ACTA UNIVERSITATIS PALACKIANAE OLOMUCENSIS FACULTAS PHILOSOPHICA PHILOLOGICA 88

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3 ACTA UNIVERSITATIS PALACKIANAE OLOMUCENSIS FACULTAS PHILOSOPHICA PHILOLOGICA 88 ROMANICA OLOMUCENSIA XVI Numero monografico Dalla letteratura al film (e ritorno) Atti del convegno internazionale Olomouc, ottobre 2005

4 Si ringraziano: Istituto di Cultura Italiana a Praga Orrero, a. s. Facoltà di Teologia dell Università Palacký di Olomouc e il suo preside uscente doc. Petr Chalupa, Th.D. Ristorante Konvikt 1. vydání Editors Alessandro Marini, Jiří Špička, Lenka Kováčová, 2006 ISBN ISSN X

5 ACTA UNIVERSITATIS PALACKIANAE OLOMUCENSIS FACULTAS PHILOSOPHICA ROMANICA OLOMUCENSIA XVI 2006 ISBN ISSN X INDICE Prefazione... 9 RELAZIONE INTRODUTTIVA Nicola Dusi (Università di Modena e Reggio Emilia) Forme, materie e sensorialità nella traduzione intersemiotica: il caso Fanny e Alexander PROBLEMATICHE, INFLUSSI, RITORNI Lucia Re (University of California, Los Angeles) Il futurismo tra letteratura, guerra, e cinema: Thaïs di A.G. Bragaglia (1917) Eusebio Ciccotti (Università di Foggia e Roma Tre) Entrare e uscire dallo schermo: tra letteratura, cinema scritto e cinema Alfredo Luzi (Università di Macerata) La Notte di Campana: la scrittura come sinergia artistica e dinamica iconica Federica Ivaldi (Università di Pisa) Fra lo schermo e la pagina: Teorema di Pier Paolo Pasolini Costantino Carlo Maria Maeder (Université catholique de Louvain) Vista, rivelazione e morte - Note su Verga, Cavalleria rusticana e il cinema muto Joanna Szymanovska (Università di Varsavia) Il sogno meccanico, oppure dell arte di narrare per mezzo di immagini: i soggetti cinematografici di Alberto Savinio Gherardo Ugolini (Humboldt-Universität zu Berlin) Pasolini: dalla tragedia al cinema

6 Antonio Donato Sciacovelli (Scuola di Studi Superiori Dániel Berzsenyi, Szombathely) L eredità del Decameron: dal cult al trash (e ritorno)? Jon R. Snyder (University of California, Santa Barbara) Amor nello specchio tra teatro e cinema Andrea Baldi (Rutgers University, New Brunswick) Gli amori difficili tra cinema e letteratura: la riduzione filmica dell Avventura di due sposi di Calvino Hanna Serkowska (Università di Varsavia) Braghetti e Bellocchio a confronto: a che cosa può servire l immagine di una terrorista a distanza di 25 anni? DUE AUTORI Pirandello Etami Borjan (Università di Zagabria) Il cinema secondo Pirandello Alessandro Marini (Università Palacký, Olomouc) Una metamorfosi allegorica: La giara di Paolo e Vittorio Taviani Cezary Bronowski (Università di Copernico, Toruń) Ridere e non ridere - una trasposizione tematica della novella Tu ridi di Luigi Pirandello: verso una nuova tipologia del riso Abele Longo (Middlesex University, Londra) Influenze pirandelliane nel Ritorno di Cagliostro di Ciprì e Maresco Tabucchi Michela Meschini (Università di Macerata) Immagini, sogni e visioni: interferenze cinematografiche nella narrativa di Antonio Tabucchi Anna Osmólska-Mętrak (Università di Varsavia) Domani è un altro giorno, ossia i motivi cinematografici nella narrativa di Antonio Tabucchi Patricia Peterle (Universidade Estadual Paulista, San Paolo) Un viaggio nell immaginario portoghese: Tabucchi e Tanner

7 Bruno Ferraro (Università di Auckland) Sostiene Pereira di Antonio Tabucchi e Marcello Mastroianni GENERI, ADATTAMENTI Paolo Musu (Istituto per la Cinematografia e la Televisione R. Rossellini, Roma) Dalla sceneggiatura al film Joanna Janusz (Università della Slesia, Katowice-Sosnowiec) Trasposizioni filmiche del Pasticciaccio gaddiano: traduzione intersemiotica o adattamento? Roberto Ubbidiente (Humboldt-Universität zu Berlin) Vedere il libro, leggere il film. Il Bell Antonio da Brancati a Pasolini Guendalina Sertorio Il Generale Della Rovere di Indro Montanelli e Roberto Rossellini Aneta Chmiel (Università della Slesia, Katowice-Sosnowiec) Il tradimento creativo. I motivi letterari di Le tentazioni del dottor Antonio Ludovico Fulci (Università di Breslavia) Gattopardi e garibaldini al convento Catherine Ramsey-Portolano (American University of Rome) Da Cain a Visconti: un percorso contro il mito del maschio fascista Tiziana Littamè (Liceo Scientifico Cavalleri, Parabiago) e Claudia Speziali (Liceo Artistico Olivieri, Brescia) Un nuovo canone risorgimentale: Visconti e l unità incompiuta Michele Sità (Università Pázmány, Piliscsaba) Emozioni ed immagini tra le parole: dal libro di Margaret Mazzantini Non ti muovere all omonimo film di Sergio Castellitto Angelo Pagano (Scuola di Studi Superiori Dániel Berzsenyi, Szombathely) Strutture del fumetto e del cinema Jiří Špička (Università Palacký, Olomouc) Dario Fo a la descoverta del cartone animato: Johan Padan Marie Voždová (Università Palacký, Olomouc) Parola e immagine due aspetti di una storia

8 Jolanta Dygul (Università di Varsavia) Ladri di biciclette: manipolazione propagandistica Andrea Santurbano (Università di Roma Tre) Rapporti fra letteratura e cinema, teoria e pratica dell adattamento: Europa vs America Enrica Silvia De Felice (Università di Bayreuth) I rapporti intermediali nel film The pillow Book di Peter Greenaway Eliisa Pitkäsalo (Scuola di Studi Superiori Dániel Berzsenyi, Szombathely) Figure del linguaggio cinematografico Indice dei nomi

9 ACTA UNIVERSITATIS PALACKIANAE OLOMUCENSIS FACULTAS PHILOSOPHICA ROMANICA OLOMUCENSIA XVI 2006 ISBN ISSN X PREFAZIONE Il Novecento è il secolo della sperimentazione, della moltiplicazione dei linguaggi, della velocità dell informazione e dell interscambio culturale. È il secolo del labirinto e dell avanguardia, del pastiche e dell allegoria, di una ricerca intellettuale tesa a dare ordine e significato al reale, alla dimensione alienante del moderno, alla vastità disorientante e spesso vuota dell archivio di esperienze e incontri, di letture e visioni. La formulazione di nuove estetiche, la tendenza all innovazione formale, la contaminazione e l affermarsi di una modalità allegorica che registri la problematicità della trasmissione del senso sono tra i segni più evidenti di una trasformazione profonda, che mette in crisi lo statuto di un arte unitaria e la rappresentazione compiuta dell esperienza del soggetto nell ambito delle tradizionali estetiche della corrispondenza. Affrontare il Novecento significa dunque affrontare la molteplicità, interrogarsi sulla traducibilità dei linguaggi, sulla commistione di retoriche e generi. È l avvento del cinema, come messo in rilievo da Benjamin, a portare a compimento il processo avviato dalla fotografia e a realizzare emblematicamente l idea di un arte impura e contaminata: a livello ontologico, con l intrusione della riproduzione tecnica nei procedimenti di elaborazione estetica, a livello espressivo, con la sovrapposizione di retoriche legate a codici diversi, verbali, iconici, musicali. L inevitabile modellarsi sul sistema delle arti maggiori proprio del cinema delle origini costituisce dunque solo un ulteriore elemento di un quadro già fortemente destabilizzato dalla contaminazione estetica e espressiva. La storia del rapporto tra letteratura e cinema ha sì riconosciuto l autonomia estetica della scrittura cinematografica, ma ha anche ribadito il carattere aperto e problematico dell intera questione: ne sono testimonianza la pluralità di approcci interpretativi e la stessa varietà terminologica delle definizioni (traduzione intersemiotica, adattamento, trasposizione ). E comunque il processo che avvicina e fonde in modo così intenso la letteratura e il cinema resta una delle manifestazioni più complesse e affascinanti della tendenza al sincretismo che attraversa il Novecento, quasi un allegoria del suo cercare il senso nel confronto e nella mescolanza piuttosto che nell unità e nella coerenza. Questo volume, che raccoglie la maggior parte delle comunicazioni presentate al convegno Dalla letteratura al film (e ritorno), svoltosi presso l Università Palacký di Olomouc il 20 e il 21 ottobre 2005, vuole essere un modesto contributo all esplorazione di questa allegoria. La complessità e il carattere eterogeneo dell oggetto di studio sono testi moniati nella struttura stessa del volume, nella varietà dei contributi in esso raccolti e nella molteplicità dei metodi di ricerca che vi si utilizzano. Se nella relazione di apertura prevale 9

10 un impostazione semiotica, la sezione Problematiche, influssi, ritorni comprende prospettive molto eterogenee, volte ad indagare sia aspetti e problemi della possibile traduzione in immagini del testo scritto, sia alcuni progetti di rilettura del passato da parte del cinema, sia l influenza da esso esercitata sulla biografia intellettuale dei letterati e il cosiddetto effetto rebound, la ricaduta sulla letteratura di aspetti formali e strutturali propri della scrittura cinematografica. Un carattere analogamente eterogeneo ha anche la sezione conclusiva del volume Generi, adattamenti, comprendente studi di singole opere cinematografiche, dei quali viene ricostruito il rapporto con l antecedente letterario e con il contesto storicoculturale. Sempre in questa sezione, alcuni studiosi si avventurano su percorsi meno battuti, come quelli che legano il cinema al teatro, al fumetto o al cartone animato, altri danno conto di significative esperienze della cinematografia europea. Nella sezione intermedia, Due autori, le proposte dei relatori hanno favorito una relativa omogeneità di contenuto, indirizzandosi verso lo studio dell opera e delle sue trasposizioni cinematografiche di due scrittori italiani particolarmente attenti all interscambio tra le due arti, Pirandello e Tabucchi. Ringraziamo l Istituto Italiano di Cultura di Praga, la Presidenza della Facoltà di Teologia dell Università di Olomouc e la ditta Orrero di Litovel, che, con il loro sostegno, hanno reso possibile l organizzazione dell evento e la pubblicazione di questo volume. Un ringraziamento particolare va a tutti coloro che, con il loro entusiasmo e la loro partecipazione, hanno contribuito a fare delle due giornate di studio presso l Università di Olomouc un occasione di confronto intellettuale e di crescita scientifica. Ci auguriamo che per tutti loro questo libro sia un piacevole ricordo del nostro convegno. Alessandro Marini 10

11 RELAZIONE INTRODUTTIVA

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13 ACTA UNIVERSITATIS PALACKIANAE OLOMUCENSIS FACULTAS PHILOSOPHICA ROMANICA OLOMUCENSIA XVI 2006 ISBN ISSN X FORME, MATERIE E SENSORIALITÀ NELLA TRADUZIONE INTERSEMIOTICA: IL CASO FANNY E ALEXANDER Nicola Dusi Università di Modena e Reggio Emilia nicola.dusi@tiscali.it 1.1. Semiotica dei testi, semiotica delle culture Si parla molto di traduzione nella semiotica contemporanea. Sembra essere una normale evoluzione della costante attenzione ai testi presi singolarmente e nei loro rapporti reciproci: se la semiotica studia i segni, o, meglio, i sistemi di significazione, allora possiamo dire subito che un segno è innanzitutto un rinvio a qualcos altro e che i sistemi di segni o di significazione, e quindi i testi, non sono mai soli. I testi, insomma, ed è esperienza facile da verificare nella produzione culturale, si appoggiano sempre altrove, vengono prodotti, distribuiti e recepiti, circolando in una cultura sempre insieme ad altri prodotti, altri testi, che li accolgono, li frequentano, li usano e li citano, li contaminano (siamo d accordo con l antropologo Clifford: i frutti puri impazziscono ). Uno sciame di testi, o meglio una rete di rimandi, in continua traduzione tra loro: come direbbe Lotman, 1 la traduzione costruisce e, al contempo, dinamizza gli universi culturali. Studiare i testi, quindi, non vuol dire dimenticare i contesti in cui producono significati condivisi socialmente. Non c è contraddizione: si tratta ad esempio di pensare al film o alla fiction tratta dalla letteratura non come un oggetto a sé stante, ma come un punto di arrivo di un processo. Questo processo presenta da un lato una fitta relazione con le fonti, cioè con quei testi da cui il prodotto filmico (o televisivo) riprende temi e figure, strutture e modi di raccontare, mentre dall altro si mette in atto una negoziazione e un confronto con quella cultura di arrivo, non di rado radicalmente mutata rispetto al testo di partenza, che riceve e decodifica. Si tratterà allora di considerare non solo le scelte di adattamento fatte rispetto al testo letterario di partenza, ma anche quelle rese necessarie dal mezzo che si utilizza, accanto alle scelte legate alle logiche di produzione e all attenzione al pubblico, cioè vincolate a chi produce e chi riceve nel sistema culturale di arrivo. 1 J.M. LOTMAN, La semiosfera. L asimmetria e il dialogo nelle strutture pensanti, Marsilio, Venezia

14 Una traduzione di questo tipo impone sempre dei vincoli e delle limitazioni, ma permette anche nuove scommesse interpretative, perfino se il testo di arrivo è un film tratto da un romanzo dello stesso autore, come nel caso di Fanny e Alexander di Bergman. Se studiamo il modo in cui un romanzo viene illustrato nelle sue parti salienti, oppure come diventa film, per il cinema o per la televisione, l esigenza dominante che si ritrova tra i semiotici è quindi cercare di dar conto non solo di come ogni testo produca senso singolarmente, ma anche di come si inneschi un processo di traduzione reciproca aprendo problemi interpretativi, e di come tutto ciò interagisca con i destinatari della comunicazione. Nel nostro caso, invece che aprire al confronto con quel co-testo del film che sono tutti gli altri film di Bergman, oppure all intertestualità ad esempio rispetto alle relazioni esplicite del romanzo e del film con il teatro di Shakespeare messo in scena dalla compagnia, al rapporto dichiarato con Il sogno di Strindberg, o ancora alle derive riscontrabili dei racconti di Hoffman, abbiamo scelto di soffermarci strettamente sul romanzo Fanny e Alexander e i suoi legami, di equivalenza e differenza, con il film, sia nella versione per le sale (ristretta), sia nella sua lunga versione originale per la televisione Tradurre, adattare, trasporre Prima delle analisi, c è un problema che ci sta a cuore, per il quale è necessario riassumere, a grandi linee, la discussione in corso tra i semiologi italiani. Nel suo recente Dire quasi la stessa cosa 2 Umberto Eco sostiene che ogni traduzione è innanzitutto una forma di interpretazione, e che quando si trasforma la materia espressiva di un testo, come nel passaggio da un romanzo a un film, non è corretto sostenere che si sta traducendo, come se fossimo ad esempio di fronte ad una poesia inglese che viene riproposta in italiano, perché in realtà si sta invece piegando il testo di partenza alle esigenze del testo di arrivo, ai suoi limiti o alle sue nuove possibilità espressive. Il film costringe, tra l altro, a far vedere il non detto, cioè ad esplicitare audiovisivamente quello cui il testo letterario può permettersi di alludere, rendendolo implicito o di tacendolo parzialmente. Uno degli esempi che Eco porta è tratto dai Promessi Sposi di Manzoni. Nel cap. X, raccontandoci la storia della Monaca di Monza, Manzoni ad un certo punto si mostra reticente: come la monaca cade nella perdizione nel momento in cui apre la sua relazione con Egidio dovrà pensarlo il lettore, perché il racconto si sospende su una formula famosa: La sventurata rispose. Tocca al lettore cooperare con il testo, spiega Eco, è lui che deve far parlare quella reticenza, fare congetture, trarne debite (o indebite) illazioni. Se questo è permesso, o meglio è strategicamente costruito, dalla scrittura, cosa avviene in una versione cinematografica o televisiva? Secondo Eco la risposta deve manifestarsi attraverso alcune azioni, sia pure suggerite da un gesto, da un sorriso, da un balenio negli occhi, da un tremore. 3 Il regista e lo sceneggiatore dovranno quindi fare delle scelte, decidere cosa e come far vedere, aprire gli impliciti del racconto scritto in qualcosa di materialmente diverso. Un film tratto da sarà quindi, in ogni sua manifestazione (dal volto degli attori ai loro abiti, dalla luce della scena al taglio dell inquadratura) una questione di 2 U. ECO, Dire quasi la stessa cosa. Esperienze di traduzione, Bompiani, Milano Ivi, p

15 scommesse e di decisioni, ossia un insieme di interpretazioni, a tutti i livelli, rispetto alla resa del testo letterario. Non si tratta allora di una semplice traduzione, ma propriamente di un adattamento, argomenta Eco, perché nel passaggio dal letterario alla sua rappresentazione l inter - pretazione è mediata dall adattatore, e non lasciata alla mercé del destinatario. Mentre nella traduzione letteraria il punto di vista del traduttore tende a non mostrarsi (se non nelle note a piè di pagina), nell adattamento, secondo Eco, la presa di posizione critica diventa preponderante. Certo Eco ha ragione ad insistere sul momento interpretativo di ogni trasposizione, ma si potrebbero anche esplorare altri aspetti, e, come fanno altri studiosi, proporre una riflessione che parli ancora di traduzione per le relazioni tra romanzo e film. Per Paolo Fabbri, riprendendo Lotman, ogni sistema di segni è traducibile in un altro sistema di segni: ad esempio la scrittura romanzesca è traducibile nel film televisivo o cinematografico, e dove ci sono intraducibilità si tratta semmai di cambiare strategia, per riuscire a far passare tutti gli elementi costitutivi del testo di partenza. Una traduzione da un romanzo è sempre un processo intersensibile, spiega Fabbri, e quindi deve tener conto di tutti i sensi all opera per capire e apprezzare un film: si può ad esempio tradurre un emozione (problema centrale nel rapporto tra letteratura e fiction audiovisiva) non solo con l uso della musica, ma con il colore, con una luce soffusa o violenta, o con l insieme di questi linguaggi. A metà strada tra le due ipotesi, Omar Calabrese definisce la traduzione come un fenomeno testuale e individuale, legato volta per volta alle scelte e agli scopi di un singolo prodotto. Secondo Calabrese tradurre significa non solo interpretare, ma soprattutto trasferire il senso di un testo in un altro, con inevitabili trasformazioni. Questo vuol dire pensare alla traduzione non come a qualcosa di chiuso e definitivo, ma come ad un processo, che lavora sullo stile del testo di arrivo per riproporre alcuni livelli di equivalenza, o di similarità, con il testo di partenza, ponendosi sempre il problema degli effetti di senso (degli obiettivi di comunicazione) che il romanzo voleva creare in relazione a quelli che il nuovo testo (film o altro) vuole mantenere, eliminare, trasformare o riproporre. Calabrese propone quindi di pensare ad una traduzione innovativa rispetto al testo di partenza: un modo di tradurre che vada a cercare nel testo di pertenza dei tratti particolari, ad esempio nel romanzo quelli che ne costituiscono la natura estetica e singolare, cioè la sua originalità. La traduzione di questo tipo sfida il testo da cui muove, lo riapre, e scommette che anche il testo-target possa assumere non solo la dignità di quello, ma anche aggiungervi una sua propria ulteriore singolarità. Per questo, spiega Calabrese, amiamo certe traduzioni niente affatto corrette, ma infinitamente migliori di altre che si appiattiscono sul modello, ma non ne colgono minimamente la natura. È per questo che può accadere che la traduzione cinematografica di un opera letteraria (poniamo: il Nosferatu di Herzog tratto dal Dracula di Stoker) ci appassioni più di un altra traduzione letteraria. Piuttosto che di adattamento, allora, parleremo propriamente di trasposizione. 4 Nell etimologia della parola, l uso del prefisso /tras/ (analogo a /trans/), comporta sia l oltrepassare, come in trasgredire, sia il trasferire (come in trasfondere ), richiamando 4 Per approfondire questa discussione tra Eco, Fabbri, Calabrese, rinviamo al numero monografico di Versus, 85/86/87, 2000 (a cura di N. DUSI e S. NERGAARD). Le citazioni di Calabrese sono tratte dall articolo, contenuto nel numero citato, Lo strano caso dell equivalenza imperfetta (modeste osservazioni sulla traduzione intersemiotica), p

16 l attenzione sull andare al di là del testo di partenza, attraversandolo o, appunto, moltiplicandone le sue potenzialità. Già nel dizionario la trasposizione è una modificazione della posizione di determinati elementi all interno di un ordine preciso, precedentemente costituito (Devoto-Oli). Mentre il termine adattamento richiama una forma necessaria di riduzione inevitabile, parlare di trasposizione porta con sé l idea di qualcosa che regge il passaggio da un testo all altro rispettando differenze e elementi di continuità. Ma per rendere efficace questa trasformazione testuale bisognerà comunque tenere conto dei suoi scopi, non ultimi quelli di orientarsi verso una determinata cultura di arrivo Spirito del romanzo o senso letterale? domanda fuori luogo Nelle più recenti teorie della traduzione, si distingue tra una forma ristretta (quasi matematica) di equivalenza tra testi ed una allargata, più flessibile. È a questa che pensiamo quando parliamo di una equivalenza graduale, che cioè preveda gradi di equivalenza differenti nelle diverse traduzioni. Una proposta della semiotica è di pensare ai testi come a degli oggetti stratificati, composti da più livelli tra loro interdipendenti: dipende dagli strati testuali che si sceglie di considerare se sarà interessante parlare di fedeltà o meno in un film che traspone un romanzo. Trasporre vuol dire tenere conto, ad esempio, dei motivi e delle figure dominanti del romanzo, degli intrecci del racconto, delle voci narranti che ci guidano o ci depistano, e delle forme letterarie con cui questo viene comunicato. In poche parole, considerare lo stile complessivo del testo di partenza. La scommessa diventa allora quella di tradurre lo stile del romanzo nel film, se intendiamo con stile l insieme di forma dell espressione e di forma del contenuto del testo, coerentemente plasmati dalle strategie enunciative (come direbbe Metz). 6 Inoltre, quando parliamo di equivalenza, la consideriamo come legata non solo al romanzo di partenza, ma sempre anche come equivalenza dinamica, flessibile e contrattuale, finalizzata a ritrovare i modi di comunicare che il libro aveva costruito per il suo lettore, ripensandoli per lo spettatore, un nuovo destinatario. Quando si traduce o si traspone, si compie un vero e proprio atto di comunicazione tra culture e tra semiotiche diverse. Se fra il romanzo di partenza e il film di arrivo si può e si deve mettere in opera un confronto, una relazione conflittuale, è proprio il lavoro del traduttore, dallo sceneggiatore al regista, che diventa necessario per adeguare il testo da 5 Ancora una riflessione terminologica. A volte si parla di riduzione per la scena o per il film, più spesso, invece, di adattamento e di trasposizione. In realtà non si intende la stessa cosa: quando usiamo il termine riduzione accettiamo una lieve accezione negativa, che considera film e romanzo come testi ineguali, non sovrapponibili, per cui bisogna sempre sforbiciare, ridurre, tagliare. Lo stesso accade se prendiamo il termine adattamento: il richiamo nel dizionario italiano va alla necessità di una conformazione ad esigenze particolari, che possiamo intendere come qualcosa di funzionale alla cultura e alle specificità del nuovo testo. Però in questo caso si impone l idea di un processo traduttivo che considera il testo di partenza rigidamente e il testo di arrivo come l esito di una costrizione. A tale proposito ci permettiamo di rinviare a N. DUSI, Il cinema come traduzione. Da un medium all altro: letteratura, cinema, pittura, UTET, Torino Ch. METZ, L énonciation impersonelle ou le site du film, Klincksieck, Paris 1991 (trad. it. L enunciazione impersonale o il luogo del film, Ed. Scientifiche Italiane, Napoli 1995). 16

17 tradurre ai propri scopi e al contempo costruire un confronto tra valori, convenzioni e norme dettate dai sistemi culturali cui i testi rispettivamente appartengono. Certo una trasposizione (o trasmutazione per Jakobson) 7 lavora a richiamare alla luce gli impliciti, basti pensare all imposizione inevitabile di scelte e variazioni semantiche, agli aloni connotativi culturalmente marcati, alle inevitabili variazioni nelle strategie discorsive. Quando si analizza una trasposizione ci si trova di fronte a scelte testuali che valorizzano in modo graduale procedure potenziali o realizzate di similarità, strategie che scelgono alcuni livelli di pertinenza nella relazione traduttiva tra due testi. Tradurre l enunciazione non significa infatti solo cercare modi di trasposizione degli stessi punti di vista sul racconto, con focalizzazioni o ocularizzazioni. 8 Vuol dire invece pensare sempre ad una relazione globale, che passi dalle dinamiche espressive ai processi enunciativi ed enunciazionali, informando tutti i livelli del testo. In questo senso parleremo di una strategia testuale di trasposizione che può scegliere (o meno) l equivalenza o la similarità nei confronti del testo di partenza, e che nella sua strategia enunciativa globale mette all opera il momento interpretativo. Una strategia che organizzi le procedure di sincretizzazione dei diversi linguaggi di una semiotica audiovisiva, ad esempio, è anche una scelta interpretativa sempre rinnovata, internamente al testo, su quali contrasti plastici innescare o disinnescare, e quali concatenamenti o fratture tra le forme dei diversi linguaggi attualizzare o virtualizzare. Infatti anche il livello plastico di un film, come di un qualsiasi testo visivo, porta già iscritta una intenzione comunicativa, individuabile dall analisi testuale. 1.4 Bergman su letteratura/cinema Vorrei ricordare che lo stesso Bergman, perlomeno nelle sue dichiarazioni degli anni 60, 9 prendeva una posizione molto scettica sulla relazione tra cinema e letteratura. È vero che l autore, per l estetica contemporanea, non è altro che una delle strategie interpretative alla base o attorno a un dato testo (e per Foucault non è che un principio di raggruppamento dei discorsi ), ma dato che il nostro convegno è così specifico mi sembra utile riportare, assieme alle altre, anche questa riflessione. Bergman racconta come inizia la fase progettuale, prima ancora di iniziare a scrivere: Il copione spesso prende origine da qualcosa di molto indefinito e vago [...] si tratta di brevi impressioni di pochi secondi, che spariscono rapidamente così come sono venute, formando come un filo colorato e luminoso che balza fuori dal sacco oscuro dell inconscio. Se io riesco a sdipanare con attenzione questo filo, ne emergerà un film completo, con tutti i ritmi e le pulsazioni caratteristiche di quel film e di nessun altro. È proprio seguendo questi ritmi interni che le sequenze di immagini si configurano in strutture, assecondando la loro ispirazione originaria 7 R. JAKOBSON, On linguistic aspects of translation, in R. Brower (a cura di), On translation, Harvard University Press, Cambridge-Massachussets 1959, pp , ora in R. Jakobson, Selected Writings, II, Mouton, The Hague-Paris 1971 (trad. it. Aspetti linguistici della traduzione, in Saggi di linguistica generale, Feltrinelli, Milano 1966). 8 Si veda F. JOST, L œil-caméra. Entre film et roman, PUL, Lyon

18 La sensazione di fallimento subentra nella maggior parte dei casi prima che cominci la fase di scrittura [...] le visioni si offuscano e diventano grigie e insignificanti [...] il lavoro duro deve aver inizio: trasformare ritmi, umori, atmosfere, tensioni, sequenze, toni e aromi in un copione leggibile o perlomeno comprensibile. 10 Vorrei sottolineare questo concetto di ritmi interni, propri di un singolo film, prodotti da fili (la semiotica direbbe da isotopie, cioè linee guida della coerenza testuale). La sfida della scrittura è ben raccontata da Bergman: trasformare un mondo derivato da una sintesi dei sensi ( umori, toni, aromi ) in qualcosa di intelliggibile, oltretutto utilizzando la scrittura, cioè un significante lineare. La scrittura di un film è però considerata un passaggio necessario, una messa in discorso che è già operazione strutturale, poiché, dice più avanti Bergman, mi costringe a provare logicamente la validità delle mie idee. 11 Per questa trasposizione tra inconscio (o memoria), immagine e scrittura, Bergman punta in particolare sul dialogo tra personaggi, inteso come materia sensibile, che può offrire resistenza [...] quasi una partitura musicale. 12 Rispetto ai suoi copioni cinematografici, comunque, ci spiega che una sceneggiatura cinematografica è una base tecnica molto imperfetta per un film, anche se cerca sempre di mettere a punto i toni e le tonalità emotive delle idee, nonché la struttura interna del film : Posso indicare [...] la regia e l ambientazione, le caratterizzazioni e l atmosfera generale in termini comprensibili. Dopodichè seguono le altre cose, quelle essenziali: intendo con questo il montaggio, il ritmo, e la relazione tra un inquadratura e l altra la terza dimensione così vitale per il film [...]. 13 Per concludere, ci sembra degna di nota una presa di posizione di Bergman 14 piuttosto vicina alle proposte di Eco (nelle quali, ricordiamo, echeggiano alcune teorie storiche sull adattamento cinematografico, ad esempio di Chatman 15 e in parte dello stesso Metz): Ci sono molte ragioni per cui occorre evitare di filmare opere letterarie, ma la principale è che la dimensione intangibile, che sta alla base del lavoro letterario, è spesso intraducibile, e la sua traduzione è spesso fatale alla specifica dimensione del film. Se però, nonostante questo, si desidera trascrivere al cinema qualcosa di letterario, 9 Vedi I. BERGMAN, Ogni mio film è l ultimo, in Drama Revue, 11, 1, 1966, T-33, ora in Ingmar Bergman. An Artist s Journey On Stage, On Screen, In Print, a cura di R. W. OLIVER, Arcade Publishing, New York 1995 (trad. it. Ingmar Bergman. Il cinema, il teatro, i libri, Gremese, Spoleto 1999). 10 Ivi, p Ivi, p Ivi, p Ibidem. 14 Riporto, per curiosità, un affermazione di Bergman che appare, oggi, ampiamente superata da tutti gli studi (ricordiamo quelli di Deleuze) che ci hanno insegnato che il cinema libera la testa perché produce pensiero in una forma diversa, qualcosa che ci fa cioè sempre lavorare cognitivamente, oltre che vivere esperienze emotive: Il cinema non è come la letteratura. Molto spesso il carattere e la sostanza di queste due forme d arte entrano in conflitto. La parola scritta è letta e assimilata grazie ad un atto consapevole e strettamente connesso all intelletto, e a poco a poco essa lavora sull immaginazione e sull emotività. Nel cinema è completamente diverso. Quando vediamo un film in un cinema, siamo perfettamente consapevoli che è stata preparata per noi un illusione, ci rilassiamo ed accettiamo tutto questo con la nostra volontà e con il nostro intelletto. Prepariamo la strada a questa illusione all interno della nostra immaginazione. La sequenza delle immagini lavora direttamente sulla nostra emotività, senza toccare la nostra mente. (I. BERGMAN, Ogni mio film è l ultimo, cit., p. 24) 15 S. CHATMAN, Story and Discourse: Narrative Structure in Fiction and Film, Cornell University Press, Ithaca (NY) 1978 (trad. it. Storia e discorso. La struttura narrativa nel romanzo e nel film, Pratiche, Parma 1981). 18

19 si è obbligati a fare un numero infinito di complicate trasformazioni, che molto spesso danno risultati limitati o addirittura nulli in rapporto allo sforzo compiuto. 16 Certo, tradurre significa interpretare e trasformare, ma l intraducibile, come abbiamo detto con Lotman, non è una limitazione ma piuttosto sempre una riserva di nuovi modi per dirlo (o per renderlo visibile), cioè una sfida aperta tra i linguaggi. 2.1 Strategie enunciative, tra romanzo e film Addentriamoci ora nella costruzione discorsiva del romanzo, per verificare innanzitutto come Bergman proponga, nella sua scrittura letteraria, narratori e osservatori delegati alla presa di parola, di ascolto e di sguardo, con diversi modi enunciativi. Prendiamo ad esempio questo passaggio che si trova nella prime pagine: Adesso ci si incammina per attraversare la strada sotto un intensa tempesta di neve che sembra provenire da tutti i punti cardinali. Si sono ammucchiate collinette di neve [...]. A casa di Helena Eckdal sono terminati i preparativi per il grande pranzo. L albero di Natale è acceso, candelabri, lampadari e appliques brillano, nelle stufe di maiolica si sente crepitare il fuoco a legna. [...] La signora Helena ha indossato un vestito di broccato rosso cupo, pesanti gioielli e le sue decorazioni reali. I suoi capelli sono ancora scuri e lucidi, ma con qualche striatura grigia [...]. Adesso si trova accanto alla finestra del balcone a guardare la sua grande famiglia, i suoi figli, le nuore e i nipoti che avanzano a fatica, ridendo chiassosamente, tra i mucchi di neve della piazza. Le luci del Teatro si spengono una dopo l altra e ben presto è tutto buio. I pesanti lampioni a gas davanti all ingresso principale oscillano al vento, le lampade scintillano tremolanti. Adesso arriva il suo secondo figlio [...] che entra precipitosamente insieme a sua moglie [...]. Adesso nel salone degli Eckdal fa il suo ingresso Isak Jakobi che risplende dell incanto delle grandi occasioni; il suo abito da sera è impeccabile [...]. Ora si sente del chiasso sulla tromba delle scale; un ondata di risa e di confusione si spande per tutta la grande casa, la porta del pianerottolo si spalanca e i bambini si precipitano dentro; [...] C è dunque Amanda, la maggiore, che in autunno comincerà a studiare presso la scuola di danza dell Opera della Capitale; c è Alexander: ha dieci anni, è un martire della fantasia, almeno secondo la propria opinione; e Fanny, piccola, rosea e risoluta [...]. 17 Ho sottolineato in grassetto quei passaggi che la semiotica testuale chiama procedure di débrayage, ossia, rispetto alle categorie enunciative della persona, dello spazio e del tempo (io-qui-ora), i momenti in cui ci si addentra ancora di più nel racconto (débrayage significa disinnesco ). Sono enunciazioni che presuppongono quelle in cui invece si ritorna all io-qui-ora costruito (sempre in forma simulacrale) grazie ad un procedimento inverso, detto embrayage (o innesco): un rinvio all istanza dell enunciazione, che può diventare metadiscorsivo. 18 Se prendiamo in considerazione l uso dei deittici temporali come adesso adesso ora, vediamo come il narratore omnisciente, che ci fa entrare nel racconto con il suo punto di vista pervasivo, in un contratto di fiducia immediatamente stabilito con il lettore 16 I. BERGMAN, Ogni mio film è l ultimo, cit., p I. BERGMAN, Fanny och Alexander, P.A. Nordstedt & Söners Förlag, Stockholm 1982 (trad. it. Fanny e Alexander. Un romanzo, Ubulibri, Milano 1987, p. 26). 18 Si veda A.J. GREIMAS, J. COURTÉS, Sémiotique. Dictionnaire raisonné de la théorie du langage, Hachette, Paris 1979 (trad. it. Semiotica. Dizionario Ragionato della teoria del linguaggio, La casa Husher, Firenze 1986). 19

20 riguardo alla circolazione del sapere (e del credere), costruisca un effetto di senso di realtà e una sorta di presentificazione della narrazione. Certo, in termini prettamente letterari questi giochi di cornici enunciative, che sono incassature del discorso di una sequenza dentro l altra, rispecchiano una struttura già pronta alla divisione in scene, come una sceneggiatura, una struttura che pensa al film (o a un altra struttura, direbbe Pasolini), e ai suoi salti di spazio-tempo-personaggi. La costruzione narrativa del romanzo apre delle cornici spazio-temporali, nei modi della non-persona (il gruppo di parenti da un lato, la signora Helena dall altro), del non-qui (l esterno della strada contrapposto all interno della finestra, l interno del salone rispetto all esterno delle scale), ma insiste in questo gioco del tempo puntuale con i marcatori adesso, ora. Come a dire che, raccontando di qualcuno al di là della coppia enunciativa io-tu, rappresentando un ella che guarda fuori, con un suo punto di vista e un sapere limitato rispetto a quello del narratore, una signora che guarda, ma al contempo ascolta i rumori e le voci, collocata in uno spazio dell altrove, ed in un tempo (comunque) di allora, l insistenza sul marcatore deittico temporale adesso, vuole riportare il lettore dentro il racconto, in un tempo di ora interno a quell allora (se mi scusate il gioco di parole). Per meglio dire, siamo portati a guardare (e ascoltare) prima in oggettiva, poi in soggettiva, poi ancora in oggettiva, e ad esperire qualcosa che ha a che fare con un momento preciso, un attimo di gioia familiare all interno della massa di ricordi e del tempo (ritrovato) della memoria del narratore. Questi marcatori deittici indicano ciò che potremmo definire come una piega enunciativa, se li leggiamo dalla parte dell istanza dell enunciazione che costruisce strategicamente il racconto (quell insieme di strategie testuali che Eco definirebbe come autore modello ). 19 Potremmo dire che il racconto ci porta sempre più dentro il suo mondo finzionale, grazie un un meccanismo di costruzione discorsiva di un secondo tempo rispetto a quello di base. Un tempo di ora cioè dell esperienza, dell attimo puntuale, che interrompe il primo livello enunciativo, ovvero il débrayage spazio-tempo-attoriale di sfondo, necessario perché ci sia qualsiasi racconto. Siamo di fronte a un doppio débrayage, nell accezione della semiotica narrativa di Greimas, che mentre ci rende più credibile (e verosimile) il racconto, ci fa al contempo esperire come lettori assieme al narratore, qualcosa che ha a che fare con un tempo e uno spazio frammentati in istanti, resi intensi perché preziosi alla memoria. Soffermiamoci su questa idea dell intensità. Come categoria semiotica, essa è sempre legata alla costruzione passionale di una narrazione. Abbiamo detto infatti che il tempo, costruito su un primo dèbrayage, diventa puntuale ( adesso ora ), e che in tal modo si rende l effetto di una esperienza intensa, che si valorizza immediatamente come positiva, gioiosa, euforica, se consideriamo il livello della propriocezione dei soggetti. L osservatore installato nel racconto, cioè la signora Helena, ha un suo sentire nel corpo proprio (come direbbe Merleau-Ponty), non solo un vedere, ma anche un ascoltare ed un esperire. 20 Non è molto diverso il modo in cui si racconta di Alexander, più avanti nel libro, e che affronteremo. Alexander è un altro soggetto modalizzato da un voler sapere, da un guardare 19 Vedi U. ECO, Lector in fabula, Bompiani, Milano Rinviamo a A.J. GREIMAS, J. FONTANILLE, Sémiotique des passions. Des états de choses aux états d âme, Seuil, Paris 1991 (trad. it. Semiotica delle passioni, Bompiani, Milano 1996). 20

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