Rivelatori per il monitoraggio del fascio del TOP Linac

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1 - i - UNIVERSITA DEGLI STUDI DI ROMA LA SAPIENZA CORSO DI SPECIALIZZAZIONE IN FISICA SANITARIA I.S.S. Rivelatori per il monitoraggio del fascio del TOP Linac Tesi di Specializzazione in Fisica Sanitaria (a.a ) Autore: Dr. Amedeo Ebolese Relatore : Prof. Salvatore Frullani Relatore interno: Prof. Giovanni Ettore Gigante Direttore della Scuola: Prof. Bruno Maraviglia

2 - i - UNIVERSITA DEGLI STUDI DI ROMA LA SAPIENZA CORSO DI SPECIALIZZAZIONE IN FISICA SANITARIA Rivelatori per il monitoraggio del fascio del TOP Linac Tesi di Specializzazione in Fisica Sanitaria (a.a ) Autore: Dr. Amedeo Ebolese Relatore : Prof. Salvatore Frullani Relatore interno: Prof. Giovanni Gigante Direttore della Scuola: Prof. Bruno Maraviglia Marzo 1999

3 - i - Indice PREMESSA I LE BASI DELLA PROTONTERAPIA 1 I-1: Caratteristiche del rilascio di dose di fasci protonici.1 I-1.1: Range del fascio di particelle e regolazione del range 2 I-1.2: Spessore del bersaglio e modulazione del range 3 I-1.3: Uniformità di dose...4 I-1.5: Intensità di corrente e rateo di dose medio...5 I-2: Metodi utilizzati per la distribuzione di dose del fascio protonico 5 I-3: Le principali caratteristiche radiobiologiche degli adroni.8 I-4: Confronto tra terapia convenzionale e terapia adronica..10 I-5: Studi sulla terapia con radiazioni protoniche in corso 12 I-6: Piani di trattamento per la terapia protonica...16 II ADROTERAPIA NEL MONDO 19 II-1: Introduzione 19 II-2: Centri ospedalieri per la protonterapia attualmente esistenti.19 II-2.1: Il primo centro di protonterapia ospedaliero a Loma Linda, California.20 II-2.2: Il centro di protonterapia ospedaliero a Kashiwa, Giappone..21 II-2.3: Il Northeast Proton Therapy Center (NPTC) di Boston.21 II-3: Risultati clinici con protoni e ioni elio..22 II-3.1: Tumori della base del cranio..22 II-3.2: Melanoma uveale..23 II-3.3: Malformazioni arteriovenose 23 II-3.4: Siti di trattamento all interno del torace, addome e bacino..24 II-4: Particelle cariche ad alto LET.25 II-4.1: Risultati clinici con fasci di ioni Neon.25 II-4.2: Centri di trattamento per ioni pesanti

4 - ii - II-5: Terapia della cattura neutronica..27 II-5.1: Risultati clinici 28 II-5.2: Approcci alternativi 28 II-6: L adroterapia in Italia 29 II-7: Conclusioni..29 III IL MONITORAGGIO DEL FASCIO DI PROTONI DEL TOP LINAC 31 III-1: Introduzione.. 31 III-2: Il progetto TOP dell Istituto Superiore di Sanità.32 III-2.1: Introduzione...32 III-2.2: Descrizione del TOP LINAC.33 III-2.3: Specifiche fisiche del fascio del TOP LINAC 38 III-2.4: Cenni sulle testate rotanti 39 III-3: I principali rivelatori di radiazione attualmente utilizzati 40 III-3.1: Introduzione.40 III-3.2: Camere a ionizzazione.41 III-3.3: Integratori di carica..43 III-3.4: Monitors ad emissione secondaria (SEMS).44 III-3.5: Camere a fili.45 III-3.6: Altri tipi di rivelatori di radiazione..45 III-4: Esempi di sistemi di monitoraggio utilizzati nei principali centri ospedalieri...47 III-5: Monitoraggio del fascio del TOP Linac..50 III-5.1: Caratteristiche del fascio...50 III-5.2: Schema di un possibile sistema di monitoraggio per il TOP Linac.50 III-6: Studio dei rivelatori a camera a ionizzazione 52 III-6.1: Progetto di una camera a ionizzazione 53 IV SIMULAZIONE DELLA RISPOSTA DI RIVELATORI PER IL MONITORAGGIO DEL FASCIO DI PROTONI DEL TOP LINAC 57 IV-1: Introduzione 57 IV-2: Il codice Garfield ed il suo adattamento allo studio di camere a ionizzazione di tipo arbitrario..57

5 - iii - IV-3: Simulazione della risposta di camere a ionizzazione multifilo ad Ar- CO2.61 IV-4: Altri rivelatori previsti per il monitoraggio del fascio di protoni del TOP Linac...74 IV-5: Estensione del codice Garfield per la simulazione della risposta di camere a ionizzazione di tipo arbitrario...75 IV-5.1: Il programma Tosca per il modellamento e l analisi di campi.75 IV-5.2: Interfaccia Tosca-Garfield 76 IV-5.3: Modifiche apportate al programma Tosca per interfacciarlo al programma Garfield 77 IV-6: Calcolo del campo elettrico generato in una camera a ionizzazione a pads con il codice Tosca.78 IV-7: Risultati preliminari ottenuti con l interfaccia Tosca Garfield.81 IV-8: Elettronica di readout dei fili di una camera a ionizzazione multifilo ad Ar-CO IV-9: Conclusioni 88 Bibliografia..89

6 - i - PREMESSA Come è noto, già pochi mesi dopo la scoperta di Roëngten dei raggi X nel 1895, gli studiosi compresero le potenzialità di questa radiazione a scopi sia diagnostici che terapeutici. Attualmente, molti ospedali e cliniche usano acceleratori lineari di elettroni ("LINACS") per produrre fasci di elettroni di 4 25 MeV, che possono essere utilizzati direttamente per la terapia o inviati su un bersaglio radiatore per produrre fasci di fotoni usati per la radioterapia.. Ma, a dispetto dei vantaggi dei moderni linacs ad elettroni, un'estesa esperienza clinica sulla terapia fotonica ha mostrato che alcuni tumori, detti tumori radioresistenti, rispondono debolmente al trattamento con fotoni e che, a volte, anche ai tumori non radioresistenti non può essere ceduta una dose letale a causa della indesiderata dose associata che viene con la prima rilasciata ai tessuti sani circostanti. Recentemente, altri tipi di radiazione, soprattutto di particelle nucleari e subatomiche, sono stati testati clinicamente. I tipi di radiazione considerati sono nuclei atomici accelerati come idrogeno, He, C, Ne, Si ed Ar. Questa moderna radioterapia è nota come adroterapia, poiché vengono utilizzati fasci di adroni. La ragione fondamentale che giustifica l'uso in radioterapia di fasci di adroni (e precisamente protoni e ioni leggeri) è la favorevole distribuzione di dose assorbita in profondità. Protoni e ioni, essendo particelle cariche e pesanti, a differenza dei raggi X e degli elettroni, penetrando nella materia non deviano molto dalla direzione iniziale e presentano un picco di dose assorbita stretto e pronunciato alla fine del loro percorso (picco di Bragg). Tale picco è ideale per colpire tumori localizzati vicino ad organi detti "critici" perché non possono essere irraggiati senza pregiudicare la qualità della vita del paziente. La validità dell uso dei protoni in radioterapia fu compresa già all epoca degli studi pioneristici del Dr. Wilson (anni 50). Tuttavia, la disponibilità dei necessari acceleratori soltanto in Centri di Ricerca e la complessa tecnologia richiesta per trattare tutti i siti anatomici in modo sicuro ed efficiente ha limitato la diffusione dell uso dei protoni in una prima fase. Soltanto dalla fine degli anni 80, l adroterapia ha cominciato a diffondersi nel mondo ed anche in Italia vi è attualmente un interesse crescente verso questa nuova tecnica terapeutica. -

7 - ii - La Tesi in esame si occuperà di tematiche di notevole importanza relative alla diffusione in Italia dell'adroterapia, trattando principalmente il problema del monitoraggio delle caratteristiche spaziali e temporali del fascio terapeutico di protoni che verrà realizzato nell'ambito del progetto TOP (Terapia Oncologica con Protoni) dell'istituto Superiore di Sanità. Tale Tesi è, pertanto, come di seguito strutturata: Il primo capitolo è dedicato ad una descrizione generale della radioterapia con protoni; Il secondo capitolo è dedicato ad una panoramica della situazione mondiale, per quel che concerne l'adroterapia, descrivendo le caratteristiche dei principali centri in cui la protonterapia è già applicata con successo e l'esperienza clinica da essi raccolta che permette di caratterizzare le patologie per le quali l'uso clinico della protonterapia è vantaggioso. La fine del capitolo è dedicata ad una discussione della situazione italiana; il terzo capitolo è dedicato al problema del monitoraggio del fascio di protoni del TOP Linac per controllarne la stabilità e le caratteristiche spaziali e dosimetriche. In tale capitolo è, inoltre, effettuata una descrizione del progetto TOP dell'istituto Superiore di Sanità, il cui scopo è quello di realizzare un prototipo di acceleratore compatto che acceleri protoni fino a 200 MeV ed il cui fascio abbia caratteristiche utili al fine terapeutico; il quarto capitolo è, infine, dedicato alla progettazione e simulazione della risposta di rivelatori da utilizzare per il monitoraggio del fascio di protoni del TOP Linac ed a cenni sull'elettronica relativa ai rivelatori suddetti.

8 - 1 - I CAPITOLO LE BASI DELLA PROTONTERAPIA I-1: Caratteristiche del rilascio di dose di fasci protonici La ragione fondamentale che giustifica l'uso in radioterapia di fasci di protoni, rispetto alla terapia convenzionale con fotoni ed elettroni, é, come si é anticipato nella premessa, la favorevole distribuzione di dose assorbita in profondità [fig. 1]. Fig.1: Curve dose-profondità per protoni da 200 MeV, per elettroni da 20 MeV e per raggi X prodotti da un linac per elettroni da 8 MeV Le curve dose-profondità di fasci di protoni sono, infatti, completamente diverse da quelle dei fotoni e degli elettroni poiché queste particelle cariche e pesanti rilasciano le dosi più elevate concentrandole alla fine del loro percorso nei tessuti e dando così luogo al cosiddetto "picco di Bragg" (fig. 2). -

9 - 2 - Fig. 2: Curva dose-profondità per un protone monocromatico. La maggiore capacità di localizzazione della dose dei fasci di protoni suggerisce la possibilità di depositare una dose più elevata nel volume bersaglio riducendo contemporaneamente la radiazione indesiderata nei tessuti critici circostanti. I tessuti prima del bersaglio, collocato nella regione del picco di Bragg, ricevono, infatti, come si vede dalla figura, solo una piccola dose e quelli al di la del bersaglio virtualmente non ricevono dose. Questa possibilità implica un miglioramento del controllo locale del tumore con una diminuzione delle complicazioni nel tessuto sano. Nei seguenti sottoparagrafi, saranno discussi i requisiti clinici, specificati da collaborazioni mediche, che i fasci di protoni devono soddisfare per potere essere utilizzati a scopo terapeutico. I-1.1: Range del fascio di particelle e regolazione del range Uno dei requisiti clinici richiesti é che il range del fascio nel paziente sia disponibile per valori tra 3.5 g/cm 2 e 32 g/cm 2 per dimensioni del campo fino a ~ 20cm x 20cm [1]. Il valore minimo del range è determinato dalla necessità di potere trattare i tumori dell occhio, mentre il massimo dalla richiesta di potere raggiungere i tumori profondi. Un altro requisito clinico é che la regolazione del range sia possibile a passi di 0.1 g/cm 2 per ranges 5cm ed a passi di 0.05 g/cm 2 per ranges < 5 g/cm 2 durante i trattamenti. Per ottenere i vari ranges, si deve o utilizzare fasci ad energia variabile (per es., con un sincrotrone o un linac) o degradare l energia di un fascio di energia fissa usando degli assorbitori (per es., con ciclotroni).in questo contesto, un passo di 0.1 g/cm 2 su un range di 30 g/cm 2 significa potere variare l'energia con una precisione di circa 1 parte su 300 ed un -

10 - 3 - accuratezza del 10% nella regolazione del passo significa controllarla con una precisione di circa 1 parte su 3000, richiesta che si avvicina al limite di accuratezza di controllo di un magnete dinamico (~ 1 parte su 5000). Nel caso di un ciclotrone il fascio viene estratto ad energia massima, degradato all'energia appropriata ed analizzato in impulso (per ridurre la diffusione di energia nel fascio) ed in seguito trasportato fino al paziente. La diffusione di energia dovuta al fenomeno dello straggling negli assorbitori può, come vedremo nel successivo sottoparagrafo, essere ridotta mediante analisi magnetica e collimazione. I-1.2: Spessore del bersaglio e modulazione del range La larghezza finita del picco di Bragg é dovuta a due cause, la definizione in energia intrinseca del fascio e la dispersione energetica dovuta all'interazione del fascio incidente con l'assorbitore (range straggling). Il primo dei due contributi ha un'entità variabile a seconda della macchina utilizzata. Ad esempio, per un tipico sincrotrone la definizione energetica del fascio incidente é E/E~10-4, a cui corrisponde una dispersione piccola in confronto a quella dovuta allo straggling. Nel caso di un fascio estratto da un ciclotrone l indefinizione energetica intrinseca del fascio é maggiore di un ordine di grandezza ed é confrontabile alla dispersione dovuta allo straggling. Pertanto, per soddisfare il requisito clinico di avere una dispersione del fascio poco superiore a quella dovuta allo straggling in acqua, é importante analizzare in impulso il fascio in modo da selezionare particelle con una definizione energetica migliore di un ordine di grandezza rispetto alla definizione energetica di partenza. Il picco di Bragg che si ottiene alla fine é solitamente molto più piccolo dello spessore del bersaglio tumorale e, pertanto, il range delle particelle deve essere opportunamente modulato, riducendolo in piccoli passi mediante assorbitori di lunghezza diversa rotanti, disposti sul fascio, in modo che l'effetto finale sia quello di sommare molti picchi di Bragg stretti ed ottenere così un unico picco di Bragg allargato (SOBP: Spread Out Bragg Peak, fig.3)

11 - 4 - Fig. 3: Spread Out Bragg Peak. I-1.3: Uniformità di dose Un altro requisito clinico di notevole importanza per i fasci terapeutici é quello di ottenere un campo di radiazione largo, fino, in situazioni estreme, a 40 cm x 40 cm, con un' uniformità di dose migliore del ±2.5% sull'intero campo di trattamento [1]. Nel metodo passivo ciò é ottenuto usando opportuni diffusori. La diffusione di un fascio monocromatico con un sottile diffusore produce un fascio approssimativamente gaussiano bidimensionale. Si noti che per diffusore sottile si intende un diffusore che non altera significativamente, durante il suo attraversamento da parte del fascio, l'energia cinetica delle particelle. La distribuzione di dose in funzione della distanza radiale, r, dal centro del fascio é : ( r / 2a ) D( r) e, 2 a in cui a il raggio quadratico medio di diffusione multipla. Il risultante fascio gaussiano attraversa a questo punto un "diffusore a contorni" (contoured scatterer), per il quale il potere assorbente energetico é costante a tutte le distanze radiali. Tuttavia, le particelle del fascio che lo attraversano in prossimità dell'asse centrale incontrano più materiale ad alto Z (numero atomico), mentre quelle che lo attraversano a distanze radiali superiori incontrano più materiale a basso Z. Per tanto i raggi centrali sono diffusi più di quelli periferici con il risultato di un appiattimento del profilo di dose gaussiano, che diventa molto più uniforme.

12 - 5 - Nel metodo attivo (scansione del bersaglio tumorale con un fascio di protoni deflesso opportunamente con elettromagneti) è possibile deflettere il fascio protonico con due elettromagneti, uno per le deflessioni nella direzione orizzontale, e l altro per quelle nella direzione verticale, in modo da produrre la distribuzione di dose desiderata. I-1.4: Intensità di corrente e rateo di dose medio L'intensità di corrente del fascio rilevante ai fini terapeutici é la corrente media, proporzionale al numero medio di protoni al secondo. Il valore della corrente é determinato dalla necessità di rilasciare nel volume bersaglio, in modo uniforme entro qualche percento, una dose che varia da 15 Gy in 20 secondi in campi di pochi cm 2 per il trattamento oculare a circa 2 Gy in un minuto in campi grandi 20 x 20 cm 2 secondo le richieste di una tipica sessione di trattamento di un tumore profondo. La corrente media necessaria per il trattamento é: DA InA [2], S in cui D é la dose per frazione in Gy, A é la sezione del fascio in cm 2, S é lo stopping power nel SOBP in MeV cm 2 g -1 e é la durata del trattamento in secondi. L'intensità di corrente media é pertanto, come per altro é evidente, legata al rateo di dose medio che si deve raggiungere. Valori tipici di tale intensità, per avere un rateo di dose medio variabile tra 45 Gy/min per il trattamento dell occhio e 2 Gy/min per un campo 20 x 20 cm 2 nel caso dei tumori profondi, sono compresi tra 0.1 e 5 na a tutte le energie di fascio. I-2: Metodi utilizzati per la distribuzione di dose del fascio protonico Per ottenere la desiderata distribuzione di dose nel volume tumorale, viene solitamente utilizzato un metodo di distribuzione passiva. In tale metodo, la distribuzione longitudinale di dose desiderata, che deve essere tale da irraggiare completamente il tumore, risparmiando, inoltre, i tessuti sani circostanti, viene realizzata allargando il picco di Bragg in modo da ricoprire esattamente la regione tumorale tramite l uso di un modulatore di range, che permette di variare passivamente

13 - 6 - l energia del fascio di particelle, riducendola in piccoli passi, in modo da sommare molti picchi stretti ed ottenere l effetto voluto (SOBP). Per diffondere lateralmente il fascio, in modo da ottenere la larghezza di campo desiderata, si utilizzano, inoltre, nell ambito di tale metodo, un materiale diffusore posto sul percorso del fascio (che diffonde i protoni) ed un collimatore posto in prossimità della parte da irraggiare (fig. 4). Fig.4: Sistema di distribuzione passiva. Un nuovo metodo di distribuzione del fascio, che ha cominciato a diffondersi negli ultimi anni, è detto metodo di distribuzione attiva. In tale metodo la distribuzione longitudinale di dose desiderata è realizzata variando, attivamente, durante il trattamento, con l impiego di un fascio di energia variabile, l energia del fascio (per ottenere un picco di Bragg allargato) e, con magneti disposti sul percorso del fascio, la sua direzione (in modo da ottenere la desiderata distribuzione di dose trasversale). Usando due elettromagneti, uno per deviare il fascio protonico nella direzione orizzontale e l altro per deviarlo nella direzione verticale, si possono ottenere diversi percorsi di distribuzione. In un sistema con un solo campo magnetico deflettore, ad esempio, il fascio protonico viene deviato in una sola direzione ed il lettino con il paziente viene mosso lungo la direzione perpendicolare per ottenere le linee di scansione successive, mentre un sistema del tipo raster scanning si basa su una deviazione del fascio protonico secondo un percorso controllato che è analogo al modo in cui vengono generate le immagini televisive.

14 - 7 - Un sistema di distribuzione attiva offre al fisico uno strumento per creare volumi larghi, complessi e di forma irregolare. Esso permette anche di ridurre la dose rilasciata al tessuto sano, rispetto ad un sistema di distribuzione passiva. Questo viene realizzato depositando la dose in strati sottili. La dose per ciascuno strato può essere distribuita nella configurazione x-y desiderata. Il volume di trattamento totale è composto da un insieme di strati di forma variabile che si sovrappongono al bersaglio. Un sistema di distribuzione attiva può anche permettere al radiooncologo di eliminare dispositivi personalizzati realizzati per ogni paziente per modificare in modo appropriato il fascio protonico: ciò riduce i costi di trattamento. Il sistema di distribuzione attiva viene impiegato per produrre una prescritta distribuzione di dose, D, in tre dimensioni che può essere espressa come prodotto di convoluzione della funzione di profilo del fascio, p, e la funzione di occupazione, F: D F p. In questo contesto, D rappresenta la distribuzione di dose data all'interno ed all'esterno del volume bersaglio. Per una particella che si muove nella direzione z, la funzione di profilo del fascio, p, é data dalla curva di Bragg nella direzione z, e dalla diffusione multipla nelle direzioni x ed y. Data la distribuzione D e nota p, la funzione di occupazione F (che é legata alla diffusione attiva del fascio) può essere ricavata. Un metodo é mediante iterazioni attraverso la relazione: Fn 1 CFn ( D0 Fn p) [1], in cui D 0 rappresenta la distribuzione di dose che si desidera ottenere, C é un operatore definito positivo che permette solo soluzioni non negative ed é un parametro di convergenza. Da tale formula si ricava che una distribuzione di dose uniforme nel volume bersaglio ed un'attenuazione di dose netta ai suoi bordi, comporta significative fluttuazioni e pertanto gradienti in F. Nella distribuzione attiva, l'andamento della funzione F desiderato si ottiene o per modulazione delle intensità del fascio estratto, o variando la velocità di diffusione, o mediante entrambe le cose. La descrizione modellistica della funzione di profilo del fascio p per fasci monocromatici penetranti nel paziente deve includere la diffusione a piccoli angoli, lo "straggling" in energia, le perdite dovute alle interazioni nucleari, così come l'eterogeneità dei mezzi attraversati. La distribuzione attiva impone limiti stringenti sulle caratteristiche dell'acceleratore, come la variabilità dell'energia del fascio, il controllo dell'intensità del fascio in funzione del tempo, la stabilità del fascio e così via.

15 - 8 - I-3: Le principali caratteristiche radiobiologiche degli adroni La risposta alla radiazione ionizzante attraversante un organismo biologico a livello cellulare é di importanza fondamentale in radiobiologia, dato che gli effetti osservati nei tessuti e negli individui hanno generalmente origine da alcune modificazioni dei comportamenti cellulari. Uno degli aspetti cellulari più importanti, da questo punto di vista, é la morte cellulare. Oltre ad essere di rilevante importanza in radioprotezione, data la sua relazione con gli effetti deterministici osservati negli individui esposti ad irradiazione acuta, tale aspetto é di fondamentale importanza in radioterapia il cui principale obiettivo é l'uccisione delle cellule tumorali risparmiando contemporaneamente i tessuti sani. L'effetto biologico delle radiazioni su popolazioni di cellule irradiate in coltura é solitamente presentato facendo uso di "curve di sopravvivenza", ottenute contando il numero di cloni di uno specifico tipo di cellule, irraggiato con un fascio ben definito, per valori crescenti di dose e graficando il logaritmo della frazione sopravvivente della popolazione di cellule in funzione della dose assorbita. L'interpolazione dei dati sperimentali con formule appropriate é intimamente legata all'uso di specifici modelli dell'azione della radiazione, in cui i parametri liberi assumono un significato particolare solo nell'ambito del modello considerato. Inoltre, per legare le lesioni molecolari alle caratteristiche fisiche delle radiazioni sono necessarie considerazioni biologiche. I parametri biologici di maggiore rilievo che intervengono nello studio della radioterapia sono principalmente l'rbe (Relative Biological Effectiveness) e l'oer (Oxygen Enhancement Ratio). L'RBE é stato introdotto proprio per misurare l'aumento degli effetti biologici prodotti da radiazioni "densamente" ionizzanti, come gli adroni, rispetto alle radiazioni con bassa densità di ionizzazione a parità di dose. L'RBE di una data radiazione é, infatti, definito come il rapporto tra dose assorbita di una radiazione di riferimento e quella della radiazione in esame, che é richiesta per produrre lo stesso effetto biologico allo stesso livello di probabilità. In formula, la definizione dell'rbe é RBE=D \D, in cui D é la dose assorbita necessaria per produrre l'effetto studiato nel sistema irraggiato con un dato fascio e D é la dose della radiazione di riferimento

16 (fotonica) che produce lo stesso effetto. L'RBE in adroterapia dipende dal frazionamento così come dal tipo di tessuto irradiato e dalla posizione nella curva dose-profondità a cui l'rbe é misurato. Per migliorare la radioterapia, con radiazioni ad alto LET (Linear Energy Transfer) come gli adroni, é necessaria una comprensione della complicata dipendenza dell'rbe da queste variabili. Poiché il contenuto di ossigeno é generalmente basso nei tessuti tumorali scarsamente vascolarizzati e gli effetti biologici solitamente diminuiscono quando si riduce il contenuto d'ossigeno, per quantificare questo fenomeno é stato introdotto, inoltre, l'oer che rappresenta il rapporto tra le dosi richieste per produrre un dato effetto in assenza ed in presenza di ossigeno. In formula, l'oer é definito da OER=D\D O, in cui D é la dose per produrre un effetto nel tessuto dato e D O é la dose che produrrebbe lo stesso effetto se il tessuto fosse completamente ossigenato in aria a pressione normale. Gli RBE per un dato effetto biologico su un sistema biologico fissato vengono solitamente riportati in funzione del LET in acqua della radiazione. Tale relazione funzionale mostra che nella regione di LET relativi a protoni, ioni carbonio e ioni Ne, l'rbe é una funzione crescente del LET per cui l'effetto biologico é maggiore per gli ioni pesanti (radiazioni ad alto LET). Anche l'oer puo' essere considerato in prima approssimazione funzione del LET della radiazione ed é una funzione decrescente del LET. Infatti le radiazioni elettromagnetiche (a basso LET) hanno alti valori di OER (~3) mentre gli ioni pesanti (ad alto LET) hanno bassi valori di OER (~1), per cui, nel caso di radiazioni di alto LET, l'effetto biologico é praticamente lo stesso in eccesso o in difetto d'ossigeno e, pertanto, tali radiazioni sono più indicate nel caso di cellule ipossiche, come quelle tumorali nella zona della necrosi. Un altro importante fattore che influenza la risposta cellulare alla radiazione é lo stadio del ciclo cellulare. La grande differenza in radiosensibilità durante le varie fasi del ciclo cellulare con radiazioni a basso LET, rende, infatti, difficile il raggiungimento dell'obiettivo radioterapico. Con le radiazioni ad alto LET il problema viene risolto: infatti, é stato osservato che aumentando il LET della radiazione incidente le variazioni di radiosensibilità, durante il ciclo cellulare, sono progressivamente ridotte. Il confronto tra vari tipi di ioni, basato sulle loro proprietà terapeutiche, indica che non si può trovare una singola specie ionica che sia la più vantaggiosa relativamente a tutte le proprietà biologiche, anzi, vari tipi di ioni possono essere selezionati dipendentemente dall'obiettivo che deve essere raggiunto

17 I protoni rappresentano il tipo di radiazione adronica più semplice e non producono frammentazione del proiettile che può complicare la dosimetria e la valutazione degli effetti biologici nella parte distale del volume irradiato. Gli ioni più pesanti, come il carbonio e l'ossigeno, sono più appropriati per il trattamento di tumori profondi altamente localizzati poiché presentano un'eccellente distribuzione di dose in profondità. Altri ioni pesanti, quali il Si e l'ar, sembrano essere le particelle più utili a minori profondità, alle quali la frammentazione non deteriora troppo la distribuzione di dose, a causa del loro ridotto OER e del maggiore RBE. Tuttavia, la maggior parte dei dati biologici disponibili per tali particelle, sono stati spesso ottenuti per un singolo sito biologico, e, pertanto, è necessario sia approfondire la sperimentazione che studiare accuratamente le proprietà radiobiologiche degli adroni prima di utilizzarli sperimentalmente a scopi radioterapici. I-4:Confronto tra terapia convenzionale e terapia adronica Nella radioterapia convenzionale, così come nella terapia con particelle cariche pesanti, la distribuzione di dose rilasciata al paziente rappresenta un difficile compromesso tra la necessità di rilasciare una dose sufficiente al tumore per sterilizzarlo e quella di evitare il sovradosaggio dei tessuti adiacenti che potrebbe causare effetti debilitanti dopo il trattamento. Per trattamenti idealizzati con radiazione convenzionale, la fig. 5-a rappresenta la probabilità di controllo del tumore, Tumour Control Probability (TCP) e la figura 5-b rappresenta la probabilità di complicazioni nel tessuto normale, Normal Tissue Complication Probability (NTCP).

18 Fig.5: Tumour Control Probability (TCP) e Normal Tissue Complication Probability (NTCP) per fasci di fotoni e protoni [1]. Per una data dose, la differenza tra (a) e (b) rappresenta la probabilità di controllo del tumore senza complicazioni. Tipicamente, la distanza di (b) da (a) é solo il 5% della dose. Le migliori caratteristiche dal punto di vista terapeutico nell'interazione di protoni con un bersaglio fanno passare la curva NTPC per protoni dalla (b) alla (c). Pertanto, con un fascio di protoni, si può raggiungere la stessa TCP con una più piccola NTCP o una migliore TCP per una data NTCP rispetto alle radiazioni convenzionali. La conclusione a cui si perviene é che un piano di trattamento che usi pochi (2 o 4) campi protonici possa produrre un'efficacia terapeutica uguale o migliore di una terapia conformazionale tridimensionale che impieghi un numero più grande di campi fotonici. Soffermandoci sulla terapia adronica, effettuiamo ora un confronto tra terapia con protoni e terapia con ioni leggeri. I fenomeni del range straggling e della diffusione multipla devono essere presi in dovuta considerazione nel confronto tra protoni e ioni leggeri. Un vantaggio fisico degli ioni leggeri, rispetto ai protoni, é che essi sono meno soggetti alla diffusione multipla durante il passaggio nel mezzo assorbitore. Il risultato é che gli ioni leggeri presentano una attenuazione laterale della dose più netta ai limiti del campo di trattamento. Questa é una proprietà molto importante nelle applicazioni cliniche poiché molti

19 tumori sono immediatamente adiacenti ad organi critici che devono essere risparmiati dalla radiazione il più possibile. Gli ioni leggeri hanno un LET maggiore di quello dei protoni. La ionizzazione é, infatti, approssimativamente proporzionale al quadrato della carica elettrica ed inversamente proporzionale al quadrato della velocità della particella proiettile. Se il picco di Bragg é "allargato" in modo da ricoprire un bersaglio esteso, modulando l'energia delle particelle, il rapporto tra le dosi assorbite nella zona a monte del bersaglio tumorale e la zona di plateau diminuisce; in ogni caso, la dose efficace nel SOBP può essere molto più grande di quella all'ingresso, poiché gli ioni più lenti hanno valori di RBE più elevati. Inoltre, per ristabilire il rapporto che si ha nel caso di un picco di Bragg non allargato tra le due zone, si utilizza solitamente un irraggiamento selettivo del bersaglio tumorale impiegando più fasci inviati sul bersaglio da direzioni diverse. Nel caso di ioni più pesanti, uno dei principali svantaggi è che si ha spesso la frammentazione nucleare del proiettile, per effetto dell'interazione tra quest'ultimo ed i nuclei del mezzo, provocante una diminuzione del numero delle particelle proiettili all'aumentare della profondità. I secondari così prodotti, poiché più leggeri e meno carichi dei primari, penetrano più a lungo dei primari e contribuiscono ad una "coda" nel profilo di dose al di là del picco di Bragg. Tale dose "di coda" é dell'ordine del 10-20% della dose in entrata, e diminuisce in modo relativamente lento con la profondità. L effetto negativo di tale coda è rappresentato dalla cessione indesiderata di dose ai tessuti sani situati oltre il picco di Bragg (cioè, dopo il volume tumorale). I-5: Studi sulla terapia con radiazioni protoniche in corso L utilizzo terapeutico dei protoni pone le sue basi nella storia della radioterapia: La terapia con raggi X di bassa energia cominciò nel Gennaio 1896, pochi mesi dopo la scoperta di Roentgen. Si osservarono comunque diverse complicazioni poiché tale radiazione concentra l energia sulla superficie della pelle. Nella metà degli anni 50, la radiazione di alta energia si aggiunse agli strumenti di selezione del radio-oncologo. I raggi X di alta energia ed i raggi gamma del cobalto-60 si rivelarono molto utili

20 poiché tali fasci concentrano la loro massima energia da uno a due cm sotto la superficie della pelle, vicino a molti bersagli tumorali. Furono ben presto documentati maggiori successi nella cura e ridotte complicazioni. I raggi X a Supervoltaggio divennero disponibili con i betatroni negli anni 60 e con i linacs alla fine degli anni 60 e negli anni 70. Ancora una volta, si osservò un miglioramento del controllo locale ed una diminuzione delle complicazioni. Questo fu dovuto soprattutto al fatto che la massima deposizione energetica raggiunse la profondità di 4cm. La radioterapia conformazionale si sviluppò tra la fine degli anni 80 e gli anni 90 come un sofisticato tentativo di confinare con maggiore precisione le alti dosi di radiazione fotonica al volume tumorale. Questa storia suggerisce che il miglioramento nella conformazione della regione di dose elevata al bersaglio tumorale è la ragione principale del rapido progresso della radioterapia nella cura dei tumori localizzati e nella riduzione degli effetti collaterali post-trattamento. La conformazione della regione di alta dose al volume tumorale ed il risparmio dei tessuti sani circostanti è stato il problema principale della radio-oncologia. I protoni, a causa della loro favorevole distribuzione di dose sono particolarmente appropriati a tale scopo. Questa osservazione non è nuova: è stata, infatti, effettuata per la prima volta da Robert R. Wilson più di 50 anni fa [3] Ernest Rutherford scoprì i protoni nel I protoni furono accelerati ad energie dell ordine dei MeV per la prima volta a Berkley da Ernest O. Lawrence all inizio degli anni 30. Gli studi delle proprietà dei protoni presso i laboratori di Berkley condussero Dr. Wilson, un fisico ed in seguito primo direttore del Fermi National Accelerator Laboratory (Fermilab), a seguire l idea di utilizzare i protoni per trattamenti medicali. Ciò stimolò l uso clinico dei protoni in attività pioneristiche in tutto il mondo. Gli studi clinici su fasci di protoni furono inizialmente condotti con acceleratori originariamente costituiti per la Ricerca in Fisica. Negli anni '80, dopo circa 3 decenni di attività clinica sulla protonterapia condotta presso acceleratori originalmente costruiti per esperimenti di fisica, la comunità medica mondiale cominciò ad interessarsi notevolmente alla costruzione di acceleratori per protoni medicali ad uso ospedaliero. Nel 1991 il Loma Linda University Medical Center realizzò il primo acceleratore medicale per protoni nel mondo ( con un sincrotrone per protoni da 250 MeV). Il secondo sistema per protoni ad

21 uso ospedaliero (con un ciclotrone per protoni da 235 MeV) fu realizzato all' Higashi Hospital di Kashiwa (vicino Tokyo), Giappone nel Il terzo sistema per protoni ad uso ospedaliero (con un ciclotrone per protoni da 231 MeV) é attualmente in costruzione presso il Northeast Proton Therapy Center (NPTC) al Massachusetts General Hospital di Boston. I nuovi Centri proposti per la protonterapia e per la terapia con ioni leggeri sono riportati nella tabella 1. Istituzione Luogo Tipo di fascio NPTC USA Protoni INFN-LNS, Catania Italia Protoni Hyogo Giappone protoni, ioni NAC, Faure Sud Africa Protoni Tsukuba Giappone Protoni CGMH, Northern Taiwan Taiwan Protoni Bratislava Slovakia protoni, ioni Erlangen Germania protoni CNAO, Milano e Pavia Italia protoni, ioni AUSTRON Austria protoni, ioni Beijing Cina protoni Italia Centrale Italia protoni Clatterbridge Inghilterra protoni Progetto TOP, ISS Roma Italia protoni 3 progetti a Mosca Russia protoni HIRFL, Lanzhou Cina carbonio Krakow Polonia protoni Mosca Russia protoni Proton Development N.A. Inc. USA protoni Tabella 1: Nuovi Centri proposti per la protonterapia e per la terapia con ioni leggeri [4].

22 Per concludere, nella tabella 2 riportiamo il totale dei pazienti trattati in tutto il mondo con particelle cariche. Centro Luogo Tipo di fascio Pazienti trattati Berkley 184 USA protoni 30 Berkley USA He 2054 Uppsala Svezia protoni 73 Harvard USA protoni 7942 Dubna Russia protoni 84 Moscow Russia protoni 3100 Los Alamos USA? 230 St. Petersburg Russia protoni 1029 Berkley USA ioni pesanti 433 Chiba Giappone protoni 96 TRIUMF Canada protoni 367 PSI Svizzera protoni 503 PMRC, Tsukuba Giappone protoni 593 PSI (72 MeV) Svizzera protoni 2753 Dubna Russia protoni 40 Uppsala Svezia protoni 147 Clatterbridge Inghilterra protoni 817 Loma Linda USA protoni 3433 Louvain-la-Neuve Belgio protoni 21 Nice Francia protoni 1010 Orsay Francia protoni 1219 NAC Sud Africa protoni 283 MPRI USA protoni 9 UCSF-CNL USA protoni 162 HIMAC, Chiba Giappone Ioni pesanti 473 TRIUMF Canada Protoni 37 PSI (200 MeV) Svizzera Protoni 20 GSI, Darmstadt Germania Ioni pesanti 20 Berlin Germania Ioni pesanti 30 NCC, Kashiwa Giappone Protoni 1 TOTALE: casi Tabella 2: Totale dei pazienti trattati in tutto il mondo con particelle cariche [4].

23 I-6: Piani di trattamento per la terapia protonica La precisione nel rilascio di dose di un fascio protonico richiede un uguale precisione nella realizzazione del relativo piano di trattamento. Ciò e ottenuto mediante: 1) una ricostruzione tridimensionale del tumore e delle sue relazioni con le strutture circostanti; 2) una posizione di trattamento riproducibile che minimizzi gli errori dovuti al movimento del paziente. L informazione tridimensionale è solitamente ottenuta mediante una scansione tomografica computerizzata (CT) attraverso la regione di interesse, con immagini ( slices ) prese ad intervalli di 2 3 mm. Prima di effettuare la scansione tomografica, si costruiscono dispositivi di immobilizzazione per il paziente, in modo da riprodurre per ogni seduta la stessa posizione di trattamento del paziente. Tipici dispositivi di immobilizzazione includono stampi a corpo completo (full-body), per pazienti con tumori al di sotto del collo, e maschere personalizzate, per pazienti con tumori dell occhio, cervello e capo. La scansione CT è ottenuta con il paziente immobilizzato mediante l appropriato dispositivo e nella posizione di trattamento, in modo che lo spessore del materiale immobilizzante può essere tenuto in conto nel piano di trattamento. Per i tumori della testa e del collo, il dispositivo di immobilizzazione consiste solitamente, come si è anticipato, di una maschera in materiale termoplastico costruita individualmente per ciascun paziente. Usando le tecniche di grafica computerizzata, il fisico evidenzia il volume del tumore così come i volumi delle strutture critiche su tutte le immagini TAC rilevanti. Le tecniche di formazione delle immagini di Risonanza Magnetica (Magnetic Resonace Imaging, MRI) sono anche esse spesso usate per identificare il volume tumorale, e tecniche di correlazione tra immagini sono impiegate per trasformare immagini MRI in immagini TAC. Adeguati collimatori, per ognuna delle direzioni del fascio utilizzate nel trattamento, sono disegnati proiettando il volume tumorale e quello delle strutture critiche sulla linea di vista del fascio ("beam's eye view) [5]. Questo concetto é illustrato nella figura 6, in cui il volume tumorale é stato proiettato su una immagine radiografica ricostruita digitalmente nel piano frontale (tale immagine é ottenuta integrando i dati della TAC lungo i raggi diretti da una specifica sorgente all'osservatore).

24 Fig. 6-a: Per progettare un piano di trattamento ottimale con fasci compensati, il fisico deve in primo luogo sottolineare il volume bersaglio e le strutture critiche su tutte le immagini rilevanti di una scansione TAC assiale. Fig. 6-b: I collimatori sono progettati per ogni direzione di fascio usata nel trattamento proiettando il contorno disegnato dal fisico nel piano ortogonale alla direzione del fascio. Il risultato é una proiezione planare dei dati della TAC che somiglia ad un'immagine radiografica piana. La bordatura interna sulla figura 6 é la proiezione del volume tumorale determinata dalle bordature disegnate dal fisico sulle immagini TAC assiali. La bordatura esterna rappresenta il collimatore del fascio ed é ottenuta aggiungendo un appropriato margine

25 intorno alla proiezione del volume tumorale per tenere conto della zona di "penombra" del fascio così come la possibilità di movimenti del paziente durante il trattamento. Una volta scelto un set di orientazioni utili del fascio e disegnati i collimatori ed i compensatori per ciascuna di queste direzioni, si procede al calcolo della distribuzione di dose nel paziente e, pertanto, a progettare il piano di trattamento, rappresentando al computer una serie di fasci protonici entranti nel volume tumorale da vari angoli, e calcolando, sulla base di tali fasci, la dose ceduta al tumore ed ai tessuti sani. Questo piano è analizzato dal fisico e, dopo la sua approvazione, è trasferito elettronicamente ad una serie di macchine automatizzate che costruiscono i dispositivi speciali (collimatori, ecc.) richiesti dal piano di trattamento. Tali dispositivi vengono calibrati da fisici prima del primo trattamento del paziente, per assicurare che la loro progettazione e costruzione sia stata effettuata correttamente. La tecnica di ottimizzare la distribuzione di dose nel volume bersaglio utilizzando varie direzioni di fascio con collimatori beam's eye view é detta radioterapia conformazionale. Molte di queste idee e tecniche sviluppate per l'adroterapia sono ora utilizzate anche per implementare la radioterapia conformazionale fotonica.

26 II CAPITOLO ADROTERAPIA NEL MONDO II-1: Introduzione Come si è già detto nella premessa, le potenzialità degli acceleratori di particelle nel campo medico furono comprese immediatamente dopo la loro prima comparsa sulla scena, ma sono occorsi molti anni allo sviluppo dell adroterapia in ambienti ospedalieri. L incapacità dei centri di adroterapia attualmente esistenti di rispondere pienamente alle richieste dei pazienti è dovuta non solo al loro limitato numero, ma anche alla loro inadeguatezza tecnica. Infatti, le favorevoli proprietà balistiche, che rendono i trattamenti con protoni preferenziali rispetto a quelli con radiazioni convenzionali nel trattamento di molti tumori, erano ben note sin dall inizio; tuttavia, per un lungo periodo di tempo, la applicazioni cliniche dei protoni sono state limitate solo a pochi siti anatomici. Questa tendenza è cambiata recentemente: il numero di pazienti trattati per anno sta crescendo ed un attuale notevole interesse per l adroterapia è stato dimostrato da un gran numero di fisici, radiologi, radioterapisti e da esperti internazionali nel campo. In questo capitolo si discuterà lo stato attuale dell adroterapia nel mondo, esaminando principalmente la terapia protonica, accennando alle altre terapie con ioni pesanti e neutroni, e concludendo con un breve sguardo alla situazione italiana. II-2: Centri ospedalieri per la protonterapia attualmente esistenti Nel panorama mondiale, molti sono ormai i centri ospedalieri in cui si pratica la protonterapia. La tendenza che si sta diffondendo è costruire apparati con acceleratori protonici capaci di trattare tutti i siti anatomici, dai melanomi oculari ai tumori profondi, soprattutto con fasci di protoni tra 70 MeV e 250 MeV. Questi nuovi apparati si presentano come sistemi progettati per ottimizzare l efficacia della terapia protonica: essi aumenteranno la capacità di trattamento dei

27 pazienti ed il range dei potenziali trattamenti protonici in un ambiente mirato alla salvaguardia dei pazienti, efficiente e vicino ad altri apparati medicali. II-2.1: Il primo centro di protonterapia ospedaliero a Loma Linda, California La figura 7 mostra una vista schematica del Centro di Protonterapia dell Università di Loma Linda, mentre il corrispondente acceleratore è mostrato in maggiore dettaglio nella figura 8 [6]. Fig. 7: Vista schematica del Centro di Protonterapia dell Università di Loma Linda. Fig.8: Il sincrotrone per protoni ad energia variabile del Centro di Protonterapia dell Universitá di Loma Linda. Il centro è suddiviso in 3 aree: l acceleratore, le linee di trasporto del fascio e le sale di trattamento. L acceleratore è un sincrotrone a gradiente nullo capace di accelerare protoni ad energie finali tra 70 e 250 MeV. Il fascio protonico è

28 inizialmente accelerato a 2 MeV da un quadrupolo a radiofrequenza ed in seguito iniettato nell anello dopo un magnete curvante di 180. Subito dopo che l anello ha subito l iniezione, il fascio è accelerato alla sua energia finale da una cavità a radiofrequenza, posta in posizione diametralmente opposta al punto di iniezione. Raggiunta l energia finale, il fascio è estratto per risonanza. La posizione ed il profilo del fascio sono monitorate da una camera a ionizzazione multifili. (Multi Wire Ionization Chamber, MWIC). Una seconda MWIC, verifica la centratura del fascio. Una terza camera a ionizzazione 25 x 25 cm segmentata in 400 pads quadrate è posta dopo il dispositivo di modulazione del range per monitorare la dose rilasciata al volume bersaglio. Essa consiste di una matrice 20 x 20 di pads fotoincise su un sottile foglio di kapton placcato di oro. Ciascuna delle pad, nella regione centrale del piano delle pads, può essere usata per monitorare e controllare il rilascio di dose al bersaglio. Le pads rimanenti possono essere usate per studiare la distribuzione di dose trasversa. Per il sistema descritto il rateo di dose sull asse centrale nella regione del SOBP risulta essere di 0.4 cgy per impulso con un fascio incidente di intensità di 6.7 x 10 9 protoni per impulso. Con un intensità attesa di 2.5 x protoni per impulso in un trattamento, tale sistema può fornire 50 cgy/min per un campo di 20 cm di diametro e di 9 cm di estensione del SOBP ottenuta mediante modulazione del range. L estremità finale del SOBP è stata osservata a 27.5 cm di profondità per un fascio incidente di protoni da 235 MeV. La dose nella zona distale si attenua dal 90% al 10% del valore di picco in 7 mm. La curva di Bragg non modulata ha un rapporto tra dose nel picco e dose all ingresso di ~ 3, mentre il rapporto tra dose nel picco e dose all ingresso per un SOBP di 9 cm è risultato essere solo 1.3. Il primo paziente è stato trattato con il fascio per l occhio nell ottobre 1990, ed i trattamenti a tempo pieno dei pazienti sono iniziati nel giugno II-2.2: Il centro di protonterapia ospedaliero a Kashiwa, Giappone Il National Cancer Center (NCC) East Hospital di Kashiwa è stata fondato dal Ministro giapponese della Salute e del Benessere. Tale struttura include un ciclotrone isocrono, due sale con testate rotanti ed una sala di trattamento a fascio fisso. Le prestazioni di questo centro sono simili a quelle dell NPTC, descritte di seguito. II-2.3: Il Northeast Proton Therapy Center (NPTC) di Boston Tale centro [1] è in costruzione presso il Massachusetts General Hospital. Il suo scopo è quello di fornire una risorsa regionale unica nelle

29 attività di ricerca clinica dell area della New England. L acceleratore è un ciclotrone isocrono da 235 MeV, capace di rilasciare fino a 1200 na, ma limitato a 300 na allo scopo di limitare il rateo di dose massimo rilasciato al paziente. La corrente in uscita è regolabile con la precisione di una parte su Il tempo di spegnimento del fascio è di 30 s. La struttura fornisce un sistema di selezione di energia, una linea di trasporto, due testate rotanti a larga gittata, un fascio fisso orizzontale, due sistemi robotizzati di posizionamento dei pazienti, un sistema di controllo integrale ed un sistema di sicurezza. Il sistema di selezione dell energia degrada il fascio protonico estratto all energia fornita dal ciclotrone e collima il fascio prima di inviarlo sulla linea di trasferimento dello stesso. Tale sistema consente di cambiare il range del fascio nei pazienti da 4 cm a 32.8 cm con una riproducibilità < 0.01 cm. Le testate rotanti, insieme ai posizionatori robotizzati dei pazienti, permettono di dirigere il fascio protonico verso il paziente da ogni angolo, assicurando, pertanto, una grande capacità nel risparmiare organi critici durante l irradiazione del tumore. Ciascuna delle testate rotanti include un sistema di rilascio di dose con possibilità di distribuzione sia passiva che (in futuro) attiva. II-3: Risultati clinici con protoni e ioni elio Fino ad oggi, più di pazienti sono stati trattati con fasci terapeutici di adroni in tutto il mondo. I risultati clinici ottenuti con protoni e ioni elio, per i siti anatomici studiati sono riassunti nei sottoparagrafi seguenti [5]. II-3.1: Tumori della base del cranio Per i tumori della base del cranio quali il cordoma, il meningioma, il craniofaringioma, ecc., la possibilità di rilasciare una dose adeguata usando la radioterapia fotonica convenzionale é spesso limitata dalla vicinanza di tali tumori a strutture critiche quali il tronco del cranio, i lobi temporali ed i nervi ottici. Le nuove tecniche di terapia fotonica conformazionale, che si basano su una modulazione dinamica dell'intensità del fascio, potrebbero eventualmente essere utili nel trattamento di tali tumori, ma tali tecnologie non sono state pienamente

30 testate clinicamente. I tumori della base del cranio sono pertanto buoni candidati per l'adroterapia. Con la terapia fotonica convenzionale, si può generalmente rilasciare soltanto ~ 50 Gy di dose efficace a tali tumori, mentre con protoni o ioni elio, si rilasciano ordinariamente dosi efficaci di almeno 70 Gy. Con la radioterapia convenzionale la probabilità di controllo locale per 3 anni per il cordoma é ~ 40%, mentre con la terapia protonica, la probabilità di controllo locale per 5 anni per tale tumore é 82%. Infine, nel caso dell'irradiazione con ioni elio, tale percentuale é 63%. II-3.2: Melanoma uveale I protoni e gli ioni elio sono stati utilizzati anche per il trattamento del melanoma uveale, un tumore composto da cellule pigmentate con melanina presenti nell' involucro medio vascolare dell occhio che comprende l'iride, il corpo ciliare, e la coroide. Dipendentemente dall'esatta locazione del tumore, questo approccio permette di irradiare strutture critiche nell occhio, quali il disco ottico, la pupilla e le lenti come illustrato schematicamente nella figura 9. Fig. 9: Illustrazione schematica dell impiego di protoni o ioni elio per il trattamento del melanoma oculare. Lo scopo di tali trattamenti é di distruggere la capacità riproduttiva del tumore preservando l'eventuale visione del paziente nell'occhio malato. Il trattamento convenzionale di tali tumori consiste nell'enucleazione dell'occhio malato. La probabilità di ritenzione dell'occhio per 5 anni, nel caso di trattamento con ioni elio, é dell'83%, mentre nel caso della protonterapia é dell'89%. II-3.3: Malformazioni arteriovenose Una malformazione arteriovenosa é un insieme di vasi sanguigni aggrovigliati e malformati che é a rischio di emorragia.

31 Per i vari pazienti trattati con radiazioni protoniche il 91% ha mostrato lo stesso o un migliore stato neurologico in seguito al trattamento. La probabilità di sopravvivenza per tali pazienti é risultata essere del 98% per quelli con malformazioni con diametro < 3cm e del 93% per tutti i pazienti. Per un gruppo di controllo non trattato, la stessa probabilità é risultata essere del 77%. Più di 400 pazienti con malformazioni arteriovenose chirurgicamente inaccessibili sono stati trattati con ioni elio presso il Laurence Berkley Laboratory tra il 1980 ed il La probabilità di completa obliterazione angiografica ( cioè, la scomparsa della malformazione in un esame angiografico) a 3 anni dal trattamento per questo gruppo di pazienti é risultata del 90-95% per quelli con malformazioni di volume <14 cm 3 e del 60-70% per quelli con volume >14 cm 3. II-3.4: Siti di trattamento all'interno del torace, addome e bacino Limitati studi clinici sono stati condotti con protoni e ioni elio per siti fuori della regione della testa e del collo. I primi tentativi di radioterapia con ioni elio per tumori localmente avanzati dell'esofago, del pancreas e del tratto biliare sono stati condotti presso il Laurence Berkley Laboratory [7, 8]. Più recentemente, il Proton Medical Research Center in Giappone ha riportato risultati preliminari per la radioterapia protonica per 147 pazienti [9]. La maggior parte dei pazienti in questo studio ha ricevuto grandi dosi (>70 Gy). Si sono ottenute indicazioni di un miglioramento nel controllo locale e nella probabilità di sopravvivenza per i tumori del polmone, esofago, cervice uterina e prostata. L adenocarcinoma della prostata è stato trattato in particolare presso il Loma Linda University Medical Center (LLUMC). Studi precedenti hanno dimostrato un miglioramento del controllo locale all aumentare della dose ceduta alla prostata. Tuttavia, a causa dell incapacità, nel caso della radioterapia convenzionale, di irradiare selettivamente il tumore, la dose che viene ceduta ai tessuti sani adiacenti, includenti la vescica ed il retto, diventa un fattore limitante. Di conseguenza, solitamente viene ceduta al tumore una dose suboptimale per ridurre l incidenza del danno ai tessuti sani. Lo sviluppo di nuovi metodi di distribuzione di dose, basati su tecniche conformazionali, hanno permesso il rilascio di dosi più elevate nel bersaglio tumorale. Tuttavia, la terapia conformazionale con raggi X presenta ancora lo svantaggio che ciascun fascio di raggi X individuale rilascia la maggior parte della sua radiazione ai tessuti sani, piuttosto che

32 alla prostata. Rispetto alla terapia con raggi X, i protoni presentano il vantaggio che ogni fascio individuale si conforma al volume bersaglio in tutte e tre le dimensioni. La dose ceduta dai protoni può essere distribuita uniformemente in un bersaglio tridimensionale, non cedendo praticamente alcuna radiazione ai tessuti immediatamente circostanti. Fino alla fine del 1995 il LLUMC ha trattato 645 pazienti, affetti da tumore alla prostata. I pazienti hanno ricevuto Gy alla prostata che è ~ % in più rispetto ai trattamenti convenzionali. La probabilità di sopravvivenza totale è risultata essere del 92% a 3 anni e del 90% a 4 anni. II-4: Particelle cariche ad alto LET II-4.1: Risultati clinici con fasci di ioni Neon Per quanto riguarda i risultati clinici ottenuti nel caso di particelle cariche ad alto LET, riportiamo nel seguito alcuni risultati della sperimentazione con fasci di ioni Neon. La tabella 3 [5] contiene una lista dei siti tumorali per i quali l'irraggiamento con ioni Ne é promettente. La tabella confronta il controllo locale o le probabilità di sopravvivenza raggiunte con ioni neon a quelle riportate per la radioterapia fotonica convenzionale. Tumore Controllo Ioni Neon Fotoni Tumore alla prostata localmente avanzato Controllo locale a 5 anni 93% 50-60% Carcinoma della ghiandola salivare Controllo locale a 5 anni 61% 25-36% inoperabile e ricorrente. Sarcoma avanzato del tessuto molle Controllo locale a 5 anni 56% 30-50% Sarcoma dell osso Controllo locale a 5 anni 59% 21-33% Carcinoma del tratto biliare Controllo locale a 5 anni 44% 20% Carcinoma del seno paranasale Sopravvivenza a lungo 69% 32-40% termine Tabella 3: Siti tumorali per i quali si sono ottenuti risultati promettenti con la radioterapia con ioni Neon. Nella tabella sono mostrati anche i risultati, per gli stessi siti, nel caso della radioterapia fotonica.

33 Questi dati sono tratti principalmente da Linstadt et al. che riassume i risultati di studi clinici per la radioterapia con ioni neon ottenuti al Laurence Berkley Laboratory tra il 1979 ed il 1988 [10]. Fino al 1992, appena prima della chiusura del Bevatron, 299 pazienti hanno ricevuto almeno 10 Gy con ioni neon durante il loro trattamento. Sebbene solo un piccolo numero di pazienti per ciascuna categoria sia stato trattato con ioni neon, il miglioramento nel controllo locale o nella probabilità di sopravvivenza é stato significativo. Questi sono gli unici studi clinici di radioterapia con particelle pesanti che sono stati riportati in letteratura. I risultati riassunti nella tabella 3 sono interessanti sotto molti punti di vista. Prima di tutto, risultati simili sono stati ottenuti con tumori per molti di tali siti tumorali: ciò suggerisce che il fattore determinante in tali risultati é l'alto LET delle particelle e non la loro capacità di localizzazione della dose. In secondo luogo, molti di tali tumori tendono a proliferare lentamente. Laramore et al. [11] e Batterman et al [12, 13] hanno riportato evidenze sperimentali che i tumori lentamente proliferanti hanno valori di RBE più elevati per l'irraggiamento neutronico, relativamente al 60 Co, rispetto ai tumori rapidamente proliferanti. I risultati della radioterapia con ioni neon ottenuti al Laurence Berkley Laboratory indicano che gli ioni pesanti possono essere più efficaci dei fotoni per gli specifici siti tumorali riportati in tabella. Tuttavia, é richiesto uno studio ulteriore, per comprendere, ad esempio, quale sia lo schema ottimale di frazionamento della dose per le particelle ad alto LET. Per i fotoni, é vantaggioso utilizzare frazioni di circa 2Gy/giorno.Tuttavia, questa strategia é probabilmente non ottimale per ioni pesanti. Infatti, per particelle ad alto LET, l'rbe per piccole dosi per frazione é più grande dell'rbe per grandi dosi per frazione. Pertanto, una piccola dose per frazione non aiuta a proteggere i tessuti sani come nel caso della terapia fotonica. Aumentando la dose rilasciata per frazione nella radioterapia ad alto LET, il tempo totale di trattamento può essere diminuito di 2 o 3 settimane. Questo approccio é vantaggioso poiché minimizza la probabilità di proliferazione del tumore nel corso del trattamento.

34 II-4.2: Centri di trattamento per ioni pesanti Con La chiusura del Bevatron al Laurence Berkley Laboratory nel 1992, le ricerche con gli ioni pesanti furono sospese. Il Gesellschaft für Schwerionenforschung (GSI) a Darmstadt, Germania ed il National Institute of Radiological Science (NIRS) a Chiba, Giappone, hanno da poco iniziato la sperimentazione con ioni pesanti. Molti gruppi inizialmente sorti per promuovere la protonterapia, hanno previsto di dedicarsi anche alla terapia con ioni pesanti, in futuro. Questi includono il progetto COSY in Germania ed il progetto CNAO, in Italia. II-5: Terapia della cattura neutronica A dispetto degli ottimi risultati di molti ricercatori, alcune forme tumorali restano resistenti ad ogni forma di terapia. Questi includono il melanoma ed i tumori del cervello in fase avanzata (in particolare, il glioma). La ragione principale dell'inefficacia della radioterapia per il glioma e che, oltre al grosso tumore visibile con immagini TAC, piccoli addensamenti di celle tumorali non visibili sono sparse nel tessuto sano del cervello. Se il volume di trattamento include queste zone microscopiche, troppo tessuto sano é irradiato ed il paziente va incontro ad un inaccettabile danno al cervello. Tuttavia, se il volume di trattamento é limitato al tumore visibile, le cellule tumorali sparse proliferano e provocano la morte. Nella terapia della cattura neutronica, le cellule tumorali sono sensibilizzate in modo che l'irraggiamento con neutroni del cervello causa selettivamente più danni a tali cellule tumorali. Il concetto di utilizzare l'elevata sezione d'urto per la produzione di particelle nell'interazione tra neutroni termici e 10 B per aumentare la dose ceduta al tumore fu suggerito per la prima volta da Locher nel 1936 [14]. Per il glioma, si può introdurre selettivamente 10 B nel tumore sfruttando la barriera sanguigna del cervello, che protegge le cellule del cervello sane dalle tossine. Poiché il tumore non é protetto da tale barriera, le sostanze contenenti boro possono penetrare nelle cellule tumorali ed essere escluse da quelle sane. Similarmente, per aumentare la dose tumorale nel melanoma, si devono somministrare sostanze assorbite preferenzialmente dalla melanina.

35 II-5.1: Risultati clinici Studi clinici sul glioma sono stati condotti durante gli anni '50 e nei primi anni '60 al Brookhaven National Laboratory (BNL) ed al Massachusetts Institute of Technology (MIT). I risultati furono insoddisfacenti a causa della bassa capacità di penetrazione dei neutroni termici e poiché la concentrazione di 10 B nel tumore era solo marginalmente più grande che nei vasi sanguigni. Questi studi rilevarono che la concentrazione di 10 B nel tumore deve essere significativamente più grande che nel tessuto sano e nel flusso sanguigno per potere rilasciare una dose accettabilmente bassa ai tessuti sani. La sperimentazione del MIT e del BNL si interruppe, pertanto, in attesa di ulteriori studi. In Giappone Hatanaka aggirò il problema della bassa penetrazione neutronica trattando le cellule residue del glioma contemporaneamente durante la procedura chirurgica per rimuovere il tumore principale. Durante il trattamento chirurgico, al paziente veniva somministrata un infusione di sodio borocaptato (BSH) per sensibilizzare le cellule tumorali non rimosse. Molti di tali pazienti sono sopravvissuti molto più a lungo di quelli trattati con la chirurgia e/o con la radiazione convenzionale. II-5.2: Approcci alternativi Anche la reazione n Gd può essere impiegata per la terapia della cattura neutronica [5]. In questo caso, la dose é rilasciata dai raggi secondari, il cui range é considerevolmente più lungo di quello della particelle prodotte nella reazione n+ 10 B. Questo range più lungo é svantaggioso in termini di localizzazione della dose, ma altre proprietà della reazione n Gd suggeriscono uno studio ulteriore. In particolare, la sezione d'urto di cattura di neutroni termici per 157 Gd é ~64 volte maggiore di quella per 10 B. 157 Gd é già usato come materiale di contrasto in MRI perché é un agente che si concentra nei tumori. Ulteriori studi sono, pertanto, necessari per stabilire quale della due reazioni (con 10 B o con 157 Gd) sia quella ottimale per la terapia della cattura neutronica.

36 II-6:L'adroterapia in Italia Le stime globali prevedono che in Italia ci siano 4500 pazienti potenziali da trattare con la protonterapia per anno. Partendo da tale base, la Collaborazione ADROTERAPIA ha, pertanto, constatato che, esistendo in Italia da lungo tempo tutte le competenze necessarie per progettare, costruire e rendere operativo un grande centro per la radioterapia con protoni e ioni, era giunto il momento di iniziare un progetto da realizzare in uno dei maggiori ospedali italiani. Le cifre sopra riportate giustificano pienamente lo studio di un centro con un numero sufficiente di sale per trattare con protoni circa 1000 pazienti per anno. Tale centro, indicato con la sigla CNAO (Centro Nazionale di Adroterapia Oncologica), fu, pertanto, l'obiettivo iniziale del progetto; fu, inoltre, deciso di studiare la possibilità di costruire un'acceleratore di protoni che potesse anche (ed eventualmente in seguito) essere utilizzato per accelerare ioni (carbonio e/o ossigeno). Nel prossimo capitolo, senza dilungarci sul progetto del CNAO, ci soffermeremo invece su un altro progetto di terapia protonica presentato dall Istituto Superiore di Sanità, il progetto TOP (Terapia Oncologica con Protoni) e più in particolare sul suo sottoprogetto: prototipo di un acceleratore compatto e relativa testata rotante, che ha lo scopo di realizzare un prototipo di acceleratore compatto che acceleri protoni fino a 200 MeV e che abbia caratteristiche utili al fine terapeutico. II-7: Conclusioni Gli adroni presentano caratteristiche biologiche e fisiche che li rendono utili nel trattamento di tumori maligni ed altre lesioni che non rispondono bene alla radioterapia convenzionale o sono localizzati vicino ad organi critici, che limitano la dose che può essere rilasciata senza pericolo. Le patologie che possono essere trattate soddisfacentemente con l'adroterapia costituiscono circa il 15% di quelle normalmente trattate

37 con le radiazioni. L'alto LET dei neutroni e delle particelle cariche pesanti rappresenta un vantaggio biologico, mentre il picco di Bragg dei protoni e degli altri ioni più pesanti permettere di conformare con notevole precisione la distribuzione di dose al volume tumorale. Le particelle a basso LET, in particolare i protoni e gli ioni elio, si sono dimostrate efficaci nel trattare i tumori della base del cranio. Queste particelle hanno permesso di trattare con successo anche il melanoma uveale, con un controllo locale del 97% o maggiore, e le malformazione arteriovenose. Recenti studi effettuati in Giappone hanno dimostrato che i protoni possono essere utilizzati con successo nel trattare tumori nella regione intratoracica, addominali e del bacino. Le radiazioni ad alto LET permettono di trattare efficacemente i tumori alla prostata avanzati ed il sarcoma dell'osso e del tessuto molle. I risultati clinici sono molto simili per particelle cariche ad alto LET e neutroni. Ad ogni modo, il successo della terapia con le radiazioni ad alto LET dipende da molte variabili, tra le quali il frazionamento, il tempo di trattamento totale e la dose assoluta. Finchè la sperimentazione clinica non avrà fatto sufficientemente luce su tali dipendenze, la terapia con radiazioni ad alto LET resterà ancora in fase sperimentale.

38 III CAPITOLO IL MONITORAGGIO DEL FASCIO DI PROTONI DEL TOP LINAC III-1: Introduzione Risulta di fondamentale importanza, in generale, in radioterapia ed a maggiore ragione nell adroterapia, il controllo dosimetrico del fascio terapeutico alla fonte : questo avviene mediante un appropriato sistema di monitoraggio. Una delle funzioni principali del sistema di monitoraggio è la valutazione quantitativa della dose erogata sia al tumore che al tessuto sano. Questo scopo viene raggiunto attraverso una misura di dose assoluta in un punto di riferimento nel fascio e mediante una mappa relativa della distribuzione della dose nel tessuto irradiato rispetto al punto di riferimento. E necessario verificare la corrispondenza tra dose prescritta e dose assorbita durante il trattamento, con una incertezza che deve essere minore di qualche percento. La garanzia della corrispondenza tra dose prescritta e dose erogata, si ottiene con un controllo del fascio a vari livelli: a) controllo dei parametri di fascio nei vari stadi che precedono la formazione del campo di trattamento. Questo viene attuato per mezzo di un sistema che fornisce anche segnali di retroazione, che operano opportune correzioni sui sistemi a monte. Devono essere controllati la posizione, la simmetria, l'omogeneità, il rateo di dose e in alcuni casi, l'energia; b) arresto del fascio con il raggiungimento della dose prescritta; c) sistema di sicurezza adeguato, che deve essere messo a punto e interfacciato con il sistema di monitoraggio, per un controllo completo della terapia. Questo agisce in casi di malfunzionamenti, che provocano sia il cattivo controllo, sia

39 mutamenti drastici di alcuni fondamentali parametri, come, ad esempio, la posizione del fascio sul sistema di preparazione del fascio terapeutico, interrompendo prontamente la terapia. In generale va osservato che la ricerca e lo sviluppo dei sistemi di monitoraggio per fasci di protoni deve ancora in buona parte essere effettuata, in particolare per quanto riguarda l ottimizzazione dei rivelatori. La progettazione dei dispositivi interessati dipende fortemente dalle caratteristiche del sistema di erogazione del fascio stesso (attivo o passivo). Sono necessari ulteriori sforzi nel campo della ricerca sui rivelatori di grande area che siano sensibili alla posizione e che sono necessari per il monitoraggio di sistemi attivi. Nel corso del presente capitolo, dopo una preliminare presentazione del progetto TOP dell'istituto Superiore di Sanità, si illustreranno i principali rivelatori di radiazione attualmente utilizzati. Si passerà poi ad illustrare alcuni sistemi di monitoraggio utilizzati nei principali centri ospedalieri ed a descrivere lo schema di un possibile sistema di monitoraggio per il TOP LINAC, concentrandosi in particolare sullo studio dei rivelatori a camera a ionizzazione, che saranno quelli utilizzati per tale acceleratore, date le loro peculiari proprietà. III-2: Il progetto TOP dell'istituto Superiore di Sanità III-2.1: Introduzione I fisici del Laboratorio di Fisica dell Istituto Superiore di Sanità si sono assunti un ruolo di primaria responsabilità nel promuovere la protonterapia in Italia. Nacque così il progetto TOP (Terapia Oncologica con Protoni), di cui é responsabile il Prof. M. Grandolfo, le cui linee di azione sono raggruppate nei seguenti sottoprogetti: 1 prototipo di acceleratore compatto e relativa testata rotante (coordinatore: Dr. S. Frullani); 2 dosimetria e microdosimetria (coordinatore: Dr. S. Onori); 3 biofisica e radiobiologia protonica (coordinatore Dr. M. Belli); 4 rete multimediale per la protonterapia (coordinatore: Dr. B. Caccia); 5 efficacia clinica e piani di trattamento (coordinatore: Dr. C. Peschle). Il presente paragrafo sarà dedicato ad una descrizione dettagliata del primo sottoprogetto del progetto TOP, il cui scopo è quello di realizzare

40 un acceleratore compatto con testata rotante che acceleri protoni fino a 200 MeV ed il cui fascio abbia caratteristiche utili al fine terapeutico. III-2.2: Descrizione del TOP LINAC Il TOP LINAC [2] si presenta come un acceleratore lineare di protoni capace di soddisfare le richieste del progetto TOP per tutte le applicazioni previste. Come molti altri acceleratori lineari di una certa dimensione, non è costituito da un'unica struttura, ma è una composizione di differenti tipi di acceleratori lineari di dimensioni più piccole, ciascuno con sue proprie caratteristiche e ciascuno ottimizzato per il salto di energia in cui è utilizzato. Nel vasto panorama mondiale delle macchine acceleratrici, in cui si situa come apparato di medie dimensioni, è comunque una macchina per protoni alquanto innovativa giacché in essa si sperimentano per la prima volta tecnologie tipiche degli acceleratori lineari per elettroni (a frequenza di 3 GHz) e si utilizzano strutture acceleratrici appositamente sviluppate e brevettate e sinora mai provate con fasci di particelle (struttura SCDTL). Inoltre, è il primo acceleratore lineare di media grandezza costruito (almeno per la maggior parte) in Italia, dove alcuni sincrotroni sono stati realizzati, ma i linacs iniettori sono stati sempre acquistati all'estero. Anche come acceleratore applicato alla protonterapia, poi, risulta largamente innovativo, poiché finora sono stati impiegati per questa tecnica radioterapica di avanguardia solo macchine circolari di tipo ciclotrone e sincrotrone, e ciò soprattutto per la disponibilità di alcune di esse costruite un tempo per esperimenti di fisica nucleare. Gli acceleratori lineari, invece, sono stati da sempre dedicati a due usi fondamentali: l'iniezione del fascio in macchine circolari o la produzione di fasci di alta corrente media e di alta potenza per la generazione di neutroni. Negli ultimi anni però sono state lanciate alcune proposte di utilizzo di linacs per protonterapia che, pur non avendo trovato sorgente di finanziamento, fanno da quadro di riferimento per comprendere questa scelta. Oltre che da questo ambito culturale il progetto del TOP LINAC è stato stimolato dalla Fondazione TERA e dalla volontà di proporre all'industria nazionale la realizzazione di un apparato medicale che sfrutti una tecnologia già impiegata nei normali acceleratori lineari per elettroni dedicati alla radioterapia convenzionale. Nell ambito delle attività del Progetto TOP, si è formalizzato un accordo con l Istituto Regina Elena, IRE, (l Istituto di Ricovero e Cura a

41 Carattere Scientifico IRCCS nell area Romana dedicato alla ricerca e terapia oncologica) per la gestione di tutte le attività mediche che saranno a carico dell IRE. La localizzazione del TOP Linac sarà pertanto definita quando sarà definitivamente chiarita la sede dell IRE. Nell ipotesi che presso l attuale sede dell IRE rimanga un presidio per i trattamenti radioterapici il TOP LINAC verrà situato nell area dell Istituto Superiore di Sanità a Roma, in una posizione contigua all area dell Istituto Regina Elena. Il TOP Linac è composto da tre sezioni acceleranti l'iniettore, il linac SCDTL e il linac SCL come si vede in fig. 10, ognuno con sue caratteristiche peculiari. Fig. 10: I vari acceleratori lineari componenti il TOP Linac. L'iniettore è un acceleratore composto a sua volta da due altri acceleratori, un RFQ e un linac tipo DTL e accelera protoni sino a 7 MeV. Include la sorgente di protoni che controlla l intensità del fascio per le diverse applicazioni. Il presente progetto è basato sull'acquisto dell'iniettore presso una ditta fornitrice probabilmente statunitense, a causa della mancanza, in Italia, di competenze disponibili, presso istituzioni di ricerca o ditte, all'impegno per una realizzazione nazionale. Il Iinac SCDTL è un acceleratore lungo 10.5 m, ad onda stazionaria operante a GHz che porta l'energia del fascio da 7 Mev a 65 Mev. La struttura Side Coupled Drift Tube Linac è stata brevettata dall ENEA ed è adatta ad accelerare fasci di protoni nel range MeV. Per valori di corrispondenti a tale intervallo energetico, la struttura SCDTL presenta, infatti, una più alta impedenza di shunt che rende, pertanto, tale struttura più efficiente rispetto ad una struttura SCL, come quella proposta per la parte finale del linac. E' una struttura accelerante alquanto innovativa che consente di trasferire ai protoni le tecnologie di costruzione dei linac per elettroni tipicamente usati negli impianti di radioterapia convenzionale, quali i sistemi di radiofrequenza e le tecniche di costruzione, sebbene sia alquanto più complessa delle analoghe strutture per elettroni. Il Iinac SCL è l ultimo segmento della parte accelerante del TOP Linac.

42 Usa una struttura di tipo Side Coupled, anch'essa ad onda stazionaria operante a GHz. Ne è stata studiata una configurazione che utilizza 8 piccoli impianti di alimentazione a 3 GHz con klystron invece che uno solo adatta a produrre un fascio di energia variabile, compresa con continuità tra 100 e 200 Mev, per un adeguato trattamento dei tumori profondi. La variabilità dell energia è ottenuta spegnendo alcuni dei moduli (variazione grossa) o variando l alimentazione dell ultimo (variazione fine). All'acceleratore si accoppiano i sistemi di rilascio di dose al paziente, tre in tutto, BEAM- 1, BEAM-2 e BEAM-3 rispettivamente a 65 Mev a direzione fissa, a Mev a direzione fissa, e a MeV a direzione variabile tramite testata rotante (gantry).di quest'ultima non c'è ancora un progetto, ma esistono varie soluzioni anche di tipo commerciale. Inoltre un'uscita supplementare del fascio dell'iniettore è indirizzata in una sala di produzione di radioisotopi per PET (Positron Emission Tomography) oppure in una sala di esperimenti di radiobiologia Nel disegno del complesso di fig. 11, che mostra la disposizione della macchina rispetto agli edifici circostanti, si notano la struttura rettilinea della macchina e le varie uscite del fascio a diverse energie effettuate mediante l'introduzione di opportuni magneti nella linea del fascio, che, accesi, deviano il fascio per le varie utenze, spenti, lo lasciano proseguire dritto nelle sezioni di accelerazione successive. Fig.11: Vista del TOP Linac ambientato nel sito.

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