Foto-ossidazione e termo-ossidazione

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1 B ) Foto-ossidazione e termo-ossidazione La foto-ossidazione e la termo-ossidazione sono processi degradativi provocati dall azione combinata di luce ed ossigeno (foto-ossidazione) e di calore ed ossigeno (termo-ossidazione). Al fine di una migliore comprensione dei due fenomeni conviene analizzare, preliminarmente, i meccanismi indotti dall azione della sola luce (degradazione fotochimica) e del solo calore (degradazione termica), in assenza di ossigeno. B 1 ) Degradazione fotochimica Lo spettro elettromagnetico è costituito da radiazioni le cui lunghezze d onda ( ) vanno da quelle delle onde radio ( > 10 6 nm) a quelle dei raggi cosmici ( 10-4 nm) (figure 28 e 29) [20, 21]. Come traspare dalla figura 29 lo spettro visibile comprende radiazioni con lunghezze d onda tra 400 nm e 750 nm. La luce, nell ambito di questo intervallo, assume una colorazione diversa; in particolare all aumentare di «si passa dal colore violetto (420 nm) fino ad arrivare al rosso (650 nm) passando attraverso tutte le tonalità intermedie di transizione (indaco, azzurro, verde, giallo ed arancione)» (figura 30) [22]. Secondo la teoria corpuscolare della luce, sviluppata da Einstein ed Altri, un fascio di luce si comporta come un flusso di particelle, fotoni, ognuna delle quali ha un energia E il cui valore è collegato alla frequenza e alla lunghezza d onda mediante la seguente relazione fondamentale: E = h = h c / (8) dove h è la costante di Planck e c è la velocità della luce. Quando un fascio di fotoni investe un corpo materiale le molecole (o atomi) costituenti, in determinate condizioni, interagiscono con le radiazioni incidenti e, assorbendo quanti energetici (E = h ), passano, da uno stato fondamentale caratterizzato da una configurazione elettronica a bassa energia, a stati eccitati a più elevata energia. Come illustrato schematicamente nella figura 31, queste transizioni avvengono solo se l energia della radiazione incidente è uguale alla differenza tra l energia dello stato eccitato e quella dello stato fondamentale. Le molecole che si trovano in uno stato eccitato sono instabili e, per- 103

2 Fig. 28: Le varie componenti e grandezze che caratterizzano le onde elettromagnetiche [20]. Fig. 29: Spettro elettromagnetico (la lunghezza d onda è espressa in nm (nm = 1 milionesimo di millimetro). Nella regione inferiore della figura, la parte visibile dello spettro è disaggregato nelle varie onde componenti. L energia associata alle radiazioni elettromagnetiche è tanto più elevata quanto minore è la lunghezza d onda [21]. tanto, tendono a disattivarsi attraverso processi di diseccitazione i più importanti dei quali sono schematicamente indicati nella figura 32 [20]. I processi di disattivazione che riportano le molecole eccitate (A*) nello stato fondamentale (A) attraverso la reazione A* A, che non prevede fenomeni di trasformazione chimica, sono definiti fotofisici. Questi processi possono avvenire per dissipazione di calore oppure attraverso l emissione di quanti di luce h (fenomeno della luminescenza, che, a sua volta, a 104

3 Fig. 30: Lo spettro visibile con colori associati alle varie onde elettromagnetiche che lo compongono [22]. Fig. 31: Processo di assorbimento delle radiazioni luminose (schematico) [20]. 105

4 Fig. 32: I principali processi di disattivazione di uno stato elettricamente eccitato [20]. Fig. 33: Processi bimolecolari di spegnimento di uno stato eccitato [20]. seconda della velocità, dà luogo alla fluorescenza o alla fosforescenza). Un terzo processo di diseccitazione, denominato fotochimico, si caratterizza per il fatto che il surplus di energia relativo allo stato eccitato viene utilizzato nella reazione unimolecolare attraverso cui la molecola eccitata A* viene trasformata in una molecola diversa (B) che si viene a trovare nel suo stato fondamentale (A* B). I fenomeni di fotoisomerizzazione cis trans degli alcheni sono classici esempi di transizione fotochimica unimolecolare. La molecola eccitata A* può disattivarsi anche attraverso processi bimolecolari, detti di spegnimento, trasferendo elettroni o energia ad un altra specie molecolare (vedasi figura 33) [20]. Come si deduce dal confronto dei diagrammi riportati nella figura 34, 106

5 a) b) Fig. 34: Distribuzione dell intensità delle radiazioni solari in funzione della lunghezza d onda: a) spettro solare fuori dell atmosfera terrestre; b) spettro solare in estate alle ore 12 nella città di Washington D. C. (USA) [23]. le radiazioni solari aventi lunghezza d onda inferiori a ~ 290 nm sono assorbite totalmente dallo strato di ozono presente nell atmosfera. Pertanto, tenendo conto del fatto che le radiazioni ultraviolette hanno lunghezza d onda che varia tra i 100 e i 380 nm, è possibile concludere che solo una frazione di queste ultime ha la capacità di investire la crosta terrestre [23]. Dai diagrammi della figura 35 si ricava, inoltre, che la distribuzione 107

6 a) b) Fig. 35: Dipendenza dell intensità delle radiazioni UV ( < 313 nm): a) dall ora del giorno; b) dal mese dell anno [23]. 108

7 Tabella 2 Energie medie di legami chimici covalenti a 298K (in kj/mole). Legami Energie Legami Energie Legami Energie Legami Energie C-S 273 Si-Si 226 P-N 200 C=C 612 C-Br 280 Si-H 319 P-C 264 C=N 617 C-N 307 Si-O 432 P-H 322 C=O 732 C-Si 328 N-H 391 P-O 360 C-Cl 340 O-H 464 C-C 349 C-O 361 C-H 416 C-F 485 dell intensità relativa alle radiazioni ultraviolette ( < 313 nm) dipende da una serie di fattori: altitudine; latitudine, ora del giorno, stagione dell anno e condizioni locali del tempo [23, 24]. L energia dei fotoni delle radiazioni UV è sufficientemente elevata per provocare la rottura di molti dei legami covalenti presenti lungo le macromolecole di polimeri sintetici e naturali le cui energie medie (a 298 K; espresse in KJ mole -1 ) sono riportate nella tabella 2 [21]. Per degradazione fotochimica deve intendersi l insieme di processi che, a seguito di interazione con radiazioni luminose, comportano la modificazione chimica (reazione fotochimica) di una sostanza colpita da fotoni. È stato ampiamente dimostrato che le reazioni fotochimiche possono avvenire solo se le molecole costituenti hanno la capacità di assorbire, mediante un processo fotofisico, le radiazioni luminose [25]. Affinché in un polimero si verifichino reazioni fotochimiche è necessaria la presenza, lungo la catena macromolecolare, di speciali gruppi, detti cromofori, i quali hanno la capacità di assorbire quanti di luce passando in uno stato elettronicamente eccitato. Successivamente l energia assorbita a livello elettronico viene dissipata attraverso uno dei processi discussi e già illustrati nelle figure 32 e 33. La struttura chimica di alcuni dei più comuni gruppi cromofori presen- 109

8 Tabella 3 Alcuni dei più comuni gruppi cromofori presenti in molecole organiche ti in molecole e macromolecole organiche, sintetiche e naturali, è riportata nella tabella 3. In alcune circostanze la presenza contemporanea di gruppi cromofori diversi esalta l attitudine di una molecola ad assorbire, mediante processi fotofisici, radiazioni elettromagnetiche. Questo caso si verifica in strutture molecolari del tipo qui di seguito 110

9 delineate: (a) dove in molecole con insaturazioni coniugate [(doppi legami C=C (con legami e ) si alternano a legami semplici C C (legami vengono inseriti dei gruppi aldeidici e/o chetonici. Nei sistemi cromofori di cui sopra gli elettroni possono essere facilmente eccitati dalle radiazioni visibili. Gli elettroni di un legame (C H, C C, C O) richiedono, invece, una maggiore energia di attivazione e quindi radiazioni a più bassa lunghezza d onda e cioè quelle che fanno parte delle regioni dell ultravioletto (vedasi figura 29). La presenza di gruppi e/o sistemi cromofori lungo le macromolecole di una fibra tessile rende quest ultima «light sensitive because these groups absorb radiation in both the visibile region and ultraviolet regions close to the visibile» [26]. Il processo di fotodegradazione delle fibre tessili prevede l assorbimento di fotoni da parte degli elettroni che partecipano ai legami chimici i quali passano in una configurazione eccitata. A seguito di questa transizione e attraverso reazioni fotochimiche primarie, la molecola eccitata viene dissociata in radicali. «Il comportamento dei polimeri alla fotodegradazione è di solito il risultato delle reazioni dei radicali creatisi dal processo fotochimico primario che possono portare a scissioni della catena, reticolazioni, formazione di gruppi insaturi ed eliminazione di gruppi sostituenti con formazione di composti volatili» [27]. Durante la sintesi e la lavorazione può capitare che nella massa del polimero restino incorporati composti estranei o additivi (ad esempio: residui catalitici, tracce di idroperossido, monomeri contenenti gruppi carbonilici, coloranti, mordenti, pigmenti, additivi utili alla lavorazione, (b) 111

10 112 Tabella 4 Il processo di fotodegradazione scomposto nelle sue varie fasi

11 ecc.). Alcune di queste sostanze hanno la capacità di assorbire radiazioni UV e di trasferire l eccesso di energia alle molecole di polimero con formazione di radicali i quali ultimi possono dare luogo ad una serie di processi che portano alla fotodegradazione delle macromolecole. Le fasi relative ad un processo di degradazione fotochimica, così come descritte da J. C. McNeill, sono illustrate nella tabella 4 [25]. Il tipo di reazione a cui può dare luogo il macroradicale (R*) (fase 4, in tabella 4) dipende, in generale, da una serie di fattori, i più importanti dei quali sono: - la temperatura di transizione vetrosa della fase amorfa della fibra; - la struttura chimica dell unità ripetitiva delle macromolecole costituenti; - la presenza o l assenza di atomi di idrogeno terziari che si ripetono lungo la catena macromolecolare. Al di sotto della temperatura di transizione vetrosa il processo di «depropagation to monomer (fase 4-d in tabella 4; n.d.a.), which is an important degradation reaction in some polymers at elevated temperatures, cannot occur following chain scission induced photolytically, because when the polymer is in the glassy state the propagation depropagation equilibrium cannot be driven to the right by the removal of monomer (vedasi reazione sotto riportata; n. d. A)» [25]. La struttura molecolare dell unità ripetitiva gioca un ruolo fondamentale sui meccanismi di fotodegradazione. Ad esempio è stato osservato che in polimeri con unità ripetitive senza atomi di idrogeno terziari, la fotolisi provoca un abbassamento del peso molecolare a seguito di reazioni di scissione delle macromolecole. Nel caso di unità ripetitiva del tipo -CH 2 -CHX- allora l effetto principale indotto dall azione dei raggi ultravioletti è quello di provocare delle reticolazioni. È bene precisare che in entrambi i casi è essenziale, affinché si verifi- 113

12 114 chino le reazioni fotochimiche sopra delineate, la presenza di gruppi cromofori [25]. Le proprietà ultime di un polimero sottoposto ad attacco fotochimico dipenderanno dal meccanismo molecolare secondo cui è evoluta la degradazione. Se è prevalso il meccanismo di scissione delle macromolecole si osserverà un decadimento delle caratteristiche fisico-meccaniche a cui si accompagnerà un aumentata solubilità, dovuta quest ultima al fatto che il peso molecolare medio è drasticamente ridotto. Al contrario, nel caso che dovessero predominare reazioni di reticolazioni il materiale presenterà una accentuata resistenza alla solubilizzazione e una minor flessibilità.

13 B 2 ) Degradazione termica Le fibre tessili ad alte temperature subiscono un processo di deterioramento dovuto all assorbimento di calore. La stabilità termica di un polimero (sia esso naturale che sintetico) dipende da una serie di fattori i più importanti dei quali sono: - costituzione e configurazione molecolare dell unità ripetitiva; - legami secondari (per esempio ad idrogeno) di tipo intra e intermolecolare; - grado di cristallinità; - temperatura di fusione e di transizione vetrosa; - presenza o meno di impurezze; - massa molecolare; - morfologia (sferulitica-isotropa, fibrosa-anisotropa); - tipo di interconnessione tra fasi cristalline e fasi amorfe e struttura delle zone di transizione; - rigidità delle macromolecole e loro modo di impacchettarsi nella fase cristallina [10-16]. La stabilità termica o resistenza termica (ST) di un polimero viene comunemente così definita: «la temperatura massima alla quale un polimero può essere riscaldato senza che esso subisca modificazioni chimiche irreversibili» [27]. Normalmente la ST viene identificata con la temperatura alla quale un polimero subisce una perdita, per effetto del calore, del 15% in peso (in azoto e con una velocità di riscaldamento pari a 10 C/min). La ST di alcuni polimeri è riportata, a titolo esemplificativo, nella figura 36 [25]. Nel caso delle fibre tessili naturali è stato possibile stabilire la seguente scala di resistenza alla termo - degradazione: LINO > COTONE > LANA > SETA dalla quale si deduce che le fibre proteiche (seta e lana) sono più sensibili alla termo-decomposizione di quelle cellulosiche (lino e cotone) [28]. Le macromolecole delle fibre tessili naturali si caratterizzano per la presenza lungo le loro catene di legami chimici covalenti (C-C, C-H, C-N, C-O, ecc.) i quali hanno una energia di dissociazione che, come riportato nella tabella 2, varia da 273 a 732 KJmole 1. Tali legami tra i 150 C e i 500 C, a seconda degli atomi coinvolti, per 115

14 Fig. 36: Stabilità termica relativa ad alcuni polimeri di più largo impiego. Essa viene misurata dalla temperatura alla quale, in atmosfera di azoto e con una velocità di riscaldamento pari a 10 C / min, si verifica il 15% di perdita di peso [25]. effetto del calore assorbito subiscono un processo di scissione denominato termolisi (in analogia alla fotolisi) che determina una serie di reazioni che portano alla emissione di prodotti volatili a basso peso molecolare e alla demolizione del polimero con perdita delle sue caratteristiche fisico-meccaniche. In assenza di ossigeno la degradazione termica può avvenire secondo due meccanismi diversi: a) reazioni che coinvolgono la catena polimerica (depolimerizzazione); b) reazioni che coinvolgono i sostituenti laterali. - Depolimerizzazione «This name (la depolimerizzazione indotta da degradazione termica; n.d.a.) can be applied to processes in which the chain breaks at same points, leading to reactions in which the products all have essentially the same composition as the repeat structure but may consist of relatively small molecules such as monomer, dimer, trimer or chain fragments which are similar to the original polymer or copolymer structure, but of much shorter chain length» [25]. Lo schema della depolimerizzazione è illustrato nella tabella 5. A titolo esemplificativo nella figura 37 sono riportate le reazioni di depolimerizzazione del polimetilmetacrilato (PMMA). 116

15 Tabella 5 Schema base della depolimerizzazione indotta da un processo di degradazione termica [25] Nel caso di questo polimero si osserva che, una volta avvenuta la rottura iniziale dei legami, la reazione di depropagazione procede lungo la catena, dando luogo alla formazione di circa 200 unità monomeriche per unità di scissione iniziale. Il monomero rappresenta l unico prodotto finale della degradazione termica del PMMA che si ottiene con una resa praticamente uguale al 100% [25]. - Reazioni che coinvolgono i sostituenti laterali Questo tipo di degradazione si caratterizza per il fatto che «il polimero conserva la struttura a catena, la cui composizione chimica è però diversa da quella originale, a causa di reazioni di : eliminazione; ciclizzazione» [27]. Reazioni di eliminazione causate dal calore, sono state documentate nel caso del polivinil cloruro (PVC) e del polivinil acetato (PVAC) che, a temperature relativamente elevate (200 C per il PVC), eliminano rispettivamente una molecola di HCl e di CH 3 -COOH per unità ripetitiva secondo gli schemi della figura 38. L eliminazione di acido cloridrico e di acido acetico porta alla formazione di un doppio legame [(prodotto b) in figura 38] che provoca la destabilizzazione dell unità ripetitiva adiacente. Il procedere della reazione lungo la catena determina come prodotto finale una macromolecola coniugata dove doppi legami C = C si alternano a legami semplici C C [(prodotto c) in figura 38] [25]. 117

16 Fig. 37: Le reazioni relative alla degradazione termica (in assenza di ossigeno) del Polimetilmetacrilato (PMMA) secondo il meccanismo di depolimerizzazione [25]. Queste strutture, caratterizzate da una sequenza di doppi legami coniugati, sono responsabili dell effetto di scolorimento che si osserva nel PVC quando subisce questo tipo di degradazione termica [25, 27]. In polimeri, quali l acido poliacrilico e il poliacrilonitrile, lungo la cui catena sono presenti rispettivamente gruppi carbonilici (-COOH) e nitrilici (-C N), il processo degradativo porta a prodotti con strutture cicliche (vedasi figura 39) [25, 27]. 118

17 Fig. 38: Esempi di degradazione termica con eliminazione dei sostituenti laterali: caso del polivinil cloruro e del polivinil acetato [25]. Fig. 39: Processi di degradazione termica di polimeri attraverso reazioni dei sostituenti laterali che portano a strutture cicliche: a) il caso dell acido poliacrilico; b) il caso del poliacrilonitrile [25 e 27]. 119

18 B 3 ) Termo ossidazione e Foto ossidazione I polimeri organici e tra questi le macromolecole fibrose (cellulosa, cheratina e fibroina), costituenti principali delle fibre naturali di interesse tessile (lino, cotone, lana, seta, ecc.), reagiscono con l ossigeno atmosferico anche se la velocità di ossidazione si caratterizza per una cinetica relativamente lenta. Al contrario l ossigeno reagisce velocemente con i radicali, presenti nella massa polimerica, prodotti dal calore e dalla luce. A seconda che la fonte primaria dei radicali sia la luce oppure il calore il processo di ossidazione viene definito rispettivamente di foto-ossidazione e di termo-ossidazione. Questi processi, che dipendono fortemente dalle caratteristiche chimico-strutturali del polimero e dalle condizioni ambientali, possono produrre fenomeni di scissione dei legami covalenti della catena polimerica, di reticolazione, di emissione di sostanze volatili e di formazione di gruppi funzionali contenenti ossigeno. «L ossidazione avviene attraverso un meccanismo radicalico a catena che è sostanzialmente indipendente dal tipo di energia utilizzata per creare i radicali nella reazione di inizio» [22]. Le varie fasi del processo di termo-ossidazione o di foto-ossidazione sono schematicamente delineate nella figura 40. Il meccanismo della fase di iniziazione è praticamente uguale a quello già descritto per la foto-degradazione e termo degradazione in assenza di ossigeno. La reazione di propagazione vede il coinvolgimento di macroradicali polimero * e perossili (polimero OO*) [(vedasi rispettivamente schema b1) e b2) in figura 40)] [25, 27]. La reazione che comporta l estrazione di idrogeno (b2 in figura 40), essendo più lenta di quella in cui il radicale polimero reagisce con l ossigeno (b1 in figura 40), a parità di ogni altra condizione, di fatto determina la velocità globale della fase di propagazione del processo di termoossidazione o di foto-ossidazione. Va sottolineato che in strutture fibrose caratterizzate dall alternanza lungo l asse di fibra di regioni cristalline (alta densità e bassa permeabilità all ossigeno) e amorfe (bassa densità e alta permeabilità all ossigeno) si verifica che il processo di ossidazione avviene preferenzialmente nelle zone disordinate della fibra laddove la concentrazione dell ossigeno è 120

19 Fig. 40: Schema globale delle varie fasi, e relative reazioni, dei processi di termo-ossidazione e di foto-ossidazione [25]. maggiore. Pertanto le regioni di un materiale polimerico a più alta cristallinità, in generale, mostrano una maggiore resistenza all ossidazione. Le reazioni che caratterizzano la fase di terminazione del processo sono descritte nella figura 41 [26]. «In condizioni normali di concentrazione di ossigeno, la concentrazione dei radicali P* (Polimero * in figura 41, n.d.a.) è molto bassa e la reazione di terminazione avviene per combinazione di radicali POO* (Radicali Perossili, Polimero O O * in fig. 41, n.d.a.) con formazione di un perossido che evolve poi in modo diverso a seconda che i radicali perossile siano o no terziari In difetto di ossigeno anche i radicali P* possono partecipare alla reazione di terminazione [reazione b) in figura 41 n.d.a.]» [27]. 121

20 Fig. 41: Le reazioni che caratterizzano la fase di terminazione di un processo di foto-ossidazione o di termo-ossidazione [26]. La reazione di terminazione c), descritta in figura 41, porta alla reticolazione delle catene polimeriche «Poiché i centri radicalici al carbonio (P*) e all ossigeno (POO*) che propagano il processo sono in genere distribuiti lungo la catena polimerica.» [27]. Durante il processo di propagazione (vedasi reazioni b) in figura 40) si formano dei gruppi idroperossidici (Polimero OO H) distribuiti lungo la catena polimerica. In questi gruppi i legami perossidici hanno una bassa energia (~ 40 K cal / mole) pertanto assorbendo energia termica o fotonica (da radiazioni elettromagnetiche con lunghezze d onda anche superiori ai 300 nm) si dissociano facilmente, anche a temperatura ambiente. Da ciò segue che in condizioni ambientali favorevoli ai processi di foto e termo ossidazione i gruppi idroperossidici attraverso una scissione omolitica danno luogo alla formazione di radicali Polimero O * e *OH (vedasi reazione riportata in figura 42 a). Questi ultimi hanno la capacità di estrarre atomi di idrogeno dalle catene polimeriche secondo gli schemi di reazione b) e c) della figura 42 [27]. I radicali alcossilici (Polimero O *) inducono, anche, reazioni che 122

21 portano alla rottura del legame in al centro radicalico sull ossigeno con formazione di un carbonile aldeidico o chetonico. «Il risultato complessivo della scissione dei gruppi idroperossido è quindi quello di iniziare nuove catene cinetiche alimentando il processo di propagazione con nuovi radicali Con il progredire del processo di ossidazione, la complessità dei prodotti che si formano aumenta notevolmente con l ossidazione dei gruppi alcolici e carbonilici che porta ad acidi, esteri. ecc.» [27]. Nel caso delle fibre poliammidiche i processi di termo-ossidazione, in fase solida vengono accelerate dalla presenza di acqua assorbita dalle regioni amorfe. Questo fenomeno è da mettere in relazione con il fatto che l acqua, agendo da plastificante, abbassa la Tg; conseguentemente la mobilità dei segmenti macromolecolari aumenta e quindi il materiale diviene più facilmente accessibile alle molecole di ossigeno. «Gli effetti chimici principali dell ossidazione sono l aumento dei gruppi carbossilici e la contemporanea diminuzione di quelli amminici; anche la massa molecolare diminuisce. La degradazione termoossidativa procede mediante reazione a catena di radicali liberi che coinvolgono l atomo di C in al gruppo -CONH- con formazione di idroperossido e rigenerazione di un alchil radicale, che a sua volta reagisce ancora con ossigeno per dare un radicale perossidico e così via» [29]. Fig. 42: Reazioni di propagazione, relative al processo secondario di foto-ossidazione e termo-ossidazione, indotte dalla scissione dei gruppi idroperossido formatisi durante la fase iniziale [25, 27]. 123

22 Fig. 43: Le varie fasi che portano alla termo-ossidazione delle poliammidi. Il radicale R*, formatosi per azione della luce, calore, impurezze, ecc., reagisce sul -CH 2 - prossimo al gruppo -NH- [29]. Le varie fasi che, partendo dal radicale R * formatosi per effetto dell incidenza di radiazioni luminose, del calore, impurezze o additivi, portano alla decomposizione delle poliammidi in ammide ed aldeide, sono delineate nella figura 43 [29]. «Le reazioni che conducono alla decomposizione di (VI) in ammide ed aldeide sono in accordo, sia con la diminuzione delle masse molecolari che accompagna la termoossidazione e le fotoossidazioni, sia con l assorbimento mediante spettrometria del gruppo >C=C< aldeidico. Invece la diminu- 124

23 zione di gruppi amminici probabilmente può aver la seguente origine: l ulteriore ossidazione del componente aldeidico porta a formare il gruppo COOH, che condensa con i gruppi amminici presenti» [29]. Durante il processo di termo-ossidazione delle poliammidi si osserva un fenomeno di ingiallimento il quale sembra che debba essere ascritto alla formazione di gruppi cromofori originatesi «sia da autocondensazioni aldeidiche, sia da condensazioni tra gruppi amminici ed aldeidici. Tuttavia è da osservare che le sostanze cromofore possono formarsi anche per ulteriori ossidazioni e ciclizzazioni in prodotti di reazione aldeidici» [29] La fotodegradazione delle poliammidi allo stato fibroso, determinata dall esposizione alla luce solare anche a temperatura ambiente, comporta: - la riduzione delle masse molecolari; - il decremento dello sforzo massimo a trazione; - la diminuzione dell allungamento a rottura. Il processo di fotolisi che conduce alla rottura del legame C-N, che nel caso delle poliammidi alifatiche è il legame cui corrisponde una minore Fig. 44: Le possibili reazioni che si verificano durante il processo di fotodegradazione e in particolare della fotolisi delle poliammidi alifatiche [29]. 125

24 energia, è da mettere in relazione con l assorbimento da parte del gruppo ammidico -NH-CO- di quanti fotonici aventi lunghezza d onda inferiore a 300 nm. Le reazioni connesse al processo di fotolisi delle poliammidi alifatiche sono illustrate nella figura 44, dalla quale si evince che i radicali formatisi a seguito della «scissione del legame ammidico estraggono un atomo di idrogeno da -CH 2 - in posizione vicinale ( ) a -NH- ; il gruppo metilenico costituisce la principale fonte di radicali liberi..» [29]. Per quanto riguarda la foto-ossidazione delle poliammidi è stato dimostrato che gli stadi iniziali ed i prodotti derivati sono praticamente gli stessi della termo-ossidazione. Inoltre, è stato osservato che la velocità di foto-ossidazione praticamente corrisponde alla velocità di formazione dell idroperossido (vedasi figura 43). «A temperatura ambiente la formazione (dell idroperossido) richiede oltre 100 ore. Come previsto, lunghezze d onda più brevi (<340 nm) sono più attive, probabilmente per assorbimenti più alti della radiazione UV; invece con lunghezze d onda maggiori di 415 nm la degradazione è più lenta[29]. Nel caso delle fibre di lana i residui degli amminoacidi, tirosina e triptofano, le cui strutture chimiche sono illustrate nella figura 45, agiscono da photosensitisers (S). Questi residui, infatti, hanno la capacità intrinseca di assorbire efficientemente la luce UV dando luogo alla formazione di un radicale (S *). Questo radicale, interagendo con una molecola di ossigeno nel suo stato fondamentale di tripletto (comunemente indicato con il simbolo 3 O 2 e caratterizzato da due elettroni unpaired o spaiati) produce, attraverso una reazione di energy transfer, una molecola di ossigeno in uno stato eccitato di singoletto ( 1 O 2 ) (vedasi schema sotto riportato): UV L ossigeno nello stato di singoletto attacca il residuo di triptofano dando luogo alla formazione di una molecola di triptofano idroperossido che per effetto del calore si trasforma in un radicale ossi-fibra il quale ultimo ha la capacità di indurre una vasta gamma di reazioni chimiche 126

25 Fig. 45: Struttura chimica degli amminoacidi tirosina e triptofano i cui residui sono presenti nelle catene proteiche delle fibre di lana. che conducono a prodotti di degradazione di natura diversa [26]. A titolo esemplificativo alcune delle possibili reazioni che determinano il deterioramento delle fibre tessili indotte da radicali ossi-fibra sono riportate nella figura 46. In particolare i processi in a) e in b) portano alla rottura della catena macromolecolare con la formazione rispettivamente di un gruppo chetonico e di un gruppo aldeidico terminale [26]. «If the deterioration products contain a chromophoric group, such as a ketone or aldehyde group, which can be part of a chromophoric system, the colour of the fibre will change. If covalent bonds in the polymer chain backbone undergo rupture (causing chain scission) a decrease in DP (grado di polimerizzazione; n.d.a.) occurs, and thus a change in the mechanical properties of the fibre, which is manifested in the decrease of its mechanical strength» [26]. 127

26 La foto-ossidazione «is an autocatalytic chain reaction process» che, relativamente alla prima fase, dipende fortemente dai seguenti fattori: - lunghezza d onda, energia ed intensità della luce; - durata dell esposizione alla luce. È stato provato sperimentalmente che, in generale, la presenza nelle fibre tessili di particelle di polvere con spigoli molto aguzzi, di enzimi, di microrganismi e tracce di catalizzatori, insieme ad un elevato contenuto di acqua, provocano un sensibile aumento della velocità delle reazioni di fotodeterioramento e questo sia nella fase primaria che secondaria. Secondo quanto riportato da A. Tímár-Balazsy e D. Eastop il processo di foto-ossidazione si caratterizza per un primo stadio relativamente lento (fase di induzione), successivamente la velocità aumenta, raggiunge un valore massimo e quindi, man mano che i siti accessibili all ossigeno lungo le macromolecole si esauriscono, diminuisce. Il meccanismo sopra esposto spiega il perché in alcune circostanze e a basse temperature il fenomeno di scolorimento non necessariamente si osserva durante l esposizione dell oggetto (ad esempio un tessuto) alla luce ultravioletta ma solo in un secondo momento [26]. Dall analisi della letteratura è possibile trarre le seguenti conclusioni, di carattere generale, che riguardano la foto-degradazione / foto-ossidazione delle fibre tessili. Fig. 46: Possibili reazioni che, partendo da radicali ossi fibra, portano alla scissione delle macromolecole elementari componenti una fibra naturale [26]. 128

27 a) I processi di foto-degradazione / foto-ossidazione ed i relativi effetti di deterioramento sulle fibre non avvengono nel vuoto, ciò significa che l ossigeno atmosferico e l umidità giocano un ruolo attivo e fondamentale. b) Particolarmente efficaci ai fini della foto-degradazione sono le radiazioni ultraviolette, essendo caratterizzate da un energia sufficiente a provocare la rottura di legami interatomici covalenti. c) La durata dell esposizione è un fattore di grande rilevanza poiché l effetto è di natura cumulativo. d) Il calore dell ambiente facilita fortemente i processi di foto-deterioramento. Da quanto sopra si ricava che i manufatti tessili possono essere esposti alla luce per periodi di tempo relativamente brevi, solo se da questa sono state filtrate le radiazioni della banda ultravioletta. Comunque l intensità della luce necessaria alla loro fruibilità deve essere ridotta al minimo. Inoltre bisogna assolutamente evitare che nei locali, a basso grado di umidità, siano presenti lampade capaci di generare calore (ad esempio quelle ad incandescenza). Il fatto che le fibre tessili, siano esse di origine naturale che di natura sintetica, siano particolarmente sensibili all azione degradativa della luce solare viene documentato, a titolo esemplificativo, dalle due micrografie messe a confronto nella figura 47. In particolare nella figura 47 a sono mostrate le fibre di polipropilene non stabilizzate e non ancora sottoposte all azione delle radiazioni solari; le fibre appaiono integre con la superficie liscia che non mostra segni di deterioramento. Al contrario fibre di polipropilene, non stabilizzate, esposti alle radiazioni solari denotano evidenti fenomeni di degradazione che si manifestano attraverso profonde fratture e buchi presenti lungo tutta la loro lunghezza (vedasi figura 47 b) (30). Da quest esempio emerge chiaramente quanto grave, profondo e destabilizzante possa essere un attacco degradativo indotto dall azione combinata della luce e dell ossigeno (foto ossidazione) oppure della luce e del calore (termo ossidazione). 129

28 a) b) Fig. 47: Micrografie elettroniche di: a) fibre di polipropilene integre; b) fibre di polipropilene non stabilizzate degradate per effetto della esposizione alla luce solare [30]. 130

29 B 4 ) Foto-ossidazione e Termo-ossidazione delle fibre naturali B 4,1 ) Foto-ossidazione delle fibre di lana Le fibre di lana sottoposte all azione di radiazioni UV ( < 380 nm) subiscono un processo di foto ossidazione che da luogo a fenomeni di deterioramento foto-chimico i cui sintomi sono rappresentati da un ingiallimento e decadimento delle caratteristiche meccaniche (ad esempio infragilimento). La presenza di umidità aumenta fortemente la sensibilità della lana alla foto-ossidazione. Infatti la velocità di ingiallimento, misurata in condizioni di elevata umidità, è all incirca dieci volte maggiore di quella determinata in un ambiente secco [26]. La luce visibile, in particolare le radiazioni con comprese tra nm, può, a sua volta, causare lo sbiancamento di fibre di lana ingiallite. G. C. Ramsay riportava, in un suo interessante articolo del 1970 [31], che i residui di aminoacidi, presenti lungo la catena proteinica dell cheratina, più sensibili all assorbimento di radiazioni del vicino ultravioletto erano quelli dell istidina, del triptofano, della tirosina, della metionina, della cistina e della cisteina. Inoltre, lo stesso Autore metteva in risalto come, nel caso della lana, le reazioni foto-chimiche, indotte da radicali liberi, potessero portare a nuove reticolazioni, alla rottura di reticolazioni preesistenti e alla rottura di legami peptidici (vedasi figura 48). L insieme di questi processi sono causa di profonde variazioni di natura chimica, fisica e comportamentali (ad esempio il decadimento delle caratteristiche meccaniche delle fibre) [31, 26, 32]. Le reazioni chimiche che portano alla formazione di nuove reticolazioni sono provocate da radicali ossidrili originatisi a seguito di processi fotochimici primari. Il radicale *OH può reagire con due gruppi tiolo (SH), presenti nei residui della cisteina, appartenenti a due catene proteiche diverse oppure alla stessa macromolecola. Nel primo caso (figura 49-b) si forma un legame disolfuro ( S S ) di natura inter-molecolare, nel secondo di natura intra-molecolare (figura 49-c) [26]. L assorbimento di radiazioni con < 310 nm provoca una reazione di foto-ossidazione primaria che porta alla rottura di legami disolfuro a cui fa seguito la formazione di gruppi solfonici (sensibili all acqua) (figura 50) [26, 31]. In ambiente con alti valori dell umidità relativa i gruppi solfonici faci- 131

30 Fig. 48: Rappresentazione schematica delle modifiche indotte da reazioni fotochimiche in fibre di lana esposte all azione di radiazioni appartenenti al vicino ultravioletto: 1) scissione delle catene proteiche; 2) formazione di nuove reticolazioni; 3) distruzione di reticolazioni preesistenti [32]. litano una reazione di idrolisi acida dei legami peptidici presenti lungo la macromolecola dell cheratina. Il residuo della cistina, quando è legato al residuo della tirosina (figura 51-a), è sensibile all attacco degradativo dei radicali liberi. Infatti la tirosina ha la capacità di assorbire radiazioni UV attivando una reazione di fotolisi che conduce alla formazione di zolfo-radicali (*S-) (figura 51-b) che, reagendo con molecole di acqua, formano gruppi laterali SH e SOH (figura 51-c). Sempre in presenza di acqua i gruppi SOH si trasformano in gruppi aldeidici con sviluppo di idrogeno solforato (figura 51-d) [26]. Il processo di foto-ossidazione delle fibre di lana, indotto dall assorbimento di radiazioni UV, comporta la rottura di cross link disolfuro, di legami peptidici, di legami ionici e di natura secondaria. Questi fenomeni causano, tra l altro, un aumento della solubilità delle catene di cheratina che risultano più accessibili all azione di acidi ed alcali. Dal punto di vista meccanico le fibre di lana foto-deteriorate mostrano una sensibile riduzione dell allungamento a rottura [26]. A.Tímár Balázsy e D. Eastop hanno messo in evidenza che durante il corso del processo di foto-ossidazione la rottura delle catene polipeptidiche e la formazione di reticolazioni tra catene diverse può avvenire attra- 132

31 a) b) c) Fig. 49: Foto-ossidazione delle fibre di lana. Formazione di nuove reticolazioni disolfuro (-S-S-): a) un radicale ossidrile reagisce con due gruppi tiolo cisteinici appartenenti a due macromolecole adiacenti; b) formazione di un legame disolfuro inter-catena; c) il radicale ossidrile reagendo con due gruppi tiolo della stessa catena forma un legame disolfuro intra-catena [26]. verso la formazione di cross link che coinvolgono gruppi disolfuro, peptidici ed i residui degli aminoacidi lantionina e lisinoalanina. A seguito di queste trasformazioni le fibre di lana acquisiscono una struttura con un maggiore grado di reticolazione, pertanto esse saranno caratterizzate da una maggiore rigidità e quindi fragilità a cui si accompagna una minore flessibilità ed una minore attitudine ad assorbire acqua dall ambiente [26]. Secondo D. J. Carlsson e D. M. Wiles la causa principale dell ingiallimento osservato quando le fibre di lana sono esposte all azione della luce solare è principalmente dovuto alla foto-ossidazione dei residui del triptofano che reagiscono con l ossigeno, in uno stato di singoletto, generato dalla foto-eccitazione dei gruppi della tirosina (vedasi schema delle reazioni in figura 52-a) [33]. 133

32 Fig. 50: Foto-ossidazione della lana: rottura di cross link disolfuro (-S-S-), causata da reazioni di foto-ossidazione primaria indotte dall assorbimento di luce (lunghezza d onda < 310 nm) che porta alla formazione di gruppi solfonici acidi laterali [26]. La produzione di zolfo-radicali viene spiegata ammettendo che durante il processo si verifichi anche la foto-rottura dei ponti zolfo della cistina. Tra l altro viene anche osservata la rottura dei residui degli amminoacidi glicina ed alanina, presenti lungo lo scheletro molecolare. I meccanismi foto-chimici relativi a queste ultime reazioni sono mostrati in figura 52 b [33]. J. S. Crighton in relazione al fenomeno di ingiallimento della lana ha scritto: 134

33 Fig. 51: Rottura di cross link disolfuro (-S-S-) e formazione di gruppi laterali cisteinici e di natura aldeidica [26]. «The yellowing of the wool by the transformatin of the tryptophan residue to a chromophore has been examined by several workers. Tyrosine and histidine residues have also both been implicated in the photo-yellowing of wool. Dyes can also sensitise the photodegradation of wool» [34]. Il meccanismo attraverso il quale i coloranti possono partecipare e sensibilizzare i processi di foto-degradazione delle fibre di lana è descritto schematicamente nella figura 53. Il triptofano, la tirosina e l istidina rappresentano i residui di amminoacidi, presenti lungo la catena dell cheratina, che più degli altri possono partecipare al tipo di processo descritto nella figura 53, reso possibile dalla presenza attiva di molecole di coloranti. Sembra che il tutto preveda l assorbimento di ossigeno e l emissione di anidride carbonica [34]. La sensibilità spettrale delle fibre di lana, definita dall intervallo di lunghezza d onda delle radiazioni incidenti in corrispondenza del quale si 135

34 a) b) Fig. 52: Foto-ossidazione della lana: a) le possibili reazioni che provocano il fenomeno di ingiallimento delle fibre (vedasi testo); b) reazioni collaterali che portano alla rottura dei residui della glicina e dell alanina [33]. Fig. 53: Foto-ossidazione della lana: caso in cui i coloranti possono sensibilizzare il processo fotodegradativo. In figura viene descritto lo schema delle reazioni [34]. 136

35 Fig. 54: Foto-ossidazione della lana: Diagramma a barre attraverso il quale è possibile evidenziare le lunghezze d onda dello spettro solare in corrispondenza del quale si verifica il maggiore danno (sensibilità spettrale). La sensibilità spettrale della lana viene confrontata con quella di altri polimeri. La colonna a destra riporta la metodologia seguita per quantificare il grado di deterioramento indotto [35, 36]. osserva il maggiore grado di foto-deterioramento, è confrontata con quella di altri polimeri e materiali nel diagramma a barre della figura 54 [35, 36]. In particolare, nel caso della lana è stato assunto, come sintomo del danno arrecato il grado di ingiallimento; per altri materiali il fattore prescelto indicativo del degrado è di natura diversa (ad esempio, densità ottica, grado di depolimerizzazione e di rottura delle catene, estensibilità, ecc.). Come si evince dalla figura 54, la lana mostra un massimo valore dell indice di ingiallimento per lunghezze d onda della luce incidente comprese tra 290 e 311 nm. Nel caso di esperimenti condotti con luce monocromatica la lunghezza d onda della luce che provoca il maggior danno è quella che ha una pari a 280 nm [35, 36]. Abrasioni e rotture, tipiche di un processo di foto-ossidazione, dovuta all esposizione della luce solare, rilevate mediante microscopia elettronica su di un campione di fibre di lana prelevate da un tappeto Holbein del XVI secolo (Ushak-Anatolia) sono evidenziate nella micrografia riportata nella figura 55 [13]. L esposizione delle fibre di lana alla luce solare, come già precedentemente scritto, provoca sensibili variazioni di natura fisica e chimica le quali si evidenziano, a livello macroscopico, attraverso un fenomeno di ingiallimento (discolouration) collegato alla formazione di prodotti di foto-degradazione di colore giallo. Per tempi prolungati di esposizione, si 137

36 Fig. 55: Foto-ossidazione della lana: Micrografia elettronica di un campione di fibre di lana prelevate da un tappeto Holbein del secolo sedicesimo. Sono evidenti rotture tipiche di un processo di foto-degradazione [13]. osserva una riduzione della resistenza a trazione e della resistenza all abrasione (phototendering) ed una alterata attitudine alla tintura [37]. Confrontando lo spettro di assorbimento UV della cheratina di lana Merino con quello calcolato sulla base della composizione amminoacidica (vedasi figura 56), si ricava che, per lunghezze d onda superiori a 290 nm la lana presenta un potere assorbente maggiore di quanto ci si aspetterebbe da un punto di vista teorico. R. S. Davidson in relazione a questo comportamento scrive: «In the region above 290 nm, the wool fibre is more strongly absorbing than expected, and it is concluded that absorption in this region may be due to the presence of natural pigment precursors» [37]. Come si evince dall andamento delle curve riportate nella figura 57 il grado di ingiallimento delle fibre di lana è funzione della percentuale di acqua assorbita e della natura dei trattamenti, anche di natura chimica (ad esempio il bleaching o candeggio), eventualmente subiti. 138

37 Fig. 56: Spettro di assorbimento UV, sperimentale (sezione radicale di lana Merino, curva continua) e teorico (calcolato sulla base della composizione amminoacidica, curva tratteggiata). La curva a linee e punti rappresenta l intensità relativa della luce solare nella città di Sidney alle ore 12 a.m. [37]. E interessante sottolineare il fatto che quando le fibre di lana sono sottoposte all azione della luce solare i processi di ingiallimento e di imbianchimento partono contemporaneamente. Quello che si osserverà dipenderà dall intensità relativa delle varie lunghezze d onda incidenti e anche dal grado di ingiallimento iniziale della lana [37]. Come già precedentemente scritto la fotodegradabilità della lana trova la sua causa nella intrinseca fotolabilità dei residui di amminoacidi costituenti e dalla presenza di prodotti e pigmenti derivanti da reazioni di altra natura (non fotochimiche). In generale nel caso di proteine fibrose, i residui di -amminoacidi più sensibili alla degradazione fotochimica sono quelli del triptofano, dell istidina, della cisteina e della cistina, le cui strutture chimiche sono illustrate nella figura 58. R. S. Davidson riporta che l ingiallimento della lana con radiazioni sola- 139

38 a) b) Fig. 57: Influenza dell acqua sul processo di foto-ingiallimento delle fibre di lana in funzione anche del trattamento subito (whitened o bleached): a) fibre secche (dry); b) fibre umide (wet) [37]. a) b) Fig. 58: Struttura molecolare degli -amminoacidi, i cui residui sono presenti nelle macromolecole proteiche della lana e di altre proteine fibrose, più sensibili alla degradazione fotochimica: a) Triptofano; b) Istidina. 140

39 c) Fig. 58: c) Cistina e cisteina. ri genera molecole di ossigeno che si trovano nello stato di singoletto ( 1 O 2 ). Questa osservazione porta all ipotesi che la degradazione del triptofano e della cistina siano in gran parte attribuiti ad ossidazioni conseguenti a reazioni con molecole di 1 O 2. I prodotti della fotodegradazione del triptofano, via ossidazione con 1 O 2, sono mostrati nella figura 59 [37]. L ossidazione della cistina via 1 O 2, comporta la formazione iniziale di un monossido-derivato e, successivamente, di un diosside. Quindi, in presenza di acqua si osserva la rottura del legame S S con l ottenimento di acido cisteico ed un residuo cisteinico (vedasi schema in figura 60) [37]. La presenza di idroperossidi rappresenta una fonte di radicali derivanti dalla rottura omolitica del legame RO OH a seguito di esposizione alla luce. Le specie radicali che si formano (RO * e HO *) e in particolare quelle di natura ossidrilica (HO *), come si evince dagli schemi di reazione riportati nella figura 61, possono dare luogo ad una vasta gamma di percorsi degradativi delle fibre di lana. «This radical is a powerful hydrogen abstracting species, which is perfectly capable of abstracting hydrogen from the -C-H bond of amino acids, the N-H bond of tryptophan and imidazole and the S-H bond of cystine. It is also capable of generating phenoxyl radicals from phenols and of the hydroxylation of aromatic residues such as those found in tyrosine, phenylalanine and 141

40 tryptophan. With products such as derivatives of ketocarboxylic acids being formed, there is the possibility of chain cleavage, since such compounds are highly susceptible to photo-oxidation break-down. Similarly, the formation of hydroxylated tryptophan and quinols leads to the possibility of the production of quinines and related species, which can undergo further condensation reactions leading to the final product melanin» [37] (figura 61). Dal lavoro di R. S. Davidson è stato possibile trarre le seguenti rilevanti conclusioni. Fig. 59: Prodotti derivati dalla fotodegradazione del triptofano via ossigeno singoletto [37]. Fig. 60: Foto-degradazione della cistina via ossigeno singoletto [37]. 142

41 I. Le radiazioni UV ( < 350 nm) provocano la rottura del legame S S della cistina e degradano i residui degli -amminoacidi triptofano e tirosina. II. I processi chimici che comportano la diminuzione del contenuto di cistina nelle fibre di lana producono di fatto un aumento della loro fotolabilità. III. La degradazione dei residui del triptofano, presenti lungo le catene delle proteine della lana, porta alla formazione di una serie di prodotti, alcuni fluorescenti, altri fosforescenti, non sempre identificabili, che assorbono luce nell intervallo di lunghezza d onda che va da 350 a 500 nm, questi prodotti vengono distrutti a seguito di irraggiamento con luce la cui è tale da verificare la condizione 380 nm 500 nm. IV. I residui della tirosina a seguito di reazione di fotodegradazione formano prodotti a struttura sconosciuta, non fluorescente, che assorbono luce con compresa tra nm. V. Al fine di prevenire la formazione di specie molecolari colorate è necessario distruggere mediante irraggiamento i residui del triptofano e della tirosina (foto-labile) sottoponendo la lana all azione della luce in presenza di agenti riducenti [37]. Fig. 61: a) Possibili percorsi fotodegradativi delle fibre di lana, via radicali ossidrilici HO * [37]. 143

42 144 Fig. 61: b) Possibili percorsi fotodegradativi delle fibre di lana, via radicali ossidrilici HO * [37].

43 Gli eventi di natura fotofisica e fotochimica che si verificano nella fase inziale del processo di fotodegradazione della lana, indotto dall esposizione alle radiazioni UV ( < 310 nm), sono: a) formazione di cromofori che assorbono radiazioni con < 310 nm; b) formazione di stati elettronici eccitati dei residui di triptofano; c) fotodegradazione dei residui del triptofano; d) fotodegradazione dei residui della tirosina e della cistina; e) formazione di radicali liberi [38, 39]. Processi di assorbimento di radiazioni aventi 320 nm devono essere attribuiti a specie chimiche diverse dai residui del triptofano e della cistina. Queste sostanze cromofore, attive dal punto di vista fotochimico e, pertanto, capaci di indurre importanti effetti di fotodeterioramento, possono avere origine da una serie di eventi i più importanti dei quali sono qui di seguito descritti. a) Sostanze cromofore derivate da residui di amminoacidi non aromatici. E stato dimostrato sperimentalmente che, sottoponendo la lana e la seta all azione di radiazioni con 320 nm si osserva la produzione di - chetoacidi. Questi composti possono derivare da una reazione di trasferimento di un protone tra due gruppi peptidici legati mediante un legame ad idrogeno appartenenti a due specie radicaliche di -chetoacidi (vedasi figura 62) [39]. Il fenomeno di ingiallimento superficiale della lana viene spiegato ammettendo che questi -chetoacidi possono dare luogo, per condensazione aldolica, a prodotti polimerici di colore giallo [39]. b) Cromofori derivati dal triptofano. Sempre nel riferimento [39] viene riportato che gli -chetoacidi hanno la capacità di reagire facilmente con i residui del triptofano producendo dei -carbolinici secondo lo schema delineato nella figura 63. Queste ultime sostanze assorbono radiazioni UV emettendo per fluorescenza luce la cui lunghezza d onda va dal verde al giallo. La struttura chimica di acidi 1,3 di carbossilici e di acidi - - carbolinici, estratti da fibre di lana sottoposte ad irraggiamento, è illustrata nella figura

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