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2 INDICE GENERALE Prefazione (di Giuseppe Lissa) p. 9 Premessa» 19 Abbreviazioni» Il vuoto e la catastrofe ontologica» La meccanizzazione della natura» Tra immaginazione e realtà» Il tramonto dell horror vacui» Il Récit e l esperimento del Puy de Dôme» Nuovi dubbi riguardo alla relazione sull esperimento del Puy de Dôme: la tesi di S. Matton» Il Traité du vide» Libertà di ricerca e trionfo del meccanicismo» Gli interlocutori della ragione» La scienza tra immaginazione e prevenzione» Tradizione, ragione e prevenzione» Il geometra all opera» Il Saggio sulle coniche e la Generatio conisectionem» La sete di unità e la ricerca di un metodo unico e generale» Probabilità e scommessa»

3 4.4. La Lettera dedicatoria all Accademia Parigina p «L espace n est ni corps, ni esprit; mais il est espace»» L infinito e l unità» La scienza ripudiata?» La roulette» Il concorso sulla roulette tra controversie ed errori» Amos Dettonville-Pascal inventore del calcolo integrale?» Filosofia e scienza nei Trattati sulla roulette» L infinito matematico e l infinito divino» 358 Conclusione» 375 Bibliografia» 391 I. Opere di carattere bibliografico» 391 II. Edizioni delle opere pascaliane in lingua originale» 391 Opere complete» 391 Opere scientifiche» 392 III. Traduzioni in lingua italiana» 392 Lettere provinciali e Pensieri» 392 Opere scientifiche» 393 IV. Bibliografia su Pascal savant» 394 V. Bibliografia generale» 447 Indice dei nomi»

4 PREFAZIONE «Se, dunque, certi spiriti fini non sono geometri, è perché sono del tutto incapaci di volgersi verso i princìpi della geometria; mentre la ragione per cui certi geometri difettano di finezza è che non scorgono quel che sta dinanzi ai loro occhi e che, essendo usi ai princìpi netti e tangibili della geometria, e a ragionare solo dopo averli ben veduti e maneggiati, si perdono nelle cose in cui ci vuol finezza, nelle quali i princìpi non si lasciano trattare alla stessa maniera. Infatti, esse si scorgono appena; si sentono più che non si vedano; è molto difficile farle sentire a chi non le senta da sé: sono talmente tenui e in così gran numero che occorre un senso molto perspicuo e molto delicato per sentirle, per giudicarne poi in modo retto e giusto secondo tale sentimento, senza poterle il più delle volte dimostrare con ordine rigoroso, come nella geometria, perché non se ne possiedono nella stessa maniera i princìpi e volerlo fare sarebbe un impresa senza fine. Bisogna cogliere la cosa di primo acchito con un solo sguardo, e non per progresso di ragionamento almeno fino a un certo punto» 1. Pascal pensa in un momento particolarmente delicato della storia dello spirito europeo. Egli pensa nel momento che segna il passaggio dal cosmo, dal «mondo chiuso all universo infinito», il momento in cui l uomo, avendo perso «il mondo in cui 1 B. Pascal, Pensieri, trad. it. P. Serini, Torino, Einaudi, 1962, p. 6. 9

5 viveva e al quale pensava», è costretto a mutare «lo stesso quadro istituzionale del suo pensiero». Questo determina una cesura decisiva, perché, quando perde il cosmo, l uomo perde anche il riferimento a una misura suscettibile di ordinare e orientare la sua vita. Insieme al cosmo vengono meno, infatti, le «idee» che avevano consentito di rappresentarsi «il mondo come un tutto finito, chiuso e gerarchicamente ordinato», che avevano, cioè, permesso di immaginarlo come un mondo «nel quale la gerarchia dei valori determinava la gerarchia e la struttura dell essere, risalendo dalla terra oscura, pesante e imperfetta, alla via via crescente perfezione delle stelle e delle sfere celesti». L universo «indefinito o infinito» che succede a quel mondo è «tenuto insieme dall identità delle sue componenti e leggi fondamentali, tutte collocate allo stesso livello d essere». E questo comporta conseguenze rilevantissime sul piano etico-religioso. Il passaggio determina, infatti, «lo sradicamento dal pensiero scientifico di ogni considerazione basata su concetti di valore, quale perfezione, armonia, significato e scopo, ed infine la completa svalorizzazione dell essere, il divorzio tra il mondo dei valori e il mondo dei fatti» 2. Dopo questo passaggio l uomo viene a trovarsi in una singolare quanto imbarazzante situazione. Il nuovo strumento di investigazione del quale si è fornito, la ragione matematica, gli consente, attraverso una sapiente utilizzazione degli esperimenti, un accesso diretto alla conoscenza dell universo. Essa lo aiuta, dunque, a orientarsi nel mondo nuovo, e non si limita a questo. Nel momento in cui gli rivela l incatenamento dell ordine meccanicistico che regola il funzionamento dell universo, gli consente di accedere anche al suo controllo. Poiché apre la strada alla «possibilità di far penetrare la teoria nell azione», mette a sua disposizione tutte le dimensioni del mondo esterno, dimostran- 2 A. Koyré, Dal mondo chiuso all universo infinito, trad. it. L. Cafiero, Milano, Feltrinelli, 1970, p

6 do che l intelligenza teorica è suscettibile di convertirsi in realtà, inaugurando la coesistenza tra «una tecnologia e una fisica» 3. In tale situazione nasce però un problema. La ragione matematica, che è essenzialmente facoltà di proporzioni, rivela una sproporzione di fondo. Essa rende visibile il fatto che nel nuovo universo, concepito come una smisurata costruzione meccanica, ordinantesi e funzionante secondo proprie leggi, esprimibili in termini matematici, proprio l uomo, che è il padrone di quella ragione, capace di interpretare quelle leggi e il linguaggio matematico che le esprime, non è in rapporto con la realtà di quell universo. A differenza del cosmo antico e medievale che era costruito intorno all uomo, ai suoi bisogni e alla sua destinazione, questo nuovo universo non si presenta come suscettibile d essere messo in rapporto con le sue sorti. In questo universo l uomo si trova gettato come uno straniero, come un essere inopinatamente precipitato «in un mondo in cui nulla è in rapporto con le sue aspirazioni umane» 4. Egli vi si ritrova, come dice Pascal, come un estraneo che non sa chi l abbia messo al mondo, né sa cosa sia il mondo, né sa che cosa sia egli stesso 5. Quest uomo si trova, dunque, in una situazione paradossale. Sa come funziona il mondo, sa come poter sfruttare questo sapere, ma non sa cosa sia il mondo e, in modo particolare, non comprende cosa sia il mondo umano che sembra sfuggire alle prese della sua ragione. Non lo comprende, né se pretende di avervi accesso, come vuole Cartesio, tramite la ragione scientifica, l esprit de géométrie, né se, come farà Bayle, sulle orme di Montaigne, abbandonandosi allo scetticismo, proclama l impotenza della ragione. 3 Idem, Dal mondo del pressappoco all universo della precisione, trad. it. P. Zambelli, Torino, Einaudi, 1967, p B. Groethuysen, Filosofia della rivoluzione francese, trad. it. G. Tarizzo, Milano, Il Saggiatore, 1967, p B. Pascal, Pensieri, cit., pp

7 Ma l uomo non può nutrirsi solo di dubbi. Egli non può inoltrarsi, come per l appunto fa Bayle, sulla strada della filosofia identificandola come una via di smarrimento. Egli non può limitarsi a dire, per l appunto come dice Bayle, che poiché «i lumi filosofici lo conducono soltanto a fargli, infine, ammettere di sapere di non sapere nulla, fatto che è il nec plus ultra della filosofia», «il miglior uso che si possa fare degli studi di filosofia è quello di riconoscere che essa sia una via di smarrimento» 6. Pascal, come si deduce dal frammento citato sui due «esprits», esclude perentoriamente una simile eventualità. Secondo lui, c è un pensiero che può farsi strada nel labirinto della condizione umana. Esso non è il pensiero razionale che getta luce sul modo d essere del mondo esterno, non è l esprit de géométrie. A differenza dell esprit de géométrie, che è uno strumento cui non manca una qual certa rigidità, questo pensiero è un congegno flessibilissimo, particolarmente adatto a sposare la variabilità e la multiformità del mondo umano. Questo pensiero è, per l appunto, l esprit de finesse. L uomo, dunque, non è destinato a rimanere fermo, imprigionato nella sua perplessità al cospetto del nuovo mondo che non lascia intravedere da nessuna parte un centro, suscettibile di ricondurlo ad unità. Egli può inoltrarsi in esso per condurre la sua ricerca. E può avventurarsi sia nel mondo fisico, nel mondo della natura, sia nel mondo umano, nel mondo della storia. Egli può dar corso alla sua ricerca in entrambi gli ambiti. Ma deve tener conto della linea di separazione che li attraversa. Il mondo dell unità è ormai finito. Pascal pensa nel momento in cui l essere descritto dall onto-teo-logia medievale è scoppiato, e la totalità del mondo è caduta in frantumi. Per questo il suo pensiero si presenta frammentario, quasi disperso. Tutte le sue opere, sia quelle scientifiche, sia quelle che, unificate, avrebbero 6 P. Bayle, Dictionnaire historique et critique, Article Bunel, note E, cit. in B. Groethuysen, op. cit., p

8 dovuto dar luogo al suo grande trattato sull uomo, i Pensieri, si presentano come annotazioni, in apparenza quasi slegate tra di loro come se fossero prive di un vero e proprio centro, intorno al quale ricomporsi in un ben preciso ordine. Ma si tratta solo d apparenza. Sia i suoi contributi scientifici, sia i suoi scritti sull uomo, al di là della loro frammentarietà, rivelano una volontà e una tensione all unificazione, che non si può discutere. Come dice Maria Vita Romeo in questo bel libro che, con notevole acribia e pazienza esegetica, si inoltra nella foresta degli scritti frammentari prodotti da Pascal nel corso di una vita breve, ma dedicata, quasi fino alla fine, alla ricerca della verità sul mondo e sull uomo, tutte le sue ricerche «appaiono collegate da un filo conduttore: la ricerca dell infinito» 7. Ragion per cui è possibile ritrovare e individuare nelle sue opere scientifiche, come in quelle etico-religiose, quelli che sono «gli elementi chiave del suo pensiero: il concetto di infinito e quello di unità» 8. Ma questa ricerca richiede la mobilitazione e l impiego sia dell esprit de géométrie sia dell esprit de finesse, che, sapientemente impiegati, ciascuno nel suo ambito, possono ambire a raccogliere i frammenti del mondo per ricomporli, in prospettiva, in una nuova unità. Maria Vita Romeo, che s è occupata del pensiero morale e religioso di Pascal in un altro libro su Verità e bene, uscito nella collana di filosofia e scienze umane «Dialogos» diretta da Giuseppe Pezzino 9 e che ha curato, per le Edizioni Greco 10, una versione italiana dei suoi Scritti di fisica, ci accompagna, quasi tenendoci per mano, con puntiglio e con competenza, lungo la strada percorsa da Pascal nel tentativo di costruire una visione 17 Infra, p Cfr. infra, p M. V. Romeo, Verità e bene. Saggio su Pascal, C.U.E.C.M., Catania, B. Pascal, Scritti di fisica, introduzione, traduzione e note di M. V. Romeo, Catania, Greco,

9 complessiva dell essere del mondo fisico. Ricostruisce le tappe del suo pensiero geometrico e fisico e fa vedere come Pascal abbia nel corso delle sue investigazioni elaborato una epistemologia ben precisa della ricerca scientifica. Questa epistemologia è fondata su un metodo rigoroso di indagine che lega tra loro comprensione ed esperienza in un legame indissolubile, di tipo circolare. Servendosi dell esprit de géométrie per vedere e comprendere, Pascal dimostra che per ben vedere e ben comprendere bisogna esser pronti a riconoscere che vi sono delle cose che non possono essere viste senza esser prima comprese. Egli ipotizza cioè che tra l esperimento e la comprensione razionale intercorra un rapporto molto particolare. Da una parte l esperimento verifica l ipotesi formulata prima di esso, consentendo così di accedere alla sua comprensione. Dall altra parte la comprensione, rendendo possibile la formulazione dell ipotesi, è alla base della costruzione dell esperimento. Nell interpretare, alla sua maniera, le caratteristiche dell esprit de géométrie, Pascal non abbraccia, dunque, né il razionalismo intransigente di Cartesio, né l empirismo intransigente di Bacone. Innova su questo punto sia rispetto all uno, sia rispetto all altro e, innovando, si ricollega alla grande tradizione che si era espressa al massimo livello in Galilei. Nel contesto che si determina con la costruzione e l applicazione di un simile metodo, diventa non dirimente se non addirittura poco rilevante, secondo la Romeo, stabilire se risulta vera l ipotesi avanzata in un celebre saggio, Pascal savant, da A. Koyré, ripresa e rilanciata in altri recenti studi che la Romeo discute con conoscenza di causa e intelligenza, secondo la quale alcuni degli esperimenti da lui descritti, per svariate ragioni tutte elencate nel testo, sono esperimenti mai fatti, esperimenti, dunque, immaginari. Non c è dubbio, Pascal si serve di esperimenti simili, di esperimenti fittizi ma, osserva la Romeo, questo fatto «non deve sor- 14

10 prenderci: i cosiddetti esperimenti mentali, infatti, fanno parte della tecnica scientifica sperimentale del XVII secolo» 11. E neanche il fatto che gli esperimenti descritti da Pascal presentano, a volte, un carattere innegabile di schematicità, deve scandalizzarci più di tanto. Che essi siano, a volte, frutto della sua immaginazione non li rende meno funzionali alla elaborazione della fisica nuova, la quale dipende, più che dalla discutibilità di simili esperimenti, dalla possibilità di definire «un metodo unico e generale», capace di forzare l enigma delle cose, facendoci accedere, per esempio, quando si studiano i comportamenti dei fluidi, alla formulazione «di una legge generale che racchiuda in sé i diversi casi particolari del comportamento» che essi hanno in natura 12. Ma la Romeo non si limita a ricostruire, interpretandola, la posizione di Pascal. Fa vedere anche come le riserve di Koyré derivino dai sospetti di Boyle e ricostruisce una bella pagina di storia della scienza, non universalmente nota, dimostrando, con analisi testuali circostanziate, che anche quando, in qualche modo, accordando fiducia alla sua fantasia teorica, Pascal si consente qualche confidenza con il reale, depurandolo dei suoi elementi accidentali per adeguarlo al razionale, egli non compromette mai il rigore e l attendibilità delle sue formulazioni. Ma quale è il senso delle sue ricostruzioni scientifiche? L epistemologia di Pascal approda, forse, dopo la seconda conversione, a una critica della scienza o, piuttosto, dell ideologia scientifica rivolta a colpire l orgoglio umano che essa produce, la volontà di potenza dell uomo che essa fonda e installa per ricondurlo all umiltà di fondo della sua condizione, che rimane miserabile anche quando i suoi saperi e i suoi poteri si allargano? Molte interpretazioni si sono orientate in questa direzione, costruendo quello che è diventato un po un cliché di un Pascal dispregiatore della scienza. 11 Cfr. infra, p Cfr. infra, p

11 La Romeo non le condivide. Ella pensa che le cose non stiano in questi termini. Secondo lei, mai Pascal giunge a svalutare la scienza. Egli non contraddice l indicazione fornita circa la necessità di tenere separato l ambito nel quale occorre esercitare l esprit de géométrie da quello nel quale occorre esercitare l esprit de finesse. L uno non può a un certo momento rivolgersi contro l altro per svalutarlo. E quando in un noto frammento scrive: «La scienza delle cose esteriori non ci consolerà dell ignoranza della morale al tempo di afflizione, ma la scienza della morale mi consolerà sempre dall ignoranza delle scienze esteriori», non intende affatto negare il valore della ricerca scientifica. Intende semplicemente dire che non bisogna mai «impegnarsi unicamente nello studio delle scienze esatte», che bisogna evitare questo pericolo «che ci indurrebbe inevitabilmente alla lassitude, distogliendoci così dal nostro obiettivo primario: la ricerca della verità ultima» 13. Per questo, anche quando, dopo la notte del Memoriale, ha ormai la mente occupata da altri problemi, egli «non smette mai di dedicare parte del suo tempo allo studio di quelle scienze astratte che, pur risultando inutili ai fini della salvezza, conservano ai suoi occhi una loro utilità» 14. La seconda conversione non interrompe perciò il suo accanito lavoro scientifico, che egli abbandona solo quando vi è costretto dal peggioramento delle sue condizioni di salute verificatosi verso la fine del Pensando, come si è detto, nel tempo in cui è venuta meno la possibilità di riferirsi a una totalità il cui senso sia immediatamente accessibile, Pascal non rinuncia, dunque, a scrutare il senso velato di questa totalità. Su questo punto si può concordare con la Romeo. Certo, egli respinge la concezione cartesiana costruita sul legame metafisico tra la religione e la scienza, e non pensa, come 13 Cfr. infra, p Cfr. infra, p

12 lo pensava Cartesio, che la ragione matematica sia in grado di restituire l unità e l armonia dell essere. Ritiene, infatti, che gli ambiti dell essere siano così differenti da dover essere esplorati servendosi di ragioni appropriate ad ognuno di essi. E insiste perciò sulla distinzione tra esprit de géométrie ed esprit de finesse. Ma cerca l unità e la cerca riflettendo, come dice giustamente la Romeo, sull infinito, sia sull infinito matematico, sia sull infinito metafisico, come dimostra il celebre frammento dei Pensieri nel quale Pascal li prende in considerazione, stabilendo tra loro un parallelo. Questo non si può negare. Non si può negare, però, nemmeno che l unità cercata non è l unità trovata e che l infinito matematico non è l infinito metafisico. Quel che, secondo me, è notevole nell impostazione di Pascal è che, dopo aver definito il modo d essere dell infinito matematico, egli ammette che l infinito metafisico non ha volto, non è qualcosa di identificabile. Nel momento in cui si rifiuta di imprigionare il volto dell infinito entro i confini identitari assegnatigli da un logos, desunto dal pensiero greco, come aveva fatto in parte la patristica, e senza incertezze la scolastica, Pascal recupera una concezione squisitamente religiosa dell infinito, la concezione per la quale l essenza dell infinito non è nella sua manifestazione. Egli comprende allora che l infinito non è alla portata di nessun sapere, né di quello costruito dall esprit de géométrie, né di quello costruito dall esprit de finesse. Questo non vuol dire che, in ultima istanza, si abbandoni alla disperazione nei confronti di ogni possibilità di stabilire un contatto con l infinito. Adoperato con la sapienza dovuta, l esprit de finesse ci apre la strada alla comprensione che, benché non sia alla nostra portata l accesso all infinito, non per questo viene meno la possibilità di ogni rapporto. Benché non ceda ai poteri della manifestazione, l Infinito si rivela. Ma lo fa senza che l uomo possa far niente per rendere possibile la rivelazione. La rivelazione è gratuita. Essa è un dono che l Infinito fa al fini- 17

13 to, il quale non ha altro potere in questa faccenda se non quello che, nella rinunzia a tutto il suo essere, lo spinge all accettazione. Accettazione non facile, perché essa comporta un assunzione di responsabilità che prende corpo in un movimento di rinuncia alle prerogative della libertà umana che può essere anche senza fine. Il gioco della grazia spiazza i giochi della conoscenza, sia della conoscenza costruita dall esprit de géométrie sia della conoscenza costruita dall esprit de finesse. È questo gioco a mantenere separate ragione e fede in una maniera tale da impedire alla prima di smentire la seconda e alla seconda di operare violenza nei confronti della prima. Per questo, se in un mondo, che, come il mondo moderno sembra uscito fuori dai suoi cardini, il Dio che era stato preso di mira dalla teologia, e che era stato concepito dalla tradizione come il fuoco visibile e invisibile della metafisica generale, si è nascosto, si vuole evitare che la totalità continui a rimanere frammentata e se si desidera, come lo desidera Pascal, che il pensiero si proietti, al di là dei frammenti, per attingere il cuore vivo di tutto quel che è e che diviene, occorre rivolgersi al Dio della fede, al «Dio di Abramo, Dio di Isacco, Dio di Giacobbe e non dei filosofi e degli scienziati» e contare sul dono di rivelazione che si sprigiona dalla figura di Gesù Cristo, perché solo grazie a questo dono si accende la luce che illuminandolo a giorno fa vedere quale sia il senso che ha tutto quel che è e che diviene e che, in quanto tale, concerne eminentemente l uomo. Giuseppe Lissa 18

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