Erba medica, la foraggera per eccellenza

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1 Il Divulgatore n 6/2010 Parmigiano Reggiano la qualità nasce in campo Erba medica, la foraggera per eccellenza Passo per passo, i principali orientamenti tecnici per la coltivazione, raccolta e conservazione della specie prativa più diffusa in Italia. La degradabilità della fibra in essa contenuta e il tenore in sostanze proteiche di elevata qualità ne fanno un componente essenziale nella razione alimentare delle bovine da latte. Testi a cura di: Marco Ligabue, Stefano Pignedoli CRPa spa, reggio Emilia Con circa ettari (Istat, 2009) l erba medica rappresenta la specie prativa più diffusa in Italia. Il 38% della superficie investita, pari a ha, si trova in Emilia Romagna; segue la Lombardia con ha e l 8% del totale nazionale. La chiave del suo successo è la rusticità, cioè la capacità di adattarsi a situazioni pedo-climatiche diverse, ma anche la versatilità di impiego del foraggio che può essere utilizzato nell alimentazione delle bovine da latte sia nel foraggiamento verde, sia come fieno prodotto naturalmente al sole o essiccato a temperatura più o meno elevata in azienda o in appositi impianti industriali, previo appassimento in campo. L erba medica appartiene alla famiglia delle Papilionaceae, tribù delle Trifolieae, genere Medicago, specie Medicago sativa L. Si tratta di una specie poliennale, che ha una temperatura ottimale di accrescimento compresa tra 20 e 25 C, intervallo entro il quale si ha la massima velocità di fotosintesi e di azotofissazione. La pianta entra in riposo vegetativo con temperature inferiori a 5 C, ma sopporta temperature invernali Taglia piuttosto elevata: gli steli possono arrivare a cm di altezza. Radice fittonante, molto profonda. Presenza della corona, una struttura compatta, situata a livello del terreno, formata dalla parte basale degli steli. In essa si accumula una parte delle sostanze di riserva e da essa si sviluppano le gemme che danno origine ai nuovi steli. Portamento eretto o semieretto. Steli cavi e ramificati. Foglie di norma trifogliate. le tre foglioline presentano il margine seghettato e sono acuminate all apice; la fogliolina mediana è brevemente picciolata. Sono state recentemente sviluppate varietà multifogliolate che presentano una percentuale variabile di foglie composte da più di tre foglioline. Fiori di colore azzurro-violetto (in alcuni individui anche bianchi o screziati) riuniti in racemi, posti all ascella delle foglie. I frutti sono legumi spiralati a 2-4 giri, con 2-7 semi. Semi con caratteristica forma a rene, più o meno modificata per depressione ai poli, superficie liscia, opaca, colore bruno-giallastro od olivastro e radichetta lunga la metà dei cotiledoni. Il peso di semi è 1,8-2 g. Tecnica colturale La coltivazione in purezza negli ambienti vocati per questa specie è la soluzione che consente di ottenere la massima produzione di proteina per ettaro. La resa in sostanza secca va dalle 13 tonnellate per ettaro del medicaio irriguo in pianura fino alle 6 tonnellate di un impianto in collina senza apporti d acqua ma è comunque influenzata dalle scelte tecniche attuate nel corso della coltivazione sotto il profilo varietale, della concimazione, del diserbo, ecc. Normalmente la medica viene preceduta da un cereale vernino e viene seguita da colture in grado di avvantaggiarsi dell azoto che la leguminosa lascia nel suolo, come una sarchiata o nuovamente un cereale.

2 Per le aziende che necessitano di produrre grandi quantità di foraggio, come sono quelle zootecniche, è possibile la rotazione con la loiessa (loglio italico), in grado comunque di sfruttare la fertilità lasciata dalla medica. La rotazione con altre colture è comunque necessaria, al fine di evitare che l accumulo nel terreno di sostanze tossiche e parassiti specifici comprometta la durata del prato. Varietà in funzione dell ambiente e della destinazione del foraggio Vista l estensione dell areale di coltivazione e la conseguente molteplicità degli ambienti pedo-climatici, la scelta della varietà diventa, nel caso della medica, un fattore estremamente importante per raggiungere un elevata resa produttiva e conservare un adeguata durata del prato. Per ambiente si intende l insieme dei fattori climatici (piovosità, temperature), pedologici (ph, calcare attivo, tessitura del terreno) e orografici (altitudine ed esposizione). Una componente importante dell adattabilità è rappresentata dalla dormienza, che determina il grado di resistenza al freddo invernale. La dormienza è l attitudine della pianta ad arrestare l attività vegetativa per un periodo più o meno prolungato, quale forma di difesa dal gelo. Per gli ambienti dell Emilia Romagna sono utilizzate le varietà dormienti; negli ambienti centro-meridionali sono proponibili le varietà semidormienti o non dormienti. L impiego di varietà selezionate non può comunque prescindere da un adeguata pratica colturale e da una corretta modalità di fienagione, per non compromettere i vantaggi produttivi raggiungibili. In presenza di terreni fertili e con disponibilità irrigua è possibile puntare a un intensificazione produttiva, scegliendo varietà a elevata vigoria, resistenti ai tagli anticipati e frequenti; in questo caso vale la pena anche di preoccuparsi di migliorare la qualità del foraggio, preferendo varietà fogliose e a stelo sottile. Diverso il discorso in situazioni di coltivazione meno favorevoli, ad esempio in aziende collinari senza possibilità di irrigazione, per le quali vanno ricercate varietà di provata rusticità, al fine di garantire una buona durata del prato, con un buon equilibrio fra produzione e qualità del foraggio. Indirizzi per la concimazione ALL ARATURA Interrare 40 t/ha di letame maturo (che forniscono circa 50 kg/ha di P e 250 kg/ha di K) e integrare, in terreni poveri di fosforo, con kg/ha di P. Se non è disponibile il letame, in terreni carenti o con livelli appena sufficienti di fosforo e potassio, apportare kg/ha di P e kg/ha di K. ALLA SEMINA In condizioni di povertà o di cattive condizioni colturali può essere utile un piccolo apporto di azoto (20-30 kg/ha) per sostenere la pianta nei primi stadi di sviluppo, quando la simbiosi non si è ancora instaurata o è molto ridotta. Non superare le dosi indicate per non favorire le infestanti e frenare la simbiosi. NEGLI ANNI INTERMEDI Nei terreni carenti di fosforo si possono distribuire kg/ha di P a fine inverno, ricordando che, se il terreno ha una dotazione superiore alle soglie ricordate, la somministrazione in copertura non giova né alla produzione né alla longevità del prato. Anche per quanto riguarda il potassio, distribuire kg/ha di K a fine inverno solo se il terreno ha livelli analitici inferiori alla soglia di risposta. NELL ULTIMO ANNO Se il prato si presenta più o meno invaso da specie avventizie, può essere conveniente incrementare la produzione complessiva favorendo le graminacee presenti con un apporto di kg/ha di azoto a fine inverno o alla levata, utilizzando i reflui di allevamento, se disponibili. In queste condizioni, in genere, si programma la rottura del prato dopo il primo taglio. Per ottenere buoni risultati dal medicaio, oltre all adattabilità all ambiente, sono da considerare anche altri fattori, tra i quali la conduzione aziendale e la destinazione del foraggio. Per la fienagione tradizionale è preferibile optare per varietà fogliose con persistenza dei palchi inferiori. Sono inoltre preferibili varietà con fusto cavo, che riducono i tempi di essiccazione e di conseguenza le perdite di fienagione, a vantaggio della qualità. In caso di essiccazione del foraggio tramite aeroessiccazione o disidratazione è invece necessario indirizzare la scelta verso varietà resistenti ai tagli anticipati e frequenti, caratterizzati da una precoce ripresa vegetativa dopo l inverno e da elevata vigoria. Questo per assecondare l esigenza di praticare gli sfalci a uno stadio vegetativo anticipato rispetto alla fienagione tradizionale. Anche in questo caso, per avere un elevata qualità del foraggio, in linea con le esigenze nutrizionali del bestiame, è importante che le varietà per questo tipo di tecnica abbiano, comunque, caratteristiche di fogliosità e fusto cavo e non grossolano. Di seguito si riporta, come utile riferimento, un elenco di varietà testate in Regione Emilia-Romagna nel corso di numerose annate, sottolineando tuttavia il fatto che la rete sperimentale regionale si è di fatto arrestata nel 2007 e con essa l aggiornamento varietale: Azzurra, Barlydia, Classe, Delta, Equipe, Ferri, Frigo, Gamma, Garisenda, Gea, Gigante Romea, Iside, Hystory, Isola, La Torre, Legend, Letizia, Linfa, Minerva, Pomposa, Prosementi, PR57N02, Robot, Selene, Triade, Zenith, 4 Cascine. Preparazione del letto e semina In Emilia Romagna la semina della medica va effettuata da marzo fino a metà aprile nella fascia dell alta collina. Essendo una specie a seme piccolo ha bisogno di una buona preparazione del letto, che preveda una rullatura prima ed eventualmente una dopo la semina, per favorire un emergenza del prato pronta e omogenea. In presenza di terreni limosi, l opportunità della seconda

3 rullatura va considerata con attenzione, per la facilità con la quale questi suoli tendono a formare la crosta superficiale; nel caso si opti per effettuarla, è necessario utilizzare rulli scanalati. La distanza tra le fila deve essere di cm, mentre la profondità di semina non deve superare 1-1,5 cm. La quantità di seme da utilizzare va da 25 a 40 kg/ha nei terreni più pesanti o con preparazione meno accurata. Nel corso del primo anno di impianto il prato dovrebbe raggiungere piante/m2; l investimento scende normalmente a piante al quarto anno, in funzione delle modalità di utilizzazione del prato e dell adattamento della cultivar alle condizioni pedoclimatiche. Con investimenti inferiori a piante/ m2 se ne consiglia la rottura. In condizioni ottimali e con una corretta tecnica agronomica, il prato di medica dimostra una longevità di circa 4 anni. Apporti fertilizzanti Il medicaio in produzione è completamente autosufficiente nei confronti dell azoto, grazie alla simbiosi rizobica. Per questo motivo non è necessaria alcuna concimazione azotata e va evitata la distribuzione di liquami in copertura, per non ridurre l efficienza della simbiosi, per non compromettere la durata del prato e per non favorire lo sviluppo delle specie infestanti. PRESUPPOSTI DI UNA CORRETTA STRATEGIA DI DIFESA Utilizzo di varietà tolleranti ai fitofagi o di varietà che, pur in presenza dello stesso numero di individui (larve o adulti), consentono rese soddisfacenti rispetto alle varietà sensibili. In realtà non esiste in Italia una graduatoria di tolleranza varietale, a testimonianza del fatto che il problema dei fitofagi sulla medica è marginale. La tolleranza di una varietà sembra comunque dipendere da composti semi-volatili presenti nei peli ghiandolari dell erba medica, di cui sono particolarmente provvisti i genotipi selvatici. Sanità e vigoria del medicaio sono fattori importanti di tolleranza, per cui le corrette pratiche agronomiche mostrano qui la loro piena validità: la scelta della cultivar più adatta all ambiente pedo-climatico di coltivazione, l ottimale densità di semina e le adeguate cure colturali. Un particolare significato assume il rispetto della rotazione delle colture, con la quale assicurare un congruo numero di anni tra un impianto di medica e il successivo, sia perché si ottiene una coltura più forte e vigorosa, sia perché si provoca l interruzione del ciclo di sviluppo dell insetto e, quindi, una diminuzione dell inoculo. Allo stato attuale, la più valida indicazione operativa rimane quella di effettuare lo sfalcio il più precocemente possibile, asportando il foraggio dall appezzamento appena risulta pronto per la raccolta e la conservazione. In questo modo molte larve, soprattutto quelle più giovani, muoiono perché esposte direttamente alla luce solare e al repentino cambio di temperatura e umidità. Pupe e adulti, invece, sono più resistenti, così che per il ricaccio è da temere l abbondanza di insetti in questi stadi. Per di più le condizioni climatiche favorevoli al ricaccio (temperature fresche e buona umidità) sono favorevoli anche alla sopravvivenza degli insetti. l anticipo non deve essere eccessivo, per non indebolire la coltura e per assicurare la ricostituzione delle riserve radicali, da cui ottenere un ricaccio veloce e abbondante. A questi fini si indica come stadio minimo di sviluppo quello di comparsa dei primi bottoni fiorali. Anche la somministrazione di fosforo e potassio è sconsigliata perché inefficace in terreni in cui le analisi indichino una disponibilità superiore alle soglie, rispettivamente, di mg/kg di P assimilabile (metodo Olsen) e di 150 mg/kg di K scambiabile (metodo Siss). Per quanto riguarda il calcio, elemento di cui la medica ha un elevata richiesta, nei tipici ambienti italiani di coltivazione non si rende necessario alcun apporto, in quanto raramente la coltura viene praticata in terreni con ph inferiore a 6,5. La quantità di fertilizzanti da apportare dipende, oltre che dalla fertilità del terreno, anche dall apporto di letame in fase di preparazione del terreno. Si consiglia quindi lo schema generico di concimazione indicato a fianco, da modulare caso per caso in funzione della situazione aziendale. Diserbo e difesa Sulla medica destinata alla produzione di foraggio il diserbo è consigliato solo in caso di reale necessità, valutando il tipo di infestazione, le caratteristiche foraggere delle infestanti e il costo del trattamento. Il diserbo chimico del medicaio è invece indispensabile nel caso esso sia destinato alla produzione di seme o di farine disidratate. Nelle diverse fasi del prato sono ammessi principi attivi diversi: - solo su medicaio nuovo Benfluralin; - solo su medicaio in produzione Metribuzin; - su medicaio nuovo o in produzione Asulame, 2,4 DB, Diquat dibromide, Glyphosate, Imazamox, Propyzamide, Quizalofopethyl. Per quanto riguarda le avversità, generalmente solo pochi insetti possono raggiungere, nelle aree più densamente coltivate a medica, una diffusione tale da causare problemi alla coltura. Solo negli ultimi anni il problema è divenuto più evidente poiché, a causa del decorso estivo più caldo e siccitoso della norma, si sono registrati attacchi particolarmente diffusi e intensi di afidi, che nutrendosi di linfa rallentano lo sviluppo degli steli, e di coleotteri, in particolare il fitonomo (Hypera postica), la crisomela (Phytodecta fornicata) e l apion (Apion pisi F.). La loro presenza ha richiesto interventi di difesa, normalmente non necessari, per salvaguardare la produzione sotto l aspetto sia quantitativo sia qualitativo: si sottolinea, infatti, che gli attacchi avvengono soprattutto a carico delle foglie, che costituiscono le parti più pregiate del foraggio. La lotta integrata è normalmente sufficiente per prevenire e contenere gli attacchi dei fitofagi, in quanto la medica è una coltura poliennale che offre un riparo stabile per i nemici naturali. Questi ultimi, inoltre, non vengono danneggiati dalla

4 tecnica di coltivazione, dato che raramente vengono usati insetticidi e che la raccolta del foraggio non ne compromette la sopravvivenza. Prima di qualsiasi intervento insetticida occorre valutare la soglia di danno, per stimarne l effettiva convenienza economica. Bisogna quindi tenere conto contemporaneamente sia dell entità dell attacco (numero di larve per stelo, ad esempio), sia dello stadio di sviluppo del prato. La lotta chimica, ove questa non sia vietata da regolamenti e disciplinari di produzione, deve essere eseguita con insetticidi autorizzati per l impiego sull erba medica e solamente in caso di elevata gravità dell attacco. In caso di attacchi rilevanti e se il ricaccio non è sufficientemente sviluppato si può intervenire con i principi attivi ammessi ossia piretrine naturali, lambda cialotrina, tau-fluvalinate, imidacloprid e l acetamiprid. Per quanto riguarda le avversità di origine batterica e fungina, raramente sono causa di danni rilevanti, tali da giustificare interventi fitosanitari. Normalmente una corretta agrotecnica (rotazioni appropriate e una razionale sistemazione del terreno che eviti il ristagno idrico) contrasta l insorgere di tali fitopatie. Effetti dell irrigazione L erba medica è in grado di utilizzare l acqua che si trova in profondità nel terreno, grazie al suo apparato radicale fittonante e profondo; questo consente alla pianta di produrre discrete quantità di foraggio anche nel periodo estivo. In condizioni di siccità la medica risponde bene all irrigazione, con incrementi produttivi anche rilevanti; con un apporto irriguo di m3/ha (pari a 100 mm di pioggia) effettuato in due interventi si possono ottenere aumenti di produzione variabili da 2 a 4 t/ha di sostanza secca, quantità paragonabili alla produzione di un taglio. Anche per l irrigazione, così come per il diserbo, è opportuno considerare attentamente i costi dell intervento e il beneficio che si ottiene, privilegiando l utilizzazione dell acqua di irrigazione sulle colture più idroesigenti. Nell anno di impianto, per evitare il rischio che le giovani piante, trovandosi in condizioni idriche favorevoli, non sviluppino a sufficienza l apparato radicale, è bene ridurre l apporto irriguo a 600 m3/ha (pari a 60 mm di pioggia). EPOCHE DI SFALCI O CONSI GLI ATE PER LA FIENAGIONE TRADIZIONALE Primo sfalcio: nell ambiente dell Emilia Romagna le temperature primaverili sono generalmente insufficienti a garantire una fioritura omogenea del prato, per cui nell individuazione dell epoca ottimale per il primo sfalcio ci si deve basare, più che sulla presenza dei fiori, sull emissione dei nuovi germogli dalla base della pianta; occorre intervenire prima che questi possano essere asportati, insieme alle riserve, o danneggiati con la falciatrice. Produzione estiva: per quanto riguarda gli sfalci successivi al primo, il momento ottimale si ha con la comparsa dei primi fiori; orientativamente si può affermare che è possibile effettuare uno sfalcio ogni 4-5 settimane. ultima utilizzazione: anche per lo sfalcio autunnale spesso la temperatura è insufficiente per la differenziazione di tutte le gemme fiorali e si ricorre all esame dei germogli, come nel caso del taglio primaverile. Occorre comunque tenere presente che tra l ultimo taglio e le prime gelate devono intercorrere circa 4 settimane. Infatti inizialmente la parte aerea si sviluppa a spese delle riserve radicali e solo con una buona copertura fogliare la pianta inizia nuovamente la deposizione di sostanze di riserva nelle radici. PER L ESSICCAZIONE ARTIFICIALE la tecnica dell essiccazione artificiale, sia del foraggio sfuso che del fieno rotoimballato, consente di svincolarsi parzialmente dall andamento climatico e di ridurre sensibilmente le perdite di fienagione; infatti il foraggio permane in campo per un tempo ridotto, vengono limitate le operazioni di rivoltamento e il foraggio viene manipolato quando è ancora umido. Per sfruttare al meglio la potenzialità di questa tecnica è necessario anticipare l inizio dello sfalcio alla fase di bottoni fiorali: ciò consente di caricare in fienile un foraggio di elevata qualità e di ultimare il caricamento quando la qualità del foraggio in campo è ancora accettabile. Quando raccogliere? La scelta dell epoca di sfalcio riveste per l erba medica un ruolo determinante e deve essere gestita in modo da raggiungere il miglior compromesso fra entità della produzione e qualità del foraggio, salvaguardando nel contempo la longevità dell impianto. Il ritardo nell epoca di utilizzazione del foraggio comporta un sensibile scadimento della qualità perché aumentano i costituenti fibrosi e si verifica una progressiva lignificazione degli stessi a discapito della digeribilità; il contenuto proteico decresce. Tale andamento diviene particolarmente evidente dopo la fase di piena fioritura a causa della senescenza e della perdita di foglie a partire dalla parte basale della pianta. Per contro il ritardo dello sfalcio consente di massimizzare la produzione di sostanza secca. Il momento ottimale per la raccolta corrisponde allo stadio di inizio fioritura, quando la qualità del foraggio è ancora buona e le riserve radicali si sono sufficientemente ricostituite. Quest ultimo aspetto è particolarmente importante perché il medicaio ricacci prontamente e si mantenga vigoroso e produttivo nel corso dei tagli e degli anni. Le tendenze più recenti propongono di anticipare le utilizzazioni allo stadio di bottone fiorale (o prefioritura avanzata), cioè al momento in cui nei boccioli si comincia appena a intravedere il colore dei fiori. Una gestione intensiva del medicaio, che preveda l effettuazione degli sfalci in corrispondenza dello stadio di bottoni fiorali, consente di produrre foraggio di elevata digeribilità, quindi in grado di soddisfare le esigenze di bovine ad elevata produzione o di valorizzare il foraggio destinato alla disidratazione e all essiccazione artificiale.

5 Lo sfalcio precoce del medicaio, se ripetuto nel tempo, può compromettere la vitalità delle piante e causare precoci diradamenti del prato. Per questo tipo di gestione è bene utilizzare le varietà di più recente costituzione, specificatamente selezionate per la resistenza agli sfalci frequenti. Nuovi dispositivi per sfalcio e andanatura Per limitare l imbrattamento del foraggio con terra, salvaguardare le gemme basali e ottenere un ricaccio più pronto dopo lo sfalcio, si consiglia di regolare la falciatrice a un altezza di taglio non inferiore a 5 cm. In caso di falciatrice rotativa la velocità non deve essere inferiore a 8-10 km/h; con velocità di lavoro inferiori si ha un eccessiva trinciatura del foraggio, con un aumento delle perdite di fienagione. L uso della condizionatrice a rulli scanalati consente di aumentare la velocità di essiccazione degli steli diminuendo la permanenza del foraggio in campo, indipendentemente dalla tecnica di conservazione utilizzata. In relazione al contenimento dell inquinamento da terra del foraggio sono stati fatti significativi passi in avanti nella meccanizzazione in particolare delle operazioni di sfalcio e messa in andana del prodotto. Nelle falciatrici sono stati introdotti sistemi volti a seguire il profilo del terreno, attraverso la sospensione del gruppo falciante, permettendo una sorta di galleggiamento dell attrezzatura sul terreno: questa innovazione consente di praticare alte velocità di avanzamento riducendo nel contempo pericolosi contatti violenti con il terreno. Un secondo effetto positivo è costituito dalla buona uniformità dell altezza di taglio, che favorisce un ricaccio più uniforme del cotico erboso. In alcuni casi questi sistemi possono fungere anche da dispositivi di sicurezza, qualora si sia in presenza di cumuli di terra o piccoli ostacoli. Tutto ciò si traduce in un aumento della produttività del cantiere di raccolta, in un miglioramento della qualità del foraggio e dell uniformità del prato. Per l operazione di messa in andana del prodotto è recentemente apparso sul mercato un particolare ranghinatore che, anziché trascinare il foraggio per creare le andane, lo carica, tramite denti, su un nastro trasportatore che provvede poi a scaricare il prodotto formando l andana. La principale differenza rispetto ai tradizionali ranghinatori sta proprio nell eliminazione del trascinamento del foraggio con conseguenti livelli inferiori di inquinamenti da terra; il minore maltrattamento meccanico diminuisce inoltre il distacco delle foglie. Produttività del prato Un prato di medica di durata quadriennale fornisce produzioni variabili in funzione dell anno di produzione, della fertilità del terreno e della disponibilità idrica, dell adattamento varietale, della tecnica di gestione Produzione del medicaio in diverse condizioni di coltura (t/ha di s.s.) Condizioni di coltura 1 anno 2 anno 3 anno 4 anno In pianura con coltura irrigua In pianura con coltura seccagna In collina con coltura seccagna Produzioni indicative medie di sostanza secca (t/ha) sono: 13 per il medicaio di pianura irriguo, 11 per quello in coltura seccagna e 6 per il prato in collina. Il numero degli sfalci varia in dipendenza delle condizioni di coltivazione: in pianura si possono effettuare da 4 (in coltura seccagna) a 6 sfalci (in coltura irrigua), mentre in collina raramente si superano le 3-4 utilizzazioni. Il primo sfalcio concentra mediamente dal 40% al 60% della produzione totale, in funzione dell altitudine e della disponibilità di acqua; in pianura, con possibilità di irrigare, si può ridurre l incidenza del primo taglio anche al 30%. Quando conviene la consociazione con le graminacee Se negli ambienti di elezione per la medica la coltivazione in purezza rappresenta la soluzione che consente di produrre la maggiore quantità di proteina per ettaro, la consociazione con le graminacee diventa una valida alternativa nelle aziende zootecniche della pianura irrigua, dove la disponibilità di acqua è sufficiente anche nel periodo estivo e consente un buon sviluppo delle graminacee. In queste condizioni, di gestione (tabella in basso). Produzioni indicative medie di sostanza secca (t/ha) sono: 13 per il medicaio di pianura irriguo, 11 per quello in coltura seccagna e 6 per il prato in collina. Il numero degli sfalci varia in dipendenza delle condizioni di coltivazione: in pianura si possono effettuare da 4 (in coltura seccagna) a 6 sfalci (in coltura irrigua), mentre in collina raramente si superano le 3-4 utilizzazioni. Il primo sfalcio concentra mediamente dal 40% al 60% della produzione totale, in funzione dell altitudine e della disponibilità di acqua; in pianura, con possibilità di irrigare, si può ridurre l incidenza del primo taglio anche al 30%.

6 Quando conviene la consociazione con le graminacee Se negli ambienti di elezione per la medica la coltivazione in purezza rappresenta la soluzione che consente di produrre la maggiore quantità di proteina per ettaro, la consociazione con le graminacee diventa una valida alternativa nelle aziende zootecniche della pianura irrigua, dove la disponibilità di acqua è sufficiente anche nel periodo estivo e consente un buon sviluppo delle graminacee. In queste condizioni, di da una buona qualità del foraggio, a patto che non vengano sfalciate tardivamente. Nella scelta delle varietà è bene orientarsi verso quelle che spigano in corrispondenza della fioritura dell erba medica, cioè a ciclo intermedio o tardivo; in tal modo è possibile sfalciare il prato quando entrambe le componenti si trovano al giusto stadio di utilizzazione, a vantaggio della quantità e qualità del foraggio ottenuto e della longevità del prato. Per realizzare la consociazione si deve utilizzare dal 70 al 50% della quantità di seme rispetto alla semina in purezza per la medica e, per differenza, dal 30 al 50% per la graminacea, ottenendo in tal modo un prato e un foraggio con una presenza più o meno significativa della specie graminacea, preferendo la semina a file alterne o, in caso non si disponga di seminatrice adatta a questo scopo, seminando le due specie sulla fila. Un aiuto alla biodiversità L estesa diffusione di superfici a foraggere che caratterizza il comprensorio del Parmigiano-Reggiano favorisce la presenza di uccelli migratori anche di interesse conservazioni stico contribuendo ad accrescere la biodiversità del territorio. Paolo Corsinotti Provincia di Modena Esiste un legame tra ambienti prativi e presenza di uccelli anche di interesse conservazionistico? Per rispondere a questa domanda è stato svolto dal 2006 un progetto triennale di monitoraggio di una porzione del territorio emiliano, mettendo a confronto le aree interne ed esterne al comprensorio del Parmigiano-Reggiano. Le prime sono caratterizzate dalla presenza di aziende zootecniche da latte con coltivazione prevalente di erba medica e graminacee foraggere oltre che di prati stabili. Questi ultimi, presenti soprattutto a Parma e Reggio Emilia, discendono da un modello di foraggicoltura tradizionale, attualmente in via di estinzione, e presentano una composizione floristica molto ampia e composita. In provincia di Piacenza e di Mantova nell area in sinistra Po - quindi fuori dal comprensorio - sono stati monitorati territori con aziende il cui uso del suolo era costituito prevalentemente da seminativi autunnovernini e primaverili. Il progetto, finanziato da Regione Emilia-Romagna, Province di Modena, Parma e Reggio Emilia e Consorzio del Parmigiano-Reggiano, si è concretizzato attraverso indagini in campo, effettuate da Lipu, la Lega Italiana Protezione Uccelli, in due periodi dell anno - quello riproduttivo e quello di svernamento raccogliendo i dati qualitativi e quantitativi sulle presenze delle diverse specie. I risultati confermano che all interno del comprensorio si rilevano i maggiori indici di diversità, una più ampia ricchezza di specie ornitiche e una percentuale superiore di specie migratrici transahariane nidificanti oltre che di non Passeriformi. Contando che queste ultime specie di uccelli sono più esigenti dal punto di vista ecologico, la loro maggiore presenza è un indice di una migliore qualità dell ambiente. Inoltre per valutare lo stato di salute delle popolazioni di rondini che nidificano nella pianura modenese (comuni di Modena, Spilamberto e Nonantola), nel 2007 sono stati censiti i nidi di rondine abitati e costruiti nelle stalle da latte, mettendoli a confronto con i risultati di analoghe ricerche già svolte in passato dalla Lipu. L indagine ha evidenziato come la forte riduzione del numero di stalle sia stata accompagnata da un altrettanto drastica contrazione del numero assoluto di nidi. Dal 1982 al 2000, infatti, si è passati nel territorio indicato da 630 a 153 aziende con bovini e da a capi da latte allevati. D altro lato la presenza media dei nidi abitati per stalla si è mantenuta abbastanza costante - oscillando tra 8 e 10 con un buon successo riproduttivo - nel periodo per poi precipitare sotto i 4 nel 2007, con l eccezione del 1999 in cui si è registrato il picco di 14 presenze medie. Ciò sta a significare che la popolazione di rondini, fedele in genere ai siti di nascita, è in netta diminuzione, pur continuando a frequentare alcune delle nostre stalle. Inoltre non tutte le strutture di allevamento sono frequentate in maniera indistinta nel periodo riproduttivo da parte delle rondini. Esse infatti prediligono nidificare in ambienti confinati e costantemente accessibili, mentre escludono le strutture per la stabulazione libera, rimediando magari con la scelta di costruire propri nidi nella sala di mungitura o in piccoli edifici di servizio a volte in disuso (piccoli porcili, porticati, garage, ecc.). La specializzazione dei sistemi di produzione con relativa modifica delle strutture di allevamento ha, pertanto, impoverito la diversità biologica del territorio.

7 L essiccazione artificiale I foraggi affienati destinati all alimentazione zootecnica assumono un importanza strategica soprattutto nelle zone vocate per produzioni tipiche come il Parmigiano- Reggiano, per il quale non è consentito l uso di foraggi insilati. La fienagione in due tempi, ossia con pre-appassimento in campo e successiva essiccazione nell apposito impianto, presenta vantaggi non solo in termini di quantità ma anche di qualità del prodotto ottenuto. Per conservare i foraggi si utilizza la fienagione, definita anche conservazione a secco, in quanto consiste nel sottrarre acqua dai tessuti vegetali fino a valori di umidità del 12-15%. A seconda del cantiere di lavoro utilizzato, si individuano due differenti tecniche di fienagione: tradizionale e in due tempi. Con la fienagione tradizionale l essiccazione del foraggio viene effettuata esclusivamente in campo, mentre con quella in due tempi si ha una prima fase di pre-appassimento in campo e una seconda di completamento dell essiccazione nel fienile attrezzato aziendale e presso l impianto. Il vantaggio del secondo sistema è che si riducono le perdite di foraggio che normalmente si verificano durante il periodo che intercorre tra lo sfalcio e la stabilizzazione del prodotto pronto per la conservazione. Perdite quantitative e qualitative Anche dopo essere stata tagliata, infatti, la pianta continua a respirare fino a che non raggiunge un umidità del 15%, anche se il fenomeno subisce un notevole rallentamento con umidità inferiore al 40%. Per queste perdite, che avvengono soprattutto a carico degli zuccheri, si stimano valori intorno al 10-13% per la fienagione tradizionale e del 4-10% per la fienagione in due tempi. Si hanno inoltre perdite per dilavamento causate da eventuali piogge, frequenti nel periodo primaverile, che asportano i componenti nutritivi solubili in acqua e che, nel caso di precipitazioni intense, possono arrivare e superare il 40%. Un ultima tipologia di perdite, causate direttamente dalle attrezzature per la raccolta, sono quelle cosiddette meccaniche, la cui entità dipende dal numero e dal tipo di interventi, stimabili nel 10-12% per la fienagione tradizionale e nel 3-8% per la fienagione in due tempi. Successivamente alla raccolta, si hanno perdite di fermentazione, dovute al compattamento della massa nel foraggio che produce minori scambi gassosi e favorisce l attività di muffe e microrganismi che degradano proteine e carboidrati; queste possono arrivare al 10-15% nella fienagione tradizionale e al 3-10% in quella in due tempi. La tecnica della fienagione in due tempi consente una significativa riduzione delle perdite. Il miglioramento quanti-qualitativo ottenibile grazie alla riduzione delle perdite è amplificato dalla possibilità di raccogliere anticipatamente il primo taglio (già nella terza decade di aprile), ottenendo in tal modo foraggio più digeribile e incrementando la produzione del secondo taglio, che avviene in una stagione più favorevole alla fienagione. Anche i ricacci autunnali possono essere sfruttati più agevolmente, grazie alla ridotta permanenza in campo del foraggio. Per la fienagione in due tempi due sono i cantieri di lavoro che possono essere scelti: raccolta del foraggio sfuso e raccolta del foraggio tramite imballatrice. Essiccazione del fieno sfuso Il foraggio pre-appassito viene raccolto con una macchina autocaricante a umidità variabile tra il 40% e il 50%, per essere successivamente collocato in celle di contenimento dove avviene l essiccazione artificiale con correnti d aria a temperatura ambiente o preriscaldata (+10 C). La fase di caricamento del foraggio nelle celle può avvenire con una insilatrice pneumatica e tubi telescopici o con un caricatore a griffe tramite operatore. I pregi più evidenti di questa tecnica sono l ottima qualità del prodotto e i limitati fabbisogni di manodopera. La tecnica ha però alti costi per investimenti iniziali, possibili problemi di movimentazione del prodotto sfuso e maggiori costi energetici. Per diminuire l impatto degli investimenti, in casi particolari vi è la possibilità di costruire le celle di essiccazione adattando strutture di vecchi fienili. Un consistente risparmio energetico può anche essere ottenuto attraverso l installazione di tetti solarizzati che favoriscono un preriscaldamento naturale dell aria.

8 Essiccazione delle balle di fieno La tecnica dell essiccazione delle balle di fieno ha il pregio di poter utilizzare le stesse macchine della raccolta tradizionale del foraggio, contenendo così gli investimenti iniziali. Rispetto al sistema a fieno sfuso il foraggio deve essere raccolto a umidità meno spinte, intorno al 30-35%, con conseguenti rischi di maggiori perdite di prodotto, ma sostanzialmente le due tecniche presentano uguali vantaggi. Le più diffuse tipologie di impianti di essiccazione, che lavorano come nel caso precedente a temperatura ambiente e con aria preriscaldata, possono essere ricondotte sostanzialmente a due modelli: a platea semplice con o senza ricircolo dell aria e a doppia canalizzazione. Gli impianti a platea sono in genere realizzati con moduli in cemento armato con aperture da cui fuoriesce l aria spinta da ventilatori, su cui vengono posizionate le balle. Negli impianti a ricircolo c è la possibilità di catturare l aria in uscita e di ricondurla al riscaldamento recuperando energia. Negli impianti a doppia canalizzazione l aria viene insufflata da entrambi i lati dei balloni; in genere si tratta di strutture metalliche modulari prefabbricate. Con la tecnica dell essiccazione dei foraggi imballati particolare attenzione va posta nella fase di imballatura, in quanto per un ottimale processo di essiccazione è molto importante l omogeneità della densità della balla. Sotto questo aspetto sono preferibili le imballatrici a camera variabile, che permettono di ottenere balle a cuore duro, che distribuiscono meglio al loro interno l aria proveniente dall impianto di essiccazione. Dal punto di vista operativo per tutti i diversi cantieri, le innovazioni tecnologiche hanno ormai consolidato gli aspetti legati al carico, alla ventilazione e alla deumidificazione dell aria, dando all agricoltore una discreta gamma di possibilità a seconda delle diverse esigenze aziendali, come sistemi di carico pneumatici o a griffe, ventilatori assiali o centrifughi, bruciatori a gasolio o a metano, collettori solari, pompe di calore. Questi processi richiedono comunque una maggiore attenzione da parte degli operatori, che devono valutare con una certa accuratezza i modi e i tempi di intervento nelle varie fasi di raccolta strettamente legata a un ottimale organizzazione dei turni di essiccazione. Disidratazione del foraggio La disidratazione è una tecnica di conservazione del tutto analoga alla fienagione in due tempi, poiché condivide con questa i vantaggi derivanti dalla raccolta anticipata e dalla meno prolungata permanenza del foraggio in campo. Gli impianti di disidratazione di norma hanno capacità di lavoro tale da dominare superfici talora anche molto ampie e, a differenza degli impianti aziendali di essiccazione artificiale, operano a temperature superiori, comprese indicativamente tra 80 e 400 C: le temperature più elevate vengono applicate solo in caso di elevata umidità del foraggio, come avviene ad esempio negli sfalci autunnali, per i quali il pre-appassimento in campo avviene con maggiore difficoltà. L erba, sfalciata ad umidità pari al 75-80%, viene come nei casi precedenti preappassita portando il tenore intorno al 30-50% prima dell immissione nell impianto, riducendo quindi in modo molto significativo le perdite di campo; successivamente il processo di disidratazione riduce in modo molto rapido il tenore fino a valori prossimi al 10%, bloccando qualsiasi processo di fermentazione indesiderata. Il vantaggio produttivo che questa tecnica consente può essere assimilato a quello dell essiccazione ad aria calda, soprattutto se gli sfalci avvengono in epoca precoce e l appassimento in campo non è troppo spinto. La tecnica della disidratazione di tipo industriale si è sviluppata soprattutto negli areali ove è meno presente l allevamento bovino, come ad esempio il Polesine, la Romagna, le Marche e il Lazio e ha consentito di mantenere in tali areali una buona presenza del prato di medica, a tutto favore della fertilità dei terreni e della produttività delle colture in successione. Nella tabella sono quantificati i vantaggi produttivi conseguibili utilizzando i cantieri di raccolta e le tecniche di conservazione brevemente descritte. Queste, pur se in modo diversificato tra loro, riducono le perdite di sostanza secca in campo che avvengono soprattutto a carico delle foglie - la parte più pregiata della pianta di medica - consentendo di preservare la qualità di partenza: per questa ragione, se anziché il solo dato quantitativo in termini di sostanza secca o fieno prodotto, si considera la produzione di proteine o energia, i guadagni dell essiccazione in due tempi rispetto alla fienagione tradizionale si raddoppiano nel caso della ventilazione ad aria fredda, e si triplicano nei casi successivi. Confronto fra i diversi sistemi di conservazione Parametri produttivi Fienagione tradizionale Ventilazione foraggio sfuso ventilazione rotoballe con aria fredda con aria calda Produzione foraggio (t/ha s.s.) Umidità di raccolta (%) < 40 < 60 < 35 Perdite sostanza secca (%) Foraggio ottenuto (t/ha s.s.) 7 8 8,8 7,8 Incremento di sostanza secca rispetto a fienagione tradizionale (%)

9 Il parere di chi ha optato per l essiccatore aziendale L esperienza del caseificio bolognese Sant Angelo con essiccatore aziendale di erba medica. Si lavora per un unico obiettivo: massima qualità della razione, massima qualità del formaggio. Un centro aziendale composto di numerosi edifici case di abitazione, stalla, fienile, ricovero attrezzi ed essiccatore, caseificio con sale cottura, salatura, messa in forma, stagionatura in cui tutto ruota attorno a un unico protagonista, il Parmigiano-Reggiano. È uno di quei posti dove ti toglieresti le scarpe per non sporcare tanto è pulito e funzionale. Si tratta del Caseificio Sant Angelo nella pianura bolognese di San Giovanni in Persiceto, condotto dai Caretti, una famiglia davvero esemplare in cui i due fratelli hanno saputo coinvolgere i rispettivi figli nella conduzione dell azienda agricola e del caseificio, con tanto di spaccio aziendale nel paese e di allevamento dei maiali ogm free per la produzione di insaccati. Ed è proprio Lorenza, rappresentante della nuova generazione familiare e giovane imprenditrice agricola che ci accoglie col sorriso dopo aver addormentato a fatica la sua bimba di due anni. Che bella azienda e che bel caseificio... I nostri genitori dovevano pensarci prima e avere più figli per fronteggiare tutto il lavoro che abbiamo! Un azienda agricola a indirizzo zootecnico con quasi 150 ettari coltivati prevalentemente a erba medica e vacche in lattazione, per 17 mila quintali di quote latte disponibili. Un caseificio che produce ogni giorno circa 30 forme di Parmigiano-Reggiano a partire da un 30% di latte della stalla aziendale mentre il restante è degli allevamenti in zona, tutti nella provincia di Bologna. La nostra ultima realizzazione è la sala di stagionatura: può contenere più di 30 mila forme! Questa struttura è stata realizzata esclusivamente grazie ad un contributo del precedente Psr e lo consideriamo il nostro fiore all occhiello perché ci permette di chiudere in azienda un ciclo produttivo cominciato ben 3 anni prima con l essiccazione della medica. Aderiamo anche a diversi sistemi di gestione della qualità (Uni En Iso 9001/2000) e di rispetto dell ambiente (Iso ed Emas). E l essiccatore per la medica? Lo realizzarono i vecchi nel 99 senza alcun contributo pubblico aggiunge il papà di Lorenza, Oriano Caretti - Funziona a metano e negli 11 anni di attività ha subito un solo intervento di modifica per adeguarsi a specifiche esigenze burocratiche. L umidità viene asportata facendo attraversare uno strato di foraggio da un flusso di aria calda (50-60 C) che permette di abbassare rapidamente l umidità sotto il 10% senza alterare il prodotto e i suoi componenti nutritivi, compresa quella flora batterica autoctona che tanta importanza ha nella tipicità del nostro formaggio. D altro canto la rapida e completa essiccazione del foraggio previene lo sviluppo di muffe e la conseguente contaminazione di micotossine, nocive alla salute dei consumatori e alla qualità del formaggio. La produttività dell impianto di essiccazione è legato a diversi fattori come l umidità del prodotto da essiccare e le condizioni meteo, ma indicativamente si producono quintali all ora. Essiccate solo la medica di vostra produzione? L attività è svolta per il prodotto aziendale e, secondo la disponibilità di tempo, per le aziende che conferiscono latte al caseificio o per altri che poi ci lasciano il prodotto essiccato. In conclusione il beneficio finale è sempre a favore delle forme che escono dal caseificio Sant Angelo! A quale beneficio si riferisce e quali sono state le motivazioni che vi hanno spinto a effettuare questo investimento? Le considerazioni economiche che fa chi produce Parmigiano-Reggiano sono complesse perché devono tener conto del fattore qualità del prodotto, fattore che tutti hanno a cuore ma a cui è difficile dare un valore: la carenza di qualità del foraggio può determinare produzioni di latte per capo più basse, titoli del latte inferiori e quindi minor resa in formaggio, maggiori costi per integrare con mangimi la razione, minor attitudine casearia del latte e maggiori difficoltà nella caseificazione. Queste ultime comportano qualche scarto in più al momento della marchiatura, quindi minor prezzo alla vendita e danno d immagine del caseificio, senza considerare le problematiche di stalla... Tutte queste situazioni a volte possono fare la differenza fra perdere e guadagnare perché fare latte è un attività con margini molto stretti. In definitiva il guadagno in termini di valore alimentare del foraggio essiccato lo rende comunque conveniente, nonostante che l aiuto comunitario esistente al momento della costruzione dell impianto e che copriva buona parte delle spese di gestione dell essiccazione, oggi sia quasi irrilevante. Un esperienza che punta davvero all eccellenza, nell azienda agricola così come nel caseificio... Ma il prodotto finale compensa tanto lavoro e capitale impiegato? Noi vendiamo prevalentemente forme di mesi di stagionatura, è questo che chiede il mercato. In questo periodo i prezzi sono un po più alti e c è qualche soddisfazione, ma se pensiamo che a un chilo di stracchino viene attribuito lo stesso valore economico di un chilo di Parmigiano-Reggiano che ha 2 anni di stagionatura e che viene ottenuto da 16 litri di latte di partenza, c è qualcosa che non torna...

10 Solo foraggio di qualità per le bovine del comprensorio Il Disciplinare di produzione del Parmigiano-Reggiano stabilisce che il razionamento delle vacche da latte si basi essenzialmente sull impiego di foraggi del territorio, affienati o verdi con esclusione degli insilati. È pertanto indispensabile disporre di foraggi di ottima qualità, da verificarsi attraverso opportune analisi che consentano una misura oggettiva del valore nutrizionale. Marco Nocetti responsabile Servizio Tecnico Consorzio Parmigiano-reggiano Una delle caratteristiche più peculiari della filiera del Parmigiano-Reggiano risiede nell utilizzo di foraggi affienati o verdi con la totale esclusione dei foraggi insilati o fermentati: questa pratica è conseguenza inevitabile della scelta di non utilizzare additivi e conservanti durante la trasformazione, garanzia, nel caso specifico, di massima qualità del prodotto. Tale scelta impone però l utilizzo di latte con cariche di spore (più abbondanti negli insilati che nei fieni) estremamente basse, per non dire prossime a zero. È appena il caso di ricordare che le spore non sono un problema per il consumatore, non essendo patogene, ma lo possono essere per i formaggi come il Parmigiano-Reggiano nei quali, durante la lunghissima stagionatura, possono determinare l insorgere di difetti merceologici (gonfiori o spacchi della struttura dovuti alla produzione di gas). Questa scelta, la cui origine risale a decine di anni fa, va col tempo mostrando la sua validità via via che si cominciano a comprendere, o per lo meno a intuire, i meccanismi attraverso cui l uso di fieno anziché di insilato, al di là di contenere il rischio spore, contribuisce a creare nel territorio, e in particolare nella stalla, un ecosistema ricco della preziosa flora lattica mesofila di cui recentemente si è dimostrato il ruolo nella definizione delle caratteristiche organolettiche del prodotto stagionato. Il foraggio, e il foraggio del territorio, è perciò il cardine dell allevamento delle bovine che producono latte per la filiera del Parmigiano-Reggiano: è per questo motivo che il nuovo disciplinare, appena approvato, ha aumentato la quota di foraggio che deve essere di provenienza aziendale dal 35 al 50% (mentre almeno il 75% del totale deve comunque essere di provenienza comprensoriale) e ha vietato anche la sola detenzione in azienda di insilati. Valutare ogni lotto di foraggio somministrato Un interessante acquisizione di questi anni è legata al fatto che anche razioni a base di fieno possono permettere di coprire in modo del tutto soddisfacente da un punto di vista fisiologico i significativi fabbisogni delle bovine che oggi popolano le nostre stalle. È chiaro però che ciò è praticabile prestando massima attenzione alla scelta dei foraggi da includere nelle razioni: essi infatti svolgono un ruolo insostituibile nel promuovere la masticazione, l efficienza motoria e fermentativa del rumine, migliorandone così l ecosistema, ma solo se presentano caratteristiche compositive ottimali. La produzione di foraggi di qualità è pertanto il mezzo più efficace per migliorare le performance produttive ed esaltare le caratteristiche qualitative del latte, dato che l uso di foraggi che apportano fibra degradabile promuove significativamente l ingestione giornaliera di alimenti e, in queste condizioni, permette di formulare razioni che, con minori quantità di mangimi, sono in grado di soddisfare i fabbisogni delle bovine che producono anche significative quantità di latte. Dato che il disciplinare prevede che i foraggi rappresentino almeno il 50% delle razioni, il loro profilo qualitativo è molto importante perché condiziona notevolmente le caratteristiche della razione giornaliera e la risposta produttiva delle bovine. Pertanto è fondamentale essere in grado di valutare le caratteristiche di ogni lotto di foraggio che si somministra alle bovine, sia tramite l analisi sensoriale, insostituibile nelle condizioni pratiche di lavoro e basata sull apprezzamento di colore, rapporto fra steli e foglie, presenza di materiali estranei (terra, sassi, polveri) e di eventuali alterazioni dello stato di conservazione, sia tramite determinazioni analitiche che permettono di avere una misura oggettiva del valore nutrizionale. Tra queste l umidità, il contenuto in sostanze azotate nelle diverse frazioni, le frazioni glucidiche (in particolare fibra neutro NDF, acido detersa ADF e lignina), le ceneri (importante indicatore di pulizia del foraggio) e, ormai da considerarsi necessaria per una gestione tecnicamente avanzata della razione, la digeribilità della fibra: infatti l utilizzo di foraggi che apportano fibra più digeribile promuove una maggiore disponibilità di glucidi per la crescita dei batteri nel rumine ma anche per l ingestione degli alimenti. Entrambi questi fattori promuovono la sintesi di proteine microbiche e l attività secernente della mammella. Diverso il contributo di graminacee ed erba medica I ruminanti hanno precisi fabbisogni di carboidrati fibrosi, per cui è necessario fornirne alle bovine da latte attorno al 35% della razione, di cui il 75% derivante da foraggi. Oltre agli apporti di fibra degradabile, è essenziale garantire anche un minimo apporto di fibra fisicamente efficace, cioè capace di stimolare la

11 masticazione e l attività motoria del rumine, dato che esiste un rapporto molto stretto fra struttura fisica del foraggio e ph ruminale. Poichè le leguminose sono meno efficaci delle graminacee, l utilizzo di sola medica, specialmente se di elevata qualità (cioè friabile e velocemente degradabile), nel piatto unico, può a volte determinare una carenza di fibra fisicamente efficace: in tali casi l associazione con le graminacee (foraggi più resistenti alla frantumazione e con fibra più lentamente degradabile) consente di risolvere il problema. L utilizzo di foraggi con bassa NDF ne fa aumentare l ingestione e se l ingestione degli alimenti è elevata non è necessario ricorrere ad un uso intensivo di mangimi, condizione questa che preserva un equilibrio fermentativo nel rumine più fisiologico, caratterizzato da valori medi di ph più elevati, con maggiore produzione di substrati che la mammella utilizzerà per la sintesi dei grassi e delle caseine del latte. Sulla base di tali premesse è importante conoscere bene le caratteristiche delle diverse essenze foraggere. Tra queste, le graminacee svolgono il principale ruolo di apportare fibra dieteticamente efficace nello stimolare la masticazione e la ruminazione. Questi foraggi, infatti, presentano una struttura caratterizzata da basso peso specifico, elevata resistenza alla frantumazione e maggiore elasticità. Le graminacee sono anche ricche di zuccheri, che svolgono importanti ruoli di modulazione della crescita dei protozoi e dei batteri cellulosolitici nel rumine. I foraggi ottenuti dalla coltivazione di cereali vernini (grano, orzo, triticale, avena, segale, ecc.) o estivi (sorgo, miglio, ecc.) offrono opportunità molto interessanti per soddisfare le necessità aziendali di questa classe di alimenti. L erba medica, che specialmente in pianura è spesso il foraggio principe, apporta fibra velocemente degradabile e rappresenta una fonte di proteina di elevato profilo qualitativo, al punto che, quando è usata in elevate quantità, la necessità di ricorrere ad altre fonti azotate è modesta; l elevata ingestione di sostanza secca che avviene attraverso l uso di questo foraggio grazie alla notevole velocità di transito che induce - consente di adottare livelli di proteine aggiunte con i mangimi molto contenuti. Le ricerche effettuate per valorizzare l uso dei foraggi, e dell erba medica in particolare, hanno consentito di evidenziare alcuni risultati di forte interesse applicativo a fianco riassunti. Tecniche per garantire la degradabilità della fibra L uso di significative quantità di foraggi del territorio, affienati o verdi, con l esclusione degli insilati, è il cardine dell alimentazione delle bovine del comprensorio del Parmigiano-Reggiano: tale impostazione permette di disporre di latte con bassissime cariche sporali e significative cariche di batteri lattici mesofili. Questi tipo di alimentazione richiede però al produttore maggiore impegno rispetto a quello che sarebbe richiesto utilizzando insilati: in particolare la disponibilità di foraggi con elevate caratteristiche qualitative rappresenta una sfida costante per gli allevatori che perseguono elevate performance produttive, mantenendo in ottimale stato di benessere e salute le bovine. L inclusione di elevate quantità di foraggi nelle razioni è possibile solo se la fibra è velocemente degradabile nel rumine. Questa caratteristica deve essere ricercata attraverso appropriate tecniche di produzione e raccolta dei foraggi i cui punti strategici sono: - la scelta e l utilizzo di piante geneticamente selezionate per essere più resistenti all invecchiamento, soprattutto quando esposte a situazioni ambientali difficili; - uno sfalcio dei prati che tenga in debita considerazione la fase di sviluppo della pianta; nel caso della medica si dovrà in particolare perseguire decisamente l obiettivo della raccolta in fase di prefioritura, soprattutto nel periodo estivo; - l utilizzo di tecniche di fienagione mirate a ridurre le perdite di sostanza secca e in particolare delle parti più friabili e digeribili come le foglie, cosa possibile con l uso di appropriate attrezzature e l ausilio di impianti di essiccazione forzata. Il regolamento di alimentazione delle bovine che producono latte per il Parmigiano-Reggiano è quindi adeguato a soddisfare le esigenze nutrizionali delle bovine a elevata produzione se si utilizzano foraggi di elevato profilo qualitativo. Foraggi nella razione, cosa si deve sapere l impiego di quantità elevate di erba medica (fino a 13 kg per capo al giorno) non provoca alcun problema produttivo, ma anzi stimola notevolmente l ingestione di alimenti. Poiché le risposte produttive in termini di latte sono strettamente dipendenti dagli apporti giornalieri di nutrienti, dei fieni è essenziale conoscere il tenore in proteine e la quantità e la digeribilità della fibra, al fine di ridurre l apporto di mangimi senza deprimere le prestazioni. È quindi necessaria la messa a punto di sistemi appropriati di gestione e analisi dei foraggi aziendali o acquistati per ridurre al minimo l uso di fonti proteiche diverse. l ottimizzazione degli apporti aminoacidici e di proteina metabolizzabile, attraverso l impiego di supplementi proteici mirati di buon valore biologico e di aminoacidi by-pass, consente di migliorare significativamente la produzione del latte, la sintesi di caseina e, seppure non costantemente, la resa in formaggio. la valutazione della struttura fisica delle razioni fornite sottoforma di piatto unico è importante per assicurare sufficienti apporti di fibra efficace, che si possono attuare, principalmente, attraverso l impiego di graminacee di buona qualità.

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