ATTI DEL CONVEGNO DOMENICA 2 DICEMBRE 2012 EDUCARCI A UNA FEDE ADULTA ATTRAVERSO LA CARITÀ.

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1 ATTI DEL CONVEGNO DOMENICA 2 DICEMBRE CONVEGNO CARITAS EDUCARCI A UNA FEDE ADULTA ATTRAVERSO LA CARITÀ. INTUIRE, PENSARE, PROGETTARE, COSTRUIRE ALLEANZE GENERATIVE.

2 ATTI DEL CONVEGNO CARITAS INDICE PREFAZIONE Mons. Giuliano Ceschi, direttore Caritas Diocesana Veronese 02 INTRODUZIONE Dott. Carlo Croce, vicedirettore Caritas Diocesana Veronese 04 PARTE 01 Territori e comunità che cambiano: che fare? Dott.ssa Tiziana Ciampolini, pedagogista 08 Caritas: uno strumento di una Chiesa che evangelizza Mons. Francesco Antonio Soddu, direttore Caritas Italiana 26 PARTE 02 Siate ragionevoli, chiedete l impossibile Riflessioni a cura di Prof.ssa Luisanna Facchetti 40 Ti racconto in 3 minuti Storie ed esperienze dei Centri di Ascolto, delle Caritas e dei gruppi del territorio 42 I nostri sogni 55

3 2 CARITAS ATTI DEL CONVEGNO DISCORSO D APERTURA PREFAZIONE Mons. Giuliano Ceschi Direttore Caritas Diocesana Veronese Benvenuti a questo Convegno dedicato alle Caritas Parrocchiali, ai Centri di Ascolto e ai gruppi caritativi, rappresentanti delle 18 vicarie della nostra Diocesi. Mi auguro che, a questo primo incontro, ne seguano altri in futuro per far diventare quest occasione una tradizione della Caritas Diocesana. Grazie anche ai nostri ospiti: Monsignor Francesco Soddu, neo Direttore della Caritas Nazionale italiana, e la Dottoressa Tiziana Ciampolini responsabile dell Osservatorio Povertà e Risorse della Diocesi di Torino. Ci mettiamo subito in ascolto della Parola di Dio di questa prima domenica d Avvento che stiamo celebrando: Risollevatevi, alzate il capo, la vostra liberazione è vicina. Sono parole cariche di speranza, che oggi vogliamo ritrovare come dimensione fondamentale, collante di tutto il nostro agire per. Senza speranza siamo persone fallite in partenza. Il Vangelo dichiara: la vostra liberazione è vicina. La liberazione è già qui, è già tra noi, anche quando non riconosciamo i segni di speranza dentro il nostro tempo. Di fronte alle guerre, ai massacri di innocenti, alle ingiustizie, il cuore trema e la speranza sembra una mera utopia, ma noi non possiamo dimenticare che siamo uomini e donne innervati dallo Spirito di Dio. Questo Convegno si colloca nella cornice di due particolari celebrazioni: l Anno della Fede e l Anno Zenoniano. San Zeno, ottavo Vescovo di Verona, ha riformulato la Fede dentro la comunità cristiana veronese e la nostra realtà diocesana, che celebra i 1350 anni dal ritrovamento delle spoglie del Vescovo santo, deve diventare occasione per riprendere a credere di più, non solo con la testa ma concretamente. L Anno della Fede può essere l occasione propizia per intensificare la testimonianza della Carità. La Fede senza la Carità afferma il Papa nella Lettera Apostolica Porta Fidei - non porta frutto e la Carità senza la Fede sarebbe un sentimento in balìa costante del dubbio. Fede e Carità si esigono a vicenda, così che una permetta all altra di attuare il suo cammino. Questa affermazione è importante per noi, perché ci riconduce alla mission di Caritas e al motivo di questo Convegno: avviare un incontro/scambio con le Caritas Parrocchiali e con i Centri di Ascolto ma anche con tutti i gruppi caritativi parrocchiali, per ritrovare le dimen-

4 ATTI DEL CONVEGNO CARITAS 3 sioni evangeliche del nostro essere a servizio dell annuncio della Carità. No all assistenzialismo, si alla promozione umana. La carità, che diventa servizio, deve anzitutto generare relazioni vere e forti con le persone che incontriamo nel contesto delle nostre comunità e soprattutto nel mondo del disagio. I volontari della carità sono chiamati ad assumere il ruolo di autori della crescita, della promozione dei poveri di oggi. Stiamo vivendo una crisi profonda del nostro sistema sociale, finanziario ed economico, e chi come noi, ha quotidiani riscontri delle difficoltà da affrontare vive spesso un senso di impotenza. Diventa imprescindibile perciò superare la logica dell assistenzialismo materiale e sposare l idea della relazione attraverso l accompagnamento, il mettersi a fianco, il sostenere, l inventarsi motivazioni e quindi, sensibilizzare la comunità cristiana che deve farsi carico del fratello in disagio. Questo è il nostro compito: sollecitare la comunità e insieme, in nome della Carità che è Dio Amore, prenderci cura di queste persone. Far lievitare sempre di più la coscienza della comunità cristiana rispetto ai poveri che sono di tutti e non solo di Caritas. Dobbiamo dire a tutti la Caritas sei tu, qui dentro, nel cuore. Tu devi renderti conto che hai un compito, una missione evangelica da svolgere. Auguro buon lavoro ringrazio ancora tutti voi per aver accettato l invito a questo Convegno.

5 4 CARITAS ATTI DEL CONVEGNO DISCORSO INTRODUTTIVO INTRODUZIONE Dott. Carlo Croce Vicedirettore Caritas Diocesana Veronese La scelta di Caritas Diocesana Veronese di organizzare il Convegno che si è svolto domenica 2 dicembre, presso il Centro Mons. Carraro a Verona, rappresenta il traguardo di un lungo percorso, nato da un confronto diretto con il territorio diocesano che in questi ultimi tempi e sopratutto dopo l appuntamento di S. Fidenzio, ne ha rafforzato i presupposti, determinandone la sua improrogabilità. Quello del 10 giugno, svoltosi presso la Casa di Spiritualità San Fidenzio di Novaglie, è stato infatti l incontro propedeutico al convegno, in cui i Volontari attivi in Caritas Diocesana Veronese, si sono confrontati sul tema dal titolo: VOLONTARI ENERGIA INNOVATIVA - per essere comunità e costruire rapporti nuovi. Si è trattato di una preziosa occasione, caratterizzata da un efficace scambio di idee e riflessioni, riguardo alle sfide lanciate dal volontariato, e al volontariato, in questo nostro tempo tanto complesso che ci chiede l assunzione di una responsabilità nuova, generativa e rinsaldata da legami sociali. Il volontariato non è chiamato ad offrire alla società solo risposte ai bisogni emergenti ma ha pure il dovere di interpellare la società riaffermando il valore del volontario, impegnato in prima linea nello sviluppo di azioni innovative, per identificare, analizzare e dare voce e risposte ai bisogni emergenti nella società. Da queste riflessioni, e dalle sempre più numerose sollecitazioni provenienti dal territorio, ha preso così forma e consistenza il Convegno del 2 dicembre, come occasione preziosa per un confronto diretto con tutti i volontari e operatori attivi nelle Caritas parrocchiali e nei Centri di Ascolto della nostra diocesi. Avevamo bisogno di aprire con un messaggio chiaro, inequivocabile e che avrebbe dovuto fare da filo conduttore per tutti gli interventi della giornata. Ci siamo così affidati alle nuove tecnologie, proponendo un appello forte, anche nell immagine che l ha supportata: PROVIAMO A GUARDARE IL MONDO CON OCCHI DIVERSI ANDANDO OLTRE LE APPA- RENZE. Una lente azzurra e l altra rossa. Quelli consegnati ai partecipanti al Convegno del 2 dicembre erano infatti occhiali speciali 3D per spingerci oltre le apparenze e ricordare che L intima natura della Chiesa si esprime in un triplice compito: annuncio della Parola di Dio, celebrazione dei Sacramenti, servizio della Carità. Sono compiti che si presuppongono a vicenda e non possono essere separati l uno dall altro (DCE,25). Tre dimensioni di una stessa fede, non per pochi addetti ai lavori, ma per tutti coloro che si professano cristiani e che sono quindi chiamati a vivere nella loro pienezza queste tre dimenazioni. La carità non come prerogativa di pochi eletti, ma come stile di vita contagioso e contingente, non come impegno spot, ma come esperienza quotidiana. Ecco perché: Educarci a una fede adulta attraverso la carità. Intuire, pensare, progettare, costruire alleanze generative. Questo il titolo e gli argomenti approfonditi nel convegno diocesano. Un intera giornata di studio che ha riunito circa 250 persone di tutta la Diocesi, al Centro Carraro, per analizzare le nuove forme di povertà e cercare soluzioni alle sempre più numerose richieste.

6 ATTI DEL CONVEGNO CARITAS 5 Continuano ad aumentare da parte dei Centri di ascolto e dei gruppi caritativi della diocesi di Verona le segnalazioni di un crescente affanno operativo conseguente al costante incremento di richieste d aiuto, soprattutto legate alla perdita di lavoro, al disagio abitativo e all indebitamento. Se la crisi economica ha generato nuove forme di povertà, la vera sfida è quella di attrezzarsi per osservarle e sperimentare modi inediti di essere e di fare carità. È quello che dal 2005 ha cercato di fare la Caritas di Torino attraverso il progetto Aree metropolitane (realizzato da Caritas Italiana in collaborazione con l Università Cattolica di Milano). L evoluzione di questo cammino è stato raccontato dalla professoressa Tiziana Ciampolini, referente dell osservatorio Caritas di Torino. «La ricerca», ha spiegato Ciampolini, «era finalizzata da un lato a leggere i processi di impoverimento che si manifestavano nelle nostre città e dall altro a orientare in una direzione sempre più umana sia gli interventi verso la povertà sia le attività di animazione alla carità realizzate nelle comunità». Ed ecco il caso concreto: «Di fronte alla domanda di aiuto di un laureato con famiglia a carico che ha perso il lavoro cosa possiamo fare noi Chiesa, noi comunità?», ha chiesto provocatoriamente, «sicuramente non possiamo supplire alla mancanza di lavoro o sostituirci alle mancanze dello stato sociale, ma possiamo essere soglia esercitando la prossimità in prima persona, e costruire risposte che coinvolgano la comunità, il vicinato, il quartiere». Dobbiamo passare da una mentalità assistenzialistica a una realtà che generi relazioni di accompagnamento significative perché non siamo in grado di rispondere a tutti i bisogni. Diventa essenziale star vicino in maniera intelligente e competente a persone e famiglie in difficoltà. Nell intervento conclusivo Caritas, strumento di una Chiesa che evangelizza - il pane della carità come strumento di fede mons Francesco Soddu, direttore della Caritas italiana ha evidenziato che «il servizio della carità attiene all essere costitutivo della Chiesa soprattutto perché la povertà e i poveri ci ricordano che Cristo si è fatto povero per salvarci». I vari interventi sono stati intervallati dalla lettura di brevi racconti e aneddoti, Ti racconto in 3 minuti, selezionati tra quelli proposti dalle varie comunità convenute, ma che riportiamo integralmente negli atti, trattandosi di un patrimonio esperienzale di grande valore e quindi da condividere. Interessanti sono stati anche i numerosi interventi, nel corso del dibattito, dai quali ancora una volta è emersa la grande passione con cui i convegnisti, si dedicano ai loro servizi. Accogliere la fragilità della gente, che sta vivendo un tempo di trasformazioni spesso repentine e non sempre positive della propria vita personale e sociale, che sta affrontando una fase economica che pone gravi interrogativi rispetto al proprio futuro, è una responsabilità grave che deve essere assunta dalle comunità cristiane sul piano dell azione pastorale evitando facili deleghe ai soliti noti, impegnati da sempre e arrivati ormai al limite delle proprie possibilità. Per questo sono emerse chiare esigenze di orientamento, attraverso efficaci momenti formativi, capaci di ri-generare, ri-motivare, rinnovare il proprio impegno, ma anche di generare esperienze di condivisione allargata, attraverso il rilancio di una pastorale inegrata che faccia della comunità cristiana il luogo prediletto in cui prendersi cura l uno dell altro in modo solidale, amorevole e fraterno. L importante è aver tutti chiaro, nella mente, nelle mani e nel cuore, ciascuno per la propria parte, l impegno e la responsabilità a contribuire all unico progetto: una comunità capace di celebrare, annunciare e testimoniare (3D) il Vangelo del suo Signore in un mondo che continua a cambiare e che ci interpella con sempre maggior vigore.

7 ATTI DEL CONVEGNO PARTE 01

8 8 CARITAS ATTI DEL CONVEGNO INTRODUZIONE TERRITORI E COMUNITÀ CHE CAMBIANO: CHE FARE? Dott.ssa Tiziana Ciampolini Pedagogista Grazie di questo invito che ho accolto con gioia per la possibilità di scambiare con voi esperienze e riflessioni. Ho la fortuna di coniugare pensiero e azione nel mio lavoro quotidiano con Caritas Torino: coordino l Osservatorio delle Povertà e delle Risorse della Diocesi di Torino, a cui è associato anche l Ufficio Progettazione innovativa, con l obiettivo di tenere insieme le due dimensioni dell ascolto del territorio e della traduzione di quanto emerge da quell ascolto in progettazione di interventi. Pochi luoghi oggi in Italia danno un opportunità così significativa. Oltre a questo, mi occupo di ricerca scientifica studiando, con l economista Luigino Bruni, il tema della vulnerabilità come possibilità per creare delle nuove capacità. Ho uno sguardo transdisciplinare sulla realtà a partire dal mio profilo professionale, che è quello della pedagogista, e dalla mia impostazione psico-sociologica: ho iniziato a lavorare 25 anni fa con gli adolescenti in situazioni di disagio in una periferia torinese e, negli ultimi anni, ho trasferito il lavoro di accompagnamento che facevo con i ragazzi su un versante organizzativo, perché la pedagogia non è la scienza che si occupa dei bambini ; in realtà, l oggetto di lavoro della pedagogia è il cambiamento. Ci tengo a darvi questi elementi perché è sempre importante comprendere da quale prospettiva vengono proposti gli sguardi sulla realtà: visto che chi ha preceduto il mio intervento ha parlato di occhiali, credo sia sempre importante capire con quali lenti si guarda la realtà. Lavoro con Caritas a partire dal 2005, da quando cioè è stato avviato il progetto Aree Metropolitane grazie ad una interessante opportunità, il Progetto Aree Metropolitane, voluto da Caritas Italiana. Il progetto ha rappresentato un importante opportunità per indagare sui cambiamenti sociali sul territorio italiano: come «sentinelle del mattino» abbiamo guardato la nostra Italia prima dell arrivo della crisi e quello sguardo ci ha permesso di dire pubblicamente che molte delle cose preziose, che il nostro Paese aveva costruito nei decenni precedenti, dovevano essere maneggiate con cura, perché erano tanto preziose quanto fragili e che alcune

9 ATTI DEL CONVEGNO CARITAS 9 di queste cose non avrebbero retto nel caso in cui fosse arrivato uno scossone improvviso. Abbiamo terminato di lavorare nel giugno del 2007; nell agosto dell anno successivo si è verificato il primo atto della crisi americana (il fallimento della Lehman and Brothers) e, a seguire, una crisi sempre più profonda e la recessione. Il nostro lavoro di ricerca è iniziato in tempi non sospetti ed è stato caratterizzato da una prossimità straordinariamente profetica. Grazie a questa ricerca abbiamo visto che il volto e l anatomia della povertà stavano cambiando e abbiamo capito, quasi come un monito che questo lavoro ci ha lasciato, che dovevamo aver cura della coesione e dei legami sociali, perché le cose preziose che avevamo costruito negli anni precedenti potevano essere rotte da eventi improvvisi, come poi è effettivamente successo con la crisi. Dal 2007 in poi abbiamo iniziato un lungo lavoro di coinvolgimento delle nostre comunità ecclesiali e civili, ma anche delle istituzioni, per attrezzare gli sguardi e le competenze operative ai cambiamenti in atto, in modo da aumentare la capacità di riconoscimento delle nuove forme di povertà che da lì a poco sarebbero apparse alle porte dei Centri Caritas e dei Servizi del territorio. Gli anni del quadriennio sono stati i più appassionanti e aspri del mio percorso professionale, per una serie di ragioni: le povertà stavano assumendo forme nuove e cambiavano più velocemente della nostra capacità di comprenderle; abbiamo dovuto misurarci con la difficoltà di raccontare il cambiamento in atto; non avevamo neanche le parole per descrivere le nuove forme di povertà che stavano apparendo e rapidamente cambiando sotto i nostri occhi; contemporaneamente avevamo la necessità di convincere le comunità civili ed ecclesiali che era necessario attrezzarsi per nuovi scenari, nuovi problemi e nuove domande. Durante il biennio abbiamo realizzato una molteplicità di esperienze, progettate per i volontari, le Parrocchie e le istituzioni, orientate ad abilitare nuove competenze di azione. Si è trattato di fare cose nuove e di abituarsi e abituare a vedere cose nuove: per fare questo abbiamo dovuto prenderci cura sia della resistenza al cambiamento (non solo delle comunità ecclesiali) sia della fatica che questo sforzo ha comportato per tutti, accogliendo questi elementi come segno di possibilità per fare cose nuove. Incontriamo ancora oggi quella fatica e quella resistenza, in un contesto, però, nel quale i cambiamenti sono evidenti. Prima del 2009 non era così; c erano cose e situazioni che esistevano ma che non si vedevano ad occhio nudo, un po come il battito d ali di una colomba in volo: ad occhio nudo non possiamo vederlo, ma l occhio di una macchina

10 10 CARITAS ATTI DEL CONVEGNO fotografica può rivelarne l esistenza. Così abbiamo cercato di fare tra il 2007 e il 2009: abbiamo cercato di cogliere movimenti e situazioni che esistevano ma non si vedevano ad occhio nudo. A partire dalla fine del 2009 abbiamo sperimentato percorsi: per essere, dire e fare Carità in modo inedito, ma soprattutto per sviluppare uno sguardo nuovo sulla realtà, uno sguardo che noi chiamiamo generativo, 1 capace di essere in dialogo con gli altri e con il mondo, di distinguere i semi di novità e le promesse per il futuro, di riconoscere ciò che ha un potenziale, di far esercitare l immaginazione, la speranza, l attenzione, la competenza; per dare vita a pratiche che mettano insieme mente cuore mano, che siano efficaci sia per chi le realizza, sia per chi le riceve e che alimentino lo stare bene e il fare (del) bene. Tre sono i punti che vorrei toccare in questo intervento: cosa ci racconta questo tempo che significato ha (uno possibile) che cosa possiamo fare noi 1. CHE COSA CI RACCONTA QUESTO TEMPO A questo punto dell intervento viene proiettata la video-intervista a Elia e Cristiano, genitori di tre bambini piccoli, spiazzati dalla perdita del lavoro ma capaci di riprogettare la loro quotidianità. Il video è disponibile sul canale YouTube Puntidivista Caritas a questo indirizzo web: Cosa ci dice questa storia? 1. Un evento inatteso ha scompaginato i piani quasi perfetti di una famiglia seria e responsabile. 2. Questo evento ha rappresentato un occasione per rivedere il proprio modo di guardare alla realtà. 3. L evento e le sue conseguenze sono ambivalenti: ferita che, Elia e Cristiano, sono riusciti a vivere 1 Il lavoro di ricerca ha dato vita alla riflessione sulla generatività:

11 ATTI DEL CONVEGNO CARITAS 11 come feritoia, perché avevano le capacità per farlo. 4. Nessuno di noi avrebbe mai riconosciuto Elia e Cristiano come poveri. 5. La loro moneta circolante è stato il capitale sociale, la rete familiare, amicale, professionale e parrocchiale. Avevano degli investimenti differenziati che hanno fruttato. Intorno a questi aspetti, alcune osservazioni. Primo elemento da osservare: appaiono povertà ulteriori rispetto a quelle di cui ci siamo sempre occupati. Si manifestano nuove forme di impoverimento che colpiscono le persone normali, tradizionalmente fuori dai circuiti assistenziali. A partire da questa rilevazione, emerge dal territorio una richiesta di messa in discussione dei tradizionali servizi di Carità, richiedendo di limitare gli interventi erogativi tampone, a favore di interventi emancipanti. Cittadini, istituzioni, associazioni, persone che frequentano le Parrocchie segnalano il bisogno di favorire nuove forme di aiuto da parte dei servizi di Carità, al fine di realizzare interventi che siano segno dell ascolto della vita degli uomini d oggi. 2 Non esistono solo le marginalità estreme, nei confronti delle quali la Chiesa da sempre realizza iniziative di eccellenza. La società complessa rende evidenti nuovi disagi, nella forma di nuovi problemi e di nuove persone che si trovano ad affrontare criticità inedite, connesse alla difficoltà di tenere fede ai compiti richiesti dal quotidiano: mantenere un lavoro, una casa, pagare un mutuo, gli studi per i figli, pensare al futuro con speranza. Queste persone non si rivolgono né ai Servizi sociali (che non rispondono a questo tipo di povertà, diversa dalla grave marginalità e dall esclusione), né ai Centri d ascolto (a volte lo fanno quando è troppo tardi!) perché non sono capaci a chiedere. Per queste persone, compiere questo passo significa ledere la propria dignità e vedersi attribuite le stigmate del fallimento. In altri termini: per essere poveri ci vuole il fisico. Questi nuovi poveri diventano quindi invisibili, non intercettati dai Centri di ascolto e dai Servizi sociali, frequentati da persone ormai al di fuori dei circuiti della cittadinanza. Noi siamo chiamati a farli rientrare in questi circuiti. Rispetto a queste nuove e diverse forme di povertà è persino difficile raccogliere dei dati: 2 «Si impone quindi il ritorno dei volti che stimoli a non eludere il bisogno concreto, incarnato, scolpito in vite e storie di milioni di uomini e donne che abitano le nostre periferie, i paesi e le città. È un fiume umano tuttora dimenticato da una programmazione politica e sociale che non ha l uomo al centro. Sono i grandi assenti, non solo dalla storia dell uomo ma anche da una pastorale che abbia il coraggio di ripartire dagli ultimi. Tradurre pastoralmente le opere di misericordia può sembrare quasi un esercizio di poco conto soprattutto se, per la quotidianità di alcuni fatti e/o di non poche emergenze, ci si misura con quelle materiali. Ma qui non si tratta semplicemente di un azione di ritinteggiatura anche ben fatta ma di appoggiare su basi sicure il ritorno dall esilio di ogni opera spirituale e materiale - superandone la stessa dicotomica distinzione che a tutt oggi sembra caratterizzarle. E l esilio da cui debbono uscire è di duplice stampo: da un lato è che deve essere l intera comunità cristiana a farsi interprete e protagonista delle opere di carità e, dall altro, si rende necessaria un azione comune dei cristiani oltre a quella individuale affinché essi diventino ponte tra quanto celebrano e ascoltano con quanto in amore vivono quotidianamente in un mondo che, forse, sta conoscendo la sua più bassa soglia di solidarietà» (Mons. Nozza, Prospettive Pastorali, 32 Convegno delle Caritas diocesane, Assisi, giugno 2008).

12 12 CARITAS ATTI DEL CONVEGNO l unica informazione certa di cui disponiamo è che quando queste persone sono arrivate ai nostri Centri o ai Servizi hanno già fatto un passo oltre. Per vedere e riconoscere queste povertà silenti occorre avvicinare i luoghi di vita quotidiana, ascoltare e raccogliere le storie delle persone, vivere con esse esperienze di convivialità. 3 Queste nuove forme di povertà ci mostrano che a essere fragili non sono solo le persone ma anche le politiche sociali e i servizi finora deputati al loro fronteggiamento. Ci dicono, inoltre, che le forme con cui tradizionalmente Caritas si occupa delle persone sono adatte alla povertà conclamata (ad esempio quando viene pagata una bolletta in risposta a una domanda di questo tipo) ma non sono sempre adeguate a ciò che appare all orizzonte. Per affrontare questi problemi occorre avviare laboriose ritessiture, mettendo attorno a sé numerose intelligenze e risorse che formino reti capaci di accompagnare e orientare all interno di problemi complessi. Le nuove povertà portano con sé questioni che si possono affrontare solo insieme, componendo e ricomponendo le reti della socialità, prendendosi cura dell altro, mettendosi al suo fianco con competenza, passione e gratuità, condividendo e distribuendo in modo equo le risorse a disposizione. Compito precipuo delle nostre comunità. Storie come quella di Elia e Cristiano, possono anche suggerirci una domanda che contiene in sé un cambiamento di sguardo: e se la vulnerabilità fosse una possibilità per conoscere il volto dell umanità? È proprio questa la seconda osservazione che vorrei condividere: la vulnerabilità può essere percepita come dono di questo tempo 4 : ci siamo abituati a pensare ai poveri come coloro che stanno ai margini delle nostre vite e delle nostre comunità, abitanti di un mondo terzo, fuori dai confini della cittadinanza (senza dimora, carcerati, prostitute, tossicodipendenti, questuanti oltre la porta delle nostre chiese). La crisi che ci ha colpito improvvisamente ci disvela un altro mondo, fatto di nuove povertà e di nuove ricchezze: economie non occidentali che negli anni sono diventate prima emergenti e poi trainanti. Basti pensare al Brasile (dove si andavano a fare le missioni e che ora è in pieno sviluppo), all India (che sicuramente ha qualche problema ma si sta sviluppando) e al Sud Africa. Lo sviluppo ha cambiato rotta e non punta solo più verso occidente. Questo non potevamo prevederlo! 3 Occorre segnalare che oggi molte di queste situazioni di rapido impoverimento per la perdita del lavoro (e di conseguenza della casa) sono diventate povertà conclamate e arrivano direttamente ai Centri di Ascolto. Di recente al Centro di Ascolto Diocesano si è presentato un ex consigliere comunale, si presentano operatori dei servizi sociali che hanno perso il lavoro, volontari di servizi parrocchiali. Quando persone, che avevano ruoli politici e sociali, si presentano ai servizi emergenziali significa che la percezione del sé è già ampiamente deteriorata. 4 Le riflessioni contenute in questo paragrafo sono oggetto di un lavoro di ricerca di Tiziana Ciampolini con Luigino Bruni (Istituto Universitario Sophia).

13 ATTI DEL CONVEGNO CARITAS 13 Nelle nostre città ci sono persone che fino a ieri erano abbienti, o quanto meno medi e certe della propria medietà, che oggi si impoveriscono perdendo le basi della propria ricchezza: il reddito diminuisce, le fonti di reddito si riducono e il patrimonio viene consumato. Ci sono istituzioni che hanno il compito di bilanciare con i propri interventi le diseguaglianze sociali e che perdono la propria capacità di tutela dei cittadini: vanno in crisi i diritti, quelli per la cui tutela ci siamo impegnati negli anni e che dovrebbero essere garantiti dal Welfare, che a sua volta è in crisi, così come lo è più in generale la società assicurata. La crisi ci mostra la pervasività della vulnerabilità che attraversa trasversalmente gruppi, luoghi, contesti sociali tra di loro diversi ma accomunati da questo nuovo tratto: noi non siamo solo la società dell incertezza, per citare il titolo di un libro di Zygmund Baumann. Questo tempo ci regala una nuova certezza: la vulnerabilità. Oggi però, stiamo subendo la vulnerabilità, stiamo sperando che passi e che si possa tornare ad essere tutti forzuti e sicuri. La stiamo negando. Abbiamo iniziato il 900 con il mito della forza e dell invulnerabilità, tutto il secolo scorso ci ha raccontato questa storia. Quest anno è il centenario del disastro del Titanic, imbarcazione costruita negando la possibilità che fosse affondabile. L arroganza, la disattenzione e l incuria non hanno permesso alla nave neppure di finire il primo viaggio. C è qualcuno che può essere sicuro della propria forza e della propria inattaccabilità? Se andiamo al nocciolo, scopriamo che abbiamo due sicurezze inaffondabili e incontrovertibili: Siamo sicuramente vulnerabili Siamo sicuramente legati gli uni agli altri Ci sono altre verità autoevidenti nella nostra vita? Possiamo pensare che di queste due certezze, ce ne facciamo qualcosa? Possiamo pensare che da qui possiamo partire per costruire qualcosa di solido? Se il 900 è iniziato con l intrapresa dell invincibilità, possiamo pensare che il nuovo secolo inizi con l intrapresa della vulnerabilità, della fragilità, della porosità, della ferita che diventa feritoia? Possiamo quindi provare ad accogliere la vulnerabilità che sperimentiamo anche come un dono, perché ci mette a confronto, finalmente, con la nostra umanità, smantellando categorie pre esistenti di forza e debolezza, differenze tra ricchi e poveri, facendoci scoprire tutti potenzialmente feribili. Tutta la modernità è stata un crescendo del mito della invulnerabilità, tentando di dotare la civiltà occidentale di dispositivi volti a ridurre la vulnerabilità dell esistenza ineluttabilmente inscritta nella vita promettendo protezione e progresso inarrestabili. Da qui deriva l idea novecentesca che la nostra vita possa essere assicurata di

14 14 CARITAS ATTI DEL CONVEGNO diritto contro gli imprevisti del vivere. La promessa, in fondo, non è durata molto e oggi, a noi, non rimane che essere certi di una sola cosa: la nostra fragilità e la fragilità dei sistemi tecnici, economici, politici, sociali che abbiamo costruito. Un numero crescente di persone si trova in modo sempre più evidente nella condizione di sperimentare situazioni di fragilità, sia perché lo status sociale acquisito diventa improvvisamente incerto, sia perché le risorse, le opportunità, le relazioni, i modi consolidati di guardare al mondo e alla vita risultano poco efficaci e resistenti in termini di durata e qualità. La crisi, allora, può diventare un opportunità per accogliere il principio di vulnerabilità inscritto ontologicamente nella condizione umana e nella nostra esistenza. Dalla certezza della vulnerabilità discende: siamo certamente vulnerabili e certamente legati gli uni agli altri. Da ciò discende la necessità di costruire un pensiero e una nuova alleanza con la vulnerabilità 5 per poter sperimentare, contemporaneamente, la ferita e la benedizione che da essa derivano. 2. CHE SIGNIFICATO POSSIAMO ATTRIBUIRE A TUTTO CIÒ Come dicevo in apertura, proverò ad approfondire solo uno dei significati possibili, in un tentativo che non è da considerarsi esaustivo. In un tempo di travaglio, come quello che stiamo attraversando, può essere utile non scattare immobili fotografie della realtà ma mobilitare riflessioni e impegno. L analisi è importante, ma ancora più importante in questo momento storico è capire come costruire cammini di speranza e visioni che vincano lo sconforto. Siamo invitati a fare questo anche da Benedetto XVI che, nell Enciclica Caritas in veritate, sostiene la necessità di dare slancio al pensiero promuovendo una nuova sintesi umanistica a partire dall esperienza che questa crisi ci impone: ci aspetta dunque una sfida educativa, creativa e innovativa che ci permetta di avanzare, di progredire, passando attraverso un agire capace oggi di tradurre nelle pratiche quotidiane la Buona Notizia di cui siamo portatori e per noi Caritas di applicare in modo nuovo un metodo che contiene una straordinaria possibilità di mantenere viva la strada della profezia, dello sguardo perspicace, quello che guarda nell intimo delle cose e dello sguardo telescopico che guarda lontano. Le parole non bastano più, per cambiare le cose occorre prestare attenzione a come si fanno le cose. Siamo inondati da parole che leggono la realtà (alte, colte, astratte ma anche basse, sciatte, sfocate, opache) e siamo sommersi da una vita quotidiana travolgente, complessa e produttrice di sofferenza. Innumerevoli le esortazioni a fare qualcosa ma rimaniamo bloccati nell azione. 5 LUIGINO BRUNI, La ferita dell altro, Economia e relazioni umane, Il margine, Trento 2007.

15 ATTI DEL CONVEGNO CARITAS 15 In quanto occidentali e buoni eredi della tradizione aristotelica siamo arrivati ad una raffinatezza del pensiero, meno raffinate sono le nostre pratiche, meno raffinati i modi in cui facciamo le cose. Occorre sviluppare competenze per narrare la realtà in modo comprensibile e inventare dispositivi che riarticolino pensiero e azione in modo congruente: perché si realizzi quello che si dichiara e perché quello che si realizza possa essere raccontato; perché ci sia congruità tra quello che si dice e quello che si fa. Per fare questo è utile sviluppare il pensiero del come : come accompagnare il cambiamento rappresenta l urgenza a cui rispondere per produrre conoscenza e azione che sia all altezza del nostro tempo, per assumere la sfida necessaria per rigenerare il valore della missione educativa, aprendo alla possibilità di divenire capaci di stare al mondo, contribuendo allo sviluppo del mondo. In fondo, la nostra Fede è quella del Verbo incarnato. E nel dare corpo alle parole che si gioca la sfida come credenti credibili. Paolo VI disse alla nascente Caritas Italiana (28 settembre 1972): «Al di sopra dell aspetto puramente materiale della vostra attività, deve emergere la sua prevalente funzione pedagogica» (Paolo VI alla Caritas italiana, 28 settembre 1972). Questa è la sfida per Caritas, e se la sfida è pedagogica la domanda centrale riguarda, appunto il come: la filosofia si chiede perché la sociologia si chiede che cosa La pedagogia (unitamente alle scienze correlate che hanno per oggetto gli ambiti dell agire) si chiede come Sappiamo che la pedagogia è in crisi (non si sa se sia una scienza unica o una pluralità di scienze) ma questo non può rappresentare una scusa per non parlare di questioni educative con la dovuta serietà. Seguendo la strada tracciata da un grande filosofo, epistemologo e teologo, il canadese Bernard Lonergan, ritengo prioritario partire dal problema educativo, formulando la questione in questi termini: per capire l oggi e l uomo che nell oggi vive, occorre modificare le categorie di analisi e rinnovare le pratiche di azione. In termini più astratti: la concreta realtà dell oggi e la comprensione che l uomo ha di essa chiedono uno sforzo nel capire i tempi nuovi, nel modificare le categorie di analisi, nel rinnovare le pratiche. Questa questione sposta immediatamente l asse della riflessione dai concetti e dalle discipline (o dagli ambiti di intervento) al metodo. É il pensiero educativo che favorisce il passaggio nelle persone dal mondo dell immediato al mondo mediato dal significato e dal valore.

16 16 CARITAS ATTI DEL CONVEGNO Questo passaggio è indispensabile per comprendere il valore di Caritas che è insieme meta e metodo: senza il metodo Caritas non si raggiungono le mete che Caritas si pone. A questo punto dell intervento sono state proiettate le immagini di una foglia di felce e di un fiocco di neve per esemplificare la logica del frattale. La stessa cosa vale per il Metodo Caritas: in ogni singola azione c è il tutto (e quindi, per tornare al Metodo, in ogni singola azione c è il tutto). L immagine del frattale che, come abbiamo visto, esiste in natura è molto efficace per attirare l attenzione su un punto importante: il Metodo Caritas funziona se è giocato nel dinamismo circolare (non lineare) dei tre passaggi: Ascoltare, Osservare, Discernere per Animare. Non uno dopo l altro giustapposti ma concatenati e contemporanei, uno dentro l altro. Come una foglia di felce. Senza il riconoscimento di questo passaggio non c è costruzione di significato di quello che si fa e senza significato non c è sviluppo umano, non c è progressione. Ecco dove sta la sfida educativa proposta da Benedetto XVI: nella prospettiva appena descritta si tratta di rendere le persone più capaci di fare attenzione, comprendere, giudicare e scegliere con coscienza; non mettendosi una mano sulla coscienza, da persone coscienziose e piene di buone intenzioni, ma capaci, con consapevolezza, di comprendere cosa scelgono e quali conseguenze hanno le proprie scelte. Il tema delle capacità è un tema centrale, sia rispetto allo sviluppo del benessere individuale, sia rispetto a quello collettivo: Martha Nussbaum e Amartya Kumar Sen (premio Nobel per l economia) sostengono che il benessere di un Paese non vada calcolato sul PIL, bensì su quanto le persone e le organizzazioni sono messe nelle condizioni di scegliere e agire,

17 ATTI DEL CONVEGNO CARITAS 17 combinando capacità personali e opportunità politiche e sociali. L attenzione sulla capacità risponde alla domanda: Cosa è in grado di essere e fare questa persona?. Il tema della capacità ci porta in modo diretto al tema dei funzionamenti, come funzionano le persone e le organizzazioni (come rispondono al contesto riconoscendolo, adattandosi e sviluppando capacità trasformativa), come si prendono cura del mondo e del suo sviluppo. 3. COSA POSSIAMO FARE NOI? Di fronte alla storia di Elia e Cristiano: Cosa possiamo fare noi Chiesa, noi comunità? Possiamo trovare lavoro a due laureati come loro? Possiamo pagare il loro mutuo? Possiamo sostituirci alle mancanze del Welfare che non produce risposte adeguate ai nuovi processi di impoverimento? Possiamo accontentarci di accoglierli in un Centro di Ascolto e pagare loro le bollette? No, non possiamo fare tutto questo. Possiamo però fare qualcosa: noi, chiamati alla fraternità e all animazione delle comunità ecclesiali (cuore della funzione pedagogica di Caritas), possiamo re inventare modi per riannodare i fili della prossimità e della convivialità per permettere alle persone di costruire e ricostruirsi un capitale sociale, che diventa sostegno per attraversare le tempeste della vita. Per le persone che diversamente da Elia e Cristiano non hanno questo capitale. Questo significa avere il coraggio di ascoltare le persone che vivono nei territori, fuori dai luoghi e dalle aggregazioni comuni: coloro che vivono inedite situazioni di difficoltà, i giovani, chi vive in contesti periferici, chi è impegnato in esperienze innovative per raccogliere informazioni, esperienze e idee, per produrre nuove rappresentazioni della realtà. Caritas ha sviluppato la sua eccellenza nella straordinaria capacità di rispondere alle emergenze, qui ora, subito. La vicinanza alle povertà di nuovo tipo richiede la competenza dell accompagnamento e della cura sul lungo periodo. Ci richiede di stare nelle cose. Sentendone la ferita, provando a trasformarla in feritoia. Questa è una bella sfida per reinventare la prossimità, incarnandola. Sfida che le vecchie povertà, lontane geograficamente e lontane dal nostro status sociale, non ci permettevano. Questi poveri siamo noi: come ci stiamo vicini?. Possiamo sentirci soglia 6 6 Caritas Diocesana di Torino (a cura di Tiziana Ciampolini, Barbara Sangiovanni), Il Taccuino dell Opera Segno, stampato in proprio, Torino 2010.

18 18 CARITAS ATTI DEL CONVEGNO La soglia è qualcosa che è presente tra due cose, mette in comunicazione due ambiti, senza che essi perdano distinzione. La soglia è confine e passaggio, chiede di osare la strada verso l altro senza considerarlo straniero. Favorisce il contatto e la contaminazione. La soglia è altro, ed è concetto più mite rispetto a quello di confine o di margine. Caritas è stata pensata come soglia, soglia tra due mondi, tra il mondo civile e il mondo ecclesiale e Caritas può essere solo se permane sulla soglia ( posizione difficilissima ). Possiamo farci soglia 7 liberandoci dal pregiudizio dei confini invalicabili, naturali o necessari, esercitando la prossimità in prima persona senza delegarla ad altri. Le nostre comunità sono ricche di luoghi soglia dove si incontrano persone diverse, non stabilmente appartenenti alla comunità stessa: l uscita dalla Messa della domenica, le case dove i Ministri della Comunione avvicinano i malati e le loro famiglie, gli incontri di catechismo, gli oratori ma anche, appena fuori dalla Parrocchia, i mercati, gli spiazzi dove i genitori aspettano i bambini uscire da scuola, le sale di aspetto dei medici. Luoghi in cui non è necessario essere volontari di gruppi caritativi per avere potere di azione. Farsi soglia significa essere persone in ascolto, porose, attente, generose, capaci di muovere e connettere capitale sociale. La persona soglia è più importante del luogo soglia: oltre la soglia ci deve essere qualcuno che ci attende 8. Molti luoghi possono diventare soglia se abitati da persone soglia che, esercitando l ascolto, intercettano, prendono a cuore. L essere soglia diventa così una qualità dell essere - capace di incarnare la Parola - che diventa esercitabile in qualunque luogo di vita, in qualunque tempo della nostra esistenza, senza separazione tra il tempo dell impegno e il tempo della vita quotidiana. Per poter essere soglia non basta attraversare luoghi o storie, occorre essere penetrabili e permeabili, essere porosi, avere spazi vuoti, essere disponibili a ospitare l inatteso. Possiamo ripartire dal pensare e dall agire, contemporaneamente: non bastano più i luoghi di solo pensiero e di sola azione, non è più tempo di accontentarsi di allestire tavoli di lavoro, potrebbe essere utile anche imbandirle le tavole, mangiare e lavorare insieme, fare cose concrete, uscendo dall abitudine, disponibili ad accogliere idee capaci di tenere insieme pensiero, azione e cooperazione. Per troppo tempo abbiamo creduto che per cambiare le cose bastasse dire, esortare, discorrere, affermare, convincere, fare appelli morali, come se dovessimo confrontarci solo con le buone intenzioni e non dovessimo fare i conti con il sentire e l agire. Oggi abbiamo l urgenza di formare persone capaci di aver cura di sé, degli altri, del mondo, contemporaneamente, portatori del pensiero e della capacità della nascita, della rinascita. Persone 7 Caritas Diocesana di Torino (a cura di Tiziana Ciampolini, Barbara Sangiovanni), Il Taccuino dell Opera Segno, stampato in proprio, Torino La parola soglia ricorre di frequente nella Parola di Dio; abbiamo ripreso questo concetto durante un laboratorio biennale sperimentale per formare nuovi operatori della Carità, all interno del progetto Opera Segno Caritas Torino.

19 ATTI DEL CONVEGNO CARITAS 19 leali, appassionate e competenti, capaci di mettere al mondo storie, in grado di dialogare in modo generoso con l oggi creando un surplus di vita. Per questo occorre formare fuori dalle aule, dentro la realtà, dentro il quotidiano attraverso la compagnia dell altro, l altro, della persona che mangia il pane con me (etimologicamente compagnia deriva dal latino cum panis). Costruendo spazi di convivialità e di scambio, spazi comuni: (ancora dal latino: cum munus dove munus è dono ma è anche obbligo), fare comunità riscoprendo il dono della reciprocità e l obbligo della responsabilità verso l altro che è vicino. Possiamo costruire nuovi campi di azione: l esperienza ci dice che la maggiore difficoltà incontrata dalle comunità è rappresentata dal coniugare il bisogno del cambiamento con le capacità necessarie per realizzarlo. Questa fragilità è dovuta prioritariamente ad un mutamento repentino del contesto sociale e degli strumenti necessari per poter intervenire su di esso: la società complessa richiede una flessibilità e una capacità di destreggiarsi in situazioni mutevoli che mal si sposa con le competenze per l azione con cui sono state formate le generazioni passate. Occorre passare da un pensiero problema soluzione ad un pensiero mobile, capace di accogliere la ricerca delle soluzioni e non ansioso di trovarle subito, capace di riorganizzare i problemi e le risorse, capace di costruire le risposte in un percorso per tentativi ed errori 9. Non possiamo certo scoraggiarci di fronte a questo gap culturale (che necessiterà di lustri per essere riassorbito), non possiamo neppure pensare di ri formare, bonificandole, tutte le nostre comunità e le loro pratiche (costruite con anni di esperienza), possiamo invece costruire dei nuovi campi di azione, in cui si possono ex novo riallineare saperi, poteri, competenze, esperienze, pregiudizi, intraprendendo strade che risultano nuove per tutti ma su cui ciascuno può apportare la propria esperienza. Questi campi di azione hanno lo scopo di favorire lo sviluppo di capacità che permettano alle comunità di funzionare 10 per rispondere ai nuovi compiti della vita e al contempo di ritrovare la vocazione originaria della fraternità, invocata da Benedetto XVI nell Enciclica Caritas in veritate: egli ci dice che non è capace di futuro la società che dissolve il principio di fraternità, in cui esiste solamente il dare per dovere o il dare per avere ALCUNE ATTENZIONI PER DARE VITA A CAMPI DI AZIONE FECONDI Occorre lavorare con metodi e linguaggi nuovi, appropriati ad una comunità plurale, che consentano di creare campi di azione innovativi, anche piccoli ma riproducibili e replica- 9 Giovan Francesco Lanzara, Capacità negativa. Competenza progettuale e modelli di intervento nelle organizzazioni, il Mulino, Bologna Martha Nussbaum, Creare Capacità, il Mulino, Bologna. 11 Questo passaggio è di Stefano Zamagni ed è contenuto in: Simona Beretta, Amore e Verità. Commento e guida alla lettura dell Enciclica Caritas in veritate, Paoline Editoriale Libri, Roma 2009.

20 20 CARITAS ATTI DEL CONVEGNO bili, che favoriscano il cambiamento, verso nuove pratiche per esprimere la fraternità, con reciprocità. 1. DARE SPAZIO A ESPERIENZE TRADUCIBILI. Le esperienze che realizziamo non possono essere comprensibili solo da noi e spiegate solo con il nostro vocabolario. Devono potersi ripetere ed essere riproducibili in altri contesti perché la prossimità non è solo appannaggio di noi cristiani o di noi Caritas. Il verbo tradurre indica un condurre oltre (trans-ducere), è collegato ad azioni quali parlare/ascoltare/insegnare/apprendere/capire/ farsi capire: è un verbo transitivo, relazionale pieno perciò di chi e di che cosa 12. Campi di esperienza capaci di condurre oltre pratiche e pensieri, ma anche di raccontare la realtà in altre lingue, per favorire il dialogo, la contaminazione, la negoziazione tra ambiti di impegno ecclesiale e civile. A questo scopo, può essere utile rinnovare parole e immagini per ri scrivere la grammatica della relazione con gli altri e con il mondo. Questo soprattutto per invitare le nostre comunità ad usare parole che risuonino di vita, la cui pratica sia congruente con il loro significato. Le parole hanno il grande potere di trasformare la realtà: se ne si fa un uso sciatto ed inconsapevole, se ne logorano i significati e si disperde il senso. Ecco perché occorre ripristinare la loro energia originaria, sottoponendole ad un attenta manutenzione per renderle capaci di dire con forza ciò che rappresentano. 2. APRIRE VARCHI: nell attuale situazione sociale, in cui frammentazione e discontinuità sono le chiavi di lettura per stare nei contesti, è utile accoglierle senza contrapporle a logiche di continuità e linearità, assecondandone i movimenti interrotti a ricomporsi attraverso una nuova competenza: quella di saper navigare tra i frammenti senza perdersi. Ecco allora che può essere utile avviare campi e gruppi di lavoro in cui persone con esperienze diverse possano confrontarsi, in cui trasdisciplinarietà, trasgenerazionalità, transnazionalità siano il motore di un confronto tanto spiazzante quanto produttivo, capace di mettere in discussione e di favorire lo sforzo di creare nuove azioni e relazioni. 3. ABITARE LA REALTÀ ATTRAVERSO IL BELLO: non possiamo pensare di fare cose buone e giuste se non sono cose anche belle. La bellezza è l indicatore di armonia e congruenza. C è una bellezza che non ha nulla a che fare con l apparenza, il lusso, l ornamento ma è parte essenziale delle esperienze vitali perché veicolo di fiducia, di accoglienza, di calore, di cura come attenzione. La bellezza che contiene anche il buono e il giusto si riconosce perché capace di esprimere sincronizzazione di ritmi individuali e collettivi, di mettere in relazione dimensioni emotive, razionali, analogiche e analitiche, verbali e simboliche, qualitative e quantitative. La pista estetica permette di giungere a importanti scoperte soprattutto per quanto riguarda il concetto di interconnessione tra parti diverse: in greco aistetikòs significa sensibile, capace di sentire e percepire. L esperienza estetica che si realizza attraverso la creazione di una distanza tra due oggetti/soggetti consente loro di 12 Tiziana Ciampolini, «Il riconoscimento nello sguardo. Curare la restituzione delle storie nella ricerca sociale», in: Laura Formenti (a cura di), Attraversare la cura. Relazioni, contesti e pratiche della scrittura di sé, Edizioni Erickson, Trento 2009.

21 ATTI DEL CONVEGNO CARITAS 21 percepirsi, di ri vedersi e di distinguersi, divenendo riconoscibili l un l altro e ricomponendosi in una nuova storia e in una nuova armonia. 4. DARE VALORE AL PENSIERO CHE STA TRA IL DIRE E IL FARE CHE È LA CURA: il nostro agire sembra orientato dalla fretta di usare il minor tempo possibile per fare un numero sempre maggiore di cose. Appare nella quotidianità un senso di illimitatezza che ha come diretta conseguenza il porre sempre minore attenzione a quanto realizziamo: le esperienze pertanto si disperdono tra routine meccaniche e assembramenti di impegni che aumentano il senso di stanchezza e di fatica in cui si avverte la divaricazione tra ciò che si enuncia e ciò che nella realtà si agisce. Occorre prestare attenzione invece a quel tessuto connettivo tra il dire e il fare che è la cura, capace di definire la qualità delle nostre azioni che vengono immaginate con un certo senso, valore ed esito, ma che prendono strade diverse a seconda di come vengano realizzate. Proprio sul come si fanno le cose (come si trasforma un idea in un progetto, come si gestisce un servizio, come si accompagna la condivisione di un gruppo, come si sceglie la persona giusta per ricoprire un ruolo che porta a obiettivi indispensabili per la comunità) si manifesta una grande disattenzione, che ha come diretta conseguenza l aumento delle frammentazioni, degli insuccessi, dei rallentamenti, del senso di impotenza. 5. RICONOSCERE IL VALORE ECONOMICO DELLA CURA: riferirsi al termine cura richiama immediatamente a concetti di natura pedagogica e filosofica. In realtà cura e attenzione vanno introdotti non solo per ragioni ontologiche o etiche ma anche per motivazioni di natura economica. Nel tempo presente occorre riaprire un dialogo con l economia 13, disciplina che pervade gli orientamenti sociali e politici ma è sempre apparsa poco disponibile alla contaminazione con l umano. Potrebbe essere particolarmente sfidante, negli interventi a favore delle nostre comunità, meticciare i contenuti che riguardano l azione pastorale e sociale con i temi afferenti l efficacia e l efficienza per costruire nuovo valore economico 14. Prestare poca attenzione a ciò che si fa, significa svalutare l intenzione e l azione e al contempo induce a sprecare energie, tempo, risorse che potrebbero essere impiegate in iniziative più feconde. In un tempo in cui i giacimenti di risorse (umane, di tempo, di denaro) sembrano prosciugarsi, ecco allora che il valore economico e il valore sociale devono allearsi per compiere scelte profittevoli perché promettenti, intelligenti, perspicaci, creative capaci di raggiungere un determinato obiettivo (un utile per il bene della comunità) e raggiungerlo con l allocazione delle risorse migliore possibile, dove nulla viene sfruttato ma utilizzato nelle sue migliori potenzialità, per produrre quell eccedenza che si manifesta quando le risposte che offriamo hanno un valore più grande delle risposte che riceviamo. Il tempo presente ci invita ad accorgerci di un cambiamento di paradigma dove le nostre comunità mostrano il volto più autentico e più misterioso dell umanità: la fragilità e il biso- 13 Luigino Bruni, Le nuove virtù del mercato, Città Nuova, Roma,. 14 L aggettivo, utilizzato in senso etimologico è composto dalle due parole greche oikos, casa e nomos, legge, regola. La dimensione economica è quella della casa che regola gli scambi.

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