Riforme finanziarie in Europa: le false soluzioni Andrea Baranes

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1 Riforme finanziarie in Europa: le false soluzioni Andrea Baranes Abstract L'Unione Europea sta studiando nuovi strumenti per migliorare il finanziamento dell'economia, delle infrastrutture e delle piccole e medie imprese. Proposte che vanno nella direzione di un'ulteriore espansione dei mercati finanziari e del rilancio del sistema bancario ombra, delle cartolarizzazioni e di altre operazioni. Quali sono i rischi di tali strumenti, e quelli di una nuova bolla finanziaria? E' possibile partire dall'assunto che la finanza privata sia la soluzione e quella pubblica il problema? In secondo luogo, di fronte a un sistema ipertrofico e autoreferenziale, che senso ha allargare ulteriormente la torta finanziaria, invece di ridurla ma fare in modo che una fetta nettamente più grande sia destinata alle attività economiche? 1. Cosa succede in Europa (e in Italia)? In Europa la tanto annunciata e proclamata ripresa economica stenta. Se ci sono alcuni segnali positivi, siamo ben lontani da una inversione di rotta rispetto alla crisi degli ultimi anni. La disoccupazione in molti Paesi rimane elevata, le diseguaglianze crescono. Uno dei principali problemi è la difficoltà di accesso al credito per buona parte del sistema produttivo e per le famiglie. Pochi investimenti, consumi che ristagnano, e un sistema bancario e finanziario che non sostiene l'economia. Questo è vero in particolare in Paesi quali l'italia. Le sofferenze bancarie (ovvero la quantità di crediti che non vengono restituiti) sono ormai intorno al 10%, un'enormità. Difficoltà che spingono le banche a chiudere i rubinetti del credito e non prestare alle imprese. Queste ultime si trovano quindi a loro volta in difficoltà, il che fa aumentare le sofferenze, in una spirale che si autoalimenta. Più in generale, l'enorme quantità di denaro immessa dalla BCE con diverse iniziative, ultima in ordine di tempo il Quantitative Easing QE 1, rimane incastrata in una finanza sempre più autoreferenziale, e non arriva all'economia. Un eccesso di liquidità da un lato, una mancanza dall'altro: mentre in Italia diminuiscono i crediti erogati dalle banche, in Europa circolano oltre miliardi di euro di titoli a tasso negativo. Al culmine del paradosso, uno dei principali effetti del QE è lo spingere anche piccoli risparmiatori e fondi pensione verso strumenti sempre più rischiosi, alla disperata ricerca di un qualche profitto. Al di là dell'incredibile inefficienza del sistema, il rischio è di gonfiare ulteriormente una finanza ipertrofica mentre economia e occupazione rimangono al palo; la definizione stessa di una nuova bolla finanziaria. Se la finanza privata si dimostra per l'ennesima volta tanto inefficiente quanto inefficace nel sostenere l'economia, dall'altra parte, l'austerità ha depresso la domanda pubblica e i consumi. I tagli alla spesa pubblica stanno avendo impatti molto pesanti non solo dal punto di vista sociale ma anche da quello macroeconomico. Per questi motivi l'unione Europa sta mettendo in campo diverse misure che dovrebbero fare ripartire la crescita economica. Uno dei più importanti è la Capital Markets Union o CMU. Un insieme di iniziative mirate in particolare a creare nuovi canali di finanziamento per le piccole e medie imprese, le infrastrutture e particolari settori economici. 1 Per un'analisi critica del Quantitative Easing vedi Non Con I Miei Soldi, Come funziona o non funziona il Quantiative Easing, -o-non-funziona-%c2%ad-ilquantitative-easing/ 1

2 2. Capital Markets Union L'idea di fondo del CMU è che se le banche non sono in grado di finanziare l'economia, allora è necessario trovare dei canali finanziari complementari, ovvero sviluppare il mercato dei capitali e altre forme di prestito non bancario. Come spiega Finance Watch 2, alla base c'è l'idea che l'economia europea dipenda troppo dal credito bancario, rispetto ad esempio agli USA, e sia quindi necessario sviluppare ulteriormente i mercati finanziari, anche in considerazione del fatto che i crediti potrebbero ulteriormente diminuire a seguito dell'applicazione delle nuove regole sul rischio bancario, tra le quali la diminuzione della leva finanziaria. Lo sviluppo del mercato dei capitali significa pensare a specifici strumenti per convogliare parte delle risorse di fondi pensione, risparmiatori e altri investitori verso PMI e infrastrutture. In assoluto, una tale proposta potrebbe effettivamente consentire di drenare parte della liquidità in eccesso nella finanza, ma i problemi e i rischi non mancano. Da un lato rischi per pensionati e piccoli risparmiatori. La crisi dei mutui subprime ha reso sin troppo evidente come tali soggetti si siano ritrovati a loro insaputa proprietari di titoli che si sono rivelati carta straccia. Dall'altro il mettere in piedi strumenti per permettere anche alle PMI di accedere ai mercati finanziari potrebbe significare un'ulteriore espansione di una finanza ipertrofica e che avrebbe bisogno di una seria cura dimagrante. Un ulteriore rischio sarebbe in capo all'insieme dei contribuenti: attualmente i fondi pensione hanno limiti severi alle tipologie di titoli nei quali possono investire. Il motivo è che se uno di tali fondi dovesse andare in crisi a seguito di scelte di investimento avventate, sarebbe probabilmente necessario un intervento pubblico per tutelare le pensioni degli aderenti. Allargando lo sguardo, le proposte oggi in discussione sembrano completamente ignorare il maggiore problema che ci troviamo di fronte. Come accennato, e per dirla con uno slogan, la crisi attuale non è dovuta al fatto che non ci sono soldi, ma che ce ne sono troppi; è che sono (quasi) tutti dalla parte sbagliata. La creazione di ulteriori strumenti per espandere ulteriormente la sfera finanziaria può davvero essere una soluzione? Non sarebbe forse meglio pensare a come deviare la sterminata liquidità esistente verso un qualche impiego economicamente e socialmente utile? Pensiamo alla quantità di strumenti finanziari che non hanno nessun ruolo per l'economia, ma il cui unico compito è quello di impiegare l'eccesso di liquidità. L'esempio forse più clamoroso è quello delle opzioni binarie, che ha conosciuto un notevole successo negli ultimi anni, e che permettono di scommettere sul fatto che un dato titolo (azione di un'azienda o altro) salirà o scenderà nel prossimo futuro. In pratica è come giocare a testa o croce, con la differenza che chi organizza la scommessa si tiene comunque una commissione che di solito si aggira intorno al 15%. Non un euro dei soldi che girano in tali scommesse vanno a finanziare l'economia, ma l'esplosione di tali strumenti non fa altro che aumentare la volatilità e l'instabilità. Un discorso simile si potrebbe ripetere per ETF o ETC, indici che seguono l'andamento di determinati titoli o panieri di titoli. Posso scommettere sulla crescita dei prezzi delle materie prime o di qualunque altro asset, nuovamente senza che un solo euro del mio investimento sia diretto all'economia reale. Strumenti che anche un piccolo risparmiatore può acquistare con poche decine di euro. Al di là di strumenti puramente sintetici, è la quasi totalità della finanza a essersi staccata dall'economia. Oggi circa il 99% del mercato delle valute non è legato a operazioni di importexport, ma è costituito da speculazioni sull'oscillazione dei cambi; così come il 99% dei derivati non vien utilizzato a fini assicurativi, ma come scommessa futura sull'andamento dei prezzi. Il 99% 2 Finance Watch, L'Unione dei Mercati dei Capitali in cinque domande, maggio

3 di quello che chiamiamo finanza andrebbe chiamato sala scommesse, casinò o simili, ma semplicemente non fa quello che dovrebbe fare. Il novantanove per cento. 3. Sistema bancario ombra, cartolarizzazioni & C. Questa volta è diverso... E' l'impianto generale del CMU a essere estremamente preoccupante, e in particolare la ricerca di forme alternative di finanziamento. Il ragionamento è il seguente: dopo la crisi sono state rafforzate alcune norme di vigilanza sul sistema bancario (a partire dal nuovo accordo di Basilea), il che ha reso più complesso per le banche finanziare le PMI e le famiglie. Pensiamo allora a favorire operazioni simili a quelle svolte dalle banche, ma realizzate da soggetti e veicoli che non devono sottostare alle regole e limiti che riguardano il sistema bancario. In altre parole, misure per favorire ed espandere il sistema bancario ombra, o shadow banking system. Lo stesso sistema finito sotto accusa solo pochi anni fa come uno dei principali responsabili della crisi, dove quasi tutto è consentito, al di là di ogni controllo o forma di trasparenza. Nella stessa direzione, le istituzioni europee hanno già avviato un programma di cartolarizzazioni, nella speranza di permettere alle banche di erogare più credito. Si tratta di un'operazione che permette di convertire un credito in titoli finanziari. Per capire, una banca che concede un mutuo ha un credito nei confronti del mutuatario, sopporta il corrispondente rischio e deve aspettare il rimborso del prestito rata dopo rata, il che vuol dire tenere bloccato un capitale anche per decenni. Se però la banca può trasformare tale credito in un'obbligazione da rivendere a terzi, saranno ora questi ultimi a ricevere un pagamento legato alle rate del mutuo. La banca si disfa del rischio e libera capitali freschi da utilizzare per nuove operazioni. Nel momento in cui le nuove regole per limitare i rischi per le banche (in primo luogo l'accordo di Basilea) prevedono che per prestiti giudicati più rischiosi, come appunto mutui o prestiti a PMI, le banche debbano tenere da parte una considerevole quantità di capitale proprio, le cartolarizzazioni permettono di non tenere bloccato tale patrimonio, ma di utilizzarlo per nuove operazioni. Quello che nuovamente sembra completamente assente dal dibattito è che tale meccanismo è stato al centro della bolla dei mutui subprime, con banche e intermediari finanziari che concedevano mutui anche a clienti senza garanzie né reddito (appunto i clienti subprime), perché subito dopo trasformavano tale mutuo in titoli finanziari che venivano rivenduti in tutto il mondo. Quando è scoppiata la bolla, nessuno sapeva dove fossero finiti i titoli tossici e una crisi del settore immobiliare USA si è rapidamente trasformata in una crisi di fiducia e finanziaria globali. A distanza di soli otto anni, non solo tale pratica non è stata bloccata, ma viene riproposta come una delle principali soluzioni per rilanciare l'economia. Oggi si parla di cartolarizzazione di alta qualità - high quality securitization - intendendo con tale espressione la volontà di non replicare gli eccessi degli scorsi anni. Nei fatti, però, i problemi del passato sembrano più o meno intatti. In linea generale, il problema di fondo è il venire meno del rapporto che lega creditore e debitore: uno dei compiti fondamentali delle banche è quello di valutare il merito di credito del richiedente: le banche impiegano i risparmi dei correntisti, e devono pertanto valutare con estrema attenzione i rischi corrispondenti. Se però so che potrò rivendere tale credito a terzi, crolla il presupposto di base della stessa attività creditizia. Le cartolarizzazioni sono operazioni complesse, strettamente legate, se non parte integrante, dello stesso sistema bancario ombra. I problemi non si limitano alle operazioni in sé e alle società che li realizzano, ma anche alla trasmissione del rischio agli acquirenti, ovvero nuovamente anche a piccoli risparmiatori, fondi pensioni e dintorni. Chi compra i titoli frutto delle cartolarizzazioni compra anche il rischio connesso. Esiste una asimmetria evidente tra gli istituti finanziari che realizzano tali operazioni e gli acquirenti finali. Quanto le nuove norme in discussione in Europa rischiano di ampliare ulteriormente tale asimmetria? 3

4 Un rischio che si manifesta in generale nell'intero impianto della CMU, che sta studiando modi per permettere a tutti i cittadini dell'ue di accedere liberamente ai nuovi strumenti e mercati che si vorrebbero mettere a punto. L'idea è che i cittadini dei Paesi più forti potrebbero così investire nelle PMI della periferia europea, risolvendo con un colpo di bacchetta magica gli attuali problemi. In altre parole, nella CMU uno dei capitoli riguarda un'ulteriore smantellamento dei (pochi) controlli e limiti sul movimento di capitali ancora esistenti. 4. Dall'Europa all'italia Se questo è il modello che viene promosso in Europa, qui in Italia le indicazioni non sembrano più confortanti. Dopo avere promosso per Decreto una trasformazione delle banche popolari di maggiori dimensione in S.p.A. e avere avviato una riforma di quelle cooperative, il governo sta negoziando con la Commissione europea la creazione di una bad bank, ovvero un veicolo che assorba parte dei crediti inesigibili delle banche. Riguardo la bad bank sono diverse le perplessità, non solo della Commissione europea che vuole verificare che non si tratti di aiuti di Stato, ma più in generale nel capire quali crediti deteriorati verrebbero acquistati da questo veicolo, a quale prezzo, chi dovrebbe farsi carico dell'operazione tra governo, Cassa Depositi e Prestiti o altri, quali potrebbero essere i potenziali impatti sui conti pubblici, e via discorrendo. Ancora peggio, il rischio della bad bank così come quello delle cartolarizzazioni è quello di esasperare l'azzardo morale, ovvero un incentivo per le banche a non valutare correttamente il merito di credito e i rischi delle proprie operazioni: finché le cose vanno bene i profitti sono privati, quando il giocattolo si rompe interviene il paracadute pubblico, e si socializzano le perdite. Il comportamento razionale dell'attore economico è allora quello di assumersi rischi sempre più alti. Sono ancora maggiori le perplessità sulla riforma delle popolari. Se una revisione della governance era probabilmente necessaria, non si capisce dove siano gli elementi di straordinaria urgenza e necessità richiesti dal nostro ordinamento per procedere tramite un Decreto e non per via parlamentare. Nel merito, il rischio è quello di ridurre o eliminare la necessaria biodiversità bancaria e andare verso un modello a taglia unica, dove la taglia è quella dei conglomerati di maggiori dimensioni, gli stessi in gran parte responsabili della crisi degli ultimi anni. 5. Problemi e soluzioni La crisi esplosa nel 2008 ha reso evidente la necessità di imporre delle regole al sistema finanziario. A dispetto delle dichiarazioni che hanno chiuso ogni vertice internazionale, dal G20 in giù, nel migliore dei casi si va avanti con il freno a mano tirato. Ancora peggio, oggi il processo rischia di invertirsi, almeno per due motivi. Il primo è che, anche grazie alla formidabile pressione delle lobby, la finanza privata ha rialzato la testa e segnala che una regolamentazione eccessiva potrebbe frenare la crescita. Al contrario, l'ulteriore smantellamento di regole e controlli permetterebbe di ripartire verso un'era di prosperità. Ancora a monte, il problema è culturale, e nell'incredibile ribaltamento dell'immaginario collettivo avvenuto nel giro di pochissimi anni. La crisi è esplosa per il collasso della finanza privata, che ha successivamente trasferito i problemi alle finanze pubbliche. Oggi cause ed effetti vengono invertiti. Il dogma, accettato come verità indiscutibile, è che la finanza pubblica è il problema, quella privata la soluzione. L'intero dibattito è centrato sui rapporti debito / PIL, l'austerità, quando non sulle inefficienze del pubblico: gli sprechi della casta anzi, la kasta fanno notizia, i disastri della finanza privata no. A maggio 2015 alcuni dei maggiori gruppi bancari del pianeta ricevono una multa di oltre 5 miliardi 4

5 di euro per avere manipolato i tassi di interesse a cui sono legati i mutui e i prestiti di milioni di persone. Quanta attenzione ha ricevuto il fatto che un mutuatario per anni potrebbe avere pagato rate più alte a causa di tali truffe? Che oltre ai tassi di interesse i conglomerati bancari manipolavano il mercato delle valute, quello delle materie prime, erano coinvolte in casi di riciclaggio, evasione fiscale e chi più ne ha più ne metta? Non sono forse i nostri soldi a essere stati messi a rischio o intascati da un sistema finanziario senza scrupoli mentre il Paese si indignava per le auto blu e i finanziamenti pubblici ai quotidiani? Serve una radicale inversione di rotta. Rispetto alle attuali politiche europee e del governo italiano, ma anche rispetto alla visione della crisi che si è imposta negli ultimi anni. La CMU si inserisce in questa visione ideologica, e la spinge ancora più avanti. E' la finanza privata a dovere risolvere gli squilibri tra i Paesi forti dell'ue, a partire dalla Germania, e quelli della periferia: abbattiamo gli ultimi controlli sui movimenti di capitale, creiamo nuovi strumenti per il finanziamento delle PMI, e i capitali delle nazioni più ricche si dirigeranno verso quelle in difficoltà. La mano invisibile del mercato regge una bacchetta magica in grado di risolvere ogni problema. Tutto questo mentre non si può nemmeno parlare di trasferimenti tra i Paesi europei, di espandere un budget europeo che è meno dell'1% del PIL del continente, di andare verso una federazione europea in cui misure fiscali ed economiche sulle finanze pubbliche permettono di affrontare gli squilibri esistenti. 6. Possibili alternative: finanza privata e finanza pubblica La CMU ha se non altro un pregio: ha implicitamente riconosciuto il fallimento o per lo meno la gigantesca inefficienza e inefficacia dell'attuale sistema finanziario, e la necessità di trovare delle soluzioni per rilanciare gli investimenti e il sistema economico. Al di là di questo, devono però essere rimesse in discussione sin dalle fondamenta sia le finalità sia le modalità di questo rilancio. Riguardo il primo aspetto, non possiamo pensare di fare ripartire l'economia come se nulla fosse successo, rilanciando i consumi e gli investimenti in infrastrutture che sono in massima parte le grandi opere. Questo sia perché non ci sono le condizioni economiche e sociali per farlo dall'inizio della crisi l'italia ha perso il 25% della propria produzione industriale sia per i limiti ecologici e i problemi ambientali e dei cambiamenti climatici, non più rinviabili. Per questo non si dovrebbe parlare di un rilancio dell'economia, ma della crisi come opportunità per un cambio di rotta. Spostarsi dai consumi agli investimenti, e in particolare investimenti per una riconversione ecologica dell'economia, per l'efficienza energetica, la mobilità sostenibile, la ricerca, il welfare. Investimenti in settori ad alta intensità di lavoro, mettendo il contrasto alla disoccupazione e alla precarietà al centro delle politiche pubbliche. 3 Politiche pubbliche che devono diventare centrali, nuovamente invertendo la rotta rispetto alla visione che ha dominato gli ultimi anni. Il sistema finanziario privato si è dimostrato totalmente incapace di sostenere l'economia nel suo insieme, e a maggior ragione una trasformazione come quella accennata nel paragrafo precedente. Servono capitali pazienti per investimenti di lungo periodo, come avviene per la ricerca e l'istruzione. Obiettivi che dovrebbe avere un pubblico interessato al benessere dei cittadini, non un privato che insegue il profitto a brevissimo termine. Parliamo allora di un piano per l'occupazione, un piano industriale, un piano energetico, che in Italia mancano da decenni e che non sono oggi in discussione in un'unione Europea per la quale unione continua a essere della moneta, dei capitali e delle merci ma non dei diritti o del sistema fiscale. Il primo passo dev'essere l'abbandono di un'austerità disastrosa, ma anche la revisione delle attuali politiche su scala nazionale, in particolare in Italia, dove l'unico piano industriale sembra essere la privatizzazione e la svendita del patrimonio pubblico. Oggi persino il FMI, membro autorevole della Troika, riconosce che un piano di investimenti pubblici sarebbe urgente e 3 Per maggiori informazioni vedi il rapporto annuale di Sbilanciamoci!, disponibile su 5

6 necessario e permetterebbe di rilanciare economia e occupazione. 4 Studi teorici e evidenza pratica del fallimento delle politiche perseguite negli ultimi anni, ai quali non segue però nessun ripensamento da parte della burocrazia del vecchio continente. 7. Possibili alternative: quale modello finanziario In parallelo con una discussione sul ruolo della finanza pubblica, occorre un'altrettanto radicale trasformazione della finanza privata. E' ai confini dell'incredibile, a pochi anni dalla peggiore crisi degli ultimi decenni, sentire parlare di ulteriore liberalizzazione del movimento dei capitali, di cartolarizzazioni, di sistema bancario ombra come possibili soluzioni, quando parliamo del cuore del problema. Così come è ai confini dell'incredibile vedere come, mentre l'austerità viene imposta con un rigore che rasenta il fanatismo, è difficile fare anche solo l'elenco delle misure messe in campo per sostenere la finanza privata, dai piani di salvataggio, al prestito di oltre miliardi di euro all'1% fatto dalla BCE alle banche tramite il LTRO, con impatti pressoché nulli sull'economia o l'erogazione del credito. A questa operazione ne è seguita un'altra, TLTRO, ancora in corso ma che ha portato fino a oggi risultati estremamente modesti, poi il QE, le cartolarizzazioni, ecc... La soluzione dev'essere quella di spostare verso l'economia almeno una parte delle sterminate risorse incastrate nel sistema finanziario, disincentivare le attività speculative e impedire allo stesso sistema finanziario di provocare continuamente instabilità e crisi dalle quali deve essere salvato con soldi pubblici. Esattamente la direzione in cui andrebbe una tassa sulle transazioni finanziarie, discussa da anni in Europa e ufficialmente sostenuta anche dal nostro governo, anche se non sembra che il semestre di presidenza UE a guida italiana verrà ricordato per i passi in avanti compiuti in materia. Ancora, serve una severa regolamentazione del sistema bancario ombra, non un suo paradossale rilancio. Serve una drastica trasparenza e limiti all'utilizzo dei derivati, il che in Italia comprende anche fare piena chiarezza sulla disastrosa vicenda di quelli presenti nelle pieghe dei bilanci della pubblica amministrazione, che potrebbero portare a perdite per oltre 40 miliardi di euro nei prossimi anni. Analogamente, occorre ripensare il funzionamento del sistema bancario. La misura probabilmente più importante ed efficace deve consistere in una completa separazione tra banche commerciali e di investimento, fondamentale per fare si che i risparmi depositati in banca dai correntisti e la liquidità fornita da BCE e istituzioni pubbliche serva a erogare credito e non alla speculazione. In questo come in altri casi, le difficoltà non sono di natura tecnica, ma nella volontà politica di procedere. Oggi unicamente circa il 30% dei prestiti erogati dalle banche europee è destinato a cittadini e imprese non finanziarie. 5 Come detto sui mercati finanziari, da quello delle valute a quello dei derivati, la percentuale di operazioni legate al sistema economico è addirittura notevolmente inferiore. La questione che si pone è se sia necessario allargare ulteriormente la torta, nella speranza che proporzionalmente una fetta più grande finisca all'economia reale, o se non sia più opportuno capire come a parità di risorse o meglio restringendo la dimensione complessiva del sistema finanziario fare si che una percentuale nettamente maggiore vada a imprese e famiglie. Cambiare rotta significa allora agire lungo tre direttrici. La prima è un sistema di regole per rendere la finanza uno strumento al servizio delle attività economiche, chiudendo una volta per tutte l'attuale casinò. La seconda, in parallelo con un sistema di regole dall'alto, è una riflessione dal basso sull'uso del nostro denaro. A fronte di un sistema bancario con sofferenze che sfiorano il 10%, Banca Etica in Italia, che pure presta a soggetti spesso considerati rischiosi o non bancabili, ha 4 IMF Working Papers, The Macroeconomic Effects of Public Investment: Evidence from Advanced Economies WP/15/95, maggio Finance Watch, L'Unione dei Mercati dei Capitali in cinque domande, maggio

7 chiuso il 2014 con sofferenze al 2,5%, circa quattro volte più basse. A fronte di un sistema che continua a chiudere i rubinetti del credito in tempo di crisi, ovvero con un comportamento prociclico, Banca Etica ha chiuso con un segno più sui prestiti erogati. 6 Una dimostrazione che un diverso sistema bancario, fondato sulla piena trasparenza e la partecipazione, non ha ricadute positive unicamente dal punto di vista ambientale e sociale, ma anche da quello strettamente finanziario, e non necessita di bad bank, cartolarizzazioni o sistemi ombra per sostenere l'economia. E' compito dei decisori politici favorire lo sviluppo di tali iniziative di finanza etica e alternativa, ma è prima di tutto una scelta del singolo cliente e risparmiatore: decidere di mettere i propri soldi al servizio di un diverso modello finanziario e non alimentar un sistema del quale, oltre che vittime, diventiamo anche complici inconsapevoli. Per una tale trasformazione è necessaria agire lungo la terza direttrice: un lavoro culturale per ribaltare l'immaginario costruito in questi anni, per capire quali siano le priorità e le sfide che ci troviamo davanti. Non solo nel rapporto tra finanza pubblica e finanza privata, ma anche nella stessa definizione e finalità del sistema finanziario: deve essere un mezzo al servizio dell'economia o un fine in sé stesso per fare soldi dai soldi? Se la risposta è la prima, allora occorre cambiare alla base l'approccio che oggi guida le istituzioni europee. L'ambito non è unicamente quello finanziario. Ancora a monte non si può non menzionare come le difficoltà economiche siano da ascrivere in buona parte alle crescenti diseguaglianze e all'impoverimento di fasce sempre più ampie della popolazione, il che assieme all'austerità che frena la spesa pubblica porta a un crollo della domanda aggregata. Finché le istituzioni europee si concentreranno unicamente sul miglioramento dell'offerta (rendere le imprese più competitive, esportare di più, aumentare l'offerta di credito e finanziaria) e non sul lato domanda (diseguaglianze, investimenti pubblici, revisione del sistema fiscale), è difficile pensare di trovare soluzioni durature. Rimanendo alla finanza, appare analogamente piuttosto improbabile trovare una soluzione proponendo di accelerare lungo la stessa direzione che ha causato il problema. L'intero edificio finanziario è marcio dalle fondamenta e va ricostruito. Non si può continuare a puntellarlo per tentare di rimandarne il crollo, soprattutto nel momento in cui si sfrutta il fatto che viene continuamente puntellato con soldi pubblici non per ristrutturarlo, ma per costruire torri finanziarie sempre più alte e sempre più instabili. 6 Informazioni disponibili sul sito del bilancio sociale di Banca Etica: 7

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