Dossier tematico DISABILITÀ. dai Piani Sociali di Zona dei Distretti socio sanitari della provincia di Bologna

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1 Dossier tematico DISABILITÀ dai Piani Sociali di Zona dei Distretti socio sanitari della provincia di Bologna

2 Il Dossier è stato curato da Paola Atzei - csv VOLABO, con la collaborazione della Cooperativa sociale Accaparlante per la sintesi dei documenti distrettuali. Editing: Maurizio Mazzoni e Guglielmo Cinti Progetto grafico: Guglielmo Cinti e ED-line Stampato presso la tipografia Il profumo delle parole, Bologna

3 Indice Presentazione di Pier Luigi Stefani...5 Dall idea alla realizzazione dei dossier...9 Indice Parte prima Il Piano di Zona e gli attori coinvolti...15 I contenuti del documento programmatico...25 Parte seconda Distretto di Bologna...29 Fattori positivi, fattori critici e obiettivi prioritari...29 Progetti del programma attuativo Verifica del programma attuativo Progetti del programma attuativo Ufficio di piano...50 Distretto di Casalecchio di Reno...51 Fattori positivi, fattori critici e obiettivi prioritari...51 Progetti del programma attuativo Verifica del programma attuativo Progetti del programma attuativo Partecipanti ai tavoli...55 Ufficio di piano...56 Distretto di Imola...57 Fattori positivi, fattori critici e obiettivi prioritari...57 Progetti del programma attuativo Verifica del programma attuativo Progetti del programma attuativo Partecipanti al tavolo...62 Ufficio di piano...63 Distretto Pianura Est...65 Fattori positivi, fattori critici e obiettivi prioritari...65 Progetti del programma attuativo Verifica del programma attuativo Progetti del programma attuativo Partecipanti al tavolo...74 Ufficio di piano...75 Distretto Pianura Ovest...77 Fattori positivi, fattori critici e obiettivi prioritari...77 Progetti del programma attuativo

4 Indice Verifica del programma attuativo Progetti del programma attuativo Partecipanti al tavolo...81 Ufficio di piano...82 Distretto di Porretta Terme...83 Fattori positivi, fattori critici e obiettivi prioritari...83 Progetti del programma attuativo Verifica del programma attuativo Progetti del programma attuativo Partecipanti al tavolo...91 Ufficio di piano...91 Distretto di San Lazzaro di Savena...93 Fattori positivi, fattori critici e obiettivi prioritari...93 Progetti del programma attuativo Verifica del programma attuativo Progetti del programma attuativo Partecipanti al tavolo Ufficio di piano Progetti provinciali e sovrazonali Elenco dei distretti socio-sanitari

5 Presentazione Il volontariato ai tavoli dei Piani di Zona L avvento dei Piani di Zona ha segnato un momento importante nella programmazione degli Enti Pubblici. L invito alla partecipazione dei Tavoli, rivolto a tutte le componenti economiche e sociali, ha avuto un attenta risposta da parte di tutto il Terzo Settore e, particolarmente nei Distretti periferici, un contributo significativo delle Associazioni di Volontariato. Presentazione La domanda che nasce è da dove tragga origine tale presenza. Prima di tutto, dalla tradizione attiva del volontariato nell azione di prossimità e d aiuto verso le fasce più deboli della popolazione: emergenze e quotidianità nelle relazioni caratterizzano l impegno gratuito sia dei singoli volontari che delle loro organizzazioni. Trattandosi di interventi pubblici, la risposta circa la legittimità della presenza del Volontariato ai tavoli è indicata nella legge quadro sui servizi alla persona 328/2000. Essa ha potuto raggiungere il suo testo finale grazie al contributo di anni di discussione e sostegno proprio all interno del Volontariato. Il testo finale della Legge Regionale sul Volontariato, da pochi anni approvata, richiama esplicitamente, come principio ispiratore, la Carta dei valori del volontariato che, nel decennale della Legge 266/91, il Volontariato ha solennemente definito come propria carta fondante. La prima insiste sulla responsabilità dell amministrazione pubblica a sostenere, promuovere, far partecipare alla programmazione il Volontariato. L innovazione risiede nell aver ribaltato la precedente gerarchia che stabiliva nell ordine Stato, Regione, Provincia e Comune, facendo invece assumere al Comune la centralità nella programmazione. In tal modo, anche i Comuni meno estesi, pur all interno dei Distretti, possono trovare capacità di espressione dando spazio alle più piccole Associazioni di Volontariato. La seconda, la Legge regionale sul Volontariato, richiama con insistenza il fondamentale contributo del Volontariato nella sua capacità di essere più vicino alle fasce più vulnerabili della popolazione locale. Inoltre, richiamando i Piani di Zona, pur nel rispetto della sua autonomia, richiede che il Volontariato partecipi all azione di sostegno in comunione con gli altri attori del sociale presenti sul territorio. La seconda domanda che ci si potrebbe porre è relativa alla presenza ed al ruolo che viene chiamato ad esercitare il Centro Servizi per il Volontariato della provincia di Bologna. La legge lo inquadra molto attentamente definendone compiti e stabilendone i confini. Esso non è organo di rappresentanza di tutto il volontariato, eppure la sua azione è stata affidata dal Co.Ge. Comitato di Gestio- 5

6 Presentazione ne per i fondi al Volontariato ad A.S.Vo. Associazione per lo Sviluppo del Volontariato della provincia di Bologna, costituita da associazioni di volontariato che, come volontari, agiscono gratuitamente servendosi di uno staff professionale per fornire, sulla base dei fondi assegnati, servizi a tutte le associazioni di volontariato iscritte e non ai registri provinciale e regionale. Un organo il Centro Servizi per il Volontariato non relegato a semplice funzione burocratica, bensì orientato e capace di orientare le Associazioni di Volontariato a realizzare i loro obiettivi con una intensa progettazione sociale. La progettazione sociale indicata dal Co.Ge. acquista una sua peculiarità nel Piano di riparto biennale, nel quale assume la definizione di progettazione partecipata caratterizzata da un metodo partecipativo che renda evidente la capacità dei Centri di Servizio di raccordarsi con il territorio, di recepire le istanze e i bisogni che questo esprime, anche in relazione a quanto emerge dagli strumenti di analisi e programmazione attivi sul territorio stesso, di saper individuare strategie adatte a garantire la propria rappresentatività del volontariato. Un metodo che si sviluppa in momenti informativi, attivando canali di comunicazione ampliata a tutti soggetti aventi diritto, in opportunità di confronto, con la costruzione di rapporti finalizzati alla condivisione delle analisi e delle linee strategiche, attivando una rete ampia per un adeguamento delle linee progettuali alla realtà locale, sapendo raggiungere decisioni dopo essersi confrontati con gli altri attori sociali del territorio, nonché i comitati paritetici e le fondazioni bancarie. Un'occasione - quella dei Piani di Zona - per mettere a punto singoli dossier tematici, riguardanti il disagio sociale, l'immigrazione, gli anziani, la disabilità, la famiglia e i giovani, tesi a fornire alle Associazioni uno strumento di lettura e di analisi di quanto emerso dalla prima tornata di inviti alla partecipazione ai tavoli di discussione e partecipazione. 6 Una serie di dossier suddivisi per Distretto al quale ogni Associazione possa collegarsi riconoscendosi o individuando percorsi integrativi, ove oltre ai dati vengono presentate le sintesi delle azioni prodotte, indicandone fattori di positività, priorità di intervento, nonché i fattori critici. Un rilevatore utile alla conoscenza reciproca, offerto non solo alle Associazioni di Volontariato, bensì ai Comuni attraverso le sintesi dei progetti attivati a livello distrettuale, nel quale la esposizione dei vari soggetti interessati alle aree tematiche sono indicativi di potenziali collaborazioni in rete. Uno strumento di lavoro, dall'obiettivo apparentemente circoscritto, che può diventare un prodotto a più chiavi di lettura, aperto a diversi piani di fruizione segnando una sequenza storica aggiornata volta a incidere sulle scelte future.

7 La fotografia di un cambiamento, se ad esso, sempre più, verranno accostati il Bilancio Sociale dei Centri di Servizio ed i Bilanci Sociali dei Comuni, dai quali possa leggersi, con trasparenza, la vasta composizione di una galassia nella quale il Volontariato offre un contributo fondamentale alla realizzazione di quel welfare comunitario auspicato e base essenziale per una piena realizzazione di quel principio di sussidiarietà nella solidarietà di tipo orizzontale indicato dalla legge. Con questo servizio di informazione e documentazione il Centro Servizi per il Volontariato viene ad assolvere, non solo ad uno dei propri compiti istituzionali, ma corrisponde ad uno dei punti iscritti nella Carta dei valori, fornendo utili riferimenti per l'esercizio, da parte delle Associazioni di Volontariato, del loro inalienabile libero ruolo politico. Presentazione Pier Luigi Stefani Presidente di A.S.Vo. e del Centro Servizi per il Volontariato della provincia di Bologna - VOLABO. 7

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9 DALL IDEA ALLA REALIZZAZIONE DEI DOSSIER La scelta che, fin dall inizio, ha accompagnato questo lavoro è stata quella di svolgere un servizio di informazione e di documentazione, per rendere più agevole e fruibile nel mondo dei non addetti ai lavori, la conoscenza della programmazione e attuazione delle politiche sociali e socio-sanitarie dei territori della provincia di Bologna, attraverso i Piani sociali di Zona, e dell attuale sistema integrato di interventi e servizi sociali nel suo complesso. Tale sistema fa riferimento, in particolare, alla Legge Quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali n. 328/2000 e alla Legge Regionale Norme per la promozione della cittadinanza sociale e per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali n. 2/2003. L idea di realizzare dei dossier sui Piani sociali di Zona nasce dallo studio e analisi dei Documenti programmatici del triennio , dei Programmi attuativi del 2005 e del 2006 dei sette distretti sociosanitari della provincia di Bologna, ma soprattutto dalla constatazione che, per le organizzazioni di volontariato, i volontari e i cittadini interessati alle problematiche e alle politiche del loro territorio, non è facile orientarsi nella complessità e quantità di informazioni che compongono questi documenti. In quest ottica si è scelto di proporre un approccio alla lettura dei Piani di Zona per ambiti di intervento piuttosto che per distretti, per consentire di analizzare trasversalmente la programmazione e l offerta di risposte alle problematiche individuate nei contesti territoriali. Dall idea alla realizzazione dei Dossier I 5 dossier si propongono di fornire una panoramica essenziale riguardo alla programmazione, gestione e realizzazione di interventi e progetti delle politiche sociali e socio-sanitarie nel triennio , relative alle seguenti aree d intervento: 1. responsabilità familiari e capacità genitoriali, diritti dei bambini e degli adolescenti, politiche a favore dei giovani (2 volumi); 2. immigrazione, asilo, lotta alla tratta; 3. contrasto alla povertà, prevenzione e contrasto alle dipendenze e altre forme di disagio sociale 1 ; 4. politiche a favore di anziani; 5. politiche a favore di disabili. Questo lavoro di documentazione, orientato alla sintesi e alla presentazione delle informazioni più rilevanti, si basa unicamente su una selezione dei contenuti, così come reperibili nel testo originale, senza apportare analisi interpretative o descrizioni sommarie. La versione completa è rintracciabile nel sito della provincia di Bologna: 59

10 Dall idea alla realizzazione dei Dossier 10 Va sottolineato che non sempre è stato possibile ricavare dai Documenti la stessa tipologia di informazione, né lo stesso livello di approfondimento, avendo avuto, questi, percorsi di elaborazione e stesura differenti. Inevitabile, quindi, cogliere una certa disomogeneità nella presentazione, pur avendo cercato di rendere il più possibile uniforme la disposizione dei contenuti. Ogni dossier si compone di due parti fondamentali. La prima parte si incentra sul significato e finalità del Piano di Zona, sul ruolo e funzioni degli attori coinvolti nella programmazione e attuazione dello stesso e, infine, sulla strutturazione e argomenti del Documento di Programmazione Questa parte permette di mettere a fuoco la cornice legislativa all interno della quale si delinea anche il rapporto tra istituzioni e volontariato. Le istituzioni, infatti, sono chiamate a dare voce e legittimità alle realtà di volontariato (tra gli altri soggetti del Terzo settore) in qualità di esperti e competenti, oltre che come parte in causa della comunità; d altro canto, le organizzazioni di volontariato hanno l opportunità di maturare il loro ruolo sussidiario e politico, al fianco delle istituzioni, nel rispetto delle identità e mission che caratterizzano ciascuna di esse, per lo sviluppo di una comunità attiva e solidale, capace di rispondere in modo adeguato ai bisogni e problemi che presenta. La seconda parte evidenzia i contenuti più significativi del Documento di programmazione del Piano di zona e del Programma Attuativo del 2006, utili per chi intenda conoscere e operare sul territorio ed è suddivisa in base ai sette distretti socio-sanitari della Provincia: Bologna Casalecchio di Reno con i comuni di Bazzano, Casalecchio di Reno, Castello di Serravalle, Crespellano, Monte San Pietro, Monteveglio, Sasso Marconi, Savigno, Zola Predosa Imola con i comuni di Borgo Tossignano, Casalfiumanese, Castel del Rio, Castel Guelfo, Castel San Pietro Terme, Dozza, Fontanelice, Imola, Medicina, Mordano Pianura ovest con i comuni di Anzola dell'emilia, Calderara di Reno, Crevalcore, Sala Bolognese, S. Agata Bolognese, San Giovanni in Persiceto Pianura Est con i comuni di Argelato, Baricella, Bentivoglio, Budrio, Castello d'argile, Castelmaggiore, Castenaso, Galliera, Granarolo dell'emilia, Malalbergo, Minerbio, Molinella, Pieve di Cento, S. Giorgio di Piano, San Pietro in Casale Porretta Terme con i comuni di Camugnano, Castel d'aiano, Castel di Casio, Castiglione dei Pepoli, Gaggio Montano, Granaglione, Grizzana Morandi, Lizzano in Belvedere, Marzabotto, Monzuno, Porretta Terme, San Benedetto Val di Sembro, Vergato

11 San Lazzaro di Savena con i comuni di Loiano, Monghidoro, Monterenzio, Ozzano dell Emilia, Pianoro, San Lazzaro di Savena. In particolare contiene: 1. I fattori positivi, i fattori critici e gli obiettivi prioritari: indicano gli elementi di forza e di criticità del territorio e dei servizi competenti e i conseguenti obiettivi che le istituzioni e gli attori sociali si prefiggono di ottenere. 2. I progetti dei programmi attuativi del 2005 e del 2006 : rappresentano le azioni e gli interventi pianificati in progetti di sviluppo/ innovazione/qualificazione e in programmi finalizzati, descritti con obiettivi, azioni (solo per il 2006), attori istituzionali e sociali coinvolti, referente del progetto. 3. La verifica del programma attuativo dell anno 2005: fornisce la valutazione dell attuazione e dell avanzamento del programma nel suo complesso, degli obiettivi triennali e dei progetti annuali realizzati (per es.: il distretto di Bologna ha elaborato la verifica del programma annuale, la maggior parte degli altri distretti ha descritto lo stato di attuazione dei singoli obiettivi su quella area d intervento). 4. Partecipanti al Tavolo: sono i componenti del Tavolo tematico (nominativo del partecipante e suo ente di appartenenza) Ufficio di piano: indica le figure di riferimento dell Ufficio di Piano competente per territorio. 6. I progetti provinciali e sovrazonali: sono quei progetti che coinvolgono più distretti per affrontare in modo congiunto questioni e problematiche comuni, sintetizzati con breve descrizione degli obiettivi, attori istituzionali e sociali coinvolti. Dall idea alla realizzazione dei Dossier Note 1. Quest area, per il solo distretto di Imola, comprende anche la salute mentale. 2. Questa informazione è presente in tutti i distretti tranne in quello di Bologna, in quanto non indicata nel suo Piano di zona. 11 5

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13 Parte PRIMA

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15 IL PIANO DI ZONA E GLI ATTORI COINVOLTI Con la Legge Quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali n. 328 del 2000 e, per l Emilia-Romagna, con la Legge Regionale n. 2 del 2003 Norme per la promozione della cittadinanza sociale e per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali il Piano di Zona viene indicato come strumento strategico per l individuazione, la programmazione, il potenziamento, il riordino del sistema di interventi e servizi sociali e socio-sanitari locali secondo una modalità integrata, di partecipazione e messa in rete delle risorse istituzionali, non istituzionali e della comunità per la gestione delle politiche sociali. La legge 328/2000 (art.19) prevede che i Comuni (singoli o associati), d intesa con l azienda Unità Sanitaria Locale, definiscano il Piano di Zona relativo ad uno specifico ambito territoriale 1 per la gestione unitaria del sistema locale dei servizi sociali a rete. Il Piano di Zona, specificando sui territori gli obiettivi di priorità sociale del Piano Nazionale degli interventi e servizi sociali, seguendo le indicazioni del Piano Regionale degli interventi e servizi sociali e in raccordo con la programmazione sanitaria, individua: gli obiettivi strategici e le priorità di intervento nonché gli strumenti e i mezzi per la relativa realizzazione; le modalità organizzative dei servizi, le risorse finanziarie, strutturali e professionali, i requisiti di qualità in relazione alle disposizioni regionali adottate; la rilevazione dei dati nell ambito del sistema informativo; le modalità per garantire l integrazione tra servizi e prestazioni; le modalità per organizzare il coordinamento con gli organi periferici delle amministrazioni statali, con particolare riferimento all amministrazione penitenziaria e della giustizia; le modalità per la collaborazione tra servizi territoriali con soggetti operanti nell ambito della solidarietà sociale a livello locale e con le altre risorse della comunità; le forme di concertazione con l azienda unità sanitaria locale e con i soggetti del Terzo Settore. Il Piano di Zona, che ha durata triennale, è volto a: favorire la formazione di sistemi locali d intervento fondati su servizi e prestazioni complementari e flessibili, stimolando in particolare le risorse locali di solidarietà e di auto-aiuto, nonché a responsabilizzare i cittadini nella programmazione e verifica dei servizi; qualificare la spesa attivando risorse, anche finanziarie, derivate dalle forme di concertazione; definire criteri di ripartizione della spesa a carico di ciascun comune, delle aziende unità sanitarie locali e degli altri soggetti firmatari Il Piano di Zona e gli attori coinvolti 15

16 Il Piano di Zona e gli attori coinvolti dell accordo, prevedendo anche risorse vincolate per il raggiungimento di particolari obiettivi; prevedere iniziative di formazione e aggiornamento degli operator,i finalizzate a realizzare progetti di sviluppo dei servizi. La regione Emilia-Romagna, nell art. 29 della L. R. 2/2003, specifica ulteriormente che il Piano di Zona: definisce il sistema locale dei servizi sociali a rete che garantisce i livelli essenziali delle prestazioni sociali; provvede alla localizzazione dei servizi e può integrare, nel rispetto della compatibilità delle risorse, i livelli essenziali delle prestazioni sociali indicati dal Piano Regionale; definisce le modalità organizzative per l accesso dei cittadini al sistema locale dei servizi sociali a rete; individua le modalità per il coordinamento delle attività con gli organi periferici delle amministrazioni statali, con particolare riferimento all amministrazione scolastica, penitenziaria e della giustizia; indica gli obiettivi e le priorità di intervento, inclusi gli interventi socio-sanitari, gli strumenti e le risorse necessarie alla loro realizzazione, tenendo conto delle risorse finanziarie disponibili, comprese quelle provenienti dal Fondo sanitario regionale, nonché la ripartizione della spesa a carico di ciascun soggetto firmatario dell accordo; indica gli interventi sociali da attuarsi nell ambito dei programmi di riqualificazione urbana; indica, sulla base del Piano regionale, le forme e le modalità di partecipazione dei cittadini e degli utenti al controllo della qualità dei servizi; individua i fabbisogni della formazione professionale degli operatori da segnalare alla Provincia, ai fini della programmazione della relativa offerta formativa. Il Piano di Zona viene adottato con un Accordo di Programma approvato dai Comuni associati, dall Azienda Unità Sanitaria Locale, dai soggetti del Terzo Settore e dalle Ipab (da trasformarsi in Aziende pubbliche di servizi alla persona - ASP), per assicurare l adeguato coordinamento delle risorse umane e finanziarie. Il Piano di Zona va inteso anche come il documento di programmazione in cui si definiscono a livello distrettuale le politiche sociali e quelle socio-sanitarie, e il sistema dell offerta dei servizi al cittadino, in accordo con le parti istituzionali, non istituzionali e della comunità, coinvolte nel processo di realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali. 16

17 LE FONTI DI FINANZIAMENTO DEL SISTEMA INTEGRATO La legge regionale 2/2003 chiarisce (Titolo VII) che le risorse finanziarie sono costituite da: Fondo sociale nazionale con risorse indistinte e risorse vincolate su specifici interventi/aree di bisogno Fondo sociale regionale con risorse indistinte e risorse finalizzate a specifici Programmi Fondo Sociale locale Altre risorse finanziarie provengono da Aziende USL per gli interventi ad integrazione sociosanitaria Enti non istituzionali: IPAB, Fondazioni, soggetti del Terzo settore. GLI ATTORI COINVOLTI NEL PIANO DI ZONA Sia la legge nazionale che quella regionale definiscono i soggetti del sistema integrato degli interventi e servizi sociali, i loro compiti e le loro funzioni. I SOGGETTI ISTITUZIONALI partecipano alla programmazione, realizzazione e valutazione delle politiche sociali e sono: la Regione, la Provincia, i Comuni aggregati in ambiti territoriali, le AUSL articolate in distretti e le diverse Amministrazioni statali che in base alle loro specifiche competenze danno il loro apporto alla programmazione (scuola, carcere, giustizia minorile). Le COMUNITA LOCALI composte dai partecipanti del nuovo welfare delle responsabilità condivise: cittadini, famiglie, organizzazioni della cittadinanza attiva, reti informali, cittadini, gruppi di automutuo aiuto. Il TERZO SETTORE che concorre alla programmazione, organizzazione, gestione e realizzazione del sistema integrato dei servizi: onlus, organizzazioni di volontariato, associazione e enti di promozione sociale, cooperative, fondazioni, enti di patronato. Le ORGANIZZAZIONI SINDACALI E ASSOCIAZIONI DI TUTELA DI U- TENTI E DI CONSUMATORI. Le ISTITUZIONI PUBBLICHE di ASSISTENZA e BENEFICENZA-IPAB (da trasformarsi in Aziende pubbliche di servizi alla persona - ASP). Sono chiamati, inoltre, a svolgere un ruolo sociale: Il MONDO ECONOMICO-PRODUTTIVO Il MONDO DELLA RICERCA E DELLA FORMAZIONE. Il Piano di Zona e gli attori coinvolti Il Comune L articolo 6 della legge 328/2000 e gli articoli 15 e 16 della l. 2/2003 tracciano le funzioni e le attività che devono essere svolte dai Comuni. I Comuni, in forma singola o associata, sono titolari delle funzioni amministrative e delle funzioni di programmazione del sistema locale dei servizi sociali a rete, in ambito distrettuale e attraverso il Piano di Zona, in coerenza con il Piano regionale e in raccordo con la programmazione 17

18 Il Piano di Zona e gli attori coinvolti sanitaria. Ai comuni spetta l esercizio delle seguenti attività: programmazione, progettazione, realizzazione del sistema locale dei servizi sociali a rete, indicazione delle priorità e dei settori di innovazione, attraverso la concertazione delle risorse umane e finanziarie, con il coinvolgimento di tutti i soggetti chiamati ad intervenire; erogazione di servizi e attività socio-assistenziali e di prestazioni economiche; autorizzazione, accreditamento e vigilanza dei servizi sociali e delle strutture residenziali e semiresidenziali; partecipazione al procedimento per la definizione degli ambiti territoriali; definizione dei parametri di valutazione per la determinazione dell accesso prioritario ai servizi e alle prestazioni; partecipazione alla programmazione regionale, secondo le modalità previste dal piano regionale degli interventi e servizi sociali. Inoltre, svolgono le funzioni di: promuovere le risorse delle collettività locali tramite forme innovative di collaborazione per lo sviluppo di interventi di auto-aiuto e per favorire la reciprocità tra cittadini nell ambito della vita comunitaria; coordinare programmi e attività degli enti che operano nell ambito di competenza, secondo le modalità fissate dalla regione; adottare strumenti per la semplificazione amministrativa e per il controllo di gestione, atti a valutare l efficienza, l efficacia e i risultati delle prestazioni in base alla programmazione; effettuare forme di consultazione di tutti gli organismi chiamati ad intervenire, per valutare la qualità e l efficacia dei servizi e formulare proposte ai fini della predisposizione dei programmi; garantire ai cittadini i diritti di partecipazione al controllo di qualità dei servizi, secondo le modalità previste dagli statuti comunali. 18 Le funzioni e i compiti dei Comuni vengono esercitati assicurando e promuovendo il concorso dei soggetti del Terzo Settore, dei soggetti senza scopo di lucro e delle Aziende pubbliche di servizi alla persona- ASP, alla progettazione e realizzazione del sistema locale dei servizi sociali a rete, valorizzando i servizi e gli interventi presenti sul territorio. Nella provincia di Bologna tutti i distretti, tranne quello del comune di Bologna sono organizzati in comuni capofila. Il Comune capofila viene indicato dal Comitato/Assemblea dei Sindaci del Distretto e svolge il ruolo preminente nel: coinvolgere i comuni del distretto nella elaborazione degli atti di programmazione, delle scelte operative; dar conto ai comuni dell area dei servizi finanziati e gestiti a livello

19 distrettuale; coordinare le funzioni di informazione, monitoraggio e valutazione; verificare la continuità e l adeguatezza dei rapporti con l AUSL e con il distretto sanitario; rispettare le scadenze assunte dal distretto e quelle poste dalla Regione. La Provincia Dalla 328/2000 (art. 7) si profila per le province un ruolo di supporto conoscitivo, formativo e programmatorio all interno del sistema integrato di interventi e servizi sociali in relazione a: raccolta delle conoscenze e dei dati sui bisogni e sulle risorse rese disponibili da comuni e da altri soggetti istituzionali in ambito provinciale; analisi dell offerta assistenziale per promuovere approfondimenti mirati sui fenomeni sociali più rilevanti, fornendo su richiesta dei comuni e degli enti locali interessati, il supporto necessario per il coordinamento degli interventi territoriali; promozione, d intesa con i comuni, di iniziative di formazione, con particolare riguardo alla formazione professionale di base e all aggiornamento; partecipazione alla definizione e attuazione dei piani di zona. Il Piano di Zona e gli attori coinvolti Dal canto suo, la regione Emilia-Romagna (art.18) sottolinea ulteriormente che le province, oltre a partecipare alla programmazione: promuovono l integrazione delle politiche sociali con le altre politiche settoriali, con particolare riferimento alle politiche del lavoro, della casa, della formazione professionale, dell istruzione, dell educazione e della pianificazione territoriale; rilevano i bisogni e l offerta dei servizi e strutture socio-educative, socio-assistenziali e socio-sanitarie del territorio, anche al fine di implementare il sistema informativo socio-educativo-assistenziale provinciale nell ambito di quello regionale; promuovono la partecipazione dei soggetti del Terzo Settore per favorire il coordinato apporto alla definizione e alla realizzazione del sistema locale dei servizi a rete, anche attraverso accordi e intese. La Regione Con l art 8 della 328/2000, alle regioni viene chiesto di svolgere attività di: coordinamento, indirizzo, programmazione degli interventi sociali e di verifica dell attuazione a livello territoriale; disciplina dell integrazione degli interventi sociali con riferimento all attività sanitaria e socio-sanitaria ad elevata integrazione sani- 19

20 Il Piano di Zona e gli attori coinvolti taria; promozione di modalità di collaborazione e azioni coordinate con gli enti locali, adottando strumenti e procedure di raccordo e di concertazione, allo scopo di garantire il costante adeguamento alle esigenze delle comunità locali; consultazione dei soggetti di Terzo Settore, della cittadinanza e delle Ipab. In particolare, alle regioni spetta, tra l altro, l esercizio delle seguenti funzioni: definizione delle politiche integrate in materia di interventi sociali, ambiente, sanità, istituzioni scolastiche, avviamento al lavoro e reinserimento nelle attività lavorative, servizi del tempo libero, trasporti e comunicazioni; coordinamento di azioni di assistenza tecnica per l istituzione e la gestione degli interventi sociali da parte degli enti locali; determinazione degli ambiti territoriali (di norma coincidenti con i distretti sanitari) e della gestione unitaria del sistema locale dei servizi sociali a rete; sperimentazione di modelli innovativi di servizi in grado di coordinare le risorse umane e finanziarie presenti a livello locale e di collegarsi alle esperienze effettuate a livello europeo; promozione di metodi e strumenti per il controllo di gestione atti a valutare l efficacia e l efficienza dei servizi e delle azioni previste; definizione, sulla base dei requisiti minimi fissati dallo Stato, di criteri per l autorizzazione, accreditamento,e vigilanza delle strutture e dei servizi; definizione dei requisiti di qualità per la gestione dei Servizi e per l erogazione delle prestazioni; predisposizione e finanziamento dei piani per la formazione e l aggiornamento del personale addetto alle attività sociali; sviluppo di strumenti di raccordo, concertazione e cooperazione tra Enti locali e Terzo Settore; determinazione dei criteri per la definizione delle tariffe che i comuni sono tenuti a corrispondere ai soggetti accreditati. 20 La legge 2/2003, accogliendo la 328/2000 anche nelle parti riguardanti il ruolo delle regioni, sottolinea che la regione Emilia-Romagna (art.19): approva il Piano regionale degli interventi e servizi sociali, promuove lo sviluppo dei servizi e la realizzazione degli interventi innovativi e di tutela dei diritti sociali; ripartisce il Fondo sociale regionale; esercita le funzioni in materia di Aziende pubbliche di servizi alla persone e di trasformazione delle Istituzioni Pubbliche di Assistenza e Beneficenza (ipab);

21 organizza e coordina, in raccordo con le province, il sistema informativo dei servizi sociali; promuove iniziative informative e di assistenza tecnica rivolte ai soggetti pubblici e privati operanti nel settore dei servizi sociali, per favorire il concorso alla progettazione sulle iniziative comunitarie e l accesso ai fondi dell Unione europea. L AUSL L Azienda Unità Sanitaria Locale partecipa alla programmazione, gestione e verifica degli interventi integrati e alla elaborazione e gestione dei piani di zona. Lo Stato L art. 9 della 328/2000 sottolinea le funzioni e i poteri di indirizzo, coordinamento e di regolazione delle politiche sociali, spettanti allo Stato, per gli aspetti di: determinazione dei principi e degli obiettivi della politica sociale attraverso il Piano nazionale degli interventi e dei servizi sociali; individuazione dei livelli essenziali ed uniformi delle prestazioni, comprese le funzioni in materia assistenziale, svolte per minori e adulti dal Ministero della giustizia, all interno del settore penale; fissazione dei requisiti minimi strutturali ed organizzativi per l autorizzazione all esercizio dei servizi e delle strutture a ciclo residenziale e semiresidenziale; previsione di requisiti specifici per le comunità di tipo familiare con sede nelle civili abitazioni; determinazione dei requisiti e dei profili professionali in materia di professioni sociali, nonché dei requisiti di accesso e durata dei percorsi formativi; esercizio dei poteri sostitutivi in caso di riscontrata inadempienza delle Regioni; ripartizione delle risorse del Fondo nazionale per le politiche sociali. Il Piano di Zona e gli attori coinvolti Il Terzo Settore e il Volontariato La legge nazionale e quella regionale dedicano ciascuna uno specifico articolo al Terzo Settore (art. 5 L. 328/2000 e art. 20 L. R. 2/2003). Nella prima si specifica: l impegno degli Enti locali, Regioni e Stato nel favorire l attuazione del principio di sussidiarietà, promuovendo azioni per il sostegno e la qualificazione dei soggetti operanti nel terzo settore anche attraverso politiche formative ed interventi per l accesso agevolato al credito ed ai fondi dell Unione europea; il ricorso da parte degli enti pubblici a forme di aggiudicazione o negoziali che consentano ai soggetti operanti nel terzo settore la piena espressione della propria progettualità, avvalendosi di anali- 21

22 Il Piano di Zona e gli attori coinvolti si e di verifiche che tengano conto della qualità e delle caratteristiche delle prestazioni offerte e della qualificazione del personale; l adozione da parte delle regioni di specifici indirizzi per regolamentare i rapporti tra ente locale e terzo settore, con particolare riferimento ai sistemi di affidamento dei servizi alla persona; la disciplina, da parte delle regioni, delle modalità per valorizzare l apporto del volontariato nell erogazione dei servizi. Nella seconda legge, l art. 20 recita che: la Regione e gli Enti locali riconoscono il ruolo e la rilevanza sociale ed economica delle espressioni di auto-organizzazione della società civile in ambito sociale, con particolare riferimento alle Organizzazioni di volontariato, alle Cooperative sociali, alle Associazioni di Promozione Sociale; la Conferenza regionale del Terzo settore è lo strumento per il confronto e la concertazione tra la Giunta regionale e i soggetti del Terzo settore; i soggetti del Terzo settore e gli altri soggetti senza scopo di lucro partecipano alla programmazione, progettazione, realizzazione ed erogazione degli interventi del sistema locale dei servizi sociali a rete. L art. 44 è riferito in modo specifico all Apporto del volontariato alla realizzazione del sistema locale dei servizi sociali a rete. In esso si legge che gli enti locali valorizzano l apporto del volontariato alla realizzazione del sistema dei servizi anche mediante la stipula di convenzioni, per l erogazione di prestazioni di attività, anche di carattere promozionale, compatibili con la natura e le finalità del volontariato. 22 Note 1. Nella provincia di Bologna, l ambito territoriale del Piano di Zona corrisponde al distretto socio-sanitario.

23 I riferimenti a Volontariato e Terzo Settore nella legge regionale 2/2003 Art 2 Principi della legge, comma 2 Art 3 Sistema integrato di interventi e servizi sociali, c. 1 Art 7 Accesso al sistema locale dei servizi sociali a rete. Istituzione degli sportelli sociali, c. 1 Art 15 Comuni, c. 2 Art 18 Province, c. 2b Art 19 Regione c. 1 Art 20 Soggetti del Terzo settore ed altri soggetti senza scopo di lucro, c. 1 e 2 Art 27 Piano regionale degli interventi e servizi sociali, c. 2 e 6 Art 28 Sistema informativo dei servizi sociali, c. 3 Art 29 Piani di zona, c. 6 Art 33 Partecipazione dei cittadini e degli utenti al controllo della qualità e norme per la tutela degli utenti, c. 1 Art 34 Attività di formazione, c. 3 Art 35 Autorizzazione di strutture e servizi socio-assistenziali e socio-sanitari c. 2 Art 38 Erogazione dei servizi mediante accreditamento c. 1 (sostituito da art 39 L. R. 20/2005) Art 43 Istruttoria pubblica per la progettazione comune, c. 1, 2, 3 Art 44 Apporto del volontariato alla realizzazione del sistema locale dei servizi sociali a rete Art 45 Finanziamento del sistema integrato, c. 3 Art 47 Fondo sociale regionale. Spese correnti operative, c. 2 Art 51 Monitoraggio e analisi d impatto Art 52 Valutazione dei servizi nell ambito dei Piani di zona Il Piano di Zona e gli attori coinvolti 23

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25 I CONTENUTI DEL DOCUMENTO PROGRAMMATICO Nel 2005 tutti i distretti socio-sanitari della Provincia hanno redatto il Piano sociale di Zona come documento di programmazione e di definizione delle politiche sociali e socio-sanitarie del triennio Ogni anno è prevista la stesura del Programma Attuativo in cui si presentano i servizi e gli interventi previsti nell anno e le relative risorse per la realizzazione e la gestione. Per l elaborazione del documento distrettuale Piano sociale di Zona (che contiene anche il Programma di attuazione 2005) è stata seguita una strutturazione tendenzialmente simile tra tutti i Piani sociali di Zona dei distretti, con le seguenti sezioni e contenuti 1. Il contesto socio-economico del territorio. Analisi del bisogno e dell offerta. 2. Gli obiettivi strategici e le priorità del piano. 2.1 le fasi del processo di elaborazione e approvazione del piano di Zona: la governance del piano di zona/gli strumenti per un percorso condiviso e partecipato gli attori (dalla definizione dei ruoli alla composizione dei tavoli) il calendario degli incontri 2.2 Dall analisi dei bisogni agli obiettivi strategici triennali per aree d intervento fattori positivi; fattori critici, i bisogni emergenti, gli obiettivi prioritari per aree d intervento: s responsabilità familiari e capacità genitoriali 1 s diritti dei bambini e degli adolescenti 2 s politiche a favore dei giovani 3 s immigrazione, asilo, lotta alla tratta 4 s contrasto alla povertà 5 s prevenzione e contrasto alle dipendenze e altre forme di disagio sociale s politiche a favore di anziani s politiche a favore di disabili s salute mentale Gli obiettivi strategici triennali (per il governo del sistema zonale) su: integrazione delle politiche sociali e sanitarie con le altre politiche modalità di associazione delle funzioni gestionali dei servizi accesso al sistema degli interventi e servizi ufficio di piano formazione continua a carattere zonale e sovrazonale politiche tariffarie e compartecipazione dei costi i contenuti del documento programmatico del Piano di Zona 25

26 i contenuti del documento programmatico del Piano di Zona 3. Il programma attuativo del Verifica dello stato di attuazione dei progetti/interventi approvati nel programma attuativo dell anno precedente I progetti e interventi di sviluppo/innovazione/qualificazione di livello zonale, progetti trasversali, provinciali e sovrazonali del Il bilancio del programma attuativo del Note 1. Nel Piano di Zona di alcuni distretti è denominata anche: politiche per l infanzia, l adolescenza e le famiglie; responsabilità familiari, donne, diritti dell infanzia e dell adolescenza; tutela famiglia, infanzia, maternità ed età evolutiva. 2. In alcuni distretti questa area viene accorpata a quella della famiglia o a quella dei giovani. 3. Questa area non è presente nel distretto di Porretta Terme. 4. Questa area non è presente nel distretto di Porretta Terme. 5. Nei Piani di Zona è denominata anche: politiche di contrasto all esclusione sociale. 6. Presente solo nel distretto di Imola.

27 Parte SECONDA

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29 DISTRETTO DI BOLOGNA comune di Bologna FATTORI POSITIVI, FATTORI CRITICI E PRIORITARI Fattori positivi Informazione Consolidamento del servizio Centro Risorse Handicap. Avvio del progetto regionale Rete dei centri di documentazione e costruzione banca dati su base provinciale relativa all offerta dei servizi/risorse per le persone disabili. Informatizzazione del sistema informativo (relativo ai servizi, utenza, interventi ecc.) realizzato dall Unità Operativa Handicap Adulto dell AUSL di Bologna (distretto di Bologna). Servizi Potenziamento degli interventi finalizzati alla permanenza della popolazione disabile presso il proprio domicilio e/o al sostegno delle famiglie (progetto Vita indipendente, progetto Sostegno a domicilio del malato psichico, Casa Amica, Servizio di Aiuto alla Persona). Avvio dei lavori per la costituzione di Centri provinciali di informazione e consulenza alla cittadinanza (abbattimento barriere, ausili per la vita indipendente e per l autonomia nell ambiente domestico). Erogazione di contributi alla persona disabile e/o alla famiglia (assegni di cura, vacanze estive, barriere architettoniche, acquisto/ adattamento auto). Avvio delle attività della Fondazione Dopo di Noi (apertura sportello giuridico). Incremento interventi di assistenza domiciliare e degli inserimenti nelle strutture residenziali. Avanzamento dei lavori di ristrutturazione per la nuova sede del Polo multifunzionale per le disabilità denominato Corte Roncati. Attivazione di un protocollo per la presa in carico, da parte della UO NPEE, dei bambini dimessi dall UTIN-Osp.Maggiore per il trattamento riabilitativo e la continuità assistenziale, che coinvolge la Pediatria di Comunità ed i pediatri di Libera Scelta. Diritto allo studio Estensione degli accordi di programma per il superamento dell handicap nella scuola (accordo territoriale, integrazione nel nido, differenziazione del disagio dall handicap). Consolidamento dell orientamento e monitoraggio dei percorsi scolastico-formativi che implicano un raccordo sia con il Polo Handicap che con la Salute Mentale Adulti. distretto di Bologna 29

30 distretto di Bologna 30 Estensione in ambito cittadino del progetto Laboratori in rete, in precedenza legato ai quartieri Borgo e Reno. Transizione al lavoro Definizione del protocollo Comune-Provincia e AUSL per migliorare le procedure operative relative all inserimento lavorativo. Mobilità Incremento parco macchine; erogazione di tessere per il trasporto pubblico urbano. Fattori critici Informazione Insufficiente produzione di informazioni utili per la programmazione ed il monitoraggio da parte dei sistemi informativi esistenti (in particolare AUH) e opportunità di inserimento nel lavoro; insufficiente informazione sui bisogni inevasi. Servizi sociosanitari Insufficiente semplificazione delle modalità di accesso ai servizi (sportelli). Mancato azzeramento delle liste di attesa, per carenza di risorse finanziarie a fronte di un sensibile incremento della domanda in costante e crescente ascesa. Insufficiente differenziazione e flessibilità dei modelli di servizio, che attualmente presentano alcune rigidità determinate anche da quanto previsto dalla normativa regionale. Mancanza di un fondo per la non autosufficienza. Mancanza di soluzioni preordinate e strutturate atte a rispondere alle situazioni d emergenza. Diritto allo studio, scuola-formazione Risultati qualitativi non ottimali degli interventi per il diritto allo studio, specie se rapportati con la notevole quantità di risorse finanziarie; disarticolazione nell offerta dei servizi. Carenza di servizi extrascolastici. Precarietà e discontinuità di una parte del finanziamento relativo al progetto Laboratori in rete. Transizione al lavoro Insufficienti risultati nell inserimento nel lavoro. Difficile avvio delle procedure previste dal protocollo d intesa sottoscritto da Provincia, Comune ed AUSL per le politiche per il lavoro. Mancanza di un accordo di programma territoriale sul lavoro. Mobilità Insufficiente attivazione di tutti i supporti necessari per favorire la fruizione dei mezzi pubblici. Mancato rispetto della normativa da parte degli uffici della motorizzazione e del Comune.

31 Mancato affidamento diretto alle Cooperative sociali dei trasporti dedicati (scuola, lavoro ecc.) attualmente vincolato al possesso della licenza di trasporto pubblico non di linea. Mancanza di mezzi accessibili nei trasporti dedicati. Obiettivi prioritari Strumenti per la programmazione e la governance Realizzazione di ricerche mirate sui bisogni della popolazione disabile adulta e infantile. Realizzare la mappatura dei bisogni emergenti (disabilità acquisita, patologie degenerative, doppia diagnosi, bambini ospedalizzati) che offra un quadro di insieme necessario a programmare risorse ed interventi per evidenziare i bisogni espressi e quelli inespressi. Aggiornare, completare e integrare i sistemi informativi, per ottenere informazioni utili alla programmazione e alla verifica dei risultati, in particolare integrare i sistemi informativi scuola-lavoro, servizi sociali e sanitari finalizzati a monitorare il bisogno. Messa a regime e sperimentazione della scheda di valutazione dell'utenza sulle autonomie attuali personali e sociali. Promuovere lo sviluppo di esperienze di economia sociale, attraverso un gruppo di iniziativa dell Ufficio di piano, partecipato dalle Associazioni e Cooperative sociali. Finanziare, anche attraverso il fund raising, l azzeramento delle liste di attesa e l apertura delle strutture in corso di costruzione. Specializzazione di un Azienda Pubblica di Servizi alla persona nei servizi dedicati alle persone disabili che, in una prima fase potrebbe avere la funzione di promuovere l integrazione scuola lavoro, mentre in un secondo momento potrebbe estendere gli obiettivi statutari anche nell area dell assistenza alle persone adulte. Rivedere le norme per sostenere l equità e per promuovere partecipazione e sussidiarietà (carta dei servizi in cui siano definite modalità di accesso e prestazioni garantite, sistema tariffario equo e sostenibile, aggiornamento delle modalità di partecipazione dei soggetti non profit alla pianificazione, programmazione, realizzazione e verifica dei servizi, definizione delle forme di rapporto tra Istituzioni e Organizzazioni non profit, accreditamento dei gestori). Sviluppare la co-progettazione con i soggetti del terzo settore e affrontare i temi connessi alle modalità contrattuali cliente/fornitore. Obiettivi dei servizi per il diritto allo studio Percorso organico scuola-formazione-lavoro con estensione degli accordi di programma al lavoro. Omogeneizzazione dei servizi educativi nei quartieri e nei diversi periodi dell'anno. Rafforzamento del raccordo scuola - territorio, attraverso la mappadistretto di Bologna 31

32 distretto di Bologna 32 tura dell'offerta extrascolastica e di socializzazione impegnando Comune, Istituzioni scolastiche, AUSL ed ASP in uno sforzo di qualificazione del diritto allo studio che comprenda anche il tempo non curricolare. Prevedere anche i percorsi di passaggio dalla scuola al lavoro o alla presa in carico da parte del Servizio handicap adulto. Sostenere ed ampliare, a fronte di un aumento della richiesta da parte delle scuole, il progetto Laboratori in rete; impegnare il Comune in un accordo per rilanciare l integrazione universitaria degli studenti disabili. Obiettivi dei servizi socio sanitari per i minori Promuovere un accordo Comune-AUSL sull'integrazione dei servizi sociali e sanitari a favore dei minorenni con handicap, con priorità per gli interventi educativi e domiciliari. Realizzazione protocollo di presa in carico sociale in occasione della prima richiesta di accesso ai servizi integrati per persone con invalidità o situazione di handicap certificata. Obiettivi dei servizi sociosanitari per gli adulti Promuovere la revisione dei modelli di servizio, con l'obiettivo di rispondere adeguatamente ai diversi tipi di bisogno e individuazione di nuovi progetti legati alle problematiche emergenti (centri diurni, assistenti familiari, appartamenti protetti, emergenza, sollievo ecc.). Stesura di un protocollo relativo al passaggio dal servizio handicap adulti al servizio anziani. Stesura di un protocollo di presa in carico per i progetti di vita delle persone disabili sotto tutela. Istituzione di un servizio di pronto intervento sociale. Potenziare l offerta di soluzioni e servizi finalizzati ad attivare diverse forme di residenzialità (attivazione delle strutture di Caserme Rosse, Portazza, appartamenti via Bovi Campeggi, appartamenti via Pescarola ecc.). Considerare tra le risorse anche le famiglie, sostenendo le attività di cura familiare con opportuni aiuti, accreditando o convenzionando i gestori di servizi non istituzionali ed integrando le famiglie in rete con una informazione formazione adeguate. Inserimento del servizio soggiorni estivi all interno della programmazione e del bilancio. Obiettivi dei servizi per le persone disabili Favorire la mobilità pubblica di linea, con particolare attenzione all'accessibilità alle infrastrutture; protocollo di accoglienza per procedure di trasporto aereo; favorire la mobilità pubblica non di linea; accessibilità dei mezzi, licenze dedicate e fornite alla cooperazione sociale, affidamento diretto del servizio di trasporto per disabili svincolandolo dal possesso della licenza di trasporto pubblico non di

33 linea e con mezzi idonei (accessibili). Favorire la mobilità personale. Defiscalizzazione degli esercizi commerciali che, pur non in obbligo, si pongano a norma. Defiscalizzazione che premia le persone e le famiglie che realizzano la mobilità in forma autonoma. Aggiornamento del piano comunale per l'abbattimento delle barriere architettoniche. Creazione di un ufficio in materia di mobilità e lavori pubblici e realizzazione di un nucleo di polizia municipale dedicato. Rimozione delle limitazioni attuali per favorire il sostegno alla mobilità di persone con disabilità neurologica, cognitiva, relazionale. Risposta ai bisogni delle persone disabili che necessitano di residenzialità, nel rispetto delle singole necessità. Impegnare il Comune ad un accordo con l ACER per sviluppare le iniziative di vita autonoma, anche attraverso uno specifico bando ERP. Promuovere lo sviluppo delle potenzialità insite all interno del protocollo d intesa Comune-Provincia-AUSL per integrare le politiche di inserimento nel lavoro. Impegnare il Comune ad un accordo con la Provincia e le categorie produttive per pianificare un programma di iniziative, con l obiettivo di assicurare uno stabile impiego della cooperazione sociale B nella pubblica amministrazione e in contesti produttivi privati, ma con il sostegno pubblico (gestione servizi comunali, concessioni comunali, obblighi contrattuali per gli aggiudicatari di appalti comunali, sostegno economico pubblico per l occupazione di persone con ridotte potenzialità di produzione). PROGETTI DEL PROGRAMMA ATTUATIVO 2005 Affrontare il dopo Il progetto si propone di costruire le condizioni affinché i familiari di una persona con disabilità (o la stessa persona disabile) possano affrontare per tempo ed in modo più sereno e consapevole le molteplici e difficili problematiche che il pensiero del dopo pone loro. Molte delle angosce che caratterizzano questo tema sono riconducibili ad un senso di incertezza e di confusione generato dalla non conoscenza delle possibili opportunità e delle norme ad esse relative. Riteniamo che la possibilità di un informazione ad ampio spettro, articolata in differenti gradi di approfondimento calibrati sulle esigenze dei richiedenti, unita ad opportunità di formazione specifica, sia il modo più proficuo per affrontare le tematiche del dopo di noi e per porre distretto di Bologna 33

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