2) RICERCA DI UNA TUTELA PREVENTIVA DEI LEGITTIMARI GRAZIE ALL'INTERVENTO DEL NOTAIO.

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1 La relazione che mi è stata affidata tratta di una tematica di notevole interesse pratico. La fattispecie di cui ci occuperemo risulta in particolare rappresentata dalla necessità di individuare quali forme di tutela sia possibile apprestare agli eredi-legittimari della persona fisica che voglia compiere delle liberalità a favore di enti non profit, così destinando ad essi attività facenti parti del suo patrimonio personale (beni immobili, beni mobili, liquidità risultanti da conti deposito o conti correnti, titoli di stato e obbligazioni, azioni, strumenti finanziari di qualsiasi tipo). 1) CENNI PRELIMINARI SULLA NORMATIVA DEDICATA AGLI ENTI NON PROFIT Riguardo questi ultimi enti vanno preliminarmente ricordati i vari vincoli che circondavano le acquisizioni liberali, tra vivi e mortis causa, a favore degli enti morali. La motivazione, legata alla necessità di evitare la manomorta, (vale a dire di evitare il consolidamento perpetuo delle proprietà immobiliari in capo agli enti benefici) ha avuto vita lunghissima: dal 5 giugno 1850 con la legge Siccardi (la n.1037) fino alla Bassanini bis, intervenuta quasi 150 anni dopo, il 15 maggio 1997 n.127. L'art. 17 del c.c., che impediva alle persone giuridiche (quindi fondazioni e associazioni riconosciute), non opportunamente autorizzate dall'autorità Governativa, l'acquisto di immobili (quindi anche a titolo oneroso!) l'accettazione di donazioni, eredità, il conseguimento di legati (di qualsiasi natura, e non solo immobiliari!), fu finalmente abrogato. Il passo non fu totale, perchè non furono, con quella novella, disciplinati i casi di acquisto delle associazioni non riconosciute. Gli articoli 600, il quarto comma dell'art.782 e l'art.786 del c.c. non furono oggetto di revisione. Fu necessario un ulteriore intervento legislativo. Con la legge 22 giugno 2000 n.192 si venne, così, a completare la soppressione del controllo governativo sugli acquisti delle persone giuridiche (escluse, ovviamente, le società commerciali), sulle fondazioni e sulle associazioni non riconosciute. In definitiva, oggi, l'evoluzione sociale ed economica ha portato ad una completa liberalizzazione degli acquisti in capo egli enti morali. 2) RICERCA DI UNA TUTELA PREVENTIVA DEI LEGITTIMARI GRAZIE ALL'INTERVENTO DEL NOTAIO. Venendo ora al punto nodale della presente relazione, la situazione che si verifica spesso in concreto è rappresentata dallo spiacevole inconveniente che, all'apertura della successione, le attribuzioni disposte a favore dell'ente non profit possano ledere le quote di legittima spettanti ai più stretti congiunti del disponente (vale a dire ex art. 563 c.c coniuge, figli legittimi o naturali o loro discendenti, ascendenti) Dal punto di vista della ricerca di una possibile tutela preventiva ed in ossequio alla funzione antiprocessualistica cui è ispirata l'attività notarile, la fattispecie in questione pone all'attenzione del notaio una problematica di grande rilievo pratico nel suo operare quotidiano, qualora sia richiesto di prestare la propria attività di consulenza di fronte ad

2 un eventuale cliente che richieda di destinare parte dei suoi beni ad un ente non profit: vale a dire la necessità di ricercare con il cliente una soluzione pratica che tenga possibilmente conto di un equo contemperamento fra l'interesse alla libera facoltà di disporre del cliente e l'interesse alla tutela della famiglia c.d. nucleare (vale a dire alla famiglia rappresentata dai più stretti congiunti) del cliente stesso. Ciò, perchè se è vero che il de cuius o il donante deve poter disporre delle proprie sostanze, tuttavia egli deve fare ciò, quantomeno consapevole della tutela che l'ordinamento appresta ai suoi prossimi congiunti legittimari La legge in altre parole prevede che a costoro vada comunque una quota dei beni lasciati dal defunto. Neppure la volontà del disponente è abilitata a porre nel nulla il diritto del legittimario ad ottenere la c.d. "porzione legittima". Per questo motivo il codice civile (artt. 553, 554, 555, 556, 557, 558, 559, 560, 561, 562, 563 e 564 cod. civ.) prevede una serie di disposizioni volte a proteggere gli interessi dei legittimari, compendiate nel titolo "Della reintegrazione della quota riservata ai legittimari". Così per individuare in concreto le singole quote di legittima e le corrispondenti quote disponibili previste dalla legge occorre distinguere varie ipotesi che si esaminano di seguito: - figli: in assenza di coniuge, se vi è un solo figlio, allo stesso è riservata la metà del patrimonio (quota disponibile= metà); in assenza di coniuge, se vi sono più figli, sono loro riservati i due terzi del patrimonio da dividersi in parti uguali (quota disponibile= un terzo); - coniuge: in assenza di figli e ascendenti, al coniuge è riservata la metà del patrimonio (quota disponibile= la metà); - concorso di coniuge e figli: nel caso di un solo figlio, ad esso è riservato un terzo del patrimonio (quota disponibile=un terzo). Nel caso in cui ci siano più figli, al coniuge è riservato un quarto del patrimonio, ai figli è riservata la metà del patrimonio, in parti uguali tra loro (quota disponibile=un quarto); - ascendenti: in assenza di figli e coniuge, agli ascendenti del defunto è riservato un terzo del patrimonio(quotadisponibile=dueterzi); - concorso tra ascendenti e coniuge: in assenza di figli ma con coniuge e ascendenti, al coniuge è riservata la metà del patrimonio mentre agli ascendenti è riservato un quarto del patrimonio (quota disponibile un quarto); Tutto ciò per giungere anche a dire che le attribuzioni liberali a favore di enti benefici sono strettamente legate all'esistenza ed al numero dei legittimari. Al riguardo va osservato come la quota massima che può essere lasciata ad un'associazione senza che vi sia lesione di legittima può variare da un quarto ai due terzi del patrimonio complessivo. Nel caso poi di assenza di eredi legittimari, invece, il lascito può essere dell'intiero patrimonio. E' infine importante ricordare che la quota di legittima non va calcolata sul valore del patrimonio del defunto al momento della morte (c.d. Relictum) bensì sul valore risultante dalla seguente operazione: valore del patrimonio valore dei debiti + valore delle donazioni in vita (alla data dell'apertura della successione) Ritornando alla complessa problematica della tutela preventiva dei legittimari molto dipende dalla volontà di chi dispone: a) se la volontà è nel senso di voler ledere consapevolmente la quota dei legittimari (si pensi a chi intende attribuire la totalità o quasi dei suoi beni ad un ente non profit), il notaio, richiesto di prestare la propria attività di consulenza, dovrà comunque rendere

3 edotto il cliente del rischio che una simile disposizione comporta, ossia il fatto che una simile disposizione possa essere impugnata in sede giudiziaria dai legittimari all'apertura della successione. Nonostante ciò, il notaio sarà tenuto comunque a ricevere il testamento poiché la lesione di legittima sarà accertabile solo all'apertura della successione e comunque non costituirà motivo di nullità del testamento stesso. b) se la volontà del disponente è invece quella di riservare sì all'ente non profit parte dei suoi beni ma, allo stesso tempo, di non ledere le quote dei legittimari, allora l'attività del notaio può assumere un rilievo più diretto nel ricercare con il cliente una soluzione adeguata alle sue volontà. In particolare una possibile strategia potrebbe esssere quella di consigliare al cliente di provvedere ad istituzioni di erede in quote ideali rispettose delle legittime -----> si pensi a Tizio, coniugato con un figlio, il quale vuole destinare parte dei suoi beni ad un ente no profit. In tal caso si potrà prevedere di istituire eredi i legittimari (coniuge e figlio) rispettivemnete nella quota ideale di un terzo ciascuno, riservando la restante parte disponibile all'ente non profit. Tuttavia anche attribuzioni a titolo universale in quote ideali non sono in grado di mettere totalmente al riparo da eventuali lesioni di legittima, qualora sopravvengano impreviste circostanze di natura soggettiva od oggettiva relative alla posizione del testatore, dopo la redazione del testamento. Si pensi all'ipotesi di natura soggettiva in cui soppravvengano altri legittimari (es. riconoscimento di figlio naturale non indicato in testamento o dichiarazione giudiziale di paternità naturale). Si pensi ancora all'ipotesi di natura oggettiva in cui il testatore abbia disposto in vita per donazione a favore di un ente non profit e, all'apertura della succesione, il patrimonnio ereditario abbia subito una modifica in senso peggiorativo della sua consistenza: in tal caso la disposizione donativa potrebbe ledere le quote di legittima, nonostante l'istituzione in quote ideali operata nel testamento. In definitiva, la mutevolezza delle circostanze inerente la posizione giuridica del disponente fino all'apertura della successione, impedisce di poter realizzare una tutela preventiva certa e definitiva dei soggetti legittimari; ciò tuttavia non significa che il notaio debba esimersi dal ricercare con il cliente una soluzione in grado di limitare il più possibile i rischi di lesione delle quote di legittima al momento dell'apertura della successione. Solo 3) LA TUTELA, SUCCESSIVA ALL'APERTURA DELLA SUCCESSIONE, APPRESTATA DALL'ORDINAMENTO AI LEGITTIMARI. Viceversa, dopo l'apertura della successione, la tutela che l'ordinamento appresta ai legittimari consente ad essi di ricevere ristoro dalla lesione subita e ciò si esplica in due forme 1) Quella giudiziaria per cui: Qualora un legittimario venga privato, in tutto o in parte, della sua quota di legittima, per effetto di una disposizione testamentaria e/o donazioni poste in essere in vita del defunto, esso può far valere il proprio diritto all'ottenimento dell'intera quota di legittima mediante un apposita azione giudiziaria: l'azione di riduzione, soggetta al termine di prescrizione di 10 anni. Infatti i legittimari che non hanno ricevuto nulla (legittimari pretermessi) o i legittimari che hanno ricevuto beni di valore inferiore a quello della quota di legittima (legittimari lesi) possono esperire la c.d. azione di riduzione. L'azione di riduzione va infatti proposta nei confronti dell'erede o del donatario che ha ricevuto beni in eccedenza.

4 La c.d. azione di riduzione, espressione con la quale viene per lo più riassuntivamente evocata questa tutela, può essere in effetti distinta in una triplice impugnativa, a seconda della fase e dei soggetti nei cui confronti viene attivata. A questo riguardo si può individuare l'azione di riduzione in senso stretto, l'azione di restituzione contro i beneficiari delle disposizioni ridotte e l'azione di restituzione promossa contro gli eventuali terzi subacquirenti (aventi causa dal soggetto beneficiato) La prima azione ha ad oggetto la disposizione liberale (la donazione, l'istituzione d'erede, il legato: il tutto secondo i principi di cui agli artt. 558 e 559 cod.civ., in base ai quali in primo luogo si riducono le disposizioni testamentarie, soltanto successivamente le donazioni, iniziando dall'ultima e risalendo a quelle anteriori) lesiva della quota di legittima. Essa, come tale, è volta a far dichiarare l'inefficacia (in tutto o in parte, in dipendenza della gravità della lesione) di dette disposizioni, in quanto eccedenti la quota disponibile. Il secondo rimedio è finalizzato, in esito al positivo esperimento dell'azione predetta, a far recuperare al legittimario le attività che si trovassero ancora nel patrimonio dei soggetti beneficiati. La terza azione, la cui esperibilità dipende dall'eventuale alienazione dei cespiti oggetto delle disposizioni lesive a terzi, ha parimenti finalità recuperatorie, rivolgendosi tuttavia nei confronti dei terzi subacquirenti aventi causa dal soggetto beneficiato. Così se il donatario ha, nel frattempo, alienato a terzi gli immobili donati, e non ha altri beni nel proprio patrimonio sui quali il legittimario leso possa soddisfare le proprie ragioni, quest'ultimo potrà chiedere ai terzi acquirenti la restituzione del bene a suo tempo donato: questa è appunto l'azione di restituzione. Quest'ultimo aspetto palesa la peculiare forza dell'azione di riduzione intesa in generale, valevole cioè anche al di fuori dell'ambito dei soggetti direttamente interessati dal fenomeno successorio e da un diretto legame con il de cuius. Va osservato come l'azione recuperatoria nei confronti del terzo sia subordinata alla situazione di incapienza del donatario. 2) Quella consensuale tramite l'intervento del notaio in funzione tipicamente antiprocessualistica volta a favorire il sorgere dei c.d accordi reintegrativi della legittima. E' infatti opinione diffusa in dottrina che l'art. 554 c.c. nella parte in cui stabilisce che le disposizioni testamentarie eccedenti la quota di cui il defunto poteva disporre sono soggette a riduzione, si riferisca non solo all'azione di riduzione ma, più in generale, ad ogni operazione con la quale si procede a ridurre quantitativamente i lasciti e/o le donazioni che eccedono il limite della disponibile. In altri termini sono considerati perfettamente legittimi gli accordi fra privati nei quali la riduzione si attua non a seguito della proposizione e dell'accoglimento di domande giudiziali, ma per volontà delle parti. In particolare l'accordo fra il soggetto beneficiato (ad esempio un ente no profit) ed il legittimario leso o pretermesso può assumere forme diverse; tuttavia è possibile distinguerne due tipi fondamentali. Può accadere che il beneficiato ed il legittimario convengano che il primo abbandoni la quota sui beni eccedente la quota disponibile ed il legittimario viene integralmente reintegrato nei propri diritti. In alternativa, può accadere che con l'accordo si voglia alterare non solo i diritti attribuiti al beneficiato ma anche quelli da attribuirsi al legittimario: si realizzano in altri termini reciproche concessioni tra le parti, che valgono a dare all'accordo carattere transattivo. L'ipotesi che qui interessa in particolar modo è quella in cui l'erede abbandona al legittimario leso o pretermesso il supplemento della quota o, rispetttivamente, la quota intera sui beni ereditari che a lui spetta per legge, o direttamente singoli beni per un

5 valore sufficiente ad integrare la legittima, sui quali si sia raggiunto un accordo. Si tratta in particolare di un negozio che comporta la reintegrazione completa dei diritti del legittimario la cui natura giuridica è stato oggeto di vive discussioni in dottrina Secondo una prima impostazione il negozio rientrerebbe nell'ambito della categoria dei negozi di accertamento: le parti intenderebbero eliminare retroattivamente una situazione di incertezza sul concreto assetto dei rapporti a seguito dell'intervenuta apertura della successione. Si tratta di una teoria che aderisce alla ricostruzione del negozio di accertamento come atto di natura meramente dichiarativa e presuppone l'accoglimento della tesi secondo la quale, fin dal momento dell'apertura della successione, al legittimario spetterebbero diritti sull'asse ereditario. In questo caso l'effetto traslativo non scaturisce dall'accordo, dal momento che i beni provengono direttamente dal de-cuius. Gli effetti di questa tesi sono quelli di considerare il legittimario erede e di fare retroagire tale qualità fino al momento di apertura della successione. Ma tale tesi può dirsi isolata poiché la dottrina prevalente esclude che il legittimario, al momento dell'apertura della successione, sia da considerarsi erede: se pretermesso, egli è del tutto estraneo all'eredità; se leso è erede solo limitatamente alla quota nella quale è stato istituito. Secondo una diversa ricostruzione teorica, l'accordo di reintegraziuone della legittima rientrerebbe sì nell'ambito del negozio di accertamento ma con la caratteristica di comportare anche il trasferimento di diritti (e dunque di produrre l'effetto traslativo) Tale teoria presuppone l'accoglimento della tesi che attribuisce al negozio di accertamento non solo mera efficacia dichiarativa ma anche efficacia traslativa. Tale teoria è criticata osservandosi che non pare possibile ricollegare al negozio di accertamento alcun effetto attributivo. Altra impostazione dottrinaria, partendo dall'esame di fattispecie normative volte ad arrestare o addirittura a prevenire il corso di un giudizio ( si pensi alla fattispecie di cui all'art. 767 c.c che consente al coerede contro cui è promossa l'azione di rescissione divisoria di troncarne il corso dando l'adeguato supplemento; all'art c.c che consente al contarente contro cui è stata domandata la rescissione per lesione di evitarla offrendo una modificazione del contratto sufficiente per ricondurla ad equità), individua nel negozio reintegrativo della legittima un negozio avente struttura unilaterale traslativa. Tuttavia una simile impostazione pare anch'essa criticabile dal momento che le fattispecie negoziali reintegrative della legittima presuppongono sempre l'esistenza di un accordo fra le parti. Tutt'al piu' si potrebbe forse pensare di inquadrare la fattispecie nell'ambito dei contratti atipici, vale a dire di quei contratti che, pur non avendo una disciplina particolare, sono comunque diretti a realizzare interessi meritevoli di tutela secondo l'ordinamento giuridico. In particolare si tratterebbe di un contratto volto a regolare in senso modificativo un rapporto giuridico patrimoniale derivante dall'apertura della successione. Inoltre, come già accennato, la reintegrazione dei diritti del legittimario leso o pretermesso può essere realizzata anche attraverso accordi che assumono natura giuridica transattiva. L'elemento che più di ogni altro differenzia l'accordo di reintegrazione a carattere transattivo è l'esistenza di reciproche concessioni poiché il legittimario opta per un soddisfacimento non integrale delle sue pretese. Si realizza dunque un sacrificio reciproco delle parti nell'attribuzione dei beni ereditari. Tale scarificio si realizza per il legittimario ottenendo quantitativamente beni, o una loro quota, inferiore a ciò che gli spetta; oppure ottenendo beni provenienti non dall'asse ereditario ma dal patrimonio

6 personale del beneficiato. L'accordo ha, nell 'ipotesi in esame, contenuto patrimoniale e si tratta di un negozio bilaterale inter vivos a mezzo del quale si finisce per porre fine ad una controversia, anche solo potenziale. In definitiva gli accordi in questione potrebbero rappresentare un utile strumento notarile in grado di evitare le eccessive lungaggini processuali che un giudizio di riduzione generalmente comporta. Si tratterebbe quindi di percorrere una strada stragiudiziale, da proporre ai propri clienti o ai legali che gli assistono, con sempre maggior frequenza qualora si fosse in presenza di situazioni lesive delle quote di legittima già accertate. 4) CONCLUSIONI Dalle osservazioni ora esposte risulta quindi evidente come la tematica della tutela dei soggetti eredi-legittimari in caso di disposizioni liberali a favore di enti no profit veda in primo piano la figura del notaio, il quale potrà utilmente intervenire per proporre adeguate soluzioni sia in fase anteriore che in fase successiva al momento di apertura della successione. Nel primo caso egli valuterà l'assetto patrimoniale del disponente tentando (ove la volontà del disponente stesso sia in tal senso) di provvedere ad istituire i legittimari eredi in quote ideali, rispettose delle loro legittime; nel secondo caso diverrà parte quantomai attiva nell'elaborare un'idonea struttura negoziale in grado di reintegrare le quote di legittima lese. Avv. Massimiliano Carnia

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