CONVENZIONE. tra. Autorità di Bacino della Puglia. Politecnico di Bari Dipartimento di Ingegneria delle Acque e di Chimica

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1 CONVENZIONE tra Autorità di Bacino della Puglia E Politecnico di Bari Dipartimento di Ingegneria delle Acque e di Chimica Laboratorio di Ricerca e Sperimentazione per la Difesa delle Coste (LIC) con la collaborazione della Università del Salento Dipartimento di Ingegneria dell Innovazione Studi propedeutici per la predisposizione del piano stralcio della dinamica delle coste ALLEGATO 3.2 Strutture convenzionali e non per la difesa delle coste Bari, agosto 2010

2 INDICE 1 INTRODUZIONE GLI INTERVENTI DI DIFESA DI TIPO RIGIDO OPERE LONGITUDINALI OPERE TRASVERSALI ALLA LINEA DI RIVA GLI INTERVENTI CONVENZIONALI MORBIDI GLI INTERVENTI NON CONVENZIONALI BIBLIOGRAFIA

3 1 INTRODUZIONE Il rapido arretramento delle spiagge costituisce un problema di non agevole soluzione, sia per l ecosistema costiero, sia per le economie locali. Tale scenario è ascrivibile tanto a cause di ordine naturale quanto all azione dell uomo. Fra gli interventi antropici responsabili dell arretramento delle coste, si segnalano le sistemazioni idraulico-forestali e l uso del suolo nei bacini idrografici, la regimazione idraulica delle aste fluviali e torrentizie, la cementificazione degli argini e traverse che ritardano l afflusso dei prodotti di dilavamento nei canali di drenaggio, le dighe di ritenuta delle acque per uso irriguo, potabile ed industriale, il prelievo di inerti dagli alvei fluviali, la infrastrutturazione della fascia costiera con fabbricati e strade, la presenza di strutture portuali ed urbane che ostacola la redistribuzione dei sedimenti recapitati alla costa dai principali corsi d acqua (Tomasicchio, 1979). Per limitare l erosione costiera esistono due fondamentali approcci: uno con opere di tipo morbido (soft) ed uno con opere di tipo rigido (hard). L approccio con opere di tipo morbido prevede la stabilizzazione della linea di costa a mezzo di ripascimenti artificiali, che consistono nel versamento di materiale granulare, di caratteristiche (tessiturali, cromatiche, ecc.) compatibili con quelle del materiale nativo. Il vantaggio di tali opere risiede nella possibilità di stabilizzare la spiaggia rendendo minimo al contempo l impatto sull ambiente ed evitando di interferire con i naturali fenomeni di trasporto litoraneo. Di contro, i costi elevati, soprattutto per ripascimenti non protetti di cui ci si attende una durata limitata nel tempo, costituiscono il principale deterrente al loro impiego. Fra gli interventi di tipo rigido possono annoverarsi: opere parallele alla linea di riva (longitudinali) e da questa distanziate; opere perpendicolari alla costa (pennelli); opere parallele ed aderenti alla riva (radenti); sistemi di difesa a T; muri di protezione; combinazioni dei tipi precedenti. Gli interventi di tipo rigido sono caratterizzati da una diffusione tipicamente riconducibile alla possibilità di intervenire in maniera localizzata, arginando il fenomeno erosivo solo lungo i litorali laddove esso si presenta, ed alla durata elevata che dette opere hanno mostrato, spesse volte generando l avanzamento della linea di riva favorito dal deposito di sedimenti lungo il litorale in corrispondenza del quale sono collocate, con ovvie ricadute in termini di ammanco nei tratti di litorale limitrofi non direttamente interessati dall intervento e addirittura sull intera unità fisiografica. Inoltre, gli interventi manutentivi possono essere tutt altro che trascurabili per le modifiche indotte dalle opere sul fondale. Infine, la progettazione delle opere di tipo rigido richiede attenzione particolare per garantire effetti trascurabili sull ambiente e la buona fruibilità balneare; in presenza di interventi di tipo rigido è sempre necessaria una intensa attività di monitoraggio tesa a 2

4 individuare eventuali effetti negativi innescati dalle nuove opere e a pianificare possibili interventi di riassetto delle nuove opere (compreso anche l eventuale salpamento delle stesse nei casi di maggiore evidente danno procurato all ambiente). La soluzione verso cui sempre di più ci si indirizza nella progettazione di opere di difesa costiera, sia grazie all acquisizione di maggiori informazioni sui dati ambientali marini (onde, maree, correnti, ecc.), sia per il progresso delle conoscenze sui processi idrodinamici costieri, sia infine per la consapevolezza di dover coniugare la protezione del litorale con la salvaguardia dell ambiente, è costituita da una commistione di interventi di tipo rigido ed interventi di tipo morbido, con una combinazione di versamenti di materiale e realizzazione di pennelli e/o scogliere a cresta bassa. Tale approccio, in un ottica di corretta progettazione, deve essere sempre preceduto da un rigoroso studio preventivo, esteso all intera unità fisiografica, delle variazioni a cui le dinamiche dei sedimenti vengono inevitabilmente assoggettate a seguito dell inserimento di nuove opere (Petrillo, 2007). Una ricerca Nomisma indica che il ripascimento di una superficie pari a mq genera, mediamente, un indotto, per le sole attività di spiaggia, di circa 3 milioni di euro all anno; se vi si aggiunge l'indotto economico generale dell'area costiera interessata, si può generare un valore economico annuo sino a 100 milioni di euro. A tale proposito, si fa notare che negli U.S.A. le attività connesse a viaggi e turismo impiegano 16.9 milioni di persone, cioè 1 persona ogni 8.1 abitanti (World Travel and Tourism Council, 2001); l attenzione posta negli U.S.A. alla difesa dei litorali risale già agli inizi del secolo scorso, dunque in largo anticipo rispetto all Italia ove i primi interventi datano al secondo dopoguerra. In particolare, negli U.S.A. ad un iniziale maggior diffusione delle strutture morbide (soft) protrattasi sino agli anni 50 del secolo scorso, è seguito un maggior uso delle opere rigide (hard) esteso sino agli anni 60; dagli anni 60 in poi si è avuta una nuova inversione con una netta maggiore diffusione dei ripascimenti (Tomasicchio, 2006). Gli interventi rigidi e quelli morbidi precedentemente descritti rientrano in un più vasto insieme che può essere definito delle opere di difesa costiera convenzionali; di contro, esistono interventi di difesa cosiddetti non convenzionali data la loro innovatività rispetto ai più consolidati nel tempo e diffusi interventi convenzionali. Fra gli interventi non convenzionali rientrano i ripascimenti realizzati con la tecnica B.M.S. (Beach Management System) o B.D.S (Beach Dewatering System) che si basa sull abbassamento indotto della linea di permeazione (di falda) della spiaggia. Vi sono poi altre opere non convenzionali per la difesa della costa; tra queste le opere che impiegano contenitori in geotessuto, che, riempiti con sabbia prelevata in sito, formano l elemento o gli elementi dell opera di difesa, e gli Artificial Reef (strutture in calcestruzzo 3

5 realizzate con diversi elementi, costruite a terra ed assemblate in mare) che favoriscono lo sviluppo della flora e della fauna marina. Gli interventi con contenitori in geotessuto necessitano della disponibilità di sabbia 1 e, in taluni casi, risultano a rischio di rottura per atti di vandalismo o aggressione da parte di mitili. Nella scelta del tipo di opera da adottare per l intervento di difesa dall erosione non si può agire secondo schemi semplici, ma bisogna agire cum granu salis. A titolo di esempio, nella scelta tra opere in massi naturali o in contenitori in geotessuto ha larga influenza il costo dei massi naturali o della sabbia, rispettivamente. A rendere ulteriormente complessa la scelta del tipo di opera da impiegare per la difesa dei tratti di costa in erosione contribuisce anche la necessità di tenere in conto gli effetti dei cambiamenti climatici, quali quelli legati all innalzamento del livello medio marino. Se, ad esempio, si fa riferimento ai dati del mareografo di Trieste, funzionante sin dal 1859 (Figura 1.1), si ricava un innalzamento medio del livello del mare annuo di circa 1.3mm (Petrillo, 2007). Figura 1.1 Altezze del livello del mare misurate dal mareografo di Trieste (Raicichn, 2007) Se continuasse tale tendenza, si potrebbe verificare l innalzamento di circa 15 cm del livello medio del mare nel corso del 21 secolo. A fronte di tale dato, vi sono alcuni studi che giungono a prevedere valori di 80cm di innalzamento entro il 21 secolo. Nel dibattito aperto.. Tutti, però, concordano sul fatto che il trend dell innalzamento del livello del mare, anche se determinato sulla base di dati derivanti dal monitoraggio di un numero limitato di siti, impone di intraprendere azioni incisive per poter individuare le zone a rischio potenziale ed applicare ad esse idonee 1 Si prevede l uso di materiali spesso ricavati dai fondali prospicienti l area di intervento. 4

6 politiche di uso del territorio e nuovi criteri progettuali delle opere, allo scopo di minimizzare i possibili futuri danni alle persone e alle cose (Petrillo, 2007). Il quadro normati vo di riferimento nell ambito della Regione Puglia Anche lungo le coste della Regione Puglia, come lungo quelle italiane, nel corso degli ultimi decenni si sono manifestati diffusi fenomeni di erosione dei litorali. Recentemente, la Regione Puglia, nell ambito del P.O.R. Puglia , ha previsto una serie di azioni di monitoraggio fra cui quella degli interventi di difesa costiera già finanziati e realizzati (Misura Sottoazione 2b dell area di azione 2 - Difesa delle coste regionali colpite da fenomeni di subsidenza ed erosione dei litorali sabbiosi e dissesto dei litorali rocciosi) e quella dell evoluzione costiera, sulla base di riprese aeree ripetute a cadenza stagionale, con successiva restituzione cartografica (Misura Sottoazione 4c dell area di azione 4 - Miglioramento delle conoscenze di base, adeguamento e ampliamento del sistema di monitoraggio del suolo, dei corpi idrici superficiali, sotterranei e costieri). Il Progetto Esecutivo del Monitoraggio aveva aggiornato le informazioni disponibili dagli Studi preliminari per la redazione del Piano di Bacino Regionale producendo una Carta della costa pugliese: geomorfologia e opere di difesa costituita da 21 fogli ed aggiornata al 2003; da essa si ricavava che la lunghezza dei tratti di costa sabbiosa in arretramento si attestava a circa 117km e quella in avanzamento a circa 10km. Ciò significava che la lunghezza dei tratti di costa sabbiosa in erosione risultava aumentata rispetto all Atlante delle spiagge italiane, passando da 89 km a 117 km, con una percentuale aumentata dal 29% al 39%. In seguito, la Legge Regionale 17 del 23 giugno 2006, Disciplina della tutela e dell uso della costa, ha regolato l esercizio delle funzioni amministrative delle zone demaniali e delle zone di mare affidate allo Stato, definendo funzioni e responsabilità di Regione, Province e Comuni. La Pianificazione regionale trova attuazione a mezzo del Piano Regionale delle Coste (P.R.C.) (adottato dalla Giunta Regionale nell agosto 2008 e ancora oggi in fase di approvazione), che si presenta come uno strumento di disciplina d uso delle zone demaniali incardinato sul principio di una corretta ed interdisciplinare conoscenza sia dei caratteri geomorfologici e meteomarini dei litorali sia dei caratteri socio-economici delle comunità situate nell intorno di tali tratti. Lo studio che sottende la redazione del P.R.C. è stato preliminarmente indirizzato ad una razionale suddivisione della fascia costiera regionale: si sono individuate 7 unità fisiografiche e, all interno di queste, delle sub unità, Figura

7 Le sette Unità Fisiografiche individuate e i Comuni costieri appartenenti sono: UF1: Chieuti, Serracapriola, Lesina, Sannicandro Garganico, Cagnano Varano, Ischitella, Rodi Garganico, Vico del Gargano, Peschici, Vieste; UF2: Vieste, Mattinata, Monte Sant Angelo, Manfredonia, Zapponeta, Margherita di Savoia, Barletta, Trani, Bisceglie, Molfetta, Giovinazzo, Bari; UF3: Bari, Mola di Bari, Polignano a Mare, Monopoli, Fasano, Ostuni, Carovigno, Brindisi; UF4: Brindisi, San Pietro Vernotico, Torchiarolo, Lecce, Vernole, Melendugno, Otranto; UF5: Otranto, Santa Cesarea Terme, Castro, Diso, Andrano, Tricase, Tiggiano, Corsano, Alessano, Gagliano del Capo, Castrignano del Capo, Patu, Morciano di Leuca, Salve, Ugento, Alliste, Racale, Taviano, Gallipoli; UF6: Gallipoli, Sannicola, Galatone, Nardò, Porto Cesareo, Manduria, Maruggio; UF7: Maruggio, Torricella, Lizzano, Pulsano, Leporano, Taranto, Massafra, Palagiano, Castellaneta, Ginosa. Figura 1.2 Le Unità Fisiografice della costa pugliese Lo studio, inoltre, ha consentito di determinare numerosi caratteri distintivi dei territori ricadenti all interno delle unità fisiografiche quali: le tendenze evolutive della costa e lo stato di conservazione delle dune (per definire il grado di criticità); i principali elementi distintivi di tipo morfologico e ambientale (peculiarità dei tratti di costa utili per definirne poi il livello di sensibilità). In definitiva, si sono determinati 9 livelli di criticità-sensibilità, da criticità bassa- 6

8 sensibilità bassa, a criticità alta-sensibilità alta, con i quali si potrà razionalmente gestire il sistema del rinnovo e del rilascio ex-novo delle concessioni demaniali. La Giunta della Regione Puglia del 4 luglio 2007, nella definizione dell impiego delle risorse assegnate dal CIPE con delibera n. 35/05, ha affidato all Autorità di Bacino della Puglia (AdBP) lo Studio di fattibilità per l integrazione degli studi propedeutici per la predisposizione del piano stralcio della dinamica delle coste. Successivamente, in data , tale assegnazione è stata formalizzata con un apposita Convenzione tra la Regione Puglia e l AdBP. A sua volta l AdBP ha affidato ad un Gruppo di studio del Dipartimento di Ingegneria delle Acque e di Chimica (DIAC) del Politecnico di Bari l incarico di produrre uno studio sulle condizioni meteomarine e sul trasporto solido, aggiornare le conoscenze sui processi evolutivi delle spiagge sabbiose (con l aggiornamento del relativo GIS) e individuare (per ciascuna unità fisiografica e/o sub unità) gli interventi di difesa dall erosione più idonei nel pieno rispetto della caratteristiche ambientali dei tratti di litorale da difendere. Il Responsabile scientifico della Convenzione, Prof. ing. Antonio Felice Petrillo, sull ultima tematica innanzi indicata ha ritenuto utile, ai fini del lavoro, avvalersi del contributo del Prof. ing. Giuseppe Roberto Tomasicchio del Dipartimento di Ingegneria dell Innovazione dell Università del Salento (DII). Nel seguito verranno richiamati i caratteri distintivi dei principali strumenti ingegneristici capaci di contenere l erosione costiera con lo scopo di fornire ulteriori elementi di giudizio capaci di integrare il quadro delle conoscenze sia sul panorama attuale delle opere di difesa costiera realizzate nel territorio della Regione Puglia sia in relazione alle future priorità di intervento da ricomprendere negli strumenti di programmazione territoriale. 7

9 2 GLI INTERVENTI DI DIFESA DI TIPO RIGIDO Gli interventi di tipo rigido possono ulteriormente suddividersi in opere disposte con orientamento dell asse principale parallelo o sub-parallelo alla linea di riva ed opere disposte con asse trasversale o sub-ortogonale alla linea di riva. Alla prima categoria appartengono le scogliere a gettata di massi naturali distanziate dalla linea di riva (continue o a segmenti), le opere a parete verticale e le scogliere aderenti (radenti), alla seconda i pennelli. Le scogliere a gettata di massi naturali distanziate dalla linea di riva risultano un efficace intervento di difesa dall'erosione (Tomasicchio e Tomasicchio, 2010). Poiché l interesse difensivo è limitato alle onde più alte e ripide, cioè erosive, la tendenza costruttiva è di realizzare strutture poco alte sul livello del mare o addirittura anche al di sotto di esso (barriere sommerse), in modo da permettere ad un certo numero di onde di scavalcare la barriera e giungere, ormai svuotate nella loro forza, alla battigia. In tal modo si ottengono due importanti risultati, oltre quello del minor costo della struttura: - il primo è quello di un certo apporto dei sedimenti in sospensione nella massa d acqua tracimante, che va ad arricchire la spiaggia che si vuole protetta (si tenga comunque conto che le sabbie intrappolate dalla struttura di difesa vengono di fatto sottratte alla riva sottoflutto, dove si potrà trasferire il processo erosivo); - il secondo, non certo secondario, è quello di vivacizzare lo specchio d acqua protetto. È proprio per esaltare questi effetti positivi che la tecnica ingegneristica ha suggerito numerose soluzioni in proposito. Largo impiego si è fatto in Italia di elementi di barriere frangiflutti distanziate, posate per lo più su fondali intorno ai m ed emergenti di circa 0.5 1m sul l.m.m. Per ridurre il costo delle opere e per evitare la rapida eutrofizzazione delle acque nella zona a riva, si preferisce spesso realizzare la barriera con varchi nella stessa per assicurare attraverso questi un sufficiente ricambio di acqua. Ma anche in questi casi occorre anche tener conto che, nei tratti di costa protetti, si depositeranno comunque le sabbie trasportate dalla deriva litoranea non più alimentata dall onda di largo, con possibile formazione dei deprecati tomboli e ulteriore impedimento del necessario ricambio delle acque. Quando un sistema di barriere emergenti, sia pure segmentate e distanziate e per lo più realizzate con gettate di pietrame, viene impiegato a difesa di spiagge sottili di grande interesse per la balneazione, esso denuncia due tipi di svantaggi da non trascurare (Tomasicchio e Tomasicchio, 2010). a) a breve tempo nella zona di bagnasciuga della scogliera prolifererà una flora algale che è indice dei processi di eutrofizzazione, che si instaurano nelle acque protette, a causa di non sufficiente 8

10 ricambio delle acque, specie nel periodo estivo; il risultante degrado della qualità dell acqua ne impedisce l uso balneare, che il più delle volte è il fine primario dell intervento di difesa; b) durante le mareggiate, le veloci correnti di ritorno verso il largo, che si hanno attraverso i varchi, causano il rapido approfondimento dei fondali negli stessi, se i terreni sono facilmente erodibili (per es. sabbia). Il fenomeno risulta pericoloso per i bagnanti (buche e correnti - rip currents - non previste) e comporta inoltre l instabilità delle testate degli elementi di barriera. Anche il deposito dei sedimenti più fini sottratti alla naturale dinamica del litorale è fatto positivo per l ampliamento della spiaggia, ma spesso negativo per il lato igienico della stessa; altro effetto negativo è l erosione della riva sottoflutto. Per assicurare un migliore ricambio d acqua nella zona interna, si può pensare di rendere tracimabile la barriera in ogni condizione di mare, portando cioè la cresta della struttura a quota inferiore o pari a quella della bassa marea. In tal caso possono non essere più necessari i varchi. Quando sia accertata la esistenza di un sufficiente trasporto litoraneo di sedimenti di spiaggia, la costruzione di uno o più pennelli può rappresentare una soluzione economica ed efficace per proteggere un tratto di costa in erosione (Tomasicchio e Tomasicchio, 2010). I pennelli, interrompendo totalmente o parzialmente (a seconda della loro lunghezza ed altezza sul l.m.m.) il trasporto lungo riva delle sabbie, assicureranno al tratto di spiaggia da proteggere la quantità di materiali necessaria per il protendimento della spiaggia. I pennelli sono allora delle strutture che permettono, intrappolando le sabbie in movimento lungo riva, la realizzazione di una spiaggia artificiale, spiaggia che è la migliore difesa naturale di una riva. Ma se l attacco ondoso è prevalentemente frontale, la deriva litoranea sarà scarsa; in tal caso un sistema di pennelli non assicura la difesa della spiaggia, anzi può risultare dannoso, facilitando l allontanamento verso il largo dei sedimenti più fini. In ogni caso, la preferenza va data ai pennelli corti e/o bassi, che, non interrompendo del tutto il trasporto delle sabbie, particolarmente attivo nella spiaggia compresa fra il limite esterno dei frangenti e quello di risalita dell onda, non annulla drasticamente l arrivo dei materiali alla riva sottoflutto (Tomasicchio e Tomasicchio, 2010). 2.1 OPERE LONGITUDINALI Le dighe a gettata di massi presentano una ampia diffusione nel panorama delle opere di difesa costiera sia per effetto dei rapidi tempi di esecuzione sia per i contenuti costi di realizzazione. Esse vengono impiegate come opere di difesa dei bacini portuali e nella difesa dei litorali soggetti a fenomeni di erosione. 9

11 Le dighe a scogliera vengono generalmente orientate sulla base del moto ondoso dominante ed incidono, come detto, in maniera più o meno pronunciata sulla morfodinamica del litorale a seconda della loro configurazione. Sottotipi Le dighe a gettata in massi naturali disposte parallelamente alla linea di riva possono essere o distanziate o aderenti alla costa (radenti). Inoltre, mentre per la loro intrinseca natura, le opere aderenti, o radenti, vengono realizzate in maniera tale da affiorare dal livello del mare, la quota di cresta (berma) o freeboard (Rc) delle scogliere distanziate può variare entro ampi intervalli determinando così i livelli di risalita dell onda (run-up) e di portata tracimante (overtopping). Si possono infatti avere scogliere con quota di cresta così elevata da non essere praticamente tracimabili (si veda le Foto a e b), o, con l abbassamento della quota di cresta (berma), scogliere a cresta bassa (LCSs) e cioè con livello sommitale disposto intorno al livello medio mare (Foto a, b), e infine scogliere sommerse (Rc<0). In sintesi, si hanno scogliere radenti o distanziate che possono essere di tipo emergente o sommerso. Foto a Serie di scogliere emergenti in massi naturali distanziate con formazione di tombolo: litorale di Torchiarolo (BR) (Foto da elicottero - Monitoraggio P.O.R. Puglia ) 10

12 Foto b Serie di scogliere emergenti in massi naturali senza formazione di tombolo: litorale di Senigallia (AN) (2005) Foto a Diga a scogliera distanziata sommersa e continua: litorale di Castelvolturno (CE) 11

13 Foto b Serie di dighe a scogliera distan ziate e sommersa: litorale di Bisceglie (BAT). Dalla foto si nota un modesto ripascimento in ghiaia al piede del muro della strada litoranea. (Foto da elicottero - Monitoraggio P.O.R. Puglia ) Geometria dell opera Generalmente, le scogliere presentano sezione trasversale trapezoidale (Figure a, b, c). Possiamo distinguere in una diga a gettata (Tomasicchio e Tomasicchio, 2010): a) una sottostruttura (o imbasamento), idonea a ripartire carichi sul sedime, per lo più costituita da scapolame. Quando il terreno di sedime è di natura compressibile - limosa o argillosa -, si interpone un congruo spessore di materiale, pietrisco o sabbia, avente funzione di filtro. b) una infrastruttura in blocchi naturali (o in cls cementizio 2 se il clima ondoso è particolarmente severo o nei casi in cui non fossero cave di prestito disponibili), di peso determinato in funzione dell entità della sollecitazione ondosa agente, disposti secondo pendenze e configurazioni diverse in base alla zona in cui ricadono. La sommità orizzontale dell infrastruttura prende il nome di berma, lo strato inclinato più esterno lato mare quello di mantellata (Figura c).. La natura e la disposizione del materiale di cui è costituito lo strato superiore, le asperità e i vuoti esistenti fra masso e masso contribuiscono efficacemente a dissipare la maggior parte dell energia dell onda incidente, limitando l aliquota di energia riflessa. Un errata disposizione dei blocchi (per esempio a mosaico) può creare un incremento dell energia riflessa con conseguente aumento dell altezza d onda davanti alla diga e rischio per la stabilità della stessa. Il nucleo interno, sottratto quasi 2 Si ricorre ai massi in cls cementizio per opere in alti fondali e/o in mari di forte intensità. Infatti, in Italia è raro poter ottenere un masso naturale di cava di peso superiore a 10 t. Tale limite è anche pari a 30 t in Islanda. 12

14 totalmente all azione del moto ondoso, si realizza di solito con materiale di cava tout-venant 3, la cui granulometria può variare entro confini piuttosto estesi. In generale, si cerca di impiegare materiale con limitate percentuali di fino, in maniera da evitare il pregiudizio della mobilizzazione per dilavamento dello stesso, che si traduce in uno spreco, quando il fenomeno avviene in fase di costruzione, e in un cattivo comportamento della struttura (cedimenti differenziali) in fase di esercizio. Il nucleo va protetto da massi naturali o artificiali disposti a strati successivi (strati filtro), le cui dimensioni crescenti verso la mantellata seguiranno la regola dei filtri rovesci proposta da Terzaghi (vedasi in seguito), a evitare che i materiali fini possano essere risucchiati per effetto del moto ondoso e possano così insorgere assestamenti indesiderati dell opera; c) un elemento di protezione al piede (unghia al piede). Figura a Planimetria e sezione di un sistema di difesa con scogliere distanziate dalla riva ed emergenti 3 Materiale ottenuto a seguito di esplosione di mina in cava e raccolto senza operare una particolare selezione (Tomasicchio e Tomasicchio, 2010) 13

15 Figura b Planimetria e sezione di un sistema di difesa con scogliera sommersa distanziata dalla riva Figura c Sezione tipica di una diga a scogliera frangiflutti I valori delle pendenze dei paramenti lato mare e lato terra oscillano intorno a 1/1.5-5 (strutture emergenti) e intorno a 1/2-5 (strutture sommerse), mentre il valore della larghezza in sommità varia fra 2 e 7m per opere emergenti con punte di 25m ed oltre nel caso di alcune opere sommerse esposte a condizioni di mare particolarmente lungo. Nel caso delle sole opere sommerse, il 40% delle strutture presenta larghezze in sommità fra 10 e 14m, mentre risultano approssimativamente ripartite in parti uguali le opere con berme minori di 6m, fra 6 e 10m, e maggiori di 14m. 14

16 In Italia si è fatto largo impiego di elementi di barriere frangiflutti distanziate, posate per lo più su fondali intorno ai 2.5 3m ed emergenti di circa 0.5 1m sul livello medio mare. Per ridurre il costo delle opere e per evitare la rapida eutrofizzazione delle acque, si preferisce spesso realizzare la barriera con varchi lungo la stessa al fine di assicurare attraverso questi un sufficiente ricambio di acqua. Ma anche in questi casi occorre tener conto che nei tratti di costa protetti sussiste comunque la possibilità che si depositino le sabbie trasportate dalla deriva litoranea non più alimentata dall onda di largo, con possibile formazione dei deprecati tomboli e ulteriore impedimento del necessario ricambio delle acque. Quando un sistema di dighe a scogliera emergenti, sia pure segmentate e distanziate e per lo più realizzate con gettate di pietrame, viene impiegato a difesa di spiagge sottili di grande interesse per la balneazione, esso denuncia due svantaggi (Tomasicchio, 2006, 2010): nella zona di bagnasciuga della scogliera prolifera, in breve tempo, una flora algale che è indice dei processi di eutrofizzazione che si instaurano nelle acque protette, a causa del non sufficiente ricambio delle acque, specialmente nel periodo estivo, con risultante degrado della qualità dell acqua e relativo impedimento dell uso balneare; durante le mareggiate, le veloci correnti di ritorno verso il largo, che si hanno attraverso i varchi, causano il rapido approfondimento dei fondali se i terreni sono facilmente erodibili, ad esempio in sabbia. Il detto fenomeno di approfondimento dei fondali tra i varchi viene ben contrastato con la esecuzione di materassi in pietrame al fondo. Il fenomeno delle correnti di ritorno verso il largo risulta pericoloso per i bagnanti a causa della formazione di correnti, le cosiddette rip currents (correnti a getto). In alcune recenti realizzazioni su spiagge italiane, si è assunto che l ampiezza dei varchi fosse pari circa al 30% della lunghezza delle scogliere, assunta pari a circa 100m (Tomasicchio e Tomasicchio, 2010). In tal caso, la distanza dell opera dalla riva non sarà inferiore a 60 70m. Nei casi più comuni di spiagge sottili, caratterizzate da pendenze molto dolci, le barriere imbasate a profondità comprese fra i 2 e 3 m risulteranno a distanza dalla riva maggiore di quelle sopra indicate. Nel caso di strutture sommerse ed assenza di varchi si registrano anche opere con lunghezza compresa fra i 300 ed i 500m (Amendolara CS); è interessante notare come per le barriere sommerse i valori modali del rapporto fra distanza dalla costa e lunghezza della scogliera si 15

17 attestino intorno a per il Tirreno ed a per l Adriatico. Ciò è indicativo della presenza di strutture sommerse con lunghezza maggiore nel Tirreno. Infine, la profondità di imbasamento è dell ordine di 2-4m con punte di 7-8m; la quasi totalità delle barriere sommerse è situata a profondità maggiori di 3m. Ad ogni modo, la profondità di imbasamento è correlata con la scelta di collocare la scogliere al di fuori della zona dei frangenti, o internamente ad essa. Se si situa al di fuori della zona dei frangenti, la scogliera provocherà il frangimento delle onde sul paramento esterno dell opera riducendo i fenomeni di modifica del fondale ed inoltre, grazie alla diffrazione prodotta dalle testata, si indurrà un naturale fenomeno di ripascimento a tergo. Più raramente, vengono utilizzate tipologie di opere quali quelle costituite da gabbionate riempite di pietrame, strutture realizzate su pali in c.a. collegati da membrature orizzontali, opere costituite da geotubi in geotessuto (o propilene o polipropilene) riempiti di sabbia o costituite da sacchi in geotessuto riempiti di sabbia ed ammassati gli uni sugli altri. Ambito applicativo Le barriere frangiflutti vengono impiegate in presenza di climi ondosi ortogonali o sub ortogonali alla costa e sia per costa bassa sabbiosa, che per costa alta. Aspetti ambientali Le dighe a scogliera distanziate, se progettate in modo approssimativo (senza una approfondita conoscenza della batimetria, del clima ondoso a riva, delle caratteristiche dei sedimenti nativi e del regime del trasporto), possono determinare impatti ambientali e paesaggistici negativi come, ad esempio, la stagnazione delle acque nella parte di specchio acqueo protetta. La risposta del litorale (shoreline response), che può essere schematicamente di tre tipi: lievi ondulazioni (no response); cuspide (salient); tombolo, richiede una preliminare scelta fra i diversi sottotipi contemplati all interno delle opere di difesa parallele alla linea di riva. In presenza di scogliere emergenti si tenderà a preferire una soluzione planimetrica che preveda un sistema di scogliere intervallato da varchi per agevolare la circolazione idrica, e si applicheranno opportuni correttivi alla lunghezza ed alla distanza delle opere dalla riva in maniera da scongiurare o ridimensionare fenomeni di formazione di tomboli nella zona protetta. Diversamente, nel caso di opere a cresta bassa, e vieppiù per le scogliere sommerse, dal momento che il ricambio idrico viene agevolato, il sistema di difesa tende a presentarsi con un numero ridotto di varchi e non risulta 16

18 infrequente il caso di una sola lunga scogliera disposta ad una idonea distanza dalla costa da proteggere. Quanto precede spiega il crescente interesse riscosso dalle strutture di difesa costiera a cresta bassa (LCSs), capaci di coniugare la protezione della linea di costa (sia pure in misura minore rispetto alle tradizionali barriere emergenti) con la notevole riduzione dell impatto ambientale e paesaggistico. In tal senso, significativi sforzi possono registrarsi in letteratura scientifica tesi all individuazione di metodologie previsionali (modelli, formule) dei principali fenomeni di interazione fra LCS e moto ondoso: trasmissione e riflessione ondosa; modifiche degli spettri di potenza energetica nella zona d ombra delle opere di protezione; fenomeni di run-up e di overtopping. Vantaggi e svantaggi In sintesi, i vantaggi offerti da una diga a scogliera frangiflutti sono: 1. rapidi tempi di esecuzione; 2. accrescimento della spiaggia retrostante con materiale sottile; 3. costi di realizzazione minori rispetto a quelli di un intervento morbido; 4. efficace protezione della costa dalle sollecitazioni ondose; 5. creazione di un nuovo habitat per l epibiota marino; 6. agevole ripristino a seguito di un cedimento dell opera; 7. ampia adattabilità a quasi tutti i terreni di fondazione; Gli svantaggi sono i seguenti: 1. impatti paesaggistici ed ambientali (crescenti con la quota di cresta); 2. minore ricambio idrico negli specchi acquei protetti (per opere assai emergenti); 3. possibilità di approfondimento dei fondali per effetto dei fenomeni di riflessione ondosa indotti dall opera; 4. accentuazione dell erosione nelle zone limitrofe in assenza di una progettazione a scala di unità fisiografica e possibile erosione a valle dei tomboli per effetto dell interruzione del trasporto longitudinale; In particolare, per scogliere sommerse o a cresta bassa: 5. formazione di correnti e turbolenze in prossimità dell opera; 17

19 6. pericoli per la navigazione costiera e la balneabilità a causa della scarsa visibilità delle opere; 7. innalzamento del livello medio mare (wave set-up) a tergo delle opere; 8. formazione di rip currents. Strumenti di calcolo Nella progettazione l obiettivo primario è quello di garantire la stabilità idraulica del masso di mantellata soggetto all azione del moto ondoso. A tal fine, esistono due formulazioni valide per opere a gettata; la prima, ampiamente utilizzata in passato, è la formula di Hudson; la seconda è la formula di van der Meer (1988). La formula di Hudson è la seguente: W 3 s H i 50 3 K D s cot g La struttura della formula non differisce da quella ricavata scrivendo la condizione di equilibrio del masso sul paramento. Nella formula W 50 è il peso del masso mediano di mantellata, γ s e γ 0 i pesi specifici, rispettivamente, degli elementi costituenti la mantellata e dell acqua, H i è l altezza d onda incidente e può essere assunta pari ad H s =H 1/3 (altezza d onda significativa = altezza media del terzo delle onde più alte che si verificano nel corso della mareggiata), o più cautelativamente, pari ad H 1/10 (altezza d onda mediata sul decimo più alto della registrazione), cotg la scarpa del paramento lato mare dell opera e K D, coefficiente a "danneggiamento nullo" (percentuale di massi, dislocati in un area estesa verticalmente fra R c /2 ed H s, non superiore al 5%) in quanto corrisponde ad una situazione di perdita molto limitata e facilmente riparabile degli elementi, é un coefficiente adimensionale dipendente dal tipo di masso, dall'ubicazione della sezione di calcolo (testata o troncostruttura), dall'angolo di scarpa, dal tipo di onda incidente (frangente o non frangente al piede dell'opera). La formula di Hudson risente delle condizioni sperimentali con le quali è stata ricavata, in primis del fatto che discende da prove su modello fisico con attacchi ondosi ortogonali e monocromatici su modelli di struttura non tracimabile. Inoltre, nella formulazione non vengono contemplati alcuni parametri fondamentali che governano il processo di interazione fra onda e 18

20 struttura. Essi sono la permeabilità della struttura che, come intuibile, influenza anche la stabilità dei massi di mantellata, il periodo ondoso incidente, e la durata della mareggiata. Giova aggiungere che, una volta effettuato il proporzionamento del masso di mantellata, esistono delle semplici regole empiriche che consentono di dimensionare anche il peso dei massi degli eventuali strati filtro. Difatti lo strato filtro immediatamente a contatto con la mantellata avrà peso P fra W 50 /10 e W 50 /15, mentre l eventuale sottostante secondo strato filtro avrà peso intorno ad 1/10 del peso degli elementi del soprastante strato filtro. Naturalmente, qualora dal calcolo precedente i valori del peso del masso costituente lo strato filtro dovessero essere al disotto dei 50kg si procederà a realizzare direttamente il nucleo, viceversa si aggiungeranno ulteriori strati filtro sino a che tale condizione non si verifica. Come detto, una formula più aggiornata è stata recentemente proposta da van der Meer (1988). Una volta definito il grado di danneggiamento S d come il rapporto tra l'area della porzione di mantellata interessata dal dislocamento e il quadrato del diametro nominale D n50 (lato del cubo equivalente in peso a W 50 ), vengono adottati valori di S d variabili entro i range indicati nella tabella riportata di seguito: cotg Danno incipiente Danno intermedio Esposizione del filtro Nella formula di van der Meer, valida per massi naturali e strutture non tracimabili, si distinguono le condizioni di attacco con frangimento sulla struttura di tipo plunging da quelle di attacco con frangimento di tipo surging. H D D n p 0.18 S d N m plunging H D D n p 0.13 S d N 0.2 p cot g m surging 19

21 Il peso W 50 si ricava dall espressione W 50 =γ s D 3 n50, H D rappresenta l altezza d onda significativa di progetto, p rappresenta un coefficiente di permeabilità (permeabilità notazionale) che risulta variabile fra 0.1 e 0.6 (opera omogenea), ξ m rappresenta il numero di Iribarren riferito all altezza d onda locale 4, ed alla lunghezza d onda di largo in corrispondenza del periodo medio, N rappresenta il numero di onde della mareggiata, Δ è dato da γ s /γ 0-1, D n50 (diametro nominale relativo al 50% in passante = lato del cubo equivalente in peso al masso). Le formule sono applicabili per ripidità riferite al periodo medio comprese fra e 0.06, densità del materiale fra 2 e 3.1 t/m 3, numero massimo di onde costituenti la mareggiata pari a 7500, e va infine evidenziato che per cotg 0.4 va impiegata la sola formula per frangimento plunging. Per i massi artificiali van der Meer ha proposto le seguenti relazioni valide per cubi, Tetrapodi ed Accropodi, con questi ultimi che vanno disposti su di una sola fila. Si noti che alternativamente è possibile calcolare il peso del masso di mantellata anche mediante l impiego delle formule di Hudson, pur con il limite insito nell applicazione di una formula empirica che implicitamente trascura le forze di contatto, determinanti invece ai fini della stabilità dei massi artificiali. CUBI: H D D n N 0.4 od s 0.3 m N H D D n s -0.1 m (danneggiamento nullo: Nod=0) TETRAPODI: H D D n N 0.5 od s 0.25 m N 4 Per le onde che frangono, differenti sono i tipi dei frangenti (Tomasicchio, 2010). Iribarren e Nogales (1949) e Battjes (1974) introducono il parametro di frangimento (o surf similarity parameter), il cui valore caratterizza il tipo di frangimento dell onda su di una scarpata. Il parametro di frangimento è definito come tan / H L o ove indica la pendenza della scarpata rispetto all orizzontale. Esso fisicamente rappresenta il rapporto tra la pendenza della struttura inclinata o spiaggia e la ripidità dell onda (ovvero, la pendenza dell onda). 20

22 H D D n sm (danneggiamento nullo: Nod=0) ACCROPODI: H D D n 3.7 (danneggiamento nullo) H D D n 4.1 (distruzione totale: Nod>0.5), essendo N od il numero di massi estratti dalla mantellata per una fascia di larghezza pari al diametro nominale, D n. Per gli Accropodi, unità brevettate dalla Sogreah, non si contabilizza quindi nelle formule l effetto del periodo ondoso e della durata della tempesta e va ancora notato come possano riscontrarsi indicazioni in letteratura che suggeriscono di sostituire a 3.7 il valore 2.5, introducendo così un coefficiente di sicurezza intorno ad 1.5 sia per tener conto delle incertezze insite nella formula sia per evitare che l opera possa perdere progressivamente stabilità se sottodimensionata nelle unità componenti la mantellata. Tale indicazione può altresì ritrovarsi anche per le successive unità monostrato sempre brevettate dalla Sogreah (Accropode TM II ed Ecopode TM ). Si noti inoltre come risultino prossimi i numeri di stabilità per gli Accropodi nelle due situazioni di inizio di danneggiamento e di collasso. Ciò a conferma del funzionamento come unità unica ( a parete ) dell insieme dei massi disposti sulla mantellata. In altri termini, il dislocamento di pochi Accropodi crea rapidamente le condizioni per la perdita di funzionalità dell intera mantellata. A ciò sei aggiunga che le mantellate in Accropodi sono realizzate su di un solo strato e ciò comporta, già in caso di rimozione di poche unità, la scopertura del filtro. Diversamente, i valori di N od fra la situazione di inizio danneggiamento e collasso, sia per i cubi che per i tetrapodi, sono abbastanza discostati, a riprova del fatto che per tali unità solo una aliquota di stabilità è affidata all interlocking. Per strutture sommerse e per strutture a cresta bassa esistono due ulteriori formulazioni proposte da van der Meer (1990-1) che vengono riportate nel seguito. Il D n50 desunto per mezzo dell uso della formula valida per massi naturali viene ridotto di un fattore f i : 21

23 f i 1 R H c D s p 2 La formula risulta valida per: R s c p H 2 D Essendo s p la ripidità riferita al periodo di picco (lunghezza d onda di largo) ed all altezza d onda locale. Per opere sommerse, indicando con h c l'altezza dell'opera e con d la profondità del fondale su cui essa é imbasata, si può assumere la seguente formula di van der Meer (1990-1) per il proporzionamento degli elementi di mantellata: h c * d d 0.14 N s S e N * s N s s 1 3 p H D D n 50 s 1 3 p Nelle formule riportate, s p indica la ripidità di picco, ossia il rapporto tra l'altezza d'onda locale e la lunghezza d'onda relativa al periodo di picco calcolata al piede dell opera mediante la teoria di Airy; N s * viene denominato numero di stabilità spettrale. La trasmissione del moto ondoso Ulteriori elementi da individuare nel processo di progettazione di una diga a scogliera sono la quota di cresta Rc e la larghezza in sommità B. La quota di cresta può essere determinata stimando la portata tracimante mediante una delle formule presenti in letteratura e ricavando il valore di Rc che produce un prefissato livello di portata tracimante imposto. Per esempio, si può determinare la quota di cresta che in corrispondenza di un altezza d onda significativa di progetto associata ad un certo periodo di ritorno produce un assegnato rischio per edifici, pedoni e veicoli in transito. Alternativamente, Rc va determinato in relazione ai valori di risalita dell onda sul paramento (run-up) dell opera. Per esempio si può fare riferimento al cosiddetto run-up al 2%, e cioè al valore di escursione verticale al disopra del livello del mare superato percentualmente solo dal 2% degli attacchi ondosi. 22

24 Una volta determinata la quota di cresta dell opera, si può impiegare una formula per la stima dell energia trasmessa dall opera stessa, e, fissando i valori del coefficiente di trasmissione Kt, inteso come rapporto fra energia trasmessa a tergo dell opera ed energia incidente, si può a ritroso ricavare la larghezza in sommità B dell opera. Alternativamente, si possono adoperare le formulazioni per la stima di Kt al fine di determinare Rc una volta fissato B. Di seguito si riporta la formula di van der Meer (1988) largamente usata in passato per la stima del coefficiente di trasmissione: < R c /H s < K t = < R c /H s < 1.20 K t = R c /H s 1.20 < R c /H s < 2.0 K t = 0.10 Si nota subito come in essa non compaia la larghezza di berma B. Pertanto si riporta la formula di Calabrese et al. (2002), CVB, che invece contempera l influenza della larghezza di berma B: K t a R c B In cui H a s exp d B H s b exp p exp E i limiti di applicabilità della formula sono i seguenti: per Rc<0 B H s B H m R 0.96 c H m per Rc>0 B H m R ln c H m

25 H m0 ed H s sono le altezze d onda caratteristica e significativa incidenti ed il parametro di Irribarren è riferito al periodo di picco. Recentemente, Goda ed Ahrens (2008) partendo dall osservazione che le formule di letteratura per la stima del coefficiente di trasmissione presentano una certa complessità che le rende di non immediata applicabilità, determinano una formulazione diversa utilizzando la formula di Numata (1975) per la parte di energia trasmessa attraverso il corpo dell opera e lo studio di Tanaka (1976) per la parte di energia trasmessa legata alla tracimazione sopra l opera (Tomasicchio, 2010). L aliquota di energia trasmessa attraverso il corpo dell opera, K t,thru, è pari a : K t, thru 1 H 1 C i L C=1.135(B eff /D eff ) 0.65 Con L lunghezza d onda locale, B eff larghezza dell opera misurata in corrispondenza del livello medio mare e D eff pari al D n50 per massi naturali e legato al peso W 50 mediante la solita relazione: W D s 3 50 n50 La seconda aliquota di energia, K t,over, viene ricavato traducendo in equazione le curve di Tanaka per la parte Rc/H 0 <0.5, presumibilmente quindi per le sole curve relative alla stima del coefficiente di trasmissione per tracimazione. H 0 è l altezza d onda equivalente di largo, posta nel lavoro di Goda ed Ahrens pari all altezza d onda calcolata al piede dell opera. In definitiva si avrà: K t max, over 0, 1 exp a R / H F, a exp ln B / L c i 0 eff 0 F : max D 0 eff 0.5, min(1.0, H / D ) : D i eff eff 0 Con F 0 = run-up adimensionalizzato limite: quando R c /H i eccede F 0 viene attinto il valore limite pari a 0 di K t,over. La relazione finale per il calcolo del coefficiente di trasmissione è la seguente: 24

26 2 2 h K K K c t min 1.0, K K 2 min 1.0,, all t, over h t, thru h, d H i Essendo h c e d, al solito, l altezza della scogliera ed il tirante dinanzi all opera, rispettivamente. Il fattore K h viene introdotto sotto l ipotesi che l altezza di run-up sia approssimativamente uguale a H i. E chiaro quindi che l aliquota di energia trasmessa attraverso l opera risulta proporzionale al rapporto fra h c e d+h i. A corredo si ritiene utile citare la formula di Seabrook e Hall (1998) e quella di d Angremond (1996) che in ambito tecnico risultano frequentemente utilizzate attesa la buona affidabilità mostrata per la stima del coefficiente di trasmissione ondosa. La riflessione del moto ondoso A cavallo fra la progettazione funzionale e quella idraulica di una diga a gettata di massi è il problema di conferire caratteristiche geometriche e fisiche all opera in modo da minimizzare i quantitativi di energia riflessi verso il largo. Lo scopo finale è, infatti, quello di evitare pericolosi fenomeni di escavazione ai piedi delle opere che possono procurare il collasso parziale delle dighe, ma anche, per esempio nel caso delle dighe a difesa di uno specchio portuale, quello di ridurre la riflessione ondosa responsabile della limitazione dell officiosità delle imboccature portuali stesse. Inoltre, dal momento che l energia che incide da largo su di una barriera si scinde nelle tre aliquote, trasmessa a tergo, dissipata e riflessa, giungere ad una affidabile stima dell energia riflessa di un opera con assegnate caratteristiche consente, grazie anche ai diversi modelli per la stima dell energia trasmessa cui si è fatto cenno, di governare le aliquote di energia dissipate dall opera. Per tali ragioni la comunità scientifica ha nel corso degli anni affrontato il problema di definire affidabili strumenti per la predizione quantitativa dell energia riflessa dalle scogliere. Fra le diverse proposte, numerosi ricercatori hanno individuato formulazioni empiriche basate su dati di laboratorio che tuttavia si sono mostrate spesso inadatte perché ricavate in presenza di limitati range di variazione dei principali parametri che governano il processo di interazione fra opere e moto ondoso. Fra le formule di maggiore interesse, si citano quella di Postma (1989), e quella di Zanuttigh e van der Meer (2006). Recentemente, Calabrese et al. (2008) hanno individuato una formula per il calcolo del coefficiente di riflessione, inteso come rapporto fra l energia riflessa e quella incidente sulle opere di difesa, capace di offrire affidabili stime in presenza di qualsivoglia livello di cresta, quindi sia con strutture emergenti che con strutture sommerse. Di seguito si riporta la formula. 25

27 Per strutture emergenti (Rc> 0) r 0.44 tan K R0 off 6.35 exp exp K 1.85 tan r R K R0 Hi L off 0 5,34 d L 0 R tanh H 0.1 c i 0.28 tan 2.29 off In cui K R0 rappresenta il coefficiente di riflessione per strutture con la cresta in corrispondenza del livello medio mare, r tiene conto dell influenza del freeboard Rc e d rappresenta il tirante idrico dinanzi all opera. Per strutture sommerse (R c /H i -1) vale: K RS L D p n50 Per -1 R c /H i 0 le due formule si collegano linearmente in funzione di R c /H i : R K K 1 R R 0 c K ; R 0 K RS max Hi Per tener conto infine della permeabilità p dei diversi massi costituenti la barriera è stata introdotta una modifica della relazione precedente per il calcolo di r. La relazione finale pertanto è la seguente: H i c r 0.44tan o ffexp p tanh R L H i 0 Per quanto concerne la progettazione funzionale delle dighe a scogliera, e cioè in relazione alla progettazione di quei parametri che determinano la conformazione del litorale, occorre precisare che la shoreline response (SR) è funzione di numerosi parametri. In sintesi, si può scrivere: SR=f(L B (lunghezza della struttura), LG (larghezza dei varchi), Y B (distanza dalla costa), H (altezza d onda incidente), T (periodo dell onda), Kt (coefficiente di trasmissione), D 50 della spiaggia, angolo di attacco ondoso (θ i ), ). 26

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