A.N.P.I.L. Poggio Ripaghera S. Brigida Valle dell Inferno Piano di Gestione delle Formazioni Vegetali

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1 1. PREMESSA L Area Naturale Protetta di Interesse Locale Poggio Ripaghera Santa Brigida Valle dell Inferno è stata istituita ai sensi della L.R. n. 49 del 11/04/1995 dal Comune di Pontassieve con Delibera di Consiglio Comunale (D.C.C.) n. 188 del 19/12/1997, su una superficie che inizialmente ammontava a circa 470 ha e con la denominazione originale di Poggio Ripaghera Santa Brigida (all atto istitutivo, infatti, l area protetta non comprendeva la Valle dell Inferno, né alcune aree localizzate alle quote più basse). Successivamente, con D.C.C. n. 127 del del 21/07/2000, l area protetta veniva ampliata di una superficie di 347 ha, includendo all interno dell ANPIL la Valle dell Inferno, raggiungendo la superficie di 817 ha e assumendo l attuale denominazione di Poggio Ripaghera Santa Brigida Valle dell Inferno. Contestualmente all atto di ampliamento dell area protetta, il Consiglio Comunale approvava il Regolamento dell ANPIL, con D.C.C. n. 128 del 21/07/2000. Il Regolamento veniva successivamente modificato con con D.C.C. n. 85 del 21/06/2000, con D.C.C. n. 120 del 21/09/2001 e con D.C.C. n. 93 del 25/09/1997. Il Regolamento prevede (Art. 10) che l ente gestore predisponga un apposito piano di gestione delle formazioni vegetali, con il compito di [ ] fornire degli indirizzi di massima ai proprietari privati [ ]. Il Regolamento prevede che il piano sia articolato in indirizzi di gestione distinti per quattro tipologie gestionali, ovvero: A - Aree di conservazione delle cenosi arboree; B - Aree di intervento per la conservazione delle cenosi erbacee ed arbustive; C - Aree di recupero ambientale; D - Aree di recupero produttivo. Tale zonizzazione era già stata elaborata nell ambito degli studi specialistici conoscitivi propedeutici all istituzione dell ANPIL, contestualmente agli indirizzi di gestione relativi alle tipologie gestionali citate; zonizzazione e indirizzi, sebbene allegati alla delibera istitutiva dell ANPIL, non hanno mai avuto piena efficacia non essendo mai stati approvati nella forma di piano come previsto dall art. 10 del Regolamento. Inoltre, alla data di approvazione del Regolamento, tali elaborati potevano essere già considerati superati in considerazione del contestuale e significativo ampliamento dell area protetta. Pertanto, scopo principale del presente Piano è quello di dare piena attuazione all Art. 10 del Regolamento dell ANPIL. Il Piano si pone, inoltre, quali obiettivi di dettaglio: la realizzazione di uno strumento di gestione che agevoli l Ente gestore nel rilascio dei pareri inerenti le utilizzazioni forestali soggette ad autorizzazione e a dichiarazione a sensi del Regolamento Forestale (D.P.G.R. n. 48/R del 8/08/2003); definire indirizzi di gestione forestale sostenibile, coerenti con le esigenze di conservazione delle emergenze naturalistiche dell ANPIL (specie floristiche rare e/o protette, formazioni vegetali rare, habitat di interesse regionale e comunitario); definire indirizzi di gestione finalizzati alla conservazione delle aree aperte (praterie secondarie e arbusteti), e promuovere in particolare gli interventi necessari alla conservazione del cisto laurino (Cistus laurifolius) e delle praterie secondarie. Nell elaborazione del presente Piano si è tenuto conto della parziale sovrapposizione dell ANPIL con il SIC IT /SIR 43 Poggio Ripaghera Santa Brigida e della suddivisione delle competenze gestionali e di controllo fra Comune di Pontassieve (ente gestore dell ANPIL), Provincia di Firenze (ente gestore del SIC/SIR) e Regione Toscana (competente, fino all emanazione della L.R. 10 del 12/02/2010, per quanto concerne la Valutazione di Incidenza di progetti, piani e interventi sul SIC/SIR, oggi in capo alla Provincia). Inoltre, sono stati considerati nell elaborazione degli indirizzi gestionali del Piano gli obiettivi di conservazione e le indicazioni per le misure di conservazione elencati nella scheda relativa al SIR 43 allegata alla D.G.R. n. 644 del 5/07/2004 Approvazione norme tecniche relative alle forme e alle 3

2 modalità di tutela e conservazione dei Siti di importanza regionale (SIR), nonché le indicazioni relative all ANPIL contenute nel Piano Pluriennale di Sviluppo Economico e Sociale delle Aree Protette della Provincia di Firenze. E in questa sede necessario precisare che entrambi gli atti sopra citati riportano erroneamente che l ANPIL è dotata di un Piano di Gestione, considerazione in base alla quale, tra l altro, nella scheda del SIR n. 43 allegata alla D.G.R. 644/2004, il piano di gestione del sito è giudicato non necessario. E quindi necessario precisare che il presente Piano non può essere interpretato come Piano di Gestione dell ANPIL, bensì solamente come piano settoriale avente le finalità esplicitamente descritte all art. 10 del Regolamento dell ANPIL, che infatti lo definisce come Piano di Gestione delle Formazioni Vegetali. Il presente Piano non è strutturato come richiesto dalle Linee Guida per la redazione dei Piani di Gestione dei SIR approvate con D.G.R. n del 16/11/2009 e non può pertanto assolvere a funzioni vicarianti il Piano di Gestione del SIR. Occorre infine precisare che all interno dell ANPIL sono state istituite due Zone di Protezione, interdette all esercizio venatorio ( La Rocchetta e Piantamalanni ), ai sensi dell art. 14 della L.R. 3/1994. Il quadro di riferimento normativo del presente Piano è costituito pertanto dai seguenti atti legislativi e di indirizzo: L.R. n. 49 del 11/04/1995 Norme sui parchi, le riserve naturali e le aree naturali protette di interesse locale ; Regolamento dell ANPIL Poggio Ripaghera Santa Brigida Valle dell Inferno (D.C.C. n. 128 del 21/07/2000 e successive modifiche e integrazioni); L.R. n. 39 del 21/03/2000 (Legge Forestale della Toscana); Regolamento Forestale della Toscana, emanato con D.P.G.R. n. 48/R del 8/08/2003; Legge regionale 6 aprile 2000 n. 56 (aggiornata con D.C.R. n. 98 del 10/04/2001 e D. C.R. n. 18 del 29/1/2002) Norme per la conservazione e la tutela degli habitat naturali e seminaturali, della flora e della fauna selvatiche ; D.G.R. 5 luglio 2004, n. 644 del 5/07/2004 Approvazione norme tecniche relative alle forme e alle modalità di tutela e conservazione dei Siti di importanza regionale (SIR). D.C.R. n. 6 del 21/01/2004 Perimetrazione dei siti di importanza regionale e designazione di zone di protezione speciale in attuazione delle Direttive n. 79/409/CEE e 92/43/CEE. 4

3 A.N.P.I.L. Poggio Ripaghera S. Brigida Valle dell Inferno 2. INQUADRAMENTO TERRITORIALE E LINEAMENTI AMBIENTALI DELL ANPIL L ANPIL Poggio Ripaghera Santa Brigida - Valle dell Inferno ha una superficie di 817 ha ed è localizzata all estremità nord-occidentale del Comune di Pontassieve, al confine con i comuni di Borgo San Lorenzo (a nord) e Fiesole (a ovest). Il confine dell area protetta segue a nord e a ovest il confine comunale, quindi a partire dalla località l Alberaccio si attesta sulla S.P. di Molin del Piano, che lascia poco prima di Lubaco tagliando verso nord e ricollegandosi alla strada di Madonna del Sasso, che segue fino al Santuario. Dal Santuario, il confine segue il sentiero 8 e quindi il fosso di Linari, supera l abitato di Santa Brigida tenendosi a monte di Belvedere, Fornellaccio e del campo sportivo per seguire poi la strada della Guardia e tagliare sul versante opposto del Fosso del Risaia presso Fonte Docciola. Da qui il confine segue approssimativamente il sentiero 6 fino al crinale, dove si ricollega al confine comunale. La rappresentazione cartografica dell area è compresa nelle sezioni e della Carta Tecnica Regionale in scala 1: Figura 1. Confini dell ANPIL Poggio Ripaghera Santa Brigida - Valle dell Inferno Figura 2. Rapporto fra ANPIL e SIC IT SIR 43 Poggio Ripaghera Santa Brigida 5

4 All ANPIL è parzialmente sovrapposto il SIC IT /SIR 43 Poggio Ripaghera-Santa Brigida, localizzato prevalentemente nel Comune di Pontassieve, ma con una superficie significativa in Comune di Borgo San Lorenzo. Il confine meridionale del SIC/SIR si discosta da quello dell ANPIL solamente nei pressi di Belvedere e Fornellaccio, e presso il campo sportivo di Santa Brigida, incluso nel SIC/SIR ma non nell ANPIL; in questa zona risulta compresa nel SIC/SIR, seppure marginalmente, anche l area estrattiva nei pressi del cimitero di Santa Brigida. Geograficamente l area protetta è localizzata nella parte sud-occidentale del comprensorio di Monte Giovi, una catena preappenninica orientata approssimativamente in senso est-ovest che raggiunge con il Monte Giovi l altitudine di 992 m e costituisce la parte centro-orientale dello spartiacque fra Mugello e Valdarno. L ANPIL occupa in particolare i versanti meridionali dei rilievi di Poggio Ripaghera (912 m), del Giogo (880 m), di Poggio Abetina (857 m) e di Monte Rotondo (773 m), versanti caratterizzati da pendenze elevate (la pendenza media del terreno nell area protetta è del 35%) e da una morfologia accidentata (anche se con notevoli differenze in funzione del substrato geologico). Dal punto di vista geologico, infatti, l ANPIL si trova a cavallo fra tre diverse unità litologiche, cui corrispondono diverse caratteristiche geomorfologiche e pedologiche. La parte più occidentale dell area protetta è caratterizzata dall affioramento di formazioni calcaree quali l Alberese e la Formazione di Sillano, che danno origine a suoli alcalini e a forme tendenzialmente meno aspre sebbene caratterizzate da versanti con pendenze sempre piuttosto elevate, dominati, sotto il profilo vegetazionale, da boschi termofili di roverella e da formazioni erbacee calcicole riconducibili alla classe Festuco-Brometea. Ques area è compresa nell Unità Cartografica Sommaia-Calvana-Verrazzano della Carta dei Suoli della Regione Toscana in scala 1: Figura 3. Estratto dalla Carta dei Suoli della Regione Toscana in scala 1: La parte centrale dell ANPIL è invece caratterizzata da substrati arenacei (in particolare dall affioramento dell Arenaria di Monte Senario) intercalati a formazioni più plastiche e impermeabili, quali argilliti e formazioni marnoso-arenacee, che determinano, in funzione della diversa permeabilità alle acque meteoriche, una morfologia del terreno diversificata: laddove prevalgono le arenarie si osserva una morfologia più accidentata e pendenze più accentuate; la maggiore resistenza all erosione idrica delle arenarie determina anche la persistenza in superficie di affioramenti rocciosi e ammassi caotici di rocce, spesso conseguenza di fenomeni di erosione superficiale del suolo, che costituiscono, tra l altro, gli habitat di rifugio di Cistus laurifolius. Dove affiorano argilliti e marne, viceversa, si hanno tendenzialmente forme meno aspre e pendenze più moderate. Nel complesso, da questa distribuzione litologica deriva una morfologia caratterizzata da vallecole subparallele con versanti fortemente acclivi, soggetti ad erosione 6

5 idrica di tipo prevalentemente incanalato (Vinci e Gardin, xxx). In questa parte centrale, che nella Carta Pedologica della Regione Toscana ricade nell Unità Pontepetri- Maresca-Poggio di Petto, il substrato arenaceo dà origine a suoli sciolti, da acidi a subacidi, e caratterizzati da pietrosità superficiale piuttosto frequente e di grosse dimensioni, oltre che affioramenti di roccia. La natura nettamente acida del suolo ha permesso la notevole diffusione della coltura del castagno, che risulta la tipologia forestale dominante questa zona dell ANPIL, e la presenza di boschi quercini con sottobosco di arbusti acidofili (eriche e ginestra dei carbonai), che danno origine a vasti arbusteti di degradazione. Infine, l estremità orientale dell ANPIL (la Valle dell Inferno) è interessata dalla formazione del Macigno del Mugello e da una litologia caratterizzata da affioramenti di marne, argillitti e scisti siltosi (Unità Cartografica Montepiano-Giunchete-Gasperone), che nel complesso determina una morfologia a vallecole con versanti fortemente acclivi (con pendenze anche esasperate negli impluvi dei corsi d acqua che scendono dal crinale di Monte Rotondo), soggetti ad erosione idrica di tipo incanalato, anche piuttosto sostenuta. Ne derivano suoli sciolti, da subacidi a debolmente alcalini, che hanno permesso in passato la diffusione del castagno e nei quali trova condizioni pressoché ottimali il carpino, che forma estesi popolamenti misti con carpino bianco, castagno e altre latifoglie mesofile. Data la notevole differenza altimetrica fra le quote più basse (circa 400 m lungo la S.P. di Molin del Piano) e più alte (i 912 m di Poggio Ripaghera), il clima non può essere sinteticamente riassunto con dati univoci. In linea di massima, il clima può essere considerato di tipo suboceanico alle quote più elevate, con una distribuzione piuttosto equilibrata delle precipitazioni con minimo assoluto estivo e aridità estiva assente, e di tipo submediterraneo alle quote più basse, con periodo di aridità estiva presente ma limitato al mese di luglio. Dati quantitativi sono disponibili per alcune vicine stazioni termopluviometriche, anche se poste a quote più basse, come Fiesole (295 m s.l.m.), in cui si registra un regime delle precipitazioni di tipo mediterraneo con massimo assoluto in ottobre/novembre e massimo relativo in maggio, per una precipitazione media annua di 928 mm; il massimo termico viene raggiunto in luglio, mese arido in senso bioclimatico, mentre la temperatura media annua è di 14,5. Nel complesso, sotto il profilo bioclimatico il territorio dell ANPIL alle quote più basse (zona dell Alberaccio, Liccigli, strada di Fontassenzio, La Guardia) può essere classificato nella fascia fitoclimatica del Lauretum, sottozona fredda, probabilmente del 2 tipo (con periodo arido estivo), mentre le zone alle quote più elevate possono essere classificate nella fascia del Castanetum; verosimilmente, sono presenti entrambe le sottozone di questa fascia fitoclimatica, distinte in base ai parametri termici: la sottozona calda, nei versanti meridionali di Poggio Ripaghera e Poggio Abetina, e la sottozona fredda nelle esposizioni settentrionali e nelle vallecole più fresche soggette a fenomeni di inversione termica. 7

6 3. CARATTERIZZAZIONE DELLA VEGETAZIONE E DELLE CENOSI FORESTALI Quale riferimento conoscitivo di base per la definizione degli indirizzi gestionali delle cenosi forestali, è stata elaborata la Carta dei Tipi Forestali dell ANPIL, secondo la classificazione dei Tipi Forestali della Toscana (Bernetti e Mondino, 1998). Tale informazione assume particolare rilevanza dal momento che l identificazione del Tipo Forestale rappresenta il riferimento conoscitivo di base per la pianificazione forestale (piani di gestione e piani dei tagli), come specificato dagli artt. 43 e 44 del Regolamento Forestale della Toscana (D.P.G.R. n. 48/R del 8/8/2003). I Tipi Forestali possono essere definiti come unità floristico-ecologico-selvicolturali sulle quali è possibile basare la pianificazione forestale o, più in generale, la pianificazione territoriale (Del Favero, 1998); pertanto, il Tipo Forestale è caratterizzato da una tendenziale omogeneità sotto il profilo floristico e selvicolturale-gestionale. Il concetto di omogeneità floristica non è, in questo caso, inteso in termini strettamente compositivi né in termini fitosociologici, ma non è nemmeno genericamente legato alla sola specie prevalente, rappresentando invece una soluzione intermedia tra l esattezza descrittiva dell associazione fitosociologica e l approssimazione dell approccio fisionomico. Poiché per l identificazione dei tipi vengono considerati i fattori più significativi ai fini della definizione delle scelte colturali (Del Favero, 1998; Bernetti, 1998), questi possono essere considerati quali unità elementari di gestione su basi ecologico-colturali. Nel 1998 la Regione Toscana si è dotata di un siffatto sistema di classificazione delle formazioni forestali regionali, presentato nel volume I tipi forestali (collana Boschi e Macchie della Toscana). La Tipologia Forestale della Toscana è organizzata in uno schema gerarchico di unità tipologiche a vario grado di omogeneità interna. Le sovraunità (categorie) sono puramente fisionomiche (faggete, cerrete, leccete, ecc.), e costituiscono una prima discriminazione degli insiemi di aggregazione dei tipi. Le unità e le sottounità (tipo, sottotipo, variante) sono invece caratterizzate da un livello di omogeneità crescente per quanto riguarda gli elementi condizionanti la gestione. Trattandosi di un sistema di classificazione finalizzato alla gestione forestale, i Tipi Forestali della Toscana sono tutt altro che esaustivi: in particolare, risulta carente l articolazione in tipi della categoria degli arbusteti, che rappresentano una delle principali emergenze naturalistiche dell ANPIL, sia per la presenza di specie floristiche rare e/o tutelate dalla L.R. 56/2000 (ad es. Cistus laurifolius), sia in quanto habitat preferenziali per numerose specie faunistiche. La classificazione risulta carente anche per quanto concerne formazioni forestali di scarso interesse produttivo e selvicolturale, ma interessanti sotto il profilo naturalistico e floristico. In questi casi (ossia laddove non sia stato possibile assegnare particolari formazioni vegetali a una tipologia codificata nei Tipi Forestali), le cenosi sono state caratterizzate ricorrendo alla classificazione Corine Biotopes, facendo riferimento al manuale descrittivo degli habitat nazionali utilizzato per la redazione della Carta della Natura e pubblicato da ISPRA (Angelini et al., 2009). Analogamente, la classificazione Corine Biotopes è stata utilizzata per la classificazione tipologica delle cenosi erbacee, anch esse di particolare importanza naturalistica nell ambito dell ANPIL, sia per la presenza di specie floristiche tutelate dalla L.R. 56/2000, sia per l importanza degli ambienti aperti come habitat per la fauna, sia per il loro rilevante ruolo paesaggistico Metodologia di indagine Per la redazione della carta dei Tipi Forestali si è fatto in prima istanza riferimento a indagini esistenti, elaborate nell ambito degli studi conoscitivi realizzati per l istituzione dell ANPIL e nell ambito del quadro conoscitivo del Piano Strutturale del Comune di Pontassieve. L elaborato cartografico relativo alla Carta della Vegetazione dell ANPIL (Lombardi, 1997), esistente solo su supporto cartaceo, non risultava più reperibile presso l Amministrazione; ne è stata quindi acquisita e 8

7 analizzata l allegata relazione metodologica e descrittiva, relativa tuttavia alle sole aree ricomprese nell ANPIL al momento della sua istituzione nel 1997, prima dell ampliamento dell area protetta alla Valle dell Inferno. Come base cartografica è stata utilizzata la Carta della Vegetazione elaborata nell ambito del quadro conoscitivo del Piano Strutturale del Comune di Pontassieve (2004), e in particolare il tematismo poligonale disponibile nel SIT comunale. Tale tematismo è stato in primo luogo aggiornato mediante fotointerpretazione di ortofoto aree digitali pancromatiche (2007); la fotointerpretazione ha permesso il riconoscimento e la compartimentazione delle superfici boschive a livello di sovraunità tipologiche (boschi a prevalenza di conifere, boschi a prevalenza di latifoglie, arbusteti), utilizzando come supporto per l attribuzione l informazione riportata nella citata Carta della Vegetazione, almeno per la parte ricompresa nel perimetro originario dell ANPIL. In quest area, infatti le attribuzioni relative alle diverse tipologie vegetazionali (a un livello comunque di minor dettaglio rispetto alle esigenze del presente lavoro) sono risultate molto più attendibili e accurate rispetto alla zona della Valle dell Inferno (dal momento che le prime, evidentemente, riprendevano i contenuti della Carta della Vegetazione dell ANPIL). Successivamente, ogni unità delimitata in fase di fotointerpretazione (identificata mediante un identificativo numerico univoco) è stata verificata in campo mediante un sopralluogo, nel corso del quale sono state raccolte le informazioni relative al Tipo Forestale, alla forma di governo e alla struttura forestale, ed è stata effettuata una descrizione sintetica del soprassuolo; tali informazioni sono riportate nella banca dati associata al layer tematico dei tipi forestali. Laddove l attribuzione dell unità al tipo forestale poteva dare adito a dubbi, la semplice analisi descrittiva effettuata nel corso dei sopralluoghi è stata integrata con rilievi fitosociologici mirati, finalizzati sia all attribuzione del tipo forestale, sia alla caratterizzazione della flora nemorale e all individuazione di emergenze floristiche. I rilievi fitosociologici sono stati necessari anche per la caratterizzazione tipologica delle cenosi erbacee localizzate nell area di crinale della Valle dell Inferno, per le quali non esistevano precedenti studi floristici e vegetazionali. Tale caratterizzazione non è risultata necessaria per le cenosi erbacee su substrati basici dell area occidentale dell ANPIL (principalmente presso le località Meleto e Piantamalanni), già oggetto di studio da parte di Lombardi (1997) La vegetazione forestale e gli arbusteti In Figura 4 è riportata la ripartizione del territorio dell ANPIL (escluse le coltivazioni e le aree urbanizzate) nelle principali macrotipologie di vegetazione. La superficie forestale stimata dell ANPIL (compresi gli arbusteti) è pari a circa 753 ha, vale a dire il 92% della superficie complessiva dell area protetta. Castagneti 32% Figura 4. Querceti 24% Praterie 4% Arbusteti 12% Boschi ripariali 1% Altri boschi 3% Ripartizione della superficie dell ANPIL in macrotipologie di vegetazione Boschi misti mesofili 16% Rimboschimenti di conifere 8% Gli ambienti aperti, ossia gli arbusteti e le facies erbacee (peraltro dinamicamente collegati), 9

8 rappresentano circa il 16% della superficie, con netta prevalenza degli arbusteti (12%) sulle praterie (4%). Queste ultime sono probabilmente sottostimate, essendo state ricomprese negli arbusteti molte aree di vegetazione erbacea in corso di attiva colonizzazione da parte degli arbusti, in seguito all abbandono colturale. Figura 5. Carta dei Tipi Forestali (Tav. 1 in allegato) Categorie Area (ha) Area (%) Leccete % Querceti di roverella % Cerrete % Boschi misti mesofili con carpino bianco % Ostrieti % Castagneti % Faggete % Pinete di pino domestico % Pinete di pino marittimo % Cipressete % Pinete di pino nero % Rimboschimenti di douglasia % Abetine di abete bianco % Impianti di quercia rossa % Robinieti % Boschi alveali e ripari % Altro % Arbusteti % Tabella 1. Ripartizione della superficie forestale dell ANPIL in Categorie forestali 10

9 La ripartizione della superficie forestale dell ANPIL in categorie forestali (le sovraunità distinte su base esclusivamente fisionomica, I livello della classificazione tipologica) evidenzia come i castagneti siano attualmente il tipo di bosco più diffuso dell area protetta (32,8% della superficie forestale), seguiti dai boschi di querce caducifoglie (querceti di roverella e misti di roverella e cerro, 17,3%, e cerrete, 7,5%), e dagli ostrieti, tipologia 6,9% della superficie forestale dell ANPIL. I rimboschimenti di conifere, nel loro insieme, rappresentano l 8,4% della superficie forestale; una quota importante, anche se non ai livelli di altri rilievi fiorentini, che impone una gestione attiva dei rimboschimenti, data l attuale tendenza alla contrazione per mortalità naturale e l elevata suscettibilità nei confronti delle avversità atmosferiche. In Tabella 2 è riportato il quadro sinottico dei Tipi Forestali individuati nell ANPIL. Nei successivi paragrafi sono trattati per ciascun tipi i principali aspetti vegetazionali e gestionali. Codice Tipo Area (ha) Area (%) 1.3 Orno-lecceta con roverella delle zone interne % 5.5 Pineta collinare di pino domestico a eriche e cisti % 6.2 Pineta sopramediterranea di pino marittimo % 7.1 Cipresseta a roverella e Spartium junceum % 9.1 Pioppeto e saliceto ripario % 9.2 Alneto ripario di ontano nero % 10.1 Querceto mesotermofilo di roverella a Rosa sempervirens % 10.2 Querceto mesofilo di roverella e cerro % 11.2 Cerreta mesofila collinare % 11.6 Cerreta acidofila submediterranea a eriche % 12.3 Carpineto misto collinare a cerro % 13.6 Ostrieto mesofilo dei subtsrati silicatici % 14.1 Castagneto mesofilo su arenaria % 14.3 Castagneto acidofilo % 15.1 Robinieto % 18.2 Pineta neutro-acidoclina di pino nero % 18.3 Pineta neutro-basifila di pino nero % 19 Impianti di douglasia % 21.3 Abetina sotto quota di origine artificiale % 22.1 Faggeta eutrofica a dentarie % 23.7 Impianti di quercia rossa % 20.1 Pteridieto % 20.2 Pruneto % 20.5 Ginestreto di Cytisus scoparius % 32.32* Macchie basse a eriche % 32.34* Macchie basse a Cistus % ND Altri tipi di bosco % Superficie forestale totale Tabella 2. Ripartizione della superficie forestale dell ANPIL in Tipi forestali (* tipi definiti sulla base delle classi Corine Biotopes; 1 comprende anche le formazioni miste a prevalenza di acero campestre) Orno-lecceta con roverella delle zone interne (1.3) A questo tipo possono essere ricondotti tutti i boschi a prevalenza di leccio presenti nell ANPIL; si tratta di una superficie comunque esigua, solo 6,2 ha (meno dell 1% della superficie forestale dell area protetta), localizzati quasi interamente alle quote più basse, fra i 400 e i 500 m s.l.m., in esposizioni meridionali. 11

10 La superficie più consistente è localizzata lungo il sentiero 8, nel tratto compreso fra Case Malaspina e Castelluccio, dove si trova una pregevole fustaia transitoria a dominanza di leccio, con roverella subordinata e orniello molto abbondante nel piano intermedio e inferiore. Figura 6. Orno-lecceta con roverella: fustaia transitoria a prevalenza di leccio (a valle del sentiero 8) L altra superficie di lecceta più consistente è invece localizzata sul versante scosceso in destra idrografica del Fosso della Valle dell Inferno, poco oltre la località La Guardia; si tratta in questo caso di una boscaglia mista di aspetto ceduo con leccio prevalente su roverella e orniello, e con sottobosco denso di impronta acidofila con eriche, ginestra dei carbonai e Cistus salviifolius, fisionomia corrispondente al sottotipo cespuglieti e cedui dei versanti collinari ripidi. Una piccola area residuale di lecceta si trova infine a una quota più elevata, presso la località Pratellino; si tratta di una piccola area di ceduo matricinato misto di roverella e leccio, con leccio prevalente come matricina, localizzata a margine dei contermini querceti mesofili a prevalenza di roverella. Gli indirizzi gestionali, data l esiguità delle superfici, non possono che essere delineati a livello di singole particelle forestali. La fustaia transitoria di leccio già descritta, data la rarità delle leccete governate a fustaia, merita certamente una particolare attenzione, anche per il ruolo svolto in termini di diversificazione del paesaggio; sarebbe dunque opportuno assecondare l evoluzione a fustaia del popolamento, favorendo l affermazione dei nuclei di rinnovazione naturale di leccio già presenti. Negli altri boschi di leccio presenti può essere invece conservato il governo a ceduo, magari favorendo il leccio come matricina e favorendone i nuclei di rinnovazione naturale laddove presenti. La lecceta sul Fosso della Valle dell Inferno deve invece essere considerata come bosco di protezione ed essere lasciato all evoluzione naturale Pineta collinare di pino domestico a eriche e cisti (5.5) A questo tipo è stata attribuita l ampia area (poco meno di 5 ha) rimboschita con pino domestico sul versante a valle di Liccigli. Si tratta di un rimboschimento di pino domestico realizzato nell ambito di terreni di competenza di querceti di cerro e roverella. Nel piano intermedio e inferiore sono presenti ceppaie di castagno (prevalente), cerro e roverella (sporadica), con rade matricine di cerro. Il sottobosco, di impronta acidofila, è dominato dalle eriche, dalla ginestra dei carbonai e dalla felce aquilina, che occupa anche le radure. La fisionomia del sottobosco e l abbondanza del cerro nello strato arboreo fanno ritenere che la vegetazione originaria dell area fosse riconducibile a forme degradate di Erico arboreae- Quercetum cerridis Arrigoni

11 Figura 7. Rimboschimento di pino domestico nell ambito di cedui degradati di castagno e specie quercine a valle di Liccioli Pineta sopramediterranea di pino marittimo (6.2) Le pinete di pino marittimo coprono una superficie minima (poco meno di 2 ha) in prossimità degli impianti sportivi di S. Brigida, suddivise in due appezzamenti. Il primo, nei pressi della cava situata immediatamente al di fuori del confine dell ANPIL, presenta una copertura ancora densa e omogenea, con mortalità del pino marittimo limitata intorno al 5-10%; nel piano intermedio e inferiore sono presenti roverella e cerro, mentre il piano arbustivo vede la presenza di eriche, ginestra dei carbonai, rovo, Cistus salviifolius, pungitopo, prugnolo, biancospino, caprifoglio e rosa canina, nonché sporadica rinnovazione di carpino nero. In questa pineta era segnalata in passato anche la presenza del cisto laurino, non rinvenuto però nel corso dei rilievi nell anno in corso. L altra pineta di pino marittimo presenta una mortalità più elevata e una maggiore presenza di latifoglie nel piano intermedio e inferiore (sono presenti cerro, robinia, orniello, ciliegio e castagno). Il sottobosco è meno ricco di specie ed è dominato essenzialmente da eriche e ginestra dei carbonai, con locali addensamenti di felce aquilina e rovo. Almeno in quest ultimo caso, la gestione dovrebbe essere orientata a favorire l ingresso e l affermazione delle latifoglie, con diradamenti moderati a carico del pino marittimo, accompagnati però da interventi di controllo della robinia, che ha mostrato una notevole capacità invasiva nei soprassuoli vicini. Interventi volti a favorire la rinaturalizzazione del popolamento sarebbero opportuni anche in un ottica di prevenzione degli incendi boschivi, data l elevata vulnerabilità delle pinete di pino marittimo con sottobosco a dominanza di eriche: le eriche tendono infatti a caricarsi di aghi secchi, costituendo un serbatoio di necromassa fine e a basso contenuto di umidità Cipresseta a roverella e Spartium junceum (7.1) Il tipo è presente con una sola patch di superficie minima (appena m 2 ), localizzata presso l Alberaccio. Si tratta di un piccolo rimboschimento di cipresso comune in purezza, molto denso e ancora relativamente giovane. E prevedibile un progressivo ingresso di arbusti del pruneto e ginestra odorosa a partire dagli arbusteti contermini; data la ridotta superficie e l illuminazione laterale al suolo, è probabile che il cipresso possa rinnovarsi, così come è probabile l ingresso della roverella Boschi ripariali (Pioppeto e saliceto ripario - 9.1; Alneto ripario di ontano nero 9.2) Queste cenosi sono localizzate in fasce ristrette lungo i corsi d acqua, in genere in prossimità delle acque di magra. Complessivamente, sono stati censiti circa 6 ha di boschi ripari, distribuiti per lo più lungo il 13

12 corso del Fosso del Caprile e del Fosso del Risaia. I pioppeti e saliceti ripari (9.1) sono il tipo meno rappresentato, con una superficie complessiva di circa 1 ha suddiviso in 3 patch. La forma tipica, costituita da una boscaglia ripariale di salice bianco con salice da ceste, pioppo bianco e pioppo nero, accompagnata da una vegetazione di alte erbe igrofile e nitrofile, è localizzata lungo il piccolo corso d acqua che dal sentiero 8, presso la diramazione del sentiero delle Burraie per Pratellino, attraversa i prati da sfalcio fino alla fattoria La Rocchetta. Un piccolo nucleo di pioppeto ripariale, a dominanza di pioppo nero con piano intermedio e inferiore di carpino bianco e nocciolo, è localizzato lungo il Fosso del Risaia in prossimità della località Violana. Infine, nella piccola area subpianeggiante dove ha origine il Fosso del Bacìo, è presente un piccolo nucleo (circa m 2 ) di bosco igrofilo a dominanza di pioppo bianco, i cui margini sono occupati da arbusti del Pruneto. Gli alneti di ontano nero (9.2) sono più frequenti, con una superficie complessiva di 4,8 ha distribuita principalmente lungo il Fosso del Caprile e il Fosso del Risaia. Lungo il Fosso del Caprile il tipo si presenta nella forma tipica, ossia sotto forma di una sottile striscia di bosco ripario misto a prevalenza di ontano nero con pioppi, carpino bianco e nocciolo, con una presenza progressivamente maggiore di salice bianco avvicinandosi all invaso di Piantamalanni. Lungo il fosso del Risaia ontano nero e pioppi hanno un maggior grado di mescolanza con nocciolo, carpino bianco e castagno, specie dominanti il carpineto misto che occupa il versante in sponda sinistra. Figura 8. Alneto di ontano nero presso la sorgente Castelluccio (a sinistra) e a monte di Castelluccio (a destra), in zone di ristagno idrico Due patch di alneto di ontano nero localizzate in corrispondenza di aree pianeggianti caratterizzate da ristagno idrico prolungato si trovano presso Castelluccio: la prima, lungo il sentiero 8 a monte di Castelluccio, è una piccola area pianeggiante di ristagno idrico, con ontano nero misto a carpino bianco e sottobosco igrofilo con sambuco e Carex pendula; la seconda si trova presso la sorgente, dove è presente anche un area di ristagno idrico permanente: si tratta di una fustaia pura di ontano nero, con piante anche di grandi dimensioni, e sottobosco costituito da sambuco, alloro, pungitopo e Carex pendula. Si tratta di due aree di particolare interesse, sia per la rarità della tipologia, sia per il contributo alla biodiversità in termini di microhabitat. Le formazioni riparie in genere hanno una loro rilevanza paesaggistica e naturalistica, per il contributo al mantenimento degli habitat umidi residuali e di conseguenza alla conservazione di specie vegetali e 14

13 animali legate agli ambienti umidi; di conseguenza, la loro gestione deve essere ispirata a criteri essenzialmente conservativi Querceto mesotermofilo di roverella a Rosa sempervirens (10.1) Il querceto mesotermofilo di roverella a Rosa sempervirens è una formazione caratteristica dei substrati calcarei, ampiamente diffusa in tutto il comprensorio dei colli calcarei fiorentini; nell ANPIL coprono una superficie di circa 52 ha, pari al 7% della superficie forestale, localizzati in una fascia altitudinale compresa fra 400 e 550 m. In base alla natura del substrato, si possono distinguere due sottotipi ben caratterizzati sotto il profilo fisionomico e compositivo. Nella parte occidentale dell ANPIL, su substrato calcareo, le superfici più estese di cedui quercini di roverella presso Case Malaspina e Case Meleto sono riconducibili al sottotipo ad arbusti del pruneto: si tratta di cedui piuttosto degradati, spesso invecchiati, a dominanza di roverella accompagnata da orniello e, localmente, da cerro (in senso mesofilo) o leccio (in senso termofilo), con sottobosco in genere non troppo denso costituito da ginestra odorosa, Coronilla emerus, ginepro comune e soprattutto da arbusti del pruneto (prugnolo, biancospino, sanguinella, rosa canina, evonimo, ecc.), che occupano anche la radure e si addensano nei cedui più degradati formando una coltre impenetrabile. Nell ambito di questo sottotipo sono identificabili anche fisionomie a fustaia (presso Case Malaspina); qui, lungo il sentiero 8, sono presenti tra l altro numerose matricine secolari di roverella, di notevole interesse paesaggistico e naturalistico. Il sottotipo ad arbusti del pruneto è la fisionomia per lo più presente anche nella Valle dell Inferno, dove il substrato litologico è costituito da scisti siltosi, argilliti, marne e arenarie turbiditiche. Qui il tipo è presente essenzialmente come forma di degradazione di formazioni mesofile di roverella e cerro (che infatti prevale, alle stesse quote, su suoli più profondi). Agli arbusti del pruneto si affiancano qui l erica da scope, la ginestra odorosa e il ginepro, che prevalgono nelle aree con suolo più superficiale e sugli affioramenti rocciosi. Figura 9. Boscaglia aperta a roverella e arbusti acidofili in un area caratterizzata da affioramenti rocciosi (Querceto mesotermofilo di roverella, sottotipo ad arbusti acidofili) lungo il sentiero 2 a valle di Fonterinalda. Il secondo sottotipo, ad arbusti prevalentemente acidofili, si rinviene invece sui substrati arenacei che caratterizzano la parte centrale dell ANPIL (versanti meridionali di Poggio Ripaghera e Poggio Abetina); i querceti mesotermofili di roverella sono qui intercalati nell ambito dei querceti mesofili di roverella e cerro, dei quali rappresentano o una forma di degradazione dovuta ad utilizzazioni troppo intense e agli incendi, oppure la formazione vicariante sui suoli superficiali caratterizzati da affioramenti di ammassi caotici di rocce. Le ceppaie di roverella sono generalmente rade, e le matricine basse e ramose; come 15

14 specie consociate è frequente solo l orniello, mentre possono comparire più sporadicamente il cerro e, nelle esposizioni più fresche, il carpino nero; il sottobosco è solitamente denso, con netta prevalenza delle eriche (Erica arborea e Erica scoparia) e della ginestra dei carbonai, accompagnate anche da ginepro comune, Cistus salviifolius e prugnolo. Nell ambito di questi boschi, presso la località La Guardia, sono presenti anche piccole aree con presenze importanti di cerrosughera (Quercus crenata). Nelle zone caratterizzate da suoli più superficiali e affioramenti rocciosi (ad esempio, immediatamente a monte del Santuario di Madonna del Sasso, e sul versante a valle di Fonterinalda) il tipo assume la fisionomia di una boscaglia rada, aperta, di aspetto ceduo con sottobosco discontinuo ad arbusti acidofili. In queste situazioni la scarsa copertura arborea permette l affermazione di un ricco strato arbustivo ed erbaceo. Queste formazioni degradate si distinguono dagli altri querceti mesotermofili per la presenza di specie differenziali più o meno acidofile (cfr. dati in Tabella 3), in particolare Erica arborea, Erica scoparia, Cytisus scoparius, Festuca heterophylla e Teucrium scorodonia a cui si uniscono altre specie costanti quali Lonicera etrusca, Juniperus communis, Prunus spinosa e Pyrus pyraster. Lo strato erbaceo si caratterizza per la dominanza di specie resistenti a condizioni di aridità: significativa è, infatti, la copertura di Brachypodium rupestre cui si aggregano con maggiore frequenza Bromus erectus e Teucrium chamaedrys. Queste formazioni possono essere complessivamente inquadrate nell alleanza Lonicero etruscae-quercion pubescentis Arrig. et Foggi Tabella 3. Tabella fitosociologica relativa al rilievo n.1 (Lonicero etruscae- Quercion pubescentis Arrigoni et Foggi 1990) In generale questi cedui risultano piuttosto significativi sotto il profilo della diversità biologica, per la ricchezza floristica e per l alternanza con radure occupate da arbusti del pruneto e boscaglie di varia fisionomia e composizione, che determinano una notevole ricchezza di habitat di rifugio e nidificazione per la fauna. Nelle radure è possibile rinvenire anche alcune orchidee come Cephalantera longifolia, Cephalantera rubra, Listera ovata e Limodorum abortivum. Per quanto concerne la gestione, Bernetti (1998) suggerisce per questo tipo il trattamento a ceduo matricinato o ceduo composto con turno di anni; nel caso specifico, per quanto concerne i cedui di roverella presso case Malaspina e Case Meleto, il riposo colturale potrebbe essere la scelta più opportuna per i cedui invecchiati e degradati, scelta che potrebbe anche essere coerente con la gestione a fini faunistico-venatori di quest area dell ANPIL. Il riposo colturale è invece una scelta obbligata nei soprassuoli più degradati localizzati su substrati silicatici. 16

15 Querceto mesofilo di roverella e cerro (10.2) Il querceto mesofilo di roverella e cerro è una formazione mista di roverella e cerro (con roverella dominante almeno come matricina) con carpino nero, orniello, acero campestre, olmo campestre, ciliegio e, alle quote più elevate o nelle esposizioni più fresche, con carpino bianco. Il sottobosco è dominato da arbusti del pruneto (prugnolo, biancospino, sanguinello, rosa canina, rovo, ecc.), con presenze localizzate di entità più mesofile come il corniolo. Sotto il profilo fitosociologico il tipo può essere ricondotto ad associazioni dell alleanza Lonicero etruscae-quercion pubescentis Arrigoni et Foggi 1990, analogamente al querceto mesotermofilo di roverella, dal quale si distingue per la maggiore mescolanza con il cerro e per la presenza di specie mesofile (in particolare carpino nero e acero campestre). Nell ANPIL questo tipo occupa circa 78 ha, pari al 10% circa della superficie forestale. Il querceto mesofilo di roverella e cerro è presente in due settori ben definiti dell area protetta: le superfici più consistenti sono localizzate fra i 600 e gli 800 m di quota presso Pratellino, sul versante sudoccidentale di Poggio Ripaghera, intercalati alle cerrete che prevalgono negli impluvi più freschi e a contatto con i carpineti di carpino bianco del versante settentrionale di Poggio Ripaghera. Si tratta in genere di cedui matricinati, spesso regolarmente utilizzati (in particolare, nelle immediate vicinanze di Pratellino sono presenti alcune particelle utilizzate nel corso degli ultimi 5 anni); sono presenti tuttavia anche fisionomie di ceduo invecchiato che, come segnalato da Bernetti (1998), si trasformano rapidamente in fustaie (in senso strettamente fisionomico) dal momento che la fertilità del suolo permette una rapida espansione delle chiome delle matricine; piccole superfici a fustaia, con vecchie matricine di notevoli dimensioni diametriche (talune delle quale secolari), sono presenti immediatamente a monte di Pratellino. I querceti posti nel versante occidentale fra Case Meleto e il Borro di Piantamalanni presentano generalmente una struttura più irregolare, in cui si alternano tratti di ceduo di discreta fertilità e aree più degradate, con fisionomia di una boscaglia aperta di roverella e cerro con sottobosco denso di arbusti del pruneto (che richiamano il querceto mesotermofilo, dal quale si differenziano solo per la maggiore presenza del cerro). Superfici consistenti di querceto mesofilo sono presenti anche nella Valle dell Inferno, lungo il sentiero 6, lungo il Fosso della Valle dell Inferno (intercalate in genere agli ostrieti), sul versante sud-orientale di Monte Rotondo e sul versante sud-orientale dello spartiacque orientale della Valle dell Inferno. Si tratta in genere di cedui invecchiati, con copertura solitamente piuttosto rada e lacunosa, con sottobosco in genere poco denso costituito da arbusti del pruneto (in genere, prugnolo, biancospino, rovo e rosa canina), talvolta melo selvatico, e frequente ginestra dei carbonai. L insolazione al suolo è in genere piuttosto elevata e permette la formazione di un denso strato erbaceo a graminacee. Salvo in alcuni impluvi lungo il Fosso della Valle dell Inferno, generalmente il tipo occupa i versanti più soleggiati, dove sostituisce le formazioni di carpino nero che occupano le esposizioni più fresche e i fondovalle. Sotto il profilo selvicolturale, i cedui quercini misti di Pratellino sono quelli con più spiccate attitudini produttive, sia per le condizioni di sviluppo del ceduo sia per l accessibilità di questi boschi, serviti da una discreta viabilità forestale. In questa zona è possibile prevedere il mantenimento del governo a ceduo, salvo per le aree a ceduo invecchiato, per le quali è più opportuno optare per l avviamento ad alto fusto (in parte già verificatosi spontaneamente); tra l altro, Bernetti (1998) segnala che nei cedui invecchiati la capacità pollonifera tende ad esaurirsi anche prima dei 50 anni. L attitudine produttiva dei popolamenti della Valle dell Inferno è invece assai scarsa; questi occupano spesso pendici molto acclivi, poco oppure non servite dalla viabilità forestale, e spesso presentano mediocri condizioni di sviluppo Cerreta mesofila collinare (11.2) Le cerrete mesofile hanno nell ambito dell ANPIL una distribuzione analoga a quella del querceto mesofilo di roverella e cerro, cui si intercalano occupando gli impluvi e le esposizioni più fresche. Ne se sono stati censiti circa 39 ha, pari al 5,1% della superficie forestale. 17

16 Si tratta di cedui, spesso invecchiati e intercalati a piccole aree con fisionomia di fustaia transitoria, di cerro consociato con roverella, carpino nero, acero campestre, orniello, talvolta castagno e negli impluvi con carpino bianco. Il sottobosco, mai molto denso, è costituito da arbusti del pruneto (più frequente il biancospino, comune il caprifoglio), pungitopo, ligustro, e da elementi acidofili fra i quali la più frequente è la ginestra dei carbonai (più rara Erica arborea); spesso è presente anche un piano erbaceo a dominanza di graminacee in cui si rinviene Melica uniflora, specie indicatrice caratterizzante il tipo (Bernetti e Mondino, 1998), nonché l associazione cui il tipo è riconducibile (Melico uniflorae-quercetum cerridis Arrigoni et al. 1990); negli impluvi e nelle stazioni più umide prossime ai corsi d acqua la presenza rilevante del carpino bianco distingue la subassociazione Melico uniflorae-quercetum cerridis carpinetosum betuli Arrigoni Si tratta di boschi caratterizzati da un sottobosco arbustivo ed erbaceo che presenta una ricca composizione floristica, data da elementi riferibili complessivamente all associazione Melico uniflorae- Quercetum cerridis e all alleanza Crataego laevigatae-quercion cerridis Arrigoni 1997 (cfr. Tabella 4, rilievi 2 e 3). Nella fascia arbustiva prevalgono Acer opalus, Carpinus betulus, Rosa arvensis, Corylus avellana e Sorbus torminalis cui si uniscono elementi floristici riferibili all ordine Prunetalia spinosae Tx La componente erbacea è caratterizzata dalla presenza di Melica uniflora, Festuca heterophylla, Brachypodium sylvaticum, Primula vulgaris, Carex pilosa, Tamus communis, Stachys officinalis, Daphne laureola, Cruciata glabra, Lathyrus vernus e Pulmonaria saccharata. Cerrete di ottimo sviluppo sono presenti negli impluvi del versante sud-occidentale di Poggio Ripaghera (a valle del sentiero 1 poco prima di Pratellino) in condizioni di contiguità con i querceti mesofili, dove la tipologia è presente con la variante a carpino bianco (Melico uniflorae-quercetum cerridis Arrigoni et al subass. Carpinetosum betuli); scendendo verso il fondovalle il grado di mescolanza con il carpino bianco tende ad aumentare, fino alla transizione alla tipologia del carpineto misto collinare presente nell area subpianeggiante a monte del sentiero 8. Estese superfici di cerreta si trovano anche nell alto versante meridionale di Poggio Ripaghera, lungo il sentiero 2; qui la fisionomia mesofila del sottobosco è evidente essenzialmente negli impluvi, mentre altrove prevalgono la ginestra dei carbonai e Erica arborea; la prevalenza delle specie acidofile nel sottobosco e la presenza del castagno (oltre a carpino nero, carpino bianco e roverella) farebbe assegnare questi boschi a termini da passaggio fra la cerreta mesofila collinare e la cerreta acidofila montana. Altri popolamenti classificabili nella cerreta mesofila si trovano infine nella Valle dell Inferno, in esposizioni nord-occidentali (a est del sentiero 3, circa 500 m dopo La Violana proseguendo verso monte), e negli impluvi lungo il sentiero delle Burraie scendendo dalla Cascina di Monte Rotondo verso la Burraia di Bacìo. Si tratta di cedui matricinati di ottimo sviluppo, spesso invecchiati, talora già con struttura di fustaia transitoria. Salvo casi particolari, laddove il ceduo non sia ancora invecchiato e sia stato regolarmente utilizzato, l avviamento ad alto fusto è l indirizzo colturale consigliabile per le cerrete mesofile Cerreta acidofila submediterranea a eriche (11.6) La cerreta acidofila submediterranea a eriche è un tipo poco rappresentato nell ANPIL (17,6 ha, pari al 2,3% della superficie forestale), dove si trova solitamente in piccole aree disperse nell ambito dei castagneti alle quote più basse, nella parte bassa del versante sud-orientale di Poggio Abetina (tra le località La Guardia e Fontassenzio). L unica eccezione è rappresentata da un area di circa 1,4 ha a monte del sentiero 1 presso il Santuario di Madonna del Sasso. Si tratta solitamente di cedui di cerro con sottobosco arbustivo ricco di eriche (Erica scoparia e Erica arborea) e, talvolta, di altri elementi acidofili, fra i quali i più frequenti sono la ginestra dei carbonai e il Cistus salviifolius. La fisionomia acidofila è talvolta attenuata dalla presenza anche consistente di arbusti 18

17 del pruneto (in genere biancospino e prugnolo) e dalla consociazione con roverella, carpino nero, orniello e talvolta con il ciliegio. I cedui migliori, ancora ordinariamente utilizzati (alcuni da pochi anni), sono localizzati presso il campo sportivo di Santa Brigida (ceduo misto a prevalenza di cerro con castagno, coniferato con pino marittimo che riesce a rinnovarsi nelle zone più aperte con terreno minerale scoperto), e presso la località La Guardia, nella parte alta del versante in destra idrografica del Fosso del Risaia; in questa zona è frequente anche il cerrosughera (Quercus crenata). Figura 10. Cerreta acidofila submediterranea a eriche, lungo il sentiero D (a sinistra) e, recentemente utilizzata, a valle della strada della Guardia (a destra) Altre piccole aree afferenti a questa tipologia sono localizzate lungo il sentiero D, nell ambito dei castagneti e a margine del vasto arbusteto di impronta acidofila che occupa la pendice a valle di Fontassenzio. Nell ambito di questo tipo vi sono tre aree di particolare interesse: la prima, localizzata lungo la strada di Fontassenzio, è una piccola area con struttura di fustaia transitoria, con terreno superficiale e abbondanti affioramenti rocciosi, con sottobosco di eriche, ginestra dei carbonai e Cistus salviifolius. Il basso grado di copertura delle chiome e la scarsa densità dello strato arbustivo hanno permesso l insediamento del cisto laurino (Cistus laurifolius); si tratta dell unico caso in cui il cisto laurino è stato rinvenuto in bosco. Altre due aree di particolare interesse sono localizzate a monte del campo sportivo: si tratta di due cedui misti di cerro, cerrosughera e castagno, con matricine di cerro e cerrosughera (fra queste presenti anche due matricine secolari); la densità del cerrosughera, presente in genere con soggetti sporadici, è quantomai insolita. Il ceduo, invecchiato, ha già localmente la struttura di una fustaia transitoria; il sottobosco è di impronta nettamente acidofila, ed è costituito da eriche, ginestra dei carbonai e Cistus salviifolius; sporadicamente è presente anche il leccio. In linea generale, per i cedui produttivi (presso il campo sportivo e presso La Guardia) si può prevedere la prosecuzione di questa forma di governo; altrove si tratta di cedui degradati per cause pedologiche (suoli poveri, superficiali e rocciosi), che è opportuno lasciare a riposo colturale (né d altronde sarebbe economicamente conveniente utilizzarli), o nei quali prevedere solo interventi con finalità di gestione naturalistica, volta a favorire la conservazione del cisto laurino e del cerrosughera. 19

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