INFEDELTÀ PATRIMONIALE E CONFLITTO D INTERESSI

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1 Nuove regole di governo d impresa e responsabilità degli amministratori nel diritto nazionale e nell Unione Europea. La disciplina introdotta dalla riforma del diritto societario. Responsabilità penale e amministrativa del management in Italia e in Europa. INFEDELTÀ PATRIMONIALE E CONFLITTO D INTERESSI BRESCIA, 26 Marzo

2 SOMMARIO 1. Introduzione. 2. Il concetto di infedeltà patrimoniale. 3. Il conflitto d interessi. 4. Il nuovo art c.c.: a) i soggetti attivi 5 (segue): b) la condotta tipica 6. (segue): c) l elemento soggettivo. 7. L infedeltà nei gruppi di società. 8. Rapporti con altri reati. 9. Cenni in ordine al regime di procedibilità ed alle problematiche in materia di successione di leggi nel tempo. 10. L esperienza inglese. Bibliografia Appendice normativa 2

3 1. Introduzione. Il decreto legislativo n. 61 del 2002 ha dato attuazione all art. 11 della Legge delega n. 366 del 2001, il quale demandava al Governo di riformare la disciplina degli illeciti penali ed amministrativi riguardanti le società commerciali. La riforma delle disposizioni penali concernenti la tutela del patrimonio sociale contro gli abusi degli amministratori rappresenta, tuttavia, l aspetto più innovativo dell intero nucleo penalistico della legge delega per la riforma del diritto societario e del successivo decreto delegato. Entrambi gli interventi hanno ripreso le indicazioni sul tema contenute nel progetto Mirone 1, sebbene, rispetto al precedente tentativo riformatore, la disciplina dell infedeltà patrimoniale prevista nel decreto delegato risulti ritoccata sotto due aspetti: quello dell elemento soggettivo - il dolo dell amministratore infedele deve essere specifico ed intenzionale; quello della procedibilità - ora condizionata alla presentazione della querela. In realtà, proposte di riforma della materia furono avanzate sin dagli anni 80 2, ma una mirata repressione delle forme di gestione infedele dei patrimoni altrui emerge per la prima volta nel settore dell intermediazione finanziaria (art. 38 d lgs. N. 415 del 1996, attuale art. 167 d.lgs. n. 58 del 1998) 3. Le linee fondamentali della riforma attuata con il decreto legislativo n. 61 del 2002 sono: - riduzione dei reati mediante l abrogazione di fattispecie di scarsa rilevanza pratica quali il conflitto di interessi, illeciti rapporti patrimoniali, 1 Testo articolo. 2 Si veda la proposta di legge Minervini-Spaventa del 10 giugno 1980 e, successivamente, l emendamento proposto nel corso dei lavori preparatori della legge , n. 1, istitutiva delle società d intermediazione immobiliare: entrambe le iniziative erano volte ad introdurre una fattispecie generale di gestione infedele dei patrimoni altrui secondo il modello dell Untreue tedesco. Successivamente, la materia venne considerata nello schema di legge delega per un nuovo codice penale, pubblicato nel L art. 112 n. 2 del Progetto prevedeva l introduzione del delitto di infedeltà patrimoniale, consistente nel fatto di chi, con abuso di poteri o violazione dei doveri inerenti alle funzioni esercitate nell impresa, al fine di procurare a sé o ad altri un profitto ingiusto, cagioni all impresa un danno patrimoniale. Non è ingiusto il profitto dell impresa collegata, ove questo sia compensato dai riflessi favorevoli per l impresa per cui conto l atto è compiuto. 3 Testo articolo. 3

4 irregolare remunerazione degli amministratori, divulgazione di notizie sociali riservate; - l introduzione di due nuove fattispecie, quali l infedeltà patrimoniale e quella commessa a seguito di dazione o promessa di utilità; - quanto alla tecnica della formulazione delle singole fattispecie, l abbandono della tecnica del rinvio a tecniche descrittive di matrice civilistica a favore di una tipizzazione penalistica autonoma 4 ; - in tema di offensività, si è tentato di limitare la discrezionalità giurisprudenziale, concentrando l intervento della sanzione penale in occasione di fatti lesivi di interessi giuridici ben definiti, anche attraverso la selezione di precise modalità comportamentali; - come accennato, una sorta di privatizzazione 5 dell intervento penale attraverso la previsione, per numerose fattispecie, della procedibilità a querela. Con tale intervento riformatore l Italia ha recepito, ponendosi in linea con le moderne legislazioni europee, l indicazione della Comunità europea contenuta nella Azione comune del 22 dicembre 1998, adottata dal Consiglio sulla base dell art. K3 del Trattato sull Unione europea che sollecitava gli Stati membri ad adottare normative incriminatrici delle condotte di corruzione nel settore privato. Ulteriori stimoli di fonte sovranazionale derivano, inoltre, dal Corpus Juris 2000 per la tutela degli interessi finanziari dell Unione europea, il quale delinea, all art. 6 una fattispecie di distrazione di fondi comunitari di stampo pubblicistico 6, nonché dal progetto, di fonte accademica, sui cd. Eurodelitti, il quale all art. 45 prevede una fattispecie di amministrazione infedele in ambito societario 7. 4 Relazione al decreto legislativo. 5 In questi termini, L. FOFFANI, pag. 347, Le infedeltà, in AA.VV.,Il nuovo diritto penale delle società, Ipsoa, Milano, L articolo citato prevede come illecito penale il fatto del funzionario, che autorizzato a disporre di fondi provenienti dal bilancio comunitario, li sottrae o li distrae, sia decidendo la concessione di una sovvenzione, di un ausilio o di un esonero a favore di una persona che non ha manifestamente diritto a beneficiare di una tale decisione, sia intervenendo direttamente o indirettamente nella concessione di aiuti o benefici a favore di imprese, o a proposito di operazioni, nelle quali ha qualche interesse personale. 7 La fattispecie punisce chi, come titolare del potere di rappresentanza in una società commerciale, particolarmente in una società per azioni europea, in violazione dei propri obblighi di tutela degli interessi patrimoniali della società, compie od omette atti, che consapevolmente provocano un pregiudizio patrimoniale alla società. 4

5 2. Il concetto di infedeltà patrimoniale. Come accennato, il nostro ordinamento non conosceva una figura generale di infedeltà patrimoniale, presente, invece nell ordinamento tedesco ove è contemplata dal par. 266 StGB (Untreue). Sebbene al centro dell attenzione della dottrina italiana da decenni, all accoglimento delle istanze di riforma avanzate dalla dottrina si frapponeva il pericolo di un eventuale violazione del principio di tassativitàdeterminatezza, cui l inserimento della fattispecie nel sistema avrebbe potuto esporre. Secondo autorevole dottrina, l infedeltà patrimoniale consta di tre elementi: 1) una condotta consistente nel danneggiamento effettivo o tentato degli interessi patrimoniali di una persona (soggetto passivo) ; 2) il dolo almeno eventuale ; 3) la violazione di un obbligo di fedeltà che il soggetto attivo del reato ha verso il soggetto passivo, i cui interessi, in un ambito più o meno vasto, dovevano essere appunto tutelati da questo obbligo 8. Il concetto di infedeltà, inoltre, non comprende necessariamente quello di abuso di potere, il quale è da identificarsi con un impiego del potere ottenuto in vista di un determinato fine, per un fine che con esso è in contrasto. 3. Il conflitto d interessi. Presupposto oggettivo della condotta tipizzata dal nuovo art cc. è il conflittto d interessi. Prima della riforma attuata con il decreto legislativo n. 61 del 2002, il conflitto d interessi era disciplinato dall art c.c., il quale sanzionava la condotta degli amministratori infedeli che avendo in una determinata operazione per conto proprio o di terzi un interesse in conflittto con quello della società non si fossero astenuti dal partecipare alla deliberazione del consiglio o del comitato esecutivo relativa all operazione stessa. 8 P. NUVOLONE, L infedeltà patrimoniale nel diritto penale, Milano, 1941, passim. 5

6 Secondo il cd. indirizzo formalistico, idonea a far nascere una situazione di conflitto era la semplice posizione di contrapposizione formale tra gli interessi dell amministratore e quelli della società. La norma, nella giurisprudenza della corte di cassazione, doveva ritenersi diretta a garantire la correttezza formale delle deliberazioni adottate 9. La punibilità non era pertanto esclusa neppure nel caso che dalla delibera la società avesse tratto vantaggio. Secondo un opposto orientamento cd. sostanzialistico il conflitto d interessi sussisteva in presenza di oggettivi interessi patrimoniali, emergente dal contenuto della singola deliberazione: il conflitto si riteneva assente ogniqualvolta l ammministratore avesse partecipato alla delibera sostenendo decisamente la soluzione favorevole alla società e votando per essa 10. Elementi strutturali del conflitto d interessi sono da un lato, l interesse extrasociale di cui è portatore l amministratore, dall altro, l interesse sociale, da intendersi come interesse dei soci alla distribuzione degli utili e dunque di ordine patrimoniale 11. Per quanto attiene alla natura dell interesse dell amministratore, la formula utilizzata per delineare il contenuto del dolo (specifico) prevede oltre all ingiusto profitto un altro vantaggio. Ora, posto che la situazione di conflitto, come presupposto della condotta tipica, apparirebbe priva di fondamento logico se non avesse ad oggetto i medesimi interessi (dell agente e della società) rispetto ai quali il soggetto attivo esprime la propria scelta con la propria condotta, diretta appunto a procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto o altro vantaggio 12, e che l ampia portata della locuzione altro vantaggio induce a ritenere possibile che l agente agisca per il perseguimento di un utilità di carattere non economico, deve concludersi che nella nuova fattispecie di cui all art cc. l interesse extrasociale del gestore infedele, confliggente con quello (patrimoniale) dei soci, possa essere anche di altra natura. 9 Così, Cass. 4 luglio 1989, Grieco, in Cass. pen., 2002,1991, 307, nonché, negli stessi termini, Cass. 11 dicembre 2000, Nardo, in Cass. pen., 2002, p. 354 s. 10 Così Cass. 25 febbraio 1959, in Riv.it. dir. proc. pen., 1960, p Cfr. L. FOFFANI, Reati societari, in AA.VV. Manuale di diritto penale dell impresa, II, ed. aggiornata, 2000, p. 366 ss. 12 Cfr. P. ALDOVRANDI, in AA. VV., I nuovi reati societari, sub art cc.,padova, Cedam,

7 4. Il nuovo art cc.: a) soggetti attivi Il novellato art cc. recita: Gli amministratori, i direttori generali e i liquidatori,che avendo un interesse in conflitto con quello della società, al fine di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto o altro vantaggio, compiono o concorrono a deliberare atti di disposizione dei beni sociali, cagionando intenzionalmente alla società un danno patrimoniale, sono puniti con la reclusione da sei mesi a tre anni. La stessa pena si applica se il fatto è commesso in relazione a beni posseduti o amministrati dalla società per conto di terzi, cagionando a questi ultimi un danno patrimoniale. In ogni caso non è ingiusto il profitto della società collegata o del gruppo, se compensato da vantaggi, conseguiti o fondatamente prevedibili, derivanti dal collegamento o dall appartenenza al gruppo. Per i delitti previsti dal primo e secondo comma si procede a querela della persona offesa.. Trattasi di reato proprio. Soggetti attivi del reato sono, infatti, amministratori, direttori generali e i liquidatori della società. Sono pertanto esclusi i sindaci, i quali potranno eventualmente rispondere della nuova figura criminosa a titolo di concorso. L esclusione è, peraltro, coerente con la scelta di circoscrivere l intervento penale alla sfera dell amministrazione attiva del patrimonio sociale (Segue): b) la condotta tipica. La condotta tipica si estrinseca nel compimento di atti di disposizione dei beni sociali. Ne deriverebbero dunque due conseguenze: da un lato, l esclusione dalla condotta dei comportamenti omissivi, i quali sono invece espressamente 13 Più consona alla fisionomia dell incriminazione sarebbe dunque stata, probabilmente, la rubrica amministrazione infedele. Così, L. FOFFANI, Le infedeltà, in AA.VV. Il nuovo diritto penale delle società, p. 351, Milano, Ipsoa,

8 previsti dalla successiva fattispecie di cui all art c.c. ( compiono od omettono atti ); dall altro, non rientrerebbero negli atti di disposizione le ipotesi di assunzione di obbligazioni sociali, non comportando un immediata disposizione del patrimonio della società 14. Rimangono, inoltre, fuori dalla condotta tipica, i cd. atti organizzativi (aumento di capitale, fusione o scissione di società), mentre un estensione della condotta incriminatrice si ha nell ipotesi prevista dal comma 2, quando cioè la stessa attività viene compiuta in relazione a beni posseduti o amministrati dalla società per conto terzi. La norma prevede, inoltre, quale requisito essenziale della condotta, la causazione di un danno patrimoniale, che vale a qualificare la fattispecie in esame come reato di evento. 6. (segue): l elemento soggettivo. Sotto il profilo soggettivo, la condotta dell amministratore infedele deve essere caratterizzata da una duplice connotazione: occorre, infatti, un dolo specifico ( al fine di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto o altro vantaggio ) e un dolo intenzionale ( cagionando intenzionalmente un danno ). Va sottolineato l inserimento del vantaggio quale fine della condotta: come accennato, l aggiunta è da interpretarsi nel senso della rilevanza del perseguimento di utilità anche non patrimoniali. In ogni caso il significato pratico della disposizione sembra essere piuttosto limitato: è difficile infatti immaginare casi nei quali l amministratore, consapevole di versare in conflitto di interessi, cagioni intenzionalmente un danno alla società senza avere uno specifico fine di ingiusto profitto. Ancora meno coerente, sul piano sistematico, appare la richiesta di una intenzionalità del dolo, che preclude così la possibilità di incriminare ipotesi connotate da un dolo eventuale, nelle quali cioè l amministratore, in conflitto d interessi, accetta il rischio che la sua condotta cagioni un danno 14 In tal senso, L. FOFFANI, Le infedeltà, ult. cit., 352. Di contrario avviso è, invece, altra dottrina: cfr. V. MILITELLO, I reati di infedeltà, in Dir. pen. proc., n. 6/2002,

9 alla società, ancorché non voluto direttamente, al fine di conseguire un profitto o un vantaggio personale ingiusto. 7. La clausola di esenzione per i gruppi di società. Il terzo comma della nuova disposizione esclude la rilevanza penale delle operazioni all interno dei gruppi societari in ogni caso in cui il profitto della società collegata o del gruppo è compensato da vantaggi, conseguiti o prevedibili, derivanti dal collegamento o dall appartenenza al gruppo. Va, in primo luogo, sottolineato come sia stato omesso ogni riferimento al vantaggio che pur costituisce l altro obiettivo del dolo, atto a qualificarlo come dolo specifico rilevante ai fini della configurazione della fattispecie. In realtà, la condotta dell amministratore ben può rivolgersi ad un vantaggio del gruppo nel suo complesso, senza che vi sia l intento di un particolare profitto patrimoniale. In secondo luogo, poco comprensibile appare la compensazione tra profitto dell agente e vantaggi, derivante dal collegamento al gruppo: l amministratore non è in grado di rappresentarsi le ricadute della propria condotta in termini di vantaggio che il gruppo conseguirà dall operazione posta in essere. Più logica, sarebbe stata una corrispondenza fra deminutio subita dalla società e vantaggio del gruppo. 8. Rapporti con altri reati. A) Appropriazione indebita (art. 646 c.p.). Secondo la dottrina prevalente tra la fattispecie di appropriazione indebita ed il nuovo delitto intercorre un rapporto di genere a specie, con la conseguenza che, qualora sulla base dell art. 15 c.p., ricorrano i requisiti della fattispecie di infedeltà patrimoniale, sarà quest ultima la norma applicabile Cfr. E. MUSCO, I nuovi reati societari, Milano, 2002, p. 139 ss. 9

10 La tesi è stata di recente confermata dalla Cassazione, intervenuta per la prima volta sulla nuova disposizione dell art comma 3 c.c. 16. La vicenda riguardava la sentenza di condanna, pronunciata nei processi Enimont e Montedison, di cui era stata chiesta la revoca a seguito delle modifiche introdotte dal d.lg.vo 11 aprile 2002, n. 61. Il Tribunale aveva accolto l istanza in relazione ai reati di falso in bilancio, ma non in relazione al delitto di appropriazione indebita; secondo la difesa, invece, le somme di cui gli amministratori si erano appropriati, destinate ai partiti politici, erano state trattenute in vista di vantaggi economici dello stesso gruppo, (così come richiesto dalla nuova disciplina dell art. dell art comma 3 c.c., e dunque estensibile anche ai fatti di appropriazione indebita commessa dagli amministratori della società). Secondo la Corte, la nuova fattispecie, pertanto, costituisce una norma speciale rispetto all appropriazione indebita di cui all art. 646 c.p., che proprio per la sua natura generica, è inidonea, a tutelare di per sé il patrimonio societario dagli abusi degli amministratori generali (e ora anche dei direttori generali e liquidatori). B) Infedeltà a seguito di dazione o promessa di utilità (art c.c.). L art.2635 cc. prevede che gli amministratori, i direttori generali, i sindaci, i liquidatori e i responsabili della revisione, i quali, a seguito della dazione o promessa di utilità, compiono od omettono atti, in violazione degli obblighi inerenti al loro ufficio, cagionando nocumento alla società, sono puniti con la reclusione sino a tre anni. La stessa pena si applica a chi dà o promette l utilità. Si procede a querela della persona offesa. Diversamente da quanto previsto dall art c.c. autori del reato possono essere anche i sindaci e i responsabili della revisione. Anche la fattispecie de qua si caratterizza per l evento di danno: occorre che gli atti compiuti od omessi in seguito a dazione o promessa di utilità abbiano cagionato un nocumento per la società. par. 9. Sui rapporti con la previgente fattispecie di cui all art c.c., v. infra 16 Cass., Sez. V, n /03. 10

11 9. Cenni in ordine al regime di procedibilità ed alle problematiche in materia di successione di leggi nel tempo. L ambito di operatività della nuova fattispecie è ulteriormente limitato dalla perseguibilità a querela della persona offesa delle condotte criminose da essa previste: persona offesa che, in quanto identificantesi con la società, non può che coincidere con l assemblea dei soci. Non è escluso però che l assemblea condivida le scelte dell amministratore di avvantaggiarsi personalmente attraverso una strumentalizzazione dell ufficio ricoperto, magari quando siano accompagnate dalla promessa di benefici indiretti per la società o anche solo per la sua maggioranza assembleare! Appare, dunque, probabile, che la concreta punibilità sia rimessa a dinamiche assembleari che non garantiscono né la trasparenza della gestione societaria, né la tutela delle minoranze. L opposta opinione secondo cui persona offesa è quella a cui riesce riferibile il danno patrimoniale intenzionalmente cagionato dagli autori dell illecito e, dunque, anche un estraneo alla compagine sociale sembra ignorare la struttura della fattispecie 17. Persona offesa è, infatti, il titolare del bene giuridico direttamente tutelato dalla norma, che nel caso in esame è il patrimonio della società. Per quanto concerne le problematiche in materia di successioni di leggi nel tempo,, è da escludersi, dal punto di vista strutturale, la continuità tra il delitto di cui al previgente art c.c. e l infedeltà patrimoniale: le due fattispecie presentano in comune esclusivamente il riferimento ad una situazione di conflitto di interessi, divergendo, invece, in ordine alle tipologie di offese sanzionate (un mero pericolo nel primo caso, un effettivo danno nel secondo), alle condotte (formale partecipazione ad una delibera nel primo caso; atto di disposizione patrimoniale nel secondo), alla struttura dei reati (di mera condotta il primo, di evento il secondo); all elemento soggettivo (dolo generico nel primo caso; dolo specifico-diretto nel secondo). 17 G. SANDRELLI, Entra in scena la corruzione privata, in Guida dir., n. 2002, p

12 In altri termini, in ordine all art c.c. si deve ritenere intervenuta un abolitio criminis, disciplinata dal secondo comma dell art. 2 c.p. 10. L esperienza inglese. E in atto un progetto di riforma - avviato nel che si propone di codificare la disciplina dei doveri in capo ai dirigenti societari. Il lavoro risponde all esigenza di comporre in un unico testo legislativo una sorta di code of conduct dei dirigenti, che raccolga non solo i principi attualmente sparsi nei vari Statutes, ma anche i principi regolati dalla common law. Attualmente la principale fonte di natura statutaria in tema di responsabilità penale per gli illeciti societari è il Companies Act Esso prevede più di centocinquanta illeciti penali, la maggior parte dei quali è punita con la sola sanzione pecuniaria, mentre solo per una trentina di essi è prevista la reclusione. La tecnica di costruzione della fattispecie è la seguente: il legislatore non definisce autonomamente gli elementi costitutivi del reato, ma si limita ad inserire clausole sanzionatorie a chiusura della disposizione civilistica. Il soggetto attivo incorre nella responsabilità penale non solo quando viola una regola di comportamento a lui direttamente riferita, ma anche quando essa è imposta alla società e da questa violata. In questo secondo caso, della violazione, oltre la società, risponderà anche l amministratore o il dirigente che sia in default, che abbia, cioè, consapevolmente e volontariamente autorizzato o permesso la commissione del reato cd. Officers in default (CA S ). Interessante, ai fini dell argomento in esame, ci sembra la parte X del Companies Act che prevede una serie di obblighi e divieti a tutela del corretto comportamento degli amministratori. In particolare, la S. 317,7 regola il conflitto d interessi: è punito con la sanzione pecuniaria l amministratore, di diritto o di fatto, che non ottempera all obbligo di comunicare agli altri amministratori, al primo Consiglio di Amministrazione successivo all insorgenza del conflitto, di aver, direttamente o indirettamente, un interesse personale in un contratto già concluso, o in via di conclusione, che coinvolga la società. 12

13 Se, poi, l amministratore è membro di una società o di un impresa che amministra o se è egli stesso parte o interessato in qualunque contratto che coinvolga soggetti a lui collegati, è obbligato a rendere un apposita e specifica comunicazione agli altri amministratori, anche al di fuori del Consiglio di Amministrazione. 13

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