TRENDS 2012 Sviluppo economico Lavoro Persone

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1 TRENDS 2012 Sviluppo economico Lavoro Persone Milano Ata Hotel Executive martedì 22 novembre 2011 PLATINUM SPONSOR Carter BensonR e x e c u t i v e s e a r c h EVENT PARTNER SPONSOR Printing for Professionals

2 2 HRC TRENDS 2012 Sviluppo economico, lavoro e persone

3 Mentre l America sprona l Europa in attesa che alle dichiarazioni di intenti e di principio segua il passaggio all azione, per salvare un continente che brucia centinaia di miliardi di euro arriva dal vertice front and center di Cannes la ricetta dei grandi del mondo per lasciarsi alle spalle la delicata congiuntura odierna. E il mercato del lavoro italiano prova ad uscire dalla crisi. Manda segnali interessanti, ma ancora troppo deboli. Elabora le sue alternative, ma manca di coordinazione. Punta sulla rivalutazione dell ambiente e sulla cura degli individui, ma lascia ancora latitare una reazione unitaria e forte di fronte agli sconquassi dell onda anomala che ha messo sottosopra le economie di mezzo mondo. Se alla preoccupazione diffusa si riesce a rispondere, ancora e soltanto, con le magre evidenze di una crescita tutto sommato modesta, viene da chiedersi: all estate torrida seguirà un autunno arido? Cosa sta accadendo al mondo dell economia? Che rotta seguirà il mercato domani? Di fronte a domande come queste, che assillano il dibattito pubblico nel presente, HRC rende palesi le sue risposte innovative organizzando un evento esclusivo. Un occasione per tirare le somme di questa crisi e proporre chiare e inedite vie d uscita. Per ribadire in modo nuovo la necessità di un cambiamento oggettivo e culturale di mentalità e delineare l identikit del lavoro del futuro più prossimo, quello che ci attende proprio dietro l angolo. Per mettere in luce e discutere, attingendo al contributo della squadra dei tanti e differenti ospiti di primo piano a vario titolo coinvolti, le parole d ordine di domani: Welfare, Lavoro, Green e Wellness. 3

4 4 INDAGINI, APPROFONDIMENTI E INTERVISTE

5 L Italia può essere ancora un Paese competitivo? E quali sono le prime 5 priorità in grado di guidare il processo di sviluppo del nostro Paese? Ancora, quali politiche e quali strategie dovrebbero oggi essere in testa all agenda del Mercato del Lavoro? La corrente di riflessione inaugurata dalla Community e posta alla base dell HRC Trends 2012 si muove su interrogativi come questi, perché ci sembrano emblematici della necessità di un cambiamento culturale e visibile di mentalità nell approcciare una realtà importante come quella del lavoro che ci attende nel futuro più prossimo. Una realtà inedita e tanto articolata da meritare un introduzione tematica come quella che abbiamo predisposto, da un lato attraverso le ricerche inserite nel documento, e dall altro mediante gli approfondimenti proposti in termini di analisi giornalistica. Testimonianze di varia matrice in grado di render conto delle dinamiche in atto in termini di competitività del nostro Paese, priorità di sviluppo, agenda del Mercato del Lavoro. Non solo: abbiamo anche voluto rivolgere i relativi quesiti ai tanti e differenti ospiti di primo piano a vario titolo coinvolti nell evento. Più oltre trovate le mini-interviste. 5

6 RAPPORTO SUL MONDO DEL LAVORO 2011: IL MONDO VA VERSO UNA NUOVA E PIÙ PROFONDA RECESSIONE DEL LAVORO, PERICOLO DI ULTERIORI TENSIONI SOCIALI RICERCHE In una preoccupante analisi pubblicata alla vigilia del vertice del G20 di Cannes, l ILO afferma che l economia globale è sull orlo di una nuova e più profonda recessione dell occupazione che ritarderà ulteriormente la ripresa economica globale e potrebbe risvegliare ulteriori tensioni sociali in molti paesi. Siamo arrivati al momento della verità. Ci resta poco tempo per agire e per evitare una ricaduta drammatica dell occupazione, spiega Raymond Torres, Direttore dell Istituto Internazionale di Studi Sociali dell ILO che ha pubblicato il rapporto. Secondo il nuovo World of Work Report 2011: Making markets work for jobs (Rapporto sul Mondo del Lavoro 2011: i mercati al servizio dell occupazione), la ripresa economica stagnante ha cominciato ad avere un effetto drammatico sui mercati del lavoro. Ai ritmi attuali, nelle economie avanzate, ci vorranno almeno cinque anni per riportare l occupazione ai livelli pre-crisi, un anno in più di quanto previsto nel rapporto dell anno scorso. Il rapporto segnala che il mercato del lavoro attuale ha già raggiunto il limite dei sei mesi abituali che separano una recessione economica dal suo impatto sull occupazione, e precisa che dovranno essere creati 80 milioni di posti di lavoro nei prossimi due anni se si vuole tornare ai tassi di occupazione pre-crisi. Tuttavia, il recente rallentamento della crescita fa presupporre che l economia mondiale riuscirà a creare solo la metà dei posti di lavoro necessari. Il rapporto presenta anche un nuovo indice di tensione sociale che mostra i livelli di malcontento dovuto alla mancanza di posti di lavoro e di risentimento causato dalla percezione che il peso della crisi non venga condiviso in modo equo. In 45 dei 119 paesi esaminati, il rischio di tensioni sociali sta aumentando. Si fa riferimento soprattutto alle economie avanzate, in particolare all Unione Europea, al mondo arabo, e in misura minore, all Asia. Al contrario, nell Africa sub-sahariana e in America Latina il rischio di tensioni sociali è più stabile o minore. Lo studio mostra come quasi i due terzi delle economie avanzate e la metà delle economie emergenti e in via di sviluppo, per le quali sono disponibili dati recenti, stanno di nuovo attraversando un rallentamento dell occupazione. Questo va ad aggiungersi ad una situazione occupazionale già precaria, caratterizzata da livelli di disoccupazione globale mai raggiunti prima e che hanno superato i 200 milioni in tutto il mondo. Il rapporto cita tre motivi per cui l attuale rallentamento economico potrebbe avere un impatto particolarmente forte sull occupazione: primo, rispetto all inizio della crisi, ora le aziende sono in una posizione più debole per poter preservare i propri lavoratori; secondo, di fronte alla crescente pressione perchè si adottino misure di austerità, i governi sono meno inclini a mantenere o ad adottare nuovi programmi a sostegno dell occupazione e del reddito; terzo, i paesi sono abbandonati a loro stessi a causa della mancanza di un reale coordinamento politico a livello internazionale. Gli altri principali risultati del rapporto sono: Nei prossimi due anni sarà necessaria la creazione netta di circa 80 milioni di posti di lavoro per poter ritornare ai tassi di occupazione pre-crisi (27 milioni nelle economie avanzate ed il resto nei paesi emergenti e in via di sviluppo). Dei 118 paesi per cui sono disponibili dati, 69 hanno registrato un aumento nella percentuale delle persone che dichiarano un peggioramento nel 2010 del proprio tenore di vita rispetto al Nella metà dei 99 paesi analizzati, gli intervistati affermano di non avere fiducia nei loro governi nazionali. 6

7 Nel 2010, oltre il 50% delle persone nei paesi industrializzati ha dichiarato di non essere soddisfatta rispetto alla disponibilità di lavori dignitosi (in Grecia, Italia, Portogallo, Slovenia e Spagna, oltre il 70% degli intervistati ha riferito di essere insoddisfatto). Fra il 2000 ed il 2009, la quota degli utili sul PIL è aumentata nell 83% dei paesi analizzati. Tuttavia, durante lo stesso periodo, gli investimenti produttivi sono stagnanti a livello globale. Nei paesi avanzati, la crescita degli utili delle imprese, escluse le società finanziarie, si è tradotta in un aumento sostanziale dei dividendi distribuiti (dal 29% degli utili nel 2000 al 36% nel 2009) e degli investimenti finanziari (dal 81,2% del PIL nel 1995 al 132,2% nel 2007). La crisi aveva leggermente invertito questa tendenza che è ricominciata nel RICERCHE La volatilità dei prezzi alimentari è raddoppiata durante il periodo rispetto ai cinque anni precedenti, compromettendo le prospettive di lavoro dignitoso nei paesi in via di sviluppo. Gli investitori finanziari beneficiano maggiormente di questa volatilità rispetto ai produttori agricoli, sopratutto quelli più piccoli. Il rapporto chiede il mantenimento e, in alcuni casi, il rafforzamento dei programmi a favore dell occupazione e avverte che gli sforzi per ridurre il debito pubblico e il deficit spesso si sono concentrati in maniera sproporzionata sul mercato del lavoro e sulle misure sociali. Per esempio, il rapporto mostra che aumentando le spese a favore delle politiche attive del mercato del lavoro dello 0,5% del PIL, si potrebbe aumentare l occupazione dallo 0,4% allo 0,8%, a seconda del paese. Lo studio chiede inoltre di sostenere gli investimenti nell economia reale attraverso una riforma finanziaria e misure a favore degli investimenti. Infine, il rapporto denuncia che la convinzione secondo cui la moderazione salariale porta alla creazione di posti di lavoro è un falso mito, e invita ad adottare una strategia di rilancio globale guidato dai redditi. Questo contribuirebbe a stimolare gli investimenti riducendo, allo stesso tempo, l eccessiva disparità dei redditi. (Fonte: ILO - International Labour Organization - 31 ottobre 2011) 7

8 RICERCHE OCCUPATI E DISOCCUPATI Dati provvisori A settembre 2011 gli occupati sono mila, in diminuzione dello 0,4% (-86 mila unità) rispetto ad agosto. Il calo riguarda sia la componente maschile sia quella femminile. Nel confronto con l anno precedente l occupazione resta sostanzialmente invariata. Il tasso di occupazione si attesta al 56,9%, in diminuzione sia nel confronto congiunturale (-0,2 punti percentuali) sia in termini tendenziali (-0,1 punti percentuali). Il numero dei disoccupati, pari a mila, aumenta del 3,8% rispetto ad agosto (76 mila unità). Su base annua si registra una crescita del 3,5% (71 mila unità). L incremento interessa sia la componente maschile sia quella femminile. Il tasso di disoccupazione si attesta all 8,3%, in aumento di 0,3 punti percentuali sia rispetto ad agosto sia rispetto all anno precedente. Il tasso di disoccupazione giovanile sale al 29,3%, con un aumento congiunturale di 1,3 punti percentuali. Gli inattivi tra i 15 e i 64 anni crescono dello 0,1% (21 mila unità) rispetto al mese precedente e il tasso di inattività si attesta al 37,9%, registrando un aumento congiunturale di 0,1 punti percentuali. 8

9 RICERCHE Differenze di genere A settembre l occupazione è in calo rispetto al mese precedente; tale diminuzione riguarda sia la componente maschile (-0,3%) sia quella femminile (-0,4%). Su base annua l occupazione resta sostanzialmente invariata, sintesi di un aumento degli uomini occupati dello 0,1% e di una diminuzione delle donne di pari entità. Il tasso di occupazione maschile, pari al 67,7%, diminuisce di 0,2 punti percentuali rispetto ad agosto, restando invariato su base annua. Quello femminile, pari al 46,1%, registra una diminuzione di 0,2 punti percentuali sia in termini congiunturali sia tendenziali. La disoccupazione maschile cresce del 4,4% rispetto al mese precedente e del 3,3% nei dodici mesi; anche il numero di donne disoccupate aumenta rispetto ad agosto (+3,1%) e su base annua (+3,8%). Il tasso di disoccupazione maschile aumenta di 0,3 punti percentuali nell ultimo mese, portandosi al 7,4%; anche quello femminile mostra un aumento della stessa entità e si attesta al 9,7%. Rispetto all anno precedente il tasso di disoccupazione maschile sale di 0,2 punti percentuali e quello femminile di 0,3 punti percentuali. L inattività aumenta dello 0,1% in confronto al mese precedente sia nella componente maschile sia in quella femminile; nei dodici mesi gli uomini inattivi diminuiscono dello 0,2%, mentre le donne inattive aumentano dello 0,5%. 9

10 RICERCHE Il prospetto che segue riepiloga le revisioni, in termini di differenze tra le variazioni congiunturali, che emergono considerando i dati diffusi con il comunicato odierno e quelli del comunicato precedente 10

11 Glossario Forze di lavoro: comprendono le persone occupate e quelle disoccupate. Occupati: comprendono le persone di 15 anni e più che nella settimana di riferimento: hanno svolto almeno un ora di lavoro in una qualsiasi attività che preveda un corrispettivo monetario o in natura; hanno svolto almeno un ora di lavoro non retribuito nella ditta di un familiare nella quale collaborano abitualmente; sono assenti dal lavoro (ad esempio, per ferie o malattia). I dipendenti assenti dal lavoro sono considerati occupati se l assenza non supera tre mesi, oppure se durante l assenza continuano a percepire almeno il 50% della retribuzione. Gli indipendenti assenti dal lavoro, ad eccezione dei coadiuvanti familiari, sono considerati occupati se, durante il periodo di assenza, mantengono l attività. I coadiuvanti familiari sono considerati occupati se l assenza non supera tre mesi. RICERCHE Disoccupati: comprendono le persone non occupate tra i 15 e i 74 anni che: hanno effettuato almeno un azione attiva di ricerca di lavoro nelle quattro settimane che precedono la settimana di riferimento e sono disponibili a lavorare (o ad avviare un attività autonoma) entro le due settimane successive; oppure, inizieranno un lavoro entro tre mesi dalla settimana di riferimento e sarebbero disponibili a lavorare (o ad avviare un attività autonoma) entro le due settimane successive, qualora fosse possibile anticipare l inizio del lavoro. Inattivi: comprendono le persone che non fanno parte delle forze di lavoro, ovvero quelle non classificate come occupate o disoccupate. Tasso di attività: rapporto tra le forze di lavoro e la corrispondente popolazione di riferimento. Tasso di occupazione: rapporto tra gli occupati e la corrispondente popolazione di riferimento. Tasso di disoccupazione: rapporto tra i disoccupati e le corrispondenti forze di lavoro. Tasso di inattività: rapporto tra gli inattivi e la corrispondente popolazione di riferimento. La somma del tasso di inattività e del tasso di attività è pari al 100%. Dato destagionalizzato: dato depurato dalla stagionalità. Variazione congiunturale: variazione rispetto al mese precedente. Variazione tendenziale: variazione rispetto allo stesso mese dell anno precedente. Settimana di riferimento: settimana a cui fanno riferimento le informazioni raccolte. 11

12 RICERCHE Nota metodologica La rilevazione campionaria sulle forze di lavoro ha come obiettivo primario la stima dei principali aggregati dell offerta di lavoro. Dal gennaio 2004 la rilevazione è continua in quanto le informazioni sono rilevate con riferimento a tutte le settimane di ciascun trimestre, mediante una distribuzione uniforme del campione complessivo nelle settimane. Le principali caratteristiche della rilevazione, dagli aspetti metodologici alle definizioni delle variabili e degli indicatori, sono armonizzate a livello europeo e sono definite da specifici regolamenti del Consiglio e della Commissione europea. Le stime mensili riportate in questo comunicato stampa si aggiungono ai dati trimestrali abitualmente pubblicati dall Istat e rappresentano stime provvisorie ottenute sulla base di opportune metodologie statistiche. Le stime mensili sono prodotte a distanza di circa 30 giorni dalla fine del mese di riferimento, in forma provvisoria, basate su una parte consistente del campione mensile coinvolto nella rilevazione (oltre 27 mila famiglie, pari a oltre 62 mila individui, per il mese di settembre), contestualmente alla diffusione dei dati mensili sulla disoccupazione europea da parte di Eurostat. Quando le informazioni dell intero trimestre sono disponibili (a circa 90 giorni dal trimestre di riferimento) vengono rivisti anche i dati mensili. Si precisa comunque che tutte le serie storiche mensili sono a tutt oggi provvisorie, poiché la metodologia di stima è tuttora in corso di affinamento. Il disegno campionario è a due stadi, rispettivamente comuni e famiglie, con stratificazione delle unità di primo stadio. Tutti i comuni capoluogo di provincia o con popolazione superiore ad una soglia prefissata per ciascuna provincia, detti autorappresentativi, sono presenti nel campione in modo permanente. I comuni la cui popolazione è al di sotto delle suddette soglie, detti non autorappresentativi, sono raggruppati in strati. Essi entrano nel campione attraverso un meccanismo di selezione casuale che prevede l estrazione di un comune non autorappresentativo da ciascuno strato. Per ciascun comune campione viene estratto dalla lista anagrafica un campione casuale semplice di famiglie. Ogni trimestre vengono intervistate circa 70 mila famiglie residenti in comuni distribuiti in tutte le province del territorio nazionale. Il campione trimestrale è uniformemente ripartito tra i 3 mesi, tenendo conto del numero di settimane che compongono ciascun mese (rispettivamente 4 o 5). Il mese di riferimento è composto dalle settimane, da lunedì a domenica, che cadono per almeno quattro giorni nel mese di calendario. Il mese di settembre 2011 va da lunedì 29 agosto a domenica 2 ottobre. Ogni famiglia viene intervistata per due trimestri consecutivi; segue un interruzione per i due successivi trimestri, dopodiché essa viene nuovamente intervistata per altri due trimestri. Complessivamente, rimane nel campione per un periodo di 15 mesi. Considerando che le transizioni dall inattività all occupazione degli individui di età superiore ai 74 anni sono pressoché nulle, per evitare la molestia statistica su questo target di popolazione, dal 1 gennaio 2011, le famiglie composte da soli ultra 74-enni inattivi non vengono re intervistate. La popolazione di riferimento è costituita da tutti i componenti delle famiglie residenti in Italia, anche se temporaneamente all estero. Sono dunque esclusi coloro che vivono abitualmente all estero e i membri permanenti delle convivenze (istituti religiosi, caserme, ecc,). La popolazione residente comprende le persone, di cittadinanza italiana o straniera, che risultano iscritte alle anagrafi comunali. L unità di rilevazione è la famiglia di fatto, definita come insieme di persone coabitanti, legate da vincoli di matrimonio, parentela, affinità, adozione, tutela o da vincoli affettivi. L intervista alla famiglia viene 12

13 effettuata mediante tecniche Capi (Computer assisted personal interview) e Cati (Computer assisted telephone interview). In generale le informazioni vengono raccolte con riferimento alla settimana che precede l intervista. Taluni quesiti della rilevazione, a motivo della difficoltà nella risposta da fornire o della sensibilità dell argomento trattato, prevedono la facoltà di non rispondere. I dati assoluti rilevati dall indagine, elaborati all unità, vengono arrotondati alle migliaia nei valori e nelle variazioni assolute. Le variazioni sono calcolate sui dati all unità e non su quelli arrotondati alle migliaia. Nelle variazioni percentuali e nei tassi nonché nelle differenze in punti percentuali l arrotondamento è al primo decimale. Le variazioni in punti percentuali tra i tassi vengono calcolate sui tassi con tutti i decimali prima di essere approssimate. Ad esempio, nell attuale comunicato stampa, il tasso di disoccupazione destagionalizzato è pari al 8,321 che arrotondato è riportato come 8,3. Il tasso di disoccupazione di settembre 2010 è pari a 8,058 ed è riportato nelle serie storiche mensili allegate al comunicato come 8,1 (Tabella 1 pag,3). La differenza tra il dato di settembre 2011 e settembre 2010 è pari quindi a 0,263. Date le regole dell arrotondamento, nel prospetto 1 la variazione in punti percentuali è indicata pari a 0,3 punti percentuali e non 0,2 punti come sarebbe se si considerasse la differenza tra i due tassi già arrotondati. Da ottobre 2010, la popolazione utilizzata per il calcolo dei pesi di riporto è aggiornata mensilmente anche con riguardo alla componente straniera. In precedenza la popolazione straniera veniva aggiornata una volta l anno. I dati destagionalizzati riportati nel comunicato stampa sono ottenuti applicando una procedura in due passi. Nel primo si esegue una destagionalizzazione monovariata utilizzando l algoritmo TRAMOSEATS. Nel secondo passo le serie vengono riconciliate utilizzando come vincoli contemporanei le informazioni di popolazione di fonte anagrafica e come vincoli intertemporali le serie destagionalizzate trimestrali. Come risultato si ottengono serie destagionalizzate coerenti tra loro, con i dati di popolazione e con le serie trimestrali. A partire dal primo trimestre 2011, quest ultima serie di vincoli tiene conto dell introduzione della nuova classificazione ATECO2007, entrata a regime dopo un periodo di sovrapposizione di tre anni con la precedente ATECO2002. RICERCHE (Fonte: Istat - 31 ottobre 2011) 13

14 RICERCHE Sviluppo Sostenibile e Green Economy: oltre il PIL La Green Economy è un economia a basso tenore di carbonio, efficiente nell utilizzo delle risorse e inclusiva dal punto di vista sociale, e rappresenta un opportunità di ripresa dalla crisi in un ottica di Sviluppo Sostenibile. Per misurare crescita verde e progresso della società, è necessario affiancare al PIL indicatori rilevanti per la dimensione ambientale e sociale della crescita economica. Il concetto di sviluppo sostenibile da Rio a Rio +20 Sebbene siano passati quasi 25 anni dalla prima definizione e nonostante le diverse criticità riscontrate nel tempo, il concetto di Sviluppo Sostenibile risulta più che mai attuale, rappresentando l obiettivo centrale della Conferenza Rio +20. Oggi si pone, di fatto, come il paradigma del XXI secolo che meglio guarda al futuro come una proiezione di scelte attuali e responsabili. Proveniente dal dibattito ambientalista degli anni Settanta, il principio di sostenibilità entra nelle agende politiche nazionali e internazionali dettando obiettivi, priorità e vincoli per i governi nazionali. La Conferenza delle Nazioni Unite sull Ambiente Umano del 1972 a Stoccolma, il rapporto della commissione Brundtland del 1987 e il Vertice della Terra di Rio de Janeiro del 1992 rappresentano alcune delle tappe fondamentali di un percorso che parte dal binomio sviluppo economico e qualità dell ambiente. L attenzione si rivolge anche all aspetto quantitativo, alla formulazione di metodi e tecniche di contabilità nazionale che tengano conto anche dei costi ambientali. Nascono negli anni diversi indici come il SEEA (System of Integrated Environmental and Economic Accounting), oggi utilizzato dalle Nazioni Unite, o l EPI (Environmental and Sustainability Index del World Economic Forum. Questi sono costruiti quantitativamente basandosi sugli stock di risorse naturali, secondo un ottica di equilibrio ecologico ed economico. Con l indice HDI, o Indice di Sviluppo Umano, anche il capitale umano entra nell impostazione metodologica. Siamo negli anni Novanta, nel pieno del dibattito su crescita della povertà mondiale e crisi del modello di sviluppo. L HDI, utilizzato nel Rapporto del Programma delle Nazioni Unite per lo Sviluppo (UNDP) viene proposto come misura della qualità della vita degli individui a partire dall analisi di tre dimensioni: aspettativa di vita, istruzione e reddito nazionale lordo. L introduzione del terzo elemento, la dimensione sociale, completa così il quadro dell evoluzione di un concetto che si compone di aspetti ambientali, economici e sociali. Misurare il progresso sociale L 8 giugno 2011 il parlamento Europeo ha approvato la Risoluzione Non solo PIL Misurare il progresso in un mondo in cambiamento. Si tratta dell ultimo atto in ordine cronologico di un processo che da qualche anno vede la comunità internazionale interrogarsi sugli strumenti di analisi e misurazione dello sviluppo sociale. Nel 2004 l OCSE aveva lanciato a Palermo il primo Forum Mondiale su Statistica, Conoscenza e Politica, facendosi inoltre promotore del Global Project on Measuring the Progress of Societies. La Dichiarazione di Istanbul del 2007 sancisce l impegno ad andare oltre il PIL da parte di istituzioni internazionali come OCSE, Nazioni Unite, Banca Mondiale, Commissione Europea. Nel 2007 la Commissione Europea avvia un programma di iniziative per l implementazione e la valutazione delle politiche comunitarie. La Comunicazione del 2009 Non solo PIL. Misurare il progresso in un mondo in cambiamento fornisce alcune raccomandazioni operative sull integrazione del PIL con indicatori ambientali e sociali e sull inserimento di questi nella contabilità nazionale. Nel 2010 viene pubblicato il Rapporto della Commissione Stiglitz, Sen e Fitoussi sulla Misura della Performance Economica e del Progresso Sociale. Gli autori del rapporto sottolineano l importanza 14

15 della misura del benessere della popolazione considerato come un insieme di fattori non solo economici, quali sanità, istruzione, ambiente e relazioni sociali. Occorre maggiore attenzione alla distribuzione del reddito, ai redditi delle famiglie ed al consumo di beni e servizi fondamentali. Anche l Italia grazie alla volontà di Enrico Giovannini, attuale presidente dell Istat, già Direttore dell ufficio statistico all OCSE e membro della Commissione Sarkozy, entra nel vivo del dibattito. L accordo Cnel-Istat siglato nell aprile 2011 prevede l istituzione di un Gruppo di esperti che lavorerà alla formulazione di una definizione condivisa del progresso della società italiana e del relativo set di indicatori, con l obiettivo di sviluppare un approccio multidimensionale del benessere equo e sostenibile (Bes), che integri l indicatore dell attività economica, il PIL, con altri indicatori, ivi compresi quelli relativi alle diseguaglianze (non solo di reddito) e alla sostenibilità (non solo ambientale). RICERCHE (Fonte: Istat - 31 ottobre 2011) Fonte OCSE - Evoluzione storica degli indicatori di misurazione dello sviluppo e progresso umano Una crescita verde per perseguire uno sviluppo sostenibile La green economy è evocata da più parti come possibile acceleratore di una ripresa economica, e al tempo stesso panacea alle problematiche climatiche e ambientali presenti e future. Ritornare a crescere a ritmi pre-crisi (o a tassi superiori) rimane l obiettivo primario dei governi, ma incrementare la produzione industriale potrebbe facilmente tradursi in un utilizzo di maggiori quantitativi di risorse naturali ed energia (combustibili fossili, materie prime ecc.) e di conseguenza generare maggiori emissioni di gas serra. In tal senso, vanno lette le recenti scelte di molti paesi di consacrare importanti risorse finanziarie al settore energetico e in particolare alle tecnologie verdi (fonti rinnovabili, efficienza energetica, mobilità sostenibile ecc.). L UNEP definisce la green economy come un economia che genera un miglioramento del benessere umano e dell equità sociale, riducendo in maniera rilevante i rischi ambientali e le scarsità ecologiche. In altre parole, la green economy è un economia a basso tenore di carbonio, efficiente nell utilizzo delle risorse e inclusiva dal punto di vista sociale. Il concetto di capitale naturale quale risorsa economica e fonte di benefici per le comunità locali riveste un ruolo centrale in questa definizione e nell individuare un sentiero di sviluppo basato su una crescita verde (green growth) che concili la dimensione economica e quella ambientale. La green economy non rappresenta un concetto alternativo a quello di sviluppo sostenibile. Al contrario, può essere interpretata come uno strumento (probabilmente il migliore) con cui creare le necessarie premesse per il progresso della società nel suo complesso e perseguire uno sviluppo sostenibile. 15

16 RICERCHE Il peso della green economy e il ruolo dell eco-innovazione Ai fini di una corretta valutazione statistica della dimensione e del potenziale di crescita della green economy, è fondamentale definirne i confini. Se si considerano esclusivamente i settori che forniscono prodotti, servizi o tecnologie in ambito ambientale, il peso della green economy rispetto al totale dell attività economica è alquanto limitato. In termini occupazionali, l OCSE ha recentemente dimostrato come la quota di occupati in settori industriali green in senso stretto sia generalmente inferiore all 1% sul totale dell economia. Secondo uno studio di GHK et al. (2007) per la Commissione Europea, la quota di occupazione (diretta e indiretta) sul totale dell occupazione nell Unione Europea (EU27) salirebbe dal 2% al 4% se alle eco-industrie si aggiungono attività strettamente legate ad un ambiente pulito (agricoltura organica, fonti energetiche rinnovabili ecc.). In generale, tuttavia, è importante fare una distinzione tra settori industriali orientati alla fornitura di beni e servizi ambientali (green business) e imprese impegnate a ridurre l impatto ambientale dei propri processi produttivi (green production). Questo secondo aspetto è associabile ad una transizione verde (greening) del sistema economico nel suo complesso. Si pensi, ad esempio, alle industrie cosiddette tradizionali (raffinerie, acciaierie, cementifici ecc.) e ai possibili guadagni di efficienza energetica raggiungibili grazie a nuovi metodi organizzativi o alla realizzazione di prodotti meno energivori nella fase d uso. Risulta pertanto evidente come l innovazione (tecnologica, organizzativa, comportamentale) rappresenti il motore della green economy. In particolare, la cosiddetta eco-innovazione giocherà un ruolo fondamentale nei prossimi decenni nel favorire un cambiamento strutturale dell economia e della società, e nell affermazione di modelli di produzione e di consumo sostenibili dal punto di vista ambientale. Misurare una crescita verde Sebbene i paesi sviluppati, quelli emergenti e quelli in via di sviluppo si trovino di fronte a problematiche profondamente diverse, è necessario per tutti i paesi ridefinire obiettivi e priorità della politica economica in un ottica di sviluppo sostenibile, ossia tenendo nella dovuta considerazione non solo la sostenibilità economica e finanziaria delle proprie scelte di policy, ma anche la sostenibilità ambientale e sociale. Nell attuale fase di lenta uscita dalla crisi economica, politiche a supporto di una crescita verde hanno il pregio di poter conciliare il perseguimento di obiettivi congiunturali di breve periodo (di natura prevalentemente economica) e di obiettivi strutturali di lungo periodo che influenzano non solo la sfera economica, ma anche quella ambientale e sociale. Si pensi, ad esempio, a misure adottate in Italia quali le detrazioni fiscali al 55% per interventi volti a migliorare l efficienza energetica degli edifici residenziali. Da un lato, rappresentano uno stimolo all attività economica in settori fortemente colpiti dalla crisi quali il settore delle costruzioni. Dall altro, conducono a un miglioramento della performance energetica (e ambientale) del parco edilizio residenziale. Il disegno e l implementazione di politiche efficaci richiedono l identificazione di strumenti di valutazione e indicatori per orientare i decisori politici nella definizione di obiettivi di breve, medio e lungo periodo, e per misurare il progresso verso il raggiungimento di questi obiettivi. Nel definire gli obiettivi per una crescita verde emerge, come già accennato in precedenza, l inadeguatezza e l incompletezza del PIL come indicatore di riferimento. Da un lato, si può tentare di migliorare il PIL nella rappresentazione del benessere reale di un paese, includendo nella sua definizione beni e servizi che non hanno un valore di mercato (prestazioni nell ambito familiare, volontariato ecc.), ovvero escludendone attività dannose quali l inquinamento. Dall altro, si può cercare di qualificare il PIL affiancandogli altri indicatori o rapportandolo a variabili rappresentative della 16

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