PRATICA PROBLEMATICHE CLINICHE OSTEO-ARTICOLARI. LA DIETA NELLA GOTTA È ANCORA NECESSARIA? R. Marcolongo... 89

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1 R EUMATOLOGIA PRATICA SETTEMBRE 2007 NUMERO 3 Direttore Scientifico Roberto Marcolongo Direttore Editoriale Bianca Canesi Comitato Scientifico Gerolamo Bianchi Alessandro Bussotti Pierlorenzo Franceschi Bruno Frediani Stefano Giovannoni Arrigo Lombardi Raffaella Michieli Vittorio Modena Presidente CROI Gerolamo Bianchi Presidente LIMAR Roberto Marcolongo Presidente SIMG Claudio Cricelli Presidente FADOI Giovanni Mathieu LA DIETA NELLA GOTTA È ANCORA NECESSARIA? R. Marcolongo INQUADRAMENTO DIAGNOSTICO DELLE MONOARTRITI O. Epis, E. Bruschi, E. Bonacci LA SEMEIOTICA DEL GINOCCHIO M. Fioriti DIAGNOSI E TRATTAMENTO DEL PAZIENTE AFFETTO DA SPONDILITE ANCHILOSANTE. GESTIONE INTEGRATA TRA LO SPECIALISTA REUMATOLOGO E IL MEDICO DI MEDICINA GENERALE E. Lubrano Direttore Responsabile Patrizia Alma Pacini Copyright by Pacini Editore S.p.A. - Pisa Edizione Pacini Editore S.p.A. Via Gherardesca Ospedaletto (Pisa) Tel Fax Info@pacinieditore.it Staff Marketing Pacini Editore Medicina Andrea Tognelli - Medical Project - Marketing Director Tel atognelli@pacinieditore.it Fabio Poponcini - Sales Manager Tel fpoponcini@pacinieditore.it Manuela Mori - Customer Relationship Manager Tel mmori@pacinieditore.it Editorial Office Lucia Castelli Tel lcastelli@pacinieditore.it Stampa Industrie Grafiche Pacini Ospedaletto (Pisa) COLLEGIO REUMATOLOGI OSPEDALIERI ITALIANI LEGA ITALIANA MALATTIE AUTOIMMUNI E REUMATICHE SOCIETÀ ITALIANA DI MEDICINA GENERALE Con il patrocinio di FEDERAZIONE DELLE ASSOCIAZIONI DEI DIRIGENTI OSPEDALIERI INTERNISTI

2 NORME REDAZIONALI Gli articoli dovranno essere accompagnati da una dichiarazione firmata dal primo Autore, nella quale si attesti che i contributi sono inediti, non sottoposti contemporaneamente ad altra rivista ed il loro contenuto conforme alla legislazione vigente in materia di etica della ricerca. Gli Autori sono gli unici responsabili delle affermazioni contenute nell articolo e sono tenuti a dichiarare di aver ottenuto il consenso informato per la sperimentazione e per la riproduzione delle immagini. La Redazione accoglie solo i testi conformi alle norme editoriali generali e specifiche per le singole rubriche. La loro accettazione è subordinata alla revisione critica degli esperti, all esecuzione di eventuali modifiche richieste ed al parere conclusivo del Direttore. Il Direttore del Giornale si riserva inoltre il diritto di richiedere agli Autori la documentazione dei casi e dei protocolli di ricerca, qualora lo ritenga opportuno. 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Aging changes of the form and infrastructure of the extemal nose and its importance in rhinoplasty. In. Conly J, Dickinson JT, eds. Plastic and reconstructive surgery of the face and neck. New York: Grune and Stratton 1972, p. 84. Ringraziamenti: indicazioni di grants o borse di studio, vanno citati al termine della bibliografia. Le note contraddistinte da asterischi o simboli equivalenti, compariranno nel testo a piè di pagina. Termini matematici, formule, abbreviazioni, unità e misure devono conformarsi agli standards riportati in Science 1954;120:1078. I farmaci vanno indicati con il nome chimico. Solo se inevitabile potranno essere citati con i nome commerciale (scrivendo in maiuscolo la lettera iniziale del prodotto). Norme specifiche per le singole rubriche Editoriali. Sono intesi come considerazioni generali e pratiche sui temi di attualità, in lingua italiana, sollecitati dal Direttore o dai componenti il Comitato di Redazione. Per il testo sono previste circa 15 cartelle da 2000 battute. Sono previste inoltre al massimo 3 figure e 5 tabelle. Bibliografia: massimo 15 voci. Articoli sulle patologie. Non devono superare le 10 pagine dattiloscritte (2000 battute). Sono previste massimo 3 parole chiave, massimo 2 figure e 3 tabelle e non più di 30 voci bibliografiche. Gli articoli dovranno riportare al termine un quadro sinottico per riassumere gli elementi essenziali di utilità. L articolo se è scritto dallo specialista verrà inviato dalla redazione ad un medico di medicina generale per un commento (massimo una pagina di 2000 battute). Se l articolo verrà elaborato da un medico di medicina generale il commento sarà a cura di uno specialista. Articoli sui sintomi. Preferibilmente devono partire dalla illustrazione di un caso clinico. Non devono superare le 10 pagine dattiloscritte (2000 battute). Sono previste massimo 3 parole chiave, massimo 2 figure e 3 tabelle e non più di 30 voci bibliografiche. Gli articoli dovranno riportare al termine un quadro sinottico per riassumere gli elementi essenziali di utilità. L articolo se è scritto dallo specialista verrà inviato dalla redazione ad un medico di medicina generale per un commento (massimo una pagina di 2000 battute). Se l articolo verrà elaborato da un medico di medicina generale il commento sarà a cura di uno specialista. Casi clinici. Vengono accettati dal Comitato di Redazione solo lavori di interesse didattico e segnalazioni rare. La presentazione comprende l esposizione del caso ed una discussione diagnostico-differenziale. Il testo (8 cartelle da 2000 battute) deve essere coinciso e corredato, se necessario, di 1-2 figure o tabelle al massimo di 10 riferimenti bibliografici essenziali. Il riassunto è di circa 50 parole. Devono essere suddivisi in 3 blocchi temporali (Step). Alla fine di ogni fase devono essere esposti alcuni quesiti, che derivano dall analisi dei problemi più importanti emersi con la presentazione del caso, seguiti dalle risposte e eventuali commenti. Evidenziare gli obiettivi del lavoro. Gli scritti di cui si fa richiesta di pubblicazione vanno indirizzati a: Pacini Editore S.p.A., Ufficio Editoriale, via Gherardesca 1, Ospedaletto (PI), lcastelli@pacinieditore.it Finito di stampare nel mese di Novembre 2007 presso le Industrie Grafiche della Pacini Editore - Pisa Le fotocopie per uso personale del lettore possono essere effettuate nei limiti del 15% di ciascunfascicolo di periodico dietro pagamento alla SIAE del compenso previsto dall art. 68, commi 4 e 5, della legge 22 aprile 1941 n Le riproduzioni effettuate per finalità di carattere professionale, economico o commerciale o comunque per uso diverso da quello personale possono essere effettuate a seguito di specifica autorizzazione rilasciata da AIDRO, Corso di Porta Romana n. 108, Milano 20122, segreteria@aidro.org e sito web I dati relativi agli abbonati sono trattati nel rispetto delle disposizioni contenute nel D.Lgs. del 30 giugno 2003 n. 196 a mezzo di elaboratori elettronici ad opera di soggetti appositamente incaricati. 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3 SETTEMBRE 2007 VOLUME 1 PAGINA 89 LA DIETA NELLA GOTTA È ANCORA NECESSARIA? La questione dell importanza della dieta nella gotta è stata molto dibattuta, specie in passato, quando si riteneva che la drastica riduzione dell apporto alimentare di purine fosse fondamentale nel trattamento della malattia. Il mito della dieta, ritenuta come il principale strumento della terapia è stato in realtà notevolmente ridimensionato negli ultimi anni, in parte per l avvento dei farmaci ipouricemizzanti, in parte a seguito dell osservazione che l instaurarsi della gotta non sembra dipendere dalle purine esogene, che la gotta non guarisce escludendo completamente le purine alimentari e che una dieta rigorosamente apurinica comporta una riduzione dell uricemia di soli 0,5-1 mg. Tuttavia il regime alimentare resta indispensabile non essendovi dubbi che una sovralimentazione può determinare un iperuricemia. In Giappone, dopo la guerra, con l introduzione di un alimentazione diversa e comunque più ricca di proteine animali, v è stato un rapido e consistente aumento dei casi di gotta, prima pressoché sconosciuta, da attribuirsi al consumo di carne ed all uso di bevande alcoliche. La prescrizione di un severo regime dietetico è tuttavia inutile, poiché è sufficiente raccomandare ai malati di evitare gli alimenti molto ricchi in purine, di limitare le bevande alcoliche e di effettuare una restrizione di lipidi e di glucidi se sono presenti concomitanti alterazioni metaboliche o un sovrappeso corporeo. Da tenere presente che gli alcolici ed i pasti ricchi di grassi producono un aumento di acido lattico che riduce l escrezione renale di acido urico, mentre un alimentazione ricca di fruttosio ed altri glucidi induce un aumento dell uricemia e dei trigliceridi. Un dieta povera di purine è soprattutto importante nei gottosi con modesta iperuricemia, nei quali la diminuzione di 0,5-1 g dell uricemia potrebbe rappresentare un utile obiettivo, e nei pazienti con deficit di eliminazione renale, nei quali un esagerato apporto di purine esogene sovraccaricherebbe il rene di un compito che non è in grado di affrontare neppure in condizioni basali. Se i pazienti sono obesi, una restrizione calorica che conduca ad una riduzione sensibile del peso corporeo può da sola migliorare notevolmente le turbe metaboliche e normalizzare l uricemia. I vantaggi di un regime dietetico dovrebbero comunque essere sempre sottolineati, tenendo conto che molti pazienti hanno la tendenza a dimenticarsene dinanzi agli effetti spettacolari esplicati dal trattamento farmacologico. Contrariamente alla diffusa opinione, i gottosi possono bere caffè e tè in quanto le metilxantine contenute in queste bevande non vengono metabolizzate ad acido urico. Per quanto concerne i rapporti tra alimentazione, dieta e rischio di insorgenza di un attacco, vi è da dire che non è tanto la sovralimentazione quanto l assunzione episodica in quantità eccessive di alimenti proibiti e flogogeni a creare le premesse perché l attacco si verifichi. In definitiva, alla luce delle moderne vedute sulla fisiopatologia della gotta e dei più recenti programmi farmacologici, è importante, che in vista di un equilibrato trattamento dietetico che non drammatizzi le situazioni e non incida negativamente sulla disponibilità psicologica e sulla qualità di vita dei pazienti, vi sia una convergenza tra la moderazione dietetica del paziente e la moderazione prescrittiva del medico. ROBERTO MARCOLONGO Centro Interdipartimentale per lo Studio Clinico- Biologico delle Patologie OsteoArticolari, Università di Siena 89

4 SETTEMBRE 2007 VOLUME 1 PAGINE Parole chiave Monoartrite Anamnesi Esame obiettivo Esame del liquido sinoviale Esami strumentali INQUADRAMENTO DIAGNOSTICO DELLE MONOARTRITI RIASSUNTO Il percorso diagnostico necessario per la corretta valutazione di un interessamento monoarticolare è complesso. Una anamnesi approfondita ed un meticoloso esame obiettivo generale e muscolo-scheletrico sono essenziali per inquadrare la problematica articolare all interno di un amplissimo ambito di possibilità diagnostiche e per selezionare gli accertamenti laboratoristici e strumentali più adeguati. Di particolare importanza l analisi del liquido sinoviale per discriminare forme infiammatorie, meccaniche, microcristalline e settiche. Tra gli accertamenti strumentali, l esame ultrasonografico consente una buona valutazione delle principali strutture articolari e periarticolari; trova inoltre applicazione nell esecuzione di metodiche invasive guidate. In conclusione si descrivono brevemente alcune delle forme di più comune riscontro in ambito clinico. Le monoartriti rappresentano una sfida diagnostica anche per i reumatologi più esperti, poiché virtualmente ogni patologia articolare può esordire con l interessamento di una singola articolazione (o delle strutture periarticolari). Lo scopo di questa breve trattazione è quello di fornire gli elementi necessari per un corretto inquadramento diagnostico del paziente con monoartrite sulla base di: un attenta anamnesi; un esame obiettivo accurato, volto a differenziare la vera artrite dalle numerose sindromi che la possono simulare e a identificare un eventuale coinvolgimento poliarticolare sub-clinico; una scelta dei test biochimici e strumentali più idonei per giungere alla diagnosi e impostare il trattamento corretto. CAUSE DI MONOARTRITE Le cause comuni di monoartrite sono le seguenti: artrosi; gotta acuta; condrocalcinosi (pseudogotta); lesioni meccaniche (meniscali/legamentose/corpi liberi intraarticolari); artrite traumatica; artrite settica (TBC, batterica, gonococcica, fungina); monoartrite reattiva; osteonecrosi asettica; osteocondrite; frattura da fatica; metastasi ossea; osteocondromatosi. Le cause rare sono rappresentate da: algoneurodistrofia; malattia di Paget; malattia di Behçet; emartro (coagulopatia, utilizzo anticoagulanti, trauma); artrite neuropatica; Milwaukee shoulder; emoglobinopatie; reumatismo palindromico; osteomielite; osteosarcoma; osteoma osteoide; sinovite transitoria dell anca; amiloidosi; idrarto intermittente; sindrome di Tietze; sinovite pigmentosa villonodulare; febbre mediterranea familiare; malattia di Gaucher; tumori sinoviali. Talvolta un interessamento monoarticolare può essere la OSCAR EPIS, ELEONORA BRUSCHI, ELEONORA BONACCI U.O. Reumatologia, Fondazione IRCCS, Policlinico San Matteo, Pavia o.epis@smatteo.pv.it eleonorabruschi@virgilio.it bnclnr@yahoo.it 90

5 manifestazione di esordio di una patologia a evoluzione poliarticolare, ad esempio: artrite reumatoide, artropatia psoriasica, artrite cronica giovanile, reumatismo articolare acuto, sindrome di Reiter, connettiviti, artriti correlate a malattie infiammatorie croniche intestinali, malattia da siero. In ogni caso, una monoartrite acuta dovrebbe essere considerata sempre di origine infettiva fino a che non venga provato il contrario. ANAMNESI I principali elementi della sintomatologia dolorosa articolare da valutare sono: la modalità di esordio; il carattere infiammatorio/meccanico; eventuali sintomi di accompagnamento. Per quanto riguarda il primo punto, i pazienti possono avere difficoltà nel risalire con precisione al momento di esordio dei sintomi. Un esordio iperacuto (da secondi a minuti) potrebbe suggerire una patologia di tipo traumatico (ad es. la presenza di corpi mobili intra-articolari, fratture meniscali ecc.). L esordio acuto (da poche ore a qualche giorno) è tipico di forme infiammatorie da cristalli o da infezione batterica. Nelle forme di lunga durata, un peggioramento improvviso può essere espressione di un esacerbazione della malattia di base, ma potrebbe anche trattarsi di una seconda patologia sovrapposta (per esempio un infezione in paziente con artrosi). Le artriti microcristalline si caratterizzano spesso per manifestazioni ripetute a distanza via via più ravvicinata, inizialmente a risoluzione spontanea in pochi giorni. La descrizione di una sintomatologia dolorosa che peggiora con il riposo, tipicamente nelle ore notturne, e che si accompagna a rigidità mattutina prolungata, è suggestiva di una natura infiammatoria del processo patologico. Il dolore meccanico è scarsamente presente al mattino, ma compare soprattutto in seguito all attività e al carico sull articolazione interessata da malattia. Tuttavia, non sempre risulta agevole distinguere un dolore infiammatorio da uno meccanico solo sulla base della raccolta anamnestica. Per tale motivo, uno strumento diagnostico estremamente utile a questo proposito è l analisi del liquido sinoviale. Indagando attentamente, inoltre, è possibile risalire a episodi pregressi di artralgie, magari lievi, che il paziente tende a sottovalutare, che possono porre il dubbio di una patologia poliarticolare. È importante infine verificare l eventuale interessamento dello scheletro assiale, la presenza di sintomi sistemici (febbre, rash cutanei, sintomi oculari), eventuali comorbidità (coagulopatie, diabete, psoriasi), la presenza di fattori di rischio per patologie infettive (abitudini sessuali, consumo di droghe per via endovenosa, soggiorno in zone endemiche per germi con tropismo articolare come brucelle e borrelie ecc.), anamnesi positiva per traumi e/o pregressi interventi ortopedici, anamnesi farmacologica (ad es. anticoagulanti orali, steroidi), anamnesi familiare (psoriasi, malattie da accumulo lisosomiale). ESAME OBIETTIVO Vanno prese in esame tutte le articolazioni ricercando l eventuale presenza di tumefazioni, arrossamento, deformità all ispezione, di aumento della temperatura locale, di scrosci articolari o di versamento articolare alla palpazione, valutando la funzione e la stabilità articolare attraverso movimenti attivi e passivi, accertando la dolorabilità provocata dai movimenti e dalla digitopressione. La valutazione di una tumefazione è finalizzata alla distinzione di una vera e propria artrite, che interessa lo spazio articolare, da processi che coinvolgono le strutture periarticolari (come borsiti, tendiniti, celluliti). La conoscenza dell estensione anatomica della capsula articolare delle diverse articolazioni facilita la possibilità di distinguere tra una tumefazione articolare (versamento o iperplasia sinoviale) e una periarticolare. È importante quindi valutare segni cutanei (arrossamento localizzato con termotatto positivo), l escursione articolare attiva/passiva, la dolorabilità di punti trigger o tender. Si deve tuttavia tenere presente che alcune strutture articolari non sono ben valutabili con l esame obiettivo; ad esempio risulta difficile indagare le articolazioni coxofemorali e sacroiliache, e in questi casi si ricorre a indagini strumentali. Poiché il dolore potrebbe anche essere riferito, un accurata valutazione neurologica è indispensabile per evidenziare eventuali sindromi da intrappolamento. Nella valutazione globale del paziente non bisogna trascurare la ricerca di lesioni cutanee/mucose, che potrebbero rappresentare possibili porte di ingresso per agenti patogeni, eventuali chiazze psoriasiche in zone atipiche, eventuali manifestazioni cutanee di patologie sistemiche (ad es. eritema nodoso, cheratoderma blenorragico ecc.). ACCERTAMENTI DIAGNOSTICI Esami biochimici ed ematologici Ribadiamo che andrebbe richiesto il numero minimo indispensabile di esami sulla base di quanto suggerito da un attenta anamnesi e dall esame obiettivo. Si O. EPIS, E. BRUSCHI, E. BONACCI 91

6 tratta di esami che non hanno specificità in senso diagnostico, ma che rivestono una notevole importanza clinica. Accertamenti di primo livello possono comprendere: emocromo con formula leucocitaria, indici di flogosi, indici di funzionalità epatica e renale, elettroforesi delle sieroproteine, uricemia, calcemia, fosfatasi alcalina, fattore reumatoide e autoanticorpi (utili anche per l eventuale programmazione terapeutica). Nel sospetto di forme infettive il quadro clinico e l eventuale presenza di fattori di rischio possono suggerire la valutazione sierologica per HCV, HBV, HIV, brucella o altri patogeni. Si deve inoltre tener presente che, spesso, in pazienti affetti da artrite settica, in particolare dalla forma gonococcica, è possibile isolare l agente patogeno dal sangue o da tamponi uretrali/orali/anali ma non sempre dal liquido sinoviale. Esame del liquido sinoviale Nella valutazione diagnostica di un paziente con dolore o versamento articolare, l esame del liquido sinoviale riveste importanza basilare, potendo quasi sempre fornire indicazioni sulla natura della patologia responsabile dell artrite e, in alcuni casi, permettendo la diagnosi con assoluta certezza (Tab. I). È l esame cardine per differenziare l artrite di tipo infiammatorio da quella di tipo meccanico e per la diagnosi di artrite infettiva o da microcristalli. Gli aspetti principali da valutare sono: aspetto macroscopico (quantità, colore, trasparenza, viscosità); conta totale e differenziale dei globuli bianchi (< 2000/mm 3 esclude una forma infiammatoria, > /mm 3 orienta verso un artrite settica); ricerca di cristalli con luce polarizzata e compensatore, eventuale colorazione con rosso di alizarina; esame colturale, colorazione di Gram e Ziehl-Nielsen. Ecografia muscolo-scheletrica L ecografia rappresenta una tecnica di imaging non invasiva, riproducibile, senza utilizzo di radiazioni ionizzanti e relativamente economica; negli ultimi anni l utilizzo di tale metodica è andato via via affermandosi grazie anche alla possibilità di poter utilizzare sonde a elevata frequenza che permettono di ottenere immagini sempre migliori e oggi anche tridimensionali. L ecografia ci permette di valutare le strutture periarticolari, quindi tendini, legamenti, borse, muscoli, ma anche strutture costituenti il cosiddetto ambiente articolare, e quindi la capsula articolare, che può esser distesa da un versamento intra-articolare, la membrana sinoviale, la cartilagine e la superficie ossea articolare. In particolare lo studio della cartilagine articolare può orientare per esempio verso particolari forme di artrite microcristallina. Inoltre, essendo un esame in real time, può essere utile nel guidare procedure quali artrocentesi e infiltrazioni rendendo le manovre estremamente precise; tale tecnica è utile per esempio laddove l articolazione da evacuare non sia facilmente raggiungibile a mano libera secondo i classici punti di repere (coxofemorale), oppure quando il versamento intra-articolare è di lieve entità. Radiografia convenzionale Non è sempre e strettamente indispensabile nei casi di artrite acuta; sicuramente tale valutazione deve essere effettuata nel sospetto di forme settiche, in cui TABELLA I. Classificazione del liquido sinoviale in base agli aspetti fisico-chimici macroscopici principali e al numero di leucociti. CLASSE COLORE ASPETTO VISCOSITÀ N. GB/MM 3 Tipo I Non infiammatorio Tipo II Moderatamente infiammatorio Tipo III Francamente infiammatorio Tipo IV Settico Modificata da Punzi, Giallo chiaro Limpido Conservata < 2000 Giallo chiaro o citrino Sublimpido Moderatamente ridotta Giallo oro Torbido Ridotta Giallo verdastro Purulento o lattescente Variabile > INQUADRAMENTO DIAGNOSTICO DELLE MONOARTRITI

7 fornisce una valutazione iniziale utile per il monitoraggio dell evoluzione che spesso può essere rapidamente erosiva e per escludere la concomitante presenza di osteomielite. È invece un esame fondamentale nei pazienti con sintomi di durata superiore ad alcune settimane perché può permettere l identificazione di quadri diagnostici. Nel sospetto di patologia traumatica ossea o delle strutture periarticolari è più indicata la valutazione mediante TC/RMN. TC/RMN Se risultano inconclusive le metodiche precedenti, la TC può essere molto utile per lo studio di eventuali lesioni ossee. La RMN fornisce, meglio di ogni altra metodica, informazioni sulle strutture articolari (in particolare, è l unica metodica per lo studio di legamenti e menischi). È l indagine di scelta nel sospetto di osteonecrosi e di fratture occulte (soprattutto a livello di anca e pelvi). Scintigrafia ossea La scintigrafia ossea è una metodica sensibile ma non estremamente specifica che consente di rilevare aree di alterazione ossea mediante l impiego di traccianti osteotropi (difosfonati marcati con tecnezio 99m), che si accumulano in quantità maggiori nelle zone patologiche rispetto al tessuto sano in funzione della vascolarizzazione e dell aumentato rimaneggiamento. Nei casi in cui la scintigrafia con tecnezio 99m risulti non conclusiva, ad esempio in un paziente con un quadro clinico suggestivo per osteomielite, possono essere usati con successo altri radiofarmaci quali il 67Gallio, i leucociti marcati con 111In o con 99mTc-HMPAO, e gli anticorpi antigranulociti marcati. Biopsia sinoviale o artroscopia L artroscopia è unanimemente considerata il golden standard per la valutazione della cartilagine e della membrana sinoviale, sia pure con le limitazioni legate alla sua invasività e alla possibilità di utilizzarla in poche articolazioni. La diretta visione dell ambiente articolare può già fornire importanti notizie e consentire in talune circostanze di formulare la diagnosi, per esempio identificando depositi intracartilaginei o sinoviali di microcristalli (condrocalcinosi, gotta). Inoltre, durante l esame artroscopico è possibile effettuare prelievi multipli e mirati di membrana sinoviale da aree patologiche. L esame istologico di tali campioni risulta infatti importante nella diagnosi differenziale di alcune patologie, per esempio in corso di malattie infettive da micobatteri, neisserie o clamidia, di malattie infiltrative/granulomatose (sinovite pigmentosa villonodulare, sarcoidosi, amiloidosi) e di neoplasie. APPROCCIO TERAPEUTICO Naturalmente, l approccio terapeutico andrebbe valutato una volta formulata la diagnosi più probabile. Tuttavia, nel sospetto di artrite settica sarebbe bene iniziare precocemente una terapia antibiotica empirica, ma solo dopo aver terminato la raccolta dei vari campioni necessari per le indagini colturali. ARTRITI INFETTIVE Possono esordire con manifestazioni sistemiche associate ad artrite florida. L articolazione colpita si presenta tumefatta, calda, arrossata e spiccatamente dolente. L importante infiammazione a carico delle strutture articolari e periarticolari può condurre rapidamente a fenomeni distruttivi con esiti invalidanti per il paziente. L agente patogeno colonizza l articolazione per via ematogena, e non sempre è facile risalire al sito d origine dell infezione. Importanti fattori di rischio da indagare sono l uso di sostanze stupefacenti e.v., stati di immunodepressione (ad es. artrite reumatoide, in cui non è raro l interessamento poliarticolare), anamnesi positiva per recenti pratiche invasive e le abitudini sessuali. Nell 80% dei casi l infezione è sostenuta da aerobi Gram-positivi, tra questi il più frequente è lo Staphylococcus aureus (60%), spesso penicillino- e meticillino-resistente. Nel 18% dei casi l agente patogeno può essere un anaerobio Gram-negativo, e tale situazione è di frequente riscontro nei tossicodipendenti e negli immunodepressi. Nei giovani adulti sessualmente attivi una causa molto frequente è rappresentata dall infezione da Neisseria gonorrea, in cui la sintomatologia articolare può essere preceduta da manifestazioni cutanee papulose, soprattutto a livello palmo-plantare. L infezione colpisce più frequentemente le donne degli uomini con un rapporto 3:2. In genere la risposta terapeutica è buona, con basso rischio di lesioni erosive articolari. Negli ultimi anni si è registrato un aumento delle forme tubercolari, spesso di difficile diagnosi per la presentazione atipica (solo nel 50% dei pazienti vi è una localizzazione polmonare concomitante, spesso è assente la reazione cutanea alla tubercolina PPD [derivato proteico purificato]). Una monoartrite infettiva, infine, può essere la manifestazione d esordio di un infezione da HIV. La coltura del liquido sinoviale risulta positiva nel 70- O. EPIS, E. BRUSCHI, E. BONACCI 93

8 90% dei casi; nel 50% è possibile isolare il patogeno da emocolture. Nel 10% la coltura su campioni ematici può essere l unica via per isolare il patogeno. Il trattamento antibiotico dovrebbe essere basato su un antibiogramma e sull immunocompetenza del paziente, e andrebbe somministrato per via e.v. per almeno due settimane, seguito per almeno quattro settimane da trattamento antibiotico orale. Il ceftriaxone è il trattamento antibiotico di scelta per le artriti gonococciche. Alla terapia antibiotica andrebbero associate ripetute evacuazioni articolari (almeno quotidiane), associate ad abbondanti lavaggi articolari con soluzione fisiologica, al fine di evitare fenomeni distruttivi a carico delle strutture articolari e periarticolari. Il liquido drenato dovrebbe sempre essere utilizzato per valutazione del numero di globuli bianchi (GB) (che dovrebbe ridursi progressivamente) e per esame colturale. FIGURA 1. Esame microscopico: cristalli di urato monosodico aghiformi intra ed extra-cellulari con elongazione fortemente negativa. La freccia indica l orientamento della lente del compensatore. FIGURA 2. Radiografia del polso in proiezione antero posteriore. Condrocalcinosi della cartilagine triangolare del polso. ARTRITI MICROCRISTALLINE La storia clinica del paziente è caratterizzata da attacchi acuti di monoartrite recidivanti, a risoluzione spontanea. L articolazione colpita mostra i segni di una flogosi spiccata e possono esservi sintomi sistemici di accompagnamento falsamente suggestivi per un origine infettiva. Dirimente è l analisi del liquido sinoviale con microscopio a luce polarizzata. I cristalli di urato monosodico sono aghiformi, con caratteristica birifrangenza negativa (Fig. 1). I cristalli di pirofosfato di calcio sono più tozzi e ad elongazione positiva. I cristalli di idrossiapatite sono di dimensioni molto piccole, l identificazione certa è possibile solo mediante microscopia elettronica, tuttavia la valutazione al microscopio ottico con colorazione con rosso di alizarina può essere comunque indicativa. Il riscontro di cristalli intracellulari pone diagnosi certa di artrite microcristallina. Nel 50% dei pazienti l esame del liquido sinoviale, tuttavia, può non evidenziare cristalli. In questo caso può essere utile un trattamento terapeutico ex-iuvantibus. Il riscontro radiologico (Fig. 2) di calcificazioni in sedi tipiche può essere un valido ausilio alla diagnosi di condocalcinosi. L esame ecografico della cartilagine articolare permette inoltre di differenziare la gotta dalla condrocalcinosi: infatti, mentre nella gotta si riscontra ecograficamente un doppio contorno iperecogeno sulla superficie cartilaginea delle articolazioni colpite, nella condrocalcinosi si osserva un deposito iperecogeno racchiuso all interno dello spessore della cartilagine ialina, normalmente ipoecogena. Gli antinfiammatori non steroidei (FANS) rappresentano la terapia di prima linea nei pazienti che non presentano controindicazioni assolute. Nei soggetti con condrocalcinosi può essere inoltre utile un trattamento infiltrativo intra-articolare con steroidi, che invece è controindicato in quelli affetti da gotta. La colchicina consente spesso di risolvere situazioni cliniche intricate come trattamento diagnostico ex-iuvantibus. Il trattamento a lungo termine della gotta è caratterizzato dal controllo dell iperuricemia mediante l utilizzo di farmaci e di un corretto regime alimentare. Il farmaco tutt oggi più utilizzato per la sua maneggevolezza è l allopurinolo. 94 INQUADRAMENTO DIAGNOSTICO DELLE MONOARTRITI

9 ARTRITE CRONICA GIOVANILE Il 25% dei bambini può presentare monoartriti che possono ripresentarsi nell età adulta o evolvere in forme poliarticolari. Le sedi più colpite sono le grosse articolazioni degli arti inferiori. Il riscontro concomitante di positività degli anticorpi anti-nucleo (ANA) è correlato con la comparsa di infiammazione oculare (irite). Il trattamento di scelta è rappresentato dall iniezione intra-articolare di steroidi. SPONDILOENTESOARTRITI SIERONEGATIVE La monoartrite si accompagna a interessamento infiammatorio del rachide e a possibili manifestazioni tipiche quali dattiliti, entesiti, episodi di sciatica mozza. L anamnesi può evidenziare sintomi suggestivi di concomitanti o recenti infezioni genitourinarie, patologie infiammatorie croniche intestinali o psoriasi. Spesso si assiste a evoluzione verso forme oligo- o poliarticolari. OSTEONECROSI ASETTICA Quando interessa le grosse articolazioni, si può manifestare con una sintomatologia dolorosa persistente, a esordio improvviso, presente anche a riposo ed esacerbata dal carico e dal movimento. L obiettività articolare può essere negativa nelle prime fasi; successivamente si apprezza una limitazione progressiva dei movimenti articolari. La radiografia tradizionale è solitamente negativa nelle fasi precoci, tardivamente consente di apprezzare le aree di sclerosi e l osteoporosi peri-infartuale e, in fase avanzata, la deformità ossea. La diagnosi di conferma necessita di RMN o scintigrafia ossea con TC99 bifosfonato. La terapia si avvale nella fase iniziale di FANS, immobilizzazione completa dell articolazione colpita e fisioterapia con arto in completo scarico. Nella maggior parte dei casi si rende necessario l intervento di sostituzione protesica. ALGONEURODISTROFIA È un affezione dolorosa regionale a topografia non metamerica interessante l osso e tutti i piani tissutali adiacenti, che nel suo decorso può associarsi a una serie di manifestazioni locali quali edema, alterazioni vasomotorie, rigidità articolare, osteoporosi distrettuale. La patogenesi è sconosciuta, e istologicamente si osserva un marcato riassorbimento osteoclastico dell osso trabecolare. Tra i fattori predisponenti, i più frequenti sono: traumi, immobilizzazione prolungata, malattie cardiovascolari, malattie metaboliche ed endocrine (diabete), farmaci (anticonvulsivanti, antitubercolari). Dal punto di vista clinico è caratterizzata inizialmente dalla comparsa solitamente graduale di dolore a carico della regione colpita accompagnato da edema, tumefazione e arrossamento della cute sovrastante. L aspetto radiologico è caratterizzato da ipertrasparenza del tessuto osseo, con microlacune a focolai di diverse dimensioni ( a pelle di leopardo ). Nelle fasi più tardive è caratterizzata da progressiva atrofia tissutale con perdita della massa muscolare. Radiologicamente si osserva osteoporosi marcata. L evoluzione può essere favorevole, con risoluzione lenta ma spontanea, o può persistere fino alla cronicizzazione. La durata di questa sindrome è proporzionale al grado di severità della funzione deficitaria. La scintigrafia ossea è di fondamentale importanza nella fase precoce, in cui è molto elevato il turnover osseo. Dal punto di vista terapeutico è importante intervenire precocemente, e il trattamento è sintomatico. Il protocollo terapeutico prevede l utilizzo di analgesici e fisiochinesiterapia, che purtroppo sono spesso risultati insufficienti per l ottenimento di un buon controllo della sintomatologia dolorosa e il recupero della funzionalità della regione colpita. Utili i cortisonici nei casi iniziali, con scintigrafia ossea positiva, così come in un certo numero di pazienti la terapia con calcitonina per via endovenosa. Nelle forme resistenti al trattamento medico viene utilizzato il blocco anestetico farmacologico o chirurgico del simpatico con risultati non sempre soddisfacenti. Non sono stati comunque effettuati studi sufficienti che permettano di validare l effettiva efficacia dei trattamenti attualmente in uso. CONCLUSIONI Le monoartriti rappresentano un importante campo di prova per il medico, in quanto la diagnosi è talvolta estremamente difficile potendo essere espressione di una malattia sistemica più complessa. Il percorso diagnostico che si deve seguire nel valutare un paziente con monoartrite è estremamente complesso, e deve assolutamente contemplare un approfondita anamnesi e un dettagliato esame obiettivo completo, sia generale sia osteo-articolare. A seguire verranno richiesti esami laboratoristici e strumentali in base al sospetto diagnostico ipotizzato. Particolare rilievo va sicuramente riconosciuto all esame del liquido sinoviale, in quanto fornisce numerose informazioni talvolta assolutamente diagnostiche (artrite da microcristalli), mentre in altre circostanze solo orientative verso artriti di natura infiammatoria piuttosto che meccanica. O. EPIS, E. BRUSCHI, E. BONACCI 95

10 BIBLIOGRAFIA DI RIFERIMENTO Baker DG, Schumacher HR. Acute monoarthritis. N Engl J Med 1993;329: Berthelot JM. Current management of reflex sympathetic dystrophy syndrome (complex regional pain syndrome type I). Joint Bone Spine 2006;73: Cibere J. Rheumatology: acute monoartrhritis. CMAJ 2000;62: Hübscher O. Pattern recognition in arthritis. In: Hochberg MC, Silman AJ, Smolen JS, Weinblatt ME, Weisman MH, eds. Rheumatology. 3rd ed. Barcelona: Elsevier 2003, pp Llauger J, Palmer J, Rosón N, Bagué S, Camins A, Cremades R. Nonseptic monoarthritis: imaging features with clinical and histopathologic correlation. Radiographics 2000;20:S McCune WJ, Golbus J. Monoarticular arthritis. In: Harris ED Jr, Budd RC, Firestein GS, Genovese MC, Sergent JS, Ruddy S, Sledge CB, eds. Kelley s Textbook of Rheumatology. 7 th ed. Philadelphia, PA: Elsevier- Saunders 2005, pp Montecucco C, Caporali R. Dolore osteoarticolare. In: Ascari E, Balduini C, eds. Medicina interna per problemi diagnostici. Torino: UTET 1997, pp Punzi L. Manuale analisi del liquido sinoviale. Pavia: Edimes INQUADRAMENTO DIAGNOSTICO DELLE MONOARTRITI

11 SETTEMBRE 2007 VOLUME 1 PAGINE LA SEMEIOTICA DEL GINOCCHIO Parole chiave Semeiotica Test clinici Ginocchio RIASSUNTO Scopo dell articolo è presentare uno schema pratico di anamnesi e un esame obiettivo con alcuni tra i molteplici test clinici descritti in letteratura, in particolare quelli di più semplice impiego e più noti. Un esame obiettivo del ginocchio deve essere basato su una batteria di test eseguiti in modo sistematico, esaminando singolarmente le varie strutture anatomiche che costituiscono l articolazione. INTRODUZIONE Il ginocchio ha una struttura particolarmente complessa ed è costituito dalle articolazioni femoro-tibiale e femoro-rotulea, stabilizzate dai legamenti (crociato anteriore, crociato posteriore, collaterale mediale, collaterale laterale), dalla capsula articolare e dai menischi (mediale e laterale). La patologia del ginocchio è in costante aumento, sia quella traumatica, legata essenzialmente agli infortuni stradali e sportivi, sia quella degenerativa, conseguente al progressivo invecchiamento della popolazione. Dobbiamo quindi considerare che tipo di paziente abbiamo di fronte: le patologie che possiamo incontrare in un giovane sportivo sono ben diverse da quelle dell anziano! In molti casi, quindi, un attenta anamnesi e un esame clinico accurato potranno, da soli, indirizzare il medico verso la diagnosi. ANAMNESI L incontro con un paziente affetto da problemi al ginocchio inizierà con la raccolta dell anamnesi. Verrà interrogato su eventuali patologie a carattere familiare, sulla storia personale pregressa (attività lavorativa, attività sportiva, traumi) e su quella recente. In particolare cercheremo di focalizzare l attenzione sulla modalità di insorgenza del disturbo (da quanto tempo? l esordio è stato acuto oppure progressivamente MASSIMO FIORITI Coordinatore Traumatologia dello Sport, U.O. Ortopedia e Traumatologia, ASL 4 Prato maxfioriti@libero.it ingravescente? spontaneo o conseguente ad un traumatismo?), sulla sintomatologia soggettiva (dolore, gonfiore, impotenza funzionale, sensazione di blocco articolare, cedimenti), sui trattamenti effettuati. In particolare dovrà essere indagato il sintomo dolore, il più frequente. Cercheremo di quantificarlo (scala analogica visiva [VAS]) non accontentandoci degli aggettivi (da insopportabile a lieve ) che il paziente riferisce, spesso anche in relazione allo stato emotivo del momento. Chiederemo se il dolore si presenta solo al carico, durante attività sportiva oppure anche a riposo, se è presente all inizio del movimento oppure compare dopo una marcia prolungata, se è di intensità costante oppure variabile, localizzato sempre nella stessa zona oppure migrante. La sede del dolore è molto importante: un dolore mediale può essere indicativo di una lesione del menisco interno, del legamento collaterale mediale, di una tendinite della zampa d oca, di una patologia degenerativa del compartimento mediale; il dolore laterale può essere dovuto ad una patologia che coinvolga il menisco esterno oppure il legamento collaterale esterno; in caso di una patologia della rotula, del tendine rotuleo, della tuberosità tibiale, il paziente riferirà invece un dolore localizzato anteriormente. Se il paziente riferisce episodi di blocco articolare, dovremo indagare attentamente chiedendo quanto dura l impossibilità del movimento, se ha la sensazione di qualcosa che si è spostato all interno del ginocchio, se il primo episodio è avvenuto in seguito a trauma recente. Si devono distinguere infatti i veri blocchi meccanici da quelli definiti pseudoblocchi. I primi sono dovuti spesso ad una patologia meniscale (una porzione del menisco che si è lussata nella gola intercondiloidea impedendo il movimento, come avviene nelle lesioni dette a manico di secchio ) op- 97

12 pure osteocondrale (il distacco di un frammento osteocondrale libero in articolazione, definito come topo articolare ), e frequentemente il ginocchio rimane in blocco fino al momento dell intervento chirurgico. I cosiddetti pseudoblocchi sono invece determinati, nella maggior parte dei casi, da una patologia della rotula (ad es. una sublussazione), durano pochi secondi, si risolvono sempre senza problemi successivi, si ripetono frequentemente. Allo stesso modo sono da distinguere i cedimenti del ginocchio causati da lassità articolare conseguente a lesione legamentosa (spesso una rottura del legamento crociato anteriore), con successivo dolore e tumefazione, dalle sensazioni soggettive che il paziente riferisce, frequenti, senza conseguenze, spesso di origine rotulea. Da tutto ciò si evince come sia di fondamentale importanza lasciar parlare il paziente : se avremo la pazienza di ascoltare sentiremo ripetere spesso la stessa storia con piccole varianti e, con una buona padronanza degli schemi abituali, potremo indirizzarci agevolmente verso una diagnosi. Al contrario, se nel racconto c è qualcosa di non consueto, di diverso dal solito, dobbiamo ulteriormente indagare anche alla ricerca delle patologie meno frequenti. Passeremo successivamente all esame obiettivo che, come in tutti i campi della medicina, sarà articolato in varie fasi: l ispezione, la palpazione, i test clinici. L esame deve iniziare dal lato controlaterale a quello patologico: dato che il grado di lassità di un articolazione è estremamente variabile da un individuo all altro, valutando per primo il ginocchio sano potrà essere stabilita la condizione di normalità per quel paziente. È fondamentale non trascurare le articolazioni limitrofe, anca e caviglia: è ben noto, infatti, come una patologia dell anca possa determinare un dolore riferito al ginocchio sia negli anziani, in caso di coxartrosi, sia nei bambini e negli adolescenti, come ad esempio nella malattia di Perthes oppure nell epifisiolisi. ISPEZIONE È un momento diagnostico molto importante. Il paziente verrà osservato prima in piedi, poi seduto, infine disteso. Saranno registrate tumefazioni, arrossamenti, deformità. Alla stazione eretta valuteremo l allineamento degli arti inferiori. Osservato dal davanti, il ginocchio può avere deviazioni in valgismo (cioè formare un angolo aperto verso l esterno) oppure in varismo (angolo aperto verso l interno); con l osservazione laterale potremo invece evidenziare eventuali contratture in flessione oppure, al contrario, il cosiddetto recurvato, quando cioè femore e tibia determinano un angolo aperto in avanti. Tutto ciò, se il paziente è collaborante, si osserva meglio in appoggio monopodalico. Sempre con l osservazione dal davanti valuteremo la posizione della rotula rispetto al femore: di norma le rotule sono rivolte in avanti, ma in certi casi, quali una rotazione interna della tibia o una marcata antiversione del femore, osserveremo la tipica situazione dello strabismo rotuleo, possibile causa di dolore anteriore. L esame in ortostatismo sarà completato dall osservazione della caviglia e del piede, valutando in particolare l articolazione sottoastragalica (atteggiamento in pronazione o in supinazione del retropiede). Inviteremo poi il paziente a camminare, riuscendo così a mettere in evidenza la presenza di un eventuale zoppia (antalgica, da dismetria degli arti inferiori, da instabilità). Certe volte nelle deformità artrosiche si può osservare, durante la fase di appoggio, il fenomeno della spinta, che può essere mediale o laterale, a seconda che il ginocchio sia valgo o varo. Questo effetto di spostamento ad latus è dovuto alla lassità del legamento collaterale del lato opposto, secondaria all erosione ossea e alla deformità dell articolazione. L osservazione proseguirà poi a paziente seduto sul bordo del lettino, con le ginocchia flesse 90. Le rotule saranno di norma rivolte in avanti, verso l esaminatore; in caso di rotula alta, invece, saranno rivolte verso il soffitto determinando un aspetto detto classicamente ad occhi di cavalletta. Con il paziente disteso sul lettino in posizione supina possiamo misurare l angolo Q, che solitamente è compreso tra 12 e 17. È formato dall incontro di due rette che congiungono la spina iliaca antero-superiore (SIAS) e la tuberosità tibiale anteriore (TTA) con il centro della rotula. Valori superiori a 20 sono considerati patologici. Dalla posizione supina, facendo eseguire movimenti di flesso-estensione del ginocchio osserveremo lo scorrimento della rotula lungo l asse longitudinale: in caso di instabilità essa non seguirà un percorso rettilineo, bensì una traiettoria angolata ( segno della baionetta ). PALPAZIONE La palpazione del ginocchio è un altro passaggio fondamentale dell esame obiettivo. 98 LA SEMEIOTICA DEL GINOCCHIO

13 Potremo apprezzare la presenza di un versamento articolare con la manovra del ballottamento rotuleo. Con le due mani posate prossimalmente e distalmente alla rotula verrà esercitata una pressione concentrica in modo da raccogliere un eventuale versamento al di sotto della rotula. Con il dito indice appoggiato sulla superficie anteriore, l esaminatore eserciterà una pressione sulla rotula in direzione posteriore, verso il femore. In caso di versamento avvertirà una sensazione di rimbalzo della rotula verso l alto. Palperemo poi le salienze ossee e le strutture anatomiche superficiali. Inizieremo dal compartimento mediale del ginocchio: l epicondilo femorale mediale, il legamento collaterale mediale, l emirima articolare interna, la metafisi della tibia, la regione di inserzione dei muscoli flessori del ginocchio sulla tibia, la cosiddetta zampa d oca. Se la pressione del dito provoca dolore sull epicondilo femorale mediale, ciò è spesso indicativo di uno stiramento del legamento collaterale mediale alla sua inserzione prossimale; se ciò avviene sull emirima articolare mediale possiamo essere di fronte a patologia del menisco mediale o cartilaginea; se il dolore è evocato dalla pressione sulla zampa d oca siamo probabilmente di fronte a una tendinopatia inserzionale dei tendini dei flessori del ginocchio. Sul versante esterno dell articolazione palperemo l epicondilo femorale esterno, il legamento collaterale esterno, la testa del perone, l emirima laterale. In caso di patologia del legamento collaterale esterno, la pressione evocherà dolore lungo il decorso del legamento, ben identificabile ponendo il ginocchio nella posizione cosiddetta a 4, cioè in flessione con il calcagno appoggiato sul ginocchio controlaterale. Un dolore meniscale o relativo ad alterazioni della cartilagine sarà invece provocato dalla pressione sulla rima articolare esterna. Palperemo poi la regione anteriore del ginocchio: il tendine quadricipitale, la rotula, il tendine rotuleo, la tuberosità tibiale anteriore. Con la pressione sulle faccette articolari della rotula, mediale e laterale, provocheremo vivo dolore in caso di patologia della cartilagine. In presenza di tendinopatie inserzionali del tendine del quadricipite avremo una spiccata dolorabilità al polo superiore della rotula; se invece la patologia è a carico del tendine rotuleo il dolore sarà localizzato a livello del polo inferiore della rotula o lungo il decorso del tendine, come nel caso del cosiddetto jumper s knee, o ginocchio del saltatore. Se invece la pressione sulla tuberosità tibiale anteriore di un adolescente provoca un dolore acuto, saremo probabilmente di fronte a quella patologia del nucleo di accrescimento definita come malattia di Osgood- Schlatter. Spesso, se la patologia è in fase acuta, osserveremo anche la tumefazione della TTA, a volte con arrossamento e calore, vale a dire i classici segni della flogosi. Posteriormente, da mediale a laterale, possiamo palpare i tendini dei flessori del ginocchio (semimembranoso, semitendinoso, gracile), il cavo popliteo, il tendine del bicipite femorale, che si inserisce distalmente sulla testa del perone. Nel cavo popliteo è presente talvolta una tumefazione cistica, definita cisti di Baker, da porre in diagnosi differenziale con aneurismi dell arteria poplitea o neoformazioni di altra natura, anche tumorali. Tali cisti possono raggiungere in certi casi dimensioni ragguardevoli fino a provocare compressione sui vasi del poplite e determinare un quadro clinico simile a una trombosi venosa profonda. TEST CLINICI Utilizzando test specifici potremo esaminare le singole strutture anatomiche. Tutti i test dovranno essere eseguiti prima sul ginocchio sano, per stabilire qual è la normale stabilità articolare del paziente, e solo successivamente su quello patologico. È da sottolineare che queste prove orientano verso una diagnosi soltanto quando si rileva una marcata differenza tra i due lati (Tab. I). TABELLA I. Test clinici. Test rotulei Test per legamento crociato anteriore Test per legamento crociato posteriore Test per legamenti collaterali Test meniscali Prove di mobilità Segno di sfregamento femoro-rotuleo Test dell apprensione Cassetto anteriore Lachman test Pivot shift test Posterior sag test Cassetto posteriore Test del recurvato-rotazione esterna Pivot shift inverso Valgo stress Varo stress Test di McMurrray Test di Steinmann Test di Apley M. FIORITI 99

14 Test rotulei Prove di mobilità La rotula deve essere libera di scorrere rispetto al femore in senso sia longitudinale sia medio-laterale. Suddividendo idealmente la rotula in quattro porzioni longitudinali, con il ginocchio flesso circa 20, applicando una pressione mediale con le dita, la rotula dovrebbe spostarsi di almeno due verso l esterno (lo stesso dal lato mediale). Se lo scivolamento laterale è superiore a tre quadranti, saremo di fronte a una lassità delle strutture retinacolari mediali; se invece lo spostamento mediale è di un solo quadrante, è probabile la retrazione del retinacolo esterno. Con il ginocchio esteso, agendo con le dita sul margine laterale della rotula e sollevandolo dal condilo femorale laterale, la rotula di norma può ruotare verso l interno di circa 15 rispetto all asse longitudinale (test del tilt rotuleo passivo); ciò non avviene se le strutture laterali sono tese eccessivamente. Segno dello sfregamento femoro rotuleo A paziente supino, con il palmo della mano appoggiato sulla rotula, faremo effettuare piccoli movimenti di flesso-estensione del ginocchio oppure contrarre isometricamente il quadricipite: in caso di irregolarità della superficie articolare verrà avvertita un chiara sensazione di sfregamento, spesso associata a dolore. Test dell apprensione In presenza di instabilità rotulea, mentre l esaminatore agisce lateralizzando manualmente la rotula, il paziente avrà una reazione di difesa, nel timore di una lussazione. in presenza di una lesione completa del legamento crociato anteriore (LCA). Ripetendo la manovra con il piede ruotato all esterno e all interno potranno essere valutate, rispettivamente, le instabilità antero-mediali e antero-laterali. Sono possibili falsi negativi se il paziente non è totalmente rilassato, in quanto la contrazione del bicipite femorale si oppone allo scivolamento della tibia. Lachman test A paziente supino, con il ginocchio flesso circa 20, l esaminatore afferra e stabilizza con una mano la porzione distale della coscia, con l altra la gamba prossimalmente (Fig. 1). Tenendo fissa la coscia egli eserciterà una trazione in avanti sulla tibia registrando, come nel cassetto anteriore, la traslazione tibiale anteriore e l eventuale presenza dello stop finale. La lassità, anche in questo caso, sarà distinta in: + se inferiore a 5 mm; ++ se compresa tra 5 e 10 mm; +++ se maggiore di 10 mm. È un test molto sensibile in quanto elimina l effetto della contrazione muscolare; è però di difficile esecuzione quando l esaminatore ha mani piccole e il paziente è particolarmente muscoloso, come nel caso di un atleta. Pivot shift test Con il paziente in posizione supina, l esaminatore afferra e stabilizza la caviglia con una mano, mentre con l altra esercita una moderata pressione in valgo e in avanti sulla regione prossimale laterale della gamba. Il test inizia con il ginocchio in estensione (Fig. 2a); Test per il legamento crociato anteriore Test del cassetto anteriore A paziente supino, con il piede appoggiato sul lettino e il ginocchio flesso circa 90, l esaminatore blocca il piede dal lato in esame sedendosi sopra e, con entrambe le mani, afferra la gamba al terzo prossimale, tenendo i pollici sulla rima articolare anteriore. Esercitando una trazione anteriore si otterrà lo scivolamento della tibia in avanti rispetto al femore. Questa traslazione sarà quantificata in base all entità dello spostamento: + se inferiore a 5 mm; ++ se compreso tra 5 e 10 mm; +++ se maggiore di 10 mm. Verrà anche notata la presenza o meno di un arresto finale dello spostamento tibiale (end point): se assente, saremo FIGURA 1. Lachman test. 100 LA SEMEIOTICA DEL GINOCCHIO

15 progressivamente verrà flesso. Un ginocchio normale si muoverà regolarmente. In caso di lesione completa del LCA, quando il ginocchio giungerà a una flessione di circa 30 (Fig. 2b), l esaminatore avvertirà invece uno scatto (shift) dovuto alla riduzione della tibia rispetto al femore; se la lesione è incompleta potrà essere percepito soltanto uno scivolamento (glide). È un esame difficile da eseguire, ma molto sensibile. Test per il legamento crociato posteriore Posterior sag test In caso di lesione del legamento crociato posteriore (LCP), con il ginocchio flesso 90, osserveremo la retroposizione della tibia rispetto al femore, con la scomparsa della prominenza dovuta alla tuberosità tibiale anteriore. a Test del cassetto posteriore La posizione del ginocchio del paziente e delle mani dell esaminatore sono le stesse del cassetto anteriore, ma la pressione, in questo caso, viene esercitata sulla tibia in direzione posteriore. Sarà quindi valutata la traslazione posteriore della tibia (+ se inferiore a 5 mm; ++ se compresa tra 5 e 10 mm; +++ se maggiore di 10 mm) e la presenza o meno di end point. Test del recurvato - rotazione esterna Sollevando entrambi gli arti inferiori del paziente, afferrandone gli alluci, uno spostamento posteriore associato a rotazione esterna dell arto in esame rispetto al controlaterale sarà dovuto a una lesione del complesso legamentoso postero-laterale. Pivot shift inverso È un esame di difficile esecuzione ma molto sensibile per valutare i legamenti postero-laterali. Il test inizia con il ginocchio in estensione: l esaminatore esercita una forza valgizzante mentre flette lentamente il ginocchio. Raggiunti i 30 di flessione avverrà una rotazione esterna della tibia e lo spostamento posteriore del piatto tibiale esterno. Riportando il ginocchio in estensione si otterrà invece il ripristino dei normali rapporti tra tibia e femore. Test per i legamenti collaterali b Valgo stress Questo test serve per valutare il legamento collaterale mediale. Con il ginocchio leggermente flesso, circa 20, in modo da detendere la capsula posteriore, l esaminatore afferra con una mano la caviglia e con l altra stabilizza il ginocchio. Esercitando una forza in valgismo verrà saggiata l integrità del legamento collaterale mediale (LCM): la manovra deve essere effettuata lentamente, evitando per quanto possibile di causare dolore. L apertura della rima mediale indicherà il grado di lassità del collaterale mediale: 1 grado < 5 mm; 2 grado 5-10 mm; 3 grado > 10 mm senza end point. Se una lassità di 3 grado permane anche con il ginocchio in estensione, è probabile una lesione associata LCM-LCA. FIGURA 2a-b. Pivot shift test. Varo stress La manovra è del tutto simile al valgo stress: la forza esercitata sul ginocchio agisce questa volta sollecitando in varo l articolazione e provocando, in caso di lassità del legamento collaterale esterno, l apertura M. FIORITI 101

16 dell emirima laterale. Anche in questo caso distingueremo lesioni di 1, 2 e 3 grado. Test meniscali Sono stati descritti numerosi test clinici utili per studiare lo stato dei menischi: la rotazione del ginocchio a vari gradi di flessione ha lo scopo di provocare la mobilizzazione del menisco e l intrappolamento tra le superfici articolari di un eventuale frammento mobile. Ciò evocherà vivo dolore in caso di lesione meniscale. I più diffusi sono il test di McMurray, di Steinmann e di Apley. Questi test possono avere falsi positivi, in quanto tali manovre possono risultare dolorose anche in caso di lesione dei legamenti collaterali oppure di lesione cartilaginea dei condili femorali. Spesso anche gesti molto semplici, quali la deambulazione a papera (cioè con il ginocchio in flessione massima) o un banale accovacciamento, se dolorosi, possono rivelare una patologia meniscale. Test di Mc Murray A paziente supino, con il ginocchio in flessione massima e l anca flessa 90, l esaminatore eserciterà una pressione con il dito sull emirima articolare e, contemporaneamente, imprimerà un movimento di rotazione del piede verso il lato opposto (Fig. 3a). In caso di rottura del menisco, il paziente avvertirà dolore al di sotto del dito dell esaminatore. Test di Steinmann A paziente seduto, con il ginocchio flesso e fuori dal lettino, l esaminatore ruota il piede (Fig. 3b): la brusca rotazione verso l esterno provocherà, in caso di lesione del menisco mediale, vivo dolore sulla emirima articolare mediale; l intrarotazione, al contrario, causerà dolore laterale se è interessato il menisco esterno. Test di Apley A paziente prono, con il ginocchio flesso 90, l esaminatore imprime una rotazione del piede e contemporaneamente esercita una compressione assiale lungo l asse della tibia (Fig. 3c). La manovra sarà positiva se determinerà dolore a livello dell emirima articolare. CONCLUSIONI Il ginocchio è un articolazione complessa, costituita da numerose strutture che possono essere interessate, singolarmente o in associazione, in caso di trauma. È pertanto indispensabile la conoscenza di alcune semplici manovre cliniche che, se correttamente utilizzate, possono indirizzare l esaminatore verso una diagnosi quantomeno di sospetto e quindi, eventualmente, utilizzare esami strumentali mirati per confermare l ipotesi clinica. La diagnostica strumentale offre oggi una vasta gamma di possibilità: RX, ecografia, TC, RM, scintigrafia. È importante quindi richiedere l esame più appropriato per confermare il sospetto diagnostico. È invece inutile, e anche molto costoso, richiedere una RM del ginocchio soltanto perché così si vede tutto! BIBLIOGRAFIA DI RIFERIMENTO Conlan T, Garth WP Jr, Lemons JE. Evaluation of the medial soft-tissue restraints of the extensor mechanism of the knee. J Bone Joint Surg 1993;75A: a b c FIGURA 3. a. Test di McMurray; b. Test di Steinmann; c. Testi di Apley. 102 LA SEMEIOTICA DEL GINOCCHIO

17 Ficat RP, Hungerford DS. Disorders of patellofemoral joint. Baltimore, MD: Williams & Wilkins Fu FH, Harner CD, Vince KG. Knee surgery. Philadelphia, PA: Williams & Wilkins Fulkerson JP. Awareness of the retinaculum in evaluating patellofemoral pain. Am J Sports Med 1982;10: Harner CD, Hoher J. Evaluation and treatment of posterior cruciate ligament injuries. Am J Sports Med 1998;26: Hughston JC, Andrews JR, Cross MJ, Moschi A. Classification of knee ligament instabilities: Part I. The medial compartment and cruciate ligaments. J Bone Joint Surg 1976;58A: Galway RD, Beaupre A, McIntosh DL. Pivot shift: a clinical sign of symptomatic anterior cruciate insufficiency. J Bone Joint Surg 1972;54B: Hughston JC, Andrews JR, Cross MJ, Moschi A. Classification of knee ligament instabilities: Part II. The lateral compartment. J Bone Joint Surg 1976;58A: Jonsonn T, Althoff B, Peterson L, Renstrom P. Clinical diagnosis of ruptures of the anterior cruciate ligament: a comparative study of the Lachman test and the anterior drawer sign. Am J Sports Med 1982;10: LaPrade RF, Terry GC. Injuries to the posterolateral aspect of the knee: association of anatomic injury patterns with clinical instability. Am J Sports Med 1997;25: Shelbourne KD, Martini DJ, McCarrol JR, VanMeter CD. Correlation of joint line tenderness and meniscal lesion in patients with acute anterior cruciate ligaments tears. Am J Sports Med 1995;23: Torg JS, Conrad W, Kalen V. Clinical diagnosis of anterior cruciate ligament instability in the athlete. Am J Sports Med 1976;4: M. FIORITI 103

18 SETTEMBRE 2007 VOLUME 1 PAGINE Parole chiave Spondilite anchilosante Spondiloartriti sieronegative Diagnosi Terapia Gestione multidisciplinare Farmaci biologici anti TNF-α DIAGNOSI E TRATTAMENTO DEL PAZIENTE AFFETTO DA SPONDILITE ANCHILOSANTE GESTIONE INTEGRATA TRA LO SPECIALISTA REUMATOLOGO E IL MEDICO DI MEDICINA GENERALE RIASSUNTO La spondilite anchilosante è una malattia che necessita di un inquadramento precoce per un suo corretto e tempestivo trattamento. Le manifestazioni cliniche talvolta possono confondere, e quindi solo un ottimale e tempestiva interazione tra il MMG e lo specialista Reumatologo possono favorire una più rapida diagnosi. Il trattamento deve essere co-gestito dallo specialista Reumatologo, che deciderà, sulla base di attività e severità di malattia, il tipo di terapia da effettuarsi, e dal MMG che monitorerà il decorso clinico ed eventuali eventi indesiderati. Il trattamento ottimale è comunque l utilizzo di farmaci anti TNF-α e la riabilitazione, con la supervisione del terapista della riabilitazione. INTRODUZIONE La spondilite anchilosante (SA) è una malattia infiammatoria cronica a carattere sistemico caratterizzata da un prevalente interessamento della colonna vertebrale, a potenziale evoluzione in anchilosi, di cui ancora oggi non si conoscono le cause, e la cui patogenesi è solo parzialmente nota. Studi paleontologici hanno dimostrato come la malattia fosse presente fin dai tempi delle mummie egiziane e come, dopo alcune iniziali descrizioni nel XVI e XVII secolo, essa abbia raggiunto una sua dignità nosografia alla fine del XIX secolo quando, quasi contemporaneamente, tre diversi studiosi, in Russia Wladimir von Bectherew (1893), in Germania Adolph Strumpell (1897), e in Francia Pierre Marie (1898), la descrivevano in maniera sistematica. La SA appartiene al gruppo delle spondiloartriti sieronegative e si caratterizza clinicamente per il prevalente interessamento dello scheletro assiale, per la sieronegatività al fattore reumatoide e la tendenza all aggregazione familiare. Inoltre, la malattia si associa a positività per l antigene di istocompatibilità HLA (antigene leucocitario umano) B27 in circa il 90% dei casi. La sua prevalenza nella popolazione generale si aggira intorno allo 0,9%, con valori che oscillano dallo 0,15% al 2,5%, rilevato nella popolazione Eskimo in Alaska 1. Tali dati, confermando che tale malattia, una volta considerata rara, è invece abbastanza frequente, dovrebbero indurre a effettuare ricerche più ampie e maggiori investimenti, per un precoce inquadramento diagnostico e un corretto approccio terapeutico. La malattia colpisce soggetti in età giovanile (15-40 anni) con un rapporto maschi:femmine, soprattutto nelle forme più classiche, di 9:1, che negli ultimi anni si è modificato divenendo, secondo alcuni studi, di 3:1 1, probabilmente per una maggiore attenzione per la SA nella popolazione generale. MANIFESTAZIONI CLINICHE Dal punto di vista clinico, la malattia è caratterizzata dalla presenza di dolore infiammatorio, soprattutto notturno, a localizzazione lombare e glutea, associato a rigidità mattutina; talvolta può essere presente una vera lombosciatalgia, ma la localizzazione tipica parte dalla colonna lombare con irradiazione alla co- ENNIO LUBRANO U.O. Riabilitazione Reumatologica, Fondazione Maugeri IRCCS, Istituto Scientifico di Telese Terme (BN) enniolubrano@hotmail.com 104

19 scia posteriormente (cosiddetta sciatica mozza). Altro elemento caratteristico è il miglioramento della sintomatologia dolorosa articolare e della rigidità mattutina con l esercizio fisico, che permette di differenziare il dolore lombare infiammatorio da quello meccanico (ad es. in corso di artrosi), invece caratterizzato da peggioramento durante la giornata, con lo sforzo fisico, e che si riduce durante le ore notturne. Possono inoltre essere presenti forme di artralgie e/ o artriti asimmetriche, di solito lievi e transitorie, alle articolazioni periferiche e ai cingoli (scapolare e pelvico), entesiti, ovvero infiammazioni dell inserzione tendinea e/o dei legamenti (classica quella del tendine di Achille a livello calcaneare o sulla fascia plantare). Inoltre la malattia si può presentare e/o anche complicare con manifestazioni extra-articolari, quali un interessamento cutaneo (ad es. la psoriasi), cardiovascolari (insufficienza aortica), oculari (uveiti anteriori acute), renali (amiloidosi), pleuroparenchimali (fibrosi), e sintomi generali (fatica, anoressia, febbricola). Pertanto, la malattia presenta aspetti clinici di interesse multidisciplinare, e talvolta l esordio è di difficile inquadramento diagnostico. Infatti, non pochi sono i casi di SA che all origine presentano un quadro sfumato di lombalgia e/o lombosciatalogia tale da essere confuso con forme di protusione e/o ernia discale, e tanto da indurre a trattare i pazienti, in alcuni casi, addirittura chirurgicamente o, alternativamente, con terapie manipolative e tecniche posturali. Queste ultime, concettualmente corrette nella gestione della malattia, ma fuorvianti ai fini diagnostici, possono determinare latenze temporali ai fini del riconoscimento della malattia, e quindi favorire l insorgenza di un danno anatomico irreversibile (l anchilosi). A tal riguardo studi condotti in Germania hanno documentato come la latenza temporale tra l età d esordio (circa 28 anni) e l età della diagnosi (circa 33 anni) 2 sia uno degli elementi più negativi ai fini della corretta gestione terapeutica. In Italia non esistono altrettanti dati, ma è presumibile che tale latenza sia superiore, con casi che raggiungono anche i 10 anni tra l esordio dei sintomi e la diagnosi. In altri casi l esordio può avvenire con manifestazioni oculari, quali l uveite, che possono essere talvolta gestite dell Oftalmologo, e il successivo invio al Reumatologo per un inquadramento precoce avviene, purtroppo, dopo lunghi periodi di latenza. È evidente, pertanto, che la gestione corretta tra lo Specialista Reumatologo e il Medico di Medicina Generale (MMG) è di fondamentale importanza, in quanto il riconoscimento precoce di tale malattia è di assoluta importanza ai fini di un corretto e tempestivo trattamento. DIAGNOSI La diagnosi della malattia può essere estremamente semplice quando si osservano pazienti con forme avanzate di malattia e con quadro radiologico caratteristico (fusione delle articolazioni sacroiliache e la famosa canna di bambù, ovvero la fusione della colonna lombare e talvolta cervicale). In questo caso, però, la malattia è da considerarsi avanzata, con gravi limitazioni funzionali e, quindi, suscettibile di scarsi risultati terapeutici. Diverso è il caso in cui si deve porre la diagnosi di forme all esordio sintomatologico, dove la malattia tende a manifestarsi con aspetti clinici abbastanza generici (dolore lombare infiammatorio, dolore gluteo, quadri di sciatica mozza, artralgie o entesiti) o extra-articolari, come, ad esempio, uveiti ricorrenti. In tali casi la diagnosi è molto più complicata. Utili ai fini diagnostici il monitoraggio degli esami bioumorali quali la velocità di eritrosedimentazione (VES), la proteina C reattiva (PCR), l emocromo completo, l elettroforesi delle proteine sieriche e il dosaggio della fosfatasi alcalina. Infatti si possono osservare alterazioni della VES e PCR, un anemia di tipo normocromico e normocitico, incrementi della fosfatasi alcalina e delle alfa-2-globuline, soprattutto nelle fasi di attività di malattia. Inoltre le prove di funzionalità respiratoria possono fornire un utile strumento di monitoraggio dell eventuale progressione di malattia, mediante valutazione sia della capacità vitale (che talvolta si riduce), sia del volume funzionale residuo (che talvolta aumenta). Dal punto di vista metodologico è necessario pertanto utilizzare dei criteri, cosiddetti classificativi, della malattia. Essi sono il risultato di studi che hanno misurato la sensibilità e la specificità di ciascun criterio e che consentono di ottenere casistiche omogenee; in altre parole, l utilizzo di tali criteri classificativi consente di inquadrare forme di SA in maniera omogenea e sistematica in ogni parte del mondo. Tali criteri sono stati codificati nel e sono universalmente utilizzati dai centri reumatologici per il riconoscimento della malattia (Tab. I). Essi sono caratterizzati da un criterio radiologico che deve essere sempre presente (la sacroileite) e da alcuni criteri clinici (dolore lombare infiammatorio che recede con il movimento) e funzionali (riduzione dei movimenti E. LUBRANO 105

20 106 del rachide cervicale, dorsale e lombosacrale nei tre piani dello spazio, oltreché riduzione dell espansione toracica). Solo la presenza contemporanea di un criterio radiologico e di almeno un criterio clinico consente di classificare la malattia come SA. La diagnosi della malattia è quindi un processo con aspetti talvolta complessi, in quanto non sempre è possibile ottenere un dato radiologico chiaro (una sacroileite radiologica è difficilmente osservabile a un occhio non esperto o in fasi precoci di malattia), e al tempo stesso i grossi deficit funzionali alla colonna vertebrale non sono sempre osservabili nelle fasi iniziali. A tal riguardo, nel 2003 si è costituito un gruppo internazionale di studiosi e ricercatori che hanno formato il gruppo ASAS (Assessment in Ankylosing Spondylitis), al fine di migliorare tutte le procedure di diagnosi, classificazione, monitoraggio di outcome e, ovviamente, trattamento. Allo stesso modo il gruppo ASAS si è posto come obiettivo quello di codificare nuovi criteri classificativi utilizzando anche nuove metodiche diagnostiche quali la risonanza magnetica nucleare (RMN). Infatti, anche se la RMN non è ancora ufficialmente considerata un mezzo diagnostico, rientra sicuramente nella metodologia strumentale di seconda scelta per il riconoscimento dell interessamento sacroiliaco e vertebrale precoce. La presenza del cosiddetto edema osseo, a livello sia sacroiliaco sia vertebrale, consente di ottenere informazioni sulla presenza di lesioni e sullo stato di attività di malattia, anche quando queste non sono evidenti alla radiologia tradizionale. Infine, il gruppo ASAS ha codificato dei criteri di risposta al trattamento che attualmente vengono utilizzati per valutare l efficacia terapeutica nei trial clinici TABELLA I. Criteri classificativi della spondilite anchilosante (New York). u Dolore lombare infiammatorio e rigidità > 3 mesi che migliora con il movimento e non con il riposo u Limitazione della motilità del rachide nel piano sagittale e frontale u Ridotta espansione toracica rispetto ai valori normali, in rapporto a età e sesso u Sacroileite bilaterale grado II-IV u Sacroileite unilaterale grado III u Spondilite anchilosante in caso di sacroileite monolaterale di grado III-IV o bilaterale grado II-IV e almeno uno qualsiasi tra i criteri clinici Modificata da van Der Linden et al. 3. controllati contro placebo 4. TERAPIA La SA è una malattia infiammatoria cronica ad alto potenziale invalidante che richiede trattamento combinato medico e riabilitativo, in quanto può determinare quadri di disabilità importante con gravi ripercussioni anche sulla qualità della vita 1. Ad oggi non è ancora ben chiaro quale possa essere l approccio terapeutico più efficace. Per molti anni il trattamento farmacologico della SA è stato principalmente basato sull utilizzo dei farmaci antinfiammatori non steroidei (FANS). Successivamente anche farmaci quali la sulfasalazina e il methotrexate sono stati utilizzati, con risultati per lo più sulla componente periferica della malattia e non sul processo infiammatorio a livello della colonna vertebrale; tali farmaci appartengono alla cosiddetta famiglia DMARDs (Diseaese Modifying Anti-Rheumatic Drugs), che avrebbe la capacità di modificare il decorso naturale della malattia 5 6. Tali farmaci, soprattutto la sulfasalazina, è ancora utilizzata come primo farmaco di fondo per il trattamento farmacologico della SA. Anche farmaci inibitori delle ciclossigenasi 2 (COX-2) sono stati utilizzati in trial clinici, e sia il celecoxib sia l eterocoxib confrontati al placebo sono risultati efficaci nel trattamento della malattia. Recentemente l utilizzo di farmaci biologici ad azione anti-tnf-α (Tumor Necrosi Factor alpha) ha modificato positivamente lo scenario terapeutico della malattia. A tal riguardo, nel 2003 sono state redatte le raccomandazioni per l uso dei farmaci anti-tnf-α da parte della Società Italiana di Reumatologia (Tab. II). In particolare, sono indicati attualmente per il trattamento della SA l etanercept (una proteina ricombinante umana recettoriale del TNF-α), l infliximab (un anticorpo monoclonale ibrido murino e umano) e l adalimumab (un anticorpo monoclonale umano anti- TNF-α). Tutte e tre le molecole hanno dimostrato una buona efficacia sulla malattia, con miglioramento dei dati clinici e funzionali e sulla qualità della vita dei pazienti In particolare, l etanercept, la proteina ricombinante umana che agisce neutralizzando il TNF-α, ha dimostrato di essere efficace nel ridurre i sintomi e i segni di SA, la disabilità, e nel migliorare la qualità di vita di questi pazienti, con un ottimo profilo di sicurezza 11. Inoltre, il meccanismo di azione di etanercept è da considerarsi il più naturale, mostrando altresì una sua rapidità di azione fin dalle prime somministrazioni 12. Allo stesso modo, la riabilitazione è sempre stata DIAGNOSI E TRATTAMENTO DEL PAZIENTE AFFETTO DA SPONDILITE ANCHILOSANTE

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