Studio delle modalità di irradiamento di un LINAC per protonterapia

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1 UNIVERSITA DEGLI STUDI DI ROMA Facoltà di Scienze Matematiche, Fisiche e Naturali Dipartimento di Fisica Edoardo Amaldi Tesi di Laurea Studio delle modalità di irradiamento di un LINAC per protonterapia Relatori prof. Salvatore Frullani prof. Mario Greco Laureanda Chiara D Ambrosio matricola : /19 Anno Accademico 2002/2003

2 Indice Introduzione 1 1 LE BASI DELLA PROTONTERAPIA 1.1 L incidenza del cancro ed il suo trattamento Caratteristiche del rilascio di dose di fasci protonici Range del fascio e sua modulazione Metodi utilizzati per la distribuzione di dose Diffusione passiva Scanning attivo Le principali caratteristiche radiobiologiche degli adroni Patologie e numero di pazienti Centri di adroterapia nel mondo L adroterapia in Italia Il progetto CNA Il progetto TOP Il progetto CATANA 28 2 IL PROGETTO TOP 2.1 Glossario Descrizione generale del TOP LINAC Specifiche cliniche e fisiche di protonterapia L iniettore ACCSYS PL Linea di trasporto del fascio in uscita dall iniettore Side Coupled Drift Tube Linac (SCDTL) Side Coupled Linac (SCL) 51

3 3 SCANNING ATTIVO E PIANI DI TRATTAMENTO 3.1 Importanza e obiettivi della terapia conformazionale Simulazione del trasporto di radiazione con metodo Monte Carlo Processi discreti e processi continui Obiettivi e strategie attuative Simulazione Monte Carlo di vari pencil beam Approssimazione del profilo trasverso del fascio elementare con una distribuzione gaussiana Allargamento trasversale del campo di radiazione a step regolari Analisi del contributo dei primi vicini al profilo di dose sull asse del campo di radiazione Definizione del campo di radiazione Riproduzione del profilo trasverso di dose con una funzione somma di gaussiane mediante programma Matlab Minimizzazione della lateral penumbra e riproduzione del profilo ideale mediante ottimizzazione del numero di posizionamenti Simulazione di fasci ad energie diverse e loro composizione per realizzare un picco di Bragg allargato Riproduzione del campo di radiazione mediante gaussiane 2-dim Calcolo della variabilità di corrente del fascio 85 4 STUDIO DI PROTONTERAPIA SU OCCHIO 4.1 Il workshop Intercomparison on the usage of computational codes in radiation dosimetry La protonterapia su occhio 88

4 4.3 Descrizione del problema P3 Dose distribution of a proton beam in a water phantom Il file di input del codice Monte Carlo FLUKA per il problema P La geometria del problema P Le modalità di raccolta dati I risultati: le distribuzioni di dose e le curve isodose Studio della sensibilità dei risultati a modifiche di input-card PART-THRESHOLD STEPSIZE e FLUKAFIX DELTARAY THRESHOLD Il confronto dei risultati dei diversi partecipanti 103 Conclusioni e sviluppi futuri 108 Bibliografia 110 Ringraziamenti Appendice Capitolo 3 [A1] Programma matricione.m [A2] Programma sigmamc.m [A3] Programma newkstep2.m [A4] Programma idealprova.f [A5] Programma ostezvar.f [A6] Routine fgausszvar.f [A7] Programma newnggaufitx02.m [A8] Programma sumgau2dune1.m [A9] Programma sumgau2dfite5.m I II III IV V VII VIII IX XI

5 Capitolo 4 [A1] Programma neweye_c.inp [A2] Programma erreye60.m [A3] Routine source.f XII XIII XV

6 Introduzione Il cancro è generato da una proliferazione incontrollata ed anomala di uno o più gruppi di cellule. Attualmente, nelle società industrializzate, colpisce circa il 30 % della popolazione e rappresenta la seconda causa di decessi, dopo i disturbi cardiovascolari. Al momento della diagnosi, per circa i 2/3 dei pazienti il tumore risulta ben localizzato in una specifica regione del corpo. Per questi pazienti le probabilità di guarigione mediante l utilizzo della radioterapia sono ragionevolmente buone. I risultati migliori nella cura sono ottenuti quando l irradiazione è selettiva, preserva i tessuti sani circostanti e la distribuzione di dose risulta ben conformata al volume tumorale. A questo scopo diviene di fondamentale importanza lo sviluppo di un piano di trattamento che produca una stima affidabile della dose nel volume irradiato, considerando sia l energia sia la direzione d incidenza del fascio utilizzato. Negli ultimi anni, in virtù delle loro particolari proprietà balistiche, stiamo assistendo ad un crescente interesse per l impiego di fasci di protoni e ioni pesanti per la cura dei tumori (adroterapia) nei confronti della radioterapia convenzionale (fotoni ed elettroni), in particolare quando il volume da trattare è vicino ad organi critici. I codici Monte Carlo rappresentano lo strumento più accurato disponibile per la simulazione del trasporto di particelle attraverso il corpo umano e, per questo motivo, i risultati delle simulazioni vengono attualmente utilizzati nell elaborazione di piani di trattamento nella pratica clinica. Tuttavia i codici Monte Carlo non possono essere utilizzati direttamente nei piani di trattamento a causa del tempo richiesto di esecuzione e del non agevole trattamento matematico dei risultati non disponibili in forme analitiche. I risultati delle simulazioni sono, quindi, schematizzati e riprodotti con funzioni matematiche che agevolano e velocizzano l utilizzo e la manipolazione dei dati raccolti ai fini dell elaborazione del piano di trattamento. Argomento di questo lavoro di tesi è proprio lo studio, attraverso simulazioni Monte Carlo e loro schematizzazioni, dell applicabilità della tecnica di conformazione attiva di dose (spot scanning) per il trattamento di carcinomi mediante l utilizzo del fascio di protoni generato dall acceleratore lineare TOP, per ora essenzialmente al fine di comprendere meglio le necessità operative richieste all acceleratore. 1

7 Nel primo capitolo di questo lavoro viene fornita una panoramica generale sulle caratteristiche fisiche del rilascio di dose dei protoni, sulla diffusione nel mondo dei centri di adroterapia e sui diversi progetti in corso di sviluppo in Italia. Particolare attenzione è rivolta, nel secondo capitolo, alla descrizione delle caratteristiche tecniche dell acceleratore lineare TOP che rappresenta il primo esempio, a livello mondiale, di acceleratore lineare per protoni compatto, modulare, destinato ad usi terapeutici. Il terzo e quarto capitolo sono dedicati al lavoro originale svolto dall autore. Nel terzo si introducono le simulazioni Monte Carlo, si descrivono le caratteristiche curve depth-dose dei diversi fasci simulati e vengono presentati i risultati della procedura di approssimazione del pencil beam elementare con distribuzioni gaussiane mono e bidimensionali. Viene quindi descritto il procedimento di ottimizzazione attiva del rilascio di dose, sui piani traverso e longitudinale del volume bersaglio, ai fini del trattamento terapeutico. Nell ultimo capitolo vengono presentati i risultati dello studio di un caso di protonterapia su occhio, mediante l utilizzo di un sistema di rilascio di dose di tipo passivo. Il lavoro svolto è stato integrato dall analisi della sensibilità dei risultati a variazioni di input cards nel file di input della simulazione Monte Carlo. Questo lavoro è stato oggetto di un talk tenuto durante il workshop Intercomparison on the usage of computational codes in radiation dosimetry, svoltosi a Bologna dal 14 al 16 Luglio 2003, e costituisce oggetto dell articolo Monte Carlo simulation with the FLUKA code of the dose distribution of a proton beam in a water phantom approximating an eye che verrà pubblicato sui Proceedings del congresso. 2

8 CAPITOLO 1 LE BASI DELLA PROTONTERAPIA 1.1 L incidenza del cancro ed il suo trattamento La parola cancro indica comunemente molteplici tumori, che si differenziano per sede tissutale di localizzazione e stadio di sviluppo all atto della diagnosi. Genericamente possiamo definire cancro quella crescita incontrollata, o proliferazione, di gruppi di cellule che appaiono biologicamente simili a cellule normali, e sono quindi classificate come a-specifiche, pur essendo in realtà modificate negli oncogeni che ne regolano la crescita. Attualmente il cancro, nelle società industrializzate, colpisce circa il 30 % della popolazione e rappresenta la seconda causa di decessi, dopo i disturbi cardiovascolari. Secondo i risultati degli studi svolti nell ambito del programma della Commissione Europea Europe Against Cancer (1991) la percentuale di pazienti guariti, vale a dire che dopo il trattamento sopravvivono senza presentare sintomi di malattia per un periodo maggiore di cinque anni, si attesta ad un valore pari a circa il 45 %, con una prognosi variabile in funzione del tipo di tumore, della sua stadiazione al momento della diagnosi, dello stato fisico e dello stile di vita del paziente. Diverse sono le tecniche utilizzate nel trattamento del cancro: - rimozione chirurgica del tessuto tumorale, - radioterapia, - chemioterapia, - immunoterapia. Fra queste, le prime due sono di cruciale importanza: la chirurgia rappresenta lo strumento di cura più efficace, 22 % di successi, mentre la radioterapia (RT) è la metodica utilizzata nel caso di tumori inoperabili, ma comunque ben localizzati in una specifica regione del corpo, nel 12 % dei casi. La combinazione delle tecniche chirurgica e radioterapica innalza poi di un ulteriore 6 % la percentuale dei successi e quindi, complessivamente, la 3

9 radioterapia è utilizzata in quasi la metà (più precisamente il 40 %) dei trattamenti curativi loco-regionali grazie ai quali vengono curati circa il 90 % dei pazienti guariti. La figura 1 mostra che, contrariamente all opinione corrente, tutti gli altri trattamenti sistemici, chemioterapia inclusa, sono all origine soltanto di un 5 % delle guarigioni. Sono da considerare, purtroppo, anche quei pazienti (~ 18 %) con tumori localizzati che non possono guarire perché il tumore non può essere completamente rimosso chirurgicamente o perché, con la radioterapia convenzionale (raggi gamma ed elettroni), non è possibile rilasciare al tumore una dose sufficientemente alta da distruggerlo (tumore radio-resistente) o non è possibile trattarlo in quanto troppo vicino ad organi critici. Ampi miglioramenti si attendono, dunque, dalla diffusione delle nuove tecniche radioterapiche introdotte negli ultimi anni e da progressi sostanziali nel trattamento di quei casi, il 37 % al momento della diagnosi, che presentano cellule malate diffuse (metastasi) dal tumore primario ad altre più distanti zone del corpo e che rappresentano circa il 67 % dei casi non guariti. Cancer situation as presented by (EC 1991) Radiotherapy + Surgery 6% Radiotherapy 12% Surgery 22% Chemotherapy 5% Local progress 18% Generalized progress 37% + = 58% LOCAL DISEASE + = 42% GENERALIZED DISEASE + = 45% CURED PATIENTS + = 55% NOT CURED PATIENTS Fig. 1: Distribuzione dei casi europei di cancro. [1.1] Complessivamente la percentuale dei pazienti guariti potrebbe arrivare a circa il 65 % se tutti i tumori il cui sviluppo rimane localizzato, senza cioè metastasi diffuse, potessero essere controllati. Quest obiettivo può divenire raggiungibile attraverso l attuazione delle seguenti strategie: 1. rivelazione precoce e diagnosi approfondita, attraverso la diffusione di screening ad ampio spettro allo scopo di ridurre il numero di diagnosi tardive; 4

10 2. miglioramento dell attuale bassa efficacia nel trattamento locale di tumori a difficile localizzazione e di tumori radio-resistenti alla terapia convenzionale; 3. miglioramento dell efficacia di terapie sistemiche che, abbinate a trattamenti locali, permettano il controllo delle metastasi con riduzione della massa tumorale. Metodiche radioterapiche avanzate come la radioterapia ad intensità modulata (IMRT), la BNCT (Boron Neutron Capture Therapy) e l adroterapia, che utilizza protoni e ioni leggeri (He, C, O, Ne), rappresentano gli strumenti attualmente disponibili per il miglioramento dei risultati ottenuti attraverso la radioterapia nella lotta contro il cancro, grazie alla specifica capacità di queste tecniche di concentrare con precisione la dose nei volumi tumorali mantenendo, allo stesso tempo, sotto i livelli di tollerabilità la dose ai tessuti sani circostanti ed agli organi critici. Un aumento dell efficacia di una terapia localizzata, nel caso di tumori con limitata estensione ed in particolari siti come testa e collo, mammella, vescica, cervice e prostata, permette dunque il risparmio di organi contigui ed un conseguente miglioramento della qualità della vita. 1.2 Caratteristiche del rilascio di dose di fasci protonici [1.3] La ragione fondamentale che giustifica l uso in radioterapia di fasci di protoni, rispetto alla terapia convenzionale con elettroni e fotoni, è la loro favorevole distribuzione di dose assorbita in profondità. [fig. 2] Fig. 2: Curva dose-profondità per protoni da 200 MeV confrontata con quelle di altri tipici fasci per radioterapia (SSD = distanza sorgente-superficie). [1.2] 5

11 Fasci di protoni presentano, infatti, una eccezionale capacità di selezione del volume dove si concentra la dose rilasciata, come è evidente dalla particolare forma della curva doseprofondità: una regione di ingresso praticamente piatta (plateau) è seguita da un elevato e stretto picco di dose (picco di Bragg), d ampiezza pari a circa 3-4 volte il valore del plateau d ingresso, che viene rilasciata in profondità in corrispondenza della fine del percorso (end-point). I tessuti che si trovano prima del bersaglio, collocato in corrispondenza del picco, ricevono dunque un basso rateo di dose, mentre quelli situati ad una profondità maggiore virtualmente non ne ricevono, vista la ripida caduta a zero della curva. Al contrario i fasci di fotoni, ed in maniera analoga i fasci di neutroni prodotti dalla collisione di protoni su particolari bersagli (in fig. 2 è mostrato il caso di un fascio di protoni di 66 MeV incidenti su una targhetta di Berillio), presentano un andamento decrescente con forma esponenziale della dose in funzione della profondità, con il picco energetico in corrispondenza della regione più superficiale (massimo a 2 cm per fotoni d energia pari a 8 MeV). Gli elettroni, invece, sono caratterizzati dal fatto che la dose massima è rilasciata a pochi centimetri dalla superficie e che il valore di penetrazione massima (calcolato nel punto in cui la dose relativa è pari a circa il 5 % della dose massima) espresso in cm è pari a circa la metà del valore numerico della loro energia iniziale (in MeV), con una coda che si prolunga verso basse intensità ed è dovuta a fotoni di bremmstrahlung. L importanza dell evidente superiorità dei fasci protonici nella localizzazione della dose rilasciata al bersaglio tumorale, la cui identificazione accurata è oggi ottenibile grazie a diverse tecniche di diagnostica per immagini quali la CT (Tomografia Computerizzata), la NMR (Risonanza Magnetica Nucleare) e la PET (Tomografia a Emissione di Positroni), risulta più chiara quando si valuta sia la probabilità di ottenere un controllo locale del tumore che quella dell induzione di complicanze, attraverso l analisi delle cosiddette curve dose-effetto. [fig. 3] Queste rappresentano: i. per i tessuti tumorali, la possibilità di ottenere l effetto desiderato in funzione della dose assorbita; ii. per i tessuti sani, la probabilità di provocare danni seri o irreversibili, sempre in funzione della dose assorbita. 6

12 Fig. 3: Curva dose-effetto per tessuti neoplastici (A) e normali (B). [1.3] Nella figura 3, la linea continua (A) rappresenta una ipotetica curva dose-effetto per un tessuto tumorale, mentre la linea tratteggiata (B) una curva dose-danni per un tessuto sano. Nei trattamenti convenzionali, ad una probabilità vicina al 100 % di avere il controllo locale del tumore, corrisponde una dose assorbita dai tessuti sani circostanti troppo elevata per essere accettabile. Nella pratica clinica, il radioterapista si trova dunque costretto a definire un compromesso fra il controllo locale del tumore e l insorgenza di complicazioni, che può essere quantitativamente espresso attraverso il rapporto terapeutico, definito come il rapporto D 2 /D 1 fra la dose corrispondente al 50 % di probabilità di produrre danni e quella corrispondente alla stessa probabilità di ottenere il controllo locale del tumore [fig. 3]. Sulla base di queste considerazioni, risulta evidente che la probabilità di curare il tumore senza indurre effetti collaterali indesiderati aumenta linearmente in funzione della selettività balistica o conformità dell irradiazione, che è definita come la differenza tra la dose al bersaglio e quella ai tessuti sani circostanti coinvolti nell irradiazione. La particolare capacità di selezione balistica dei fasci protonici, e di altri adroni carichi, permette dunque, grazie all elevata concentrazione di dose, di aumentare notevolmente le probabilità di cura e di ottimizzare il risultato terapeutico del trattamento di tumori prossimi ad organi critici, attraverso due meccanismi: a) consentendo la somministrazione al focolaio tumorale di una dose più elevata senza aumento di dose per i tessuti sani adiacenti (il vantaggio atteso è un miglioramento del controllo tumorale senza incremento di effetti collaterali); 7

13 b) riducendo la dose ai tessuti sani per un uguale dose al focolaio (il vantaggio atteso è una minore incidenza di effetti collaterali e/o serie complicazioni a parità di controllo tumorale). L effetto cumulativo si traduce dunque, nella curva dose-effetto calcolata nel caso di radioterapia con fasci di protoni, in uno spostamento verso destra della curva B rappresentante la probabilità di insorgenza di danni collaterali ed in un conseguente aumento del rapporto terapeutico. Le differenti proprietà balistiche delle diverse particelle utilizzate in radioterapia devono dunque essere considerate nell elaborazione del piano di trattamento di un tumore, la cui definizione è inoltre influenzata da molteplici parametri, quali la radio-sensibilità delle cellule, lo schema adottato per il frazionamento della dose, nonché l ottimizzazione tridimensionale della dose assorbita dal bersaglio irradiato, che verranno analizzati con maggiore dettaglio nei successivi paragrafi Range del fascio e sua modulazione Il picco di Bragg prodotto da un fascio monoenergetico di protoni ha una larghezza piuttosto limitata e sicuramente insufficiente a coprire l estensione in profondità di un tumore che, generalmente, varia da 0.5 a 16 cm. [1.4] La profondità cui si trova il picco dipende dall energia iniziale dei protoni mentre la sua larghezza dipende dalla dispersione energetica (spread) del fascio. Come evidenziato nella figura seguente, è possibile variare il range del fascio nel paziente in un intervallo di valori fra 3.5 g/cm² e 38 g/cm², modificando in corrispondenza l energia iniziale fra 65 e 250 MeV [fig. 4]. Energia [MeV] Range [cm] Fig. 4: Curva range-energia per un fascio di protoni in acqua. [1.5] 8

14 Il valore minimo del range è determinato dalla necessità di poter trattare i tumori più superficiali, come i melanomi oculari, mentre il massimo dalla richiesta di poter raggiungere i tumori molto profondi. La modulazione longitudinale nella coordinata z, asse di propagazione del fascio, può essere realizzata in due modi diversi: ATTIVO: variando, tramite l acceleratore, l energia del fascio durante l irradiazione; PASSIVO: degradando l energia iniziale e fissa del fascio, attraverso l interposizione di assorbitori di spessore variabile fra l acceleratore ed il paziente (range modulator). In entrambi i casi, mediante la sovrapposizione di svariati picchi di Bragg aventi energie diverse ed intensità successivamente decrescenti, è possibile costruire una regione di dose elevata e relativamente uniforme, il picco di Bragg allargato o SOBP (Spread Out Bragg Peak), che ricopra l intera estensione longitudinale del tumore [fig. 5]. Fig. 5: SOBP generato dalla sovrapposizione delle curve dose-profondità di un fascio di protoni a 190 MeV e di altri fasci d intensità ridotta ed energie diverse. [1.6] La dose D ad una generica profondità z i è data dalla somma pesata dei contributi di dose normalizzata d j di n singole curve di Bragg aventi diverse posizioni di picco Z j : D(z i ) = Σ j=1...n W j d j (z i,z j ) (eq. 1.1) laddove i pesi W j sono introdotti al fine di ottenere un picco di dose assorbita del valore voluto, che sia piatta (flat top) nei limiti di uniformità di dose richiesti. La curva dose-profondità del SOBP presenta ancora una rapida discesa, tale che oltre il limite distale del bersaglio non c è alcun rilascio di dose, sebbene la modulazione abbia l effetto di incrementare notevolmente la dose d ingresso rispetto a quella del fascio 9

15 singolo. Questo effetto può essere parzialmente ridotto mediante l irradiamento del bersaglio da angolazioni diverse, attraverso l utilizzo di una testata rotante (gantry). E da notare che, per protoni, la dose superficiale non è mai, in pratica, maggiore di circa il 70 % della dose nel SOBP, quando quest ultimo è largo circa 8 cm e che, al contrario degli ioni pesanti, è estremamente ridotto il contributo di dose (tail) dopo il SOBP dovuto alla frammentazione degli ioni incidenti (vedi fig. 10). 1.3 Metodi utilizzati per la distribuzione di dose L utilizzo di fasci di protoni fornisce la possibilità di attuare una terapia conformazionale tridimensionale molto precisa attraverso un attento controllo non solo dell energia, e quindi del range, del fascio ma anche della sua distribuzione laterale. La modifica delle dimensioni trasverse del campo di radiazione, sul piano xy perpendicolare all asse di propagazione, è attuabile con tecniche diverse che vengono abitualmente suddivise in: PASSIVE e DINAMICHE. [1.6] Nel primo caso il fascio viene allargato e definito trasversalmente per mezzo di diverse combinazioni di diffusori e collimatori di differente forma e materiale; nel secondo la distribuzione di dose viene effettuata per mezzo di una scansione mediante magneti che indirizzano il fascio nei punti desiderati Diffusione passiva Fig. 6: Sistema di scattering passivo per l allargamento laterale del fascio. [1.7] 10

16 Nel caso di distribuzione passiva [fig. 6], ad un singolo fascio di energia definita viene fatto attraversare un primo sottile strato di materiale diffusore, per esempio piombo, ottenendo una distribuzione di dose approssimativamente gaussiana bidimensionale con un alta intensità nel centro del campo. Il limitato spessore del diffusore implica una non significativa variazione dell energia cinetica delle particelle incidenti ed una conseguente distribuzione di dose, dovuta allo scattering multiplo, descritta dalla seguente formula: D( r) = 1 π a ² e ( r ² / 2 a ²) (eq. 1.2) laddove r è la distanza radiale dall asse del fascio e a 2 è il raggio quadratico medio di diffusione multipla. Un secondo diffusore, a geometria variabile con anelli concentrici occlusori, consente la selezione ed il ridimensionamento di una particolare porzione del fascio. La dose uniforme così prodotta ha una dimensione superiore a quella del bersaglio tumorale da trattare e quindi diventa necessario l uso di un collimatore, posto in prossimità della parte da irradiare, per l adattamento laterale del profilo del fascio. I vantaggi di questa tecnica sono la semplicità, la sicurezza, l ampia diffusione nei centri di adroterapia esistenti, sia che utilizzino ciclotroni o sincrotroni, e la bassa sensibilità alla dinamica temporale del fascio. Di contro si ha la ridotta flessibilità nella conformazione tridimensionale della dose che comporta la necessità di utilizzare collimatori personalizzati, la difficoltà di ottenere un fascio realmente parallelo (source to skin distance SSD = ), la bassa efficienza di utilizzo del fascio e la sua inapplicabilità nel caso di fasci di ioni, a causa della frammentazione Scanning attivo [1.8] La proprietà dei protoni di essere positivamente carichi è il fondamento alla base delle più recenti tecniche di distribuzione dinamica del fascio, che permettono di realizzare la conformazione trasversa della dose attraverso la deflessione magnetica del fascio protonico elementare. 11

17 L uso di due magneti ortogonali permette, infatti, di effettuare una scansione nelle direzioni (orizzontale e verticale) perpendicolari all asse del fascio, secondo due modalità: a) continua RASTER SCANNING b) discreta SPOT SCANNING Nel primo caso la deviazione del fascio protonico viene effettuata secondo un percorso lineare, controllato e predefinito, con spostamenti orizzontali più veloci rispetto a quelli verticali [fig. 7]. Fig. 7: Sistema di magneti per il raster scanning. [1.7] Nel secondo caso, invece, la configurazione di dose desiderata è realizzata mediante la scansione dello spot di dose, rilasciata da un fascio focalizzato (pencil beam), in tutte le tre dimensioni all interno del corpo del paziente: utilizzando un magnete deflettore ed il lettino mobile del paziente (oppure due magneti) per la modulazione trasversa, un range shifter o modulando attivamente l energia per la modulazione longitudinale. Presso il Paul Scherrer Institute in Svizzera, attraverso la sovrapposizione di un gran numero di singole distribuzioni di dose (circa 10'000 in un volume pari ad 1 litro, in un tempo inferiore a 5 minuti) con la tecnica dello spot scanning attivo sul piano trasverso, è attualmente possibile ottenere la desiderata ed uniforme conformazione totale di dose al volume bersaglio [fig. 8]. 12

18 Singolo fascio monoenergetico (dose spot) a Scanning trasverso (attivo) b Scanning longitudinale (passivo) c Conformazione di dose tri-dimensionale d Fig. 8: Tecnica dello spot scanning sviluppata al PSI Paul Scherrer Institute. [1.9] 13

19 Partendo da un singolo spot di dose (fig. 8a) e moltiplicandone il numero, è possibile infatti coprire l estensione trasversa della zona bersaglio mediante uno scanning di tipo attivo (b) per poi modulare longitudinalmente la dose mediante uno scanning di tipo passivo (c) fino ad ottenere una completa conformazione tridimensionale della dose desiderata (d). La tecnica dello scanning completamente attivo (sia longitudinale che trasverso) fornisce l enorme vantaggio di poter effettuare un irradiamento estremamente preciso ed omogeneo che si adatta alla forma del tumore che è, nella maggior parte dei casi, irregolare. A ciò si aggiunge l assenza di materiale sulla linea di fascio, una minore penombra laterale e falloff distale dovuta all assenza di collimatori, la possibilità di ottenere una SSD =, un alta efficienza d utilizzo del fascio, una possibile sincronizzazione con il respiro del paziente e l applicabilità con fasci di ioni. Qualora si avesse una frequenza di ripetizione alta (centinaia di Hz) si avrebbe, inoltre, l ulteriore vantaggio, per una definita durata della sessione di trattamento, di poter ripassare più volte sulle diverse posizioni (dose repainting); tale possibilità è meglio sfruttata se il fascio può essere variato in intensità. I complessivi vantaggi offerti dalla tecnica di modulazione attiva del fascio sono ancor più evidenti quando si confrontano le distribuzioni di dose ottenute componendo diversi campi di radiazione che, incidendo sul bersaglio da angolazioni diverse, ottimizzano la dose alla zona da trattare minimizzando quella ai tessuti sani circostanti [fig. 9]. Nella seguente figura 9 sono rappresentate le distribuzioni di dose calcolate per l irradiazione di un tumore osseo, sovrapposte all immagine di una sezione trasversa dello stesso ottenuta con una tomografia computerizzata. Ogni immagine mostra, attraverso la scala di colore (100 % = dose richiesta), la dose rilasciata al volume bersaglio, il cui contorno è delineato in giallo, ed alle strutture critiche adiacenti delineate in rosso; le frecce bianche indicano le direzioni di incidenza dei fasci utilizzati. La modulazione passiva di uno o tre fasci (fig. 9a e 9b) non consente una corretta conformazione della dose alla zona prossimale del tumore, che diviene invece possibile mediante l utilizzo di uno o più fasci uniformi conformati in modo attivo (fig. 9c e 9d). Nella figura 9f è mostrato come sia inoltre possibile ottenere, mediante modulazione attiva di intensità (IMPT Intensity Modulated Proton Therapy), un ottima conformazione di dose al bersaglio con alto grado di risparmio del tessuto osseo al centro della zona di 14

20 maggior rilascio di dose, utilizzando tre campi di radiazione non uniformi come quello rappresentato in figura 9e. 1 fascio 3fasci conformazione passiva conformazione attiva conformazione ad intensità modulata Fig. 9: Confronto nelle distribuzioni di dose calcolate per il trattamento di un sarcoma di Ewing con un fascio fisso o con tre fasci ad orientazione variabile. [1.10] Attualmente, nonostante i molteplici ed evidenti vantaggi mostrati dalla tecnica di modulazione attiva di dose, la diffusione nei centri di adroterapia esistenti è però ancora troppo scarsa: solo il PSI in Svizzera (spot scanning) e il GSI in Germania (raster scanning) utilizzano questa tecnica per la conformazione trasversa di dose. Ciò è dovuto, probabilmente, alle maggiori richieste nella realizzazione in termini di costi, tempo e manodopera, alla complessità della dosimetria associata e, nel caso di un sistema di scanning di dose completamente attivo, alla necessità di una variazione dell energia direttamente dall acceleratore e di un sistema di controllo e sicurezza più rapido ed efficace. 15

21 Nonostante una maggiore sensibilità alle fluttuazioni d intensità del fascio ed alla posizione del bersaglio, la possibilità di rilasciare una quantità di dose maggiore con una contemporanea riduzione del danno ai tessuti sani circostanti, rende la tecnica di scanning attivo tridimensionale un obiettivo da raggiungere necessariamente per tutti i centri di adroterapia esistenti o in progetto di realizzazione. 1.4 Le principali caratteristiche radiobiologiche degli adroni [1.3] L obiettivo principale della radioterapia, il controllo locale del tumore, è raggiungibile rilasciando al bersaglio una dose elevata al punto tale da distruggere le cellule cancerogene, mantenendo allo stesso tempo il livello di dose per i tessuti sani circostanti, inevitabilmente coinvolti nell irradiazione, sotto i limiti di tollerabilità. Si definisce abitualmente dose, o dose assorbita D, il rapporto fra l energia rilasciata dalla radiazione ad un piccolo volume di tessuto-bersaglio, E D, e la massa m dello stesso: D = E D /m (eq. 1.3) l unità di misura utilizzata per la dose è il Gray (Gy) che corrisponde a Joule/kg. L efficacia dell irradiazione non è esclusivamente dipendente dall entità di dose assorbita, che esprime a livello macroscopico la cessione locale di energia, giacché esistono altri tre parametri biologici di grande rilievo che vanno tenuti in considerazione: il LET (Linear Energy Transfer), l OER (Oxygen Enhancement Ratio) e l RBE (Relative Biological Effectiveness). Il LET è definito come il rapporto fra la quantità d energia ΔE rilasciata da una particella carica e lo spessore Δx del tessuto entro cui l energia viene rilasciata: L = ΔE /Δx (eq. 1.4) laddove il pedice indica che non è presente alcuna limitazione alla quantità d energia rilasciata in ogni singola collisione della particella incidente con un atomo o molecola del mezzo colpito (potere frenante per collisione lineare non ristretto), si considera cioè anche l energia rilasciata che non sarà depositata localmente (raggi δ). Nella tabella seguente sono indicati i valori del LET (espressi in kev/µm in acqua) delle particelle e radiazioni di interesse in radioterapia. 16

22 Particella Carica Energia (MeV) L (kev/µm) Elettrone Fotone MV Protone Particella α = He Neutrone Ione carbonio = C MeV/u Tab. 1: LET di particelle ionizzanti e radiazioni di interesse in radiobiologia. Come evidente, il LET di protoni e ioni pesanti a fine percorso è decisamente più elevato rispetto a quello dei fasci convenzionali di fotoni. Quando una qualsiasi forma di radiazione è assorbita da un materiale biologico si hanno due possibili forme di interazione: AZIONE DIRETTA: gli atomi del bersaglio vengono ionizzati o eccitati producendo elettroni che interagiscono direttamente con il DNA (acido desossiribonucleico) originandone una letale modifica; AZIONE INDIRETTA: la radiazione incidente interagisce con le molecole d acqua di cui è costituita (all 80%) la cellula bersaglio producendo radicali liberi (ioni particolarmente reattivi) che si diffondono ed inducono il danno al DNA. L OER è il parametro che ci permette di quantificare la correlazione esistente fra contenuto di ossigeno dei tessuti irradiati ed effetti biologici indotti dalla radiazione. Nei tessuti tumorali scarsamente vascolarizzati il contenuto di ossigeno è generalmente basso ed è proprio in queste condizioni che gli effetti biologici, dovuti alla produzione di perossidi organici di elevata tossicità per le bio-molecole coinvolte, diminuiscono. L OER rappresenta il rapporto fra le dosi richieste per produrre un certo effetto in presenza o assenza di ossigeno, ed in formula è definito da: OER = D/D 0 (eq. 1.5) laddove D è la dose necessaria a produrre un determinato effetto nel tessuto dato e D 0 è la dose che produrrebbe lo stesso risultato se il tessuto fosse completamente ossigenato, in aria e a condizioni di pressione normali. L OER può essere considerato, in prima approssimazione, una funzione decrescente del LET: le radiazioni elettromagnetiche (a basso LET) hanno elevati valori di OER, 17

23 nell intervallo fra 2.5 e 3.2, mentre gli ioni pesanti (ad alto LET) hanno valori bassi, prossimi a 1. Questo significa che radiazioni altamente ionizzanti agiscono in modo pressoché equivalente sia in eccesso che in difetto di ossigeno e, pertanto, sono più indicate rispetto a fotoni ed elettroni nella trattazione di cellule ipossiche come quelle tumorali nella zona della necrosi. L effetto negativo sulla sterilizzazione del tumore dovuto alla mancanza di ossigenazione, è dunque ridotto per le radiazioni ad alto LET in confronto a fasci convenzionali di fotoni ed elettroni a basso LET. Questo è dovuto al fatto che, nel caso di radiazioni altamente ionizzanti come gli adroni, gli effetti biologici più che essere mediati dai radicali liberi (azione indiretta) prodotti dalle cellule irradiate, sono dovuti alle più frequenti rotture del DNA delle cellule colpite con elevate cessioni locali di energia (azione diretta). Per avere una corretta stima del miglioramento negli effetti biologici prodotto, a parità di dose, da radiazioni altamente ionizzanti, come gli adroni, rispetto a radiazioni a bassa densità di ionizzazione quali elettroni e fotoni, è stato introdotto l RBE, il parametro di efficacia biologica relativa, la cui definizione è: RBE = D γ /D (eq. 1.6) laddove D è la dose assorbita necessaria a produrre un determinato effetto nel sistema irradiato con un dato fascio, per esempio protonico, mentre D γ è la dose della radiazione di riferimento fotonica che produce il medesimo risultato. L efficacia biologica relativa per l inattivazione cellulare è un parametro molto importante che dipende dal tipo di particella utilizzata, dal frazionamento di dose, dal tipo di tessuto irradiato e dalla posizione nella curva dose profondità in cui è misurato. Esiste una relazione funzionale anche fra RBE e LET secondo la quale, nella regione di LET relativa a protoni, ioni carbonio e ioni neon, l RBE è una funzione crescente del LET e, conseguentemente, le radiazioni densamente ionizzanti hanno un maggiore effetto biologico. Un altro importante fattore che influenza la risposta cellulare alla radiazione è lo stadio del ciclo cellulare che è abitualmente rappresentato come una circonferenza in cui si susseguono diverse fasi: la mitosi M, l intervallo (gap) G 1 di apparente inattività, la sintesi del DNA S e la seconda gap G 2. I momenti di maggiore radio-sensibilità della cellula sono le fasi G 2, M e l inizio della G 1, mentre la maggiore radio-resistenza si registra alla fine della fase di sintesi S. 18

24 E stato sperimentalmente osservato che variazioni di radio-sensibilità durante le varie fasi del ciclo cellulare sono più marcate per le radiazioni a basso LET, rendendo conseguentemente più difficile il raggiungimento dell obiettivo radioterapico. Mediante l utilizzo di radiazioni altamente ionizzanti il problema viene invece risolto in quanto, aumentando il LET, le variazioni di radio-sensibilità risultano progressivamente ridotte. Al contrario del LET, il valore dell OER mantiene un valore costante durante tutte le diverse fasi del ciclo cellulare. Possiamo dunque riassumere i vantaggi radiobiologici che può produrre l adroterapia rispetto alla radioterapia convenzionale: 1. elevato valore di LET che induce un maggiore tasso di danno cellulare a parità di dose rilasciata, ovvero una maggiore efficacia biologica relativa; 2. minore dipendenza dell RBE dalle condizioni d ipossia delle cellule trattate; 3. inferiore variazione di radio-sensibilità durante il ciclo cellulare. Questi vantaggi sono solo parzialmente applicabili alla radioterapia con protoni che, ricordiamo, hanno un parametro medio di efficacia biologica relativa pari a 1.1, cioè di poco superiore alla radiazione fotonica tradizionale, mentre gli ioni pesanti hanno un RBE variabile fra 3 e 4. Sono indiscutibili, invece, i vantaggi della protonterapia dovuti alla più favorevole distribuzione spaziale di dose al di là del massimo rispetto sia quella ottenibile con elettroni e fotoni, che quella risultante dall utilizzo di ioni più pesanti [fig. 10]. Fig. 10: Picco di Bragg allargato per fasci di protoni e ioni aventi lo stesso range. [1.3] Questi ultimi, interagendo con la materia, danno infatti origine a frammenti più leggeri che hanno un percorso (range) maggiore rispetto agli ioni progenitori, producendo dunque un aumento di dose assorbita oltre il picco (tail). 19

25 L incremento percentuale della dose in questa regione dipende dalla massa dello ione incidente: è dell ordine del 15% per il carbonio e l ossigeno, mentre può raggiungere il 30% per gli ioni di neon. Per questa ragione non è giustificato l uso di ioni più pesanti dell ossigeno per una terapia veramente conformazionale. 1.5 Patologie e potenziali pazienti Numerosi studi sono stati effettuati da radioterapisti facenti parte della Pathologies and Treatments Committee della Fondazione TERA (Terapia con Radiazioni Adroniche) e dell AIRO (Associazione Italiana di Radioterapia Oncologica) al fine di: 1. definire le indicazioni cliniche per l utilizzo di protoni in radioterapia con un ordine di priorità definito sulla base dei vantaggi aspettati; 2. stimare il numero di potenziali pazienti, basandosi sui dati epidemiologici disponibili; 3. definire un piano di attività e scegliere le procedure atte a raggiungere gli obiettivi preposti. Con questi intenti, i possibili casi da trattare sono stati suddivisi in quattro categorie a priorità decrescente: A. patologie caratterizzate dalla vicinanza a organi critici. Per la maggior parte di esse l uso di protoni rappresenta l unico modo di somministrare una dose curativa radicale senza produrre inaccettabili effetti collaterali; B. tumori il cui controllo locale può, con grosse probabilità, produrre o una guarigione definitiva o una prolungata sopravvivenza. In questi casi i soddisfacenti risultati raggiunti attualmente con la radioterapia convenzionale possono essere migliorati mediante il rilascio di una dose più elevata; C. carcinomi per i quali i protoni potrebbero essere utilizzati per rilasciare una dose di boost (sovradosaggio) su un volume ristretto, dopo aver trattato con fotoni un area più estesa. D. tumori localmente avanzati e con prognosi sfavorevole ma che potrebbero permettere una sopravvivenza prolungata; in questi casi con l impiego di protoni si può ottenere una palliazione più completa e protratta nel tempo, con minori effetti collaterali rispetto alla terapia convenzionale. Studi clinici più recenti e ulteriori valutazioni epidemiologiche hanno determinato una rivalutazione della classificazione effettuata con una modifica della Categoria A (priorità 20

26 assoluta), comprendente le indicazioni elettive già supportate da dati clinici, e la raccolta nella Categoria B (priorità relativa) delle patologie, prima comprese nelle categorie B e C, che verosimilmente possono trarre vantaggio dalla protonterapia, ma per le quali sono necessari ulteriori studi clinici di definitiva validazione. I risultati raggiunti sono riassunti nella tabella 2, ove sono indicate le diverse patologie trattabili ed il numero di pazienti potenziali. CATEGORIA A Nuovi pazienti/anno Pazienti trattabili con protoni Melanoma uveale % Cordoma della base cranica % Condrosarcoma della base cranica % Meningioma della base cranica % Tumori paraspinali % Schwannoma dei nervi cranici % Tumori ipofisari % TOTALE % CATEGORIA B Nuovi pazienti/anno Pazienti trattabili con protoni Tumori cerebrali neuroepiteliali % Metastasi del cervello % Tumori della testa e del collo % Tumori indifferenziati della tiroide % Tumori polmonari non microcitomi % Timomi % Tumori dell esofago % Tumori del tratto biliare % Tumori del fegato % Tumori del pancreas % Tumori del retto % Tumori del collo dell utero % Tumori della vescica % Tumore della prostata % Recidive pelviche post chirurgiche > 500 > % Tumori solidi pediatrici % Patologie non neoplastiche MAV Degenerazione maculare retinica 130? 40? 30 %? TOTALE > > % Tab. 2: Indicazioni elettive (Cat. A) e patologie che possono trarre vantaggio (Cat. B) dalla protonterapia e numero di pazienti potenziali/anno in Italia. 21

27 Nel complesso, si hanno oltre nuovi casi per anno della Categoria B fra i quali individuare quelli che potrebbero trarre un importante vantaggio dall impiego di protoni in termini di aumentato controllo locale o di ridotti effetti collaterali. Una stima attendibile può riferirsi a circa nuovi casi per anno, che si vanno ad aggiungere ai casi elettivi della Categoria A per un totale complessivo di circa casi attesi per anno per la terapia con protoni. Questa valutazione è sicuramente prudente. Nel quadro del progetto europeo EULIMA sono state infatti ottenute percentuali molto più elevate; per esempio Gademann [1.11] stima, per tutta l Europa, pazienti potenziali l anno (per terapia con protoni o ioni), pari addirittura ad un terzo di tutti i pazienti trattati con radioterapia convenzionale. 1.6 Centri di adroterapia nel mondo [1.12] La prima osservazione delle potenziali capacità di conformazione della dose e riduzione degli effetti collaterali dei protoni in radioterapia, fu effettuata dal Dr. Robert Wilson nel Un anno dopo, presso il Lawrence Berkeley Laboratory (LBL), cominciarono i primi esperimenti di fisica e radiobiologia volti a convalidare la fattibilità di utilizzo di protoni e ioni pesanti per trattamenti medicali. Da allora numerosi studi clinici e successivi trattamenti sono stati effettuati in varie sedi nel mondo utilizzando però acceleratori originariamente costruiti per un attività di ricerca in fisica e dunque localizzati presso centri di ricerca nucleare. Soltanto nel 1990 il Loma Linda University Medical Center (LLUMC), in California, realizzò il primo acceleratore del mondo dedicato alla protonterapia e costruito in un ambiente ospedaliero: un sincrotrone che produce protoni con energia fino a 250 MeV. L apparentemente lento sviluppo della terapia con particelle adroniche viene giustificato dalla necessità di considerare una grandissima varietà di tumori, oltre che la tollerabilità dei tessuti sani alla radiazione che non é la stessa per ogni individuo. In aggiunta, bisogna tenere conto che un tessuto esteso non è semplicemente la somma di cellule singole e che effetti testati su animali possono differire da quelli su umani. Per questi motivi non è consentito esporre i pazienti a rischi elevati e sconosciuti e, anche dopo l irradiazione, è necessario un tempo di osservazione di almeno cinque anni prima che possano essere tratte delle conclusioni certe. Nel panorama mondiale molti sono ormai i centri ospedalieri, e non, in cui si applica la protonterapia e molti sono quelli la cui realizzazione è in corso o è 22

28 stata progettata con l intento di trattare tutti i siti anatomici, dai melanomi oculari ai tumori profondi, attraverso l utilizzo di fasci di particelle con energia variabile fra 70 e 250 MeV. In tabella 3 sono riportati i totali dei pazienti finora trattati con particelle cariche, mentre in tabella 4 sono elencati i nuovi centri proposti per terapia con protoni e/o ioni. CENTRO LUOGO TIPO DI FASCIO TIPO DI ACCELERATORE PERIODO ATTIVITA PAZIENTI TRATTATI DATA DEL TOTALE Berkeley 184 CA. USA p Sincrotrone Berkeley CA. USA He Sincrotrone '054 Giu. 91 Uppsala Svezia p Sincrociclotrone Harvard, Boston MA. USA p Sincrociclotrone '116 JINR, Dubna Russia p Sincrociclotrone ITEP, Mosca Russia p Sincrotrone '663 Dic. 03 Los Alamos NM. USA π - Linac per ioni S. Pietroburgo Russia p Sincrociclotrone '029 Giu. 98 Berkeley CA. USA ioni Sincrotrone Giu. 91 NIRS, Chiba Giappone p Ciclotrone Apr. 02 Triumf Canada π - Ciclotrone Dic. 93 PSI (SIN) Svizzera π - Ciclotrone PMRC, Tsukuba Giappone p Sincrotrone Lug. 00 PSI (72 MeV) Svizzera p Ciclotrone '712 Dic. 02 Dubna Russia p Ciclotrone Nov. 03 Uppsala Svezia p Ciclotrone Gen. 02 Clatterbridge Inghilterra p Ciclotrone '287 Dic. 03 Loma Linda CA. USA p Sincrotrone '626 Nov. 03 Louvain-la-Neuve Belgio p Ciclotrone CAL, Nice Francia p Ciclotrone '951 Giu. 02 CPO, Orsay Francia p Sincrociclotrone '157 Gen. 02 IThemba LABS Sud Africa p Ciclotrone Dic. 03 MPRI IN. USA p Ciclotrone Dic. 99 UCSF CNL CA. USA p Ciclotrone Lug. 02 HIMAC, Chiba Giappone ioni C Sincrotrone '601 Ago. 03 TRIUMF Canada p Ciclotrone Dic. 02 PSI (200 MeV) Svizzera p Ciclotrone Dic. 01 GSI, Darmstadt Germania ioni C Sincrotrone Giu. 03 HMI, Berlin Germania p Ciclotrone Dic. 03 NCC, Kashiwa Giappone p Ciclotrone Nov. 03 HIBMC, Hyogo Giappone p Sincrotrone Dic. 03 PMRC, Tsukuba Giappone p Sincrotrone Nov. 03 NPTC, MGH MA. USA p Ciclotrone Dic. 03 HIBMC, Hyogo Giappone ioni C Sincrotrone Dic. 02 INFN-LNS, Catania Italia p Ciclotrone Lug. 03 Wakasa Bay Giappone p Sincrotrone Ago. 03 1'100 pioni 4'290 ioni 36'111 protoni TOTALE 41'501 Tab. 3: Totale dei pazienti trattati in tutto il mondo con particelle cariche. [1.13] 23

29 CENTRO LUOGO TIPO DI FASCIO TIPO DI ACCELERATORE INIZIO ATTIVITA (?) IMP, Lanzhou Cina ioni C e Ar Sincrotrone 2004 Wanjie, Zibo Cina p Ciclotrone 2004 PSI Svizzera p Ciclotrone 2004 Shizouka Cancer Center Giappone p Sincrotrone 2005 Rinecker, Monaco Germania p Ciclotrone 2005 NCC, Seul Corea p Ciclotrone 2005 Heidelberg/GSI Germania p e ioni Sincrotrone 2005 Ithemba LABS Sud Africa p Ciclotrone 2006 FPTI, U. of Florida FL, USA p Ciclotrone 2005 M.D. Anderson Cancer Center TX, USA p Sincrotrone 2006 Beijing Cina p Ciclotrone 2006 CGMH Taiwan p Sincrotrone? Bratislava Slovacchia p e ioni Ciclotrone? Erlangen Germania p? CNA Italia p e ioni Sincrotrone? Med-AUSTRON Austria p e ioni 2007? Clatterbridge Inghilterra p Ciclotrone 230 MeV? TOP, Roma Italia p Linac? Xi an, Shanxi Cina p Ciclotrone? Trento Italia p Ciclotrone 2008? 3 progetti a Mosca Russia p? Cracovia Polonia p? Proton Development N.A. Inc IL, USA p? Tab. 4: Nuovi centri per l adroterapia proposti o in costruzione. [1.13] 1.7 L adroterapia in Italia I risultati già ottenuti con l adroterapia in altri paesi del mondo, nonché quelli ipotizzabili, ed il livello di tecnologia raggiunto dall Italia nel campo degli acceleratori (in particolare dall INFN - Istituto Nazionale di Fisica Nucleare e dall ENEA Ente per le Nuove Tecnologie, l Energia e l Ambiente), portarono nei primi anni 90 a giudicare maturi i tempi di dotare anche il nostro paese delle potenzialità offerte dalle più moderne tecniche radioterapiche utilizzanti adroni. Con quest obiettivo nell estate 1991 è nato, nell ambito dell INFN, il Progetto Adroterapia dalla collaborazione fra Ugo Amaldi (CERN di Ginevra) e Giampiero Tosi 24

30 (IEO - Istituto Europeo di Oncologia di Milano) e, nell autunno del 1992, è stata costituita a Novara la Fondazione per Adroterapia Oncologica TERA (TErapia con Radiazioni Adroniche), poi riconosciuta nel 1994 dal Ministero della Sanità come ente morale senza fini di lucro. La Fondazione TERA ha come scopo lo sviluppo, in Italia e all'estero, delle tecniche di radioterapia basate sull'uso di particelle adroniche e, più in generale, delle applicazioni della fisica e dell'informatica alla medicina e alla biologia. Merito della Fondazione, nei suoi primi anni di vita, è stato la diffusione in Italia delle problematiche connesse all adroterapia, la formazione di giovani ricercatori ed una intensa attività che attualmente risulta suddivisa in: programma CENTRI DI ECCELLENZA: progetto e realizzazione in Italia ed in Europa di sistemi completi ed all avanguardia nella cura di tumori con le radiazioni adroniche, cioè fasci di protoni e di ioni carbonio; programma TERANET: informatica al servizio della sanità come nel caso della rete informatica multimediale (RITA Rete Italiana Trattamenti Adroterapici) che connette i diversi centri adroterapici, permettendo la trasmissione di immagini diagnostiche, grafica e dati per lo studio di casi clinici attraverso una cartella clinica informatica (progetto NORMA); programma ACCELERATORI COMPATTI: acceleratori medicali innovativi e di costi contenuti che possano essere realizzati da industrie italiane ed utilizzati in un certo numero di centri per protonterapia dislocati in tutta l Italia; programma EUROPEO: progetti realizzati in collaborazioni internazionali finanziate dall Unione Europea come il progetto ECCHO (European Contact Center for Healthcare Organisations) Il progetto CNA [1.14] [1.15] Il CNA (Centro Nazionale per l Adroterapia) sarà il centro di eccellenza dell adroterapia in Italia, grazie ad un sincrotrone in grado di accelerare protoni fino a 250 MeV e ioni carbonio fino a 4'800 MeV (400 MeV/u), che permetterà di trattare circa 1'000 pazienti l anno. Il primo studio per la realizzazione di questo centro, (versioni A e B), fu completato nella primavera del 1994 e pubblicato nel Libro Blu nel 1995 [1.3]. Dagli inizi del 1996 fino al 1999, presso il CERN, un team composto da membri della 25

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