Annotazioni sul Servizio Civile e i Corpi Civili di Pace

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1 RESeT PAPER GIANMARCO PISA 6 gennaio 2015 Annotazioni sul Servizio Civile e i Corpi Civili di Pace Il lavoro di gruppo dedicato ai Corpi Civili di Pace, in particolare a Servizio Civile e Corpi Civili di Pace, realizzato il pomeriggio del 16 Dicembre, nel quadro del Convegno Nazionale su Il nuovo Servizio Civile: la riforma, i giovani, il futuro. Noi ci siamo! (Vicenza, Dicembre 2014) ha sviluppato quattro focus tematici: a. la fisionomia dei Corpi Civili di Pace, b. il rapporto tra Servizio Civile e CCP, c. le caratteristiche degli interventi civili, d. gli elementi formativi e progettuali. Facilitata da Nicola Lapenta (Responsabile Servizio Civile per l'associazione Comunità Papa Giovanni XXII) e Samuele Filippini (Dottore di Ricerca in Cooperazione Internazionale e Sviluppo Sostenibile presso l'università di Bologna), la prima sessione è dedicata alla definizione del gruppo di lavoro, attraverso una fotografia in grado di rappresentare la pluralità e l'eterogeneità della platea: dei partecipanti al lavoro di gruppo, infatti: a. cinque persone dichiarano di avere esperienze di CCP, b. tre persone dichiarano di avere esperienze di studi sui CCP, c. quindici persone non conoscono, ma si dicono interessate, ai CCP, d. nessuno, tra i partecipanti, dichiara di non essere interessato ai CCP. Per quanto riguarda, invece, l'idea di partenza, presente all'interno del gruppo, sul tema del nesso tra Servizio Civile e Corpi Civili di Pace, diciotto persone dichiarano che i due ambiti sono integrabili, mentre cinque persone mettono in risalto il carattere di distinzione dei due ambiti, affermando che si tratta di ambiti di intervento distinti o - comunque - distinguibili. La fotografia di partenza del gruppo di lavoro, in sintesi, sembra mostrare tre aspetti: 1. l'articolazione del profilo dei CCP che, in quanto gruppi di azione nonviolenta, si caratterizzano per determinati ambiti di impegno e di azione, per una determinata tipologia di personale impegnato e per il carattere specifico della formazione di cui devono essere in possesso; 2. l'esigenza di alimentare la conoscenza del fenomeno dei CCP, di cui pochi hanno una conoscenza effettiva, anche in relazione al fatto che le sperimentazioni direttamente riconducibili ai Corpi Civili di Pace sono, in Italia, poco numerose, e di cui ancora meno hanno esperienza diretta, per avere concretamente sperimentato percorsi o progetti propri di Corpi Civili di Pace;

2 3. la specificità del profilo dei CCP, che, anche in presenza di aree di contiguità con il profilo proprio del Servizio Civile, sia in Italia sia all'estero, essendo il lavoro di prevenzione e trasformazione dei conflitti non esclusivo dell'ambito internazionale, risultano essere specifici, autonomi e comunque distinti o distinguibili dal Servizio Civile Nazionale. La seconda sessione di lavoro è dedicata alla focalizzazione delle esperienze di servizio volontario inter-nazionale che meglio approssimano o preparano la strada per il consolidamento del profilo e della pratica dei Corpi Civili di Pace. Da questo punto di vista, i Caschi Bianchi rappresentano senza dubbio, soprattutto in riferimento al panorama italiano e alle esperienze di società civile italiana impegnate all'estero in situazioni di crisi e di conflitto, una delle esperienze-pilota. Merita, a questo proposito, ricordare che sin dal 1992, anno della pubblicazione del rapporto del Segretario Generale delle Nazioni Unite Un'Agenda per la Pace, le Nazioni Unite si impegnano in una strategia per la pace e la sicurezza internazionale, articolata in quattro livelli di intervento: 1. la diplomazia preventiva : misure volte alla prevenzione del conflitto violento e della escalation; 2. la pacificazione (peace-making): misure volte alla ricerca di accordi tra le parti in conflitto; 3. il mantenimento della pace (peace-keeping): misure volte alla interposizione tra le parti; 4. la costruzione della pace (peace-building): misure volte al ripristino della convivenza tra le parti. Il successivo rapporto del Segretario Generale, del 1994, Un'Agenda per lo Sviluppo, non solo conferma l'impostazione del lavoro di pace e prevenzione dei conflitti violenti stilata due anni prima, ma, soprattutto, ribadisce la necessità di rafforzare la componente civile delle missioni internazionali di peace-keeping, attraverso la presenza di Caschi Bianchi, laddove i Caschi Blu costituivano la tradizionale forza di inter-posizione militare delle Nazioni Unite. Intanto, dal 1993, il governo argentino aveva istituito la Comision Cascos Blancos per la selezione del personale civile da impiegare nelle attività delle Nazioni Unite nei quattro ambiti legati alla prevenzione delle crisi e dei conflitti: aiuto umanitario, cooperazione economica, pace e sicurezza. La legislazione internazionale successiva vede almeno due grandi interventi normativi da parte delle Nazioni Unite: la Risoluzione dell'assemblea Generale 49/139 (28/12/1994) sulla Partecipazione di volontari - Caschi Bianchi - nelle attività delle Nazioni Unite nei settori della assistenza umanitaria, della riabilitazione e della cooperazione per lo sviluppo ; e la Risoluzione dell'assemblea Generale 53/144 (09/12/1998) su Diritto e Responsabilità degli individui, dei gruppi e degli organi della società di promuovere e proteggere le libertà fondamentali e i diritti umani universalmente riconosciuti (la cosiddetta Risoluzione dei Difensori dei Diritti Umani), che legittima e garantisce quanti - in particolare membri di movimenti, organizzazioni non governative, gruppi di volontariato, attivisti, intellettuali - operano in prima linea per la difesa dei diritti fondamentali. In Italia, i Caschi Bianchi sono costituiti da giovani volontari, di età compresa tra i 18 e i 28 anni, in servizio civile all'estero, impegnati in contesti di crisi e di conflitto o post-conflitto,

3 secondo quanto previsto e disciplinato dalla legge 64/2001. L'origine stessa del Servizio Civile Nazionale all'estero scaturisce dalla storia della disobbedienza civile alla leva militare, dell'obiezione al servizio militare obbligatorio e, più in generale, dal pacifismo organizzato, che ha dato corpo, soprattutto a partire dalla seconda metà degli Anni Sessanta e poi in maniera particolarmente significativa nel corso degli Anni Ottanta e Novanta, a marce, dimostrazioni e mobilitazioni di massa, tra le quali si ricordano almeno la Marcia dei Cinquecento a Sarajevo (1992) e Mir Sada (1993). Gli obiettori di coscienza chiedevano, in particolare, di fare esperienza all'estero in contesti di conflitto in via sostitutiva e alternativa, al tempo stesso, al servizio militare; questa opzione veniva sistematicamente negata, perché contraria, all'epoca, alla legge. Solo dopo l'esperienza di I Care a Sarajevo ed il riconoscimento di fatto, a seguito della visita del Sottosegretario alla Difesa Massimo Brutti al gruppo di caschi bianchi disobbedienti a Sarajevo (1997), questa possibilità comincia ad affacciarsi anche in punta di diritto e viene infine riconosciuta con la promulgazione della legge 230/1998 (che supera la precedente l. 772/1972 sulla obiezione di coscienza), che, per la prima volta, riconosce, all'art. 1, «in sostituzione del servizio militare, un servizio civile, diverso per natura e autonomo dal servizio militare, ma come questo rispondente al dovere costituzionale di difesa della Patria e ordinato ai fini enunciati nei Principi Fondamentali della Costituzione». La terza sessione di lavoro si pone, infine, l'obiettivo di specificare alcuni caratteri attinenti al profilo, inteso in termini generali, dei Corpi Civili di Pace. Si parte da alcune pratiche applicabili, come modello, sia al Servizio Civile Nazionale sia ai Corpi Civili di Pace, pur nella necessità di tenere distinti e specifici, sebbene convergenti per alcune finalità comuni, i due servizi: a. la collaborazione tra mondo istituzionale e mondo non istituzionale pur nell'autonomia dei ruoli, b. lo stile di impegno: nonviolenza, apertura, trasparenza, sobrietà e prossimità, c. il modello o il metodo: la nonviolenza, d. la costruzione di relazioni con le parti, e. l'approccio alla condivisione, interculturale e di genere, f. il nesso tra la trasformazione nonviolenta e la trasformazione sociale, g. la cooperazione solidale e la riabilitazione post-conflitto, h. l'empowerment (inteso come sostegno al rafforzamento dei soggetti più deboli e più esposti), i. la mediazione gratuita, riconosciuta e legittima. Entrando nel merito della specificità dei CCP, il gruppo di lavoro riflette intorno ai seguenti ambiti: 1. Fisionomia: a. il CCP e il SCN sono due funzioni distinte e distinguibili, sebbene il SCN possa integrare alcune funzioni proprie dei CCP e, in particolare, misure proprie di CCP possano essere contemplate all'interno del SCN, b. il CCP e il SCN vanno adeguatamente finanziati, secondo linee di finanziamento autonome, il SCN essendo legato alle politiche attive per la Gioventù, i CCP essendo legati alla Difesa, trattandosi di difesa civile,

4 c. il CCP va organizzato all'interno di una struttura legittima, articolata e stabile: sotto tale profilo, il gruppo pone attenzione al fatto che normare implica istituzionalizzare, ma istituzionalizzare non necessariamente significa governativizzare, d. il CCP deve comportarsi come una parte terza nel senso di essere imparziale nei confronti delle parti in conflitto, senza tuttavia essere mai imparziale nei confronti delle ingiustizie, nel senso di essere prossimi ed equivicini, infine, e. il CCP deve fare riferimento anche ad un contesto normativo europeo, che, sebbene ancora incompiuto, già prevede tentativi che vanno nel senso dei CCP (la Raccomandazione del Parlamento Europeo A4-0047/99, contenente in allegato la proposta di istituzione di un Corpo Civile di Pace Europeo, 10 Febbraio 1999: &language=IT). 2. Rapporto CCP/SCN: a. è possibile ipotizzare una relazione tra CCP e SCN, soprattutto in relazione alla parte del servizio dei CCP che impegna giovani volontari in contesti di crisi o di conflitto in Italia, b. è possibile immaginare un intervento di carattere normativo, ad esempio emendando la legge istitutiva del SCN introducendo un ambito di SC riservato ad azioni proprie di CCP, c. è possibile anche prevedere dei percorsi di sinergia, pur nella necessaria distinzione, in termini di mandato e di collaborazioni, tra i giovani volontari in SC e gli operatori di CCP. 3. Caratteristiche: a. è necessaria una formazione specifica per i CCP, dal momento che gli operatori di pace, concepiti sia come volontari formati sia come operatori professionisti (in ogni caso si tratta di personale professionale), devono operare con strumenti adeguati in contesti critici, b. il SCN può rappresentare una modalità di approccio, da parte dei giovani volontari, al mondo critico, in termini sia di capacità di impegno sia di contesto di operazione, dei CCP, c. è opportuno impostare una tempistica stabile, efficace e standard, salvo specifici impegni in situazioni di emergenza, dei finanziamenti, dal momento che l'azione dei CCP si sviluppa su tempi medio-lunghi, di fatto incompatibili con la tempistica del Servizio Civile, d. è opportuno sviluppare percorsi e progetti di educazione civica nonviolenta nelle scuole, e. pur contrastando radicalmente la logica della presenza dei militari a scuola e degli stage nell'esercito, sarebbe opportuno procedere, in via transitoria, per analogia, con stage nei CCP. 4. Formazione e Progettazione: a. conoscenza del contesto, dal punto di vista storico e socio-culturale, e del conflitto, b. conoscenza della guerra e della sua evoluzione, in particolare sulle nuove guerre, c. apprendimento del metodo nonviolento, dal punto di vista dell'approccio e dell'impegno, d. elementi utili e necessari di mediazione, negoziazione e comunicazione nonviolenta, e. antropologia culturale, relazione e comunicazione interculturale, criteri di autovalutazione,

5 f. progettazione mirata, in particolare, alle fasi di pre-conflitto (prevenzione) e postconflitto, g. procedere, anche in via progettuale, a traguardare la pace reale oltre la pace ufficiale, h. prevedere, nella progettazione per il Servizio Civile, forme di collegamento con i CCP, i. intervenire, nel senso della ricomposizione post-conflitto, anche sulla dinamica economica, l. prevedere adeguate modalità d'interazione con la cooperazione economica e l'aiuto umanitario. Restano, alla fine dell'esplorazione del gruppo di lavoro, una consapevolezza, in merito alla rilevanza dei CCP, quali attori specifici, per i quali è necessario un autonomo riconoscimento normativo, per la prevenzione della violenza e la trasformazione dei conflitti, ed una domanda aperta, in relazione al protagonismo del volontariato giovanile e, nello specifico, dei giovani volontari, impegnati nell'ambito del Servizio Civile, se debbano essere considerati come soggetti da porre, in qualche modo, sotto tutela, o adeguatamente formati e preparati per svolgere iniziative creative ed innovative per l'intervento nei conflitti. Tali prospettive ed interrogativi precipitano, di conseguenza, nella sessione plenaria del 17 Dicembre, in particolare nella sessione pomeridiana dedicata a Servizio Civile e Corpi Civili di Pace, animata dalle relazioni di Marco Mascia, Direttore del Centro di Ateneo per i Diritti Umani della Università degli Studi di Padova; Primo Di Blasio, Coordinatore Attività Estero della Federazione Organismi Cristiani di Servizio Internazionale Volontario - FOCSIV; Antonino Drago, Primo Presidente Comitato Ministeriale per la Difesa nonarmata e nonviolenta. Quest'ultima relazione, in particolare, segnala alcuni problemi di più stringente attualità, alcune contraddizioni ancora irrisolte e alcuni interrogativi su cui sia il mondo dei CCP sia la galassia del SCN sono chiamati a riflettere: 1. il rilievo delle sperimentazioni del movimento italiano di pace: «Interventi di convivenza-solidarietà con i più deboli, o da neutrali o da equivicini, o come mediatori che, pur effettuati con il visto turistico, autofinanziati e in piccolo, sono stati numerosi e rilevanti, e avvenuti in tutti i tipi di guerre: orizzontali, verticali, per procura, periferiche, intra-stato»; 2. l'anomalia oggi rappresentata dal Servizio Civile, in base alla quale: «Il SCN non è l applicazione del principio di sussidiarietà ma piuttosto una esternalizzazione e una privatizzazione, che invece di delegare lo scopo, lo disperde e perciò lascia i volontari in Servizio Civile senza un vero contratto pubblico e senza una precisa figura giuridica»; 3. l'inadempienza da parte del Governo, che «a) non ottempera all art. 43 della Carta ONU (cedendogli parte dell esercito); b) è andato contro la Costituzione abolendo ( sospendendo ) la leva, in modo da abolire anche la figura degli obiettori di coscienza; c) va contro le sue stesse leggi: la l. 230/98 sull obiezione di coscienza e la l. 64/01 sul Servizio Civile, di cui non vuole attuare la prima finalità, quella della difesa alternativa; d) non vuole istituire una organizzazione territoriale di Protezione Civile (che sarebbe una prima forma di difesa alternativa)». L'importante riflessione compiuta in occasione del Convegno di Vicenza, pur con i suoi limiti e le sue criticità, sembra, dunque, andare nella direzione giusta, quella, al tempo stesso, di

6 alimentare la riflessione e lo scambio tra attori diversi, di volta in volta impegnati sul Servizio Civile e i Corpi Civili di Pace, e di approfondire le questioni utili e necessarie, sia al consolidamento delle iniziative per CCP sia al pieno riconoscimento normativo dei CCP e della figura giuridica dell'operatore di pace. Per approfondimenti, cfr.: parlamentariperlapace.it/wp-content/uploads/2014/01/pdl- Corpi-Civili-di-Pace.doc; vita.it/static/upload/ide/identita-e-criteri-degli-interventi-civili-di-pace-italiani.pdf; Tra le pubblicazioni più recenti: Alberto L Abate, L arte della pace, Centro Gandhi Edizioni, Pisa 2014, pp. 150; Bernardo Venturi, Il demone della pace, i Libri di Emil, Bologna 2013, pp. 260; Gianmarco Pisa, Corpi Civili di Pace in Azione, Ad est dell Equatore, Napoli 2013, pp. 120.

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