POSITION PAPER DEL SISTEMA BANCARIO ITALIANO SULLA REVISIONE DELLA DISCIPLINA DEI REQUISITI MINIMI PATRIMONIALI

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1 ASSOCIAZIONE BANCARIA ITALIANA POSITION PAPER DEL SISTEMA BANCARIO ITALIANO SULLA REVISIONE DELLA DISCIPLINA DEI REQUISITI MINIMI PATRIMONIALI 31 maggio 2001 Gli Uffici dell ABI, al fine di elaborare la posizione del sistema bancario italiano con riferimento alle proposte di modifica dell accordo sulla capital adequacy, hanno raccolto in modo coordinato e strutturato dagli Associati i diversi punti di vista e le diverse proposte sugli aspetti lasciati aperti dai documenti di consultazione predisposti sull argomento all inizio del 2001 dal Comitato di Basilea e dalla Commissione Europea. Sulla base delle osservazioni pervenute, nonché delle attività svolte da alcuni appositi gruppi di lavoro interbancari, è stato predisposto dall ABI in collaborazione con il gruppo di lavoro Credit Risk Rating l allegato position paper che è stato trasmesso alle Autorità di vigilanza nazionali ed internazionali. 1

2 INDICE EXECUTIVE SUMMARY 1. RISCHIO DI CREDITO IL METODO STANDARD 2. RISCHIO DI CREDITO RATING INTERNI (FOUNDATION E ADVANCED APPROACH) 2.1 ASPETTI GENERALI 2.2 LA CALIBRAZIONE DELLA FUNZIONE PER LE CONTROPARTI CORPORATE 2.3 I PORTAFOGLI RETAIL 2.4 INCENTIVI ALL EVOLUZIONE VERSO METODI PIÙ SOFISTICATI 2.5 LOSS GIVEN DEFAULT 3. RISCHIO SOVRANO 3.1 APPROCCIO STANDARD 3.2 APPROCCIO INTERNAL RATING 4. TECNICHE DI MITIGAZIONE DEL RISCHIO NEI TRE APPROCCI PREVISTI (STANDARD, FOUNDATION, ADVANCED) 4.1 ASPETTI GENERALI 4.2 GARANZIE REALI (COLLATERAL) CON ESCLUSIONE DELLE IPOTECHE 4.3 PHYSICAL COLLATERAL 4.4 GARANZIE INDIVIDUALI E CREDIT DERIVATIVE 4.5 IL COEFFICIENTE W 4.6 MATURITY MISMATCH 4.7 COMPENSAZIONI DI POSIZIONI IN BILANCIO (NETTING) 5. CARTOLARIZZAZIONE DI ATTIVITÀ NEI TRE APPROCCI PREVISTI (STANDARD, FOUNDATION, ADVANCED) 5.1 TRATTAMENTO DELLE POSIZIONI ASSUNTE DALLA BANCA ORIGINATOR O SERVICER 5.2 BANCA INVESTITRICE 5.3 BANCA SPONSOR 5.4 VALUTAZIONE DELLE OPERAZIONI DI CARTOLARIZZAZIONE TRAMITE I METODI DI INTERNAL RATING 5.5 RISCHI IMPLICITI E RESIDUALI 6. RISCHIO OPERATIVO 6.1 ASPETTI GENERALI E DEFINITORI 6.2 FATTORE DI CORREZIONE QUALITATIVO 6.3 IL METODO BASIC 6.4 I METODI STANDARDISED E IMA 6.5 L ASPETTO DELLA LINEARITÀ 6.6 ACCANTONAMENTI E COPERTURE ASSICURATIVE 7. DISCIPLINA DI MERCATO ALLEGATO 2

3 Executive Summary Il sistema bancario italiano esprime il suo apprezzamento per l avvicinamento delle Autorità di Vigilanza (AAVV) alle logiche e prassi gestionali per la determinazione e l allocazione del capitale economico. La nuova proposta presenta infatti una ricognizione dei parametri che effettivamente condizionano il profilo di rischio delle banche. Inoltre, è stato possibile verificare come molte delle osservazioni che, a conclusione della precedente procedura di consultazione erano state presentate alle AAVV direttamente dall ABI o per il tramite della Federazione Bancaria Europea, sono state in parte recepite nei documenti pubblicati nel corso del E però necessario esprimere la preoccupazione che, a fronte di un impostazione di fondo che mira a ridurre il divario tra logiche gestionali e di vigilanza, alcune scelte siano state effettuate in un ottica eccessivamente conservativa e prudenziale al punto tale da rischiare di minare alla base l intento di pervenire a dei requisiti più corretti e sensibili ai rischi sottostanti, che potrebbero far venir meno la garanzia di un level playing field tra gli intermediari, ridisegnando, tramite la regolamentazione, la struttura dell offerta nell ambito di un segmento fondamentale del mercato finanziario, quale quello bancario. Si profila infatti il rischio di pervenire ad una generalizzata richiesta di innalzamento del patrimonio da detenere a fini prudenziali a fronte del rischio di credito. In particolare, le attuali previsioni per l adozione di logiche di definizione dei requisiti patrimoniali sulla base dei metodi Internal Rating (IRB) risultano fortemente penalizzanti rispetto alla situazione attuale, specie nel caso del cosiddetto Foundation Approach. Inoltre, il nuovo requisito a fronte del Rischio operativo (RO) determina un ulteriore aggravio in termini di patrimonio di vigilanza la cui coerenza rispetto al profilo effettivo del RO richiederebbe verifiche empiriche approfondite che il limitato tempo concesso per definire le risposte alle AAVV non ha permesso di effettuare. Le conseguenze dell approccio per ora scelto dalle AAVV potrebbero risultare particolarmente negative con riferimento sia al tradizionale ruolo svolto dagli intermediari di supporto alla crescita economica, a seguito della riduzione del rapporto fra attività di finanziamento e patrimonio della banca, sia per il freno allo sviluppo di nuovi segmenti del mercato finanziario che derivano da innovazioni nelle tecniche di gestione degli attivi (quali la cartolarizzazione) o di nuovi strumenti di gestione del rischio di credito (quali i credit derivative). Dal lato del rischio di credito, un primo elementi di criticità è quello relativo alla determinazione dei requisiti di capitale a fronte sia delle perdite inattese che di quelle attese (normalmente spesate attraverso i margini reddituali dell attività bancaria). 3

4 A fronte delle perdite attese le banche già seguono politiche prudenziali di accantonamento e/o considerano implicitamente tali perdite nella determinazione del pricing (tassi di interesse più elevati nell ipotesi di probabilità di default più elevate). Pertanto, a fronte della nuova proposta del Comitato di Basilea, l attuale definizione di patrimonio a fini di vigilanza non appare coerente e dovrebbe essere rivista/ampliata (malgrado le difficoltà derivanti dalla diversità delle discipline/standard contabili vigenti nei vari Paesi). In particolare, dovrebbero essere ricomprese integralmente nel patrimonio anche quelle componenti che rappresentano un cuscinetto per l assorbimento delle perdite attese, quali gli accantonamenti ai fondi rischi (le vigenti regole definite sulla base dell Accordo del 1988 consentono l inclusione nel capitale supplementare del fondo rischi su crediti entro un limite massimo pari all 1,25% delle attività di rischio ponderate, calcolate ai fini del coefficiente di solvibilità) nonché eventualmente una percentuale del margine di interesse. Ulteriori criticità possono individuarsi nei seguenti aspetti: a) individuazione delle controparti a rischio (definizione di default troppo stringente sotto il punto di vista temporale); b) introduzione, nel metodo Standard, di un coefficiente pari al 150% per i crediti problematici (quello attualmente in vigore è pari al 100%); c) introduzione negli approcci IRB (Foundation e Advanced) di una unica curva per le realtà corporate di tutte le dimensioni nonché per il sovereign e le banche ai fini della determinazione del coefficiente di rischio in relazione alla probabilità di default del prenditore; d) non adeguato trattamento degli strumenti di mitigazione del rischio. In particolare, con riferimento ai punti su elencati si osserva quanto segue: a) Tra le varie occorrenze che determinano l esistenza di un default, quella dei 90 giorni di ritardo nel pagamento crea alle banche italiane preoccupazioni non indifferenti, fra le quali: scarsa possibilità di utilizzare le serie storiche disponibili nella cui costruzione tale eventualità non veniva censita come passaggio a default; non chiarezza della determinazione dei requisiti in relazione sia ai frequenti casi di rientro in bonis della posizione in termini temporali non lontani dal superamento dei 90 giorni che alle operazioni di acquisto di crediti commerciali (factoring), in cui l inadempimento episodico o il ritardo di pagamento non sono rappresentativi della manifestazione dello stato di insolvenza. Si richiede pertanto l applicazione di una definizione di default meno stringente sotto il punto di vista temporale anche in considerazione delle caratteristiche dell esposizione creditizia (es. si propone 180 giorni per le operazioni a medio e lungo termine). In alternativa si richiede un ridotto valore della Loss Given Default (LGD) rispetto al 50% previsto per l Internal Rating Foundation Approach. b) In merito al caso dei crediti problematici si richiede di non introdurre la regola del coefficiente al 150% per il ritardo dei pagamenti superiori ai 90 giorni o di ampliare tale orizzonte temporale portandolo, ad esempio, a 180 giorni per le operazioni a medio e lungo termine. 4

5 c) La funzione definita per le ponderazioni diverse dal retail che si basano su evidenze empiriche del mondo large corporate - individuata sulla base di un modello di portafoglio, non è affatto adeguata per le realtà delle banche commerciali dell Europa continentale e specificatamente per quelle italiane caratterizzate da cospicui portafogli composti prevalentemente da crediti verso imprese minori e del middle market 1. Pertanto, si richiede l introduzione di una nuova curva di risk weight per le controparti small business e middle market. In alternativa, dovrebbe essere prevista esplicitamente la possibilità di trattare la maggior parte di tali posizioni, e comunque tutte quelle relative alle imprese minori, nell ambito del portafoglio retail. d) In tema di trattamento delle garanzie, occorre un maggiore riconoscimento della capacità delle banche di conseguire una effettiva mitigazione delle perdite attraverso l acquisizione delle più opportune garanzie. Se infatti la costruzione di sistemi di rating rappresenta per certi versi un nuovo capitolo delle esperienze e professionalità bancarie e potrebbe giustificare (anche se non la si condivide in pieno) un eccesso di prudenza delle AAVV nel determinare i coefficienti di ponderazione, l acquisizione di opportune garanzie a fronte di un rapporto di credito rappresenta indubbiamente una capacità consolidata del fare banca. In particolare, appare penalizzante: la presenza del fattore w per i financial collateral, le garanzie individuali e i credit derivative che addirittura comporta una sorta di duplicazione del patrimonio da detenere a fronte di altri fattori di rischio (es. legali) peraltro già contemplati nel Rischio operativo; il ridotto beneficio rispetto alla regola generale nel Foundation Approach che fissa la LGD al 50% - riconosciuto alle physical collateral (floor per la LGD fissato nella misura del 40%); la mancanza di un trattamento specifico ed adeguato delle garanzie intrinsecamente presenti nel caso di operazioni di leasing, di factoring e per le anticipazioni assistite da cessioni di crediti e/o sconto di crediti commerciali. Il mancato pieno riconoscimento degli effetti delle garanzie non incentiva le banche all evoluzione dal metodo Standard al IRB Foundation, rendendo anzi più favorevole il passaggio diretto al metodo IRB Advanced, che, al contrario, ne consente la valutazione da parte della banca nel corso della stima della LGD. Si richiede pertanto un maggiore riconoscimento dei benefici di capitale a fronte di garanzie reali e un trattamento esplicito e non limitato al solo metodo IRB Advanced delle garanzie personali, specie per le garanzie prestate da imprenditori a beneficio della propria azienda, tipologia frequente nella realtà italiana. Per quanto riguarda l asset securitisation appare eccessivo, e gravemente penalizzante per lo sviluppo di questa tecnica, l ipotesi di prevedere per il futuro un ulteriore requisito minimo di 1 Si consideri ad esempio il rilevantissimo aumento delle ponderazioni di rischio per deterioramenti, anche modesti, della probability of default (PD) - assai frequenti per tali realtà produttive in relazione alla forte inclinazione della curva. Questa circostanza è a sua volta prevalentemente legata ad una stima, effettuata dal Comitato, della asset correlation (20%) che, mutuata dalle evidenze empiriche del mondo large corporate, è assolutamente non applicabile ai portafogli in parola (stime condotte a livello nazionale indicano un livello di correlazione significativamente inferiore compreso tra il 2% e il 10%). 5

6 capitale a fronte di rischi impliciti/residuali, anche in considerazione del fatto che il trattamento dei rischi espliciti riguardanti le ABS risulta già meno favorevole rispetto a quello riservato ad altre tipologie di asset con rating equivalente. Passando al tema del Rischio operativo, la volontà del Comitato di introdurre uno specifico requisito a fronte di questa terza categoria di rischi bancari rappresenta indubbiamente una delle principali novità nonché una delle aree che potrebbero in misura rilevante concorrere alla determinazione di un aumento dell ammontare complessivo di patrimonio a fini regolamentari richiesto al sistema bancario e finanziario internazionale. In proposito appare essenziale il riconoscimento delle coperture assicurative, a parziale deduzione del requisito previsto sui rischi operativi, almeno per le fattispecie più comunemente assicurabili in Europa (es. frodi, furti, ecc.). Inoltre, si richiede l introduzione di alcune modifiche al metodo Basic finalizzate a permettere un passaggio graduale allo Standardised Approach, in modo da applicare tale metodo solo ad alcune linee di business. Da ultimo si segnala che è attualmente in fase di studio presso l Associazione Bancaria Italiana l ipotesi di un Data Base Italiano delle Perdite Operative (DIPO), le cui informazioni potranno essere utilizzate per una migliore quantificazione del Rischio operativo. * * * Sui diversi temi toccati nel presente Position Paper, si auspica che il dialogo tra le AAVV e l industria bancaria possa proseguire oltre il termine formale della procedura di consultazione. 6

7 1. RISCHIO DI CREDITO IL METODO STANDARD Nell ambito dell approccio Standard per il calcolo del requisito patrimoniale a fronte del rischio di credito si rileva che: l introduzione di un coefficiente pari al 150% (rispetto a quello in vigore del 100%) nel caso di crediti problematici (con ritardo nei pagamenti superiore ai 90 giorni) costituisce un notevole aggravio in termini di assorbimento di patrimonio. Si richiede quindi di eliminare tale introduzione nel definitivo Accordo per il capitale; in alternativa si richiede di prevedere il coefficiente del 150% solo in relazione a ritardi superiori (es. 180 giorni) o solo nel caso in cui la manifestazione dell insolvenza sia rilevata come inadempimento continuativo o ricorrente nei pagamenti (circostanza particolarmente rilevante nelle operazioni di factoring); nell ambito della prima delle due opzioni proposte per l interbancario, che si ritiene la più consona ad essere adottata, non è previsto un trattamento privilegiato per le poste short term; analogamente a quanto ipotizzato per la seconda opzione. Si richiede che tale possibilità venga prevista, estendendo inoltre l ambito temporale dello short term alle operazioni con vita residua entro i 12 mesi; l attuale assimilazione al settore corporate delle ponderazioni da applicare agli intermediari finanziari vigilati appare non condivisibile. 2. RISCHIO DI CREDITO RATING INTERNI 2.1 Aspetti generali Nella nuova proposta è prevista la possibilità di utilizzare un metodo semplificato basato sui rating interni (stima da parte della banca della sola probabilità di default, IRB Foundation). Ciò sembrerebbe offrire a molte banche l opportunità di non dover più ricorrere necessariamente al metodo Standard; tuttavia, tale opportunità potrebbe non implicare un beneficio a priori (quanto meno a parità di misure di mitigazione del rischio di credito applicabili). Ad esempio, dalle primissime analisi effettuate, i coefficienti di ponderazione adottati in corrispondenza delle diverse classi di probabilità di default, sembrerebbero comportare una ponderazione superiore al 100% per un numero non irrilevante di posizioni detenute dalle banche (il crinale tra un peso del 100% ed uno superiore cade tra le classi S&P BB+ e BB). Allo stato attuale, valutazioni più precise risultano quanto mai complesse soprattutto in relazione alla non perfetta definizione del quadro relativo alla risk mitigation e al trattamento dello small business. Alcune simulazioni su portafogli corporate hanno portato a stimare aumenti anche considerevoli dei requisiti patrimoniali. Pertanto, anche nel caso ritenuto improbabile di una invarianza del patrimonio da detenere a fronte del rischio di credito, complessivamente il livello di patrimonializzazione richiesto nella nuova regolamentazione sarà sicuramente più elevato di quello attuale in considerazione dell introduzione del requisito sul rischio operativo. 7

8 Inoltre, la regola dettata dal Comitato di Basilea di ignorare per i crediti a breve termine l esistenza di un rating con la medesima durata in presenza di un rating di lungo termine, appare eccessivamente prudenziale. La definizione di default, che nei metodi basati sui rating interni influenza il valore delle PD associate alle diverse controparti e conseguentemente delle ponderazioni per il calcolo del requisito patrimoniale, appare più stringente dal punto di vista temporale rispetto a quella prevista nell attuale contesto italiano. Infatti, nel nuovo documento viene indicato come evento di default il mancato pagamento superiore ai 90 giorni. E pertanto rilevante la differenza tra questa ipotesi e la prassi gestionale italiana nonché quanto previsto dalle vigenti istruzioni di vigilanza (definizioni di sofferenza, partite incagliate, crediti ristrutturati e crediti in corso di ristrutturazione). In particolare poi la condizione di default determinata dal mancato pagamento superiore ai 90 giorni crea notevoli preoccupazioni in quanto comporterebbe: ridotta possibilità di utilizzare le serie storiche disponibili nella cui costruzione tale eventualità non veniva censita come passaggio a default (anche in base al rispetto della vigente regolamentazione dettata dalle AAVV nazionali); non chiarezza della determinazione dei requisiti in relazione ai frequenti casi di rientro in bonis della posizione in termini temporali non lontani dal superamento dei 90 giorni ed alle operazioni di acquisto di crediti commerciali (factoring), in cui l inadempimento episodico o il ritardo di pagamento non sono rappresentativi della manifestazione dello stato di insolvenza. Si richiede pertanto l applicazione di una definizione di default meno stringente sotto il punto di vista temporale anche in considerazione delle caratteristiche dell esposizione creditizia (es. 180 giorni per le operazioni a medio e lungo termine) nonché l esclusione dai casi di default delle posizioni che ritornano in bonis. 2.2 La calibrazione della funzione per le controparti corporate Nel generare i risk weight per i portafogli corporate il Comitato ha utilizzato un modello di portafoglio. Come illustrato dalle stesse AAVV in alcune occasioni di commento alla nuova proposta, i risultati di tale stima sono stati rivisti in ottica prudenziale, che si ritiene eccessiva. Ad esempio, per tenere conto di errori sistematici di sottostima del rischio nei modelli di rating interni 2 o per la ridotta possibilità effettiva del capitale detenuto di assorbire le perdite, gli aumenti dei risk weight sono stati rilevanti (rispettivamente del 20% e 30%). In aggiunta, suscitano non poche perplessità alcune scelte insite nel modello di portafoglio adottato quali, ad esempio, l ipotesi di un livello di asset correlation del 20%. Questa ipotesi è fortemente criticabile (cfr. allegato n.1) in quanto: 2 Circostanza che il Comitato invece non contempla nel caso di rating esterni. 8

9 essendo il modello unifattoriale (con unico fattore sistematico costituito appunto dalla misura dell asset correlation) gli output di questo variano in misura rilevantissima al variare del valore ipotizzato; il livello di asset correlation pari al 20% probabilmente mutuato dalle evidenze empiriche del mondo large corporate 3, è sostanzialmente più elevato rispetto a quanto è rilevabile nei portafogli small business e porta a delle anomalie nella curva delle perdite così stimata. In particolare, si consideri ad esempio il rilevantissimo aumento delle ponderazioni di rischio per deterioramenti, anche modesti, della PD assai frequenti per tali realtà produttive in relazione alla forte inclinazione dell attuale curva. L insieme di tali scelte delle AAVV, che incidono negativamente soprattutto sui portafogli small business, sono le principali cause del notevole aggravio in termini patrimoniali secondo l attuale proposta di IRB di cui si è già detto sopra. Pertanto, si ritiene preferibile l introduzione di una terza curva per la determinazione di specifici risk weight per le posizioni small business. Tale richiesta appare l unica strada percorribile, anche da un punto di vista metodologico, per contemplare un giusto trattamento di portafogli tipicamente presenti nelle banche commerciali dell Europa continentale, e specificatamente di quelle italiane, che non si potrebbe ottenere con un adeguamento della curva già ipotizzata. Nel caso in cui la richiesta della terza curva non potesse essere accolta, si ritiene assolutamente necessario rivedere i parametri di definizione della curva attualmente prevista dal Comitato, con particolare riferimento alla sua intercetta. Alcune perplessità continuano poi ad essere segnalate con riferimento, al di là del problema connesso allo small business, alla possibilità di calibrare con una unica curva portafogli assai differenziati come possono essere quelli corporate e sovereign. 2.3 I portafogli retail Per le posizioni retail è prevista una ponderazione di rischio inferiore rispetto a quella indicata per il portafoglio corporate. Va considerato che, con l approvazione delle AAVV, possono essere inclusi nel retail crediti verso gli small business che non costituiscono esposizioni verso persone fisiche e/o garantite da persone fisiche. Ancora, le AAVV possono scegliere di fissare il limite massimo di un credito da trattare come esposizione retail. In merito ai criteri dimensionali da utilizzare per giungere ad una oggettiva individuazione delle controparti da trattare quali posizioni retail, sarebbe preferibile l adozione di un criterio incentrato sul fatturato della controparte. Si rammenta inoltre che una possibile definizione di riferimento 3 Sebbene nell allegato a questo Position Paper si dimostra che forse neanche per tali realtà il valore individuato è pienamente calzante. 9

10 potrebbe essere suggerita seguendo i criteri adottati dalla Comunità Europea per la definizione di Piccole e Medie Imprese (PMI). 2.4 Incentivi all evoluzione verso metodi più sofisticati. Si segnala, che in presenza di limitati incentivi all utilizzo del metodo semplificato dei rating interni, soprattutto le banche di minori dimensioni difficilmente saranno portate a sviluppare metodi di valutazione dello standing del prenditore e ciò in considerazione dei rilevanti costi di impianto a fronte di benefici non altrettanto cospicui nonché in relazione alle limitate dimensioni dei singoli portafogli, comportando una scarsa numerosità dei casi di default che implicano problemi di significatività statistica delle stime effettuate a livello aziendale. Peraltro, l eventuale passaggio ai metodi più sofisticati è regolato dalle AAVV sulla base di requisiti qualitativi minimali, che rendono praticamente inevitabile il passaggio per l utilizzo del metodo foundation. Uno dei meccanismi di incentivazione introdotto è stato quello della maturity. A tal proposito si richiede che nel metodo Advanced possa essere eliminato il livello minimo di maturity considerata, ovvero siano contemplate delle riduzioni specifiche anche per maturity inferiori all anno (comprese le operazioni a revoca). Ora, mentre si comprende che la capacità di calcolare internamente la LGD rientri nell ambito di una sofisticazione dei metodi di misurazione del profilo di rischio della banca identificabile con il livello Advanced, non appare del tutto ovvia la motivazione per cui una qualche influenza della maturity delle diverse posizioni in portafoglio sui requisiti patrimoniali non possa essere già considerata nel Foundation (circostanza che permetterebbe di caratterizzare tale approccio come maggiormente risk sensitive). Si richiede quindi che la banca possa applicare anche nel IRB Foundation il medesimo trattamento riservato alla maturity nell Advanced. Nello specifico del diverso trattamento dei Credit Conversion Factor (CCF) previsto attualmente negli approcci Standard e Foundation, si chiede di adeguare quanto previsto per il Foundation (75%) alle soglie stabilite nello Standard (20% e 50%). 2.5 Loss Given Default Come prima considerazione è necessario sottolineare che una LGD pari al 50%, come quella definita da Basilea per il Foundation Approach, sembrerebbe giustificata qualora il concetto di default coincidesse con quello di sofferenza attualmente in uso presso le banche italiane. Al contrario, utilizzando una definizione allargata di default come quella fornita dalla proposta del Comitato, la misura della LGD dovrebbe essere fissata notevolmente al di sotto del parametro del 50%. 10

11 In assenza di una revisione della definizione di default, si determinerebbe una convenienza ad utilizzare fin dall inizio l approccio avanzato, che consente l impiego di stime interne sia della LGD che dell Exposure At Default (EAD). Tuttavia, gli stringenti requisiti necessari all adozione dell approccio avanzato, ne rendono molto limitata la possibilità di un ampio e tempestivo utilizzo; talché si verrebbe a configurare un disincentivo all adozione dei rating interni. Pertanto, come già detto, si ritiene opportuno ridefinire la reference definition di default, ampliando l orizzonte temporale su cui misurare il fenomeno di past due tenendo conto anche delle caratteristiche dell esposizione creditizia. Inoltre, la stima della LGD dovrebbe partire dalla diretta considerazione delle garanzie collegate all esposizione, calcolando separatamente il tasso di recupero sul valore delle medesime. Questo consente di tenere in debita considerazione sia la specificità della garanzia sia l effettivo valore che questa copre. Tale impostazione eviterebbe anche l insorgere di comportamenti di moral hazard che al contrario possono presentarsi qualora l LGD sia stimata su categorie di esposizioni. Ad esempio, si potrebbe verificare il caso in cui la stima storica della LGD, basata su almeno sette anni di dati, fornisca valori che incentivano la banca a diminuire la copertura della singola esposizione potendo comunque applicare per un lasso di tempo elevato la LGD stimata, prima che gli effetti di questa nuova politica si riflettano nuovamente sull LGD, posto che la LGD è costituita da una media di lungo periodo. Da ultimo si propone di uniformare il periodo di stima della LGD con quello richiesto per la PD (5 anni, invece che 7) in modo tale da assicurare l esistenza delle necessarie serie storiche alla data di entrata in vigore dell Accordo. 3. RISCHIO SOVRANO 3.1 Metodo Standard Nell ambito dello Standard Approach la proposta prevede l utilizzo di rating forniti dalle Export Credit Agency (ECA). Non è tuttavia chiaramente indicato quando è previsto l utilizzo di rating local currency e quando invece occorra riferirsi a valutazioni foreign currency. Di fatto, vengono previsti risk weight più favorevoli per i prestiti allo Stato di appartenenza se erogati e finanziati in valuta locale, riconoscendo implicitamente la minore rischiosità di operazioni non soggette a transfer risk. Non vengono, però, esplicitamente formulate analoghe previsioni relativamente alle esposizioni verso il settore privato. Sembrerebbe corretto applicare a tutti i prestiti erogati e finanziati in valuta locale - anche a favore di controparti private - risk weight più favorevoli, coerentemente con un approccio basato su local currency rating. Risulterebbe tuttavia utile una disciplina più dettagliata per evitare equivoci interpretativi 4. 4 Si consideri ad esempio il caso di un paese dell America Latina le cui Autorità di Vigilanza abbiano scelto l opzione 1 relativa al trattamento dei prestiti verso banche nell ambito dello Standardised Approach. Il prestito effettuato da una banca (A) di tale paese ad un altra banca (B) dello stesso paese in valuta locale potrà essere ponderato in base al local currency rating? È dunque corretto ritenere che tale banca godrà di un vantaggio competitivo rispetto ad una banca straniera che voglia anch essa prestare alla banca B? 11

12 3.2 Metodo Internal Rating A differenza delle esposizioni corporate, i default nel segmento sovereign sono estremamente rari, pertanto non è agevole derivare stime significative di PD da associare alle singole classi di rating. Per superare tale limite e assicurare pari trattamento concorrenziale evitando che le singole banche adottino stime delle PD sui sovereign eccessivamente diversificate, è opportuno, in attesa di una soluzione migliore e definitiva, proporre anche per le banche che utilizzano l IRB Approach l applicazione al portafoglio sovereign dei fattori di ponderazione previsti dal nuovo Standard Approach per il rischio di credito (da 0% a 150%). In ogni caso, poiché il Comitato di Basilea richiede coerenza interna fra le scale dei rating e delle PD adottate nei diversi portafogli, le PD tipiche del corporate associate alle corrispondenti classi di rating non possono essere applicate alle esposizioni sovereign di paesi con rating sovrano assegnato equivalente 5. A parità di probabilità di default stimata, nella proposta vengono utilizzati gli stessi benchmark risk weight per i segmenti sovereign, bank e corporate; questo approccio richiede ulteriori approfondimenti in quanto non tiene conto delle differenze intrinseche alle tipologie di esposizioni di tipo sovrano, di tipo banche e corporate e potrebbe generare effetti distorsivi nell allocazione creditizia. E auspicabile quindi che il Comitato voglia sviluppare coefficienti specifici per i differenti segmenti. La definizione di insolvenza fornita dal Comitato contempla anche l evento di mancato pagamento dopo 90 giorni dalla scadenza del credito. Sotto tale aspetto, anche in un ottica di rischio paese, è importante che tale definizione sia la più chiara possibile: la precisazione che nel caso di rischio sovrano viene equiparata al default anche la ristrutturazione del debito o qualunque alterazione nei termini del contratto originario che determinino perdite in conto capitale, fa ritenere che ristrutturazioni o rinegoziazioni senza perdite in conto capitale non rientrino nella definizione di default. Peraltro, poiché la definizione di default per il corporate sembra più stringente (includendo anche postponement of capital/interests) si ritiene utile una precisazione al riguardo (specie per l esatta interpretazione dei casi di default di banche/corporate per cause di rischio paese, quali quelli di cui sopra). 4. TECNICHE DI MITIGAZIONE DEL RISCHIO 4.1 Aspetti generali E accolta con favore la decisione di ampliare la gamma delle garanzie considerate idonee per la riduzione dei requisiti patrimoniali. Tuttavia, suscitano notevoli perplessità le modalità con le quali vengono riconosciuti i benefici di capitale a fronte dell utilizzo di garanzie reali (financial e physical collateral), credit derivative e garanzie individuali, soprattutto con riferimento all applicazione del fattore w, sia nell approccio Standard che nell Internal Rating Foundation. Si ritiene opportuno uno specifico trattamento delle operazioni di factoring e di leasing in particolare 5 Poiché dalle statistiche pluriennali di S&P si evince che mediamente un corporate con rating B+ presenta, in un orizzonte temporale di un anno, una PD del 3%, occorre evitare che ad un sovereign con rating esterno B+ sia associata una PD del 3%, con il risultato nel sistema dei rating interni di ottenere un fattore di ponderazione pari al 246%, contro il 100% stabilito nel metodo Standard. 12

13 di quelle su immobili - in relazione alla loro minore intrinseca rischiosità. Peraltro, si rileva che in alcuni paesi europei (tra i quali l Italia) le società di factoring e di leasing sono assoggettate a vigilanza. 4.2 Garanzie reali (financial collateral: cash, securities, gold etc.) con esclusione delle ipoteche In merito ai requisiti minimi per l ammissibilità dei collateral, occorre definire le fattispecie nelle quali è possibile ravvisare una bassa correlazione tra PD del garante e dell obbligato principale. Un ulteriore elemento di criticità emerge dalla mancata considerazione del tipo e livello di correlazione esistente tra il rischio dell attività garantita e quello relativo al garante, il cosiddetto double default effect. Si propone quindi di tener conto della possibilità di utilizzare dati relativi alla correlazione tra i tassi di default qualora in futuro essi si dovessero rendere disponibili in modo affidabile. Sono richiesti ulteriori e più dettagliati chiarimenti in relazione: (i) (ii) (iii) al trattamento da riservare alle obbligazioni convertibili; agli indici di mercato da utilizzare per la quotazione dei titoli riconosciuti idonei; al possibile riconoscimento di benefici a fronte di collateral costituiti da polizze del tipo unit linked o da commodity. Non si concorda in generale con le impostazioni di Basilea per quanto riguarda gli haircut 6 da applicare al valore delle garanzie e dell esposizione sottostante: il metodo proposto per il calcolo dell haircut sui titoli di debito posti a garanzia in funzione del rating del loro emittente è troppo penalizzante, soprattutto per quanto attiene le quote dei fondi di investimento. Al riguardo per quest ultima fattispecie si propone di usare un haircut medio applicabile ai titoli in cui il fondo investe. Si segnala altresì che alla colonna di emittenti sovereign andrebbero aggiunte le banche multilaterali di sviluppo; il surcharge fisso dell 8% a fronte del rischio di cambio non tiene conto della diversa volatilità delle divise. Tale surcharge, peraltro non risulta giustificato nel caso in cui l esposizione in cambi sia già stata oggetto di copertura; la metodologia di calcolo per lo scarto da applicare alle garanzie che non sono marked to market con frequenza giornaliera appare penalizzante considerando i costi e le difficoltà di implementazione. Se ne propone pertanto una semplificazione in un ottica meno gravosa per il sistema bancario; da ultimo l applicazione dell haircut la cui funzione è coprire la volatilità dell asset sottostante, parrebbe ingiustificata, là dove l asset sottostante è contabilizzato a costo storico e non mark-tomarket. 6 Gli haircut imposti da Basilea determinano una riduzione della copertura per tener conto delle volatilità del valore della garanzia e dell esposizione sottostante nonché dell eventuale rischio di cambio. 13

14 4.3 Physical Collateral (Residential e Commercial Real Estate) Nel documento di Basilea i crediti ipotecari vengono trattati distintamente a seconda che si adotti il metodo Standard ovvero un Internal Rating approach. Nel metodo Standard le ipoteche non sembrano essere riconosciute in qualità di collateral (come avviene nell ipotesi di adozione di rating interni) in quanto i mortgage loan (sia residenziali che commerciali) sono considerati una specifica voce dell attivo. Tale ipotesi appare incoerente e eccessivamente penalizzante in caso di default: in questa circostanza, infatti, ai finanziamenti ipotecari verrebbe applicato lo stesso coefficiente di ponderazione previsto per qualsiasi altro credito non garantito, ossia il 150%. Si richiedono pertanto maggiori delucidazioni sul corretto coefficiente di ponderazione da applicare ai prestiti garantiti da ipoteche qualora si verifichi l evento di default. Si propone inoltre di adottare un trattamento prudenziale più favorevole per i finanziamenti garantiti da ipoteche su immobili ad uso commerciale a prescindere dai requisiti restrittivi imposti da Basilea: non si comprende infatti il motivo per cui tali crediti dovrebbero ricevere una trattamento prudenziale pari a quello previsto per gli unsecured loan. Con riferimento ai sistemi di rating interno, il floor (40%) imposto alla LGD - nel caso in cui il rapporto tra il valore dell immobile e quello dell esposizione sottostante è maggiore al 140% - appare elevato, in quanto non tiene conto dell effettivo tasso di recovery di questo tipo di garanzie reali e andrebbe pertanto sostanzialmente ridotto. Suscitano perplessità i diversi criteri adottati nello Standard e nell Internal Rating Approach per il riconoscimento in qualità di eligible physical collateral dei Commercial Real Estate (CRE) e Residential Real Estate (RRE). In particolare, nell approccio Standard la definizione di crediti ipotecari residenziali e commerciali comprende anche finanziamenti garantiti da immobili in locazione, fattispecie specificamente esclusa nell IRB Foundation. Tale differenza potrebbe non incentivare la transizione dal metodo Standard al metodo Internal Rating e appare ingiustificata a fronte dei tassi di recupero per tale tipologia di garanzie. Le definizione di RRE e CRE proposte escludono dal trattamento preferenziale previsto nell IRB Approach le operazioni di credito edilizio che rientrerebbero nella fattispecie del project financing. La stessa definizione di project financing non è chiara ed è cosi ampia da comprendere molte operazioni di real estate lending, che risultano invece assimilabili a quelle di RRE. È altresì utile ricordare che il requisito che prevede il frequente monitoraggio e la rivalutazione dell immobile sia esso qualificabile come RRE ovvero CRE - appare in generale eccessivamente costoso. Al riguardo si propone di ridefinire i termini anzidetti, ad esempio procedendo a rivalutazioni con una cadenza dettata dalla percentuale del debito residuo dell immobile, individuando una soglia percentuale sotto la quale non dovrebbe rendersi necessaria tale rivalutazione o comunque dovrebbe essere realizzata secondo criteri del tutto automatici. Da ultimo si auspica che vengano compresi tra gli eligible physical collateral anche le garanzie di tipo speciale quali quelle ipotecarie su navi e aeromobili. 14

15 4.4 Garanzie individuali e credit derivative Sia per il metodo Standard che per l approccio Foundation degli Internal Rating, il Comitato di Basilea prevede requisiti più restrittivi per il riconoscimento delle garanzie rilasciate dal comparto corporate rispetto a quelle fornite dalle banche. Al riguardo si propone di trattare alla stessa stregua le garanzie bancarie e quelle rilasciate dalle imprese o altre controparti di comparable standing. Per quanto riguarda specificamente il trattamento delle garanzie individuali nel Foundation approach, suscita notevole perplessità la scelta di considerarle all interno della PD anziché all interno del trattamento della LGD, in quanto tale forma di copertura può essere escussa solo una volta che il default è avvenuto. In un certo senso, per quanto vi siano ovviamente delle differenze, il rischio in caso di garanzia individuale può essere equiparato al rischio emittente nel caso in cui una posizione sia coperta da un collateral costituito da titoli: una volta che il default ha luogo, entra in gioco la garanzia individuale oppure il collateral. In questo senso, il trattamento appropriato dovrebbe avere luogo all interno della LGD 7. Da ultimo è opportuno rilevare che nel caso di garanzie personali prestate da imprenditori a beneficio della propria azienda il vantaggio in termini di risk mitigation verrebbe, secondo alcune banche, riconosciuto di fatto unicamente in caso si graviti nella definizione di portafoglio retail e non anche in quello corporate. Ne consegue che le fidejussioni di persone fisiche nel comparto corporate non sono riconosciute ai fini della riduzione del capitale di vigilanza se non nel caso di applicazione del metodo Advanced. Si richiede pertanto il riconoscimento di tale tipologia di garanzie anche nel comporto corporate nel Foundation Approach. Le stesse considerazioni valgono per gli acquisti di crediti (factoring) e per le anticipazioni assistite da cessioni di crediti e/o sconto di crediti commerciali (con un secondo coobbligato) che sono da considerare forme tecniche a rischio attenuato per la presenza giuridicamente rilevante di un terzo che protegge la banca in caso di fallimento del debitore originario. A conferma di ciò, si segnala che in conseguenza del minor rischio assunto, per prassi consolidata le banche applicano un pricing nettamente più contenuto rispetto al rischio in bianco. Si richiede pertanto di individuare dei criteri meno restrittivi per il riconoscimento delle garanzie individuali nel foundation approach. Per quanto riguarda i credit derivative, i requisiti operativi minimi fissati per il riconoscimento di tale coperture appaiono in alcuni casi riduttivi e non idonei alla specificità della protezione. Più esplicitamente: a parte la failure to pay, l evento creditizio che secondo Basilea deve essere specificato nel contratto si riferisce alla situazione di restructuring la quale invece dovrebbe ragionevolmente essere una scelta e non un obbligo per il protection buyer/seller. Inoltre l inserimento di questo credit event ha rilevanza essenzialmente per il solo protection seller, facendo pertanto aumentare il pricing dello strumento derivato. In conclusione, coerentemente a quanto stabilito per le garanzie individuali, il trigger event da considerare obbligatoriamente, dovrebbe essere limitato all inadempimento/mancato pagamento degli importi dovuti (failure to pay). 7 L ideale in assoluto sarebbe valutare congiuntamente le PD del debitore e del garante. 15

16 la valutazione del recovery value di un asset non dovrebbe essere condizionata ad un limite di 30 giorni. Un periodo più lungo (che pare essere la norma di mercato) può infatti giovare al protection buyer. Questa limitazione temporale andrebbe quindi ampliata (es. almeno 90 giorni). Peraltro nonostante i requisiti minimi anzidetti, il trattamento prudenziale previsto per i credit derivative è più penalizzante rispetto alle garanzie individuali: infatti, mentre il floor factor (w) 8 può essere uguale a zero nel caso di garanzie concesse da stati sovrani o banche, esso è sempre pari a 0,15 nel caso di contratti credit derivative. Si applica quindi un trattamento differente a prodotti che hanno una ratio economica simile. Non si dovrebbe inoltre sottovalutare il fatto che : a) la protezione fornita da un credit derivative ha una portata più ampia rispetto a quella di una fidejussione, in quanto può coprire una svariata gamma di eventi, alcuni non riconducibili al non pagamento del debito (vedasi re-structuring, ecc.); b) con un solo contratto si può ottenere protezione per una pluralità di asset; c) alcune fattispecie di credit derivative (vedi i TRORS) offrono protezione sia per il rischio di credito che di mercato. Si propone di rivedere il trattamento riservato ai credit derivatives per allinearlo a quello delle garanzie. Da ultimo, con riferimento al trading book, la proposta del Comitato è quella di compensare solamente l 80% del rischio specifico presente in una determinata transazione. In proposito, si è dell avviso che limitare la compensazione all 80% del rischio specifico quando la copertura è costituita da un credit default swap appare ingiustificato specialmente se il reference asset è dello stesso emittente, stessa valuta, durata e stesso coupon. A prescindere dalle caratteristiche dei due asset si osserva, per esempio nel caso di un bond coperto da un credit default swap, che generalmente ad un decremento del valore del bond, corrisponde un incremento del valore della copertura. Pare eccessivo applicare quindi un fattore fisso che non tenga conto dell effettivo disallineamento (che potrebbe anche risultare minimo). Si richiede quindi di eliminare il limite dell 80% alla compensazione del rischio specifico. Inoltre, sarebbe opportuno prevedere una compensazione parziale in presenza di un mismatch di scadenza, pesando il rischio specifico per la durata non coperta come un rischio specifico forward. 4.5 Il coefficiente w Il Comitato di Basilea ha previsto l applicazione di un coefficiente w per il trattamento prudenziale dei finanziamenti coperti da financial collateral, garanzie individuali e credit derivative, con le seguenti finalità: (a) indurre la banca ad una continua revisione della qualità creditizia della controparte; (b) tener conto del rischio della controparte nonostante la collateralizzazione dell asset (joint risk default); (c) coprire i rischi legali e documentali (compresi i rischi derivanti dalle possibili clausole cash settlement), soprattutto con riferimento alle garanzie individuali e ai derivati creditizi. 8 Ulteriori e più specifiche considerazioni sul floor factor w sono riportate nel paragrafo successivo. 16

17 Tali giustificazioni non sono però condivisibili dal momento che: i processi di valutazione e di monitoraggio delle coperture sono già parte integrante dell attività di una banca per addivenire ad una corretta e costante misurazione del rischio. La previsione di una specifica copertura patrimoniale aggiuntiva non sembra essere un incentivo all attivazione di questi processi; il valore delle garanzie è già scontato tramite l applicazione di haircut che hanno il compito di calibrare in maniera prudenziale la protezione ottenuta; con riferimento al joint risk default è utile ricordare che per l ammissibilità dei collateral è già previsto che vi sia una bassa correlazione tra la PD del garante e quella dell obbligato principale; nel documento di Basilea è già prevista una serie di requisiti minimi da rispettare a fronte di rischi legali e documentali. Al riguardo è necessario rilevare che, con specifico riferimento ai credit derivative ammessi (i.e. credit default swap e TRORS), la disponibilità e di conseguenza l uso, di una documentazione standard, riconosciuta ed accettata dal mercato (per esempio ISDA master) assistita da specifiche opinioni legali aggiornate con cadenza regolare e come minimo annuale hanno come scopo proprio l eliminazione dell incertezza legale 9 ; infine il Comitato già prevede un trattamento per tali rischi residuali imponendo uno specifico charge a fronte di rischi operativi. Deve concludersi che l imposizione di un tale fattore w determina una serie di incongruenze: non spinge a monitorare attentamente la qualità della garanzia; ritenere di poter sostituire e/o penalizzare un valido processo di valutazione applicando indiscriminatamente un fattore fisso appare alquanto discutibile e certamente disincentivante per le banche che attuano una diligente politica di controllo del rischio. D altro canto non è comprensibile ritenere che l imposizione di un fattore w possa indurre le banche a concentrarsi sull evoluzione del merito creditizio delle controparti dal momento che detto fattore verrebbe applicato sia alle banche diligenti che non; comporta un capital charge anche in caso di overcollateralization; determina un inutile incremento di costi in termini di capitale di vigilanza rispetto alla situazione attuale che potrebbe avere l effetto di ostacolare l acquisizione della protezione e in particolare penalizzare lo sviluppo del mercato dei credit derivative. Ciò premesso si richiede l abolizione del coefficiente w. 4.6 Maturity mismatch Nel Foundation approach il trattamento prudenziale previsto in caso di maturity mismatch appare troppo penalizzante. Al riguardo si propone il parziale riconoscimento dei benefici anche in caso di vita residua della copertura inferiore ad un anno. 9 Con riferimento ai rischi derivanti dai contratti contenenti clausole cash settlement è utile ricordare che per tali tipi di clausole sono già previsti requisiti minimi da rispettare. Peraltro nella prassi di mercato tali tipologie di clausole non sono di fatto più in uso. 17

18 4.7 Compensazioni di posizioni in bilancio (netting) Si richiede che venga specificato meglio il significato della locuzione compensazione su base individuale e quali siano gli specifici principi legali e le specifiche procedure di controllo dei rischi necessari al riconoscimento degli accordi di netting. Si riterrebbe inoltre necessario valutare la possibilità di accettare la compensazione anche al di sotto dell anno in caso di maturity mismatch dato che il money market generalmente ha operazioni inferiori all anno. 5. ASSET SECURITIZATION 5.1 Trattamento delle posizioni di rischio assunte dalla banca originator o servicer La proposta non risulta sufficientemente chiara in diversi passaggi riguardanti il trattamento delle posizioni di rischio relative alla banca originator o servicer, ingenerando possibili dubbi interpretativi e applicazioni diversificate a livello nazionale. In particolare, dovrebbero essere meglio precisate le condizioni minime alle quali le banche originator possono essere autorizzate a rimuovere dal proprio bilancio gli asset cartolarizzati, soprattutto in relazione al concetto di Special Purpose Vehicle (SPV) e alla sua struttura proprietaria. In sostanza si chiede una esemplificazione del concetto di holders of beneficiary interests ; locuzione che non è chiaro se si riferisca ai portatori delle security da questo emesse ovvero agli azionisti del veicolo. Altro punto poco chiaro riguarda il trattamento degli strumenti utilizzati per il miglioramento della qualità creditizia dei titoli rivenienti dalle operazioni di cartolarizzazione. Al riguardo, andrebbero, anzitutto, specificati meglio i concetti di first loss e second loss credit enhacement (ciò potrebbe essere fatto, ad esempio, in termini di percentuali di distribuzione di perdita). In secondo luogo, la versione finale della proposta del Comitato dovrebbe precisare: (i) l esistenza del cap (pari al requisito patrimoniale che sarebbe stato applicabile agli asset sottostanti l operazione di cartolarizzazione) per i credit enhacement di primo livello; (ii) se tale cap è anche previsto per le tranche second loss e, in caso affermativo, il relativo requisito di capitale qualora un terzo abbia fornito un credit enhacement di primo livello; ossia, (iii) se per la determinazione di tale requisito occorra tenere conto di quanto già accantonato dal terzo in relazione alla tranche first loss. Maggiore chiarezza sembra anche opportuna in relazione al trattamento delle linee di credito concesse dalla banca all SPV e da questo utilizzate. Per quanto riguarda le operazioni revolving con clausola di ammortamento anticipato, si osserva che sarebbe opportuno indicare il criterio di ponderazione da applicare all ammontare degli asset cartolarizzati, determinato in base al conversion factor. Inoltre, dal momento che in un rientro anticipato il rischio principale per la banca originator è quello di liquidità, le AAVV nazionali dovrebbero autorizzare la riduzione del fattore di conversione nel caso in cui la stessa banca possa dimostrare di avere assunto le misure necessarie per tutelarsi dal possibile rischio di liquidità. 18

19 5.2 Banca investitrice Non appare giustificato in termini di risk management il diverso trattamento attribuito a parità di rating inferiore a BBB- alle ABS rispetto ai titoli corporate. Si rileva, inoltre, che non sembra condivisibile la previsione che le tranche mezzanine di cartolarizzazioni unrated debbano essere ponderate al 100%, mentre le tranche BB+ al 150%. Per le operazioni di securitisation unrated con asset sottostanti non omogenei, alle quali sia applicabile l approccio look through, si propone che come riferimento per la ponderazione delle relative ABS venga preso il coefficiente di rischio previsto per la tipologia di attivo prevalente nel pool cartolarizzato o quello derivante dalla media ponderata dei pesi degli asset nello stesso; sarebbe infatti eccessivamente penalizzante l applicazione del coefficiente più elevato in considerazione del fatto che si potrebbe verificare il caso limite che per una sola posizione in default tutte le ABS senior dovrebbero essere ponderate al 150% Banca sponsor Per quanto riguarda le linee di liquidità utilizzate si riscontrano incertezze interpretative analoghe a quelle evidenziate con riferimento alla banca originator o servicer. Nel caso, inoltre, in cui la linea di liquidità non soddisfi i criteri fissati da Basilea e debba, quindi, essere considerata alla stregua di una esposizione creditoria, non sono specificati i criteri per il suo trattamento: ossia quando è richiesta l applicazione del principio del credit substitute e quando è invece previsto l obbligo della deduzione dal capitale. Quando poi la liquidity facility sia considerata alla stregua di un credit enhancement, il relativo requisito di capitale dovrebbe differenziarsi in relazione al fatto che la stessa sia a fronte di una first o second loss. 5.4 Valutazione delle operazioni di cartolarizzazione attraverso sistemi di Internal Rating Per coerenza con lo Standard approach sembra opportuno che, anche per l IRB Approach, la deduzione dal capitale dei credit enhacement forniti dalla banca originator debba essere limitata da un analogo cap pari al requisito patrimoniale calcolato secondo l IRB Approach - relativo al pool di attività sottostanti l operazione di cartolarizzazione. Con riferimento alle posizioni di rischio assunte dalla banca investrice nelle operazioni di cartolarizzazione, la stima di LGD pari al 100% appare troppo prudenziale se si considera che nel Foundation Approach è prevista una LGD massima del 75% per i prestiti subordinati senza specifica garanzia. Al riguardo si propone di utilizzare una scalettatura della LGD in relazione alla effettiva rischiosità dei crediti oggetto dell operazione di cartolarizzazione. Nell approccio Advanced è inoltre opportuno lasciare alla banca la possibilità di determinare autonomamente la percentuale di LGD. 5.5 Rischi impliciti e residuali Per quanto riguarda l asset securitisation appare eccessivo, e gravemente penalizzante per lo sviluppo di questa tecnica, l ipotesi di prevedere in futuro un ulteriore requisito minimo di capitale a fronte di rischi impliciti/residuali, anche in considerazione del fatto che il trattamento dei rischi 19

20 espliciti riguardanti le ABS risulta già meno favorevole rispetto a quello riservato ad altre tipologie di asset con rating equivalente. 6. RISCHIO OPERATIVO 6.1 Aspetti generali e definitori La volontà del Comitato di introdurre uno specifico requisito a fronte di questa terza categoria di rischi bancari rappresenta indubbiamente una delle principali novità nonché una delle aree che potrebbero, in misura rilevante, concorrere alla determinazione di un aumento dell ammontare complessivo di patrimonio a fini regolamentari richiesto al sistema bancario e finanziario internazionale 10. Pur riconoscendo l importanza di una attenta gestione del rischio operativo (RO), e nonostante la rapida evoluzione degli approcci metodologici per la quantificazione di tale rischio, si ritiene che l introduzione di un requisito sotto il 1 Pilastro necessiti della risoluzione di alcuni problemi definitori. A titolo di esempio, tracciare il confine tra le diverse tipologie di perdite dirette ed indirette, citate nella definizione del Comitato, appare molto problematico e può pregiudicare l omogeneità della determinazione degli impatti del Rischio operativo tra gli intermediari. In uno studio interbancario che l Associazione sta portando avanti in merito alla problematica dell implementazione, alimentazione ed utilizzo di basi dati sulle perdite operative 11 la scelta effettuata è stata quella di svincolarsi dalla definizione di perdite dirette ed indirette. Quale principale dominio della raccolta dati a livello di singola banca sono stati individuati gli eventi pregiudizievoli che abbiano comportato perdite effettive, ovvero oggettive e misurabili, in quanto è possibile rintracciarne l impatto sul conto economico 12. Il valore da registrare è il costo necessario per la risoluzione dell evento al netto di costi sostenuti in miglioramento dei controlli, in azioni preventive e in investimenti in nuovi sistemi, ma al lordo delle somme recuperate da assicurazioni. Le perdite effettive, il cui grado di oggettività ed uniformità tra le diverse banche è ritenuto accettabile, dovrebbero costituire nel medio periodo la base per la stima delle perdite attese ed inattese e quindi del requisito patrimoniale. Coerentemente, ai fini della segnalazione di dati nel data base DIPO (Database Italiano delle Perdite Operative), attualmente in fase di definizione, si è convenuto che dovranno essere segnalati dalle banche che aderiranno al consorzio esclusivamente gli eventi che abbiano comportato delle 10 Ciò prevalentemente in relazione all assunzione adottata dal Comitato di Basilea per cui tale requisito dovrebbe rappresentare il 20% del complessivo patrimonio di vigilanza. Tale ipotesi dovrebbe essere approfondita analizzando nuovamente i dati forniti da alcuni intermediari internazionali i quali, correttamente, nei modelli interni di allocazione del capitale economico hanno riversato sulla componente RO anche quote di capitale che nell ottica di vigilanza non dovrebbero rientrare nel requisito sul RO (ad esempio, business e strategic risk). Inoltre, le stime delle banche interpellate, fornite nella logica dei modelli interni, potrebbero riferirsi anche a componenti del RO quali gli eventuali errori contenuti nel modello di stima del Rischio di mercato che invece la AAVV, attraverso l ancora vigente fattore moltiplicativo rispetto alle stime interne, inglobano nel requisito minimo a fronte del Rischio di mercato. 11 Lo studio, redatto nell ambito di un apposito gruppo di lavoro, verrà a breve reso disponibile. 12 Quali, ad esempio ma non solo, le sopravvenienze passive. 20

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