APPUNTI SUI CONCETTI DI EFFICIENZA

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1 APPUNTI SUI CONCETTI DI EFFICIENZA Tre grandi economisti hanno studiato efficienza e concorrenza 1 : Adam Smith, Cournot, Edgeworth Per Adam Smith sappiamo che la libertà individuale è fondamentale ma anche il numero di concorrenti è rilevante alla determinazione finale del prezzo in un mercato: If... capital is divided between two different grocers, their competition will tend to make both of them sell cheaper, than if it were in the hands of one only; and if it were divided among twenty, their competition would be just so much the greater, and the chance of their combining together in order to raise price, just so much the less (Smith 1976, pp.163-4). Il ruolo della concorrenza tuttavia va oltre la determinazione del prezzo di equilibrio ed estende all allocazione ottimale delle risorse nell economia, alla divisione del lavoro e allo sviluppo. Sottolinea ad esempio the competition of the producers who, in order to undersell one another, have recourse to new divisions of labour, and new improvements of art, which might never otherwise have been thought of. Monopoly... is a great enemy to good management which can never be universally established but in consequence of the free and universal competition which forces everybody to have recourse to it for the sake of self-defence (Smith 1976,p p ). Per Smith e i classici è l allocazione ottimale delle risorse, il concetto centrale di efficienza, più che altri concetti di efficienza (es produttiva o dinamica). Cournot (1838) analizza il comportamento del produttore che produce un bene omogeneo a quello del mercato prendendo come date le quote prodotte dai concorrenti e che massimizza il profitto. Dimostra che se aumenta il numero di concorrenti il prezzo di mercato diminuisce. Dimostra cosa succede in caso di concorrenza illimitata, cioè quando nessun venditore ha un effetto apprezzabile sul mercato. Modello precursore di quello che sarà ipotizzato nel modello della concorrenza perfetta. Edgeworth ipotizza che vi sia libertà di contrattare e ricontrattare, che vi sia una libera comunicazione tra gli agenti nel mercato, e che vi sia una completa divisibilità dei beni. Nel caso di due agenti (vedi scatola di E.) il risultato degli scambi porta però ad una indeterminatezza del punto di equilibrio (il CORE è un insieme di allocazioni, non una sola allocazione). E. però riesce a dimostrare che al crescere del numero di agenti l indeterminatezza diminuisce per svanire del tutto; altri mostreranno che il risultato finale quando il numero di agenti tende a infinito coincide con il risultato concorrenziale, quello cioè che si sarebbe ottenuto nell ipotesi di un comportamento passivo di price-taker da parte degli agenti. Nota: sia E che C non assumono che gli agenti siano price-takers e non usano questo comportamento per definire il loro concetto di concorrenza. 1 Vickers (1995) 1

2 Solo più tardi, in seguito ad altri studi caratterizzeranno il mercato di concorrenza perfetta in termini analitici come situazione/stato particolare e deriveranno l equilibrio economico generale. 1. LA SCATOLA DI EDGEWORTH E L EFFICIENZA ALLOCATIVA Fig.1 B Individuo 2 (Impresa 2) Dotazione totale di Bene 2 (x 2 )=OB OA dotazione di x 2 all individuo 1. AB dotazione di x 2 all individuo 2 A M Curva dei contratti CORE individuo1 (impresa 1) O C Dotazione totale di Bene 1 (x 1 ) = OD OC dotazione di x 1 all individuo 1. CD dotazione di x 1 all individuo 2. D Nota: nel caso la scatola rappresenta il lato della produzione, gli assi misurano la dotazione di input produttivi: lavoro e capitale. Le curve di indifferenza sono sostituite da isoquanti Pendenza della curva di indifferenza: saggio marginale di sostituzione La curva dei contratti individua tutti i punti Pareto efficienti Il CORE individua i punti Pareto efficienti per data distribuzione iniziale delle risorse Lungo la curva dei contratti (definita dal luogo dei punti in cui le curve di indifferenza sono tangenti) i sms sono uguali. Per analogia, i risultati ottenuti per un economia di produzione valgono anche per un economia di produzione: Pendenza della curva dell isoquanto: saggio marginale di sostituzione tecnica Il CORE individua i punti Pareto efficienti per data distribuzione iniziale degli input produttivi risorse Lungo la curva dei contratti (definita dal luogo dei punti in cui gli isoquanti sono tangenti) i smst sono uguali. Pendenza della curva di indifferenza e dell isoquanto 2

3 Fig. 2 x 2 Curva di indifferenza = u x1, x2 ( ) U U = Pendenza della curva di indifferenza in un punto u x1 u x 2 = sms x 1 La pendenza della curva di indifferenza è data da: Troviamo il differenziale di, = + =0 + =0 = La pendenza della curva di indifferenza in un punto è quindi uguale al rapporto tra le utilità marginali, cioè è pari al saggio marginale di sostituzione (sms). Siccome la curva dei contratti è definita dal luogo dei punti di tangenza tra le curve di indifferenza di due consumatori, lungo la curva dei contratti i sms dei due individui sono tra loro uguali. Analogamente, nel caso di due produttori, la pendenza dell isoquanto è data da: Troviamo il differenziale di,= + =0 + =0 3

4 = La pendenza dell isoquanto è quindi uguale al rapporto tra le produttività marginali, cioè il saggio marginale di sostituzione tecnica (smst). Siccome lungo la curva dei contratti la pendenza degli isoquanti di due imprese è uguale, i punti sulla curva dei contratti soddisfano la condizione di uguaglianza tra i smst. Fig. 3 k Isoquanto ( l k) X X = f, = Pendenza dell isoquanto in un punto f l f k = smst l La distribuzione degli input di lavoro (k e l) tra le due imprese darà luogo ad un determinato livello di produzione dei due beni (x1 e x2) prodotti dalle due imprese. La produzione ottimale dei due beni corrispondente ad ogni livello della curva dei contratti delle due imprese, è rappresentabile quindi nel piano cartesiano x1, x2. La curva dei contratti relativa all efficienza nella produzione disegnata nel piano cartesiano dei beni prodotti e dà luogo alla curva della produzioni possibili o curva di trasformazione. Questa curva è inclinata negativamente perché per produrre una unità in più di x1, ad esempio, bisogna riallocare i fattori della produzione dalla produzione di x2 alla produzione di x1; ne discende che la quantità prodotta di x2 diminuirà. In ogni punto la curva di trasformazione indica quindi il tasso di riallocazione tra gli input produttivi. 4

5 Fig.4 x 2 B E Curva delle produzioni possibili o curva di trasfromazione O D x 1 Scambiando i fattori produttivi fino ad un livello ottimale si è raggiunta una produzione di equilibrio rappresentata dal punto E (Figura 1), cioè la la distribuzione ottimale degli input tra le due imprese ha dato luogo ad una produzione del bene x1 pari complessivamente a OD e ad una produzione del bene 2 pari a OB. Questi beni prodotti rappresentano le risorse complessive che saranno disponibili ai due individui (consumatori) sotto forma di dotazione iniziale. Pertanto è possibile a questo punto, e utile, riprodurre nello stesso disegno la scatola di Edgeworth dei due individui per studiare congiuntamente l equilibrio nella produzione e l equilibrio nel consumo. Questo è stato fatto nella figura 5 Fig. 5 5

6 x 2 B E Curva di trasformazione e scatola di E. O D x 1 Da cosa è data la pendenza della curva di trasformazione? La pendenza della curva di trasformazione indica di quanto aumenta la produzione di un bene rinunciando alla produzione di un unità dell altro. Nello specifico, chiediamoci di quanto aumenta la produzione del bene 2 rinunciando ad una unità di produzione del bene 1? Supponiamo che questo riposizionamento delle produzioni avvenga riallocando il fattore lavoro dall impresa 1 all impresa 2. Complessivamente quindi vogliamo trovare: dx2 denominato: saggio marginale di trasformazione (SMT) dx1 Ipotizziamo, nello specifico, che l impresa 1 produca il bene 1 e l impresa 2 il bene 2; indichiamo con il pedice 2 la seconda impresa e con il pedice 1 la prima impresa. Le funzioni di produzione delle due imprese sono quindi le seguenti: =, =, Supponiamo, ad esempio, di riallocare il fattore lavoro, cioè spostiamo dl unità di lavoro dall impresa 1 all impresa 2. Calcolando il differenziale di ogni funzione di produzione e considerando solo una riallocazione del f lavoro (quindi dk=0), otteniamo: 2 f dx2 = dl2 e dx 1 1 = dl1 l2 l1 Inoltre, per come abbiamo impostato il problema dl2 = dl1. Quindi dx dx 2 1 f l = f l 1 6

7 Quindi, la pendenza della curva di trasformazione in un punto è parti al rapporto tra la produttività marginale del lavoro nelle due imprese o, il che è equivalente, dal rapporto tra le produttività marginali del capitale nelle due imprese. 7

8 EQUILIBRIO ECONOMICO GENERALE Rimane quindi da dimostrare che le condizioni che soddisfa il punto E (la scelta delle imprese) sono le stesse che soddisfano la scelte dei consumatori. Sostanzialmente dobbiamo dimostrare che la pendenza della curva di trasformazione in E è la stessa dei sms. Si dimpostra che questa condizione è soddisfatta in concorrenza perfetta. In concorrenza perfetta esiste un solo vettore dei prezzi uguale per tutti i consumatori e per tutte le imprese. Inoltre si ipotizza che i mkt siano completi (per ogni bene esiste un mercato e quindi un prezzo) CONSUMATORE maxu ( x, x ) 1 s. v. y = p 1 2 x 1 + p 2 x 2 La massimizzazione vincolata si risolve definendo il seguente Lagrangeano: ( x x ) + ( y p x p ) L = U λ 1, x 2 Dalle condizioni del primo ordine si ottiene: U x 1) 1 p = 1 U p2 x 2 IMPRESA minc = wl + rk s. v. x = f ( l, k) La minimizzazione vincolata si risolve definendo il seguente Lagrangeano: ( x f ( l k )) L = wl + rk + λ, Dalle condizioni del primo ordine si ottiene: 2) f l f k = w r (Nota: si giunge allo stesso risultato risolvendo il problema duale, vale a dire la massimizzazione del profitto da parte dell impresa ) Quindi in concorrenza perfetta: - i sms sono uguali, essendo il vettore di prezzi uguale per tutti i consumatori vale l efficienza nel consumo; 8

9 - i smst sono uguali, essendo il vettore dei prezzi degli input uguale per tutte le imprese vale l efficienza nella produzione; Vorremmo ora verificare se in concorrenza perfetta l efficienza paretiana è generale, cioè vale contemporaneamente sia dal lato della produzione che dal lato del consumo. Per far questo dobbiamo dimostrare che le due condizioni di efficienza che abbiamo trovato (le relazioni (1) e (2) ) valgono contemporaneamente. A tale scopo rappresentiamo innanzitutto la soluzione di equilibrio delle imprese, che abbiamo visto è la curva dei contratti nella scatola di Edgeworth in cui gli assi misurano gli input produttivi capitale e lavoro, in un piano in cui gli assi misurano le quantità di beni prodotti dalle due imprese in corrispondenza alle soluzioni Pareto ottimali. Utilizziamo cioè la curva di trasformazione che ci permette di confrontare la soluzione nella produzione con la soluzione nel consumo. Ricordando che in concorrenza perfetta la produttività marginale dei fattori è uguale al costo marginale possiamo scrivere (in valore assoluto): f 2 w dx2 l2 p2 p1 = = = dx f 1 1 w p2 l1 p1 Il SMT=sms Pertanto l efficienza nella produzione soddisfa la condizione necessaria per l efficienza nel consumo. In concorrenza perfetta quindi valgono quindi le condizioni per l efficienza paretiana generale. (Nota: lo stesso risultato si ottiene se le imprese riallocano il capitale piuttosto che il lavoro, prova a verificarlo!) Sotto le condizioni ipotizzate (funzioni di indifferenza e isoquanti convessi) l equilibrio di concorrenza perfetta è un ottimo paretiano (primo teorema fondamentale dell economia del benessere) La concorrenza perfetta da luogo ad efficienza allocativa. 9

10 2. EFFICIENZA PRODUTTIVA (TECNICA e ECONOMICA) 2 Efficienza produttiva è un concetto in un certo senso più pratico, legato alla modalità di produzione dell impresa. Si parla di impresa più o meno produttiva e di impresa più o meno efficiente. Cosa si intende? Produttività di un impresa (di un unità produttiva, di uno stabilimento) è il rapporto tra output e input. Se vi sono più input e più output, la produttività è data dal rapporto tra output aggregati e input aggregati. La produttività varia in base alla tecnologia usata, all efficienza del processo produttivo e al contesto in cui avviene la produzione. Consideriamo l efficienza del processo produttivo. E definita dal rapporto tra il valore ottimale e il valore osservato e di output e input : - rapporto tra input minimi e input osservati richiesti per produrre un dato output. - rapporto tra output osservato e output potenziale max ottenibile dati gli input In questo caso l efficienza che si rileva è efficienza tecnica. L efficienza è invece definita economica se confrontiamo il risultato osservato e il valore ottimo dell obiettivo prefissato (es: profitto, fatturato, costi..) EFFICIENZA PRODUTTIVA: DEFINIZIONI E MISURE. Due dimensioni. Dimensione tecnica: capacità di evitare sprechi producendo tanto output quanto permesso dagli input o usare la minima quantità di input che consenta la produzione. Dimensione allocativa si riferisce invece alla capacità di combinare input e output in proporzioni ottime alla luce dei prezzi vigenti. Definizione (Koopmans (1951)) di efficienza tecnica: Una produzione è efficiente tecnicamente se l aumento in uno degli output richiede una riduzione di almeno un altro output o l aumento di almeno un input. Quindi un produttore è inefficiente se potrebbe produrre la stessa quantità di output utilizzando almeno un input in minor quantità o se potrebbe usare la stessa quantità di input per produrre almeno un output in quantità maggiore. Misura di efficienza tecnica: Debreu (1951) e Farrell (1957) (DF) DF= 1 - massima riduzione equiproporzionale di tutti gli input che permette di continuare una data produzione. Se qs misura è 1 si ha efficienza tecnica perché non vi è altra riduzione equiproporzionale degli input sostenibile con la produzione. Se la misura è minore di 1 vi è inefficienza e la misura indica la gravità dell inefficienza. Nota: lo stesso concetto può essere applicato analogamente in termini di output, vale a dire, vi è efficienza se lo stesso insieme di input non consente di produrre una maggiore quantità di output. Graficamente: 2 Lovell(1992) 10

11 Fig. 6 K B C A D Y o O L B, A, C e D sono punti caratterizzati da diverse composizioni di input K e L che danno tutti luogo ad un livello di output Y 0. X B, X A, X C, X D sono i vettori degli input nei vari casi I raggi dall origine indicano la proporzione con cui nei diversi casi sono utilizzati gli input. Ad esempio, se il raggio OA ha pendenza pari a α, in A avremo K A =αl A. Nota che la proporzione di utilizzo dei fattori è la stessa di A per tutti i vettori di input che si trovano lungo il raggio AD. Quindi la propozione di A è uguale in D mentre la propozione è diversa in B e C in cui K/L è maggiore. L isoquanto indica le composizioni (i vettori) degli input in quantità minima suffiente alla produzione. La definizione di efficienza tecnica di Debreu-Farrell è quindi la distanza dall isoquanto. In B è misura di efficienza tecnica è quindi: efficienza tecnica in B: OC/OB<1, efficienza tecnica in C: OC/OC=1, efficienza tecnica in D: OD/OD=1, efficienza tecnica in A: OD/OA<1, Se il vettore di input in B è X B, in C potremo indicarlo con λ Β X B dove λ Β, 0<λ Β <1, cioè gli input saranno nelle stesse proporzioni ma ognuno in quantità inferiore. Analogamente, in D e in A avremo: λ Α X A, X A. Quindi possiamo misurare l inefficienza tecnica anche come rapporto tra l input ottimale e quello osservato: 11

12 λ Α X A,/X A e λ Β X B / X B. Caso particolare: la misura Debreu-Farrell è 1, ma la produzione non è efficiente. Fig. 7 K B C F A D O In B l efficienza tecnica è OC/OB<1. In C la misura D-F di efficienza tecnica è 1, quindi non rileva inefficienza (individua infatti il minor utilizzo di fattori, data la proporzione di fattori in B). Tuttavia C non è efficiente perché, dato L, K potrebbe essere ulteriormente ridotto, fino in F, mantenendo invariato l output. In C vi è quindi uno spreco di risorse (slack) Nota: questo problema non si evidenzia se utilizziamo funzioni di produzione strettamente concave, come la Codd-Douglas. Se passiamo alla misura dell efficienza economica, dobbiamo innanzitutto definire l obiettivo. Se questo supponiamo che sia la minimizzazione del costo, allora vanno considerati anche l prezzi dei fattori. Nel nostro caso sia r il costo del capitale e w il costo del lavoro. Indichiamo con W il vettore{r,w} dei prezzi dei fattori. L 12

13 Fig. 8 K B C G E C B O C E C C Pendenza = - w/r L Il rapporto tra i prezzi dei fattori è la pendenza della linea del costo e individua in tal modo la combinazione dei fattori che, nell isoquanto, minimizza il costo totale. Nel nostro caso è E. Avendo posto come obiettivo la minimizzazione del costo, una misura di efficienza economica è l efficienza nei costi. Tale misura è definita dal rapporto tra il costo minimo e il costo osservato. Nel caso del punto B, ad esempio, il costo associato è C B =W X B, dove W è il vettore trasposto dei prezzi degli input. Il costo minimo è C E = W X E Misura di efficienza di costo è: W X E /W X B. La misura di efficienza nei costi è compresa tra 0 e 1. L efficienza allocativa è raggiunta quando si ha sia efficienza tecnica che efficienza nei costi. Possiamo quindi esprimerla come il rapporto tra la misura di efficienza di costo e la misura di efficienza tecnica. Nel caso di B: (W X E /W X B. )/(λ B X B /X B ) = (W X E )/(W λ B X B ). Anche questa misura di efficienza allocativa è compresa tra 0 e 1, come l due misure da cui è ricavata. Possiamo anche esprimere l efficienza di costo come: OG/OB. L efficienza allocativa è quindi data da: (OG/OB) /(OC/OB)=OG/OC. Complessivamente, si individuano due componenti dell efficienza allocativa: efficienza tecnica ed efficienza di costo (o efficienza economica). 13

14 In altri termini l inefficienza totale (che possiamo misurare in termini di maggior costo) è composta da due componenti: C B -C E =(C B -C C ) + (C C -C E ) In una situazione più generale (vedi fugura) in cui l inefficienza totale dipende anche dallo spreco, slack, cioè di uno spreco di un fattore in eccesso, avremo tre componenti. Fig. 9 K B C F G E O L Vi sono dei problemi pratici nella misura dell efficienza legati a tre problemi: 1. Quanti e quali input e output considerare? 2. Come pesarli 3. Come determinare il potenziale In genere, come vedremo, è possibile usare i prezzi di mercato come misura dell utilità/della rilevanza di ogni input o output da includere nella misura di efficienza. Tuttavia è possibile che qualche input o output rilevante venga escluso perché non si hanno informazioni sulle loro quantità o perché non esistono i prezzi o se esistono non rispecchiano l importanza del bene/input, o perché non sono osservabili (o non si considerino dei vincoli importante). In tal caso il rischio è di verificare la presenza di inefficienze quando in realtà non ve ne sono (o perché sono dovute, ad esempio, ai vincoli esistenti o perché le informazioni non rilevanzo dei sussidi (Stigler, 1976). (es: i prodotti collaterali es: scorie, inquinamento di qualche produzione. I servizi statali/sussidi). Teoricamente, in un contesto concorrenziale con piena informazione non si dovrebbero creare inefficienze. L impresa neoclassica, è sempre nel punto E. 14

15 Fonti di inefficienza: L inefficienza tecnica può essere presente quando non ci si adegua alle nuove tecnologie o quando le stesse non sono opportunamente utilizzate o sfruttate. Efficienza tecnica è in genere ricondotta a elementi sotto il controllo del produttore (la qualità del management.) L inefficienza potrebbe essere semplicemente dovuta all incapacità di misurare in maniera accurata le variabili e/o di descrivere gli obiettivi correttamente In generale le fonti di inefficienza possono essere: grado di concorrenza/regolamentazione Ad esempio, la teoria ci dice che in un contesto concorrenziale la sopravvivenza delle imprese dipende dall efficienza produttiva e che il ruolo dell eff produttiva diminuisce via via che la concorrenza diminuisce. Hicks (1935) esprime bene questo concetto: producers possessing market power are likely to exploit their advantage much more by not bothering to get very near the position of maximum profits, then by straining themselves to get very close to it. The best of all monopoly profits is a quite life Alchian e Kessel (1962) hanno quindi proposto di sostituire l hp restrittiva di max profitto con una ipotesi di max utilità a cui dovrebbero essere ugualmente interessati monopolisti e i produttori in concorrenza. La differenza nell efficienza osservata è quindi spiegata dalla scelta del prodotto (osservabile) per i concorrenti mentre i monopolisti scelgono più tempo libero (slack) (non osservato). Alchian e Kessel offrono una spiegazione alternativa alla minore efficienza del monopolista. I monopoli sono regolamentati e quindi vincolati nel perseguimento dell efficienza o sono non regolamentati ma minacciati dalla regolamentazione e quindi comunque vincolati. Quindi i monopoli potrebbero essere in grado di essere più produttivi ma scelgono l inefficienza perché regolamentati (o il diritto di proprietà sul profitto lo riduce) Quindi la concorrenza aumenta l efficienza o perché forza l unità produttiva a concentrarsi su attività che generano profitti osservabili a spese della quite life o perché libera i produttori da vincoli effettivi o potenziali. controllo societario Società private vs pubbliche; chi controlla l impresa? Efficienza allocativa dipende dalla differenza tra i prezzi previsti e quello realizzati. Le situazioni di incertezza portano quindi ad inefficienza allocativa 15

16 3. INEFFICIENZA X: perché le imprese non minimizzano i costi? Una visione non neoclassica Leibenstein ( Allocative efficiency versus X efficiency, AER 1966) ha introdotto il concetto di inefficienza X con riferimento alla mancata minimizzazione dei costi da parte delle imprese. La teoria neoclassica, proprio perché presuppone che le imprese si trovino sulla curva di minimizzazione dei costi o massimizzazione dei profitti, esclude a priori questo tipo di inefficienza. Fatti non coerenti con la teoria neoclassica L osservazione di alcuni fatti non coerenti con la stessa infatti corroborano la presenza di inefficienza X. 1. In molti casi le imprese sono in grado di aumentare l output apportando dei cambiamenti organizzativi interni abbastanza semplici 2. Secondo varie informazioni le imprese non operano secondo i principi dell analisi marginalista (es. utilizzano la regola del costo pieno) 3. I tassi di crescita dei paesi industrializzati dipendono da fattori ulteriori al capitale fisico e al lavoro fisico. Vediamoli di seguito: 1. Esistenza di sacche di inefficienza a livello di impresa La teoria neoclassica prevede che le imprese: a. massimizzino l output, dati gli input e la tecnologia b. minimizzino i costi degli input il costo totale, dato il livello di output che desiderano produrre. Nel caso a) si trovano lungo la curva di produzione, nel caso b) si trovano nel punto di minimo dei costi. Fig. 10 Y* A C Cme Cme C A Y* 16

17 In realtà dati micro raccolti a partire dagli anni 60 confermano che con la stessa quantità di inputs la produttività aumenta sostanzialmente se si modifica: l organizzazione dei fattori, l ambiente in cui operano, metodo di pagamento dei lavoratori, le condizioni di lavoro, la motivazione ecc L organizzazione è qualcosa più della somma degli individui che gestiscono, pianificano, coordinano, amministrano, supervisionano ecc L organizzazione dei fattori riflette queste funzioni, è una aggregazione integrata di queste funzioni (Harbison, 1956) 2. Le imprese non seguono la regola di uguaglianza RMg=CMg. Secondo Hall e Hitch (1939) le imprese, intervistate, dicono di seguire la regola del costo pieno (ricarico sui costi medi). In questo caso le imprese stimano il costo medio totale e applicano a questo un margine per il profitto. Quindi può succedere solo accidentalmente che il profitto sia massimizzato. Fig.11 prezzo Cmg Possibili mark up nel caso si applichi la formula del costo pieno Cme Quindi il prezzo applicando la regola del costo pieno è normalmente diverso da quello determinato dalla massimizzazione del profitto. 3) Si individua a livello macro il cosiddetto residuo di Solow Dati macro: Solow (1957) pubblica il suo studio sulla funzione di produzione aggregata per il settore privato non agricolo USA, periodo Risultati: a) Elasticità dell output al lavoro= 0.65 b) Elasticità dell output al capitale fisico= 0.35 c) cambiamento tecnologico determina un aumento pari a 1.5% dell output all anno. Cosa intende Solow per cambiamento tecnologico? ogni possibile spostamento verso l alto della funzione di produzione, vale a dire tutti i fattori che influenzano la produzione diversi dagli input tradizionali di K e L. Quindi: il livello di istruzione, il pt, ma anche le modalità organizzative Le motivazioni dell inefficienza X Quali sono i fattori che secondo L determinano questa inefficienza? (non in ordine di importanza) 17

18 1. La funzione di produzione non è conosciuta perfettamente. Pur conoscendo la quantità di input rimane un elemento sperimentale. Quindi non è preciso quale livello di output fissare nella minimizzazione dei costi (isoquanto), o non so, fissato il costo, quale sia il livello di output da massimizzabile Fig Le imprese possono imitarsi piuttosto che competere. 3. Nelle imprese reali i contratti che definiscono le relazioni di lavoro sono inevitabilmente incompleti. Ne risulta che i lavoratori hanno una certa discrezione (arbitrio) sul modo con cui svolgono il proprio lavoro il livello di sforzo è discrezionale Lo sforzo è discrezionale e difficile da monitorare. Inoltre lo sforzo è determinato anche dal gruppo in cui gli individui si trovano e dall ambiente in cui lavorano. Siccome la supervisione è imperfetta, i supervisori godono a loro volta di una certa discrezione nello svolgimento del loro lavoro, e siccome il lavoro implica disutilità, i dipendenti non svolgeranno il loro lavoro con la massima efficienza quindi non minimizzeranno i costi. Le operazioni dell impresa quindi saranno, in una certa misura, inefficienti. Da questa ipotesi di L. nascerà, negli anni ottanta la teoria dei salari di efficienza. Si tratta di modelli accumunati dalla considerazione che lo sforzo dei lavoratori è discrezionale e non perfettamente monitorabile dall impresa. Il questi modelli il meccanismo che induce il maggior sforzo è ricercato dalle imprese nel livello del salario; tipicamente si giungerà a fissare un livello di salario maggiore di quello concorrenziale, ciò indurrà un maggiore sforzo che determinerà maggiore produttività e ricompenserà le imprese del maggiore costo. Modelli più complessi massimizzano il profitto sotto il vincolo che la funzione di utilità del lavoratore non sia minore di un livello minimo prefissato. Questa impostazione, se va nella direzione di tenere in considerazione gli obiettivi dei diversi soggetti che compongono l impresa, non risolve comunque il problema della discrezionalità dello sforzo perché i contratti di lavoro rimangono incompleti ( da cui problema degli incentivi e della delega). 4. Conflitto di interessi tra imprese e manager sforzo di nuovo discrezionale. Questa discrezione può portare anche ad inefficienze maggiori di quelle legate alla discrezionalità dello sforzo/impegno dei lavoratori. Infatti la diversa determinazione nella soluzione di un problema, che sia, ad esempio, 18

19 la ricerca di un finanziamento o un problema nella produzione, genera costi ulteriori se gli input non sono facilmente accessibili, NOTA: Altri autori hanno guardato dentro la black box dell impresa mettendo in evidenza elementi che non sono considerati dall impostazione neoclassica. Tra questi autori: Baumol (le imprese oligopoliste massimizzano le vendite, dato un minimo livello di profitto) Marris (i manager massimizzano la loro utilità che dipende dalla crescita dell impresa e dalla probabilità di mantenere il posto di lavoro) Williamson (i manager massimizzano la loro utilità che dipende anche dal personale che possono gestire). Già nel 1943 Tibor Scitovsky aveva anticipato questi studi: nel modello di S l utilità del manager dipende dal tempo libero e dal reddito (profitto). S. mostra che la max del profitto e la max dell utilità del manager sono compatibili solo se il sms tra profitto e tempo libero è zero, cioè se le preferenze del manager sono di un certo tipo Fig.13 profitto Profitto massimo Questo profitto coincide con la scelta del manager solo se il sms tra profitto e inattività è zero., cioè se riducendo il profitto l utilità si riduce indipendentemente da ciò che accade all inattività Profitto ottenibile se nella funzione di utilità dei manager inattività (tempo libero) e profitto sono sostituibili Slack=inattività=tempo libero Efficienza X vs efficienza allocativa Il contributo di L è diverso da quello di altri autori che hanno indagato sul funzionamento dell impresa; L non specifica una funzione di utilità particolare (dei lavoratori e del manager) ma si pone al di fuori dell impostazione tradizionale. Secondo L non è sufficiente ridefinire la funzione di utilità (dei manager e dei lavoratori) e/o ridefinire i vincoli e continuare poi con l idea della max vincolata (come sostenuto da Stigler). L inefficienza X deriva dal fatto che gli individui che compongono l impresa hanno comunque la libertà di scegliere tra diversi comportamenti non sempre massimizzanti, per l impresa. Ad esempio, il risultato finale dello svolgimento di un compito dipende da vari fattori: - Le attività che l individuo sceglie per completare il suo lavoro - Il ritmo di lavoro - La qualità o la cura che pone nel lavoro - I tempi (la scelta delle pause) Alla fine lo sforzo non è necessariamente quello che minimizza i costi 19

20 Quali fattori possono incidere sul comportamento? La pressione interna o soggettiva a conformare o meno il comportamento ( livello di sforzo) a norme, convenzioni la pressione esterna, quella che deriva, ad esempio, dal grado di concorrenza del mercato. Secondo la mancanza di concorrenza (o un minor grado di concorrenza) genera delle perdite di benessere all interno dell impresa (l inefficienza X) che superano di gran lunga le perdite di benessere che la stessa mancanza di concorrenza genera tra le imprese (l inefficienza allocativa). Importanza della relazione: pressione sforzo performance TABELLA RIASSUNTIVA Componenti X Efficiency Teoria Neoclassica Psicologica Razionalità selettiva (grado di deviazione dalla Massimizzazione o minimizzazione massimizzazione; decisioni individuali che dipendono dalla pressione interna ed esterna) Unità decisionale Individui Impresa e famiglie Sforzo (effort) Variabile discrezionale Assunto dato Contratti Incompleti (è specificato il Completi pagamento ma non il lavoro) Agente e principale Hanno diversi obiettivi e Identità di obiettivi e interessi interessi Resistenza al cambiamento Variabile chiave Nessuna resistenza Da Leibenstein (1979) NOTA: la diversità tra il concetto di efficienza tecnica e il concetto di efficienza X non è tanto nel risultato ma nei presupposti e ipotesi alla base del modello. Critica al concetto di ineffcienza x Stigler (1976) ha criticato la teoria dell x-inefficiency. Il suo ragionamento si basa sulla considerazione che nel mondo reale è costoso fare rispettare i contratti. Quindi sarà efficiente monitorare la performance dei dipendenti finché il valore per l impresa di un aumento marginale dell efficienza eguaglia il costo marginale dovuto all aumento nello sforzo di controllo/supervisione. Secondo Stigler, quindi, se ci sono dei costi di supervisione, è illogico denominare la differenza tra il livello di efficienza che si otterrebbe senza costi di monitoraggio e l efficienza che si ottiene in presenza di questi costi, nel mondo reale, come inefficienza In generale, la critica principale rivolta alla teoria dell inefficienza X sta nel fatto che una impostazione neoclassica allargata, in cui le funzioni di utilità e i vincoli siano opportunamente specificati tenendo conto dei diversi obiettivi dei singoli che partecipano all impresa, è in grado di ricomprendere, al proprio interno anche l inefficienza X. 20

21 4. EFFICIENZA DINAMICA Con efficienza dinamica intendiamo la capacità innovativa del sistema economico. Perché è importante l efficienza dinamica? Quali benefici comporta? Per misurare il beneficio dell innovazione devono essere considerati i costi di ricerche fallite e i profitti persi sui prodotti che l impresa non produrrà più. A livello sociale nel computo del guadagno netto della R&S vanno considerati i mancati profitti di tutte le imprese i cui prodotti saranno sostituiti. Inoltre nei guadagni vanno considerati anche innovazioni incrementali, cioè quelle innovazioni che si hanno a seguito di quella iniziale. Considerate queste qualificazioni, i dati complessivamente suggeriscono che il rendimento sociale e privato di investimenti in R&S è molto maggiore di quello in altri investimenti convenzionali. Se ne deduce quindi che gli investimenti in R&S sono sottodimensionati, vi è sottoinvestimento rispetto al livello socialmente ottimo. Da cosa dipende la R&S? In particolare, possiamo affermare che la concorrenza perfetta è in grado non solo di raggiungere l efficienza allocativa ma anche l efficienza dinamica? Domanda: Chi ha più incentivo ad innovare, un impresa concorrenziale o un impresa monopolista? Grafico: quanto guadagna da una innovazione che riduce il costo di produzione una impresa monopolista rispetto ad una impresa concorrenziale? Fig. 14 P A B Il costo marginale diminuisce Qm Qc Q Impresa concorrenziale avrebbe maggior incentivo! Il monopolista è disincentivato dalla presenza di profitti prima dell innovazione mentre in concorrenza i profitti prima dell innovazione sono nulli (effetto rimpiazzo) Questa infatti è anche l idea di Schumpeter (S (I)) espressa in Teoria dello Sviluppo Economico (1934). Secondo S (I) è la nuova impresa che, di regola, è il veicolo dell innovazione ( non sono i proprietari di carrozze che costruiscono le ferrovie ) (leggi) 21

22 Che cosa tuttavia può impedire all impresa concorrenziale di innovare più dell impresa monopolista? Risorse necessarie per R&S. Le asimmetrie informative tra impresa concorrenziale innovatrice e finanziatore riducono la possibilità di recuperare fondi sul mercato Questa è anche l opinione che Schumpeter (S (II)) esprime in Capitalismo, Socialismo e Democrazia (1943). Secondo S (II) invece sono le imprese esistenti responsabili del progresso tecnologico. Inoltre, considerata la perdita di benessere sociale dovuto alla non ottimale allocazione statica, l effetto complessivo delle innovazioni, veicolate proprio dal potere di mercato, è, secondo S. comunque positivo. Ritorniamo al grafico. Cosa succede all impresa concorrenziale una volta che, grazie all innovazione, ha catturato l intero mercato? Diventa monopolista gode dei frutti dell innovazione oppure Se invece continua a valere la concorrenza i guadagni dell innovatore si annullano e con essi l incentivo ad investire. E quindi evidente che la forma ottimale non può essere la concorrenza perfetta ma deve prevedere una qualche grado di potere di mercato. A maggior ragione quindi si conferma l indicazione di S. secondo cui la società dovrebbe accettare una minor efficienza allocativa in cambio di una maggiore efficienza dinamica. Il potere di mercato però dovrebbe essere temporaneo; si dovrebbe continuare a competere per rimpiazzare il prodotto/processo del monopolista attuale (distruzione creatrice di Schumpeter) Questo potrebbe portare ad una relazione non lineare tra R&S e concentrazione di mercato: l attività di ricerca è bassa se la concentrazione è molto bassa (elevata concorrenza)o se vi è un monopolio fortificato, mentre è maggiore se la concentrazione esiste ma non è massima. Schematicamente: Quali motivazioni sono alla base del pensiero di S II? 1. R&D sono attività rischiose. Le imprese più concentrate hanno a disposizione mezzi finanziari adeguati 2. La attività di R&D ha delle economie di scala, quindi la scala dimensionale dell impresa è un fattore importante per rendere possibile la ricerca stessa 3. Le imprese monopolistiche possono proteggere in modo efficace i brevetti e quindi sono maggiormente incentivate alla attività di R&D 4. La R&D può essere una strategia efficace anche per impedire l ingresso di nuove imprese e contrastare la concorrenza potenziale ed effettiva. 5. Maggiore finanziamento disponile per attrarre forza lavoro più qualificata. Quali argomenti contro questa visione? a. Le imprese in posizioni di monopolio diventano pigre, inefficienti, non hanno incentivi ad innovare, non approfittano delle opportunità. b. Infatti, secondo Arrow, gli extra-profitti legati all attività di innovazione sarebbero limitati in quanto comportano anche ristrutturazioni degli impianti connessi alle innovazioni. c. Per lo stesso motivo i monopolisti potrebbero comperare i nuovi brevetti. 22

23 ********************* Riassumendo. Tre principali tipologie di efficienza: allocativa: individua l allocazione degli input tra le imprese e dei beni prodotti tra i consumatori (concetto di efficienza statica) produttiva: permette, date le risorse, di incrementare la produzione, favorendo quindi un maggior soddisfacimento di richieste di consumo dinamica: permette di aumentare le risorse disponibili. Digressione sul concetto di concorrenza. 1. Situazione/stato caratterizzato da mercati completi, prezzi dati per imprese e famiglie, informazione perfetta, nessun costo di entrata/uscita dal mercato, numero infinito di agenti. Sappiamo che questa situazione è caratterizzata da efficienza partetiana (1 teorema dell economia del benessere). L allocazione delle risorse è tale che nessuno può migliorare la propria situazione senza peggiorare quella di qualcun altro. 2. Definizione basata sul comportamento concorrenziale che a sua volta, è definito sulla base del concetto di rivalità. Rivalità tra individui (gruppi, nazioni) che si origina quando due o più parti ambiscono a qualcosa che non tutti possono ottenere (New Palgrave - Stigler) Definizione ampia nelle forme di rivalità che comprende (commercio, gare, aste ), negli strumenti utilizzati (prezzi, pubblicità, R&S, sforzo lavorativo, ), obiettivi (profitto, la quota di mercato, il controllo societario). Nel senso comportamentale un aumento della concorrenza non è necessariamente una buona cosa (desiderabilità e sostenibilità) Un aumento della concorrenza in questo caso significa: - maggiore libertà di concorrere/rivaleggiare - aumento nel numero di rivali - riduzione di collusioni/accordi. Non si può competere per ogni cosa: esistono i diritti di proprietà che vietano l concorrenza sui beni propri di consumo. Questo di per sé è un incentivo a produrre per soddisfare i bisogni dei consumatori La concorrenza tra compratori e tra venditori però è possibile (vi possono però essere delle restrizioni (es: brevetti, proprietà intellettuale che stimolano le innovazioni) Nota: le due definizioni non sono necessariamente in contrapposizione malgrado l idea della concorrenza perfetta evoca una situazione di tranquillità e staticità molto diversa da quella della rivalità. Vedi a questo riguardo Edgeworth e Cournot Importante critica di Schumpeter e Hayek ai modelli della concorrenza perfetta perché non in grado di rappresentare efficienza produttiva e dinamica. 23

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