IL TRASPORTO INTERNAZIONALE DI CONTAINER, LA PORTUALITA ITALIANA, LA LOGISTICA. (atti del convegno)

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1 CNEL Consiglio Nazionale dell Economia e del Lavoro IL TRASPORTO INTERNAZIONALE DI CONTAINER, LA PORTUALITA ITALIANA, LA LOGISTICA (atti del convegno) ROMA, 8 MARZO 2001

2 INDICE INTRODUZIONE PIETRO LARIZZA Presidente del CNEL pag. 3 I PORTI DEL SUD DAL TRANSHIPMENT ALLA LOGISTICA SERGIO BOLOGNA Vice Presidente AILOG... 5 PARTE PRIMA IL PUNTO DI VISTA DEI TERMINALISTI 31 RENATO MATTEUCCI Consigliere del CNEL.. 32 CECILIA ECKELMANN BATTISTELLO Presidente di Medcenter.. 34 C. CASALINI Consigliere di Amministrazione Taranto Container Terminal 38 LUIGI NEGRI Presidente Cagliari International Container Terminal/Presidente Federagenti 40 PARTE SECONDA IL PUNTO DI VISTA DEGLI OPERATORI DEI TRASPORTI E DELLA LOGISTICA. 43 GIUSEPPE PERASSO Consigliere del CNEL MAURIZIO BUSSOLO Direttore Divisione Cargo Trenitalia S.p.A.. 46 GIOVANNI LEONIDA Presidente Assologistica FRANCESCO NERLI Presidente Assoporti.. 55 INTERVENTI LUIGI PERISSICH Direttore Generale della Confederazione Italiana Armatori 59 SAVINO PEZZOTTA Segretario Generale della CISL 63 CONCLUSIONI PIERLUIGI BERSANI già Ministro dei Trasporti 67

3 INTRODUZIONE PIETRO LARIZZA Presidente CNEL Oggi, per quanto mi riguarda, è un giorno di lavoro assai importante: Abbiamo voluto questo Convegno per fornire un contributo di chiarezza per le Istituzioni e per le Forze Sociali riguardo a problemi ed opportunità produttive di cui si parla poco in Italia. Chi propone strategie in Italia, nel più benevolo dei casi, viene considerato un eccentrico; nella normalità dei casi, viene invece indicato come un nostalgico del vecchio modello bolscevico della pianificazione. Eppure ci sono settori che non possono avere futuro se manca un progetto ed una strategia: il sistema portuale ed i suoi connessi è uno di questi. Il Governo ha varato nei giorni scorsi il Piano Generale dei Trasporti e della Logistica, che avendo una proiezione di dieci anni assume naturalmente una dimensione strategica: proprio per questo è un atto di Governo che sconfina nell audacia politica. Difatti ha procurato l attenzione per un solo giorno, per essere poi sommerso dalle tante e variopinte questioni domestiche che distinguono il nostro attuale, e spero contingente, panorama politico. Ci si confronta e scontra su tutto, ma non mi è finora capitato di ascoltare giudizi di merito su questo piano che personalmente considero concreto e realistico anche se incompleto. E tra le mancanze giganteggia quella del Ponte sullo Stretto. Abbiamo voluto realizzare questo Convegno, sconfinando anche noi nell azzardo della strategia, perché abbiamo avuto l occasione di parlare con gli operatori del settore ed abbiamo capito che c era bisogno di una sede di confronto in cui Governo e Parti Sociali potessero discutere di problemi e soluzioni sulla base di un accertato interesse comune. Anche perché il sistema Italia corre il rischio di un grande ritardo su un futuro che è già in avanzata fase di costruzione. Anzi, per essere esatti, siamo già in questo futuro, in cui si intravedono perfettamente opportunità e punti di crisi: intervenire con efficacia ed immediatezza, o non intervenire, significa quindi consolidare o indebolire il nostro sistema economico in un segmento produttivo di importanza primaria. Voglio poi ricordare che il 2010 è già dietro la porta, ed a quella data dovrebbe decollare l Area di Libero Scambio nel Mediterraneo, cioè quel piccolo specchio di mare in cui l Italia, con le sue coste ed i suoi porti, occupa una posizione geografica unica sia verso i Paesi dell altra sponda sia come corridoio fisico per l Europa. Ecco quindi le prime domande: come ci stiamo preparando? Come ci attrezziamo per ricevere le nuove generazioni di navi porta container? Come realizziamo i collegamenti ferroviari e organizziamo le aree esterne ai porti? Voglio essere chiaro fino in fondo: le mie domande non riguardano la disponibilità delle imprese ad investire per crescere. La mia domanda è un altra: quali possibilità di crescita detiene una società che opera in territorio italiano, quando per organizzarsi e crescere ha bisogno delle infrastrutture di base e di una normativa pubblica snella ed efficiente? 3

4 Il Prof. Bologna nella sua relazione ci dimostrerà con i dati di fatto il valore del fattore tempo, e la necessità di rimuovere con urgenza l incubo burocratico che accompagna la vita di lavoro anche del più attivo imprenditore. Partendo da questa realtà, dovremo chiedere al Ministro Bersani risposte che vanno ben oltre le sue responsabilità e poteri. Per gestire il futuro che è già passato dobbiamo chiedere l impossibile: ricondurre cioè a dimensione umana il fattore tempo per le decisioni e realizzazioni. Nei giorni scorsi leggevo i commenti su alcuni capitoli del Piano dei Trasporti e la cosa che mi ha più colpito è stata l assenza di ironia nei commentatori. Con grande sussiego si scriveva: il Governo ha deciso di realizzare quest opera di cui si discute da vent anni; quest altra da sedici anni, ecc. Il Governo ha deciso, e questo è un suo merito, ma non ha potuto recuperare il passato né dare un sapore di modernizzazione, di anticipazione dei problemi, ad opere infrastrutturali già discusse nella passata generazione. Nelle infrastrutture marittime questo tempo non c è: ogni ritardo si paga in contanti e in valuta di tutto il mondo; se in un porto non si decide, se mancano le infrastrutture, se non si opera agganciati al futuro, non ci sono alternative: il porto deperisce e chiude. All inizio ho usato la frase rituale dei problemi e delle opportunità, come se fossimo davanti ad un bivio e dovessimo decidere la strada da prendere. Purtroppo non è così: succede sempre che i problemi diventano rapidamente e automaticamente fatti concreti, mentre le opportunità restano tali perché non riescono mai a precedere la nascita dei problemi. Non è un male solo italiano, ma da noi è diventata una patologia di sistema che la grettezza burocratica rischia di rendere inguaribile: una maledizione che ci fa competere in una condizione di grave inferiorità. Questa è la missione impossibile che vorremmo affidare al pragmatico Ministro Bersani: usare fino all ultimo giorno le prerogative di Governo per correggere la politica leghista delle ferrovie; anticipare alcune scelte del Piano per realizzare alcune infrastrutture portuali; demolire una quota delle normative sulle autorizzazioni e se possibile bloccare d autorità le nefandezze, come l improvviso deposito di carburante nel porto di Gioia Tauro che porterà al blocco delle attività. Sono piccole rivoluzioni, che però ci allontanano dal passato e ci avvicinano alle esigenze del presente. 4

5 I PORTI DEL SUD DAL TRANSHIPMENT ALLA LOGISTICA SERGIO BOLOGNA Vice Presidente dell Associazione Italiana di Logistica e di Supply Chain Management I porti del Sud dal transhipment alla logistica L argomento di cui oggi ci occupiamo riguarda uno dei settori del traffico marittimo di merci che presenta, sia in termini di innovazione (tecnologica e organizzativa), sia in termini di sviluppo dei traffici, caratteri estremamente dinamici: il settore dei traffici containerizzati. Il grande dinamismo impone a questo settore cambiamenti bruschi degli assetti organizzativi, che possono tradursi in repentini mutamenti nei flussi, con conseguenze positive per alcuni porti, negative per altri. Le imprese che operano in questo settore, sia che si tratti di compagnie di navigazione, sia che si tratti di operatori terminalisti o di operatori ferroviari, debbono possedere consistenti risorse finanziarie per affrontare un mercato dove la competizione è portata allo spasimo ed i rischi di obsolescenza tecnologica sono assai elevati. Malgrado gli attori presenti nella catena dei traffici containerizzati siano numerosi, una posizione di assoluta rilevanza è detenuta dalle compagnie di navigazione che scelgono rotte, tipologia di naviglio, tipologia di servizi, itinerari e integrazioni logistiche in base a valutazioni che richiedono un elevato know how e conoscenze molto sofisticate. I porti svolgono un ruolo ancillare, limitata è la loro possibilità di determinare la tipologia di servizi e gli itinerari delle grandi compagnie. I rischi maggiori sono quelli cui vanno incontro i porti di transhipment, perché spesso i traffici containerizzati sono gli unici dai quali dipendono i loro introiti. Questo limitato raggio d influenza dei porti può ridursi ulteriormente con il graduale aumento dell importanza dei servizi di collegamento terrestre, in particolare di quelli ferroviari, la cui incidenza sulla qualità del servizio al cliente e sui costi complessivi di trasporto è sempre più rilevante. Il porto rischia così di trovarsi schiacciato tra due attori forti le cui scelte esso può condizionare in misura molto limitata. La sua situazione può diventare ancor più critica se il territorio circostante gli è nemico, dal punto di vista delle istituzioni che lo governano e dal punto di vista dei sistemi socio-economici che lo abitano. La storia insegna che il successo dei grandi porti, quelli che nei secoli hanno resistito a tutte le sfide ed anzi, superandole, si sono sempre più rafforzati, è dipeso in larga parte dal forte senso di comunità municipale che li sorreggeva, dal fatto di essere una cosa sola con il destino della città (si pensi alle città anseatiche Amburgo, Brema, Lubecca oppure ai porti fiamminghi, per non parlare delle repubbliche marinare italiane). 5

6 Alcuni dati sui traffici nel Mediterraneo Il totale dei movimenti di contenitori nei porti di tutto il mondo nel 1999 è stato di 205 milioni di TEU, pari a circa 62 milioni di container paganti (1). Con questo dato si evidenzia uno dei problemi inerenti le statistiche mondiali dei traffici, quelle che possono portare a immagini della realtà molto lontane dal vero, quando si pensi che uno stesso contenitore può essere contato anche sei volte. Se questa avvertenza è ormai ben presente alla maggioranza degli osservatori, occorre sottolineare che anche le statistiche che scontano le doppie e triple rilevazioni spesso non fanno attenzione al fatto che una percentuale di traffico, determinata dal riposizionamento dei container vuoti, non porta alcun introito per l armatore, per il quale rappresenta un mero costo. Quindi, dei milioni di TEU (quanti in termini di numero di box lo potremmo sapere solo conoscendo l esatto numero di container da 20, da 40, da 45 ecc.) che nel 1999 sono andati in giro per il mondo, solo 62 si stima abbiano prodotto un introito per le compagnie di navigazione (mentre tutti i 205 milioni di TEU hanno prodotto un introito per i porti). L incidenza dei vuoti a livello mondiale è stata infatti valutata nell ordine del 20%. Nella tabella n. 1 sono riportati i volumi di traffico distinti per le principali rotte mondiali. Sono state evidenziate le tre rotte che possono transitare per il Mediterraneo, in modo da avere una visione immediata del ruolo di questo mare negli itinerari commerciali mondiali. Come si vede, la parte del leone la fa la rotta transpacifica, con volumi quasi doppi rispetto alla rotta transatlantica ma la somma delle due rotte che in prevalenza transitano per il Mediterraneo, cioè la rotta Europa-Far East e quella Europa-Middle East tocca livelli quasi pari a quelli della rotta transpacifica. Più precisamente, transitano dal Mediterraneo via Suez circa 10 milioni di container di cui?? circa 4,5 milioni in direzione ovest/estcirca 5,5 milioni in direzione est/ovest. Il valore dei traffici di transito nel Mediterraneo si evidenzia tuttavia dalla figura n. 1 che dimostra come da questa via passa soprattutto merce ricca su navi full container, su navi specializzate (reefer, portautomobili ecc.) e su rotabili (semirimorchi, autotreni ecc.).circa il 50% del tonnellaggio che transita per il canale di Suez è costituito da merce in container. Il flusso di traffico che interessa maggiormente il Mediterraneo è quello dei collegamenti con il Far East. Per captare questi flussi di traffico si sono sviluppati nel Mediterraneo negli ultimi anni diversi porti di transhipment, come mostra la figura n. 2 La presenza di tanti porti di transhipment ha prodotto un forte tasso di crescita dei servizi che utilizzano il trasbordo, rispetto ai servizi diretti. La crescita del trasbordo ha trainato quella dei servizi feeder. Tassi di crescita annua 90/98 nel Mediterraneo dei diversi servizi containerizzatiservizi diretti 9,3% Transhipment 19,6% Feeder 16,8% Come si evince dalla tabella 2 l incidenza del transhipment nell area mediterranea è di 13 punti superiore alla media mondiale, con un incidenza dei vuoti superiore di solo 3 punti la media mondiale. 6

7 La posizione di leadership dei porti italiani richiede attenzione sugli investimenti Nella movimentazione portuale, l Italia è il paese leader nel Mediterraneo, con tassi di crescita particolarmente elevati nella seconda metà degli Anni /98 90/98 Italia 42,0% 32,9% Spagna 16,3% 14,6% Malta 65,2% 36,4% Egitto 11,6% 27,0% Grecia 33,9% 11,8% Francia 6,2% 4,0% Altri 7,4% 19,3% Anche nello studio effettuato dal CNEL sui traffici mediterranei nel 1998 e focalizzato non sui volumi di merce sbarcata e imbarcata ma sui servizi di linea, l Italia era risultata il paese leader per numero di porti serviti (circa 40) e numero di partenze settimanali (circa 220). Dalla tabella n. 3 e dalla figura n. 3 si può notare come le previsioni di traffico a brevemedio termine che riguardano l area dell Europa del Sud, pur dimostrando un andamento più contenuto rispetto agli Anni 90 sono tali, dati i volumi assoluti, da richiedere una forte attenzione sugli investimenti in capacità produttive. Accanto ai porti di transhipment si sono sviluppati i traffici nei grandi porti capolinea come Genova, La Spezia, Salerno, mentre una dinamica di traffico molto elevata dimostrano i porti spagnoli di Valencia e Barcellona. Tuttavia, si profilano all orizzonte alcune criticità. 1) la prima è rappresentata dalla prossima entrata in servizio di navi di grandi dimensioni, con portate superiori ai TEU, che rappresentano oggi poco più dell 1% della flotta in esercizio ma costituiscono ben il 22% degli ordini di nuove navi passati ai cantieri, come mostrano le figure 4 e 5. Per ricevere queste navi occorrono ampi spazi di accosto, ampi bacini di evoluzione e fondali superiori ai 16 metri di profondità, quindi i porti di transhipment debbono attrezzarsi di conseguenza dal lato infrastrutturale se non vogliono restare emarginati. Le figure 6 e 7 mostrano gli incrementi di capacità previsti; 2) la seconda è rappresentata dal rischio di una sottoutilizzazione degli impianti dei terminal, vista la loro proliferazione; 3) la terza, collegata alla precedente, è rappresentata dal rischio di una guerra micidiale sui prezzi che può portare a ridurre i margini di profitto delle imprese e quindi a rallentarne gli investimenti. Secondo lo studio Ocean Shipping Consultants The global containerport market to 2015, pubblicato nel 2000, questo rischio è particolarmente forte nel Mediterraneo: Lo scenario nel periodo è in generale caratterizzato da una crescita nell utilizzazione della capacità, tranne che in Europa e nel Mediterraneo, dove la capacità è superiore alla domanda e di conseguenza la pressione verso il basso sulle tariffe di handling è forte (...) in particolare nel Mediterraneo centrale e orientale si avranno le pressioni più forti sulle tariffe; il tasso di utilizzazione previsto al 2005 è rispettivamente del 66.0% e del 69.5%. (p. 18). E un valore estremamente basso se confrontato con un valore medio dell 82.1% nel 1999, a livello mondiale. 7

8 Preoccupato per il futuro delle compagnie di navigazione è anche il general manager di uno dei maggiori istituti di ricerca e previsione del mercato sullo shipping mondiale, la società Clarkson: A mano a mano che l industria dei container cresce, i rendimenti finanziari sono sempre più sfuggenti e l unico modo in cui i manager finora sono stati in grado di rispondere all evoluzione in corso è la corsa per le economie di scala. Ma non sempre questa è la buona soluzione, continua l autore: E sorprendente come divengano scarni i benefici economici della stazza allorché si entra nel terreno delle navi di grandi dimensioni. Siccome i costi relativi della nave sono meno di un quarto del costo globale dei servizi, i benefici finanziari della stazza diminuiscono rapidamente man mano che le dimensioni della nave crescono (in Containerisation International, gennaio 2001, trad. da C.I.S.Co.) Il problema della redditività Si presenta dunque non solo agli operatori portuali ma anche alle compagnie marittime. I noli marittimi sono infatti in calo costante dagli inizi degli anni 90, come evidenziato dalle figure 8 e 9, e la recente ripresa è dovuta solo alla compensazione dell aumento del prezzo del carburante. Il Vice Presidente del gruppo AP Moller, che controlla la maggiore compagnia marittima mondiale del traffico container, la Maersk Sea-Land, che è anche il più grande cliente di Gioia Tauro, ha recentemente affermato ad un convegno a Napoli: Vi posso dire che portare in Europa un televisore dal Far East costa 10 dollari ( lire) e portare una lattina di birra dall Europa agli USA costa 1 centesimo di dollaro (21 lire).la via d uscita sembra quella delle economie di scala, ma, come abbiamo visto, c è chi ha dei dubbi su questa strategia. Le compagnie marittime comunque si sono avviate su questa strada, mediante alleanze, fusioni e verticalizzazioni. Il naviglio subirà una forte spinta al gigantismo. Ma ciò non toglie che questo rimanga un settore ad elevato rischio d impresa, in particolare dopo la riforma delle Ocean Freight Rates (OFR) negli Stati Uniti. Giunta a seguito della precedente riforma del diritto antitrust che abrogava la storica esenzione di cui hanno goduto le compagnie marittime nel rispetto delle norme a tutela della concorrenza, interdetta quindi la costituzione di cartelli, la norma introdotta nel 1999 ha imposto la negoziazione individuale e confidenziale del nolo in luogo delle tariffe pubbliche di cartello. Questa pratica, fortemente sostenuta dalle associazioni dei caricatori e dal mondo dell utenza, si è andata poi estendendo anche fuori degli USA. Nei terminal portuali abbiamo assistito ad un evoluzione che presenta analogie e diversità. Calo delle tariffe di movimentazione, in particolare nei paesi, come l Italia, dove si è passati da un regime pubblico ad una gestione privata delle banchine. Il costo di sbarco/imbarco di un contenitore in Italia era sulle lire nel 1989/90 ed è sulle lire oggi, come mostra la figura 10. Si assiste, invece che ad un processo di concentrazione, come nello shipping, ad un processo di frammentazione, con il moltiplicarsi di terminal in concorrenza tra loro. Nel settore portuale sembra prevalere il concetto di economia di rete piuttosto che quello di economia di scala. Grandi gruppi, come Hutchison Wampoa di Hong Kong, PSA di Singapore (Genova-Voltri, Singapore, Fuzhou, Aden ), Eurogate di Amburgo/Brema (Gioia Tauro, La Spezia, Amburgo, Bremerhaven, Lisbona ), P&O Ports (Cagliari, Southampton, Manila, Colombo, Melbourne ), assumono il controllo di terminal in tutto il mondo per razionalizzare le risorse e affermare una presenza internazionale, in modo da sfuggire a quello che è stato storicamente il limite oggettivo della portualità: essere una realtà locale. Questi grandi gruppi controllano la totalità dei terminal italiani di una certa rilevanza, da Genova a Gioia Tauro, da La Spezia a Venezia, da Cagliari a Ravenna, mentre altri gruppi minori, come Freeport di Malta si affacciano sul nostro mercato in maniera 8

9 aggressiva (Brindisi). E un fenomeno molto positivo per il nostro paese, perché consente ai nostri scali di non restare fuori dalle grandi reti mondiali. Ma non elimina il problema della redditività, anzi per certi versi lo rende più acuto, in particolare se entrano sul mercato dello handling i principali clienti dei porti, le grandi compagnie marittime. Taranto, il porto di transhipment dove tra poco entrerà in servizio il terminal di Evergreen, ne è l esempio più eclatante. Il problema della redditività è presente anche nell altro universo di attori, quello degli spedizionieri, dei multimodal transport operators (MTO) e dei Non Vessel Operating Common Carrier (NVOCC). Sono gli attori della catena che raccolgono la domanda e la convogliano verso le compagnie marittime e verso i porti, sono quelli che dispongono di reti capillari di distribuzione sul continente e di un know how sofisticato, di vecchia data. Il problema della redditività in questo universo si pone in quanto i leaders di mercato dispongono di quote irrisorie del medesimo, come si evince dalla tabella 4, tratta dalla pubblicazione di una banca d affari svizzera. I margini operativi lordi, erosi del tutto nel settore stradale, rimangono ancora interessanti nel settore marittimo, vedi tabella 5, ma i cambiamenti strutturali accelerati dalla riforma delle OFR, in base ai quali la negoziazione del servizio avviene direttamente tra carrier e cliente finale (caricatore proprietario della merce) rischia di tagliarli fuori, riducendo ulteriormente la loro quota di mercato. Come affrontare queste criticità? Distinguiamo tra criticità derivanti da inadeguatezza di infrastrutture fisiche e criticità derivanti dalle scelte di posizionamento sul mercato. Sulle prime la mano pubblica può fare molto, sulle altre può soltanto agire in maniera indiretta. Da parte della mano pubblica non si può assistere indifferenti al rischio che i nostri porti di transhipment vengano emarginati dalle correnti di traffico mondiali. Occorre quindi accelerare l iter di tutti gli strumenti finanziari previsti dalla normativa vigente (dagli accordi di programma ai contratti d area, agli stanziamenti previsti dalla legge 413 per i porti, ai finanziamenti dell Agenda 2000) affinché gli interventi sul piano delle infrastrutture si facciano in tempi brevi. I traffici containerizzati sono estremamente volatili ed i nostri concorrenti non stanno certo a guardare. Gioia Tauro deve poter disporre di banchine, fondali e spazi di manovra in grado di accogliere le navi della prossima generazione, capaci di portare TEU ed oltre. Quanto maggiore la portata delle navi, tanto minore il numero di porti toccati lungo la rotta e quindi più dura la selezione tra i porti. Per quanto riguarda il problema della redditività delle imprese, né le economie di scala né le economie di rete sembrano bastare. Tutti gli attori della catena, dalle compagnie di navigazione agli operatori terminalisti agli MTO, NVOCC e spedizionieri tutti intendono allargare la loro gamma di servizi ed offrire servizi di logistica integrata a valore aggiunto, tutti cioè intendono entrare sul mercato della industrial contract logistics, conquistare segmenti sempre più ampi della supply chain. Per farlo le compagnie di navigazione debbono scendere a terra, cioè farsi esse stesse operatori terminalisti ottenendo la concessione di spazi portuali, organizzare direttamente i collegamenti terrestri via strada o con il treno, stoccare la merce, distribuirla e soprattutto offrire al cliente una rintracciabilità dell unità di carico ovunque esso si trovi. Per farlo, gli operatori terminalisti debbono attrezzare aree retroportuali e adibirle a piattaforme di distribuzione, debbono organizzare i servizi ferroviari intermodali e quelli stradali di consegna a destino, debbono possedere inland terminal e sistemi informativi in grado di offrire la rintracciabilità almeno dal lato terra. Lo stesso vale per gli spedizionieri, MTO, NVOCC ecc.. Salta la divisione dei ruoli sulla quale erano stati saldati insieme i diversi anelli della catena, e la competizione si fa più serrata ma il 9

10 nuovo mercato che si apre, cioè il mercato della terziarizzazione dei servizi logistici delle grandi imprese industriali e di distribuzione organizzata, sembra molto promettente, con tassi di crescita annui a due cifre. (cfr. tabella 5) La grande corsa al mercato della contract logistics In che consistono i servizi di logistica integrata? Riprendiamo la distinzione proposta dal vice Presidente del gruppo che controlla la Maersk-Sea Land. A. Servizi Physical-Based, che includono la spedizione, il consolidamento, il trasporto via treno, via strada o per aereo, il deposito, la distribuzione, il prelievo, l imballo, l etichettatura, l assemblaggio, il recupero materiali ecc.i servizi Informational-Based che includono il track & trace, la gestione dell ordine, le previsioni di vendita, il controllo degli approvvigionamenti e del flusso di produzione, la gestione delle scorte, la documentazione, la gestione degli imprevisti, gli strumenti di decisione, l analisi delle vendite, la statistica, gli indicatori di performance ecc. C. I servizi Financial-Based, che comprendono l audit, i pagamenti, le dichiarazioni doganali, le assicurazioni, le operazioni valutarie sui cambi, la gestione del capitale, le lettere di credito, la fatturazione, l intermediazione finanziaria ecc. Ora, se per offrire servizi su base informatica o finanziaria il fattore spaziale, cioè la localizzazione fisica non contano, per fare servizi del primo tipo lo spazio fisico è indispensabile e la localizzazione giusta è un fattore critico di successo. Il fattore territorio è quello decisivo. Anche qui dobbiamo esaminare il problema da un duplice livello: quello del territorio e quello dei servizi offerti. I porti, se vogliono fare servizi logistici a valore aggiunto, debbono avere ampie superfici a disposizione, nella cinta portuale o, meglio, nelle aree retroportuali, e debbono poter disporre di collegamenti terrestri efficienti. I porti, in particolare in Italia, ormai efficienti e competitivi sul lato mare rischiano di soffocare sul lato terra. Nei porti delle città storiche il problema degli spazi retroportuali è drammatico, come sappiamo, nei porti del Mezzogiorno invece, che dispongono di vaste aree alle spalle o di spazi di banchina molto estesi, in particolare quelli di transhipment (Gioia Tauro, Taranto, Cagliari) il problema è semmai di natura politica e riguarda gli enti preposti al governo del territorio. Qualora la configurazione del territorio consenta un espansione del ciclo marittimo-portuale in aree utilizzabili per attività logistiche e ci siano vincoli di carattere amministrativo, incrostazioni d interessi o altri impedimenti che possano ostacolare questo processo, occorre che lo Stato intervenga per rimuoverli con estrema decisione, pena il lento decadimento del porto e la sua graduale esclusione dai traffici internazionali. Vincoli amministrativi e incrostazioni d interessi possono soffocare sul nascere lo sviluppo della risorsa distributiva del territorio. Un territorio possiede risorse distributive quando diventa sede di installazioni e imprese che offrono servizi logistici a valore aggiunto. Un porto di transhipment può offrire a grandi operatori internazionali la possibilità di distribuire le merci su un intero subcontinente e su decine di diverse destinazioni utilizzando i suoi servizi feeder. Può offrire a imprese medio piccole la possibilità non solo virtuale ma reale, di accedere ai mercati mondiali a costi competitivi, può diventare il nucleo originario di un distretto logistico o di un freight village, può diventare la piattaforma di distribuzione di automobili e 10

11 veicoli industriali nuovi, che vengono parcheggiati, protetti con particolari accorgimenti (ceratura), selezionati in base alla clientela, eventualmente dotati di alcuni optional. Non a caso il gruppo che gestisce il terminal di Gioia Tauro ha creato una società di logistica per la distribuzione delle auto (BLG Automobile Logistics Italia), disponendo del know how e della clientela che gli permettono di gestire a Bremerhaven il maggior terminal portuale auto d Europa. Arricchire le risorse distributive del Mezzogiorno significa offrire alle piccolo-medie imprese, che sono l ossatura della nostra economia, un supporto decisivo sul terreno che presenta per loro la maggiore criticità: quello dei collegamenti con i nuovi mercati che si aprono grazie all ecommerce. Ampliare il mercato degli approvvigionamenti e delle vendite significa aumento del numero dei clienti e degli ordini con relativa diminuzione del valore medio dell ordine e questo, combinato con la riduzione dei tempi di consegna e con l aumento della frequenza delle consegne, porta per le PMI un incremento dei costi di trasporto e dei costi amministrativi a parità di fatturato, che può incidere molto negativamente sul loro conto economico. Ecco perché poter disporre di servizi logistici efficienti e a basso costo diventa decisivo per il futuro delle nostre PMI. Distripark e parchi ferroviari La consapevolezza che il mercato della contract logistics possa aprire agli operatori del ciclo marittimo-portuale nuove opportunità è ormai diffusa e consolidata. Molti porti italiani ritengono che il modo migliore per presentarsi su questo mercato sia quello di costruire un distripark. Per evitare facili illusioni e poi brusche delusioni sarà bene ricordare che il termine distripark è stato utilizzato per la prima volta in Olanda per indicare le piattaforme logistiche delle multinazionali americane o giapponesi, che avevano optato per sistemi distributivi a livello europeo con un solo magazzino centrale. L area scelta da queste piattaforme come zona ottimale veniva chiamata distripark quando vedeva la presenza di più piattaforme. Il porto entrava in gioco in un secondo momento, perché la maggioranza delle merci trattate in queste piattaforme vi transitava (di norma in container). L origine del distripark si trova dunque nelle scelte logistiche delle grandi imprese, non nelle scelte commerciali del porto. Attrezzare un area, costruirvi dei capannoni, dei centri servizi e poi attaccare all ingresso un cartello con sopra scritto distripark, certamente può servire per attirare imprese in cerca di spazi, non è detto però che sia sufficiente per far diventare quell area una piattaforma logistica. Forse si tratta solo d intendersi sui termini e di capire che differenza c è tra i servizi erogati all utente da un distripark rispetto a quelli erogati da un interporto. Molto più importante del distripark è la dotazione ferroviaria di un porto. La ragione è molto semplice ed è esposta con grande chiarezza sia negli studi OSC e Drewry, sia nel saggio di Clarkson Research già citati, oltre che in numerose altre fonti tra cui è bene ricordare La desserte terrestre des ports maritimes, atti della 103ma Tavola Rotonda della CEMT (Conférence Européenne des Ministres des Transports). Il costo del trasporto ferroviario intermodale da porto a inland terminal o il trasporto pesante su strada da porto a destinazione finale incidono sempre di più sui costi dell intero tragitto del container. Se circa dollari sono il costo di un trasporto marittimo Est Asia-porti del Northern Range per un container da 40 pesante, se i Total Handling Costs (THC) oscillano tra i 120 e i 150 euro, il costo per portarlo via treno a Basilea da Rotterdam o da Anversa è rispettivamente di 500 e 550 euro, cifra cui vanno aggiunti i costi di terminalizzazione (150 euro circa). Maggiore sarebbe il costo se dovessimo portarlo a Basilea da Genova, malgrado la minore distanza. 11

12 Secondo le analisi dell Ufficio Italiano Cambi, compiute l anno scorso in occasione della revisione del sistema di calcolo della bilancia dei noli, nel decennio l andamento dei noli dei diversi modi di trasporto è stato il seguente: strada Aereo treno nave (container) ,7 70,2 106,1 123, ,7 94,0 106,5 96, = 100 I noli marittimi sono gli unici a subire una riduzione (in certe tipologie di traffico anche del 50%) mentre i noli ferroviari e stradali o sono in crescita o sono stabili. E evidente quindi che la proporzione tra il costo della tratta via mare e quello della tratta terrestre risulta sempre più a favore di quest ultima malgrado la distanza percorsa sia molto inferiore. Ancora più importante è il percorso terrestre dal punto di vita del servizio al cliente. Poiché i carichi delle portacontainer hanno sempre dei volumi molto elevati, il trasporto via ferrovia diventa la soluzione ottimale, dato lo stato di congestione del traffico stradale. Per quanto riguarda il Mezzogiorno, data la grande distanza tra i porti ed i loro mercati di riferimento, il trasporto via treno non ha rivali, anche nei confronti del feeder marittimo. Si è calcolato che un container sbarcato a Gioia Tauro e consegnato a Milano con trasporto ferroviario intermodale potrebbe beneficiare di un risparmio di tempo di tre/quattro giorni sul feeder marittimo e di un risparmio economico del 10/20%. Eppure solo il 4% dei container di Gioia Tauro che hanno origine e destinazione l Italia vengono trasportati per ferrovia e l 80% ha come regione di riferimento la Puglia. Ciò è dovuto ai ritardi nella costruzione e nell entrata in servizio del raccordo che collega il porto con la stazione di Rosarno. L opera, finalmente completata, e l iniziativa commerciale di Trenitalia Cargo, che si assume il rischio treno col nuovo servizio multicliente, porteranno a una svolta nel corso del 2001, consentendo al porto di disporre di un offerta ferroviaria doppia rispetto a quella attuale. Un indubbio passo avanti, ma ancora insufficiente per realizzare quello che può diventare un radicale mutamento nel ruolo dei porti del Sud, cioè il passaggio dal ruolo di porti regionali del Mediterraneo al ruolo di gates per tutta Europa dei flussi di merci provenienti e dirette al Far East. Passaggio che può essere realizzato a una sola condizione: che si possa disporre di reti ferroviarie adeguate e di servizi ferroviari affidabili. I terminal portuali italiani del Sud possono diventare la porta d ingresso degli scambi con il Far East per tutta l Europa? Un idea come questa avrebbe fatto sorridere i più accreditati analisti del mercato qualche anno fa. Oggi invece sembrano orientati diversamente. Il recentissimo studio Ocean Shipping Consultants North European Containerisation non a caso si conclude con la domanda: lo sviluppo dei porti mediterranei quanto può incidere sul mercato dei porti del Nord? La risposta è che occorre analizzare la questione da un doppio punto di vista: la perdita secca per i porti del Nord di quote di mercato e la perdita indiretta provocata dalla sostituzione dei servizi direct deep sea con servizi feeder short sea a partire dai porti di transhipment del Mediterraneo. Tale seconda ipotesi sarebbe avvalorata dall entrata in servizio di navi full container di dimensioni tali da sconsigliare il loro 12

13 utilizzo per servizi diretti East-Asia-Nordeuropa e da limitarne l impiego ai servizi pendulum East Asia-Nordamerica. Lo studio OSC non sembra dar credito a questa ipotesi mentre avvalora l altra e cioè la perdita secca di quote di mercato da parte dei porti del Northern Range a favore dei porti del Mediterraneo. Finora argomentano OSC il modo migliore per servire i ricchi mercati italiani, svizzeri e austriaci e la stessa Francia del Sud è stato quello di utilizzare i servizi ferroviari intermodali dai porti di Rotterdam e di Anversa. Oggi il mercato più grosso, quello italiano, si può ben servire dai porti della penisola. Questo è vero in linea generale, tuttavia io sarei ancora prudente nel pronosticare per i porti del Sud ed in particolare per quelli di transhipment un avvenire tale da metterli in competizione con Rotterdam e Anversa anche sui mercati transalpini, in particolare sul mercato della Germania meridionale. Due sole considerazioni, a questo proposito. Un esperto italiano di problemi portuali, l ing. Trotta di Marconsult, ha dimostrato in un articolo pubblicato sull ultimo numero dell International Journal of Maritime economics che il recupero di quote di mercato da parte dei porti mediterranei a scapito dei porti del Nord è più apparente che reale, cioè è un illusione statistica determinata dalla presenza dei porti di transhipment, che contano i TEU due volte. Trotta prova a fare un confronto dei traffici container negli anni 1997/1999 tra soli terminal non di transhipment (tra Le Havre, Rotterdam, Anversa, Zeebrugge, Amburgo e Bremerhaven da un lato e Valencia, Barcellona, Marsiglia, Genova, Livorno, La Spezia, Venezia e Koper dall altro), il risultato è il seguente (in milioni di TEU): crescita Porti selezionati del Nord Porti selezionati del Sud Totale TEU Come si vede, la crescita complessiva dei porti del Nordeuropa è molto più consistente. Quindi, sulla base di questo test, ad un esame più approfondito, potrebbe darsi che nel corso degli Anni 90 i porti del Nord abbiano accresciuto, non diminuito, la loro quota di mercato. Certi luoghi comuni che circolano nell ambiente portuale italiano ed hanno il solo effetto di dar luogo a uno sterile trionfalismo dovrebbero essere ridimensionati. La seconda considerazione riguarda i traffici intermodali italiani in direzione dei porti del Nord. Un esempio molto rappresentativo della tendenza generale ci viene dai traffici dell Interporto di Padova, che è uno dei maggiori inland terminal europei, cioè uno scalo ferroviario dove vengono imbarcati e sbarcati i container in direzione dei porti. Nel 2000 l Interporto di Padova ha movimentato circa TEU, più di qualunque porto dell Adriatico. Come si vede dalle figure 11 e 12 i porti del Nord vengono usati dagli utenti italiani, cioè dalle imprese, soprattutto per l import (73% dei treni viene dal Nord) mentre per l export si utilizzano i porti italiani (22% dei treni soltanto va al Nord). Tra l altro, la tendenza non accenna ad invertirsi, perché la quota di import via porti del Northern Range, secondo i dati di Padova, è in crescita (69% nel 1996, 73% nel 2000). Occorre quindi una lettura molto più differenziata dei dati per poter dare delle valutazioni più precise. I noli ferroviari e marittimi sono ancora favorevoli ai porti del Northern Range. I transit time sulle rotte con il Far East come è stato messo in luce dallo studio del CNEL sui traffici nel 13

14 Mediterraneo - non presentano grandi differenze, malgrado i 5/6 giorni di navigazione in più, perché le navi che toccano i porti del Nord fanno meno scali rispetto a quelle che toccano i porti mediterranei per il maggior carico di cui dispongono. Ma ciò che ancora pone i porti del Nord in posizione competitiva è la presenza nei loro hinterland dei centri di distribuzione europea delle multinazionali. Dove il Mediterraneo è attualmente competitivo??? nella dotazione di scali di transhipment?? nelle tariffe di handling portuale?? nel percorso marittimo più breve. Dove potrebbe essere competitivo? Abbandonare il concetto di competizione tra Range portuali e adottare una visione di sistemi a rete Gli operatori che hanno fatto la fortuna di Gioia Tauro ci propongono i seguenti dati, per dimostrare la competitività del sistema meridionale e per rendere credibile l ipotesi che dai porti italiani del Mezzogiorno sia possibile servire i mercati del Centro-Europa. Un servizio Far East-Germania meridionale (per esempio Singapore-Monaco di Baviera) via Rotterdam impiega 20 giorni, via Amburgo 22 giorni, via Gioia Tauro potrebbe impiegare 14 giorni. Il costo sarebbe inferiore del 13%. Sono dati che smentiscono le nostre precedenti affermazioni? No, tutto sta in quel potrebbe, cioè nella volontà del sistema-italia, quindi del decisore pubblico e dell impresa privata nel creare le condizioni perché quel potrebbe diventi si può. Per farlo occorre realizzare in tempi rapidi i potenziamenti richiesti nei terminal (spazi di manovra, di accosto, fondali), occorrono investimenti in gru con sbraccio in grado di raggiungere le 22 file di container delle navi della prossima generazione in luogo delle 18 attuali, occorrono spazi retroportuali dedicati e imprese innovative ed efficienti che vi s installino, occorrono enti e istituzioni pubbliche che non creino ostacoli, occorrono tempi e impegni assunti dalla mano pubblica che vengano rispettati, occorrono Autorità Portuali con ampia visione del futuro, circondate da consenso, in perfetta armonia con i terminalisti, occorre che i raccordi ferroviari con la linea principale funzionino al massimo di efficienza, occorre che la linea Paola-Sibari sia portata a standard adeguati ad un traffico container, occorre che la linea adriatica possa permettere il transito anche dei container high cube, occorre che gli operatori ferroviari mettano a disposizione servizi in grado di competere coi transit time del feeder ma altrettanto affidabili e regolari, occorre che vi siano sempre locomotori, carri e personale a disposizione, che vi siano tracce orarie a sufficienza a sopportare un carico di traffico che potrebbe raggiungere negli anni prossimi dieci coppie di treni al giorno dai terminal di Brindisi, Taranto e Gioia Tauro. Quante di queste condizioni sono già oggi soddisfatte? Il problema è che debbono esserlo tutte assieme contemporaneamente. La mancanza di una sola di esse potrebbe far fallire l ambiziosa prospettiva di diventare gate dell Europa. Ma c è un punto sul quale gli operatori di Gioia Tauro ci danno un indicazione preziosa: non si può più parlare di competizione tra Range portuali bisogna parlare di competizione tra diversi sistemi a rete che comprendono porti di diversi Range. Proprio Eurogate è l esempio classico: gestisce Amburgo, Brema, Gioia Tauro e La Spezia, due porti al 14

15 Nord e due porti al centro del Mediterraneo. Come potrebbe essere in competizione con sé stesso? La sua strategia, come quella di tutti i grandi terminal operators mondiali consiste nel disporre di una rete in grado di offrire una molteplicità di soluzioni logistiche, una molteplicità di servizi ad una clientela che chiede sempre più personalizzazione dei medesimi. Così si entra nel mercato della contract logistics. Altrimenti se ne resta fuori, al Nord come al Sud. Questo, a mio avviso, è l approccio globale con cui si deve leggere oggi il mercato dei traffici containerizzati. Leggerlo con la lente di un solo porto (es. Taranto) o di un solo Range portuale (es. i porti del Sud Italia) ci porta fuori strada. 15

16 Tabella 1 Traffico di contenitori sulle principali rotte mondiali In milioni di TEU Eastbound Westbound Totale Transpacifica Transatlantica Europa/F. East Europa/M.O Nordamerica/M.O F.East/M.O Totale Est-Ovest Totale Nord-Sud Totale interregionale Totale intraeuropeo Fonte: Drewry

17 Figura 1 Transiti nel Canale di Suez per tipologia di naviglio % sul numero totale % sul tonnellaggio totale Tankers Bulk carriers Combined carriers General Cargo Container Lash ships Ro/ro ships Car carriers Passengers War ships Others Fonte: ISL,

18 Figura 2 A C T G.T P A= Algesiras C = Cagliari T = Taranto G.T. = Gioia Tauro M = Malta P = Pireo D = Damietta L = Limassol M D L 18

19 Tabella 2 L incidenza del transhipment nei traffici mediterranei è superiore di tredici punti alla media mondiale Aree % Incidenza del.000 TEU trasbordati transhipment (%vuoti) Nordamerica 6,1% (23,5) Europa Nord 23,0% (16,1) Europa Sud 36,0% (23,3) Far East 18,9% (19,1) Sudest A. 48,1% (15,3) Asia Sud 24,0% (17) M. Oriente 41,2% (25,3) Am. Latina 18,0% (31,6) Africa 14,7% 901 (27,0) Totale mondo 23,9% (20,5) Fonte: Drewry, 2000 Tabella / / / / 2003 Nordamerica 4,5% 4,2% 3,9% 3,3% Europa Nord 5,6% 2,5% 5,0% 4,6% Europa Sud 12,7% 6,5% 9,2% 7,2% Far East 10,5% 6,1% 10,7% 10,5% Asia sud-est 10,8% 13,4% 14,8% 13,8% Asia sud 11,5% 24,5% 12,8% 14,2% M. Oriente 4,2% 8,2% 8,3% 8,4% Am. Latina 16,4% 16,6% 12,5% 12,7% Africa 17,6% 7,8% 7,5% 7,4% Totale mondo 9,4% 7,7% 9,4% 9,1% 19

20 Figura 3 Previsioni di traffico nel Mediterraneo: riepilogo TEUs Fonte: OSC, Mediterranean Container Market, Anni Mediterraneo Occidentale Mediterraneo Centrale Mediterraneo Orientale 20

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