-7% -6% 0% 0,8% EXPORT 2001/ % 1% -14% 7,4% 2005/2004-5% 4% -2% 4,2% Fonte: elaborazioni su dati ISTAT 3.2 l evoluzione degli scambi con l estero per prodotto e destinazione Per il sistema moda che realizza fuori dai confini nazionali quasi la metà del suo fatturato, l andamento degli scambi commerciali con l estero rappresenta un indicatore essenziale per ricostruire un quadro ragionato sui risultati di competitività del settore. A questo proposito, attraverso i dati Istat è stata analizzata la dinamica negli ultimi cinque anni dei flussi commerciali con l estero per settore e area geografica. I dati, come evidente dalle tabelle che seguono non sono confortati. Complessivamente, nel periodo , la combinazione di un rafforzamento dell euro sul dollaro, l avanzare della concorrenza dell industria tessile dei paesi a basso costo del lavoro, e un diffuso rallentamento dei consumi in Europa (principale area di sbocco dei prodotti moda italiani), hanno determinato: una crescita delle importazioni del 7%, che hanno spinto il valore complessivo dei prodotti moda acquistati all estero vicino ai 22 miliardi di euro, a cui si associa una diminuzione dell export di quasi 5 miliardi di euro (pari ad una variazione dell 11% rispetto al 2001) portando il valore delle vendite all estero a poco più di 38 miliardi di euro. Naturalmente questa divergenza nella dinamica dei flussi commerciali ha indebolito la posizione netta dell Italia che è scesa del 27% portando il saldo commerciale del settore a poco meno di 17 miliardi di euro. A questo arretramento della competitività internazionale non contribuiscono allo stesso modo i tre macro comparti su cui prende forma il settore. Come anticipato nel paragrafo precedente, l abbigliamento, infatti, riesce a difendere la sua presenza all estero (+1% la variazione dell export nel periodo ), mentre tessile e pelletteria arretrano rispettivamente del 17% e del 14%. Il confronto tra comparti rileva invece una situazione diversa dal lato delle importazioni: in cinque anni cresce in valore del 30% l acquisto di prodotti dell abbigliamento dall estero; mentre per la pelletteria e il tessile si registrano variazioni meno marcate e poco distanti dai risultati del

14 Flussi commerciali verso il resto del mondo nel periodo Tessile Valore 2005 (in milioni ) Variazione 2005/2001 in valore in % import % export % saldo % import % Abbigliamento export % saldo % Pelletteria e calzature Totale sistema moda Totale attività manifatturiere import % export % saldo % import % export % saldo % import % export % saldo % Fonte: elaborazioni su dati ISTAT Analizzando gli scambi commerciali per area geografica si scopre che l arretramento delle vendite all estero, benché ampiamente generalizzato, può essere imputato in larga parte ad una perdita di competitività nell area dell UE a 15 e nel mercato Nord americano. Nell aggregato dei 15 paesi di prima adesione UE, che ancora oggi rappresenta il 45% del fatturato all estero del sistema moda italiano, il periodo è segnato da una riduzione dell export pari al 16% (che corrisponde ad una perdita in valore di 3,3 miliardi di euro). Studiano la situazione per singolo paese, emerge in tutta evidenza un problema di tenuta competitiva che riguarda 13 dei 15 stati della vecchia unione. In controtendenza vanno solo Spagna e Grecia dove l export aumenta rispettivamente dell 11% e del 4%. Tra le aree UE15 dove si registra un arretramento, la Germania, il primo mercato per l Italia, è anche il mercato su cui si registra la perdita più grave (-33% pari a una diminuzione del valore delle vendite di oltre 2 miliardi di euro). Sempre in Europa, un andamento delle vendite in controtendenza all UE a 15 riguarda l aggregato PECO dove in cinque anni l export è aumentato dell 8%, diventando il secondo mercato (con una quota del 18% delle esportazioni dall Italia) dopo l area occidentale. Ovviamente, si tratta di un flusso commerciale che per una sua parte prende forma per effetto di transazioni temporanee legata ai processo di delocalizzazione produttiva. Un caso emblematico di questa natura degli scambi è la dimensione delle vendite verso la Romania che oggi rappresenta il settimo mercato per l Italia con una valore dell export che sfiora i 2 miliardi di euro. In ogni modo, la costante crescita della capacità di consumo di quest area dell Europa sta diventando anche una opportunità di commercializzazione del Made in Italy, e questo trova conferma nella forte espansione degli acquisiti provenienti dalla Russia che nel 2005 è diventato un mercato che per l Italia ha un valore pari a 1,4 miliardi di euro (+32% rispetto al 2001). L Europa oltre ad essere la principale area di sbocco delle vendite all estero dell industria della moda italiana, rappresenta anche il primo mercato di provenienza delle importazioni con una dimensione pari al 14

15 50% del totale. Naturalmente, a trainare le vendite verso l Italia sono i paesi dell area centro orientale che, grazie ad un processo di crescente specializzazione settoriale in parte sostenuto dalla presenza di multinazionali Italiane, sono riusciti a difendere la loro posizione (+6% le vendite del 2005 rispetto al 2001, per una quota pari al 24% dell import totale), nonostante la concorrenza proveniente dall Asia. Scambi commerciali del sistema moda verso l'estero per macro area geografica import export saldo anno 2005 var. 05/'01 anno 2005 var. 05/' in mil. Quota % in % in mil. Quota % in % in milioni UE ,8-7,7% ,5-15,8% UE ,1-8,3% ,3-15,8% Europa centro orientale ,8 5,6% ,9 7,8% Totale Europa ,1 0,9% ,5-7,9% Africa ,1-9,0% ,0-8,7% America settentrionale America centro meridionale 242 1,1-14,5% ,4-31,4% ,6-32,5% 405 1,1-33,2% Asia centrale ,8 17,4% 248 0,6 35,4% Asia orientale ,3 53,4% ,0-9,4% Resto del mondo 428 2,0-43,0% 901 2,3-10,0% TOTALE ,3% ,2% Fonte: elaborazioni su dati ISTAT Continuando in questo esercizio di analisi dei flussi commerciali per macro area, come già anticipato nella prima parte del paragrafo, merita una particolare attenzione l andamento delle vendite verso il Nord america. In cinque anni le vendite sono infatti diminuite del 31% e il valore complessivo delle vendite è sceso a 3,6 milioni di euro (pari ad una quota sul totale export del 9,4%). Senz altro questa forte perdita di posizioni sul mercato americano può essere spiegata da un rapporto di cambio sfavorevole all euro, nonostante questo non si può fare a meno di notare che i numeri dell export verso l area, esprimono una difficoltà a sviluppare una strategia efficace di penetrazione commerciale verso quello che ancora oggi rappresenta il principale mercato del mondo. Nella stessa direzione sono andati anche gli scambi con l America centro meridionale. Anche questo un importamene mercato in crescita dove però l Italia arretra del 33% portando il valore delle esportazioni a 400 milioni di euro. Un'altra area che si inserisce prepotentemente nella nuova geografia degli scambi dell Italia verso il resto del mondo è l Asia. Il tratto che emerge in modo evidente è l intensificazione delle importazioni dall area orientale che dopo una crescita in cinque anni del 53%, assorbe oggi il 25% degli acquisiti dell Italia dall estero. Come noto, questo risultato è da attribuire largamente alla Cina, una paese che per effetto della liberalizzazione (giunta alla sua realizzazione definitiva nel 2005) è riuscito a capitalizzate un vantaggio 15

16 competitivo che prende forma attraverso la combinazione di una significativa tradizione tessile, un ampia capacità produttiva e uno straordinario vantaggio sui costi. Grazie a queste condizioni l industria cinese in soli cinque anni è riuscita a raddoppiare le vendite verso l Italia, assorbendo in questo modo quasi il 20% degli acquisti dall estero di prodotti moda. Come si evince dalla lettura dei dati presenti nella tabella che segue, nessuno comparto è immune dalla pressione dell industria cinese, ciò nonostante, il vestiario che assorbe il 45% degli acquisti dalla Cina (26% la quota tessile e 28% la quota pelletteria) e quasi un quarto del totale import di prodotti del comparto (la quota si ferma al 16% nel tessile e raggiunge il 19% nella pelletteria) è senz altro quello più esposto alla penetrazione di prodotti cinesi. A fronte di questa progressione dell import non è corrisposto una accelerazione delle esportazioni sufficienti a compensare la posizione commerciale dell Italia verso la Cina. Pur in una dinamica di crescita (+25% nel periodo ), le vendite sul mercato cinese si fermano infatti a poco più di 450 milioni di euro. Una distanza rispetto al volume delle transazioni in entrata che si traduce in un saldo negativo per quasi 4 miliardi di euro. Altrettanto sbilanciata, anche se i volumi sono largamente inferiori, è la posizione verso l Asia centrale. Nel 2005, a fronte di esportazioni pari a 250 milioni di euro gli acquisti sono balzati a poco meno di 1,7 miliardi di euro. In quest aria il primo paese per valore degli scambi è l India con vendite verso l Italia che hanno raggiunto il miliardo di euro (+18% nel 2005 rispetto al 2001) seguita da Pakistan e Bangladesch che realizzano entrambi un risultato di circa 300 milioni di euro. Scambi commerciali di prodotti moda tra Italia e Cina Import ANNO 2001 ANNO 2005 Valori (in milioni di ) Quota % Valori (in milioni di ) Quota % Var.% 2005/2001 Quota % sul totale flussi commerciali con l'estero Tessile , ,2 82% 16,2% Abbigliamento , ,2 109% 23,8% Pelletteria e calzature , ,6 75% 19,1% Totale sistema moda , ,0 91% 19,9% Export Tessile , ,5 22% 1,4% Abbigliamento 20 5, ,2 174% 0,5% Pelletteria e calzature , ,4 11% 1,7% Totale sistema moda , ,0 25% 1,2% Saldo Tessile Abbigliamento Pelletteria e calzature Totale sistema moda Fonte: elaborazioni su dati ISTAT 16

17 L esercizio sin qui svolto di ricostruzione dei flussi commerciali per macro area geografica restituisce un quadro abbastanza chiaro delle specificità della presenza internazionale del sistema moda. Un primo tratto che emerge in modo evidente è senza dubbio la straordinaria concentrazione delle vendite del settore verso l Europa occidentale a fronte di una debole presenza dei prodotti italiani sui mercati extra UE sia quelli di prima e più antica industrializzazione come l America del Nord che quelli di nuovo sviluppo oggi in forte crescita (Asia e America del Sud). Senza dubbio, questo sbilanciamento verso i paesi dell Europa occidentale, i cui mercati sono meno dinamici di quelli asiatici ed americani, ci consegna un primo ed importante fattore di criticità che sta frenando la crescita del settore. Una situazione che è possibile ricondurre in via prioritaria ad almeno tre ragioni: la prima, attiene alle caratteristiche del tessuto produttivo che come vedremo in modo più dettagliato nei capitolo 3 e 6, prende forma su un modello di agglomerazione di micro e piccole imprese che ancora oggi privilegiano la competizione alla collaborazione. Questo approccio organizzativo, come più volte confermato dalle diverse indagini sul settore, non consente di raggiungere una dimensione adeguata per accedere ad un livello di risorse finanziarie e di know how manageriale ed operativo, sufficienti a sviluppare una strategia di internazionalizzazione commerciale anche nella direzione di quelle aree di consumo extra UE dove non si realizzano quei vantaggi di relazione dati da una maggiore prossimità geografica e culturale; una seconda ragione che contribuisce a spiegare le difficoltà del sistema moda italiano a sviluppare la sua presenza commerciale fuori dai confini europei, ed in modo particolare verso i paesi di nuova industrializzazione del continente asiatico, riguarda un problema di asimmetria della concorrenza che prende forma non solo per effetto di differenziali di costo che spesso si allargano per effetto di vere e proprie forme di dumping; ma anche per effetto di un sistema di regole tariffarie e non tariffarie che di fatto configurano un ostacolo alla pratica della reciprocità commerciale prevista dal WTO; infine, una terza ragione che senz altro aiuta a capire il ritardo della presenza commerciale extra UE può essere rintracciata in una impostazione strategica largamente diffusa tra le imprese moda che per lungo tempo hanno attribuito alle aree di nuova industrializzazione principalmente un ruolo nella riorganizzazione dell assetto produttivo per capitalizzare i differenziali di costo dei fattori, trascurando invece le potenzialità commerciali di quei mercati. 3.3 L impatto occupazione La flessione delle vendite e della produzione nonché l impegno di molte imprese ad adeguare la configurazione strategico-organizzativo rispetto ai cambiamenti del contesto competitivo, non ha mancato di incidere in modo rilevante sui livelli occupazionali. Nel corso di cinque anni il settore moda ha parso poco più di 100 mila addetti, che corrisponde ad una riduzione del 12% rispetto ai livelli registrati nel Una situazione di straordinaria gravità se si pensa che nello stesso periodo la media del settore manifatturiero segnava un perdita pari al 2%. Dal confronto dei risultati annuali sull occupazione, si scopre che oltre la metà delle espulsioni si concentrano nel 2005 (-53 mila addetti rispetto al 2004). 17

18 Tutti i macro comparti sono andati nella stessa direzione: sempre nello stessi periodo ( ) l occupazione è infatti diminuita del 9% nelle Confezioni (che corrisponde a -29 mia addetti), del 15% nella pelletteria (-32 mila addetti) e del 14% nel tessile (-43 mila addetti). A seguito di questo processo di espulsione, gli addetti complessivi del sistema moda sono scesi a 737 mila unità, di cui 264 sono lavoratori del tessile, 298 mila dell abbigliamento e 175 mila della pelletteria. Anche in quest ultimo quinquennio, come più volte accaduto nelle fasi di forte difficoltà del settore, alla diminuzione degli addetti hanno contribuito con intensità diverse le due categorie del lavoro. I dati disaggregati restituiscono infatti perdite che si attestano a poco più del 6% tra gli autonomi (-10 mila unità), mentre il volume dell occupazione dipendente arretra per oltre il 13% (-94 mila unità). Naturalmente queste differenze hanno prodotto una modificazione dell assetto occupazionale nella direzione di un rafforzamento della componente di lavoro autonomo che oggi rappresenta una quota vicina al 19% del totale degli addetti del settore. Occupazione nel periodo (in unità di lavoro standard) Tessile Abbigliamento Pelletteria e calzature Tot.sistema moda Totale attività manifatturiere Totale Dipendenti Indipendenti Unità in migliaia in valore Var. 2005/2001 in % -13,9% -8,9% -15,3% -12,3% -2,1% in valore - 19,3-19,9-14,5-53,7-79,6 Var. 2005/2004 in % -6,8% -6,3% -7,6% -6,8% -1,6% Unità in migliaia in valore Var. 2005/2001 in % -14,1% -10,7% -17,0% -13,5% -1,9% in valore - 14,1-16,7-9,8-40,6-37,8 Var. 2005/2004 in % -5,9% -6,7% -6,5% -6,3% -0,9% Unità in migliaia in valore Var. 2005/ in % -12,9% -1,7% -7,4% -6,5% -3,0% in valore Var. 2005/2004-5,2-3,2-4,7-13,1-41,8 in % -11,9% -4,7% -12,2% -8,7% -5,0% Fonte: elaborazioni su dati ISTAT 4. Il profilo strutturale dell industria della moda italiana 4.1 Il contributo del settore moda all economia nazionale Pur in una fase di forte razionalizzazione del settore e perdita di posizione nel quadro della competizione mondiale, il sistema moda italiano continua a giocare un ruolo da protagonista. A livello nazionale, secondo gli ultimi dati Istat il settore contribuisce al 15% dell occupazione manifatturiera, al 10% del valore aggiunto e al 13% delle vendite di prodotti all estero. Ma al di la di queste cifre più generali, il valore del sistema moda diventa ancora più evidente se misurato anche rispetto al suo contributo al fatturato dei principali settori verso cui si rivolge per i suoi acquisti 18

19 esterni di prodotti intermedi. Su questo versante, nell ambito dell industria manifatturiera, i dati delle tavole input-output ci consegnano un quadro delle interdipendenze settoriali in cui il sistema moda rappresenta il primo committente dell industria chimica (esclusa la componente farmaceutica) e della gomma plastica con quasi 8 miliardi di acquisti (pari al 17% del totale delle vendite di prodotti intermedi verso operatori esterni al settore). Ripartizione % delle vendite dell industria chimica (esclusa l attività farmaceutica) e della gomma plastica verso altri settori Valore degli impieghi di prodotti dell'industria chimica e gomma-plastica per settore in milioni di euro quota% Sistema moda ,2 Mezzi di trasporto ,9 Macchine ed apparecchi meccanici ,7 Apparecchi elettrici, per la comunicazione, macchine per ufficio, computer, strumenti medicali, di precisione e orologi ,4 Metalli e fabbricazione di prodotto in metallo esclusi apparecchi e macchine ,9 Trasporti e attività ausiliarie dei trasporti ,5 Carta, editoria e stampa ,3 Costruzioni ,8 Prodotti del legno (inclusi mobili) ,9 Commercio ,6 Industrie alimentari ,8 Minerali non metalliferi ,5 Agricultura ,2 Energia elettrica, gas, acqua e smaltimento rifiuti ,4 Alberghi, ristoranti e attività ricreative 676 1,5 Servizi finanziari e assicurativi 529 1,1 Altri servizi ,7 Altre attività dell'industria 685 1,5 Totale vendite di prodotti intermedi ad imprese esterne al settore Totale vendite di prodotti intermedi ad imprese della filiera chimica e della gomma plastica Fonte: elaborazioni su dati ISTAT , Un altra area dell economia verso cui si registra un contributo importante del sistema moda per dimensione degli acquisti è quello dei servizi. La spinta del settore verso una crescente attenzione ai contenuti immateriale del prodotto moda, l allungamento della filiera verso il mercato al consumo attraverso una integrazione operativa con la distribuzione, l allargamento operativo verso mercati extra nazionali, e una generale esigenza di migliorare gli standard di qualità dei processi e dei prodotti, sono indubbiamente elementi che hanno generato un crescente fabbisogno dell impresa moda di investire in servizi esterni specializzati. Oggi, in termini di valore, l apparato produttivo TAC acquista servizi (escluse le utilities) pari a circa 13 miliardi di euro. Con questa cifra il settore assorbe il 13% del totale dei servizi venduti nell ambito della trasformazione industriale e occupa la prima posizione assieme al comparto delle macchine ed apparecchi meccanici. Come evidente dalla tabella sotto riportata, dalla 19

20 declinazione per macro comparto elaborata nelle tavole input-output emerge che l area del terziario dove si concentrano maggiormente gli acquisto del settore moda è quella delle attività professionali con una spesa pari a 5,5 miliardi. Sempre rispetto al valore della spesa occupano una posizione rilevante anche i servizi di tipo commerciale (2,3 miliardi di euro), quelli finanziari (1,8 miliardi) e le attività di trasporto (poco oltre un miliardo). L acquisto di servizi (escluse le utilities) nel manifatturiero e nel settore moda Acquisto di servizi in miliardi di Trsformazione industriale Sistema moda Prestazioni di tipo commerciale Alberghi, ristoranti e attività culturali e ricreative Trasporti e servizi ausiliari Poste e telecomunicazioni Intermediari finanziari, assicurazione e servizi ausiliari Attività immobiliari e servizi di noleggio Computer e servizi connessi Attività professionali Altri servizi Totale servizi escluse le utilities Fonte: elaborazioni su dati ISTAT Un ultimo aspetto a cui deve essere rivolta l attenzione quando si analizza il contributo dell industria della moda all economia nazionale riguarda l occupazione femminile. I dati elaborati da Hermes Lab nel suo rapporto Il sistema integrato della Moda, un settore al femminile ci consegnano infatti un quadro occupazionale in cui rispetto ad un dato medio di presenza femminile nell industria manifatturiera pari al 30%, i comparti moda occupano le prime tre posizione con livelli che oscillano dal 76% nelle confezioni al 58% nel tessile e 47% nelle calzature. Con questi numeri l imprenditoria moda contribuisce a poco più di un terzo del totale delle donne occupate nella trasformazione industriale. Indubbiamente un risultato rilevante se riportato all interno di un mercato del lavoro nazionale in cui il divario di tasso di occupazione e di attività rispetto alla variabile di genere continua ad essere straordinariamente elevato. Ma come fa ben notare Lorenzo Birindelli - sempre nel rapporto di Hermes lab quando si vuol analizzare la presenza femminile nel settore e il suo contributo all economia nazionale sarebbe fuorviante limitare l osservazione ai soli dati di occupazione. In questo settore infatti si trova concentrata anche una forte componente dell imprenditoria femminile. Secondo i dati di Movimprese-Infocamere, l insieme delle industrie della moda è l unico settore in cui le imprenditrici (oltre , pari al 52%) sono più degli imprenditori. Un risultato straordinariamente importante se pensa che nemmeno nel settore del commercio e del turismo si trovano quote così elevate di imprenditorialità femminile (40%) e che nella media dell economia manifatturiera il dato si ferma al 23%. 20

21 4.2 Struttura ed evoluzione della filiera moda In questa parte del lavoro verrà fatto il tentativo di studiare la struttura ed evoluzione dell economia moda guardando al complesso di attività manifatturiere e di servizio che contribuiscono alla formazione del valore del prodotto. La crescita dell importanza del contenuto immateriale del prodotto e la rilevanza assunta da componenti non strettamente industriali rende infatti non più valido un approccio di analisi basato sulla nozione tradizionale di settore, ed impone invece di accedere ad un concetto più esteso di filiera moda. La filiera è infatti l unica chiave di lettura che consente di rappresentare l effettiva articolazione di attività di produzione e servizi (opportunamente segmentata al suo interno per distinguere le fasi a monte o a valle della catena del valore) attraverso cui si realizza quel processo integrato che genera il valore finale del prodotto. Sulla base di questo criterio-guida, come scrive Marco Ricchetti nel Rapporto di Hermes Lab Sistema integrato della moda, un settore al femminile il sistema moda può essere rappresentato come una piattaforma operativa in cui convivono tre componenti: le industrie manifatturiere che realizzano materialmente i prodotti; le attività di servizio che contribuiscono a conferire valore immateriale ai beni, e le attività di trade. In sintesi, in questo passaggio da settore a sistema, l economia moda, come esemplificato dalla figura che segue per la parte che riguarda il solo tessile-abbigliamento, diventa l'insieme delle aziende e delle attività che concorrono alla realizzazione, distribuzione e commercializzazione di un prodotto. All interno di questa architettura della filiera organizzata su tre macro aree di attività la componente industriale che tradizionalmente viene identificata con l economia moda può essere declinata su diversi sistemi manifatturieri, tra cui quelli principali sono: quello del tessili abbigliamento (TA) e quello della concia e fabbricazione di prodotti in cuoio (ossia, calzature e pelletteria). Entrambi i sistemi si sviluppano su una pluralità di fasi di lavorazione: in ambito TA la produzione manifatturiera comprende un processo a monte di lavorazione di fibre che possono essere naturali o di origine polimerica, e di fabbricazione di superfici tessili (filatura, tintoria e finissaggio, tessitura), e un processo a valla che consiste nella trasformazione di questi materiali tessili in prodotti finiti che vanno dall abbigliamento e accessori per la persona fino ai diversi prodotti per la casa. L industria della pelle e calzature, per quanto più semplice, presenta anch essa un sistema produttivo articolato che va dalle fase della concia e predisposizione dei prodotti intermedi fino all assemblaggio dei prodotti finiti tra cui quelli principali sono i diversi accessori in pelle, le calzature, borse e valige. 21

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