LA QUINTA EDIZIONE DEL DSM (DSM 5), 2013 USA

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1 LA QUINTA EDIZIONE DEL DSM (DSM 5), 2013 USA Emilia Costa Dipartimento Neuroscienze Sapienza Università di Roma La realizzazione della quinta edizione del manuale diagnostico e statistico di disturbi mentali è stata un impresa enorme, che ha coinvolto centinaia di persone impegnate per dodici anni nel raggiungimento di un obiettivo comune. La valutazione dei criteri diagnostici, l organizzazione di ogni aspetto del manuale e la creazione di nuove caratteristiche ritenute più utili ai clinici sono state oggetto di profonda riflessione. Tutti questi sforzi sono stati compiuti allo scopo di aumentare l utilità clinica del DSM come guida nella diagnosi dei disturbi mentali. Un aspetto importante di questa transizione è il riconoscimento che un sistema categoriale eccessivamente rigido non coglie l esperienza clinica o importanti osservazioni scientifiche. I risultati di numerosi studi sulla comorbidità e sulla trasmissione delle malattie all interno delle famiglie, compresi gli studi sui gemelli e gli studi di genetica molecolare, forniscono forti argomentazioni in favore di ciò che accorti clinici hanno osservato da tempo: i confini tra molte categorie di disturbi sono più fluidi nel corso della vita di un individuo di quanto il DSM IV abbia riconosciuto, e molti sintomi assegnati a un singolo disturbo possono presentarsi, a vari livelli di gravità, in molti altri disturbi. Queste osservazioni implicano che il DSM dovrebbe cercare di introdurre un approccio dimensionale ai disturbi mentali, che comprenda dimensioni trasversali alle categorie attuali. - Il DSM 5 è stato concepito per adattarsi al meglio alle esigenze dei clinici, dei pazienti, delle famiglie, dei ricercatori, fornendo loro una descrizione chiara e concisa di ogni disturbo mentale mediante precisi criteri diagnostici, integrati, se necessario, da scale di valutazione trasversali ai vari confini diagnostici, e un breve compendio di informazioni relative a diagnosi, fattori di rischio, caratteristiche associate, progressi della ricerca e diverse manifestazioni del disturbo. - L uso del DSM per la formulazione di una diagnosi richiede formazione clinica ed esperienza. I criteri diagnostici identificano sintomi, comportamenti, funzioni cognitive, tratti di personalità, segni fisici, combinazioni di sindromi e durata delle manifestazioni, ma è necessaria la competenza clinica per distinguere tra normali cambiamenti legati al corso della vita e risposte transitorie allo stress.

2 Per facilitare l uso del manuale in tutti i diversi ambiti sono stati introdotti ulteriori miglioramenti: - Rappresentazione dei problemi dello sviluppo legata alla diagnosi (l organizzazione dei capitoli riflette al meglio l approccio basato sull arco di vita, dunque all inizio i disturbi maggiormente diagnosticati nelle prime fasi di vita ). - Integrazione di scoperte scientifiche provenienti dalla più recente ricerca genetica e di neuroimaging. - Accorpamento del disturbo Autistico, del disturbo Asperger e dei Disturbi Pervasivi dello sviluppo all interno del disturbo dello spettro dell autismo - Classificazione razionalizzata dei Disturbi bipolare e depressivo. - Riorganizzazione dei Disturbi da uso di sostanze per coerenza e chiarezza. - Maggiore specificità per i Disturbi neurocognitivi maggiore e lieve. Transizione nella concettualizzazione dei Disturbi di personalità (al fine di orientare la ricerca futura, nella sezione III è stato proposto un nuovo modello alternativo al classico ibrido ). Nella sezione III sono presenti i nuovi disturbi e le loro caratteristiche. - Miglioramenti online (offre informazioni supplementari online ORGANIZZAZIONE DSM 5 SEZIONE I: Principi fondamentali Introduzione Uso del manuale Dichiarazione cautelativa per l uso del DSM 5 in ambito forense SEZIONE II: CRITERI DIAGNOSTICI E CODICI

3 SEZIONE II Disturbi del neurosviluppo Disturbi dello spettro della schizofrenia e altri disturbi psicotici Disturbi bipolari e disturbi correlati Disturbi depressivi Disturbi d ansia Disturbo ossessivo-compulsivo e disturbi correlati Disturbi correlati a eventi traumatici e stressanti Disturbi dissociativi Disturbo da sintomi somatici e disturbi correlati Disturbi della nutrizione e dell alimentazione Disturbi dell evacuazione Disturbi del sonno-veglia Disfunzioni sessuali Disforia di genere Disturbi da comportamento dirompente, del controllo degli impulsi e della condotta Disturbi correlati a sostanze e disturbi da addiction Disturbi neurocognitivi Disturbi di personalità Disturbi parafilici Altri disturbi mentali Disturbi del movimento indotti da farmaci e altre reazioni avverse ai farmaci Altre condizioni che possono essere oggetto di attenzione clinica

4 Il sistema multiassiale è stato introdotto col DSM-III e mantenuto nel DSM-IV, ma è stato eliminato nel DSM-5. Il DSM 5 si è spostato a una documentazione delle diagnosi non assiale con notazioni separate per alcuni importanti fattori psicosociali e contestuali (in passato asse IV) e la disabilità (in passato asse V). SEZIONE III: Proposte di nuovi modelli e strumenti di valutazione Scale di valutazione Inquadramento culturale Modello alternativo del DSM V per i disturbi di personalità Condizioni che necessitano di ulteriori studi APPENDICE (Principali cambiamenti del DSM V, glossario termini tecnici.ecc ) Gli obiettivi della diagnosi Condivisione di informazioni per mezzo di un linguaggio sintetico e comprensibile da clinici di diverso orientamento e formazione; Elaborazione di un piano di trattamento; Confronto delle proprie ipotesi sul funzionamento psichico di un dato paziente con la letteratura clinica ed empirica (l ambito della ricerca è molto importante, senza ricerca non è possibile alcun progresso delle conoscenze psicologiche); Possibilità di comunicare ai pazienti la diagnosi (tradurre un etichetta in una descrizione cucita addosso a quel determinato soggetto circa il suo funzionamento psichico, favorisce la responsabilizzazione del paziente e sottolinea la natura processuale, oltre che collaborativa dell impresa diagnostica), deve essere comprensibile, valida ed attendibile. DALLA DIAGNOSI ALLA FORMULAZIONE DEL CASO La formulazione del caso è il resoconto narrativo delle informazioni raccolte e dedotte nel corso dei colloqui di valutazione diagnostica. L obiettivo della formulazione del caso è la comunicazione chiara e pertinente di quanto appreso nel corso della valutazione.

5 L Intervista Clinica (Glen O. Gabbard) Qualunque descrizione dell approccio psicodinamico all intervista clinica deve necessariamente iniziare dall importanza fondamentale rivestita dalla relazione medico-paziente. Il primo obiettivo di un intervista psicodinamica deve essere sempre quello di stabilire un rapporto e una comprensione condivisa (il paziente viene accettato valutato e considerato come una persona unica con problemi specifici e distintivi). Componenti dell intervista e della valutazione psichiatrica Le informazioni che portano a una corretta disamina delle problematiche psichiche di un soggetto possono essere facilmente scomposte in varie componenti: Storia della malattia attuale e sintomi principali Malattie precedenti Storia personale Anamnesi familiare Esame psichico (atteggiamento del paziente verso il medico, aspetto generale, mimica, linguaggio, coscienza, attenzione, memoria, capacità intellettive, percezione, forma del pensiero, affettività, impulsività, capacità di giudizio, coscienza di malattia). Il colloquio clinico Il colloquio clinico è lo strumento principale per la formulazione diagnostica del caso. L applicazione di strumenti di tipo psicodiagnostico avviene in genere, là dove necessario, in seconda battuta; in quanto le tante informazioni che l esame strumentale è in grado di darci, non potranno mai sostituire la raffinatezza del colloquio clinico, che rimane sempre lo strumento d elezione. La raccolta dei dati (anamnesi) e l esame dello stato mentale (che coinvolge: orientamento e percezione, cognizione, affettività e azione) sono due aspetti normalmente presenti nel colloquio clinico, in cui viene data una grande importanza

6 ed attenzione anche alla formulazione delle domande, poiché a partire dal tipo di domande avremo determinate risposte, senza dimenticare che è importante lasciare, specialmente all inizio, lo spazio necessario affinché il paziente possa parlare liberamente di sé. Quando il clinico ed il paziente si incontrano per la prima volta sono due sconosciuti, entrambi presentano una serie di aspettative rispetto l altro. È lecito affermare che il primo compito del clinico è quello accogliere, di far sentire il paziente accettato. Bisogna però evitare inutili rassicurazioni (es. Non si preoccupi, là dove è chiaro che c è da preoccuparsi), oppure mettere in discussione le affermazioni del paziente, anche se è un allucinazione o un delirio, bisogna rispettarli perché sono una parte di lui, che pian piano dovremo aiutare a trasformare. Piuttosto si rivelerà utile comunicare la nostra accettazione e comprensione. Nel colloquio clinico si rivela di fondamentale importanza il legame; parlare di clinica del legame (Romeo, pp. 15, 2013) è necessario, poiché non possiamo considerare il paziente, con i suoi sintomi, se non a partire dal legame che si fonda all interno del setting clinico. Per questo il clinico deve lavorare ed imparare tanto sulla propria persona, poiché non c è ombra di dubbio che le caratteristiche del clinico, sia quelle oggettive (es. il sesso, l età) sia quelle soggettive (es. il modo di stare nella relazione, la comunicazione non verbale), incidono su quanto il paziente riporterà nella seduta e sul modo in cui esprimerà tale contenuto. Un paziente sarà agevolato nel parlare di sé da un clinico che presenta una curiosità benevola, piuttosto che da chi mantiene un indagine di tipo voyeuristico, là dove è l interesse personale a prevalere su quello altruistico. Il clinico non è un analista, non è un neuropsicologo, non è un cognitivocomportamentale, un clinico è un clinico, tale affermazione potrà sembrare sciocca, ma non lo è. Un clinico non usa un orientamento esplicativo proprio, quello che egli in genere sente come più attinente alla propria persona e/o che di più ha approfondito nel corso della propria formazione, il clinico non adatta il paziente ad un certo paradigma che spiega la patologia secondo una certa visione, il buon clinico piuttosto cerca di trovare quell approccio interpretativo-esplicativo che meglio si adatta alla sofferenza del paziente, che meglio spiega i suoi sintomi e che di più si avvicina alla logica del disturbo che il soggetto porta con sé. Ovviamente esistono delle distinzioni fra il colloquio psicologico e quello medico, basti pensare alla collaborazione del paziente, nel colloquio medico è data per scontata, nel colloquio di psicologia clinica non è detto che sia così, poiché gli stessi

7 sintomi che il paziente lamenta, sono spesso un adattamento disfunzionale alla realtà. La gestione del setting, il tipo di relazione e la formulazione delle domande stesse a seconda della sintomatologia del paziente, la conclusione del colloquio, sono tutti aspetti che non possono essere esclusi dal professionista che vuole occuparsi della salute mentale dell altro e che richiedono ancora più attenzione e spazio di quanto in questo testo di introduzione alla psichiatria, non è possibile concedere.

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