Le pensioni delle donne in Europa: un percorso a ostacoli, lungo tutto l arco della vita

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1 APPROFONDIMENTI Giugno 2008 Le pensioni delle donne in Europa: un percorso a ostacoli, lungo tutto l arco della vita Nell ottobre del 2006 abbiamo pubblicato un dossier sui diritti pensionistici delle donne in Europa il cui titolo, piuttosto esplicito, era Quando a svantaggio si somma svantaggio. Due anni dopo torniamo sul medesimo argomento, che resta di scottante attualità, con dati più completi e aggiornati. La parità tra uomini e donne è infatti un valore fondamentale per l Unione europea. Tuttavia, per una serie di ragioni sociali e culturali, la partecipazione delle donne alla vita professionale attiva resta più breve e frammentata rispetto a quella degli uomini, con una serie di effetti negativi importanti sulle loro future pensioni: periodi contributivi più brevi, difficile accesso alle posizioni dirigenziali, retribuzioni più basse. A quest insieme di fattori discriminanti s aggiunge infine un ultimo svantaggio, legato alla maggiore longevità delle donne: la solitudine. Circa 17,5 milioni di donne ultra 75enni vivono infatti sole e molte di loro sono a rischio di povertà. di Carlo Caldarini c.caldarini@osservatorioinca.org Come in quasi tutti i paesi del mondo, nell Unione europea le donne vivono in media più a lungo. In Italia, dove il processo d invecchiamento è tra i più avanzati d Europa, la speranza di vita delle donne alla nascita è 6 anni superiore a quella degli uomini. Tuttavia, per una serie di ragioni sociali e culturali, la loro partecipazione alla vita professionale attiva è generalmente più breve e frammentata di quella degli uomini. Nel 2007, ad esempio, il tasso d occupazione nell Unione europea a 27 paesi era del 72% per gli uomini e del 58% per le donne. La differenza di genere è minore nell Europa del nord e ben più evidente nei paesi mediterranei ed è legata a fattori sia socioculturali (ruolo delle donne nella famiglia e nella società) sia istituzionali (presenza di servizi pubblici per le famiglie, asili nido, congedi parentali, ecc.). Ma oltre a partecipare meno alla vita professionale attiva, una volta sul mercato del lavoro le donne devono far fronte a una serie di altri ostacoli che producono ulteriori effetti negativi importanti sulle loro future pensioni. La vita professionale delle donne è un percorso ad ostacoli Anche coloro che sono professionalmente attive hanno infatti meno opportunità rispetto agli uomini di cumulare periodi di carriera utili ai fini previdenziali. Ad esempio, hanno generalmente meno L Osservatorio per le politiche sociali in Europa è un iniziativa dell INCA CGIL Nazionale e dell INCA Belgio Rue de la Loi, 26/ Bruxelles Tel osservatorio@osservatorioinca.org

2 possibilità di trovare un impiego di lunga durata, stabile, a tempo pieno, a durata indeterminata e in regola con le legislazioni del lavoro. Ha un lavoro a tempo parziale il 31% delle donne e l 8% degli uomini Spesso l onere del lavoro domestico e della cura dei figli o dei familiari non autosufficienti le obbliga a scegliere lavori flessibili oppure ad interrompere la propria carriera per dedicarsi all attività di cura dei familiari. Circa il 31% delle donne europee occupate ha infatti un lavoro a tempo parziale, mentre per gli uomini questo accade soltanto nell 8% dei casi. Il dato più basso è in Bulgaria (2%), Slovacchia (5%) e Ungheria (6%), tutti paesi dove però anche per gli uomini il lavoro part-time raggiunge percentuali bassissime. La più alta percentuale di lavoro femminile part-time è invece nei Paesi Bassi (75%), dove un accordo specifico (il cosiddetto accordo Wassenaar del 1982) ha permesso di consolidare la situazione di molte lavoratrici precarie, i cui contratti temporanei sono stati via via trasformati in contratti part time a durata indeterminata. Considerando complessivamente il lavoro retribuito, lo studio e il lavoro domestico, le donne lavorano più degli uomini in tutti i paesi europei (mediamente tra 6 e 8 ore al giorno). Ma mentre gli uomini dedicano 4-5 ore al giorno al lavoro retribuito e 2-3 al lavoro domestico, per le donne accade esattamente il contrario. La separazione sociale dei ruoli tra uomo donna è ben evidente soprattutto nei paesi del sud Europa. In paesi come la Svezia, le donne di età compresa tra 20 e 74 anni dedicano in media al lavoro domestico il 50% del tempo in più rispetto agli uomini. In Spagna e in Italia la differenza supera invece il 200%. In Italia, le donne dedicano alla preparazione dei pasti 10 volte più tempo degli uomini. In Svezia, Norvegia e Regno Unito, dove la situazione appare molto più equa, le donne dedicano comunque alla preparazione dei pasti il doppio circa del tempo rispetto agli uomini. EUROSTAT, Comment se répartit le temps des Européennes et des Européens? Statistiques en bref, 4/2006 La carenza dei servizi e di adeguate infrastrutture giocano un ruolo fondamentale nel tratteggiare la differenza di genere, cosi come i costumi e le usanze che si adattano troppo lentamente ad una situazione dove ormai la funzione lavorativa spetta, per necessità e per scelta, tanto agli uomini quanto alle donne. I congedi parentali, ad esempio, continuano nonostante tutto ad essere appannaggio quasi esclusivo del mondo femminile. È infatti ancora raro che in famiglia siano gli uomini a richiedere assenze dal lavoro per motivi familiari o un lavoro part-time. E quando ciò avviene, si traduce in una scelta ben delimitata nel tempo. Non è così per le donne, per le quali queste forme di occupazione meno garantite e meno vantaggiose anche dal punto di vista della previdenza sociale sono più frequentemente la fonte principale di reddito. Il tasso d occupazione e il lavoro a tempo parziale sono strettamente collegati al numero di figli, ma in misura totalmente diversa per uomini e donne. Nella fascia di età compresa tra 20 e 49 anni, il tasso d occupazione è infatti del 75% per le donne senza figli, del 60% per le donne con figli e addirittura del 41% per quelle con più di due figli. Il fenomeno inverso si osserva invece tra gli uomini, dove il tasso d occupazione è maggiore per i lavoratori con figli (91%) e minore per quelli senza figli (86%). Anche l incidenza percentuale del lavoro parttime cambia in funzione del numero di figli. Considerando sempre la fascia d età anni, Osservatorio INCA CGIL per le politiche sociali in Europa / Giugno

3 il tasso d occupazione a tempo parziale è infatti del 15% per le donne senza figli e del 23% per quelle con figli. EUROSTAT, Les femmes ayant des enfants ont des taux d'emploi plus bas et de travail à temps partiel plus élevés, Statistiques en bref, 49/2005 Le donne hanno titoli di studio mediamente più elevati degli uomini Altri fenomeni, di per sé positivi, si sommano ai fattori di vera e propria discriminazione. Ad esempio, le donne tendono a restare più tempo in formazione, raggiungendo perciò livelli d istruzione mediamente più elevati degli uomini: sono quindi generalmente più numerose sia tra gli studenti, sia tra i laureati. In quasi tutti i paesi le donne rappresentano più del 50% degli studenti universitari o comunque almeno la metà, come succede in Germania, Paesi Bassi, Grecia e Cipro dove le percentuali dei due sessi sostanzialmente si equivalgono. Né si può dire che le donne abbiano maggior difficoltà nel portare a termine gli studi; tra i laureati, infatti, la presenza delle donne è ancora più importante: 59%. Paradossalmente, sebbene un titolo di studio mediamente più elevato potrebbe costituire un vantaggio relativo sul mercato del lavoro, esso diventa nella realtà la causa di ulteriori svantaggi e frustrazioni: Da un lato, la maggiore durata degli studi comporta un ingresso tardivo sul mercato del lavoro e quindi una carriera più breve e minori opportunità di cumulare contributi previdenziali a fini pensionistici; Dall altro, in tutti i paesi l accesso ai posti di responsabilità resta comunque difficile per le donne, anche quando sono altamente qualificate. Ciò comporta un danno economico e di prestigio sociale per le donne stesse, ma anche una perdita importante per la società, conseguente alla sottoutilizzazione dei diplomi e dei talenti femminili. Nel 2006 il 67% dei quadri dirigenti europei era composto da uomini e solo il 33% da donne. Questa discriminazione si manifesta soprattutto nei settori d attività più tipicamente a maggioranza maschile ma è visibile, seppure in misura meno evidente, anche nella pubblica amministrazione e nell insegnamento, dove la presenza delle donne è generalmente più importante, se non maggioritaria. È illuminante in proposito il caso della scuola, dove le donne sono maggioritarie tra il corpo docente nel ciclo dell insegnamento primario e minoritarie in quello dell insegnamento universitario e nei posti di direzione. La presenza di donne progredisce assai lentamente anche in campo politico: la rappresentanza femminile raggiunge appena il 23% nei parlamenti nazionali ed il 33% nell Europarlamento. Come conseguenza di questa segregazione settoriale e professionale (termine usato esplicitamente dalla Commissione europea), le donne percepiscono mediamente remunerazioni più basse degli uomini nella misura del 15%, con ovvie conseguenze dirette anche sulla maturazione del diritto alla pensione. Questa disparità di trattamento tra i sessi risulta meno evidente in alcuni paesi, come Belgio, Italia, Malta, Portogallo e Slovenia, mentre supera il 20% in Germania, Estonia, Cipro, Regno Unito e Slovacchia. Uno dei principi fondamentali dell Unione europa è parità di retribuzione a parità di lavoro. Ciò nonostante, il cosiddetto paygap persiste da anni anche a parità di funzioni ed è particolarmente evidente nel settore privato. Osservatorio INCA CGIL per le politiche sociali in Europa / Giugno

4 La segregazione settoriale e professionale basata sul genere non è dunque diminuita negli ultimi anni; anzi in alcuni paesi è perfino aumentata. Ciò è dovuto in parte al fatto che le donne recentemente affacciatesi sul mercato del lavoro sono entrate in settori e professioni dove si riscontrava già una forte presenza femminile, e in parte al fatto che le politiche sociali nazionali non si sono ancora sufficientemente adeguate ai cambiamenti demografici e sociali intervenuti nella vita delle famiglie. Il tasso di sostituzione delle pensioni è del 54% per gli uomini e 50% per le donne In conclusione, anche se molti paesi stanno progressivamente modificando i propri sistemi previdenziali, al termine della loro carriera professionale le donne devono in genere fare i conti con delle legislazioni sociali che, non prendendo sufficientemente in considerazione la loro situazione specifica, le penalizzano ancora rispetto agli uomini. L impostazione della maggior parte dei sistemi previdenziali rispecchia infatti un vecchio modello di società industriale, dove il reddito delle famiglie era garantito dai maschi e il sostentamento delle donne era assicurato principalmente dal reddito da lavoro degli uomini o da misure di protezione sociale, come gli assegni familiari o la pensione di reversibilità al momento del decesso del coniuge. Oggi però, nei paesi dell Unione europea le donne costituiscono la maggior parte della popolazione anziana (circa il 60% della popolazione oltre i 65 anni e quasi i due terzi oltre i 75 anni) e la loro accresciuta partecipazione alla vita economica e sociale fa aumentare le richieste di uguaglianza, anche in vista dei futuri trattamenti pensionistici, che oltre tutto saranno per tutti meno generosi rispetto a quelli garantiti alle passate generazioni. Il tasso medio di sostituzione, ad esempio, ossia il rapporto tra reddito da pensione e ultimo reddito da lavoro precedente alla pensione, negli ultimi anni è diminuito in tutti i paesi UE. Il risultato è che oggi, secondo le stime dell Eurostat dell anno 2006, una pensione vale in media il 54% dell ultimo salario se il pensionato è un uomo e il 50% se si tratta di una donna. In Italia tale differenza è ancora maggiore della media europea: 64% per gli uomini contro 46% per le donne. Qualche esempio concreto può essere sufficiente ad illustrare il problema: In Finlandia nel 2000 la pensione totale media delle donne era pari a 841, contro a una media di 1151 per gli uomini; in Spagna, nel 2001 la pensione contributiva media era di 405 per le donne e 650 per gli uomini; in Austria, la pensione obbligatoria media nel 2000 era di 734 per le donne e 1334 per gli uomini; in Francia, nel 2001 la pensione media mensile per gli uomini era di 1342 contro 848 per le donne; nel Regno Unito nel 2001 la pensione media era di 183 a settimana per gli uomini contro 153 per le donne. Consiglio dell'unione europea, Relazione congiunta della Commissione e del Consiglio in materia di pensioni adeguate e sostenibili, Bruxelles, 10 marzo 2003 In percentuale, la differenza di trattamento pensionistico tra uomini e donne oscilla, in questi casi, tra il 16% del Regno Unito e il 45% dell Austria, quindi mediamente sempre superiore alle pur importanti disparità salariali, che abbiamo visto essere attorno al 15%. Non sono purtroppo disponibili dati aggiornati e comparabili sugli importi Osservatorio INCA CGIL per le politiche sociali in Europa / Giugno

5 effettivi delle pensioni negli altri paesi dell UE. Un idea generale della situazione la si può tuttavia ottenere guardando, anziché alla pensione in senso stretto, al reddito pro-capite (che comprende tutte le risorse economiche di cui le persone dispongono e non soltanto quelle di natura sociale) e confrontando la popolazione dai 65 anni in su con una fascia di popolazione più giovane, ad esempio tra 25 e 49 anni. Nell Unione europea il reddito mediano è di circa euro per gli uomini di età compresa tra 25 e 49 anni e per le donne della stessa fascia di età. Oltre i 64 anni, invece, è di euro per gli uomini e di euro per le donne. Il reddito mediano è quello che dividerebbe esattamente in due la popolazione di un dato paese se la si ordinasse in base al reddito di ogni singola persona. Il reddito medio delle donne dai 65 anni in su risulta quindi inferiore del 7% rispetto a quello degli uomini e del 23% rispetto a quello delle donne più giovani di una generazione. In Italia, dove la differenza di reddito tra le diverse generazioni è tra le più basse, lo svantaggio delle donne anziane rispetto agli uomini della stessa età è del 9%. A quest insieme di fattori di disuguaglianza s aggiunge infine un ultimo svantaggio di natura demografica e sociale, legato alla maggiore longevità delle donne: la solitudine. In Europa, infatti, oltre 22 milioni d anziani ultra 75enni vivono soli e quasi 18 milioni di questi, ossia l 82%, sono donne. Con l allungamento della vita media tende infatti ad aumentare il rischio di povertà per le donne, in particolare se vivono sole e non hanno altre fonti di reddito o prestazioni derivate (pensione di reversibilità). Secondo le stime di Eurostat per l anno 2006, oltre i 64 anni di età il rischio di povertà è infatti del 16% tra gli uomini e del 21% tra le donne. L indicatore principale utilizzato da Eurostat per misurare la povertà economica è il tasso di rischio di povertà. Basandosi su dati nazionali di tipo demografico e economico, questo indicatore permette d individuare in ciascuno stato membro, e per le diverse categorie d età, la percentuale di popolazione il cui reddito disponibile, comprensivo o meno degli eventuali trasferimenti sociali, risulti uguale o inferiore al 60% del reddito mediano nello stesso paese di residenza. Eurostat misura quindi la povertà come un concetto relativo alla situazione specifica di ogni stato membro, senza compararlo ad un criterio di riferimento unico a livello di Unione europea. In tal modo, una persona considerata come povera in uno stato membro dove il reddito mediano è particolarmente elevato, potrebbe essere considerata come ricca, o comunque non povera, in un altro stato dove il reddito sia invece relativamente basso. In molti paesi l età legale della pensione per le donne sarà presto equiparata a quella degli uomini Le sostanziali differenze tra i percorsi professionali di donne e uomini si riflettono, insomma, in termini economici, sulle pensioni di oggi e di domani e costituiscono un segnale d allarme importante che va raccolto per trovare una risposta alla domanda di parità economica e sociale tra i due sessi. Nei sistemi previdenziali di diversi paesi europei sono state introdotte nel tempo misure che tengono conto della particolare condizione delle donne: o con strumenti accordabili tanto alla madre quanto al padre, quali i crediti di pensione per l educazione dei figli, oppure con dispositivi di compensazione specifici e diretti, come quelli che riconoscono alle donne la facoltà di andare in pensione più presto degli uomini, come avviene attualmente in diversi paesi dell Unione europea. Tenendo conto soltanto della maggiore speranza di vita delle donne, nell attuale Osservatorio INCA CGIL per le politiche sociali in Europa / Giugno

6 situazione un età legale di pensionamento più bassa rispetto agli uomini comporterebbe, in via teorica, una maggior durata dei loro benefici pensionistici (fino a 8-10 anni in più laddove l età legale è differita in favore delle lavoratrici). Sulla spinta degli obiettivi di sostenibilità finanziaria stabiliti a livello europeo, l età legale per la pensione viene dunque a poco a poco aumentata in tutti i paesi dell UE; e in nome della parità di trattamento tra i sessi questa differenza in favore delle donne verrà meno: ad esempio, in Belgio l età legale della pensione sarà la stessa per uomini e donne entro il 2009, nel Regno Unito entro il 2020, in Austria entro il 2033, ecc. Ma i dati Eurostat mostrano che in tutti gli Stati dell UE l età media effettiva di uscita dal mercato del lavoro è già molto simile per i due sessi, quale che sia il regime legale d applicazione: nella media complessiva europea, infatti, gli uomini vanno in pensione all età di 61 anni e le donne a 60 anni. In alcuni paesi (Irlanda, Spagna, Francia, Portogallo) dove l età legale della pensione non fa differenze di genere, mediamente le lavoratrici escono dal mercato del lavoro addirittura qualche mese dopo i loro colleghi maschi. Ciò si spiega soprattutto con il fatto che le carriere professionali degli uomini, normalmente più complete e meno discontinue di quelle delle donne, permettono più facilmente di raggiungere il requisito della pensione di anzianità, mentre le donne devono più spesso attendere il raggiungimento dell età anagrafica per le pensioni di vecchiaia. Insomma, il nodo da sciogliere non sembra essere quello del differimento dell età pensionabile in funzione dell appartenenza di genere. Se si vuole tenere conto della particolare condizione delle donne e di come questa stia mutando in un Europa che cambia, bisognerà allargare ad altri fattori il dibattito sulla riforma dei sistemi di protezione sociale. Ad esempio, tra gli obiettivi generali della Strategia di Lisbona vi è quello di portare il tasso d occupazione delle donne ad almeno il 60%. Per declinare in termini più concreti quest obiettivo, occorrerà studiare e sperimentare nuove misure di politica sociale e del lavoro, evitando di formulare analisi basate soltanto sulle proiezioni demografiche ed economiche: favorire la conciliazione tra vita privata e vita lavorativa attraverso un maggior sviluppo dei servizi sociali, a partire da quelli per l infanzia e per le persone non autosufficienti (settori questi, dove tra l altro è possibile favorire la crescita dell occupazione femminile) e sviluppare per conseguenza nuove forme di welfare locale ; incoraggiare una più equa distribuzione delle responsabilità tra uomini e donne, sia in famiglia sia nel mondo del lavoro, abbattendo quindi le barriere che impediscono alle donne l accesso ai posti di responsabilità e a giuste retribuzioni; valorizzare il ruolo degli anziani e delle anziane nella società, non soltanto come utenti passivi beneficiari delle prestazioni e consumatori dei servizi, ma anche come soggetti attivi e attivabili, attraverso forme d impiego alternativo, ad esempio nell ambito stesso delle politiche di welfare locale; offrire maggiore flessibilità, intesa come diritto alla scelta anche nella vita lavorativa, offrendo ai più anziani percorsi di uscita progressiva e flessibile dal mercato del lavoro; garantire un adeguato sostegno al reddito durante le interruzioni di carriera per la cura e l educazione dei figli e il mantenimento dei diritti pensionistici individuali nei periodi di cure sanitarie, di formazione professionale e di disoccupazione involontaria; valutare i costi, sociali ed economici, che alcune misure di riforma dei sistemi previdenziali potrebbero provocare, come ad esempio l aumento della povertà tra gli anziani (soprattutto tra le donne) e il conseguente aumento della spesa pubblica per l assistenza sociale. Osservatorio INCA CGIL per le politiche sociali in Europa / Giugno

7 Tabella 1 Speranza di vita alla nascita per uomini e donne 2006 Donne Uomini Differenza Donne /Uomini Austria Belgio Bulgaria Cipro Danimarca Estonia Finlandia Francia Germania Grecia Irlanda Italia Lettonia Lituania Lussemburgo Malta Paesi Bassi Polonia Portogallo Regno Unito : : : Repubblica Ceca Romania Slovacchia Slovenia Spagna Svezia Ungheria UE Norvegia Svizzera Osservatorio INCA CGIL per le politiche sociali in Europa / Giugno

8 Tabella 2 Tasso di occupazione anni 2007 Donne Uomini Differenza Donne/Uomini Austria 64% 78% -14% Belgio 55% 69% -13% Bulgaria 58% 66% -8% Cipro 62% 80% -18% Danimarca 73% 81% -8% Estonia 66% 73% -7% Finlandia 68% 72% -4% Francia 60% 69% -9% Germania 64% 75% -10% Grecia 48% 75% -27% Irlanda 60% 77% -17% Italia 47% 71% -24% Lettonia 64% 73% -8% Lituania 62% 68% -6% Lussemburgo 56% 72% -16% Malta 37% 74% -37% Paesi Bassi 69% 81% -13% Polonia 51% 64% -13% Portogallo 62% 74% -12% Regno Unito 65% 77% -12% Repubblica Ceca 57% 75% -18% Romania 53% 65% -12% Slovacchia 53% 68% -15% Slovenia 63% 73% -10% Spagna 54% 76% -22% Svezia 72% 77% -5% Ungheria 51% 64% -13% UE 58% 72% -14% Norvegia 74% 79% -6% Svizzera 72% 86% -14% Osservatorio INCA CGIL per le politiche sociali in Europa / Giugno

9 Tabella 3 Tasso di occupazione part-time 2007 Donne Uomini Differenza Donne/Uomini Austria 41% 7% +34% Belgio 41% 8% +33% Bulgaria 2% 1% +1% Cipro 11% 4% +7% Danimarca 36% 14% +22% Estonia 12% 4% +8% Finlandia 19% 9% +10% Francia 30% 6% +24% Germania 46% 9% +37% Grecia 10% 3% +7% Irlanda 32% 7% +25% Italia 27% 5% +22% Lettonia 8% 5% +3% Lituania 10% 7% +3% Lussemburgo 37% 3% +34% Malta 25% 4% +21% Paesi Bassi 75% 24% +51% Polonia 13% 7% +6% Portogallo 17% 8% +9% Regno Unito 42% 11% +31% Repubblica Ceca 9% 2% +7% Romania 10% 9% +1% Slovacchia 5% 1% +4% Slovenia 11% 8% +3% Spagna 23% 4% +19% Svezia 40% 12% +28% Ungheria 6% 3% +3% UE 31% 8% +23% Norvegia 44% 14% +30% Svizzera 59% 12% +47% Osservatorio INCA CGIL per le politiche sociali in Europa / Giugno

10 Figura 1 Tasso di occupazione part-time 2007 Uomini Donne BULGARIA SLOVACCHIA UNGHERIA LETTONIA REP, CECA ROMANIA LITUANIA GRECIA SLOVENIA CIPRO ESTONIA POLONIA PORTOGALLO FINLANDIA SPAGNA MALTA ITALIA FRANCIA EUR 27 IRLANDA DANIMARCA LUSSEMBURGO SVEZIA BELGIO AUSTRIA REGNO UNITO NORVEGIA GERMANIA SVIZZERA PAESI BASSI 0% 10% 20% 30% 40% 50% 60% 70% 80% Osservatorio INCA CGIL per le politiche sociali in Europa / Giugno

11 Tabella 4 Percentuale di donne tra gli studenti universitari e tra i laureati 2005 Tra gli studenti universitari Tra la popolazione laureata Austria 54% 52% Belgio 55% 58% Bulgaria 54% 59% Cipro 51% 61% Danimarca 58% 59% Estonia 62% 70% Finlandia 54% 62% Francia 56% 56% Germania 50% 53% Grecia 51% 61% Irlanda 55% 56% Italia 57% 58% Lettonia 63% 71% Lituania 60% 66% Lussemburgo : : Malta 57% 61% Paesi Bassi 51% 56% Polonia 58% 66% Portogallo 55% 65% Regno Unito 58% 58% Repubblica Ceca 55% 57% Romania 56% 57% Slovacchia 59% 57% Slovenia 59% 62% Spagna 54% 58% Svezia 60% 63% Ungheria 59% 64% UE 55% 59% Norvegia 60% 62% Svizzera 48% 43% Osservatorio INCA CGIL per le politiche sociali in Europa / Giugno

12 Tabella 5 Presenza di donne nelle posizioni dirigenziali e nei parlamenti nazionali Donne nelle posizioni dirigenziali 2006 Donne nei parlamenti nazionali 2007 Austria 29% 32% Belgio 31% 35% Bulgaria 31% 22% Cipro 16% 14% Danimarca 24% 37% Estonia 33% 21% Finlandia 30% 42% Francia 39% 18% Germania 27% 32% Grecia 27% 16% Irlanda 30% 13% Italia 33% 17% Lettonia 41% 19% Lituania 41% 24% Lussemburgo 26% 25% Malta 19% 9% Paesi Bassi 27% 39% Polonia 35% 20% Portogallo 33% 27% Regno Unito 35% 20% Repubblica Ceca 29% 15% Romania 31% 11% Slovacchia 28% 19% Slovenia 33% 12% Spagna 32% 36% Svezia 32% 47% Ungheria 37% 11% UE 33% 23% Norvegia : : Svizzera : : Osservatorio INCA CGIL per le politiche sociali in Europa / Giugno

13 Figura 2 Differenze di retribuzione tra donne e uomini 2006 MALTA; -3% BELGIO; -7% SLOVENIA; -8% PORTOGALLO; -8% ITALIA; -9% IRLANDA; -9% ROMANIA; -10% GRECIA; -10% UNGHERIA; -11% FRANCIA; -11% POLONIA; -12% SPAGNA; -13% LUSSEMBURGO; -14% BULGARIA; -14% UE; -15% NORVEGIA; -16% SVEZIA; -16% LITUANIA; -16% LETTONIA; -16% DANIMARCA; -17% REP, CECA; -18% PAESI BASSI; -18% SVIZZERA; -19% FINLANDIA; -20% AUSTRIA; -20% REGNO UNITO; -21% SLOVACCHIA; -22% GERMANIA; -22% CIPRO; -24% ESTONIA; -25% -25% -20% -15% -10% -5% 0% Osservatorio INCA CGIL per le politiche sociali in Europa / Giugno

14 Tabella 6 Tasso di sostituzione pensione/reddito da lavoro 2006 Donne Uomini Austria 60% 65% Belgio 40% 46% Bulgaria 58% 62% Cipro 33% 32% Danimarca 39% 37% Estonia 55% 40% Finlandia 47% 46% Francia 53% 61% Germania 49% 48% Grecia 49% 57% Irlanda 48% 35% Italia 46% 64% Lettonia 59% 45% Lituania 42% 47% Lussemburgo 63% 59% Malta 40% 52% Paesi Bassi 51% 48% Polonia 57% 67% Portogallo 63% 59% Regno Unito 45% 42% Repubblica Ceca 59% 55% Romania 56% 50% Slovacchia Slovenia 37% 49% Spagna 50% 51% Svezia 56% 63% Ungheria 53% 56% UE 50% 54% Norvegia : : Svizzera : : Fonte : Nostre elaborazioni su dati MISSOC Osservatorio INCA CGIL per le politiche sociali in Europa / Giugno

15 Tabella 7 Indicatori di reddito della popolazione 2006 Reddito mediano anni Reddito mediano >64 anni Differenza % tra anni e >64 Uomini Donne Uomini Donne Uomini Donne Differenza % Donne Uomini Austria % -11% -11% Belgio % -32% -5% Bulgaria : : : : : : : Cipro % -45% -5% Danimarca % -30% -4% Estonia % -35% -9% Finlandia % -32% -14% Francia % -15% -7% Germania % -12% -6% Grecia % -23% -9% Irlanda % -36% -6% Italia % -16% -9% Lettonia % -39% -11% Lituania % -33% -17% Lussemburgo % -3% +2% Malta % -18% -4% Paesi Bassi % -17% -3% Polonia % -3% -12% Portogallo % -25% -6% Regno Unito % -34% -5% Repubblica Ceca % -22% -7% Romania : : : : : : : Slovacchia % -20% -10% Slovenia % -23% -13% Spagna % -32% -7% Svezia % -27% -17% Ungheria % -14% -11% UE % -23% -7% Norvegia % -26% -12% Svizzera : : : : : : : Il reddito mediano è quello che dividerebbe esattamente in due la popolazione di un dato paese se la si ordinasse in base al reddito di ogni singola persona. In questa tabella tale importo comprende anche i trasferimenti sociali. Osservatorio INCA CGIL per le politiche sociali in Europa / Giugno

16 Tabella 8 Popolazione oltre 75 anni di età che vive sola 2001 Valori assoluti (migliaia) Valori % Donne Uomini Donne Uomini Austria % 20% Belgio % 21% Bulgaria % 19% Cipro % 18% Danimarca % 20% Estonia % 18% Finlandia % 19% Francia % 21% Germania % 23% Grecia % 19% Irlanda % 18% Italia % 22% Lettonia % 18% Lituania % 19% Lussemburgo % 18% Malta : : : : Paesi Bassi % 21% Polonia % 21% Portogallo % 19% Regno Unito % 22% Repubblica Ceca % 20% Romania % 21% Slovacchia % 19% Slovenia % 18% Spagna % 21% Svezia : : : : Ungheria % 20% UE % 21% Norvegia : : : : Svizzera : : : : Osservatorio INCA CGIL per le politiche sociali in Europa / Giugno

17 Tabella 9 Popolazione di età superiore a 64 anni a rischio di povertà 2006 Donne Uomini Differenza Donne/Uomini Austria 20% 11% +9% Belgio 25% 21% +4% Bulgaria 24% 9% +15% Cipro 54% 50% +4% Danimarca 19% 16% +3% Estonia 31% 14% +17% Finlandia 26% 16% +10% Francia 18% 14% +4% Germania 14% 11% +3% Grecia 27% 23% +4% Irlanda 31% 23% +8% Italia 24% 18% +6% Lettonia 36% 17% +19% Lituania 28% 10% +18% Lussemburgo 8% 8% 0% Malta 20% 22% -2% Paesi Bassi 6% 7% -1% Polonia 9% 6% +3% Portogallo 26% 26% 0% Regno Unito 30% 25% +5% Repubblica Ceca 8% 2% +6% Romania 22% 13% +9% Slovacchia 11% 4% +7% Slovenia 25% 12% +13% Spagna 33% 28% +5% Svezia 15% 7% +8% Ungheria 11% 7% +4% UE 21% 16% +5% Norvegia 24% 9% +15% Svizzera : : : Rischio di povertà calcolato al 60% del reddito equivalente mediano, dopo i trasferimenti sociali Osservatorio INCA CGIL per le politiche sociali in Europa / Giugno

18 Tabella 9 Età legale della pensione e età media di uscita dal mercato del lavoro Età legale della pensione 2007 Età media di uscita dal mercato del lavoro 2005 Donne Uomini Donne Uomini Austria Belgio 64/ Bulgaria 59/ Cipro Danimarca 65/67 65/ Estonia 60/ Finlandia Francia 60/65 60/ Germania 65/67 65/ Grecia 60/ Irlanda 65/66 65/ Italia Lettonia Lituania Lussemburgo Malta 60/65 61/ Paesi Bassi Polonia Portogallo Regno Unito Repubblica Ceca Romania 60/ Slovacchia 58/60 63/ Slovenia Spagna Svezia 61/67 61/ Ungheria 61/ UE : : : : Norvegia : : Svizzera : : Fonte : Nostre elaborazioni su dati MISSOC e Eurostat Osservatorio INCA CGIL per le politiche sociali in Europa / Giugno

19 Fonti e approfondimenti COMMISSIONE EUROPEA, Uguaglianza tra donne e uomini COMMISSIONE EUROPEA, Parità tra donne e uomini genere%20uomini%20donne%22 EUROPEAN COMMISSION, The gender pay gap. Origins and policy responses. A comparative review of 30 European countries EUROSTAT, Les femmes ayant des enfants ont des taux d'emploi plus bas et de travail à temps partiel plus élevés, Statistiques en bref, 49/ EUROSTAT, Comment se répartit le temps des Européennes et des Européens? Statistiques en bref, 4/ Osservatorio INCA CGIL per le politiche sociali in Europa, Il rischio povertà per gli anziani nell Unione europea, ottobre European Centre, Poverty of Elderly People in EU25, August EUROSTAT, Un aperçu statistique de la vie des femmes et des hommes dans l'ue25, AR_2006_MONTH_03/ FR-BP1.PDF EUROSTAT, La vie des femmes et des hommes COMMISSION DES COMMUNAUTES EUROPEENNES, Une feuille de route pour l'égalité entre les femmes et les hommes Osservatorio INCA CGIL per le politiche sociali in Europa / Giugno

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