E A N E u r o p e a n A s t r o s k y N e t w o r k

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1 E A N E u r o p e a n A s t r o s k y N e t w o r k n. 1 5, o t t o b r e d i c e m b r e Webzine gratuita info@eanweb.com A S T R O N O M I A & I N F O R M A Z I O N E INDICE Editoriale p. 3 R. Crippa, L'Osservatorio Astronomico della FOAM13 di Tradate p. 4 G. Vanin, Inaugurato l Osservatorio Giuliano Vanin p. 10 M. Dho, Procedure automatiche e opzioni avanzate per l'acquisizione e la riduzione di dati astronomici (parte II) p. 12 G. Caretti, Il castello di Panzano, centro di cultura e di importanti studi astronomici nel Seicento p. 20 R. Calanca, L Icon Lunaris di Geminiano Montanari p. 28 L. Franco, Asteroidi, la modellazione 3D p. 38 A. Giostra, Il Cardinale Bellarmino e la Questione Copernicana p. 42 G.B. Casalnuovo, Scoperte due nuove stelle variabili, di tipo binario, nella costellazione di Pegaso p. 48 A. Adigrat, G. Micello, Stelle doppie di novembre - dicembre p. 52 A.Giostra, F. Merletti, William Shea, Ilario Altobelli: scienziato, teologo, corrispondente di Galileo Galilei, recensione di Rodolfo Calanca p. 55 Notizie e immagini p. 56 Conferenze e corsi di astronomia promossi da EAN per il 2013 p. 60

2 Pagina 2 REDAZIONE Direttore editoriale: Rodolfo Calanca, rodolfo.calanca@gmail.com Co-direttore: Angelo Angeletti, angelo.angeletti@virgilio.it Redattore responsabile: Manlio Bellesi, manlio.bellesi@libero.it Redattore: Lorenzo Brandi, lbrandi.fi@gmail.com Responsabile dei servizi web: Nicolò Conte tecnonico@gmail.com SPONSOR PROGETTI EAN

3 Pagina 3 EDITORIALE A CURA DELLA REDAZIONE EAN Finalmente pubblichiamo anche il numero 15 della rivista! Un impresa non da poco, tenendo conto delle traversie di questi ultimi mesi! In questo numero presentiamo due Osservatori astronomici, uno, già ampiamente collaudato, l altro di recentissima inaugurazione. Il primo è a Tradate: l Osservatorio astronomico FOAM13, una bellissima ed attrezzatissima struttura posta all interno di un incantevole parco. Nell articolo, il presidente della Fondazione FOAM13, Roberto Crippa, ci ragguaglia sulle attività, davvero tantissime, e sulla ricchissima messe di strumenti che l Osservatorio si è dotato. Invece, il secondo Osservatorio, dedicato alla memoria di Giuliano Vanin, è stato realizzato nei pressi Feltre (BL) ed è anch esso perfettamente attrezzato ed accessoriato. Inoltre, dispone di un bel planetario. Il ben noto astrofilo Gabriele Vanin, che ne è il direttore, descrive quali saranno le attività future della neonata struttura. Sempre nell ambito della tecnologia astronomica più avanzata si colloca la seconda parte dell articolo di Mario Dho, uno dei maggiori esperti a livello anche internazionale, di automazione strumentale. Ringrazio l amico Mario per questa bella serie di articoli, particolarmente illuminanti, su di un argomento di punta da punto di vista tecnologico, che riscuote sempre un grande interesse non solo tra gli appassionati, ma anche e soprattutto presso i professionisti che sono alle prese con la nuova generazione di telescopi ed accessori in gestione totalmente automatica e, non solo, per i grandi telescopi in fase di realizzazione. Questo numero presenta alcuni articoli di carattere storico. Germano Caretti ed il nostro direttore, Rodolfo Calanca, volendo ricordare il 350 anniversario della realizzazione di una delle carte lunari più interessanti del Seicento, quella realizzato dall astronomo e filosofo naturale modenese Geminiano Montanari, dedicano, il primo, un articolo sulla storia del Castello di Panzano, nei pressi di Castelfranco Emilia, che alla metà del XVII secolo, accolse, nel suo Osservatorio, Giovanni Domenico Cassini (che lo definì: Italico Uraniborgo) e lo stesso Montanari, grazie alla lungimiranza del loro mecenate, il marchese Cornelio Malvasia. Il secondo articolo descrive le caratteristiche saliente della Icon Lunaris di Montanari, che fu realizzata grazie all impiego del reticolo a fili fissi nel fuoco dell oculare. Lorenzo Franco descrive la modellazione 3D per descrivere la forma degli asteroidi, fornendo anche un illuminante esempio di calcolo. Giovanni Battista Casalnuovo annuncia invece la scoperta di due nuove variabili, mentre Alessandro Giostra illustra alcuni aspetti della rivoluzione astronomica di inizi Seicento parlando del Cardinale Bellarmino e della questione copernicana, infine, Antonio Adigrat e Giuseppe Micello invito gli appassionati ad osservare alcune belle stelle doppie. Poi ricordiamo che siamo vicini alle Feste, pertanto: A TUTTI I NOSTRI LETTORI: BUONE FESTE! LA REDAZIONE DI ASTRONOMIA NOVA Da sinistra: Rodolfo Calanca, Angelo Angeletti, Manlio Bellesi, Lorenzo Brandi, Nicolò Conte

4 Pagina 4 R. Crippa, Osservatorio FOAM13 L OSSERVATORIO ASTRONOMICO DELLA FOAM13 DI TRADATE Roberto Crippa Presidente FOAM 13 presidente@foam13.it Non basta guardare, bisogna guardare con gli occhi che vogliono vedere Questa celebre frase di Galileo Galilei, presa come motto dalla Fondazione Osservatorio Astronomico di Tradate, rispecchia perfettamente lo spirito che anima la FOAM13 ; un vero gioiello tecnologico avanzato, centro di divulgazione, didattica e ricerca scientifica. La Fondazione dell Osservatorio Astronomico di Tradate FOAM13 è un centro con grandi potenzialità, una struttura contenente il Telescopio Principale con la sua Specola e la strumentazione CCD l Osservatorio con i Telescopi Ausiliari, una Torre Solare con Laboratorio Eliofisico, i Radiotelescopi, un Complesso Gnomonico, una Sala Conferenze con una capienza di 70 persone, pannelli e laboratori didattici, Reception, Uffici e strumentazione informatica. L Osservatorio Astronomico di Tradate è ubicato in un Parco Naturale, il Parco Pineta di Appiano Gentile e Tradate, una foresta di ettari al confine con la pianura e le prealpi, un territorio vivo e ricco di naturalità, di attività forestali agricole e sociali, un polmone verde per tutta la Regione Lombardia. Una cinquantina di appassionati e professionisti di astronomia dedicano il loro tempo e la loro professionalità alla Fondazione. L Osservatorio Astronomico di Tradate, inaugurato il 13 Maggio del 2007, è composto da vari settori strumentali principali, di seguito descritti. Telescopio Principale T65. Il Newton con ottica principale di 0,65 metri di diametro e una focale di f/5 (3,250 metri), lo specchio primario e secondario sono in vetroceramica Astrositall e il tubo ottico in fibra di carbonio. La montatura equatoriale a forcella ha movimenti motorizzati e computerizzati su entrambi gli assi per avere un controllo di puntamento e inseguimento automatico da PC oppure in remoto. Una delle caratteristiche di questo strumento è quello di avere quattro torrette singole motorizzate al fuoco, poste a 90 una dall altra, servite dallo specchio secondario con piano rotante. Questo permette di avere quattro diversi strumenti e di poter utilizzare quello che necessita. Attualmente sono occupati 3 fuochi; il primo con una camera CCD Apogee U6 D09 equipaggiata con un sensore Kodak 1024 x 1024, 24 x 24 microns di pixel e con un delta T di 65 C. per il grande campo; il secondo fuoco con una HISIS 46 equipaggiata con un sensore Kodak 1603E/ME 1564 x 1024, 9 x 9 microns di pixel e con un delta T di 45 C per l alta risoluzione: il terzo fuoco è attualmente occupato da una Webcam TuoCam Pro II; il quarto fuoco viene utilizzato per le osservazioni visuali con una serie di oculari della TeleVue Nagler e Radian. Con questa strumentazione si può fare di tutto, ma la Fondazione si occupa principalmente di fotometria di asteroidi, comete, stelle variabili e pianeti extrasolari in collaborazione con istituti italiani

5 R. Crippa, Osservatorio FOAM13 Pagina 5 Il telescopio T65 dell Osservatorio ed esteri. La cupola. Protegge il telescopio principale. E stata oggetto di uno studio particolareggiato per individuare i migliori tipi di isolamento da adottare. Essa ha un diametro di 7,5 metri. con la parte esterna in alluminio, in grado di sopportare qualsiasi tipo di intemperie. E verniciata, esteriormente, con una particolare pasta ad un alto contenuto di perline di ceramica che riflettono il 92% della lunghezza d onda infrarossa. La struttura interna è stata studiata con una serie di "gusci" isolanti ed è completata, con 1700 listelle in legno che danno un impatto visivo straordinario. La realizzazione è opera di alcuni collaboratori della Fondazione che hanno impiegato ben 5 mesi di duro lavoro. I Telescopi Ausiliari sono attualmente 5 e vanno dai rifrattori fino a 180 mm di diametro, a riflettori fino a 330mm di diametro, fino al 2012 questi sono stati utilizzati nel terrazzo sopra la sala conferenze, ma dalla fine del 2012 sono stati posizionati in maniera fissa all interno dell Osservatorio, in una struttura delle dimensioni di 14 mt x 4 mt con tetto scorrevole, vicino alla specola principale. Questi strumenti assolvono a molteplici ed importanti funzioni dell Osservatorio, come la possibilità, per i collaboratori e i responsabili di settore della FOAM13, di effettuare attività scientifica, indipendentemente oppure in maniera complementare rispetto a quella che si svolge con il Telescopio Principale T65 o con la Torre Solare. Gli studenti hanno la possibilità di utilizzare questi strumenti professionali presentando alla direzione dell Osservatorio dei dettagliati progetti scientifici.

6 Pagina 6 R. Crippa, Osservatorio FOAM13 Il pubblico invece, in occasione delle serate osservative ad esso dedicate, ha la possibilità di avvicinarsi al cielo utilizzando questi strumenti di alta qualità. La Torre Solare e il Laboratorio Eliofisico. Utilizza uno specchio piano di 0,25 m di diametro dotato di una montatura equatoriale a forcella, con movimenti controllati da computer su entrambi gli assi, installato in una cupola di 2 metri di diametro. Il fascio di luce è riflesso all interno di una stanza buia e va ad illuminare un obbiettivo di 0,12 m di diametro e focale di 2,4 m (rapporto focale F/20) che focalizza su di una serie di doppi prismi posti su di un banco ottico di marmo. In questo modo disponiamo di numerosi fuochi secondari. Nei diversi fuochi si può studiare il disco solare che, proiettato su di uno schermo, raggiunge un diametro di ben 1,20 m. Grazie ad un reticolo di diffrazione, si può inoltre studiare lo spettro solare. Su di uno schermo LCD si possono osservare le protuberanze solari tramite un filtro interferenziale in Halfa, mentre un altro fuoco è per le riprese CCD ad alta definizione. L osservazione della turbolente superficie della nostra stella è uno spettacolo magico molto apprezzato dal pubblico. Recentemente, il laboratorio eliofisico, è stato dotato di rivelatori di raggi cosmici sia visuali che con segnalatori sonori. Radioastronomia Ad oggi abbiamo tre antenne per radioastronomia: Radio Jove per la didattica dello studio del Sole e di Giove, l antenna Meteor Scatter per osservare e studiare gli sciami meteorici e in generale oggetti, sia naturali che artificiali, che entrano in atmosfera e un antenna parabolica da tre metri; questa è il primo prototipo di una serie di quindici antenne in AR- RAY che verranno posizionate in un prato a 100 metri dall Osservatorio nei prossimi anni. Per partecipare attivamente alle varie attività di radioastronomia abbiamo allacciato contati con l Istituto di Radioastronomia di Medicina (BO) e l Agenzia Spaziale Europea (ESA) che si sono già resi disponibili a fornire la strumentazioni specifiche necessarie. Sopra: una delle antenne del laboratorio di radioastronomia. Sotto: la costruzione con il tetto scorrevole che ospita numerosi telescopi utilizzati per le attività divulgative e didattiche.

7 R. Crippa, Osservatorio FOAM13 Pagina 7 La torre solare e lo specchio piano di 25 cm di diametro. Sotto: la meridiana realizzata alla base del la struttura cilindrica che ospita il telescopio principale Il Complesso Gnomonico, inaugurato in occasione dell anno Internazionale di Astronomia, è costituito da una meridiana intorno alla base della cupola del Telescopio principale con temi legati alla ricorrenza del quattrocentesimo anniversario del primo utilizzo del cannocchiale verso il cielo ad opera di Galileo Galilei e alle sue importanti scoperte, da una meridiana alla base della specola, detta Analemmatica, altre due, posizionate vicino sono una detta Italica e l altra detta Babilonese con inserito un traguardo polare e una meridiana ad anello; il complesso gnomonico e stato studiato principalmente per la divulgazione e la didattica. Oltre ai programmi scientifici, sono svolti numerosi programmi Didattici e Divulgativi, nonché l organizzazione di eventi come convegni, meeting, congressi, incontri con altri Osservatori Astronomici, Università e Istituzioni Scientifiche. La Didattica è un altro settore che impegna molte delle risorse della FOAM13, esistino una serie di proposte per le scuole di ogni grado, con lezioni e laboratori. La Didattica astronomica è poi si è amalgamata alla perfezzione con Didattica Ambientale gestita unitariamente al Parco Pineta, unico esempio in Italia e forse anche all estero, che stà dando risultati inaspettati per qualità e quantità di alunni che ne fanno uso con grande soddisfazione. Il banco ottico del laboratorio eliofisico: in primo piano il sistema di proiezione dell immagine solare prodotto dall obiettivo di 12 cm di diametro.

8 Pagina 8 R. Crippa, Osservatorio FOAM13 In questa sala multimediale, sono esposti due pendoli di Foucault perfettamente funzionanti Reception e Accoglienza, Sala Conferenze e Uffici Adiacente all Osservatorio esiste una struttura di Reception e Accoglienza, Uffici e una Sala Conferenze con una capienza di 70 posti a sedere con tutte le attrezzature polifunzionali, audio e video, di ultima generazione che possono supportare qualsiasi esigenza di eventi e manifestazioni. La Sala Conferenze è completata con poster e una serie di vetrine che espongono oggetti e reperti di carattere astronomico, come numerosi meteoriti, modelli statici, monete medaglie di commemorazione, fossili e minerali. Questa sorprendente realtà è visitabile da chiunque, la domenica o durante le serate osservative per il pubblico gratuitamente (consultare il sito L organigramma della Fondazione FOAM13 La Fondazione è gestita da un Consiglio di Amministrazione, mentre per la parte operativa sono state costituite Quindici Sezioni, con circa una cinquanta di persone coinvolte, che si occupano dell utilizzo delle sezioni strumentali, delle attività Scientifiche, Didattiche, Divulgative e dello svolgimento di tutte le funzioni previste dallo statuto della Fondazione FOAM13. Quello che è nato a Tradate è quindi un centro scientifico, culturale e didattico unico. Esso è a completa disposizione delle scuole e dei docenti, che potranno usufruire, come strumento di lavoro didattico, delle sue strutture e della sua strumentazione. Ovviamente, i collaboratori e i responsabili di ogni sezione di ricerca già la utilizzano per lo svolgimento dei loro programmi scientifici. Siamo convinti che il Centro diventerà sempre più un attrazione culturale e scientifica unica con una forte capacità di attrazione per grandi e piccini. Appassionati e non, famiglie e scienziati in esso troveranno un sapiente mix di scienza, cultura e natura che contribuirà a valorizzare lo splendido PARCO PINETA che la natura e la storia del nostro territorio ci hanno consegnato a due passi da casa. Le informazioni complete e tutte le novità sul sito ufficiale del Centro: A sinistra la reception del Centro, sopra, la sala riunioni e conferenze.

9 R. Crippa, Osservatorio FOAM13 Pagina 9 FOAM13 A SAN MARINO PER LE RICERCHE DI VITA EXTRATERRESTRE Il e 27 settembre 2012 si è svolto a San Marino il 4th IAA Symposium Searching for live signatures, presso il Centro congressi Kursaal organizzato dal Prof. Claudio Maccone. La IAA è un Accademia Internazionale di Astronautica con sede a Parigi, che si occupa, a livello scientifico mondiale, della ricerca di forme di vita intelligente fuori dal nostro Sistema Solare. Al Congresso hanno partecipato i migliori esperti di tutto il mondo provenienti dall Australia, Russia, Canada, Stati Uniti, Inghilterra, Messico, con la partecipazione e il Patrocinio dell Università di San Marino e San Marino Scienza, Dell Istituto Nazionale di Astrofisica e l Istituto di Radioastronomia di Medicina INAF, Il Comitato della ricerca nello spazio COSPAR, Associazione culturale Chimicare, L Unione degli Astrofili italiani UAI, Italian Amateur Radio Astronomy I.A.R.A e la Foam13 che ha esposto tre interventi. Il primo è stato di presentazione della Foam13 come Osservatorio Astronomico in Italia e della città di Tradate a cura del presidente Roberto Crippa, il secondo ha riguardato la presentazione serale del Dott.Giuseppe Palumbo, Responsabile eventi FOAM13, per i film di fantascienza che riguardano il primo contatto, mentre il terzo ha riguardato il progetto Ottico SETI (acronimo di Ricerca di segnali d intelligenza Extraterrestre). La sezione SETI della FOAM13, con Responsabile il Prof. Claudio Maccone uno dei maggiori esperti mondiali del settore in collaborazione con il Dott. Giuseppe Savio e Dott. Alberto Villa, hanno progettato e realizzato il primo strumento europeo per discriminare segnali impulsivi al sub nanosecondo all'interno di un flusso stellare, nello spettro del visibile. Per massimizzare la probabilità di ricevere un segnale SE- TI si stanno concentrando le ricerche, in primo luogo, sulle stelle osservate dal satellite della NASA Kepler, nonché da una parte del catalogo Hipparcos nota come HabCat. Il numero sempre crescente di pianeti simili alla terra, scoperti negli ultimi anni al di fuori del Sistema Solare, hanno spinto molti stati quali USA, Canada, Germania o Regno Unito, a intensificare gli investimenti nella ricerca SETI. Questo progetto ha entusiasmato i partecipanti del simposio, certificandone a livello Internazionale serietà e qualità. Roberto Crippa è presidente della FOAM13 ed è stato dirigente industriale di ditte tra le più grandi del suo settore. Esperto in strumenti astronomici e nelle riprese del cielo con sistemi a pellicola e digitale ha alle spalle decenni di camera oscura con la pellicola chimica e di utilizzo di telescopi di ogni tipo, anche professionali. E stato, insieme a Federico Manzini, tra i primi ad utilizzare camere CCD in Europa e i primi in Italia, maturando una notevole esperienza nell acquisizione e nel trattamento delle immagini digitali. Ha viaggiato in tutto il mondo per lavoro e per seguire i più importanti avvenimenti astronomici, tra i quali, nel 1986 la Cometa Halley alle isole Mauritius e, nel dicembre 1988, dalle coste del Kenia, l osservazione e lo studio della Supernova 1887A nella Grande Nube di Magellano, a La Palmas per la pioggia delle Leonidi. Senza dimenticare almeno una decina di spedizioni in Florida, al Kannedy Space Center e per la partenza degli shuttle e al Lyndon B. Johnson Space Center a Houston in Texas, dove ha visitato il Lunar Sample Building potendo toccare rocce lunari come quella della Genesi. Ha osservato una decina di eclissi solari in lunghi viaggi da quella del Messico (1991), all ultima in Cina nel 2009 per lo studio e la ripresa con tecniche chimiche e digitali. Suoi campi di studio sono le comete, gli asteroidi, stelle variabili, ricerca di supernove e pianeti extrasolari. Ha partecipato a molte trasmissioni televisive, di cui à stato anche il coautore, e a scritto numerosi articoli su riviste specializzate italiane ed internazionali, anche di livello professionale.

10 Pagina 10 F. G. Stoppa, Vanin, Inaugurazione Eredità Tolomeo Osservatorio INAUGURATO L OSSERVATORIO ASTRONOMICO GIULIANO VANIN Gabriele Vanin Sabato 22 settembre 2012 alle 18 a Feltre (BL) è stato inaugurato il Centro Astronomico Giuliano Vanin dell Associazione Astronomica Feltrina Rheticus. Dopo cinque anni di attesa, la maggior parte dei quali per la verità spesi in burocrazia e richieste edilizie varie, è stato coronato il sogno dell associazione di avere nella stessa sede un osservatorio astronomico dotato di strumenti di tutto rispetto accanto ad un planetario di 8 metri di diametro e 80 posti di capienza. All evento, una vera e propria festa, hanno preso parte circa 400 persone, provenenti sia dal comprensorio che da altre parti della provincia e della regione. Il Centro sorge sulle colline di Feltre, alle porte della frazione di Arson, a 520 mslm, in un sito che presenta caratteristiche favorevoli per l osservazione astronomica pubblica, giacendo sopra la fascia di inversione termica con conseguente stabilità atmosferica, atmosfera limpida con scarsa presenza di inquinanti e polveri, basso livello di inquinamento luminoso, facile raggiungibilità. Il planetario è dotato di un sistema di proiezione digitale con una risoluzione di 1200 pixel in meridiano, gestito da un software che offre la fedele riproduzione di tutti gli oggetti visibili nella volta celeste da qualsiasi posizione e in qualsiasi epoca, moto in ascensione retta, latitudine e precessionale in entrambi i versi con quattro velocità diverse, posizionamento di Sole, pianeti e Luna alla data voluta, fase lunare simulata per il giorno richiesto, proiezione di eclittica, equatore celeste, declinazione, meridiano, punti cardinali, cerchio polare, cerchio di precessione, griglia di riferimento equatoriale o altazimutale, costellazioni zodiacali, costellazioni a gruppi preordinati, riproduzione della Via Lattea, simulazione di alba e tramonto, proiezione diapositive in cupola, oggetti Messier con possibilità di zoom progressivo, simulazione delle stelle cadenti sovrapposta al cielo stellato, simulazione del passaggio di una cometa, simulazione La conchiglia che ospita il Leviatano

11 G. Vanin, Inaugurazione Osservatorio Pagina 11 degli effetti dell inquinamento luminoso, possibilità di proiettare filmati full-dome con effetto tridimensionale. L osservatorio è dotato di due distinti padiglioni: Il più grande, a doppio tetto scorrevole, contiene i seguenti strumenti: 1) Newton ottica Virgilio Marcon da 360 mm f/5 a puntamento automatico 2) Newton Marcon ottica Zen da 200 mm f/5 3) Schmidt-Cassegrain Meade portatile da 200 mm f/10 4) Rifrattore guida Apogee da 152 mm f/8 5) Camera Schmidt-Newton Celestron da 140 mm f/3,6 6) Maksutov MTO da 100 mm f/10 7) Binocolo astronomico Apogee 25 x 100 con cavalletto gigante Manfrotto 8) PST Coronado per l osservazione del Sole in H-alfa 9) Camera CCD SBIG STL M A partire dalle 19:30 l associazione ha aperto i battenti del planetario mostrando ai visitatori le potenzialità del macchinario che ha strappato a tutti commenti entusiastici ed ammirati, soprattutto per la visione dei filmati full-dome. Contemporaneamente il cielo, che fino a quel momento si era mantenuto coperto, si è rasserenato consentendo anche di ammirare con i telescopi la Luna al primo quarto e qualche altro oggetto celeste, rendendo la serata veramente memorabile, come meglio non si sarebbe potuto desiderare. Il più piccolo è un originale copertura protettiva, posta su una piazzola di 50 metri quadri, che scorre su rotaie e mette a nudo per l osservazione lo strumento più grande, un telescopio Dobson da 64 cm di diametro a puntamento automatico. Fra la piazzola del Dobson e l osservatorio è ricavato un altro ampio spazio per l osservazione a occhio nudo della volta celeste, per la quale verranno utilizzati anche strumenti quali quadranti verticali, sestanti, astrolabi, notturlabi. Dopo i discorsi inaugurali di rito, alle 19 gli intervenuti hanno potuto gustare cibi e vini locali nel ricco banchetto allestito per l occasione, con encomiabile dedizione, da alcuni esercizi di ristorazione della zona e da molte famiglie del paese nel quale sorge la struttura. Gabriele Vanin è Presidente emerito dell UAI e Presidente dell Associazione Rheticus. Ha pubblicato 450 articoli e 25 libri, alcuni dei quali tradotti in Francia, Germania, Canada e Stati Uniti. Ha tradotto e curato le opere di alcuni importanti astronomi stranieri. Si occupa soprattutto di comete e meteore, supernovae, storia dell astronomia, divulgazione e didattica. Ha appena pubblicato Scenari per la fine del mondo, edizioni Rheticus.

12 Pagina 12 M. Dho, procedure automatiche, II PROCEDURE AUTOMATICHE E OPZIONI AVANZATE PER L ACQUISIZIONE E LA RIDUZIONE DI DATI ASTRONOMICI (Parte II) Mario Dho dhomario@alice.it Abstract: The many ways of realization and technical design solutions that provide functional autonomy and decision capacity in an astronomical complex of robotic and remote type, will compete, regardless of the type of equipment under consideration, with the same structural difficulties. The basic design, usually, takes shape from a synthetic block diagram that enables a spatial vision that can highlight a flow of operations that are generated by a set of equipments, sensors, accessories, tools and devices in general. All-round hardware interfaced to computers and physically connected to electrical and electronic components are needed to read, interpret and decode information, to make them usable by the control and management software. We run an O.C.S.III (Observatory Control System III) device to get a better idea of how an allround module works and how it communicates with the server computer located inside the observatory, through driver components, software that control shooting sensors either CCD (Charge Coupled Devices) or DSLR (Digital Single Lens Reflex) cameras, applications, routines and tools. We introduce the Ricerca program and a number of its modules: an elite management suite adopted worldwide by many professional and amateur astronomical observatories. Le tante modalità realizzative e le soluzioni tecnicoprogettuali che conferiscono autonomia funzionale e la capacità decisionale a un complesso astronomico di tipo remoto e robotico, si confrontano, a prescindere dal tipo di attrezzatura considerata, con le medesime difficoltà costruttive. La progettazione di base, solitamente, prende forma a partire da un sintetico schema a blocchi che consente una visione spaziale capace di evidenziare un flusso di operazioni e un accavallarsi di comandi generati da un insieme di apparecchiature, sensori, accessori, strumenti e periferiche in generale. Sono necessari hardware jolly, interfacciati a computer e fisicamente collegati a componenti elettrici ed elettronici, atti a leggere informazioni, decodificarle e interpretarle per renderle utilizzabili dai software di gestione e controllo. Apriamo un dispositivo O.C.S. III (Observatory Control System III) per avere un idea più precisa di come opera un modulo jolly e di come comunica col computer server posto in osservatorio attraverso componentidriver, software che controllano sensori di ripresa CCD (Charge Coupled Devices) o camere DSLR (Digital Single Lens Reflex), applicazioni, routine e tool. Introduciamo il programma Ricerca della Omegalab e una serie di suoi moduli: una suite gestionale d elite adottata, nel mondo, da numerosi osservatori astronomici professionali e amatoriali. Inserire moduli e hardware jolly per controllare periferiche astronomiche con programmi d automazione quali Ricerca, ASC, ATC, ATNs e ATNc Una sessione di osservazioni remota e automatica aumenta, in modo considerevole, il rendimento di ogni componente facente parte dell osservatorio. La possibilità di pianificare e ottimizzare le tempistiche operative allunga il tempo reale di ripresa, estende la lista d oggetti target da monitorare o l area di cielo scandagliata. Il ricercatore, o lo studioso avanzato, a priori,

13 M. Dho, procedure automatiche, II Pagina 13 FIG. 1: Screen shot che congela una fase di controllo e correzione, via software, degli errori periodici. imposta opportunamente i parametri e le sequenze in modo da contenere quanto più possibile i tempi morti; così facendo, alcune operazioni possono accavallarsi ed essere eseguite contemporaneamente. Un esempio: al termine di una posa CCD (durante la fase di download dei dati, la lettura dell immagine, l eventuale trattamento di calibrazione e l archiviazione nella cartella prestabilita), il sistema legge le coordinate dell oggetto successivo e le trasmette al telescopio impartendo il comando Tdi Go to. In pratica, quando si chiude l otturatore della camera CCD o della camera DSLR il sistema di punta- mento si attiva dirigendo il telescopio vero e proprio su un altro oggetto celeste, verso le coordinate equatoriali preimpostate nella lista d osservazione o su uno specifico settore di cielo. Questi accorgimenti si rivelano essere particolarmente utili e fruttuosi nella ricerca di supernovae e, comunque, in tutti i lavori che richiedono frequenti spostamenti del telescopio. L efficienza di un osservatorio astronomico dipende, anche, da numerosi altri fattori quali, ad esempio, il contenimento degli errori di puntamento per fare a meno delle opzioni di autocentro, oppure la riduzione dei periodismi per essere in grado di assegnare tempi d integrazione ragionevolmente lunghi senza dover prevedere l apporto delle funzioni di autoguida CCD. Ci proponiamo di trattare, in futuri articoli, argomenti strettamente correlati alle tecniche e alle metodologie utilizzate per correggere imprecisioni d assemblaggio o eccessive tolleranze costruttive degli elementi meccanici e per istruire software e firmware con l obiettivo di innalzare il rendimento globale delle strumentazioni e delle apparecchiature (fig. 1). Nell astronomia pratica robotica, l usufruire della strumentazione migliore, così come il disporre di un luogo osservativo di buona qualità o l impiegare apparecchiature ottiche, meccaniche, elettroniche, elettriche e informatiche finemente regolate, registrate e settate, a poco serve se le stesse operano in condizioni di rischio (fig. 2). FIG. 2: Una scheda elettronica, in uso presso l osservatorio astronomico A67 di Chiusa di Pesio, smontata dall autore poiché danneggiata nel chip seriale a causa di uno sbalzo di tensione nella circuiteria. La sicurezza operativa deve essere attentamente considerata nella progettazione di una struttura osservativa robotizzata.

14 Pagina 14 M. Dho, procedure automatiche, II FIG. 3: Il contenitore plastico che accoglie i componenti elettrici ed elettronici di un modulo O.C.S.III. A partire da sinistra, si notano il cavo di alimentazione, il cavo con terminale USB e due prese in uscita (telescopio e camera CCD/ruota porta-filtri) Nella prima parte di questo lavoro avevamo accennato a moduli/box, realizzati artigianalmente o acquistati sul mercato, capaci di svolgere mansioni di primaria importanza e garantire la necessaria sicurezza operativa in una struttura adibita all acquisizione d immagini astronomiche in modalità robotica e remota. Un hardware di questo genere, particolarmente interessante, risulta essere l O.C.S.III (Observatory Control System III) distribuito dall Omegalab (fig. 3). Otto relè indipendenti forniscono altrettanti canali in uscita. Alcuni di questi sono assegnati, altri sono liberamente configurabili. In dettaglio, troviamo sei canali configurati: - Apertura Shutter/Tetto - Chiusura Shutter/Tetto - Movimento cupola senso anti-orario - Movimento cupola senso orario - Accensione/Spegnimento telescopio - Accensione/Spegnimento CCD Le uscite etichettate come 3. e 4. possono essere considerate libere qualora non sia necessario il controllo della rotazione della cupola (sistemi di copertura a tetto scorrevole, a ribaltamento totale dei petali o dei settori, ecc.). L utilizzatore può, pertanto, disporre di due o quattro canali in uscita da configurare e rinominare in funzione di esigenze specifiche. Le porte 5. e 6. sono cablate e alimentano una scatoletta contenente due prese bipasso/schuko tipo F. Il cavo in dotazione è sufficientemente lungo ma, se necessario, si può accessoriare O.C.S.III con un filo, avente equivalenti caratteristiche e lunghezza adeguata, prestando attenzione a mantenere la coerenza connettiva universale CEE 7/7 (fase a sinistra e neutro a destra). Quest ultimo accorgimento non è obbligatorio ma, secondo il parere dello scrivente, consigliabile in previsione di future implementazioni, adattamenti e modifiche sul sistema d alimentazione. Il box è strutturato in modo tale da ricevere cinque segnali in ingresso, uno dei quali è, nominalmente, libero: - Sensore di rotazione cupola - (Uscita libera) - Microinterruttore Shutter/Tetto - Sensore Meteo/Pioggia - Sensore di posizione Home In funzione della tipologia di copertura e della natura del sensore meteorologico adottati, si possono liberare i canali 3. e 4. portando, in tal modo, a tre il numero massimo d ingressi liberi. (fig. 4) Per incrementare l accuratezza nei rilevamenti di posizione e per contenere gli stress meccanici del sistema di rotazione della cupola o di traslazione e ribaltamento di un altro tipo di copertura, è indispensabile impostare velocità relativamente contenute (via elettronica o via meccanica in fase di progettazione e/o configurazione). L hardware è interfacciato a un personal computer e, attraverso un software, è possibile settarne il funzionamento, eseguire operazioni di calibrazione, selezionare modalità, ritardi e precedenze, attivare funzioni complementari. Grazie a una doppia conformazione Active-X, il dispositivo può essere configurato sia come componente proprietario sia come componente ASCOM. In questo secondo caso, al momento della selezione, nella finestra ASCOM Dome Chooser, sarà necessario inserire la voce/driver dedicata OCS Dome. Nell uso più comune, ossia in abbinamento al programma Ricerca e, più precisamente, alle interfacce ATC o ASC, Observatory Control System III è automaticamente riconosciuto. L interruzione della sessione osservativa, alla presenza di un allarme pioggia proveniente da un apposito sensore, può svilupparsi in due modalità: - Prima del puntamento di un oggetto col telescopio - Al termine di un esposizione con camera CCD/DSLR Nei casi in cui siano presenti ostacoli o possibilità d urto in fase di chiusura della cupola (ad esempio, quando il tetto scorrevole è più basso della massima posizione d ingombro dello strumento ottico), l utente imposta le priorità operative facendo in modo che sia parcheggiato il telescopio e, successivamente, chiusa la copertura.

15 M. Dho, procedure automatiche, II Pagina 15 FIG. 4: Interno di un box/modulo jolly. Sono visibili otto relè che possono essere configurati, indipendentemente, con funzione di alimentazione o d interruttore dell abbinato circuito. È consigliabile prevedere un abbinamento meccanico/ elettronico a questa sicurezza via software, impedendo, per mezzo di sensori di posizione e/o microinterruttori, i movimenti della cupola fintantoché la montatura del telescopio non si trovi nella prestabilita posizione di parcheggio (fig. 5). Abbiamo accennato a potenziali condizioni di pericolo che potrebbero insorgere in conseguenza a mutamenti delle condizioni esterne e il conseguente presentarsi di annuvolamenti, nebbia o pioggia. Ogni osservatorio astronomico e tutte le strutture osservative fisse, devono essere protette non solo dall acqua piovana o dall umidità, ma anche dalle scariche atmosferiche/elettriche dirette per mezzo di sistemi LPS (Lightning Protection System). In funzione dell estensione metrica e della planimetria, il progettista dell impianto opterà per parafulmini di tipo tradizionale a captatore elaborato e/o a stilo, oppure per sistemi più complessi come le gabbie di Faraday. Analogamente studierà la disposizione e il numero di cadute al suolo (condotti fili) nonché l articolazione dell impianto di messa a terra e dei dispersori (fig. 6). È consigliabile integrare un simile apparato di protezione LPS esterno con uno interno a resistore non lineare (varistore); prevedere, in ogni caso, un collegamento equipotenziale principale e, se necessario, uno supplementare. L equipotenzialità, che si realizza collegando direttamente tutte le parti conduttrici dell osservatorio con conduttori, caratterizzati da materiale e sezione adeguati, e/o dispositivi per protezione da sovratensione SPD (Surge Protective Devices), permette di limitare le variazioni di potenziale indotte dalla corrente di fulmine. Altro accorgimento, mirato alla sicurezza generale, è costituito dall installazione (eseguita in maniera opportuna per rispettare la protezione dei dati personali e per non incappare nelle sanzioni previste dalle normative sulla tutela della privacy) di un apposito dispositivo di videosorveglianza. Dovendo vigilare e controllare da località remota è consigliabile l utilizzo di una telecamera di tipo IP possibilmente accessoriata con LED (Light Emitting Diode) infrarossi e sensore crepuscolare (per non prevedere l impiego di sistemi d illuminazione esterna che andrebbero gestiti non solo tramite temporizzatore ma con interruttori a distanza non sempre facilmente gestibili via Internet). FIG. 5: Uno strumento dell osservatorio Astrofisico I.N.A.F. (Istituto Nazionale di Astrofisica) di Catania controllato dal programma Ricerca e assistito da un dispositivo O.C.S.III.

16 Pagina 16 M. Dho, procedure automatiche, II FIG. 6: Un doppio shot che evidenzia la conformazione di un captatore multiplo (A Eletrotécnica S.A., Uberaba, Brasile) facente parte del sistema di protezione LPS dell osservatorio dell autore. Chiudiamo la parentesi sui sistemi protettivi accennando alle necessità di impedire urti fisici e aggrovigliamenti dei cavi durante il puntamento degli oggetti (Go To) e l inseguimento normale o con autoguida CCD. L integrità dei costituenti ottici, meccanici ed elettronici adibiti all acquisizione dei frame di luce, o necessari per le calibrazioni dark, bias, flat, deve obbligatoriamente essere mantenuta impostando, via software, una serie di limiti. Sul computer server dell osservatorio robotico e remoto dell autore, è installato il programma Ricerca completo di tutti i relativi moduli. In fase di configurazione, personalizzazione e settaggio della suite di cui sopra, lo scrivente ha provveduto a contenere opportunamente i movimenti dello strumento entro precisi limiti d altezza e di declinazione. Durante la compilazione di liste di oggetti, attraverso l editor avanzato di testi E.O.S. (Enhanced Objects Sequence) sono scartati tutti gli oggetti che, nell istante temporale corrispondente alla data di osservazione, si trovano in posizione proibita. Qualora manualmente, in modo accidentale, s impartisca un input di puntamento con coordinate al di fuori del range operativo, il telescopio non si muove e sul monitor del computer server, quello remoto, o su quello del client, nel caso in cui si operi a distanza via Internet o rete LAN, appare un avviso di pericolo. Al momento dell avvio, o se si preferisce al momento del lancio, Ricerca mostra, sempre, una delle liste precompilate e fornisce l opportunità di modificarla, ricalcolarla, rieditarla o filtrarla. Quest ultima particolarità selettiva può ridurre al minimo gli spostamenti del telescopio durante i Go To ottimizzando le tempistiche, riducendo gli errori di puntamento e l entità del loro accumulo, estendendo il tempo utile per le osservazioni e, conseguentemente, incrementando il rendimento dell osservatorio (fig. 7). Il programma riconosce, in modo automatico, con quale lista di oggetti si sta lavorando e, in funzione di quest ultima, esegue calcoli mostrando risultati e dati relativi agli stessi. FIG. 7: Finestre di editazione, pianificazione e settaggio liste di oggetti con l editor avanzato E.O.S.

17 M. Dho, procedure automatiche, II Pagina 17 FIG. 8: L interfaccia di controllo del telescopio remoto Il controllo remoto di un osservatorio astronomico implica la presenza di due macchine informatiche predisposte per comunicare fra di loro attraverso connessioni Internet, LAN (Local Area Network) e, teoricamente, WAN (Wide Area Network). In una sessione remota un operatore client, in funzione dei privilegi utente impostati sul computer server, per mezzo dei costituenti locali I/O (Input/Output) quali keyboard, mouse e monitor, possiede il controllo del sistema operativo e dell interfaccia grafica del computer posto in osservatorio. Quest ultimo può essere privo di monitor. Avendo l accortezza di utilizzare un comune protocollo comunicativo è possibile connettere con desktop remoto due macchine aventi differenti sistemi operativi, ad esempio una macchina Windows può ricevere e trasmettere dati da/a una macchina Linux o Unix. Le ultime versioni di Ricerca supportano un opzione plug-in che permette la connessione diretta fra due o più PC senza richiedere software specifici quali, ad esempio, VNC (Virtual Network Connection) né alcun desktop remoto. Settando al massimo le priorità e i privilegi il client è abilitato a controllare in maniera totale strumenti, accessori, apparecchiature, periferiche e tutti gli hardware dislocati in osservatorio. In altre parole, tutti i comandi impartiti attraverso Ricerca locale (quello installato sulla macchina che funge da client) sono eseguiti da Ricerca remoto (quello installato sulla macchina che funge da server), fig. 8. L andamento della sessione osservativa remota è riassunto in una mappa soltanto simile a quella generata da un classico planetario. La proiezione della carta celeste virtuale è studiata per consentire, all occorrenza, la visione dell intero firmamento in una sola schermata. Questo introduce distorsioni e schiacciamenti considerevoli specie per quanto concerne le costellazioni che si trovano in prossimità dello zenit. Va, comunque, detto che lo scopo non è quello di restituire una visione realistica quanto piuttosto quello di fungere da consolle di controllo capace di dare una visione d insieme di quanto sta accadendo in osservatorio: un sistema schematico ed essenziale dove è rappresentato tutto ciò che serve per monitorare in diretta gli oggetti o i settori celesti da puntare con lo strumento ottico e da riprendere con la camera CCD/DSLR. Qualora si desideri avere una percezione più chiara degli oggetti realmente visibili in un dato momento, oppure per realizzare sessioni osservative didattiche più sostenibili e comprensibili, è possibile sostituire l orizzonte virtuale con un orizzonte reale ottenuto a partire da una serie di fotografie realizzate in modo da coprire un settore angolare completo (360 ), fig. 9. Dopo aver fatto luce su com è organizzato un osservatorio astronomico remoto e robotico ed esserci soffermati su alcuni costituenti di rilevante importanza, siamo

18 Pagina 18 M. Dho, procedure automatiche, II FIG. 9: Un settore di mappa celeste realizzato da Ricerca. Un gran numero di comandi a pulsante permette d interagire integralmente con strumenti e accessori astronomici. pronti a scoprire come si sviluppa, in concreto, una sessione di osservazioni e acquisizione immagini e dati automatica. Scopriremo le qualità e le potenzialità di un vero e proprio maestro d orchestra: Ricerca. Mario Dho, technician and industrial expert, first responsible for the Section Instruments of the Unione Astrofili Italiani, UAI, and the project CCD-UAI. Author of a technical manual, with a foreword by Margherita Hack, mainly designed to the automation and remote controlling of astronomical observatories, and of several technical articles published by Italian scientific and cultural magazines. Tester of software and application modules developed for the automatic control of astronomical instruments. Il video della prima parte dell articolo è sul canale Youtube EAN: v=oiv29lvwxao La seconda parte: Mario Dho, perito capotecnico industriale, primo responsabile della Sezione Strumentazione dell Unione Astrofili Italiani, UAI, e del progetto CCD-UAI. Autore di un manuale tecnico, con introduzione di Margherita Hack, dedicato principalmente all automazione e al controllo remoto delle osservazioni astronomiche, e di numerosi articoli tecnici pubblicati da riviste di scienza e cultura italiane. Tester di software e moduli applicativi sviluppati per il controllo automatico di strumenti astronomici.

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20 Pagina 20 G. Caretti, Castello di Panzano IL CASTELLO DI PANZANO, CENTRO DI CULTURA E DI IMPORTANTI STUDI ASTRONOMICI NEL SEICENTO Germano Caretti germanocaretti@hotmail.com Cade quest anno il 350 della realizzazione della carta lunare dell astronomo modenese Geminiano Montanari ( ), sicuramente una delle selenografie più pregevoli del Seicento. Montanari disegnò l Icon lunaris nel castello di Panzano, nei pressi di Castelfranco Emilia, di proprietà del marchese di Bismantova, Cornelio Malvasia ( ), cultore delle scienze e delle arti e grande mecenate. In questo articolo l Autore racconta la storia del castello e gli eventi che qui ebbero luogo intorno alla metà del Seicento, quando ospitò Giovanni Domenico Cassini e Geminiano Montanari, due delle figure più rappresentative della scienza del tempo. Quando ci si trova nei pressi di un castello e se ne osservano le forme, il pensiero corre subito lontano nel tempo e vien spontaneo immaginare furibondi scontri medievali, ponti levatoi che repentinamente si alzano e nuvole di frecce, pietre e altre diavolerie che si abbattono dovunque con fragore, seminando morte e distruzione. Così anche noi da ragazzi, sotto le torri del castello di Panzano, parlavamo spesso di quello che sicuramente vi doveva essere successo tanti anni prima: Da qui but- tavano giù l olio bollente, qui dietro i merli stavano gli arcieri, e tutto era per noi così vero e tanto ci si immedesimava che, guardando attraverso le feritoie, ci sembrava quasi di veder sopraggiungere torme di assalitori, guidati da intrepidi cavalieri con elmo e armatura luccicanti al sole. Ci stupivamo, anzi, che i più anziani del paese non avessero da raccontarci nessuna di quelle storie, misto di leggenda e realtà, che si ingigantiscono inevitabilmente nel passare di bocca in bocca e di padre in figlio. In realtà non c era nessuna grande battaglia da raccontare, perché il nostro castello, quello che ancor oggi si può ammirare per la grandiosità del suo insieme e l imponenza delle sue torri, non fu mai teatro di importanti fatti d arme. Eppure vi fu un tempo in cui anche il castello di Panzano, per motivi che con le guerre non avevano nulla a che fare, raggiunse la fama, e ciò avvenne soprattutto per le opere e l ingegno dei suoi fondatori e padroni. Erano questi i conti Malvasia di Bologna, ai quali tutta la storia di Panzano, dal 1496 (acquisto dei due mulini sul Canal Torbido) fino al 1867 (scomparsa del conte Marc Antonio) è così strettamente legata, anche se nulla oggi, né una lapide, né una via, ricorda quella nobile famiglia che per quasi quattro secoli governò la vita del paese.

21 G. Caretti, Castello di Panzano Pagina 21 L ingresso del castello di Panzano Prima con Napoleone Malvasia, tesoriere nella Bologna dei Bentivoglio, poi con i suoi figli, e in particolare con Cornelio, senatore della città e tesoriere della Romagna, il quale, verso la metà del 500, acquistò parecchi terreni a Panzano. Gli successero i figli, fra i quali si distinse il primogenito Innocenzo ( ), certamente uno dei personaggi più famosi e forse il maggiore artefice delle fortune della famiglia. Tesoriere anch egli in Romagna (dal 1578), poi, per volere di papa Gregorio XIII, anche nell Esarcato di Ravenna e nelle saline pontificie, quindi Chierico di Camera Apostolica (1584), prefetto in Umbria sotto papa Sisto V, Commissario Generale del patrimonio della Chiesa, Legato sotto papa Clemente VIII e generale dell esercito ecclesiastico in Francia (1592), Nunzio Apostolico in Belgio (1594), Plenipotenziario in molti trattati fra la Chiesa e altri regnanti (fra i quali l annessione di Ferrara allo Stato della Chiesa) e infine Decano di Camera Apostolica. Nonostante i frequenti e delicati incarichi, che condusse sempre a termine con onore, saggezza e alto senso della giustizia, curò con ugual impegno e competenza la sua tenuta di Panzano (la parte più antica del nostro patrimonio, scriveva), che raggiunse, all inizio del 600, un estensione complessiva di 5600 tornature bolognesi, pari a 1163 ettari. I suoi possedimenti andavano dalla Via Emilia al Nonantolano e dal Panaro fino a Rastellino, Manzolino e Castelfranco. In quel periodo, prendendo probabilmente come esempio alcune ville del Ferrarese e le ville medicee del Mugello, mons. Innocenzo ristrutturò in villa-corte l antico castello medievale, facendone un complesso polifunzionale che servisse sia da residenza padronale estiva che da centro di raccolta e di governo della vasta tenuta.... vetustissimum castrum, in hanc usque diem PAN- SANO dictum, quod temporis diuturnitate collapsum, soloque fere coaequatum, a Majoribus meis instauratum ac pro viribus auctum, circumstantes agros non paucos, per nos ibi summo Dei beneficio possessos, magnificentius illustrat, scrive quasi un secolo dopo Carlo Cesare Malvasia. Ritratto del marchese Cornelio Malvasia, opera del pittore Pier Francesco Cittadini

22 Pagina 22 G. Caretti, Castello di Panzano Doveva amare profondamente queste terre Monsignore, se, nonostante i molti e gravosi impegni, trovò pure il tempo di scrivere un trattato di agricoltura ( Istruzione di Agricoltura), diretto proprio al suo fattore di Panzano, che fornisce un quadro completo e dettagliato della situazione agricola di quei tempi ed è ancora adesso oggetto di critica e consultazione. Per volontà testamentaria, erede di tanta fortuna fu il nipote Cornelio ( ), figlio primogenito del fratello Ercole, ancora ragazzo quando il celebre zio morì a Roma il 7 marzo Con lui il castello di Panzano raggiunse, come vedremo il massimo splendore e il suo momento di grande notorietà. Il giovane Cornelio, nato a Bologna l 8 aprile 1603, versato sia per le lettere che per le scienze, abile e coraggioso nelle arti marziali e nei tornei cavallereschi, diventò ben presto uno dei personaggi più in vista del mondo culturale e politico bolognese, rivelandosi sotto questo aspetto del tutto degno del suo benefattore. Non altrettanto invece si può dire della sua condotta privata giovanile: alcuni gravi fatti di violenza, di cui fu protagonista, avrebbero potuto comprometterne seriamente la carriera e l eredità, se allora, come sempre del resto, non si fosse usato per giudicare i reati dei ricchi, amici dei potenti, un metro tanto generoso. Così, a soli venticinque anni, il conte Cornelio venne addirittura nominato senatore da papa Urbano VIII, proprio nell anno in cui a Castelfranco, su un terreno che in parte apparteneva alla famiglia Malvasia, si iniziava la costruzione della fortezza che da quel papa avrebbe tratto il nome. Due anni dopo, nel 1630, egli dovette affrontare in qualità di gonfaloniere i problemi della peste, che fece tante vittime anche a Bologna, dimezzandone quasi la popolazione. Partecipò in seguito alla guerra dei Trenta Anni, dove si fece notare per coraggio e capacità, tanto da essere nominato da Urbano VIII prima generale di cavalleria, poi tenente delle galere pontificie. Fu quindi, sempre per volere del Papa, primo consigliere dello Stato della Chiesa nella guerra di Castro che, scoppiata fra i Barberini e i Farnese per il possesso di quel piccolo feudo laziale, coinvolse successivamente anche il Papa (della famiglia dei primi), Venezia, la Toscana e Modena, interessando parecchie città del nostro territorio. Dopo la morte di papa Urbano (1644), passò al servizio di Francesco I d Este, duca di Modena, che gli conferì il feudo di Bismantova col titolo di marchese, affidandogli l incarico di generale della milizia e dell artiglieria. Ottenne onorificenze anche dal re di Francia Luigi XIV, il famoso Re Sole, col quale il duca Francesco si era alleato nel Ma in quegli anni il marchese Cornelio coltivava anche interessi di ben altra natura e, come lui stesso scrisse, finite le opere di guerra, nulla gli era più caro che il dedicarsi a studi di pace. Scrittore e poeta, appassionato cultore delle scienze e dell astrologia, ultimò verso la metà del Seicento quella ristrutturazione del castello di Panzano che lo zio aveva iniziato sul finire del Cinquecento. E lo fece tenendo naturalmente conto di queste sue esigenze culturali. Così, mentre artisti famosi come G. Giacomo Monti, Baldassarre Bianchi, Giovanni Paderna, Lorenzo Pisanello e Scipione Bagnacavallo affrescavano le stanze e la cappellina del palazzo, il castello si arricchì di un teatro: sappiamo che nell autunno del 1649 vi venne rap- Vista del Castello di Panzano dal lato nord

23 G. Caretti, Castello di Panzano Pagina 23 presentata la commedia Le pazzie degli innamorati. Lo stesso Marchese compose alcuni drammi che ottennero un certo successo. Non dimentichiamo poi che in quel secolo, chiamato in seguito il secolo delle stelle, le scoperte di Galileo avevano fatto a lungo discutere gli ambienti culturali e religiosi, creando un tale clima di interesse e curiosità per l astronomia che non poteva non contagiare chi, come il marchese Cornelio, era già da anni abituato a scrutare gli astri. Egli, avendone i mezzi e la possibilità, costruì nella torre centrale del castello (proprio quella che stracolma di grano crollò con grande fragore una domenica d estate del 1899) un attrezzatissimo osservatorio. Si valse per questo della collaborazione di un giovane studioso ligure, Gian Domenico Cassini ( ), destinato a diventare famoso nella storia dell astronomia e capostipite di una famiglia di scienziati che diresse l osservatorio di Parigi dal 1669 al Per due anni il Cassini, ospite del Malvasia nella villa di Panzano, lavorò assieme a lui alla realizzazione della specola. Nel 1650 l opera era già ultimata; dedicando infatti in quell anno un suo studio al marchese Cornelio, il conte Carlo Antonio Manzini, dottore bolognese, scriveva: Ho inteso che costì, nel sontuoso Palazzo della Villa di V. S. Ill.ma a Panzano, si fabbricano Strumenti Regij, per fare Osservazioni Celesti, con spesa e diligenza degna di lei, la quale dopo maneggiati gl Instrumenti di Marte nelle guerre passate, hora si ap- Ritratto del grande astronomo ligure Giovanni Domenico Cassini ( ) parecchia, per non lasciare mai otioso se stesso, a qualche nuova riforma dell Astronomia. Nella lettera di risposta, inviata da Panzano il 9 ottobre 1650, il Malvasia accenna ad una brillante invenzione del Cassini, suo compagno di studio, che permette di rendere gl instrumenti, ancorchè piccoli, equivalenti (in precisione) a smisuratissimi. Il castello di Panzano nel XVII secolo. La torre centrale fu quella utilizzata per le osservazioni astronomiche da Cassini e Montanari; crollò nel 1899 a causa del peso del grano in essa immagazzinato. Il 3 giugno 2000, dalla Società dei Naturalisti e Matematici di Modena, fu reso omaggio al marchese Cornelio, collocando nel castello una lapide sotto l arco che congiunge i due principali cortili, proprio nel punto dove un tempo sorgeva la torre che fungeva da specola.

24 Pagina 24 G. Caretti, Castello di Panzano In quello stesso anno il Cassini diresse la perforazione di un pozzo artesiano all interno del Forte Urbano, lungo il lato Sud del fabbricato, ancora funzionante dopo tre secoli. Quello fu probabilmente il più antico pozzo perforato nel nostro territorio, sicuramente il primo del quale esista la descrizione scientifica, fatta dallo stesso Cassini all Accademia di Francia nel 1671 e pubblicata nel Sempre nel 1650, su suggerimento del Malvasia, il Cassini, appena venticinquenne, ottenne dal Senato di Bologna la cattedra di astronomia all Università. Non per questo però cessò la sua collaborazione col Marchese a Panzano: anzi, quando nel dicembre del 1652 apparve in cielo una cometa, i due trascorsero parecchie notti Frontespizio dell opera di Cassini, De Cometa, nella quale sono descritte le osservazioni della cometa del 1652, la C/1652 Y1, osservata dal castello di Panzano. La sua orbita parabolica fu calcolata per la prima volta da Edmond Halley nel 1705, facendo uso di 54 osservazioni, tra le quali quelle dello stesso Cassini. Cassini, per migliorare la precisione delle sue osservazioni della cometa del 1652, aveva concepito un nuovo gigantesco strumento per la misura delle distanze angolari celesti, la cui descrizione, unita a questo disegno esplicativo, è contenuta nel De cometa. Si trattava di una specie di compasso che, per mezzo di un sistema di segmenti mobili e fissi, consentiva a due osservatori di determinare la separazione angolare tra la testa della cometa e una stella di riferimento. insieme, in apertissimo cielo, su quella torre dominante liberamente tutto l orizzonte. Fu in quell occasione che il Cassini chiamò la specola malvasiana, per la sua felice posizione, italico Uraniborgo, riferendosi al nome di Uraniburg dato al primo osservatorio sorto nel mondo, su un isola del Baltico, per iniziativa del celebre Tycho Brahe (1557). L interesse per quel fenomeno celeste e la considerazione di cui godevano i due studiosi furono tali che, anche per far cosa gradita al duca Francesco, dilettante astronomo, si fecero andare tipografi da Modena, per stampare giorno per giorno le osservazioni che si facevano. Nelle sue memorie il Cassini racconta che qualche volta il Duca si recò personalmente a Panzano per assistere alle osservazioni e vedere gli strumenti. L anno dopo il Cassini ebbe l idea di costruire nella chiesa di S. Petronio a Bologna una grande meridiana che potesse servire alle più importanti osservazioni

25 G. Caretti, Castello di Panzano Pagina 25 che possono farsi in astronomia, con la maggior esattezza che si fosse mai avuta per l addietro. Dopo vari studi e misure, ottenuta col solito appoggio del marchese Malvasia l approvazione del Senato, nel 1654 si iniziò l esecuzione del progetto. Nel 1656 il gran strumento di S. Petronio o eliometro, come venne più propriamente chiamato dall autore, era ultimato e il Cassini poté fare, con precisione straordinaria per quei tempi, misurazioni sul sole che confermarono sperimentalmente le teorie di Keplero. Quella meravigliosa meridiana, utilizzata da tre generazioni di astronomi, si può ancora ammirare in S. Petronio, anche se naturalmente oggi non ha più alcun significato scientifico, al di fuori di quello storico. Negli anni successivi lo scienziato, per conto del papa Alessandro VII, si interessò anche della regolazione dei corsi d acqua e ottenne pure l incarico di sovrintendente alle fortificazioni di Forte Urbano, dove predispose riparazioni e ampliamenti. Le sue attenzioni maggiori erano però sempre rivolte al cielo e all astronomia: fra il 1665 e il 1669 dimostrò la rotazione attorno ai propri assi di Giove, Marte e Venere e ne determinò i tempi. Tali scoperte lo resero famoso in tutta Europa, tanto che a Parigi, dove si stava costruendo un grande osservatorio, fecero di tutto per averlo. Per interessamento dello stesso Re Sole furono superate sia le indecisioni dell astronomo che le resistenze del papa Clemente IX e così, nell aprile del 1669, il Cassini giunse nella capitale francese. Esaminò il progetto dell osservatorio, vi apportò varie importanti modifiche, per fare dell edificio stesso un grande strumento, quindi iniziò in collaborazione con Jean Picard, il maggior scienziato francese del tempo, una serie sistematica di accuratissime osservazioni che lo portarono alla scoperta di alcuni satelliti di Saturno e della divisione scura di un anello di quel pianeta, che a ragione viene chiamata divisione di Cassini. Misurò per primo, con un certo grado di precisione, le distanze Terra-Marte e Terra-Sole, scoprì la luce zodiacale, la non sfericità della Terra ed ebbe parecchie altre felici intuizioni. Oltre che astronomo e fisico insigne, il Cassini fu anche geniale inventore e costruttore di strumenti, topografo e geografo, studioso di idraulica e dei problemi delle acque. Fu lui che verso il 1680 insegnò ai Francesi la tecnica di trivellazione dei pozzi oggi universalmente noti come pozzi artesiani, come se fossero originari dell Artois, prima regione in cui il Cassini li attuò e dove ebbero notevole sviluppo, mentre invece erano già noti nel Modenese da alcuni secoli. Nel 1695 il celebre astronomo tornò in Italia col figlio Giacomo, educato fin da fanciullo all amore per le scienze e già esperto in astronomia, nonostante fosse appena diciottenne. Durante il breve soggiorno corresse gli errori che il tempo e gli assestamenti avevano apportato alla sua meridiana in S. Petronio. Ritornato a Parigi continuò a lavorare fino alla più tarda età assieme al figlio, che lo avrebbe poi sostituito nella direzione dell osservatorio. Morì nel 1712 a 87 anni, cieco come il grande Galileo, forse per aver sottoposto gli occhi a troppi sforzi nelle continue e sottili osservazioni, o, come scrisse Fontenelle, elegante scrittore e filosofo dell Illuminismo francese, punito dagli dei per aver carpito, a somiglianza del mitologico Tiresia, qualche loro segreto. Dopo le osservazioni della cometa del 1652, il marchese Malvasia, per quanto ormai privo della preziosa collaborazione del Cassini, continuò ugualmente le sue ricerche astronomiche. In quel periodo, per le molte incombenze legate all incarico di generale delle truppe ducali, si era trasferito a Modena in una casa di sua proprietà ( Ca del vento ) situata vicino al bastione di Ritratto dell astronomo modenese Geminiano Montanari ( ), che collaborò a lungo con Cornelio Malvasia nella specola del castello di Panzano.

26 Pagina 26 G. Caretti, Castello di Panzano S. Marco, dove oggi si trova il Palazzo Campori, quindi sul confine dell abitato. Il luogo aperto ed elevato si prestava all osservazione del cielo e il Malvasia pensò di costruirvi una seconda specola, la prima di Modena, che egli corredò di ottimi strumenti, alcuni dei quali di sua fabbricazione. Dal duca Alfonso IV, successo nel 1658 a Francesco I, ottenne che gli fosse assegnato come aiutante il giovane studioso modenese Geminiano Montanari ( ), che sarebbe diventato uno dei personaggi più illustri della città. Giurista, matematico e filosofonaturalista, il Montanari iniziò la sua brillante carriera di astronomo nelle due specole malvasiane di Modena e Panzano. Inventore geniale quanto il Cassini, del quale fu amico intimo, ideò in quel periodo (1661) il micrometro a fili, che applicato al telescopio permetteva di determinare con maggiore esattezza le distanze angolariapparenti. Per mezzo di questo strumento poté disegnare con sorprendente precisione una delle prime mappe lunari. Il Malvasia lo ebbe come collaboratore nella compilazione di quelle Ephemerides Novissimae, pubblicate nel 1662, per le quali egli raggiunse una certa notorietà nella storia dell astronomia, anche se il suo merito Le Ephemerides di Malvasia (e di Montanari, anche se il marchese non lo cita mai come coautore) contiene numerosi grafici di eclissi. Quello qui raffigurato riguarda l eclisse parziale di Sole del 16 gennaio maggiore rimane senza dubbio quello di essere stato mecenate e amico di giovani d ingegno, che anche grazie al suo aiuto hanno avuto la possibilità di seguire e sviluppare le proprie inclinazioni e di dare così importanti contributi al progresso della scienza. Dopo la morte del Duca, avvenuta in quello stesso anno, sia il Malvasia che il Montanari lasciarono la corte estense. Continuarono insieme gli studi astronomici nella specola di Panzano, dove ebbero saltuariamente come compagno di ricerche il Cassini, e dove è da supporre che fossero stati trasportati tutti gli strumenti della specola di Modena. Il Montanari, come il Cassini, fu attento osservatore di Al centro dell elaborata antiporta delle Ephemerides Novissimae, opera stampata a Modena nel 1662, è raffigurato il lungo cannocchiale kepleriano utilizzato da Malvasia e Montanari nelle loro osservazioni astronomiche. Probabilmente esso utilizzava una lente obiettiva realizzata da Evangelista Torricelli, ed acquistata dal marchese intorno al 1646.

27 G. Caretti, Castello di Panzano Pagina 27 Il grafico dell orbita della cometa del 1680 così com è rappresentata nei Principia Mathematica di Newton, Proposizione XLI, Problema XXI. Il grande scienziato inglese per tracciare la traiettoria della cometa, utilizzò numerose osservazioni di Geminiano Montanari. Si veda: e n. w i k i s o u r c e. o r g / w i k i / The_Mathematical_Principles_of_Na tural_philosophy_(1846)/bookiii- Prop6 comete e anche il grande Isaac Newton fece tesoro delle sue precise e dettagliate descrizioni per giungere alla formulazione di una teoria riguardante le orbite oltre misura allungate di questi erranti corpi celesti. Fu inoltre il primo, l astronomo modenese, a notare la variabilità fotometrica di alcune stelle, e appunto per approfondire questi studi, aveva proposto al Malvasia il modo di erigere una meridiana per le stelle fisse in mezzo a due torri, per osservare esattamente la declinazione ed ascensione retta di ciascuna di loro, ed egli l aveva cominciata a fabbricare a Panzano ( fra la torre centrale e quella settentrionale), ma la morte gliene interruppe la gloria. Il marchese Cornelio Malvasia morì infatti a Panzano, nello splendido ospizio che egli aveva fatto costruire nel 1662 per i Padri Cappuccini e nel quale di tanto in tanto si ritirava a ritemprar lo spirito, il 29 marzo all età di 61 anni - senza figli. Alla fine di quello stesso anno, tornando da Modena a Bologna, nel cui ateneo aveva da poco ottenuto la cattedra di matematica, il Montanari venne invitato dal senatore Gio. Francesco Isolani, nipote del Marchese, a pernottare nella villa di Panzano, nella quale allora dimorava. La mattina del giorno successivo, 17 dicembre 1664, l astronomo modenese si alzò prestissimo con l intenzione di fare una cavalcata; volgendo gli occhi al cielo per cogliere l ora dalla posizione delle stelle, notò per caso una nuova cometa. Salì allora sulla torre per osservarla con gli strumenti, ma con suo grande stupore la trovò completamente spoglia:... nullum ibi amplius Instrumentum, ex numerosa suppellectile, quam olim Illustriss. et Excell. D. Marchio Cornelius Malvasia, gloriosae memoriae, in sua Turri illa Astronomica locaverat, reperire datum est;... sicque opus fuit oculo tantum nudo, quoad fieri posset locum adnotare. La breve ma importante parentesi di gloria culturale e scientifica del Castello di Panzano si era a quel punto definitivamente chiusa. Germano Caretti è nato nel 1938 nella campagna di Castelfranco Emilia, ha vissuto fino al 1961 a Panzano, a un tiro di schioppo dal castello Malvasia, la cui visione ha suscitato in lui, fin da bambino, crescente curiosità di conoscerne origini e vicende storiche. Terminati brillantemente a Modena gli studi liceali, premiato da alcune borse di studio, ha frequentato poi l Università di Bologna, conseguendo la laurea in ingegneria elettronica, con specializzazione in comunicazioni elettriche. Successivamente si è dedicato all attività didattica, insegnando fino al 1999 diverse materie tecniche, fra le quali in prevalenza telecomunicazioni, all ITIS Fermo Corni di Modena. Residente a Castelfranco dal 1961, ha pubblicato vari articoli di storia locale: in particolare ha approfondito le ricerche sull antichità di Panzano, di cui ora sta scrivendo la storia.

28 Pagina 28 R. Calanca, Icon Lunaris Montanari L I C O N L U N A R I S DI G E M I N I A N O M O N T A N A R I Rodolfo Calanca rodolfo.calanca@gmail.com Questo articolo, insieme a quello di Germano Caretti sul castello di Panzano, ha lo scopo di celebrare il 350 dell Icon lunaris di Geminiano Montanari, disegnata con l ausilio di un reticolo micrometrico - posto nel fuoco dell oculare di un cannocchiale kepleriano - durante il mese di ottobre del La tecnica osservativa e l ottimo risultato raggiunto, fanno della selenografia di Montanari il primo esempio di cartografia scientifica del nostro satellite. Geminiano Montanari è una figura spesso ingiustamente trascurata dagli storici della scienza. Di scuola galileiana, fu una delle più rilevanti figure di filosofo naturale del Seicento. Nato a Modena nel 1633, a vent anni si recò a Firenze a studiare giurisprudenza e nel 1656, durante un lungo soggiorno all estero, si laureò in legge all Università di Salisburgo. Tornò a Modena nel 1661, dove era stato chiamato a ricoprire la carica di filosofo e matematico del duca e- stense Alfonso IV, grazie ai buoni uffici del ricco marchese bolognese Cornelio Malvasia, generale delle truppe ducali, ma anche cultore di astronomia e astrologia. Alla morte del duca estense, avvenuta nel 1663, Montanari si trasferì a Bologna in casa del marchese, continuando gli studi presso la specola di Panzano, nei pressi di Castelfranco Emilia, una delle più attrezzate dell epoca. Qui conobbe e frequentò Giovanni Domeni- co Cassini, del quale fu amico e collega allo Studio bolognese. Nel 1664, il Senato di Bologna lo elesse, infatti, alla cattedra di matematica. In questa città si trattenne per ben quattordici anni fino a quando, nel 1678, passò all università di Padova dove, oltre alla cattedra di astronomia e meteore, creata espressamente per lui, ricoprì i più svariati incarichi pubblici per conto della Repubblica veneta. Morì in questa città il 13 ottobre 1687 all età di soli 54 anni. Alcune carte lunari del Seicento I primi disegni della Luna al cannocchiale risalgono a Galileo che ne tracciò le principali configurazioni nell opera del 1610 che rivoluzionò l astronomia d osservazione: il Sidereus Nuncius (si veda l articolo dell autore su Astronomia Nova: download-aprile12.html). Nei quattro decenni successivi la Luna fu raffigurata numerose volte, sia da astronomi che da artisti, quasi mai con quella precisione, nella descrizione topografica dei dettagli lunari, ai quali siamo abituati. Nel 1634, Claude Mellan ( ), su incarico del ricco aristocratico Nicolas-Claude Fabri de Peiresc ( ) e del filosofo Pierre Gassendi ( ) disegnò alcune carte lunari di buona fattura (fig. 1). FIG. 1: Le carte lunari disegnate da Claude Mellan

29 R. Calanca, Icon Lunaris Montanari Pagina 29 Una mappa lunare di 35 centimetri di diametro, Lumina Austriaca Philippica, fig. 2, che riportava, per la prima volta, i nomi di 322 configurazioni della superficie del nostro satellite, fu disegnata nel 1645 dal cartografo e cosmografo del re di Spagna, Michael Florent Van Langren ( ). Indubbiamente il più bel volume del Seicento dedicato alla Luna è la Selenographia (fig. 3) di Jan Hewliusz, ricco borghese di Danzica, il cui nome fu latinizzato in Johannes Hevelius ( ). Questa splendida opera, frutto di cinque anni di osservazioni, contiene quattro carte generali, indicate con le lettere O, P, Q, R, 40 carte particolari, che riproducono altrettanti disegni della Luna in corrispondenza delle diverse fasi, ciascuna del diametro di 16 centimetri ed un testo molto ampio nel quale l autore fornisce una dettagliata descrizione delle configurazioni disegnate. Le carte generali hanno un diametro di 28,5 centimetri (in fig. 4, la selenografia P). Di poco successiva a quelle di Hevelius è una carta della Luna pubblicata nel 1649 dall ottico marchigiano Eustachio Divini ( ). Essa fu eseguita intorno al plenilunio di marzo del 1649, usando due telescopi costruiti dallo stesso autore, il quale afferma di aver impiegato, per la prima volta, un reticolo micrometrico. Esaminando però con atten- FIG. 3: La splendida antiporta della Selenographia di Hevelius. zione la sua carta lunare (fig. 5), non si notano miglioramenti significativi rispetto a quelle precedenti. Anzi, appare evidente l influsso che le carte lunari di Hevelius ebbero sul lavoro di Divini. Un fondamentale contributo alla selenografia apparve nell opera Almagestum Novum (Bologna 1651), del gesuita ferrarese Giovanni Battista Riccioli ( ). Nel capitolo riguardante la Luna troviamo due carte: una, muta del diametro di 28 centimetri (fig. 6), l altra nella quale si tiene conto delle librazioni e quindi sono aggiunte anche quelle zone al bordo che compaiono e scompaiono periodicamente. In questa seconda carta contiene la celebre nomenclatura che, introdotta da Riccioli, è ancora in buona parte utilizzata. FIG. 2: La Lumina Austriaca Philippica di Van Langren (1645)

30 Pagina 30 R. Calanca, Icon Lunaris Montanari FIG. 4: La selenografia P di Hevelius FIG. 5: La carta lunare di Eustachio Divini Le carte generali e particolari dell Almagestum Novum furono disegnate da alcuni collaboratori di Riccioli (tutti gesuiti), tra i quali, Francesco Maria Grimaldi ( ) e Gerolamo Sersale ( ). Prendiamo ora in esame la carta lunare (fig. 7) di Cherubin d Orleans ( ) uscita sette anni dopo quella di Geminiano Montanari. Essa era contenuta in un volume di ottica, La Dioptrique oculaire, (in formato digitale: bid=300864&lng=en) nel quale l autore mostrava l utilizzo astronomico e terrestre di un cannocchiale binoculare e di alcuni accessori di sua invenzione. FIG. 6: la carta muta della Luna, circondata da quattro immagini raffiguranti diverse fasi del ciclo lunare, apparse nell opera Almagestum Novum di Giovanni Battista Riccioli.

31 R. Calanca, Icon Lunaris Montanari Pagina 31 FIG. 7: La mappa lunare di Cherubin d Orleans, in numerosi particolari, richiama alla mente la selenografia P di Hevelius. Cherubin sosteneva di aver inventato un pantografo (fig. 8) che gli consentiva di disegnare la Luna con e- strema precisione. Ma, dall analisi anche superficiale della sua carta lunare in fig. 7, appare evidente che essa fu ampiamente (sicuramente troppo ) ispirata ai lavori di Hevelius. Le mappe appena illustrate, nel seguito di questo articolo, saranno confrontate con la selenografia di Geminiano Montanari. L Icon Lunaris di Geminiano Montanari Nel 1662 vide la luce l opera del marchese Cornelio Malvasia, Ephemerides Novissimae (si veda l antiporta a pagina 26), alla quale l astronomo modenese diede un contributo sostanziale. Nelle Ephemerides, sono di particolare rilevanza storica le notizie sul reticolo, applicato dal Montanari al fuoco di un cannocchiale e, per la prima volta nella storia dell astronomia, utilizzato in modo sistematico in numerose osservazioni planetarie. Con questo fondamentale strumento di misura egli realizzò, tra l altro, la sua splendida icon lunaris (fig. 9), che così Malvasia descrive nell ultima pagina della sua opera: L uso del nostro reticolo [Malvasia, in modo scorretto, qui si impossessa dell invenzione] nell osservazione del disco lunare offriva a lui [Montanari], lo stesso vantaggio offerto ai pittori che, volendo riprodurre opere altrui, impiegano un reticolo proporzionato, adattato all originale e alla copia. Allo stesso modo, infatti, era possibile osservare la Luna reticolata : poiché egli poteva far ruotare il reticolo, facilmente lo disponeva in qualunque posizione della Luna, in modo che un ordine di fili stesse sempre disteso dall uno all altro corno mentre gli altri li intersecava ad angolo retto. Alle differenze fra i diametri lunari (e per questo variavano in qualche modo anche le distanze fra le macchie), rimediava con una varietà proporzionata di reticoli. Da queste parole, possiamo immaginare che, nella bella serata del 15 ottobre del 1662, 86 ore dopo il novilunio, Montanari, con pazienza certosina, si accingeva a disegnare i particolari più rilevanti della superficie lunare. FIG. 8: Il pantografo inventato da Cherubin d Orleans che, a detta dell autore, consentiva di disegnare la Luna con precisione squisita.

32 Pagina 32 R. Calanca, Icon Lunaris Montanari FIG. 9: L Icon Lunaris di Geminiano Montanari pubblicata nelle Ephemerides Novissimae (Modena 1662) di Cornelio Malvasia Premurosamente, Malvasia informa il lettore che, nei mesi precedenti, un certo numero di tentativi per dare corpo al progetto fallì per le cattive condizioni atmosferiche. Montanari aveva giustamente escluso di raffigurare la Luna durante il plenilunio, ciò che altri e, tra questi, i già citati Johannes Havelius ed Eustachio Divini, non avevano esitato ad attuare. Lo avevano fatto desistere la pessima illuminazione del disco lunare e l eccessivo appiattimento dell immagine: troppi dettagli, nell intenso chiarore diffuso senza ombre, sarebbero andati persi o snaturati. Ogni sera, prima di iniziare il vero e proprio lavoro cartografico, determinava il diametro lunare con un reticolo, impiegato per questo scopo fin dal mese di luglio, opportunamente inserito nel cannocchiale di 24 palmi. Forse quello stesso cannocchiale è raffigurato nell antiporta delle Ephemerides, anche se, il tubo, di sezione quadrata, appare di lunghezza minore dei 5 o 6 metri dichiarati da Malvasia. Forse l unità di misura indicata nelle Ephemerides è il palmo romano di circa 20 cm, per cui la focale risulterebbe di 4,8 metri. Paolo Maffei ipotizza invece che la misura fosse in palmi genovesi di 26.3 cm, pari a 6.32 metri di focale (P. Maffei, Carte lunari di ieri e di oggi, L Universo, anno XLII, n. 4, luglio-agosto 1962, p. 936). Dopo aver eseguito, in pochi minuti, la misura del diametro lunare, il cui errore medio, nelle dodici serate, è di 30, Montanari sostituiva il reticolo, scegliendone un altro capace di dividere esattamente in nove intervalli, su entrambi gli assi, il disco del nostro satellite. In questo modo, la Luna gli appariva coperta da un fitto reticolato di 81 quadratini perfettamente adattato alle sue dimensioni. In precedenza, su di un foglio di carta di grande formato, aveva tracciato un cerchio di 38 cm di diametro al quale sovrappose un reticolato di 81 quadratini.

33 R. Calanca, Icon Lunaris Montanari Pagina 33 T a b e l l a I Tempi di realizzazione della carta lunare di Geminiano Montanari a partire dal novilunio del 12 ottobre 1662 alle 4 h 30 m UT NOTE ALLA TABELLA: (1): Posizione del terminatore tracciato sulla carta lunare corrispondente al tempo trascorso dal novilunio (in ore). (4): diametro lunare secondo i calcoli moderni. (5): misure del diametro lunare eseguite da Montanari con il reticolo. Dopo aver rilevato la posizione del terminatore lunare per quella serata, lo riportava sul disegno con una linea tratteggiata e, finalmente, dava inizio al vero e proprio lavoro cartografico. Seduto e immobile, fissava la Luna attraverso il cannocchiale mentre, con estrema delicatezza, per evitare oscillazioni dannose per la qualità dell immagine, spostava il lunghissimo tubo per mantenerla nel centro del campo. Infine, determinate la posizione delle varie configurazioni rispetto al reticolato dei fili, una per una le riportava sulla carta. Nelle prime due serate, la Luna tramontò assai presto (si veda la tabella I) e Montanari ebbe poco tempo a disposizione per disegnare. Il 15 ottobre, tracciò il terminatore lunare alle 17 h 30 m UT ed appena un ora dopo il satellite toccò l orizzonte. La sera successiva, il nuovo terminatore, corrispondente a 110 h dopo la neomenia, cadeva 40 minuti prima dell inizio del tramonto lunare. Evidentemente, queste prime sedute d osservazione risentirono della necessità di disegnare velocemente: nessuna meraviglia, quindi, se qualche rilevante configurazione, nella regione del Mar Crisium, ad esempio, manca all appello. Si può supporre che, per tracciare l intera icon lunaris, siano state necessarie non meno di una cinquantina d ore. Quello di Montanari, fu un intenso tour de force condotto in 12 serate consecutive (impresa mai prima tentata, neppure da Hevelius), che non poteva però generare una cartografia lunare paragonabile a quelle moderne. Il selenografo belga A. Piérot, molti anni fa, ha fatto notare che se si copre l icon lunaris di Montanari con un reticolo di coordinate ortografiche, non si trova alcuna concordanza con le carte moderne per la posizione dei diversi particolari lunari. Nella moderna selenografia, l equatore è l origine delle latitudini mentre, per la longitudine il meridiano centrale passa per il Sinus Medii. Con una semplice ispezione della carta di Montanari, si nota che la posizione del suo meridiano centrale è ad ovest dell origine delle moderne longitudini selenografiche (fig. 10).

34 Pagina 34 R. Calanca, Icon Lunaris Montanari FIG. 10: in figura sono indicate le posizioni del meridiano centrale e dell equatore relativo sia alla carta di Montanari sia a quello moderno. Esso sfiora il cratere raggiato Tycho, lascia alla sua sinistra i circhi di Tolomeo, Alfonso e Arzachel ed attraversa Plato. L equatore invece passa poco a nord di Grimaldi, nell ovest lunare, e lambisce Ipparco. Dalla figura 10, dove sono indicate, in modo ovviamente approssimativo, le posizioni dei meridiani centrali sia della carta di Montanari sia di quello oggi adottato, e i corrispondenti equatori, si evince che il punto di latitudine e longitudine zero dell icon lunaris è collocato 6 a sud e 10 ad ovest dall origine delle coordinate selenografiche. Per un osservatore terrestre, la separazione angolare dei due punti d origine appare piuttosto consistente, sui 2, un quindicesimo del diametro lunare apparente. Tradotta nell unità di misura dei reticoli impiegati da Montanari (che usava una separazione tra due fili del reticolo di 3 primi d arco), questa distanza è ⅔ di un intervallo. Indubbiamente Montanari, mentre redigeva la sua carta, si accorse di quanto incideva sul suo lavoro grafico l effetto delle librazioni e certamente rammentava, dalla lettura della Selenographia di Hevelius, il tentativo, non riuscito, dell astronomo di Danzica di spiegare e prevedere, con una teoria adeguata, l ammontare di questi effetti geometrici. Vediamo, in base alle moderne conoscenze, in che misura le librazioni possono avere influito sull esatta disposizione dei particolari lunari nella carta di Montanari. Nella prima serata d osservazione, la librazione in latitudine era doppia di quella in longitudine (tabella I, colonne 6-7) e l origine delle coordinate si trovava 5.6 nord e 2.8 est dal centro apparente. Il 20 ottobre, Montanari disegna il fuso centrale: le magnitudini delle librazioni, questa volta, sono invertite, in longitudine è doppia di quella in latitudine. Tra le due date, l origine delle coordinate si era spostata di 1.5 a sud e di 4.3 ad est. In altre parole, un cratere osservato al centro della Luna la sera del 20 ottobre, rispetto, ad esempio, a Langrenus, che fa parte invece del primo fuso, apparentemente era più vicino a quest ultimo di 4.3 in longitudine e più a sud di 1.5. Nelle condizioni descritte, l effetto delle librazioni sui due crateri porta a falsare la loro distanza apparente (vista, cioè, dalla superficie terrestre e alla loro distanza media) di circa 1. Naturalmente, quest apparente alterazione delle distanze vale per tutti i particolari lunari raffigurati nei fusi di quei due giorni. Dal confronto tra il fuso centrale del 20 ottobre con il penultimo del 25, si vede che le librazioni hanno spostato verso sud di 8 e di 4.2 verso ovest il centro medio lunare. Ciò significa che le distanze tra gli oggetti raffigurati in questi due fusi sono maggiori del vero. La selenografia di Montanari non è quindi un istantanea dell intero aspetto superficiale del nostro satellite valida per ogni epoca, bensì una sintesi che deriva dall accostamento di immagini successive, a mo di collage, ottenute nel corso di osservazioni telescopiche di una ben precisa lunazione.

35 R. Calanca, Icon Lunaris Montanari Pagina 35 FIG. 11 Una caratteristica distintiva di questa carta è lo stile cartografico, molto più moderno e meno fantasioso di quello dei suoi predecessori. Il geofisico Carlo Bonacini rilevava giustamente che l esame comparativo della carta di Montanari con quelle dei suoi predecessori o contemporanei, fa subito riconoscere in quella del Nostro un nuovo stile. Lo stile del resto, che diverrà quello dei successori. Dallo stile a macchie si passa a quello a profili: da una rappresentazione globale, sintetica, si passa a quella scheletrica, analitica, si direbbe geometrica. Se eseguiamo un confronto (fig. 11) tra una carta moderna della zona del Mar Imbrium e della catena degli Appennini, con quella stessa zona raffigurata in quelle di Montanari, Hevelius e Grimaldi è possibile comprendere la sostanziale differenza qualitativa esistente tra queste tre opere secentesche. Hevelius e Grimaldi non esitano ad usare, per alcune catene montuose, un segno noto come mucchio di talpa o pan di zucchero, largamente impiegato nella tradizionale cartografia terrestre fin dai tempi di Tolomeo. Questo è un segno generico, letteralmente simbolico del rilievo, che offriva indicazioni d ordine qualitativo e suggeriva quindi il tono del territorio, circoscrivendo una zona di non pianura. Montanari riproduce invece le irregolarità del suolo lunare con un tratto fine e sinuoso che potrebbe essere confuso, a volte, con inesistenti e tortuosi corsi d acqua. In questo stile riconosciamo gli elementi primevi di moderne tecniche cartografiche, come le linee di massima pendenza e le isolinee, che furono però codificate e generalmente adottate nel XIX secolo. Nell icon lunaris la tormentata orografia lunare è spesso resa con questa tecnica, certamente più efficace e vicina al gusto moderno di quanto non lo sia il mucchio di talpa, ed è particolarmente evidente negli Appennini e nei monti Rook. Ma è nei crateri lunari, resi in modo eccessivamente schematico da Hevelius e Grimaldi (quest ultimo è indubbiamente influenzato dai disegni selenografici dell astronomo di Danzica), che si esalta lo spirito verista, marcatamente di scuola galileiana, di Montanari.

36 Pagina 36 R. Calanca, Icon Lunaris Montanari Anziché strutture ellittiche a scodella prive di qualsiasi dettaglio, tipiche della tecnica di tutti i selenografi precedenti, i crateri raffigurati nell icon lunaris danno ragione della loro tormentata genesi: Copernico, Aristillo, Autolico, Eratostene e numerosi altri, sono ben descritti, con i loro contrafforti accidentati e i picchi centrali in evidenza. E ben percepibile, inoltre, lo sforzo dello scienziato modenese teso ad evitare il ripetersi di alcuni errori dei predecessori. Non c è traccia, ad esempio, delle orecchie di coniglio, coppia di raggi dalla buffa forma, intorno a Furnerius e a Stevinus nel sud-est della Luna, che Hevelius, Divini e Grimaldi disegnarono; oppure di quella formazione a φ nel Mare Serenitatis che lo stesso Cassini, amico di Montanari e conoscitore non superficiale della sua carta, ancora riporta nella selenografia data alle stampe a Parigi nel E r r o r i n e l l i c o n l u n a r i s Qualcuno ha però fatto notare che nella sua carta vi è qualche omissione ed errore di troppo. Non appare, ad esempio, la Vallis Alpes (indicata nella figura con una freccia), una profonda incisione nella catena alpina ben visibile, intorno al primo quarto, con telescopi di pochi centimetri di diametro e a basso ingrandimento. Anche se ciò non vale a giustificarne l omissione, osserviamo che nessuno degli astronomi che lo precedettero diede una raffigurazione di quest imponente frattura, compreso il più assiduo osservatore lunare del Seicento, il solito Hevelius, che non la riporta nelle sue carte generali e neppure in quelle delle fasi del 21 novembre 1643, del 19 dicembre dello stesso anno e dell 8 ottobre Fu Francesco Bianchini, guarda caso allievo di Montanari, il primo a disegnare la Vallis Alpes in un volume apparso però nel Non solo, mancano anche crateri luminosi quasi impossibili da ignorare, con diametri compresi tra i 30 e i 40 chilometri, nella parte nord del Mar Tranquillitatis, quali Plinio, Vitruvio e Maraldi e, nel Mar Imbrium, i crateri Lambert e Mayer. Evidenti errori di forma, non giustificati dalle librazioni, alterano la geometria di Plato, Grimaldi, Aristotele, Eudosso e il Mar Crisium. Essi si mostrano meno ellittici della realtà, mentre Albategnius (le cui dimensioni furono esagerate anche in un famoso schizzo di Galileo) è troppo grande e rivaleggia con l attiguo Ipparco. Pur riconoscendo l esistenza di imperfezioni, errori ed omissioni, spesso pressoché inevitabili a causa della complessità e della ricchezza del soggetto ritratto, l opera di Montanari non perde, per questo di valore. I p r e g i, c o n t e s t a t i, d e l l i c o n l u - n a r i s Due affermazioni negative sulla selenografia dell astronomo modenese, formulate in una recente rassegna di storia della selenografia da E.A. Whitaker, a mio parere, non possono essere condivise. La prima, riguarda la presunta scadente qualità artistica dell elaborato di Montanari, la seconda, più grave, perché dimostra che l autore ha una modesta conoscenza di questa stessa cartografia (e, in effetti, non la riproduce nel suo lavoro), quando sostiene che la sua positional accuracy [is] very low. Rigetto, come privo di significato scientifico, l adozione di un criterio artistico, del tutto soggettivo, come titolo di merito per valutare, in modo più o meno positivo, un antica selenografia. Non penso, ad esempio, che Hevelius, giustamente ammirato da Withaker, quando affrontò il suo poderoso lavoro di riproduzione degli aspetti della Luna in ogni sua fase, abbia avuto, tra le sue motivazioni, il desiderio di soddisfare il senso estetico degli storici dell astronomia del XX secolo. Erano altre le sue priorità e assai più concrete. Come abbiamo già riportato in altra parte di questo lavoro, egli aveva ripreso il progetto, elaborato da Peiresc e Gassendi, per la realizzazione di accurate carte selenografiche che, durante le eclissi di Luna, consentissero di determinare le longitudini. E, particolare niente affatto trascurabile, chi avesse fornito una soluzione accettabile a questo problema, specialmente in mare, avrebbe ricevuto onori, gloria e denaro: Filippo III, re di Spagna, agli inizi di quel secolo, aveva offerto un favoloso premio di 6000 ducati e anche Galileo aveva proposto un metodo, basato sulle occultazioni dei satelliti di Giove, poi largamente impiegata dagli astronomi nei due secoli successivi. Vediamo ora se la seconda critica di Withaker, ovvero l idea di una scarsa accuratezza geometrica dell icon lunaris, rispetto alle carte coeve, ha qualche fondamento di verità. Uno dei modi di procedere è confrontare la selenografia di Montanari con altre, scelte tra le migliori del Seicento, e vedere come questa si colloca, per quanto concerne l accuratezza nella disposizione geometrica dei dettagli lunari, in quello specifico panorama cartografico. In altre parole, la precisione dell icon lunaris regge il confronto con le selenografie precedenti?

37 R. Calanca, Icon Lunaris Montanari Pagina 37 Tabella II Errori nelle distanze tra 60 coppie di crateri rilevati in alcune carte lunari del secolo XVII La tabella II riassume sinteticamente i risultati di quest analisi che, oltre al lavoro di Montanari, esamina quelli di van Langren, Divini, Grimaldi, la selenografia P di Hevelius e di Cherubin d Orleans. Su ognuna di queste carte, in formato digitale, ho steso un reticolato di meridiani e paralleli in proiezione ortografica, la cui origine non coincide mai, per i noti problemi prospettici, dovuti alle librazioni, con quella moderna. Dopo aver scelto trenta crateri omogeneamente distribuiti, di ognuno ho determinato le coordinate selenografiche, quindi, il passo successivo è stato di calcolare, per ogni carta, le distanze di 60 coppie di crateri. Infine, ho confrontato tali distanze con quelle vere che si ottengono applicando ad ogni cratere le coordinate ufficiali edite dall IAU, International Astronomical Union. Ho così potuto determinare l errore quadratico medio delle 60 distanze per ciascuna selenografia, che ho espresso sia in primi d arco, sia in chilometri. L esame dei dati in Tabella II ci mostra che la carta lunare con l errore medio minore (70 chilometri) è proprio quella di Montanari, alla quale seguono, in ordine di precisione, le selenografie di Hevelius, Grimaldi, Divini, van Langren e Cherubin d Orleans. Queste ultime tre con un errore medio superiore ai 100 chilometri. Mi pare quindi sufficientemente dimostrato che l accuratezza geometrica della carta di Montanari non è certamente inferiore a nessuna delle coeve. L affermazione di Whitaker, avventata e non verificata, è quindi da considerarsi priva di qualsiasi fondamento. In conclusione, nonostante gli errori di posizione, di forma e le inevitabili omissioni dell icon lunaris, possiamo serenamente sottoscrivere il giudizio di A. Piérot, il quale riconobbe che l opera di Montanari è degna della nostra ammirazione. Per l epoca nella quale fu disegnata, essa costituì un reale progresso per la selenografia. Rodolfo Calanca è direttore editoriale di ASTRONOMIA NOVA. Una nota biografica: open?id=0bxrvi4uful2kt1vxsxzsekvmu2m

38 Pagina 38 L. Franco, Modellazione 3D ASTEROIDI, LA MODELLAZIONE 3D Lorenzo Franco Premessa Gli asteroidi ci possono sembrare a prima vista degli insignificanti punti luminosi che si muovono nel cielo con velocità apparente più o meno elevata in relazione alla loro distanza ed orbita. Ciò nonostante l'osservazione fotometrica di questi oggetti ci può riservare dei risultati sorprendenti e di grande interesse. Ad esempio, i dati fotometrici di un asteroide se raccolti durante un' intera notte ci possono mostrare delle significative variazioni di luminosità che si possono mettere in relazione diretta con la rotazione dell'astro. Inoltre le curve di luce raccolte in diverse opposizioni ci forniscono utili informazioni che ci aprono la possibilità di avviare il processo di ricostruzione dell'orientamento dell'asse di rotazione e dell'aspetto morfologico dell'asteroide. Tale processo prende il nome di inversione delle curve di luce degli asteroidi e rappresenta un settore della ricerca scientifica che fino a non molti anni fa era riservato esclusivamente ai professionisti. Oggi grazie alla disponibilità di appositi software e di basi dati on-line è possibile anche per gli astrofili fornire un contributo positivo in questo settore di punta della ricerca. FIG 1: Gli asteroidi si possono assimilare a degli ellissoidi con i tre assi (a,b,c) tra di loro diversi. La rotazione è fisicamente stabile lungo l'asse minore (c). Curve di luce e rotazione - qualche concetto Gli asteroidi si possono assimilare, in prima approssimazione, a degli ellissoidi triassiali (fig. 1) con i tre assi di dimensioni diverse (a b c). La rotazione risulta fisicamente stabile solo lungo l'asse minore, pertanto di norma durante un ciclo completo di rotazione, la curva di luce dell'asteroide ci mostra il caratteristico aspetto bimodale, composto da due massimi e due minimi, in relazione alla diversa area mostrata verso la Terra (fig. 2). In realtà la questione è un pò più articolata, poiché l'aspetto della curva di luce dipende anche dalla inclinazione con la quale l'asteroide si mostra rispetto alla Terra. Ad esempio quando l'asteroide si presenta con l'asse di rotazione perpendicolare all'osservatore (aspetto e- quatoriale) (fig. 3a), la curva di luce ha la caratteristica forma bimodale, l'ampiezza delle variazioni è massima ed è influenzata dal rapporto tra gli assi. Quando invece l'asteroide si presenta con l'asse di rotazione orientato verso l'osservatore (aspetto polare) (Fig.3b), la curva di luce mostra un'ampiezza minima ed un aspetto monomodale (un massimo ed un minimo per ciclo). Dobbiamo quindi tener conto che la forma Fig 2: Durante un ciclo completo di rotazione, l'asteroide mostra due massimi e due minimi di luminosità in relazione alla maggiore o minore quantità di luce riflessa dalle facce visibili.

39 L. Franco, Modellazione 3D Pagina 39 in diverse opposizioni e con diverse configurazioni geometriche e di illuminazione ci permetterà, attraverso il processo di inversione delle curve di luce, di ricavare il periodo siderale di rotazione, l'orientamento dell'asse di rotazione dell'asteroide ed il suo aspetto morfologico. Sembra incredibile dirlo ma tutto questo partendo solo dalla luce integrata dell'asteroide (il puntino luminoso che osserviamo nel cielo). FIG 3: (a) Aspetto equatoriale. Curva di Luce bimodale e di grande ampiezza. (b) Aspetto polare. Curva di Luce monomodale e di piccola ampiezza. della curva di luce di un asteroide non è sempre la stessa (pur restando costante il periodo sinodico di rotazione) ma risulta fortemente influenzata dall'aspetto morfologico dell'asteroide, dall'angolo di aspetto con il quale si presenta verso l'osservatore ed all'angolo di fase rispetto alla Terra ed il Sole (fig. 4). Sostanzialmente di un asteroide noi conosciamo la posizione geometrica rispetto alla Terra ed al Sole e la sua distanza (dati calcolati con gli elementi orbitali). Dalla curva di luce deduciamo il periodo sinodico di rotazione, ma non conosciamo affatto l'orientamento del suo asse di rotazione. L'osservazione ripetuta dell'asteroide Alcuni Riferimenti Storici All'inizio del secolo scorso nientemeno che Henry Norris Russell fu tra i primi ad intuire la possibilità di ricavare l'aspetto morfologico di un asteroide attraverso il processo di inversione delle curve di luce. Lo studio lo portò comunque a concludere che questo processo di inversione fosse impossibile poiché all'epoca si riteneva che l'aspetto dominante fosse legato alle variazioni di albedo. Oggi si sa invece che la causa dominante dell'aspetto delle curve di luce non è determinata dall'albedo (trascurabile in prima approssimazione) ma prevalentemente dalla struttura morfologica dell'oggetto. Nel 2001 Mikko Kaasalainen e colleghi pubblicarono dei lavori che permisero di rivoluzionare il processo di inversione assumendo che gli asteroidi (in prima approssimazione) fossero riconducibili ad una forma convessa (senza concavità), riuscendo così con le leggi di diffusione a riprodurre le curve di luce sotto le varie configurazioni di illuminazione e geometria ed ottenendo così soluzioni convergenti e stabili. Kaasalainen e Durech svilupparono inoltre degli appropriati algoritmi in codice Fortan e C per l'implementazione pratica del processo di inversione. Negli anni successivi i modelli ottenuti tramite il processo di inversione furono confrontati con quelli, ben più dettagliati, ottenuti dalle missioni spaziali (asteroidi: Gaspra, Eros, Lutetia, ) verificando così la corretta corrispondenza morfologica generale. Ad oggi FIG 4: Aspetti geometrici che concorrono nell' osservazione di un asteroide. L'angolo di aspetto e di fase influiscono sull'ampiezza e la forma della curva di luce. FIG 5: Asteroide Lutetia. Immagine ottenuta dalla missione spaziale Rosetta (da km), confrontata con il modello ricavato a Terra attraverso il processo di inversione delle curve di luce.

40 Pagina 40 L. Franco, Modellazione 3D il numero di asteroidi per i quali si conosce l'aspetto morfologico è piuttosto ridotto (poco più di 200) proprio per la complessità della procedura che necessita di numerose curve di luce, ottenute in anni successivi ed in diverse condizioni di illuminazione e geometria. Per gli asteroidi di fascia principale è pressoché impossibile ottenere una soluzione convergente e stabile con l'inversione delle curve di luce ottenute in una sola apparizione. Sono necessarie almeno 3-5 apparizioni per riuscire ad ottenere un buon modello stabile e convergente. In aggiunta è stato dimostrato da Kaasalainen (2004) e Durech (2009) che è possibile migliorare la convergenza e la stabilità del modello utilizzando i dati fotometrici sparsi nel tempo (una o due misurazioni a notte) ottenuti dalle varie survey professionali sugli asteroidi. In particolare quella della stazione osservativa Flagstaff dell' USNO (689). Questi dati sono ben calibrati fotometricamente in V ed aiutano a migliorare i modelli, coprendo una più ampia combinazione di condizioni di illuminazione/geometria. I l s o f t w a r e M P O L C I n v e r t ( MPOSoftware/ MPOLCInvert.htm) implementa gli algoritmi originali di Kaasalainen e Durech in una veste grafica piacevole ed amichevole. I modelli 3D ottenuti vengono visualizzati attraverso il supporto delle primitive grafiche di OpenGL. Asteroide 161 Athor Adesso vedremo un caso concreto di inversione delle curve di luce basato sui dati (curve di luce) ottenute sin dal 1979 sull'asteroide 161 Athor. Si tratta di un asteroide di fascia principale di tipo M (metallico), scoperto da James Craig Watson il 19 Aprile 1876 presso l' Osservatorio di Detroit con una dimensione stimata di circa 44 km. L'idea venne a Frederick Pilcher nel corso di una recente collaborazione. Mi fece notare che aveva acquisito diverse curve di luce sull'asteroide 161 Athor in diverse apparizioni. Si poteva quindi tentare il processo di inversione. Una breve verifica in letteratura permise di individuare diverse altre osservazioni che potevano ampliare la copertura in diverse configurazioni di geometria ed illuminazione e pronte per essere utilizzate. La fig. 6 ci mostra l'insieme completo dei dati utilizzati ed un esempio di alcune curve di luce la cui forma ed ampiezza varia molto, pur mantenendo pressoché costante il periodo sinodico di rotazione. Oltre a questi dati (densi) sono stati utilizzati anche i dati (sparsi) ottenuti dalla stazione Flagstaff dell' USNO per migliorare la convergenza e la stabilità del modello. Durante il processo di inversione occorre seguite un ben determinato percorso che ci porta a determinare dapprima il periodo siderale di rotazione, ovvero il periodo di rotazione dell'asteroide rispetto alle stelle fisse, successivamente l'orientazione del polo di rotazione in coordinate eclittiche ed infine l'aspetto morfologico 3D dell'asteroide. Questi tre passi fondamentali sono schematizzati in fig. 7. Il processo di inversione impegna intensamente la capacità elaborativa del PC. Nel mio caso le varie elaborazioni ed iterazioni sono durate per diversi giorni, durante i quali il PC ha lavorato instancabilmente e senza alcuna interruzione. E' comunque importante precisare che è molto facile ottenere dei risultati sbagliati dal processo di inversione e per questo motivo, specialmente per i primi lavori, è necessario confrontarsi con coloro che hanno già affrontato con successo questo tema (i professionisti del settore). FIG. 6: L' insieme dei dati utilizzati per il processo di inversione ed alcune curve di luce le cui forme variano molto ma il periodo sinodico di rotazione resta pressoché costante.

41 L. Franco, Modellazione 3D Pagina 41 FIG 7: Passi del processo di inversione. Periodo siderale, orientazione asse di rotazione, modello 3D. Tabella I Al termine del processo elaborativo e delle varie iterazioni sono pervenuto al risultato in tabella I. NOTA: L'articolo completo è stato pubblicato sul numero 39-4 del Minor Planet Bulletin e si può leggere all'indirizzo ( MPB_39-4.pdf) pagine Il modello è stato pubblicato sul sito DAMIT (Database of Asteroid Models from Inversion Techniques) all'indirizzo: web.php?page=db_asteroid_detail&asteroid_id=313 FIG 8: Asteroide 161 Athor. Aspetto 3D ottenuto dal processo di inversione delle curve di luce (soluzione λ = 350, β = -6). Lorenzo Franco, nato a Monte S. Angelo (FG), è appassionato di Astronomia da sempre, tanto da conseguire la Laurea in Astronomia presso l'università di Bologna. Vive e lavora a Roma nel settore dell' Information Tecnology di una Banca. Dal 2005 si dedica nel tempo libero all'osservazione di asteroidi e comete ed alla ricerca scientifica amatoriale, collabora con la Sezione Stelle Variabili dell'uai.

42 Pagina 42 A. Giostra, Bellarmino IL CARDINALE BELLARMINO E LA QUESTIONE COPERNICANA Alessandro Giostra giostra.al@libero.it Introduzione La vicenda galileiana e, più in generale, il rapporto tra scienza ed esegesi biblica tra i secoli XVI e XVII, presentano diversi aspetti, spesso molto complessi da investigare. Un documento di estrema importanza all interno di questo ambito di ricerca è costituito dalla lettera inviata dal cardinale Roberto Bellarmino ( ) al frate carmelitano Paolo Antonio Foscarini ( ) il 12 aprile Questo documento è riportato nel Vol. XII dell'edizione Nazionale delle Opere di Galileo Galilei curata da Antonio Favaro. Poiché la maggior parte delle citazioni in questo lavoro sono riprese da quest'opera, da ora in poi i riferimenti a questa raccolta saranno indicati in parentesi col numero del volume in cifre romane, seguito da quello delle pagine. San Roberto Bellarmino, scritturista gesuita, è stato cardinale consultore del Santo Uffizio e, durante gli anni giovanili, docente di discipline matematiche presso alcuni collegi del suo ordine. San Roberto Bellarmino, Vescovo e Dottore della Chiesa Al momento della scrittura di questa lettera, il cardinale già da tempo aveva abbandonato gli studi scientifici. Dai suoi contenuti, tuttavia, si evince come la sua conoscenza della materia fosse adeguata al punto da rendersi conto dei vantaggi della teoria copernicana. Allo stesso tempo, comunque, Bellarmino valutava anche i suoi limiti e il fatto che i suoi sostenitori non erano in grado di fornire una prova del moto terrestre. Paolo Antonio Foscarini è noto per essere stato l autore della Lettera sopra l opinione de Pitagorici e del Copernico (nota n. 1), l unico scritto messo completamente al bando nel 1616 ('omnino prohibendum atque damnandum' - XIX, 323), in quanto interamente dedicato ad accordare la teoria copernicana con l interpretazione delle Scritture (nota n. 2). All inizio dell opera il frate illustra la propria visione generale del problema: è nella Scrittura che è presente il supremo livello di verità, tanto che occorre abbandonare il contenuto dell indagine razionale qualora 'rappresentasse il contrario dell autorità divina [ ] poiché è più certa la cognitione, che si ha per fede (nota n. 3). In base all idea che l opinione copernicana potrebbe essere vera, questo lavoro serve, nelle intenzioni dell autore, ad anticipare i tempi: al momento in cui la nuova teoria fosse provata, nessuna contraddizione vi sarebbe con la retta interpretazione delle Scritture. Siamo, dunque, di fronte ad un impostazione esegetica che dipende da un evidenza scientifica ancora da produrre e che confida nell imminenza di una valida dimostrazione. Dopo aver elencato le sei classi di versetti biblici in apparente contraddizione con l ipotesi copernicana, quest ultima può essere difesa, dal punto di vista scritturale, con sei fondamenti, che a guisa di fermissimi bastioni, et inespugnabili macerie, saranno da me ora fabbricati, per esser contrapposti alle sei classi predette (nota n. 4). In quest'opera, pertanto, la discussione esegetica si fonda sulla possibilità, per non

43 A. Giostra, Bellarmino Pagina 43 Provinciale de' Carmelitani della Provincia di Calabria. Frontespizio della famosa Lettera della Mobilità della Terra (Napoli 1615) che il carmelitano Paolo Antonio Foscarini scrisse a sostegno della teoria copernicana. Egli sosteneva che tale teoria non era in contraddizione con le Sacre Scritture. dire sulla certezza, che la prova della nuova astronomia avrebbe presto chiarito definitivamente il nascosto significato copernicano di alcuni passi della Scrittura, poiché nell istessa finalmente non mancano in varie occasioni altri passi notabili, e degni di lunga, e di matura consideratione a questo proposito dell ordine de cieli, e sistema, e dispositione delle creature corporali, e spirituali insieme, i quali tutti ha proposti lo Spirito Santo, enigmaticamente, con emblemi, parabole, e figure, per non farci abbagliare affatto, dallo smisurato splendore di tanto eccellente oggetto (nota n. 5). I contenuti della lettera di Bellarmino a Foscarini Questo documento è stato commentato seguendo la divisione in tre parti del testo, effettuata dallo stesso autore, e inserendo alla fine di ogni parte la spiegazione del suo significato. Roberto Bellarmino a Paolo Antonio Foscarini Roma 12 aprile 1615 Al Molto Reverendo Priore Paolo Antonio Foscarini, Molto Reverendo Padre mio, Ho letto volentieri l'epistola italiana e la scrittura latina che la P.V. m'ha mandato: la ringratio dell'una e dell'altra, e confesso che sono tutte piene d'ingegno e di dottrina. Ma perché lei dimanda il mio parere, lo farò con molta brevità, perché lei hora ha poco tempo di leggere et io ho poco tempo di scrivere. P Dico che mi pare che V.P. et il Signor Galileo facciano prudentemente a contentarsi di parlare ex suppositione e non assolutamente, come io ho sempre creduto che habbia parlato il Copernico. Perché il dire, che supposto che la terra si muova et il sole stia fermo si salvano tutte l'apparenze meglio che con porre gli eccentrici et epicicli, è benissimo detto, e non ha pericolo nessuno; e questo basta al mathematico: ma volere affermare che realmente il sole sia nel centro del mondo, e solo si rivolti in sé stesso senza correre dall'oriente all'occidente, e che la terra stia nel 3 cielo e giri con somma velocità intorno al sole, è cosa molto pericolosa non solo d'irritare tutti i filosofi e theologi scholastici, ma anco di nuocere alla Santa Fede con rendere false le Scritture Sante; perché la P.V. ha bene dimostrato molti modi di esporre le Sante Scritture, ma ma non li ha applicati in particolare, ché senza dubbio havria trovate grandissime difficultà se havesse voluto esporre tutti quei luoghi che lei stessa ha citati. Bellarmino invita Foscarini e Galilei a trattare la teoria copernicana solo come ipotesi matematica allo stesso modo di come, secondo lui, avrebbe fatto Copernico. In questo caso il cardinale fa riferimento alla nota prefazione al De Revolutionibus Orbium Coelestium redatta dal teologo luterano Andrea Osiander ( ), secondo il quale l astronomo polacco non avrebbe considerato la sua ipotesi astronomica come reale, ma solo come strumento di calcolo per salvare i fenomeni (nota n. 6). Gli eccentrici et epicicli sono le traiettorie planetarie previste dalla teoria tolemaica. In realtà, in questo passo il cardinale si riferisce alla concezione tolemaica per indicare, più in generale, il complesso di teorie incentrate sull immobilità della Terra. Egli stesso, come si evince dai suoi scritti del periodo della docenza, non aderiva all impostazione aristotelico -tolemaica e aveva sostenuto un modello cosmologico che, annullando l esistenza delle sfere celesti, aveva anticipato di qualche anno le conclusioni di Tycho Brahe (nota n. 7).

44 Pagina 44 A. Giostra, Bellarmino Ritratto di Andrea Osiander ( ), teologo luterano, autore della molto contestata prefazione al De Revolutionibus di Copernico. In altre parole, il cardinale intende dire che, pur ammettendo la superiorità dell ipotesi copernicana rispetto a quella tradizionale per quanto riguarda i calcoli astronomici, tale superiorità non garantisce la certezza della stessa teoria di Copernico. Tale superiorità, pertanto, è sufficiente solo per il mathematico, cioè ogni osservatore del cielo interessato soltanto al calcolo e alla previsione dei movimenti celesti. L impossibilità, dunque, di affermare la veridicità dell ipotesi copernicana comporta, come conseguenza, il suo mancato accordo con l interpretazione delle Scritture. Questa è la ragione per cui, alla fine di questa prima parte, Bellarmino invita Foscarini ad approfondire la dimensione puramente esegetica del problema, convinto che un'attenta analisi dei testi biblici non può rilevare una loro concordanza con l'astronomia eliocentrica. 2 Dico che, come lei sa, il Concilio prohibisce esporre le Scritture contra il commune consenso de' Santi Padri; e se la P.V. vorrà leggere non dico solo li Santi Padri, ma li commentarii moderni sopra il Genesi, sopra li Salmi, sopra l'ecclesiaste, sopra Giosué, trovarà che tutti convengono in esporre ad literam ch'il sole è nel cielo e gira intorno alla terra con somma velocità, e che la terra è lontanissima dal cielo e sta nel centro del mondo, immobile. Consideri hora lei, con la sua prudenza, se la Chiesa possa sopportare che si dia alle Scritture un senso contrario alli Santi Padri et a tutti li espositori greci e latini. Né si può rispondere che questa non sia materia di fede, perché se non è materia di fede ex parte obiecti, è materia di fede ex parte dicentis; e cosí sarebbe heretico chi dicesse che Abramo non habbia havuti due figliuoli e Iacob dodici, come chi dicesse che Christo non è nato di vergine, perché l'uno e l'altro lo dice lo Spirito Santo per bocca de' Profeti et Apostoli. Nella IV Sessione del Concilio di Trento era stato decretato che l interpretazione delle Scritture dovesse adeguarsi alla tradizione ecclesiastica e al pensiero dei Padri, quando si era di fronte a conclusioni unanimemente condivise dagli stessi. Ecco la ragione per la quale il cardinale ribadisce che l intera tradizione esegetica si era espressa conformemente ai canoni della cosmologia geostatica. Si sa che, a partire dalla scienza greca fino alla pubblicazione dell opera di Copernico, solo qualche voce isolata aveva proposto l idea del moto della Terra e della stabilità del Sole. La conoscenza scientifica non è stata certo al centro del pensiero dei Padri della Chiesa che, alla pari degli studiosi di astronomia ad essi contemporanei, non mettevano in discussione quei principi base della cosmologia del tempo che trovavano apparente conferma nella comune esperienza sensoriale. Occorre ricordare che, al tempo di questa lettera, proprio le mancate conseguenze del moto terrestre sui fenomeni fisici costituivano la ragione principale che induceva molti astronomi a rifiutare la teoria di Copernico. E' nota, in questo senso, l'opinione di Tolomeo ( ca) espressa nel cap. 7 del primo libro dell Almagesto, secondo la quale un eventuale movimento assiale della Terra, per la sua enorme velocità, causerebbe conseguenze visibili: tutto ciò che poggia sulla superficie terrestre non riuscirebbe a rimanere ad essa coeso, gli oggetti in caduta libera non si muoverebbero perpendicolarmente alla superficie, le nuvole e tutti i corpi in aria subirebbero uno spostamento costante verso ovest. Il solo pensare queste cose le rende semplicemente assurde (nota n. 8). Bellarmino respinge anche la tesi, sostenuta nelle Lettere Copernicane di Galilei (V, ), secondo la quale le questioni scientifiche non rientrerebbero nel messaggio delle Scritture (non è materia di fede ex parte obiecti) in quanto sono, in ogni caso, parte della Rivelazione (è materia di fede ex parte dicentis) e, quindi, dotate di verità necessaria. I contenuti di queste due prime parti

45 A. Giostra, Bellarmino Pagina 45 Raffigurazione allegorica del Concilio di Trento che si tenne, con molte interruzioni, fra il 1545 ed il preludono a quelli della terza, di gran lunga la più importante dell'intero documento. 3 Dico che quando ci fusse vera demostratione che il sole stia nel centro del mondo e la terra nel 3 cielo, e che il sole non circonda la terra, ma la terra circonda il sole allhora bisogneria andar con molta consideratione in esplicare le Scritture che paiono contrarie, e piú tosto dire che non l'intendiamo che dire che sia falso quello che si dimostra. Ma io non crederò che ci sia tal dimostratione, fin che non mi sia mostrata: né è l'istesso dimostrare che supposto ch'il sole stia nel centro e la terra nel cielo, si salvino le apparenze, e dimostrare che in verità il sole stia nel centro e la terra nel cielo; perché la prima dimostratione credo che ci possa essere, ma della seconda ho grandissimo dubbio, et in caso di dubbio non si dee lasciare la Scrittura Santa esposta da' Santi Padri. Aggiungo che quello che scrisse: Oritur sol et occidit, et ad locum suum revertitur etc., fu Salomone, il quale non solo parlò ispirato da Dio, ma fu huomo sopra tutti gli altri sapientissimo e dottissimo nelle scienze humane e nella cognitione delle cose create, e tutta questa sapienza l'hebbe da Dio; onde non è verisimile che affermasse una cosa che fusse contraria alla verità dimostrata o che si potesse dimostrare. E se mi dirà che Salomone parla secondo l'apparenza, parendo a noi ch'il sole giri, mentre la terra gira, come a chi si parte dal litto pare che il litto si parta dalla nave, risponderò che chi si parte dal litto, sebbene gli pare che il litto si parte da lui, nondimeno conosce che questo è errore e lo corregge, vedendo chiaramente che la nave si muove e non il litto; ma quanto al sole e la terra, nessuno savio è che habbia bisogno di correggere l'errore, perché chiaramente esperimenta che la terra sta ferma e che l'occhio non s'inganna quando giudica che il sole si muove, come anco non s'inganna quando giudica che la luna e le stelle si muovano. E questo basti per hora. Con che saluto chiaramente V.P., e gli prego da Dio ogni contento. Segue la data, 12 aprile 1615 e la firma del cardinale. Bellarmino afferma esplicitamente che solo in caso di dimostrazione certa della teoria copernicana è lecito stabilire che i passi biblici che descrivono l immobilità della Terra ed il movimento del Sole debbano essere interpretati diversamente dal loro significato letterale. La mancanza di tale prova, dunque, era alla base del parere di Bellarmino e degli altri astronomi gesuiti che confermarono le scoperte di Galilei, ma si resero conto che le stesse non erano sufficienti a convalidare la teoria dello scienziato polacco (nota n. 9). Nella tradizione esegetica la possibilità di cambiare il senso unanimemente accettato delle Scritture, di fronte ad argomentazioni scientifiche da esso divergenti, era stata ammessa anche da S. Agostino ( ), il massimo esponente

46 Pagina 46 A. Giostra, Bellarmino della Patristica. Secondo il Santo di Ippona, voler sostenere a tutti i costi il significato letterale delle Scritture sarebbe senza dubbio un errore, quando ci si trova davanti a conclusioni presentate con calcoli certi ( indubitatis numeris ) (nota n. 10). In questa lettera il cardinale fa riferimento al passo dell Ecclesiaste 1,5 ('Oritur sol et occidit, et ad locum suum revertitur''- Il sole nasce e tramonta, e torna alla sua posizione) il cui autore era ritenuto, a quel tempo, il personaggio biblico Salomone. In questo passo si parla del moto del Sole, cioè della questione che veniva ritenuta maggiormente contraria all esegesi ortodossa. Gli esegeti del tempo che denunciarono l incompatibilità dell ipotesi copernicana con le Scritture si riferivano, più in generale, all Ecclesiaste 1,4-5. Nella prima parte (1,4: Generatio praeterit, et generatio advenit, terra autem in aeternum stat - Una generazione va, una generazione viene ma la terra resta sempre la stessa) si parla della stabilità della Terra (stat) che, comunque, veniva interpretata da qualche scritturista anche come mantenimento delle sue caratteristiche fisiche nel corso del tempo (nota n. 11). Non è neanche possibile ritenere, secondo Bellarmino, che l'ecclesiaste nel passo suddetto si esprima conformemente all'apparenza sensoriale. Contro questa ipotesi il cardinale non richiama soltanto il fatto, già esposto, dell'impossibilità di escludere i significati scientifici dal testo biblico. Bellarmino, infatti, per affermare che nel caso dell'immobilità terrestre non siamo davanti ad un'illusione ottica, si rifà al significato del passo dell'eneide 3,72: 'Provehimur portu, terraeque urbesque recedunt' (Lasciamo il porto, le terre e le città si allontanano). Con finalità opposte a quelle di Bellarmino, Copernico e alcuni dei primi sostenitori della sua teoria riportarono questo passo per giustificare l'ingannevole apparenza visiva del moto del sole. Tra di essi si ricordano Retico ( ), Keplero ( ) nell'introduzione all'astronomia Nova, lo stesso Foscarini. Anche Galilei non mancò di citare questo passo nelle ultime pagine delle sue Considerazioni circa l Opinione Copernicana (V, ) che rappresentano una specie di replica ai contenuti di questa lettera di Bellarmino. Conclusioni Bellarmino, dunque, dimostrò la sua apertura nei confronti della nuova astronomia, purchè una sua valida dimostrazione venisse fornita. I suoi dubbi in merito alla visione copernicana possono essere considerati come una sintesi di tre elementi che concorrono paritariamente nel suo parere. Il primo consiste proprio nell'assenza di una prova della nuova astronomia, insieme a tutti gli altri interrogativi rimasti, a quel tempo, irrisolti e derivanti dall'adozione del nuovo modello. A ciò si aggiunga la veridicità delle Scritture, anche relativamente a questioni cosmologiche. Questo principio si inserisce a pieno titolo nel contesto della Chiesa posttridentina che stava cercando di arginare il rischio della libera interpretazione dei testi sacri, sostenuta dalla teologia luterana. Come spiegato, Bellarmino era disponibile a rivedere il loro significato solo in seguito ad una prova scientifica definitiva dell'ipotesi eliocentrica. In ultimo, non può essere trascurata l'influenza di una concezione epistemologica non realista ma che ambiva principalmente a giustificare le apparenze. NOTE Nota n. 1: Lettera del R.P.M. Paolo Antonio Foscarini Carmelitano sopra l opinione de Pitagorici, e del Copernico. della mobilità della Terra, e stabilità del Sole, e del nuovo Pittagorico Sistema del mondo. Al Reverendiss. P.M. Sebastiano Fantone Generale dell Ordine Carmelitano. In Napoli Per Lazaro Scoriggio La versione dell'opera consultata per questo lavoro è quella posta come appendice a: Campanella T., Apologia per Galilaeo, a cura di Paolo Ponzio, Milano 2001, pp Nota n. 2: In quell'occasione vennero banditi anche il De Revolutionibus Orbium Coelestium di Copernico ( ) e una piccola sezione del commento al libro di Giobbe (Didaci a Stunica Salmaticensis Eremitae Augustiniani in Iob commentaria) dell'agostiniano spagnolo Diego de Zúñiga ( ). Zúñiga aveva interpretato il passo di Giobbe 9,6 ( Qui commovet terram de loco suo, et columnae eius concutiuntur ) in accordo con la teoria copernicana. Le opere di Copernico e di Zúñiga vennero bandite 'fino a quando non siano corrette' (donec corrigantur). Nota n. 3: Foscarini, Lettera, cit., p Nota n. 4: Ibidem, p Nota n. 5: Ibidem, p Nota n. 6: N. Copernico: De Revolutionibus Orbium Caelestium, a cura di Alexandre Koyré, Einaudi, Torino; 1975, pp Nota n. 7: U. Baldini, L'astronomia del cardinale Bellarmino, in Novità Celesti e Crisi del Sapere, Giunti Barbera, Firenze 1984, pp

47 A. Giostra, Bellarmino Pagina 47 In alto, frontespizio dell opera: Didaci a Stunica Salmaticensis Eremitae Augustiniani in Iob commentaria (commento al libro di Giobbe) dell'agostiniano spagnolo Diego de Zúñiga ( ). Zúñiga aveva interpretato il passo di Giobbe in accordo con la teoria copernicana. A fianco, il sistema geocentrico del mondo tolemaicoaristotelico, in una pagina della Sfera, l opera di astronomia divulgativa scritta da Sacrobosco (John of Hollywood) nel XIII secolo e ancora tradotta in italiano fino al 1604 (la pagina è tratta da: La sfera di Giovanni Sacro Bosco, tradotta e dichiarata da Don Francesco Pifferi ; Siena 1604). Nota n. 8: The Almagest, Translated by R. Catesby Taliaferro, in Great Books of the Western World, by Encyclopaedia Britannica, William Benton Publisher, Chicago 1952, p. 11. Nota n. 9: Alessandro Giostra, Sidereus Nuncius Collegii Romani. Il telescopio di Galilei e gli astronomi del Collegio Romano, Emmeciquadro n. 41, aprile Nota n. 10: S. Agostino, De Genesi ad litteram, I 19,39 Nota n. 11: Per una conoscenza più dettagliata del significato di questo passo biblico rimando al mio lavoro: Accomodar i pronunciati delle Sacre Lettere': l interpretazione dell Ecclesiaste 1,4-6 tra i primi sostenitori della teoria copernicana, in Studia Patavina, anno LIII 2006, Maggio -Agosto, pp Alessandro Giostra, socio della Stanley Jaki Society, insegna filosofia e storia presso il Liceo Scientifico 'Orsini' di Ascoli Piceno. E' autore di diversi lavori nel campo della storia del pensiero filosofico e scientifico, tra i quali: L interpretazione dell Ecclesiaste 1,4-6 tra i primi sostenitori della teoria copernicana (Studia Patavina 2006), Guidobaldo Del Monte e i nuovi corpi celesti (Urbino 2007), La crisi delle scienze e la fenomenologia della vita in prospettiva storico-teologica (Roma 2011). Collabora come recensore di volumi riguardanti il suo ambito di ricerca con il portale DISF (Documentazione Interdisciplinare di Scienza e Fede) della Pontificia Università della Santa Croce e con la rivista internazionale Reviews in Religion and Theology (Wiley-Blackwell).

48 Pagina 48 G.B. Casalnuovo, Stelle variabili SCOPERTE DUE NUOVE STELLE VARIABILI DI TIPO BINARIO, NELLA COSTELLAZIONE DI PEGASO Giovanni Battista Casalnuovo Lo scorso mese di agosto, durante le sessioni osservative per la determinazione del periodo di rotazione dell'asteroide 1473 Ounas, (uno fra i target proposti dal Minor Planet Center per il mese di agosto), dopo aver analizzato le immagini dell'intera nottata ed aver eseguito l'elaborazione fotometrica delle stesse (circa 200 immagini da un minuto ciascuna, riprese con filtri fotometrici sia in banda V che R), come di consuetudine andavo a verificare con il tool (VSP) Variable Star Search del software MPO Canopus, se per caso nel campo dell'asteroide vi fossero anche stelle variabili. Ho così individuato due variabili alle coordinate A.R ; DEC (GSC ) di seguito denominata variabile 1, e alle coordinate A.R ; DEC (GSC ) denominata variabile 2. Il passo successivo e' stato quello di verificare se le variabili fossero gia' conosciute o no. Non molto fiducioso per il fatto che distano poche decine di primi dal plurifotografato ammasso globulare M15, mi collegavo al sito della AAVSO (American Association of Variable Star Observers) e precisamente alla schermata dell'utilities Variable Star Plotter (VSP) all'indirizzo dove una volta inserite le coordinate AR e DEC, con mia grande sorpresa, potevo verificare che entrambe le stelle, nella mappa, non erano state censite come variabili e quindi sconosciute. Ora non rimaneva che determinare esattamente i parametri delle stesse al fine di poterle catalogare, pertanto bisognava effettuare altre nottate osservative. Dopo altre 4 sessioni potevo determinare con buona precisione la curva di luce ed il periodo di eclisse. La schermata del tool Canopus (VSP) che individua la prima variabile (denominata variabile 1) La schermata del tool Canopus (VSP) che individua, sempre nello stesso campo, la seconda variabile (denominata variabile 2).

49 G.B. Casalnuovo, Stelle variabili Pagina 49 Il campo stellare dove sono state scoperte le variabili, si noti l'estrema vicinanza (tra i 20 e 40') dall ammasso globulare M15. La curva di luce e' stata ricavata con il metodo della fotometria differenziale, ed allo scopo sono state prese come stelle di confronto astri presenti nello stesso campo, con indice di colore il piu possibile simile alle variabili oggetto di studio (e ovviamente non variabili a loro volta). Una volta ricavata la curva di luce con il software Canopus, sono stati importati i dati nel programma Peranso, Dall esame della cartina AAVSO sia la variabile denominata 1 (GSC al centro), che la variabile denominata 2 (GSC in basso) non erano censite. al fine di verificare con precisione l'epoca del minimo principale in fase 0 (con correzione eliocentrica) e l'ampiezza della curva, che e' risultata di 0.38 magnitudini. L'analisi della curva di luce, di tipo sinusoidale, ha permesso di stabilire che si tratta di una variabile ad eclisse, ovvero un sistema binario con piano orbitale allineato con la linea di vista dell'osservatore, e che pertanto la mutua eclisse delle componenti provoca cali di luminosita' ben visibili nella curva di luce. La variabile 1 (GSC ) ripresa nelle due bande fotometriche V e R - software MPO Canopus. E' stata utilizzata una ruota portafiltri elettrica della Atik, comandata dal sw Astroart, al fine di riprendere immagini in sequenza con i filtri fotometrici V e R per ogni sessione. La curva di luce solo in banda V, sempre della variabile nr. 1 (GSC ) questa volta ricavata con il software Peranso.

50 Pagina 50 G.B. Casalnuovo, Stelle variabili Immagine artistica di stelle binarie in contatto. Nel caso in esame si può notare un minimo primario in corrispondenza della fase 0, ed un successivo minimo secondario (fase 0.5) quasi della stessa profondità. In relazione alla forma della sinusoide, al periodo trovato ( giorni), nonché all'ampiezza della curva di luce (0.38 magnitudini), si è potuto altresì stabilire, confrontando quanto sopra con i dati esistenti in letteratura, che si tratta di una variabile ad eclisse, appartenente alla categoria W Ursa Majoris, di tipo EW sottotipologia W. Alla categoria di variabili tipo EW appartengono stelle binarie che ruotano in reciproco contatto e che riempiono i propri lobi di Roche, formando un unico inviluppo, ed e' per questo che le due stelle tendono ad avere temperature superficiali simili (ciò è confermato dalla quasi identica profondità dei minimi nella curva di luce). Dato che per ogni sessione osservativa sono state riprese immagini in sequenza V ed R (ovvero immagine n. 1 con filtro V, la n. 2 con filtro R, la n. 3 nuovamente in V e la 4 in R... e cosi via), e' stato possibile ricavare anche l'indice di colore V-R dedotto dalla media delle differenze di 80 immagini in V e 80 in R. Il valore ottenuto e' di 0.496, dearrossato 0.432, il che ha potuto determinare (almeno in prima approssimazione) la corrispondente classe spettrale, nel caso in esame G8V o K0V, con temperatura superficiale della stella primaria di circa K. Successivamente è stata effettuata anche una modellazione 3D con il software StarLight Pro, la curva di luce ricavata e' in buona corrispondenza con quella ottenuta direttamente dalle osservazioni fotometriche (vedi immagine sotto a sinistra). Al fine di determinare la distanza d del sistema stellare, si e' applicata la relazione empirica studiata da Gazeas & Stepien, che stabilisce un preciso rapporto, per i sistemi a contatto di tipo W-UMa, tra periodo, magnitudine assoluta e distanza. Applicando la formula: d (in parsec) = 10 ((Vo-Mv)+5)/5) dove: Mv = magnitudine assoluta in banda V (che si trova con la formula Mv = -8.4logP+0.31 = 5.47) Vo = magnitudine dearrossata (13.94) P = periodo in giorni (0.2429) Si ottiene una distanza di 494 parsec ovvero circa 1610 anni luce (1 psc 3,26 anni luce). I dati della variabile sono stati inviati alla AAVSO ed accettati. La stella binaria e' stata quindi censita e pubblicata con la sigla VSX J Come detto precedentemente, nello stesso campo stellare, scoprivo un'altra variabile, (variabile 2) alle coordinate A.R DEC (nome stella GSC ), questa distante solamente una ventina di primi dall'ammasso globulare M15. La seconda variabile scoperta, GSC , è molto vicina (circa 20') dall'ammasso M15, la stella binaria e' praticamente sempre presente in ogni foto a largo campo dell'ammasso.

51 G.B. Casalnuovo, Stelle variabili Pagina 51 La curva di luce della seconda variabile con il software MPO Canopus luce contro una distanza di 1610 anni luce per la variabile 1 e di 1625 anni luce per la variabile 2 Anche i dati di questa variabile sono stati sottomessi alla AAVSO ed e' stata pubblicata con la sigla SDSS J Anche in questo caso dall'analisi della curva di luce ricavata sia con il software MPO Canopus che con il software Peranso, (utilizzando la stessa metodologia descritta per lo studio della variabile GSC ), si e' potuto stabilire che si tratta di un'altra variabile binaria tipo EW, con un periodo di giorni (molto simile a quello precedente). L'ampiezza della curva di luce di sole 0.08 magnitudini denota che le due stelle non ruotano sullo stesso piano di vista dell'osservatore terrestre, mentre l'analisi dell'indice di colore dearrossato (dedotto dalle misure fotometriche con i filtri V ed R,) che risulta pari a 0.326, porta alla conclusione che la stella potrebbe appartenere ad una classe spettrale G0V con temperatura superficiale della primaria di circa 5800 K. Come per il sistema binario precedente, si e' determinato anche la distanza, applicando la relazione empirica trovata da Gazeas & Stepien. Sviluppando le formule già viste precedentemente, ma questa volta inserendo nelle stesse un periodo P di giorni, una magnitudine Vo in banda V (dearrossata) pari a 13.72, dalla quale si ricava una magnitudine assoluta Mv = 5.45, la distanza trovata e' di 498 parsec, pari a circa 1625 anni luce. E' interessante notare che i 2 sistemi binari sono relativamente vicini fra di loro, mentre la vicinanza con l'ammasso globulare M15 e' solo di tipo prospettico, essendo quest'ultimo distante dalla terra ben anni La curva di luce trovata con il software Peranso della seconda variabile. Un ringraziamento veramente di cuore va a Lorenzo Franco (Balzaretto Observatory-Roma), per i preziosi consigli e suggerimenti. Giovanni Battista Casalnuovo e' insegnante presso la scuola F.Filzi di Laives (Bolzano), ed e' membro dell'associazione ACGG (Associazione Culturale Galileo Galilei) di Bolzano, che ha ottenuto il codice osservativo dal Minor Planet Center nr. C62 Osserva dal centro di Bolzano, con una strumentazione del tutto amatoriale: riflettore Vixen 200 f4 Eq5 pro, gestita da sw Cartes du Ciel CCD Mag Z-9 Ruota portafiltri motorizzata Atik sw Astrometrica, Astroart, Cartes du Ciel Mpo Canopus, Peranso, StarLight Pro

52 Pagina 52 A. Adigrat, G. Micello, Doppie nov.- dic. STELLE DOPPIE DI NOVEMBRE DICEMBRE Antonio Adigrat, Giuseppe Micello ; OSSERVARE E MISURARE ALCUNE STELLE DOPPIE IN PESCI E BALENA Nei mesi di novembre e dicembre osserveremo quattro interessanti e facili doppie nelle costellazioni dei Pesci e della Balena. Sono facili sistemi doppi osservabili con strumenti da 80 mm in su e, alcune di esse, molto affascinanti per via dei colori. Vi ricordiamo che le procedure per le misure delle stelle doppie con camera CCD sono descritte nell articolo degli Autori apparso sul n. 11/2012 di Astronomia Nova, STF Piscium WDS A.R. (J2000): 00h 22m 24s Decl. (J2000): Costellazione di Pesci Graziosa doppia con la primaria di un bel colore arancio. A 6,4; B 10,3 separate da 29,9". La secondaria ha una classe spettrale G. 42 Piscium è una gigante di colore arancione nella costellazione dei Pesci che dista circa 500 anni luce. La stella 42 Piscium è la componente principale di un sistema stellare multiplo che si muove attraverso la Galassia ad una velocità di 48 km/s rispetto al Sole. La sua orbita, proiettata sul piano della Galassia, la porta ad una distanza minima di e massima di anni luce dal centro del sistema galattico. STF 22 AB-C - 38 Piscium WDS A.R. (J2000): 00h 17m 25s Decl. (J2000): Doppia (anzi, tripla...) molto bella. Separate da 3,9" con un angolo di posizione di 235. La componente primaria è, a sua volta, una doppia stretta con separazione di A sinistra, il campo di Struve Piscium, in alto, l orbita galattica della stella (in bianco) e quella del Sole (in colore giallo)

53 A. Adigrat, G. Micello, Doppie nov.- dic. Pagina 53 A sinistra, il campo di STF 22 AB-C - 38 Piscium, a fianco, l orbita galattica della stella (in bianco) e quella del Sole (in colore giallo) 0,2" (Argelander 1803 AB). 38 Piscium è una gigante gialla a 211 anni luce di distanza ed una età stimata in 10 miliardi anni. Si muove attraverso la Galassia ad una velocità di 45 km / s rispetto al Sole. La sua orbita, molto ellittica, proiettata sul piano galattico la porta ad una distanza minima di al e massima di al dal centro galattico. STF 91 WDS Costellazione Balena A.R. (J2000): 01h 07m 11s Decl. (J2000): Doppia incantevole con magnitudini di 7,3 e 8,5. Separazione di 4,4" e AP di 316. L'anello di diffrazione della primaria, risulta pressoché tangente al disco di Airy della secondaria.

54 Pagina 54 A. Adigrat, G. Micello, Doppie nov.- dic. Il campo di STF 91 tratto dal DSS Digitized Sky Survey, Bollettino delle Stelle Doppie: ultimi aggiornamenti E' online il terzo numero del Bollettino delle Stelle Doppie, Ottobre-Dicembre Un grande e ricco numero questo. Grazie ai contributi di numerosi astrofili continuiamo a pubblicare interessanti articoli che riguardano lo studio, la misura e l osservazione delle stelle doppie. h t t p s : / / s i t e s. g o o g l e. c o m / s i t e / ilbollettinodellestelledoppie/home In questo numero Riccardo Scarpa, astronomo presso il Centro di Astrofisica di La Palma (Spagna), ci spiega una possibile relazione tra stelle binarie larghe e la teoria della gravitazione universale. Israel Tejera Falcón e Giuseppe Micello presentano nuove stelle doppie dal moto proprio comune; anche Alejandro Garro presenta una nuova coppia, ma scoperta con il nuovo software GEDRAA, sviluppato proprio da Alejandro in collaborazione con altri astrofili argentini (vedi BolSD No. 1, pagina 19). Un nuovo contributo ci viene dato anche da Joseph Carro e Alfonso Noschese, con nuovi aggiornamenti e nuove misure. Nella rubrica Breaking News, il Prof. Russel Genet, del California Polytechnic State University, presenta la prossima conferenza sulle stelle doppie che si terrà dal 6 al 10 Febbraio 2013 a Maui, Hawaii. Giuseppe Micello (a sinistra), 7mg8@libero.it, è nato in provincia di Lecce il 19 maggio del Collabora con l UAI nella sezione stelle doppie ed ha pubblicato alcuni articoli (di cui uno come co-autore con Lorenzo Preti) sul Journal of Double Star Observations ( Antonio Adigrat, antonio.adigrat@yahoo.it, è nato a Teana (PZ) il ai piedi del Pollino, sotto uno dei cieli piu' bui d'italia. Ho fatto studi scientifici laurendosi, nel 1999 in Ingegneria Chimica all'università di Salerno. In seguito, sempre alla stessa università ha proseguito gli studi in Astrofisica nella facoltà di Fisica. Attualmente lavoro in R&D nel campo delle fibre ottiche. Appassionato osservatore soprattutto deep sky si è dedicato all'osservazione, misura e studio delle stelle doppie da circa 7 anni. Ha curato la traduzione in italiano del tutorial e del software REDUC di Florent Losse.

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