LA DURABILITA' DEL CALCESTRUZZO: TEORIA, PRATICA, PRESCRIZIONI.

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1 LA DURABILITA' DEL CALCESTRUZZO: TEORIA, PRATICA, PRESCRIZIONI. geom. Ivano PIGNI - Coordinatore Comitato Tecnico ASSIAD PREMESSA. Per molto tempo tutti abbiamo considerate eterne le strutture di calcestruzzo ma oggi è sufficiente guardarsi un po' intorno per accorgersi che non è così, le patologie che riguardano il calcestruzzo sono di chiara e conclamata gravità e, se ancora oggi, è quasi impossibile prevedere con esattezza quanti anni resisterà in opera un calcestruzzo è però possibile fare molto per limitare le cause esterne ed interne del degrado. Ogni volta che si discute di degrado del calcestruzzo è atteggiamento comune riferirsi soprattutto all'inquinamento o ad altri fattori esterni: la conoscenza dei materiali e lo studio accurato delle patologie ci dimostrano invece che su 100 calcestruzzi precocemente degradati circa 45 lo sono per un confezionamento non corretto (dosaggi di cemento troppo bassi, rapporti A/C troppo elevati, scarsa cura nel proporzionare le miscele, mix design errati, ecc.); 25 circa, per errori o imperfezioni nella messa in opera (scarsa o nulla compattazione, casserature non idonee, nessuna operazione di curing, ecc.); 25 circa, per una progettazione non corretta dell'opera (copriferro inadeguati, spazi interferro troppo limitati per consentire la posa di conglomerati di adatte caratteristiche, errata valutazione dell'ambiente di esposizione e delle sollecitazioni che esso deve fronteggiare, ecc.): Solo 5 calcestruzzi, infine, risultano danneggiati da cause accidentali e quindi totalmente imprevedibili. L'eccessivo e rapido degrado del calcestruzzo ha quindi responsabilità abbastanza nette e precise ed un primo rimedio è intuitivo, responsabilizzare e qualificare maggiormente i singoli operatori. (fig 1) Un calcestruzzo durevole, infine, ha un costo superiore a quello di un calcestruzzo corrente mentre i prezzi di capitolato e di mercato delle strutture in c.a., quasi sempre poco remunerativi, tendono a far realizzare conglomerati di bassa qualità. Bassa qualità che, tuttavia, ad un sommario controllo, sembra soddisfare le poche specifiche tecniche prescritte. Il progresso tecnologico ed il miglioramento sensibile della qualità dei prodotti oggi disponibili, sono diventati anch'essi, paradossalmente, causa di degrado. E' oggi

2 possibile: ridurre le sezioni resistenti, aumentare i tassi di lavoro delle strutture, eseguire getti e mettere in esercizio le strutture in tempi brevissimi e, tutto ciò, come vedremo più avanti, può essere molto pericoloso. (fig 2) Si cercherà ora di esaminare più nel dettaglio le molteplici cause che provocano degrado e che abbiamo cercato di sintetizzare nella tabella precedente ma possiamo affermare, fin d'ora, che le possibilità di insorgenza di una alterazione sono proporzionali alla permeabilità del conglomerato cementizio. Un calcestruzzo impermeabile non consente la penetrazione a nessun elemento chimico, neutro o aggressivo che sia. Al contrario, un calcestruzzo molto permeabile può essere soggetto a qualsiasi attacco portatogli dall'ambiente circostante. Il calcestruzzo durevole deve quindi possedere una caratteristica fondamentale: la compattezza. Un calcestruzzo sarà tanto più compatto quanto più accuratamente sarà stato progettato, eseguito, controllato e messo in opera PROGETTO DELL'IMPASTO - MIX DESING. Il calcestruzzo come noi lo conosciamo è una miscela di particelle solide (cemento e aggregati) con acqua. Possiamo quindi dire che, allo stato fresco, la porosità dell'impasto, che è poi il contrario della compattezza, è uguale alla quantità d'acqua necessaria a riempire tutti i vuoti rimasti tra i granuli. Ma qual'è il volume di questi vuoti?. In un sistema di sfere monogranulari il volume dei vuoti dipende da una legge fisica invalicabile il rapporto tra il volume del cubo e della sua sfera che esso circoscrive. Via via che il numero delle sfere cresce cioè diminuisce il loro diametro esse possono assumere una disposizione spaziale più complessa ed una porosità decrescente. In un recipiente di dimensione infinita (senza pareti) la minima porosità raggiungibile con sfere monogranulari è del 26%. Ciò significa che se in un sistema le sfere sono più di una, sono tutte uguali e non c'è "effetto parete", che esse siano grandi o piccolissime non importa: questa è la massima compattezza raggiungibile. I vuoti tra le sfere sono in grado, però, di accogliere sfere più piccole: in un sistema di sfere assortite la porosità può quindi diminuire ancora. Questo esercizio, puramente matematico, (introdurre una "sfera" più piccola nel vuoto lasciato da quattro "sfere" più grandi affiancate), si potrebbe protrarre all'infinito ottenendo una lievissima diminuzione della porosità ad ogni "passaggio" (aggiunta di sfere più piccole) ma, in pratica, già alla quinta aggiunta, la possibile introduzione di nuovo materiale sarà così esigua da rendere inutile il proseguire oltre. La porosità residua ultima è del 15%. Nella pratica di ogni giorno, per il nostro "esercizio", non abbiamo mai a disposizione sfere perfette ma solo uno o più insiemi di granuli di varia forma e vario assortimento. Le equazioni ed i calcoli, allora, si complicano un po'; sarà più pratico allora, affidarsi a delle convenzioni stabilite sulla base di risultati sperimentali. La minima porosità ottenibile sarà, in ogni caso, molto vicina a quella teorica e vi si giunge (è un metodo tra tanti ed è tra i più affidabili) componendo gli assortimenti granulometrici disponibili in modo che la distribuzione granulometrica risultante coincida con una distribuzione teorica che assume la figura data dall'equazione 1: 1) P% = d/d

3 Se a questa configurazione, disegnata su carta millimetrata, affiancheremo un minimo di tolleranza, la figura che otterremo sarà il famoso e famigerato "fuso granulometrico" entro cui dovremo tentare di rimanere con il nostro insieme se vorremo ottenere la miscela più compatta possibile. Tale fuso granulometrico è solo uno degli svariati metodi, sia grafici sia matematici, utilizzabili per ottenere il risultato voluto e si rifà alla teoria di Fuller. Non sarà il massima della scienza matematica ma ha il pregio della semplicità esecutiva e della costanza di risultati. Un esempio valido di fuso granulometrico di riferimento costruito sulla base dei setacci della Norma UNI ha come equazioni 2 costitutive: 2) P% = (d/d) 0,4 (limite max sabbia 3) P% = (d/d) 0,65 (limite max ghiaia = Tolleranze) di cui quello che segue è un esempio significativo (fig. 3). Nella distribuzione granulometrica così definita manca qualcosa: il cemento che è un insieme di granuli per la gran parte più fini del limite granulometrico posto al precedente diagramma; e l'acqua. Entrambi questi materiali sarebbero teoricamente in grado di "saturare" la porosità residua del nostro insieme di granuli ma c'è una complicazione. L'acqua serve per dare lavorabilità al calcestruzzo: un insieme teoricamente perfetto di granuli non serve a nulla se non possiamo metterlo in opera. L'acqua serve per idratare il cemento che altrimenti rimarrebbe "inerte". Il cemento serve, se idratato bene a conferire resistenza e rigidezza (monoliticità) all'insieme. Occorre quindi proporzionare in modo corretto anche questi componenti senza per questo perdere di vista il risultato finale che deve essere quello della massima compattezza (o della minima porosità, se preferite). Vediamo prima di proporzionare il cemento. Il cemento ha una finezza che nella sua parte più grossolana si confonde con la parte finissima degli aggregati; esistono materiali di finezza analoga al cemento o più fini ancora: sono estremamente utili. Meglio quindi dimenticare un attimo la parola cemento per sostituirla con il termine più generico: "Filler" o se volete Binder. Definendo filler, ogni particella solida al di sotto dei 125 micron. A naso, può sembrare che più filler si aggiunge maggiore sia la compattezza ottenibile; non è così. L'aggiunta di filler per percentuali anche significative aumenta effettivamente la compattezza ma poi, oltre un certo limite ad ogni aggiunta di filler corrisponde un'aumento della porosità. Per il filler quindi esiste, dimostrato dalla pratica, un dosaggio ottimale (vedi diagramma allegato 1). Esso dipende principalmente dalla dimensione massima dei granuli presenti nell'insieme e risponde a precise equazioni, per semplicità, lo esponiamo sotto forma di tabella 11.

4 L'acqua è l'elemento che ancora ci manca. Come abbiamo già accennato essa serve ad idratare correttamente il cemento ma questo è un fabbisogno minimo (8-9% del peso del cemento cioè l/mc) e molto più per conferire all'impasto la giusta attitudine ad essere messo in opera correttamente cioè a conferirgli lavorabilità. Qui non ci aiutano ne teoria ne equazioni; dobbiamo necessariamente affidarci a delle prove pratiche per stabilire quale sia il contenuto minimo di acqua necessario. Contenuto d'acqua che, ricordiamolo sempre, corrisponderà alla minima porosità residua possibile nel nostro insieme. Appare ovvio come tale contenuto dipenda principalmente dai mezzi disponibili per la messa in opera ma è interessante osservare con attenzione i fenomeni che si verificano operando con l'insieme" che abbiamo più sopra definito. Intanto osserviamo che il comportamento degli impasti (ciò che finora avevamo definito genericamente "insieme") è ripetibile una volta rispettate le definizioni date (distribuzione granulometrica compresa nel fuso predefinito, contenuto di filler compreso nei limiti della tabella) non dipende quindi, in prima approssimazione, ne dalla natura e dalla forma dei granuli disponibili ne dalla qualità e dal tipo di cemento utilizzato. Osserviamo poi che già a partire da un contenuto d'acqua di 150 litri per metro cubo si possono ottenere ottimi valori di compattezza agendo con intense vibrazioni. Con medie intensità di vibrazione si ottengono risultati accettabili solo con almeno 165 litri d'acqua per metro cubo. Oltre i 165 litri d'acqua per metro cubo non c'è vibrazione che tenga, la porosità aumenta sempre in modo proporzionale al contenuto effettivo di acqua. Abbiamo così individuato il dosaggio ottimale del componente che mancava al nostro mix per trasformarlo in un calcestruzzo utilizzabile e rispondente al requisito richiesto: la massima compattezza possibile. Preparato l'impasto di calcestruzzo vediamo ora quali sono i fenomeni che si verificano L'IDRATAZIONE DELLA PASTA DI CEMENTO. Una lunga serie di ricerche, iniziate all'alba del secolo e tuttora in atto, perfezionate con l'adozione di sempre nuove apparecchiature, ci consente di schematizzare così le trasformazioni che avvengono nei costituenti principali del cemento in presenza di acqua: C 3 S silicato tricalcico ---!!--- + Acqua > C-S-H + Ca(OH) 2 C 2 S silicato bicalcico ---! PORTLANDITE C 3 A alluminato tricalcico + Acqua > C 2 AH 8 + C 4 AH 13 + C 3 AH 6 C 3 A + Gesso + Acqua > C 3 A. 3 CaSO 4.32H 2 O - C 3 A.CaSO 4.12H 2 O - C 4 AH 13 ETTRINGITE C 4 AF alluminato ferrito tetracalcico + Acqua > C 2 (A opp.f)h 8 +C 4 (A opp.f)h C 3 (A opp.f)h 6 C 4 AF + Gesso + Acqua > C 3 (A opp.f).3caso 4.32H 2 O+C 3 (A opp.f).caso 4.12H 2 O+ +C 3 (A opp.f)h 13 I due silicati, C 3 S e C 2 S, portano alla formazione di uno stesso idrato, C-S-H. L'osservazione al microscopio lo descrive come un insieme di fogli molto sottili che, avvolgendosi su se stessi, formano tubicini aperti, più o meno lunghi. Questa cristallizzazione lanceolata ricopre progressivamente i granuli di cemento anidri che assumono il classico aspetto di un "riccio". L'eccesso di cal-

5 cio lo ritroviamo dapprima sotto forma di idrossido Ca(OH) 2 disciolto nell'acqua, in seguito questo eccesso precipita cristallizzando in placchette esagonali impilate tra i granuli di cemento parzialmente idratato: è la PORTLANDITE. L'idratazione del C 3 A provoca, nell'immediato, la formazione di un GEL (sostanza ad alta viscosità che può ancora configurarsi come una miscela di alluminato e acqua) poi, in rapida successione, la cristallizzazione di alluminati idrati (C 3 AH 8 e C 3 AH 13 ) che si presentano come placchette esagonali e la cristallizzazione cubica dell'alluminato definitivo (C 3 AH 6 ). La cristallizzazione degli alluminati che è una reazione che avviene in un tempo più breve di quello necessario a descriverla, se non controllata, bloccherebbe completamente l'idratazione degli altri componenti, in particolare del C 2 S. Per mantenerne il controllo viene sempre aggiunto un regolatore di presa: il Gesso (CaSO 4.2H 2 O). La reazione del C 3 A in presenza di Gesso conduce alla formazione di una serie di solfoalluminati. Il Trisolfoalluminato o ETTRINGITE, in particolare, cristallizzato molto finemente, ricopre per un certo tempo i granuli ancora anidri del cemento e li protegge da una reazione troppo rapida. Via via che la reazione progredisce però l'ettringite assume una forma più stabile quella di bastoncelli prismatici. Contemporaneamente all'ettringite si formano piccole quantità di monosolfoalluminato e di alluminato idrato che assume l'aspetto di placchette. Analogamente si comporta l'alluminatoferrito-tetracalcico (C 4 AF). Come abbiamo visto, le particelle solide disperse in acqua che costituiscono la pasta di cemento, sono dei granuli policristallini costituituiti da silicati e alluminati. Questi componenti presentano velocità di idratazione molto differenti e di questo occorre tenere conto parlando di durabilità. Ogni loro reazione, poi, produce quantità abbastanza importanti di calore. L'analisi e lo studio delle varie fasi di sviluppo del calore consente di seguire e giudicare lo stato di avanzamento e il progredire dell'idratazione. Si è potuto stabilire che la reazione del C 3 S e del C 3 A non evolve più, in maniera significativa dopo i 28 giorni dall'introduzione dell'acqua. Tra i 28 giorni ed i 6 mesi si registra ancora una sensibile attività residua da parte del C 2 S e del C 4 AF. Dopo i 6 mesi si registrano ancora delle piccole evoluzioni ma è molto difficile stabilire se ciò sia attività primaria residua o reazione di cemento totalmente idratato con sostanze presenti nell'ambiente. Lo sviluppo del calore di idratazione del C 3 S, di gran lunga il componente principale degli attuali cementi, presenta all'analisi, un segnale caratteristico: si verifica una produzione notevole di calore nei primi istanti di idratazione a cui fa seguito un periodo, che dura parecchie ore, di inerzia quasi totale denominato "periodo dormiente", poi la temperatura riprende a salire in modo costante per molte ore. Si attribuisce questo segnale così particolare alla reazione di adsorbimento da parte del C 3 S con conseguente formazione di gel, sarebbe quindi una reazione più fisica che chimica. Il secondo sviluppo di calore è invece legato alla reazione chimica vera e propria, cioè alla formazione dei silicati idrati C-S-H e alla precipitazione del Ca(OH) 2. Il periodo "dormiente" è tuttora molto misterioso tuttavia è noto che l'uso degli additivi e le variazioni di temperatura agiscono proprio sulla durata di tale periodo e sono quindi in grado di accelerare o ritardare la velocità di indurimento della pasta di cemento. Diviene quindi chiaro che il periodo di idratazione del cemento va seguito con cure particolari. Prima tappa sulla strada dell'ottenimento della massima durata sarà quindi quella di avere cura assidua del calcestruzzo, se non fino al termine ultimo delle reazioni di idratazione, almeno fino a quando lo sviluppo delle resistenze non l'abbia reso sufficientemente robusto e compatto (3-5 giorni). L'insieme degli accorgimenti da porre in atto in questa fase è conosciuto con il nome di "curing" REAZIONI DEI COMPOSTI IDRATATI CON L'AMBIENTE. Quando è fortemente compatto e ben dosato in cemento (le due cose purtroppo non sono sinonimi), il calcestruzzo resiste bene alla maggior parte degli attacchi fisici e chimici che gli vengono portati dall'esterno. Troppo spesso però il calcestruzzo non è così e allora tutti i suoi componenti (cemento, ferro, aggregati) possono subire alterazioni e queste alterazioni mettere in pericolo la stabilità stessa dell'opera. Le alterazioni della pasta di cemento possono essere causate da agenti esterni (soluzioni acide, terreni ricchi di gesso, aggressivi gassosi portati a contatto della pasta di cemento dall'acqua che permea il calcestruzzo) o da agenti interni (idratazione della calce e del magnesio liberi nel cemento, reazione alcali e alcali-silice, solidificazione dell'acqua sotto l'azione del gelo ecc.). Queste alterazioni si manifestano in due modi contrari dagli effetti ugualmenti dannosi:

6 con L'EROSIONE - alcuni dei componenti si trasformano in altri molto solubili che l'acqua allontana lasciando vuoti via via crescenti che diminuiscono progressivamente la resistenza meccanica. Una reazione questa, all'inizio lenta e quasi impercettibile ma, una volta innescata, sempre più rapida e distruttiva; con l'espansione - alcuni dei componenti si trasformano in altri ancora insolubili ma di volume nettamente superiore. Ciò crea tensioni notevoli e quando tali tensioni superano la resistenza del conglomerato si assiste alla formazione di fessure che, seppure non sufficienti a indebolire in modo irrimediabile la struttura, sono una porta spalancata agli aggressivi che possono completare in breve tempo la loro azione disgregatrice. Di tutti i componenti del cemento idratato, la Calce (portlandite) è di gran lunga quello più debole essendo molto facilmente solubile. La calce può poi emergere dalla struttura attraverso porosità o microfessure e formare una efflorescenza bianca di Ca(OH) 2 che all'aria carbonata trasformandosi in CaCO 3 insolubile. L'acqua che può permeare il calcestruzzo discioglie sempre la calce sia essa acidula, salina o pura (acqua di ghiacciaio). Per l'importanza che rivestono e per la loro frequenza le azioni aggressive possono essere così schematizzate: AZIONE DI ACIDO CARBONICO (H 2 CO 3 ) E ANIDRIDE CARBONICA (CO 2 ). L'acido carbonico in natura non esiste lo si deve considerare come una soluzione acquosa di anidride carbonica. l'anidride carbonica in acqua è presente sotto diverse forme: - CO2 libera sotto forma di gas e questa presenza è costantemente alimentata dalla massiccia presenza di questo gas nell'aria - CO2 semicombinata chimicamente Ca(HCO3)2-Bicarbonato solubile - CO2 combinata chimicamente CaCO 3 - Carbonato insolubile secondo la seguente reazione di equilibrio (equazione 3): A.1 - La CO 2 è in difetto in rapporto al CaCO 3 : si stabilisce un equilibrio nel senso 2 <---- della reazione (A) si ha precipitazione di CaCO 3 insolubile (calcite o aragonite). Precipitati questi non espansivi che otturano le porosità fungendo, spesso da protettivi del calcestruzzo. Siamo in presenza di acqua incrostante A.2 - La CO 2 Š in eccesso in rapporto al CaCO 3 : I - si stabilisce un equilibrio nel senso 1----> della reazione (A) con formazione di Ca(HCO 3 ) 2 solubile. II - avviene l'attacco del Ca(OH) 2 del cemento: CO 2 + H 2 O + Ca(OH) > CaCO 3 + 2H 2 O III - il CaCO 3 si trasforma come nel caso I Siamo in presenza di un'acqua aggressiva si ha erosione. L'attacco portato dalla CO 2, trascurabile nel calcestruzzo, è estremamente dannoso per uno dei componenti essenziali del cemento armato: il ferro d'armatura. L'ambiente che circonda le armature ha una funzione determinante sulla loro conservazione. Il calcestruzzo, o meglio il cemento, realizza questa protezione grazie all'elevata alcalinità (ph almeno=12,5) che induce e che è dovuta principalmente all'idrossido di calcio che abbiamo visto formarsi in grande quantità al momento dell'idratazione. La CO 2 reagendo come abbiamo appena visto proprio con la calce abbassa in breve tempo il ph sotto il valore 11 (Steel Corrosion Limit). Le armature in presenza dell'ossigeno e dell'umidità dell'ambiente possono subire una degradazione consistente per la trasformazione molto rapida del ferro metallico (Fe) in ossido e in idrossido di ferro (ruggine) secondo la seguente reazione generale: 4Fe + 3O2 + 2H2O ----> 4Fe(OOH) Tale reazione presenta sostanzialmente due fenomeni di degrado ugualmente importanti: I Diminuzione della sezione del ferro metallico II Distacco del copriferro a causa del rigonfiamento del ferro nella sua trasformazione da ferro a ossido e poi a idrossido. (spalling) (fig 4)

7 L'idrossido di ferro esiste in varie forme: in particolare esiste la forma Ÿ.FeOOH denominata lapidocrocite che in ambiente molto basici (ph maggiore di 11 appunto) si presenta stabile, molto denso, compatto e ben aderente al ferro sottostante. Questo idrossido forma una barriera praticamente impenetrabile all'ossigeno e all'acqua e ciò preserva le armature da ulteriori danni: si dice allora che il ferro è "passivato". In ambienti meno basici (ph minore di 11), come si verifica quando la CO 2 ha reagito con la calce presente, l'idrossido superficiale diventa molto soffice, poroso e non più protettivo. Il ferro non più passivato è allora in grado di ossidarsi ulteriormente secondo le seguenti reazioni schematiche: ANODO (reazione anodica) 4Fe + 8H 2 O ----> 4FeOOH + 12H e CATODO (reazione catodica) 3O 2 + 6H 2 O + 12 e ----> 12 OH - Come si può notare, affinché l'ossidazione del ferro possa proseguire occorre che sia presente una gran quantità di umidità e che sia ininterrotto il flusso di elettroni tra anodo e catodo, condizione quest'ultima estremamente facilitata dall'alta conducibilità elettrica del ferro. Vista la facilità con cui avvengono queste reazioni e l'estrema disponibilità delle "materie prime" necessarie, se dopo qualche anno dal getto, abbiamo ancora delle armature in opera ciò è dovuto al fatto che, per fortuna, si devono verificare alcune condizioni concomitanti: occorre, soprattutto, disponibilità di ossigeno e di acqua. In genere la diffusione dell'ossigeno e dell'acqua in un mezzo poroso non avviene in contemporanea e ciò perché l'ossigeno e i gas in genere si diffondono con estrema lentezza nell'acqua. Pori capillari pieni d'acqua (U.R. maggiore del 95%) non contengono ossigeno; pori capillari con U.R. minore del 50% non hanno tutta l'acqua necessaria alla reazione anche se dispongono di una grande concentrazione di gas aggressivo. Ne consegue che le strutture più esposte all'aggressione sono quelle porose (veloce diffusione di gas e acqua) alternativamente bagnate da pioggia o spruzzi con intervalli di condizioni non sature (U.R. tra 50 e 80%) cioè tutte le strutture esterne non protette dalla pioggia (coperture, pavimentazioni, strutture stradali, ecc.) e le zone soggette all'alternarsi delle maree o al rapido susseguirsi dei periodi di piena e di magra (moli, darsene, palificazioni, dighe, piloni di ponti, ecc). Ce n'è comunque a sufficienza per preoccuparsi seriamente. AZIONE DI CLORO E CLORURI. Sostanzialmente analogo a quello appena visto in dettaglio è l'attacco portato al calcestruzzo e alle armature da parte del cloro e dei cloruri. L'unica differenza è data dal fatto che il Cloro reagisce con l'idrossido di ferro trasformandolo in cloruro facilmente solubile. L'attacco all'armatura è quindi sempre ed esclusivamente di riduzione della sezione disponibile (pitting). Nel caso dei cloruri (sali disgelanti, acqua di mare, ecc) è poi necessario distinguere qual'è il tipo di cloruro presente perché nel caso di presenza importante di cloruro di calcio (CaCl 2 ) si può verificare anche la formazione di fessure per effetto dell'espansione provocata dall'ossicloruro di calcio (3CaO.CaCl 2.15H 2 O).

8 La diffusione del cloro, purtroppo, non è del tutto inibita dalla forte presenza d'acqua perciò l'unica protezione a questo tipo di attacco è quella offerta dalla massima compattezza del calcestruzzo e dalla composizione del cemento impiegato. La diffusione del cloro è governata dalla formula (fig 5): AZIONE DEGLI ACIDI. Per acidi si vuole qui intendere soprattutto degli acidi deboli o degli acidi forti molto diluiti perché l'attacco degli acidi forti in concentrazioni elevate richiederebbe misure appropriate e nessuno, salvo incidenti, credo e spero, si sogna di costruire contenitori per tali materiali esclusivamente in cemento armato. Si ha allora: I Caso - La calce passa in soluzione senza reagire. La pasta di cemento si decalcifica progressivamente per la dissoluzione della calce degli idrati Ca(OH) 2 ; C-S-H; C 4 AH 13. Lo stadio ultimo della degradazione è la formazione di SiO 2.nH 2 O ed Al 2 O 3.nH 2 O cioè ossidi semplici idrati. Questo è un gel e la cui resistenza è nulla. I volumi residui sono via via sempre minori si ha perciò: EROSIONE. II Caso - La calce passa in soluzione e partecipa a ulteriori reazioni chimiche: A) Si avrà uno strato protettivo se si formeranno composti nuovi insolubili p.es. H 2 CO 3 (acido carbonico) + Ca(OH) > CaCO 3 + 2H 2 O B) Ci sarà erosione se si formeranno composti nuovi solubili p.es. 2HNO 3 (acido nitrico) + Ca(OH) > Ca(NO 3 ) 2 + 2H 2 O A questo ultimo caso appartengono tutti gli attacchi degli acidi organici (Acetico, Tannico, Lattico, Formico, ecc.). Questi sono acidi deboli e poco aggressivi ma sono presenti quasi sempre in forte concentrazione: si pensi, ad esempio, ai luoghi di conservazione dei prodotti agricoli o alle strutture di stoccaggio e smaltimento degli scarti di lavorazione e dei rifiuti. Anche gli acidi grassi provenienti dagli olii e grassi vegetali o animali, certi acidi derivanti dallo zucchero, l'acido umico e fulvico provenienti dai vegetali (terreno agricolo) sono acidi deboli e poco aggressivi ma sono presenti pressoché ovunque. L'azione dell'acido solforico conduce a formazione di solfati di calcio pochissimo solubili. Non rientra nel caso II A) perché questi solfati provocano reazioni secondarie con altri componenti del cemento e sarà, per questo, descritta a parte. AZIONE DEI SALI: E' questa una reazione di scambio ionico e pertanto può avvenire solo dopo che è iniziata la dissoluzione della calce e in presenza d'acqua. A) In presenza di sali coerenti in Ca(OH) 2 si ha formazione di prodotti insolubili che formano uno strato protettivo p.es. Azione del cloruro di magnesio: lo ione Mg ++ sostituisce lo ione Ca ++ cioè: MgCl Ca(OH) > Mg(OH) 2 + CaCl 2 Insolubile Solubile B) In presenza di sali non coerenti in Ca(OH) 2 si ha formazione di sali solubili e gas volatili si ha cioè EROSIONE

9 p.es. due ioni NH4 + del cloruro d'ammonio sostituiscono lo ione Ca ++ cioè: 2NH 4 Cl + Ca(OH) > 2NH 3 + 2H 2 O + CaCl 2 Gas Solubile Uno schema di questo tipo si applica a tutti i cloruri e a tutti i nitrati. Questi sali sono presenti in grande concentrazione in tutti i materiali disgelanti e in molti fertilizzanti così come negli eluati dei rifiuti sia civili sia industriali. In ogni caso perché ci sia aggressione devono essere presenti contemporaneamente due fattori: l'aggressivo e l'acqua. Un calcestruzzo sarà aggredibile solo se permeabile all'acqua e se sarà in condizioni di umidità variabili di frequente nel tempo. Un calcestruzzo compatto è pressoché impermeabile e quindi poco o nulla aggredibile dagli acidi e dai sali così come li abbiamo definiti. AZIONE DEI SALI SOLFATICI Anche in questo caso si tratta di una reazione di scambio ionico e quindi può avvenire solo in presenza di calce in dissoluzione e di acqua. Non rientra negli schemi proposti perchè lo scambio ionico conduce alla formazione di CaSO 4 (solfato di calcio) cioè lo stesso materiale che viene utilizzato come regolatore di presa. Con il C 3 A del cemento il solfato genera solfoalluminati: cristalli insolubili che occupano un volume molto maggiore di quello dei composti di partenza (ricordate l'ettringite?). In quantità giuste tali cristalli sono componenti essenziali in quantità eccessiva generano una notevole e pericolosa ESPANSIONE. La reazione chimica la conosciamo già ma forse vale la pena di ricordarla (equazione 4): Esistono ancora due tipi di attacchi cui può essere soggetto il calcestruzzo uno di tipo fisico e uno di tipo chimico che nell'introduzione di questa relazione abbiamo definito come: "cause interne di degrado". Riteniamo sia opportuno evidenziarle. REAZIONE ALCALI-SILICE E ALCALI-AGGREGATO. Avviene per reazione degli alcali presenti nel cemento (K 2 O, Na 2 O, CaO) o in alcuni aggregati (p.es. feldspati) con i componenti più reattivi degli aggregati stessi. Si possono citare due casi: A) Aggregati contenenti silice attiva (solubile). Si ha formazione di un gel CaO-K 2 O-Na 2 O-nH 2 O che può portare a conseguenze diverse a seconda che: A.1) Il CaO sia in forte eccesso. Il gel che si forma non è espansivo ma si deposita sulla superficie degli aggregati e ne annulla la coesione con la pasta di cemento. A.2) Vi sia eccesso di alcali (K 2 O, Na 2 O). Il gel che si forma diviene fortemente espansivo per adsorbimento d'acqua. L'espansione è notevole e porta sempre alla comparsa di fessure molto caratteristiche. B) Aggregati dolomiaci (Ca.Mg(CO 3 ) 2 ). Si ha formazione di Mg(OH) 2 insolubile e di CaCO 3, K 2 CO 3, Na 2 CO 3 altrettanto insolubili ma di volume molare nettamente superiore ai costituenti. Si ha anche qui un'espansione ma i danni sono sempre notevolmente minori che nel caso precedente. A questi tipi di aggressione, purtroppo, non c'è rimedio. Occorre solo accertarsi bene della natura degli aggregati prima di utilizzarli per la confezione del calcestruzzo. E' comunque buona regola, peraltro codificata dalle norme vigenti (UNI 8520), sottoporre sempre tutti gli aggregati per calcestruzzo a prove di laboratorio atte ad escludere ogni loro potenziale reattività. ATTACCO DEL GELO. I fenomeni criogenici in sistemi capillari (quali appunto il calcestruzzo) sono materia di studio vastissima che, tuttavia, in prima approssimazione, si può così sintetizzare. L'aumento di volume dovuto alla formazione del ghiaccio crea delle sovrappressioni che spostano l'acqua interstiziale, generando, nel contempo, modeste quantità di calore (dovute al comprimersi dell'aria presente). Tale calore abbassa il punto di congelamento dell'acqua contenuta nei capillari più interni (acqua di saturazione). Chiamando "t 0 " la temperatura di congelamento dell'acqua a pressione atmosferica e "t 1 " la temperatura di congelamento dell'acqua di saturazione possiamo distinguere due casi: 1) GELO MODERATO - Si ha quando la temperatura dell'aria è compresa tra "t 0 " e "t 1 " (di solito tra 0 e -5 C). Il fronte del gelo avanza molto lentamente dall'esterno verso l'interno. L'acqua interstiziale viene spinta lentamente verso la superficie dove a sua volta gela. Si creano delle sovrappressioni molto modeste che tuttavia sono in grado di innescare numerose microfessure.

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