Andrea Carati Luigi Galgani. Fondamenti della meccanica quantistica: uno studio storico critico

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1 Andrea Carati Luigi Galgani Fondamenti della meccanica quantistica: uno studio storico critico Anno Accademico

2 ii Andrea Carati e Luigi Galgani

3 Indice Introduzione Planck 19 ottobre La prima fase della meccanica quantistica. La scoperta della legge di Planck e i contributi di Einstein: breve riassunto Il ruolo del principio di equipartizione nella contrapposizione tra atomisti ed antiatomisti Le teorie cinetiche e l interpretazione meccanica della temperatura La distribuzione di Maxwell Boltzmann e il teorema di equipartizione Deduzione della distribuzione di Maxwell Boltzmann mediante il calcolo del numero di complessioni Nubi del diciannovesimo secolo nella dinamica del calore e della luce Difficoltà del principio di equipartizione per le molecole e per i solidi Nonvalidità (plateale) del principio di equipartizione per il corpo nero Intermezzo: Relazione di Planck tra spettro del corpo nero ed energia di un risonatore materiale La due deduzioni di Planck La comunicazione del 19 ottobre Intermezzo: I due argomenti usati da Planck per dedurre la legge di decadimento di Wien La comunicazione del 14 dicembre Einstein e i quanti, e le fluttuazioni di energia Il lavoro del 1905, sui quanti del campo elettromagnetico Il lavoro del 1907 sui calori specifici Einstein e le fluttuazioni di energia, prima conferenza Solvay del 1911, La théorie du rayonnement et les quanta Il lavoro sulle probabilità di transizione del Nuova deduzione della legge di Planck I lavori di Bose ed Einstein del iii

4 iv Andrea Carati e Luigi Galgani 1.6 Il lavoro di Poincaré del 1912 sulla necessità della quantizzazione Primi tentativi di superare la necessità della quantizzazione Aspetti dinamici del calore specifico. Il teorema di Kubo(1954), e Einstein rivisitato. Deduzione del secondo principio della termodinamica Gli sviluppi recenti della teoria ergodica Heisenberg, 29 luglio Il circolo di Göttingen e l illuminazione (Erleuchtung) di Heisenberg Intermezzo. Il modello planetario dell atomo dopo Rutherford. La quantizzazione alla Bohr Sommerfeld, e richiami sulle variabili azione angolo. Il principio di corrispondenza da Bohr a Born e Kramers La nuova cinematica di Heisenberg; le matrici come rappresentativi di grandezze osservabili La regola di somma di Heisenberg come nuova regola di quantizzazione, anche per sistemi che non ammettono variabili azione angolo Connessione con le formule empiriche di Kramers, Thomas e Kuhn nella teoria della dispersione Estensione della regola di quantizzazione di Heisenberg da parte di Born e Jordan e di Dirac; la legge di quantizzazione pq qp = i Prima applicazione: l oscillatore armonico. I livelli di energia, ed esistenza dello stato fondamentale; gli elementi di matrice q mn e p mn Commutatori e parentesi di Poisson. La regola di quantizzazione alla Dirac [f, g] = i {f, g} Complementi: la regola di somma di Van Vleck in ambito classico Schrödinger, 27 gennaio Il colpo d ala di Schroedinger: il ruolo degli stati e la rappresentazione spaziotemporale dei fenomeni La deduzione dell equazione di Schroedinger, e la necessità di ambientarla in ambito complesso L equazione di Schroedinger L idea della meccanica ondulatoria, come fenomeno dispersivo. La relazione di de Broglie p µ = k µ e la velocità di fase. L equazione di Helmholtz per i fenomeni dispersivi

5 Fondamenti della fisica: Planck v L equazione di Schrodinger agli stati stazionari (o equazione agli autovalori dell energia) e l equazione temporale di Schrodeinger Necessità dell ambientazione complessa del problema. Spiegazione della regola di Bohr per la frequenze emesse. La densità di carica Deduzione dell equazione di Helmholtz dalle equazioni di Maxwell nei mezzi isolanti omogenei La vera idea della meccanica ondulatoria. Deduzione della formula per la velocità di fase e giustificazione della formula E = ω L equazione di Schroedinger scritta in termini della fase e della densità di probabilità: il potenziale di Bohm e l equazione di continuità. Tentativi di interpretazioni realistiche: il fluido di Bohm e il teorema di equivalenza di Nelson Equivalenza tra il metodo di Heisenberg e quello di Schroedinger L interpretazione probabilistica e la assiomatizzazione EPR 1935, Bell Esistono le cose anche se non le guardiamo? Urne e camaleonti, causalità e località Einstein, Podolski e Rosen (EPR) Schroedinger e l entanglement. Un approccio positivo al problema, alla base di teleportation e fenomeni analoghi La risposta di Bohr La disuguaglianza di Bell L analogo delle disuguaglianza di Bell in un gioco del tipo gratta e vinci Intermezzo: il punto di vista di Accardi. Urne e camaleonti. Il problema delle due fenditure e la legge di Bayes Sul ruolo delle probabilità condizionate Probabilità congiunta e probabilità condizionata. La legge di Bayes L esempio delle due fenditure L elettrodinamica classica di Dirac come teoria che viola la disuguaglianza di Bell APPENDICE: NOTE SUL TERZO LAVORO SI SCHROE- DINGER

6 vi Andrea Carati e Luigi Galgani

7 Introduzione Studio storico critico e ricerca attuale, alla luce del classical program di Einstein Il titolo di queste note è Fondamenti della meccanica quantistica: uno studio storico critico. Questo studio non viene fatto per il piacere di conoscere il passato, ma allo scopo di leggere criticamente il passato come fonte viva di prospettive per la ricerca presente. Se è lecito paragonare cose piccole a cose grandi, affermiamo esplicitamente che il nostro atteggiamento verso la meccanica quantistica, che motiva tutta la nostra ricerca scientifica, è ispirato a quello di Einstein, quale egli manifestò durante tutta la sua vita, a partire dalla conferenza Solvay del 1911, e ribadì nei suoi ultimi anni. Tale atteggiamento è testimoniato nel libro Einstein, philosopher scientist edito da Schlipp nel 1949 (sei anni prima della morte di Einstein), sia nella autobiografia scientifica che dà inizio al libro, sia nelle risposte agli autori poste alla fine del libro, particolarmente nelle pagine in cui descrive brevemente il suo classical program. 1 In breve, per lui la meccanica quantistica va benissimo, per quanto riguarda il confronto tra i dati osservativi e le predizioni. Quello che contesta è che con ciò sia stata detta l ultima parola, e non si possa dire di più. Naturalmente, un tale atteggiamento è produttivo solo se quel qualcosa di più abbia a che fare con qualcosa di osservabile. Einstein non è in grado di indicare qualcosa di preciso. Credeva di averlo fatto nel 1935 con il celebre paradosso EPR (Einstein Podolsky Rosen), ma qui le cose appaiono abbastanza complicate, come vedremo nel capitolo quarto. Egli comunque manifesta una sua generale insoddisfazione, una uneasiness, si potrebbe dire. Einstein e Born Vediamo dunque cosa dice Einstein. Nella sua autobiografia, pag. 102 della raccolta italiana delle opere, dice: È mia opinione che la teoria quantistica odierna, mediante certi concetti fondamentali esattamente definiti, che provengono tutti dalla meccanica classica, costituisca la migliore formulazione 1 NOTA PER GLI AUTORI. Citare da Schilpp. 1

8 2 Andrea Carati e Luigi Galgani per le diverse connessioni. 2 Ma subito aggiunge: Credo, però che la stessa teoria non offra nessun punto di partenza utile per uno sviluppo futuro. E qui le mie previsioni divergono da quelle della maggior parte dei fisici contemporanei. D altra parte, questo lo aveva già detto nella parte precedente dell autobiografia, a pag. 85, dove aveva ricordato il suo primo contributo, del 1905, alla meccanica quantistica. Infatti egli ricorda come aveva riletto la legge di Planck (nel limite di validità della legge di Wien) e la sua discretizzazione dell energia (la quantizzazione, per l appunto) attraverso i fotoni (come oggi diremmo), dimostrando così in modo definitivo e diretto che occorre dare una certa immediata concretezza ai quanti di Planck e che, sotto l aspetto energetico, la radiazione possiede una sorta di struttura molecolare. Ma poche righe sotto aggiunge: Quest interpretazione, che quasi tutti i fisici contemporanei considerano definitiva, a me appare invece una semplice via d uscita provvisoria.. Questo atteggiamento, come vedremo, risale già all anno Egli dunque mette in dubbio la necessità della quantizzazione. Addirittura, egli parla di apparente discontinuità. Infatti, ancora nella autobiografia scientifica, a pag. 102 e 103, parlando della maggior parte dei fisici contemporanei, dice: Essi sono convinti che è impossibile interpretare gli aspetti fondamentali dei fenomeni quantistici (cambiamenti apparentemente discontinui dello stato di un sistema )... mediante funzioni continue dello spazio per le quali valgano equazioni differenziali.... Ma soprattutto credono che il carattere apparentemente discontinuo degli eventi fisici elementari si possa descrivere solo con una teoria intrinsicamente statistica. Questa posizione causò ad Einstein un completo isolamento rispetto alla comunità scientifica, come testimoniato, ad esempio, da una lettera scambiata con Schroedinger, 3 dove egli parla di una sua condizione di profonda solitudine a Princeton, e anche da una forte critica che Born mosse ad Einstein, scrivendo ad esempio una frase del tipo È vero, Einstein è stato molto bravo; ma ora non è più lui, è cambiato.. L atteggiamento di Born, si trova illustrato in tre articoli raccolti nel volumetto M. Born, Physics in my generation, Springer Verlag (New York, 1969), ovvero, il contributo al volume per i settanta anni di Einstein (pag. 53), la Nobel Lecture del 1955 dal titolo Statistical interpretation of quantum mechanics (pag. 89), e il lavoro In memory of Einstein (pag. 155). Nel primo di questi tre lavori, dopo avere descritto i grandi contributi di Einstein dell inizio secolo dice: That is the core of the young Einstein, thirty years ago... The Einstein of today is changed... (pag. 62). E nell ultimo dei tre lavori, a pag. 163, dopo avere ricordato una corrispondenza con Einstein a proposito delle relazioni tra dinamica e probabilità, dicendo che the resulting correspondence is a jumble of misunderstandings, and some of his letters reveal a little irritation, a 2 NOTA PER GLI AUTORI. Controllare l originale inglese o tedesco. 3 Lettere tra Einstein e Schroedinger, Pritbam ed.

9 Fondamenti della fisica: Planck 3 pag. 164, parlando del proprio punto di vista dice addirittura This is a way of thinking diametrically opposed to Einstein s own, and it is not surprising that he looked upon me as a renegade. Come possiamo dire qualcosa in più? Dunque Einstein manifestava un senso di insoddisfazione rispetto alla teoria ortodossa, ma allo stesso tempo aveva la difficoltà di non essere in grado di produrre concrete proposte alternative. 4 Come potremmo dunque noi sperare di potere dire qualche cosa in più rispetto a lui? La speranza riposa sul fatto che potremmo appoggiarci su risultati qualitativamente nuovi che nel frattempo sono venuti alla luce. Vediamo come ciò potrebbe avvenire. La questione che si pone è se sia davvero necessaria la quantizzazione in relazione essenzialmente a due problemi, ovvero 1. meccanica statistica di sistemi di particelle, tipicamente oscillatori armonici (problema della legge di Planck: Planck 1900, Einstein ). Risultati moderni: teoria della risposta lineare, Kubo 1954; coesistenza ordine caos, Hénon e Heiles 1964, Fermi Pasta Ulam 1954; teoria perturbativa al limite termodinamico 2007; 2. righe spettrali (Heisenberg, Born, Jordan, Dirac, ). Risultati moderni: teoria della risposta lineare, Kubo 1954; aspetti globali nell interazione radiazione materia, Wheeler e Feynman 1945; modelli microscopici consistenti dell ottica nei mezzi, Questi problemi saranno discussi leggendo e commentando gli articoli classici originali, e illustrando poi i recenti risultati che sembrano portare contributi alla realizzazione del classical program di Einstein. Diamo qui un brevissimo cenno di come vengono usati i moderni risultati. 1. Per il problema della quantizzazione in meccanica statistica in relazione alla legge di Planck (che discutiamo nel primo capitolo) la novità rispetto ai tempi classici consiste nella rivoluzione avvenuta negli anni sessanta nella teoria dei sistemi dinamici classici, con la familiarizzazione che si è avuta sulla coesistenza di moti ordinati e moti caotici. Che questo fatto sia rilevante in relazione alla legge di Planck, o più in generale in relazione al problema dei calori specifici, è messo in luce ad esempio dalla teoria della risposta lineare di Kubo del Questa, portando a compimento degli argomenti in qualche modo presagiti da Einstein già fin dal 1904, considera il sistema di interesse in interazione dinamica con l apparato impiegato per la misurazione del calore specifico, e fornisce una espressione 4 NOTA PER GLI AUTORI: citare dal libro di Schlipp.

10 4 Andrea Carati e Luigi Galgani dinamico statistica del calore specifico dalla quale appare come esso dipenda dalle proprietà di ordine o disordine dei moti, attraverso l autocorelazione temporale dell energia. In particolare, se la dinamica presenta moti sufficientemente ordinati può avvenire che il calore specifico misurato sia inferiore a quello che ingenuamente ci si aspetterebbe dalla meccanica classica, che invece si presenta solo se il moto è sufficientemente caotico. In altri termini qui viene messo in luce, atttraverso un teorema, che la fenomenlogia dei calori specifici e del corpo nero, che ha dato origine alla meccanica quantistica attraverso la legge di Planck, non è in contrasto con la meccanica classica, ma è in contrasto con il principo di equipartizione, il quale è conseguenza della dinamica classica solo se i moti sono sufficientemente caotici. D altra parte, in generale si riteneva che, ai fini della meccanica statistica, per sistemi macroscopici non potessero esistere moti ordinati. Ma questa concezione è stata completamente scossa dalla rivoluzione degli anno 60 che ha mostrato che in generale si ha coesistenza di moti ordinati e moti caotici. Recentissimamente poi è stato dimostrato con metodi analitici che questa coesistenza in generale persiste per sistemi macroscopici. A nostro parere, sembra dunque che il problema di una possibile comprensione della quantizzazione a livello classico, per quanto riguarda i calori specifici, sia ancora aperto. Che il problema sia aperto, appare confermato anche da una rivisitazione del teorema di Poincaré del 1912 che verrà data in queste note. Solitamente si ritiene che tale teorema costituisca una prova della necessità della quantizzazione, ma si mostrerà che tale conclusione non pare giustificata. 2. Il secondo punto riguarda l interazione tra radiazione e materia in connessione con il problema delle righe spettrali, ovvero il problema della dispersione e dell assorbimento della luce. Questo tema è al cuore dei lavori di Heisenberg e soci Born, Jordan e Dirac (cioè il circolo di Göttingen, più Cambridge) del , con cui venne fondata la meccanica quantistica, che sarà discusso nel secondo capitolo. È evidente che anche qui, come nel caso della legge di Planck, si sta considerando un problema macroscopico, diversamente da quello che si potrebbe ritenere se si fa riferimento in maniera ingenua alle regole di Bohr sui salti quantici di un singolo sistema atomico. Metteremo in luce come, dal punto di vista della interazione radiazione materia, una trattazione che tenga conto di questo aspetto macroscopico deve prendere in considerazione una proprietà globale, che in generale viene trascurata ed ha invece un considerevole impatto. Ci riferiamo alla identità di Wheeler e Feynman (del 1945), che permette

11 Fondamenti della fisica: Planck 5 di trattare in maniera consistente, con modelli microscopici classici, sia l emissione o assorbimento di radiazione, sia la sua dispersione nei mezzi. Ad esempio, in tal modo è stato possibile per la prima volta fornire una spiegazione microscopica dell esistenza dei polaritoni, che è un fenomeno essenziale per spiegare come mai avvenga che la luce visibile può propagarsi nei cristalli. A tutt oggi una spiegazione microscopica quantistica di questo fatto ancora non esiste. 5 Nel problema delle righe spettrali mostreremo poi come l aspetto globale, macroscopico, del problema si manifesti anche a livello puramente meccanico, attraverso la necessità di compiere una trattazione nello spirito della meccanica statistica. Qui ci verrà ancora in aiuto il procedimento di Kubo della risposta lineare, sostanzialmente una variante di quello che riguarda il calore specifico, che già abbiamo citato in connessione con la legge di Planck. Nel caso delle righe spettrali, mostreremo come il teorema di Kubo permetta di superare il problema che angosciava (è questo il termine usato da Heisenberg stesso) tutto il circolo di Göttingen. Si trattava di comprendere come sia possibile, quando si assuma per l atomo il modello planetario di Rutherford, comprendere che addirittura esista un indice di rifrazione, e in particolare esistano le righe. Fu proprio questo angosciante problema che indusse Heisenberg ad eliminare le orbite, concentrando l attenzione sulle quantità osservabili, cioè le ampiezze di probabilità di transizione, ovvero quelli che diventeranno gli elementi di matrice della meccanica quantistica. Nel procedimento statistico alla Kubo, invece, le orbite vengono eliminate nalla maniera tradizionale della meccanica statistica quando si passa dal microscopico al macroscopico, ovvero prendendo delle medie sui dati iniziali. Inoltre, con il meccanismo alla Wheeler e Feynman si mostra che il sistema globale, in condizione di sistema isolato, non irraggia, sicché viene superata una difficoltà di principio, e cioé quella relativa alla stabilità dell atomo. Breve riassunto I due argomenti qui sopra illustati verranno trattati nel primo e nel secondo capitolo. Rispetto alla precedente edizione il primo capitolo è stato riscritto ex novo, mentre nel secondo è stata aggiunta la parte moderna relativa all esistenza dell indice di rifrazione (eventualmente complesso, cioè comportante assorbimento). Sono stati lasciati sostanzialmente inalterati il terzo e il quarto capitolo. Il terzo capitolo tratta del contributo di Schrödinger 5 Si può vedere il libro G. Grosso, G. Pastori Parravicini Solid state physics, Academic Press (San Diego, 2000), dove viene data una spiegazione, ma solo facendo riferimento a una teoria macroscopica, fenomenologica, che assume l eistenza di un indice di rifrazione macroscopico.

12 6 Andrea Carati e Luigi Galgani del Il quarto capitolo tratta del problema EPR (1935) e di Bell (1064), e in particolare contiene la illustrazione di recenti risultati che mostrano come una forma di nonlocalità che porta a violare la disuguaglianza di Bell si presenti già in ambito classico. Risulta che questa proprietà segue da una trattazione consistente dell interazione microscopica tra radiazione e materia, quando si tenga conto della cosiddetta forza di reazione di radiazione, la quale svolge un ruolo essenziale anche nell ambito della identità di Wheeler e Feynman. Conclusione Abbiamo dunque indicato quale è lo scopo di queste note: da una parte leggere direttamente i lavori classici con cui è stata fondata la meccanica quantistica, e cercare di capirli profondamente; dall altra, illustrare come alcuni punti cruciali in cui la fisica classica sembrava completamente fallire appaiano invece sotto nuova luce se riconsiderati sulla base dei risultati della moderna teoria dei sistemi dinamici. Se ciò permetta di realizzare le aspettative di Einstein, ovvero il suo classical program, questo resta ancora da dimostrare, anche se ci sembra che siano stati superati degli scogli considerevoli. Per quanto riguarda i calori specifici la libertà che viene lasciata dal teorema di Kubo è ancora troppo grande. Infatti è vero che se l autocorrelazione temporale dell energia si stabilizza su un valore non nullo, allora non si ha equipartizione, e questo va bene, sia per i fondamenti, sia ad esempio per un problema concreto di grande attualità come la fenomenologia dei vetri. Però non sappiamo ancora spiegare perché nei casi significativi i valori che si ottengono debbano poi coincidere con quelli quantistici. Questo è il grosso problema che resta aperto. Tuttavia un grande scoglio è stato superato, con la dimostrazione che la teoria perturbativa è applicabile al limite termodinamico, contro la opinione comune che ciò fosse impossibile. In particolare in casi interessanti si mostra che il calore specifico è significativamente più piccolo di quanto ci si attende comunemente da una teoria classica. 7 Si tratta in effetti di un risultato che potremmo chiamare similquantistico. Analogamente, per quanto riguarda il problema delle righe spettrali, da una parte si ha ancora troppa libertà perché, anche se ora sappiamo mostrare come in ambito classico le righe possano, anzi debbano, esistere, tuttavia non sappiamo ancora mostrare ad esempio perché dovrebbero poi soddisfare la regola di Ritz. Tuttavia sembra che 6 NOTA PER GLI AUTORI. Aggiungere Nelson + Sanzeni. 7 Qui viene in mente Einstein, quando diceva: Qui le mie previsioni divergono da quelle della maggior parte dei fisici contemporane.

13 Fondamenti della fisica: Planck 7 lo scoglio del collasso degli elettroni sul nucleo sia stato superato, mediante l argomento di tipo globale alla Wheeler e Feynman. Un altro punto delicato è il seguente. In entrambi i problemi sopra considerati, calore specifico e righe spettrali, seguendo Einstein abbiamo ambientato il problema in termini di meccanica statistica, considerando un sistema globale macroscopico ed eseguendo delle medie sugli stati microscopici. Per quanto riguarda un singolo sistema microscopico, ancora seguendo Einstein cerchiamo di dimostrare che tutto va come se esso fosse quantizzato. Invece negli ultimi venti anni, e particolarmente in anni recentissimi, sono stati compiuti esperimenti che sembrano dimostrare la quantizzazione del sistema singolo. 8 Questo punto verrà discusso nel quarto capitolo, 9 dedicato al problema EPR e di Bell. Tuttavia possiamo anticipare quanto segue. È proprio vero che in tali esperimenti (sostanzialmente varianti del classico problema delle due fenditure, si veda Haroche, pag. 1085) si considerano situazioni in which partcicles cross the interferometer one at a time (una alla volta), e ciò farebbe pensare a situazioni in cui si ha interferenza di una singola particella con se stessa. Ma questa conclusione non sembra giustificata. Perché le figure di interferenza sono ottenute su un sistema macroscopico di particelle preparate in uno stato molto particolare, altemente correlato. Nelle parole di Haroche (pag. 1086) We focused on the evolution of the atomic ensemble during the emission process. Our experiment geometry, with the atoms symmetrically coupled to the same field, realized an ideal superradiant sample,..., the atoms remaining in such a state throughout the emission process.... This symmetry entailed a strong collective coupling of the atoms to the field.... By accumulating statistics over many realizations of an experiment performed with N initially excited atoms. Dunque se sia possibile realizzare il programma di Einstein è ancora un problema aperto. In ogni caso, sembra almeno incoraggiante il fatto che è stato stato proprio il desiderio di fare luce su questi problemi riguardanti i fondamenti della meccanica quantistica che ha portato proficui risultati di interesse generale per la fisica e per la matematica (teoria delle perturbazioni per sistemi finiti e al limite termodinamico, uso degli esponenti di Lyapunov per la caratterizzazione dei moti caotici,... ). Noi comunque abbiamo fiducia che il classical program di Einstein possa essere portato a compimento. Naturalmente la qualificazione di classico va intesa opportunamente. Per quanto riguarda il problema di superare la 8 Serge Haroche, Nobel Lecture: Controlling photons in a box and exploring the quantum to classical boudary, Rev. Mod. Phys. 85, 1083 (2013); David J. Wineland, Nonel Lecture: Superposition, entanglement, and raising Schrödinger s cat, Rev. Mod. Phys. 85, 1083 (2013). 9 Nella presente versione, questo aspetto non è stato ancora trattato in quel capitolo.

14 8 Andrea Carati e Luigi Galgani difficoltà del principio di equipartizione in relazione al calore specifico, è possibile che sia sufficiente utilizzare la teoria dei sistemi dinamici nell ambito della pura equazione di Newton, e quindi far riferimento alla meccanica classica nel senso consueto del termine. Invece, per quanto riguarda la interazione radiazione materia è concepibile che si possa realizzare il programma di Einstein solo in senso in qualche modo realistico, cioè conservando le orbite, piuttosto che strettamente classico. Infatti, siccome sembra che sia essenziale fare riferimento alla identità di Wheeler e Feynman, con il suo carattere in qualche modo globale e nonlocale, che fa addirittura intervenire i potenziali avanzati accanto a quelli ritardati, vuol dire che davvero ci sono più cose in cielo e sulla terra di quanto la nostra filosofia possa immaginare, e che dovremo accettare quasto fatto come esprimente una proprietà della natura. Che si debba fare uso di questa accezione più generale della qualificazione di classico in senso di realistico, cioè nel senso di fare riferimento alle orbite introducendo i potenziali avanzati concepiti allo stesso livello dei tradizionali ritardati, non è solo un vezzo di Wheeler e Feynman, ma è stato esplicitamente affermato da Einstein stesso fin dal Infatti nel suo lavoro Lo stato attuale del problema della radiazione (lavoro 9 della raccolta italiana delle opere), avendo denotato con f una generica soluzione dell equazione delle onde, con f 1 il potenziale ritardato e con f 2 quello avanzato, a pag. 203 egli dice: Ma qui si tratta di un ingannevole paradosso dell infinito. Si possono sempre usare entrambi i tipi di rappresentazione, per quanto lontani si possano pensare i corpi assorbenti. Non si può dunque concludere che la soluzione f = f 1 sia più particolare della soluzione a 1 f 1 +a 2 f 2, dove a 1 +a 2 = 1. E infine, il fare uso dei potenziali avanzati allo stesso livello di quelli rirardati, non è forse quello che facciamo tutti, quando in elettrodinamica quantistica usiamo in ogni pagina il propagatore di Feynman, che è esattamente l analogo del prendere la semisomma di potenziale avanzato e rirardato, come facevano Wheeler e Feynman già nel 1945 in ambito puramente classico? Forse in un futuro non troppo lontano potremmo giungere a concludere cha la fisica quantistica e quella classica sono sostanzialmente la stessa cosa, e che la fisica quantistica è semplicemente una via breve, inventata da persone geniali, che fornisce delle regole implicitamente contenute nella fisica classica. Ci piace a questo proposito portare un esempio di un risultato qualitativamente rilevante. Si dice spesso, giustamente, che un elemento qualitativo centrale che distingue fisica classica da fisica quantistica è il fatto che nella prima si hanno particelle e campi, ma il numero di particelle, N, è invariabile. Invece nella teoria quantistica dei campi il numero di particelle cambia nel tempo, a causa della possibilità di descrivere in maniera consistente i processi di creazione e distruzione di coppie, cosa ritenuta impossibile in ambito classico.

15 Fondamenti della fisica: Planck 9 Invece, ciò è vero solo se si fa riferimento alla pura meccanica classica, ma non se si fa riferimento ad una trattazione microscopica classica coerente dell interazione radiazione materia. Si tratta di tener conto della forza di reazione di radiazione nella sua forma relativistica, che fu trovata da Dirac nel 1938, dieci anni dopo che egli stesso aveva creato dal nulla l elettrodinamica quantistica. Questo fatto, di potere descrivere classicamente la creazione e la diistruzione di coppie, è stato dimostrato recentemente, 10 portando a compimento un procedimento proposto da Feynman nel Andrea Carati e Luigi Galgani Milano, 8 maggio 2014 Bibliografia generale 1. A. Einstein, Opere scelte. a cura di E. Bellone, Bollati Boribghieri (Torino, 1988). 2. P.A. Schilpp, Einstein philosopher scientist, Harper (New York, 1949). 3. B.L. van der Waerden. Sources of quantum mechanics, Dover (New York, 1958). 4. S. Tomonaga, Quantum mechanics, Volume 1, North Holland (Amsterdam, 1962). 5. M. Planck, The theory of heat radiation, trad. inglese del 1914 della seconda edizione del Wärmestrahlung del 1913, Dover (New York, 1959). 6. M. Planck, The origin and development of quantum theory, in A survey of physical theory, Dover (New York, 1960). 7. H. Kangro, Early history of Planck s radiation law, Taylor and Francis (London, 1976). 8. H. Kangro, Planck s original papers in quantum phyisics, Taylor and Francis (London, 1972). 9. P. Campogalliani, Max Planck: la teoria della radiazione termica, Franco Angeli (Milano, 1999). 10 A.Carati, Pair production in classical electrodynamics, Found. Phys. 28, 843 (1998). Si veda anche il commento pubblicato sul Mathematical Review, MR (2000a: 78006). 11 R. Feynman, Phys. Rev. 74, 939 (1948).

16 10 Andrea Carati e Luigi Galgani 10. W. Heisenberg, The physical principles of the quantum theory, Dover (New York, 1949). Lezioni tenute nella primavera 1929 alla University of Chicago. 11. M. Born, Problem of atomic dynamics, Dover (New York, 2004). Lezioni tenute dal 13 novembre 1925 al 22 gennaio 1926 al MIT di Boston. 12. Lord Kelvin, Opere, UTET (Torino, 1971). 13. U. Mehra, H. Rechenberg, The historical development of quantum theory, Springer (New York,... ). 14. M. Jammer, The conceptual development of Quantum Mechanics,... (New York, 1966). 15. P. Drude, èmphtheory of optics, Dover (New York, 1959). Edizione originale, 1900.

17 Capitolo 1 Planck 19 ottobre La prima fase della meccanica quantistica. La scoperta della legge di Planck e i contributi di Einstein: breve riassunto La fisica quantistica ebbe origine in un periodo di tempo molto ristretto, sostanzialmente tra il 7 ottobre e il 14 dicembre dell anno 1900, in relazione alla forma matematica della radiazione del corpo nero. In quel breve periodo, sulla base di nuovi risultati sperimentali Planck fu prima indotto a modificare empiricamente una precedente forma per la legge di radiazione che egli credeva di avere dimostrato, pervenendo poi a una giustificazone teorica che introduceva la quantizzazione. Si osservi che il problema del corpo nero non costituiva solo un certo problema particolare. Esso costituiva invece uno dei problemi centrali di tutta la fisica della seconda metà dell ottocento, come descritto ad esempio nel celebre articolo di William Thomson (Lord Kelvin) dal titolo Nubi del diciannovesimo secolo nella dinamica del calore e della luce. 1. Infatti nella seconda metà dell ottocento si scontravano due diversi modi di concepire la fisica rispetto al problema dell atomismo, in particolare in relazione ai modelli cinetici della materia. Da una parte si trovavano gli antiatomisti, tra cui Lord Kelvin e Planck stesso (oltre a Mach, Ostwald e molti altri), dall altra gli atomisti, con Maxwell, Boltzmann e Lord Rayleigh. Un punto centrale in discussione era il cosiddetto principio di equipartizione dell energia, che nell ambito della teoria atomistica era stato dimostrato come un teorema. Ora tale principio, che si applicava bene al calore specifico delle molecole monoatomiche e dei solidi (almeno ad alta temperatura), non appariva pienamente soddisfatto nel caso delle molecole poliatomiche. Addirittura falliva poi in maniera qualitativa, si potrebbe dire plateale, per il corpo nero. 1 Opere di Kelvin, a cura di E. Bellone, UTET (Torino, 1971), pag

18 12 Andrea Carati e Luigi Galgani Intermezzo: atomisti e antiatomisti. Oggi si è portati a ritenere che l opposizione alle concezioni atomistiche della seconda metà dell ottocento costituisca una pura curiosità. Ma le cose stanno diversamente. Per quanto riguarda il caso paradigmatico di Planck, si usa parlare di una sua conversione alla concezione atomistica e ai procedimenti statistici, che ebbe luogo proprio quando si rese conto che poteva giustificare la sua legge facendo uso di procedimenti ispirati a quelli statistici di Boltzmann. Ma prima era decisamente contrario. 2 Un altro punto rilevante è il fatto che il valore del numero di Avogadro (numero di molecole in una mole. 3 che in queste note denotiamo con N A ), che costituisce il fulcro delle teorie cinetiche, fu determinato in maniera molto precisa solo da Planck nel lavoro del 14 Dicembre , proprio sulla base della sua legge per il corpo nero, seguíto poi da Einstein nei suoi lavori successivi. Riportiamo di seuito il valore consigliato per il numero di Avogadro è 5 6 N A = Si capisce così come mai sia stato Planck stesso ad introdurre la cosiddetta costante di Boltzmann k definita da k = R N A (1.1.1) dove R è la costante dei gas (quantità macroscopica). Ad esempio, fino al 1917 Einstein continua a scrivere R/N A (veramente, R/N), come prima faceva Boltzmann stesso. Il capitolo è strutturato nel modo seguente. Ricorderemo dapprima il ruolo del principio di equipartizione, e come esso risultasse inadeguato per i calori specifici delle molecole poliatomiche e soprattutto per il corpo nero. 2 Alcune citazioni in proposito sono riportate in P. Campogalliani, La ragione sommersa, Franco Angeli (Milano, 2007). Si veda pag NOTA PER GLI AUTORI. Riportarle qui. Su questo problema si veda anche P. Clark, L atomismo contro la termodinamica, in C. Howson, Critica della ragione scientifica. Il Saggiatore (Milano, 1981). Si veda anche il libro di Kuhn. e anche S, Brush, in The kind of motion we call heat. 3 Ricordiamo che, sostanzialmente, una mole è il numero di atomi contenuti in un grammo di idrogeno in forma atomica. Questa è la definizione che dava sempre Einstein. Una definizione più precisa è il numero di atomi contenuti in 12 grammi dell isotopo del carbonio detto Carbonio 12 Ricordiamo inoltre che in condizioni ordinarie, l idrogeno si trova in forma molecolare, come molecola biatomica H 2. 4 Nell ultimo paragrafo, dove lo denota con 1/ω. 5 Ricordiamo che il principio di Avogadro fu enunciato (in modo non molto comprensibile) a Torino nel Inoltre, il fatto che la concezione atomistica fosse tutt altro che ovvia fino ai lavori di Planck ed Einstein, è documentato ad esempio anche da titolo che Nernst forse il più grande chimico fisico del volgere del secolo, cui è dovuto il terzo principio della termodinamica scelse per il suo celebre libro di chimica teorica, ovvero: Chimica teorica dal punto di vista della teoria di Avogadro e della temodinamica, del È disponibile la traduzione inglese W. Nernst, Theoretical Chemistry from the standpoint of the Avogadro rule and thermodynamics, MacMillan (London, 1895).

19 Fondamenti della fisica: Planck 13 Vedremo poi i due lavori di Planck dell ottobre e del dicembre 1900, ricordando anche in quale modo egli avesse creduto precedentemente di fornire una dimostrazione della cosiddetta legge di decadimento di Wien, che invece vale solo nel caso limite di frequenze molto alte (o temperature basse). Illustreremo poi diversi celebri lavori di Einstein, quello del 1905 sui fotoni, quello del 1907 sui calori specifici, la sua comunicazione alla conferenza Solvay del 1911 (nella quale la quantizzazione ebbe il suo primo riconoscomento ufficiale), quello del 1917 concernente l emissione spontanea e indotta tra livelli energetici, e infine quelli del 1925 sulla statistica di Bose Einstein. Discuteremo poi il lavoro che Poincaré scrisse nel 1912, al suo ritorno a Parigi dalla conferenza Solvay. Faremo notare come la interpretazione che comunemente ne viene data, che cioè esso dimostri la necessità della quantizzazione, non sia giustificata. Infine illustreremo come, seguendo un lavoro di Kubo del 1954, si riesca a dare concretezza, in modo matematicamente ben definito, a certe intuizioni manifestate da Einstein fin dal 1904 ed espresse soprattutto nella comunicazione alla conferenza Solvay del Si tratta di una concezione dinamica della misurazione del calore specifico, in cui l energia del corpo misurato fluttua nel tempo per l interazione con l apparato di misura. Tale relazone mette in luce quale ruolo svolga il carattere caotico oppure ordinato del moto, attraverso il decadimento a zero o il parziale decadimento dell autocorrelazione temporale del energia del sistema. 1.2 Il ruolo del principio di equipartizione nella contrapposizione tra atomisti ed antiatomisti Le teorie cinetiche e l interpretazione meccanica della temperatura Il primo successo delle teorie cinetiche fu la spiegazione della legge dei gas perfetti, mediante una interpretazione meccanicistica della temperatura. In particolare essa comporta che, se si fissa il volume e la temperatura e si considera una mole di qualsiasi gas, la pressione è la medesima, indipendentemente dalla massa e dalla costituzione (atomi, o molecole). Conta solo il numero di costituenti elementari. La dimostrazione di questa proprietà, e l esperienza della meraviglia che essa suscita, è un utilissimo esercizio per entrare nello spirito delle teorie cinetiche. Si pensi alla meraviglia che si prova nel comprendere come, a fissati volume e temperatura, la pressione raddoppia si si verifica la dissociazione di una sostanza biatomica.

20 14 Andrea Carati e Luigi Galgani La dimostrazione della legge dei gas perfetti consta di due passi, che considereremo dapprima nel caso di gas costituiti da molecole monoatomiche, nell approssimazione in cui sono descritte da punti materiali. Il primo passo mostra che il prodotto pv di pressione per volume è proporzionale al valor medio K dell energia cinetica K del sistema, K = i mv 2 i (dove m è la massa, e v i la velocità dell i esimo atomo), perché si trova pv = 2 3 K. (1.2.1) Qui la media viene eseguita come media temporale (sostanzialmente, la media aritmetica generalizzata al caso continuo dei valori istantanei assunti al passare del tempo). La dimostrazione si ottiene con una formalizzazione del seguente argomento elementare. Cominciamo a considerare il caso di un solo punto materiale di massa m e velocità v che rimbalzi elasticamente tra due pareti opposte di un cubo di lato L. Per la collisione con una parete scriviamo l equazione di Newton ṗ = F (dove p = mv) nella forma p = F t. Osserviamo ora che in un urto elastico il momento p si inverte e quindi si ha p = 2mv. Si ha poi, per la definizione di pressione come forza per unità di area, F = pa (dove A = L 2 ). Inoltre il tempo trascorso tra due collisioni è dato da t = 2L/v. Dunque si ottiene (eliminando il fattore 2) mv 2 = pv, ovvero 2K = pv. Infine si intoducono considerazioni statistiche e si osserva che un terzo delle particelle ha in media direzione di moto lungo ognuno dei tre assi, o equivalentemente che solo un terzo dell energia cinetica di ogni particella è efficace nel produrre pressione contro una determinata parete. Il secondo passo consiste nel confrontare la relazione dinamico statistica (1.2.1) con la legge dei gas perfetti pv = n moli RT, dove n moli è il numero di moli ed R la costante dei gas. Si vede allora che si deve avere la fondamentale identificazione tra la quantità microscopica K (energia cinetica totale), mediata, e la quantità macroscopica T : per una mole di qualunque sostanza monoatomica, con gli atomi modellizzati come punti materiali, si deve avere K = 3 RT. (1.2.2) 2 In termini delle singole molecole (qui entra il numero di Avogadro N A ) deve allora essere K = 3 R T = 3 kt. (1.2.3) N A 2 N A 2

21 Fondamenti della fisica: Planck 15 Dunque, a fissata temperatura, per un gas monoatomico modellizzato come un punto materiale (si sta trascurando l energia cinetica di rotazione), l energia cinetica media di ogni singolo atomo deve essere indipendente dalla sostanza, in particolare indipendente dal peso atomico (ovvero dalla massa delle molecole). È questa la prima forma del principo di equipartizione: l energia cinetica media di traslazione si distribuisce ugualmente (o in maniera democratica) tra tutte le molecole. La situazione si complica se si tiene conto delle rotazioni degli atomi, o più in generale si passa a considerare il caso di molecole poliatomiche. Il punto cruciale è che in tali casi la relazione (1.2.1) viene sostituita da pv = 2 3 K CM. (1.2.4) dove K CM è l energia cinetica del baricentro (o centro di massa), K CM = 1 2 m v2 CM, in cui cioè si trascura l energia cinetica di rotazione (nel caso di molecole monoatomiche) e in generale si trascura l energia cinetica dei moti interni (rispetto al baricentro). Qui m é la massa della molecola, e v CM la velocitá del baricentro. Per ottenere questo risultato, il segreto consiste nel ricondursi al caso precedente (atomo puntiforme), pur di reinterpretare l equazione ṗ = F con p = mv come prima equazione cardinale della dinamica dei punti, dove m è la massa totale, p il momento totale e v la velocità del baricentro, mentre F è la risultante delle forze esterne, ovvero ancora pa. In conclusione, mediante le teorie cinetiche si ha una interpretazione meccanica della temperatura, ma questa ci dà informazione solo sull energia cinetica media del baricentro, mentre non ci dice nulla sull energia cinetica di rotazione o più in generale sull energia cinetica dei moti interni alla molecola, o sull energia potenziale delle forze interne (si pensi alla molla descrivente il legame tra i due atomi di una molecola biatomica). Su queste energie, che sono rilevanti per i calori specifici, dà informazione il principio di equipartizione, che viene dedotto (e quindi diventa un teorema) se si introduce un ulteriore elemento, cioè si ammette, o si dimostra, la distribuzione di Maxwell Boltzmann La distribuzione di Maxwell Boltzmann e il teorema di equipartizione La distribuzione di Maxwell Boltzmann Anzitutto ricordiamo brevemente che cosa è la distribuzione di Maxwell Boltzmann, su cui ritorneremmo più avanti. Si considera un sistema costituito di un grandissimo numero N (tipicamente il numero di Avogadro N A )

22 16 Andrea Carati e Luigi Galgani di sottosistemi indentici, come atomi, o molecole poliatomiche o oscillatori armonici. Lo stato di un singolo sottosistema (ad esempio una molecola) sia identificato da coordinate configurazionali q = (q 1,..., q µ ), e di momenti p = (p 1,..., p µ ) dove µ (è questa la notazione usata da Boltzmann stesso) è il numero di gradi di libertà del sottosistema (ad esempio, µ = 3 e (q 1, q 2, q 3 ) (x, y, z) nel caso di un atomo puntiforme riferito a coordinate cartesiane ortogonali). Lo spazio delle fasi di un singolo sottosistema viene chiamato spazio µ (leggi mu). Si noti che lo spazio µ non è lo spazio delle fasi di un ben determinato singolo sottosistema, ma uno spazio che potremmo chiamare rappresentativo di un generico sottosistema, come si capisce dall uso concreto che se ne fa. Boltzmann suddivide lo spazio µ in cellette, ad esempio tutte uguali, e si chiede quale sia la distribuzione degli N sottosistemi nelle cellette, cioè quanti sottosistemi cadono in ciascuna celletta. A questo scopo, comincia col definire uno stato macroscopico come caratterizzato dalla successione n 1, n 2,... di numeri di occupazione, dove n j è il numero di sottosistemi nella cella j-esima. È chiaro che ad uno stato microscopico (un punto nel cosiddetto spazio Γ leggi Gamma, che è lo spazio definito dalle coordinate posizionali e di momento del sistema totale), corrisponde una ben definito stato macroscopico, mentre ad uno stato macroscopico corrisponde tutto un dominio nello spazio Γ. Boltzmann calcola la probabilità di ogni stato macroscopico (in un modo che vedremo meglio in seguito), e suppone che all equilibrio la distribuzione dei sottosistemi corrisponda allo stato macroscopico più probabile quando siano assegnati il numero N di sottosistemi e l energia totale del sistema. Si trova allora la celebre distribuzione di Maxwell Boltzmann n j N = e βej Z(β) dove E j è un valore tipico dell energia in una celletta, mentre Z(β) = j e βe j è un fattore di normalizzazione chiamato oggi comunemente funzione di partizione, 7 e infine β è il moltiplicatore di Lagrange associato al vincolo di fissata energia totale, che verrà poi identificato come β = 1 kt. (1.2.5) 7 O piccola funzione di partizione, perchè si riferisce allo spazio µ di un sottosistema. Di solito si riserva il nome di funzione di partizione all analogo fattore di normalizzazione nello spazio totale Γ. In tale spazio l analogo della distribuzione di Maxwell Boltzmann è la distribuzione di Gibbs.

23 Fondamenti della fisica: Planck 17 Qui si incontra un punto sottile sul quale ritorneremo discutendo il lavoro di Poincaré sulla necessità della quantizzazione. Informalmente si solito si interpreta il rapporto def p j = n j N come probabilità di trovare un singolo definito sottosistema nella cella j esima. Ma questo non è affatto ovvio. Ne riparleremo più avanti. Passando al continuo (è proprio questo il passaggio che verrà poi eliminato da Planck nella sua seconda comunicazione), si ottiene una distribuzione descritta da una densità di probabilità nello spazio µ. Questa viene denotata da Boltzmann con la lettera f, ed è definita evidentemente da con f(q, p) = e βe(q,p) (1.2.6) Z(β) Z(β) = e βe(q,p) dq dp. (1.2.7) Una delle formule pù rilevanti che si ottengono nella statistica di Maxwell Boltzmann riguarda il valore medio dell energia, definito da U E def E(q, p)e βe(q,p) dq dp = E(q, p) f(q, p)dqdp = e βe(q,p) (1.2.8) dq dp per il quale si ha, come subito si controlla, la formula U E = log Z. (1.2.9) β Diamo subito anche la formula che connette calore specifico C V e varianza dell energia, che ebbe un ruolo fondamentale negli studi di Einstein, e che Einstein attribuiva a Boltzmann. Anzitutto la varianza (o scarto quadratico medio) σe 2 dell energia è definita nel modo consueto della teoria delle probabilità, come σ 2 E = (E U) 2 = E 2 U 2. (1.2.10) Inoltre si verifica quasi a colpo, usando la definizione (1.2.8) di U ed eseguendo la derivata, che si ha Usando la ovvia relazione T = kt 2 β U β = σ2 E. (1.2.11), questa si scrive anche kt 2 C V kt 2 U T = σ2 E. (1.2.12) Vedremo più avanti come questa relazione, di aspetto puramente cinematico, fu interpretata da Einstein come se avesse una valenza dinamica, che si può mettere completamente in luce mediante i teoremi di fluttuazione dissipazione (formulati attorno al 1954).

24 18 Andrea Carati e Luigi Galgani Il teorema di equipartizione Il risultato più rilevante della teoria cinetica è il teorema di equipartizione. Lo discutiamo qui nella sua forma più semplice possibile. Succede che per una grandissima parte di sistemi (pensati come costituiti di un enorme numero di sottosistemi identici) l hamiltoniana di un singolo sottosistema è la somma di termini quadratici nelle posizioni o nei momenti, con coefficieenti costanti. Ad esempio, nei casi della particella libera e dell oscillatore armonico, che sono quelli che maggiormente ci interesseranno, si ha rispettivamente 8 H = 1 ( p 2 2m x + p 2 v + p 2 z) H = 1 2m p κx2 = ω ( p 2 2 mω + mω x2) = ω 2 (P 2 + Q 2 ). Nel caso della molecola monoatomica non puntiforme bisognerebbe tenere conto dei gradi di libertà rotazionali che entrano nell energia cinetica e hanno una struttura più complicata, come anche i gradi di libertà rotazionali della molecola biatomica (invece, la molla che descrive le oscillazioni della distanza tra gli atomi può essere descritta come un oscillatore armonico). Consideriamo il caso semplice. Si ha allora la Proposizione. Per un sistema descritto statisticamente da una distribuzione di Maxwell Boltzmann, il valor medio di ogni termine quadratico a coefficienti costanti che entra nell hamiltoniana è uguale a 1/(2β) = (1/2) kt. Pertanto l energia media di ogni singolo atomo di un gas monoatomico descritto come un punto materiale è uguale a (3/2) kt, indipendentemente dal valore della massa dell atomo. Più precisamente, invece che parlare di energie medie dei singoli costituenti microscopici (atomi o molecole), dovremmo esprimerci in termini macroscopici, parlando di energia di una mole di sostanza. In ogni modo, nel caso del gas monoatomico descritto da punti materiali, poiché nella teoria cinetica elementare, come abbiamo ricordato, si deve identificare l energia cinetica media del baricentro di una molecola con 3 2kT, segue allora che nella distribuzione di Maxwell Boltzmann si deve identificare il moltiplicatore β come β = 1/kT, come avevamo anticipato nella (1.2.5). Corolllario (Calori specifici). Per un sistema distribuito secondo Maxwell Boltzmann, in cui l energia di ogni sottosistema può essere scritta, in coordinate canoniche, come la somma di l termini quadratici, si ha che l energia media U(T ) e il calore specifico C V (T ) = U T riferiti a una mole sono dati 8 Per l oscillatore armonico, si introduce la frequenza ω mediante ω 2 = κ/m. Poi si effettua la fattorizzazione di ω in maniera da potere eseguire una trasformazione canonica (x, p) (Q, P ), perchè allora x e p risultano rispettivamente moltiplicati e divisi per il medesimo fattore, mω.

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