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3 Etimologia del nome La parola FORMAGGIO viene da FORMOS, il nome con il quale i Greci antichi chiamavano il canestro di vimini dentro il quale mettevano il caglio per potergli dare la FORMA desiderata. Il "formos" greco divenne poi la "forma" dei romani, che a sua volta si trasformò in "fromage" nella lingua francese, in formaggio in italiano. La leggenda delle origini L uomo primitivo inventò il formaggio perché aveva bisogno di conservare più a lungo possibile il cibo senza che si rovinasse (non esisteva il frigorifero). Probabilmente scoprì per caso che il latte, a contatto con determinati enzimi che si trovano nell intestino di alcuni animali, si trasformava in un prodotto più duro, dal sapore gradevole e capace di conservarsi a lungo. Come avvenne questa scoperta? Una leggenda dice... Un tempo un giovane mercante arabo doveva attraversare il deserto per portare le sue stoffe in un mercato lontano. Era al suo primo lungo viaggio lontano da casa e sua madre, donna assai premurosa, prima di partire lo costrinse a portare con sé tutti i cibi a lui più graditi: cereali, datteri, fichi, carne secca e...latte. Ma il ragazzo non ne volle sapere di caricare sul suo dromedario un orcio di terracotta pieno di latte: era troppo pesante! Allora travasò il latte appena munto in una bisaccia di stomaco di pecora, leggera e maneggevole, e partì. Durante il viaggio si dimenticò di quella preziosa bevanda e mangiò tutto il resto. Quando fu giunto a destinazione si ricordò del latte della mamma e si rammaricò di non averlo bevuto perché certamente adesso, dopo tanti giorni di marcia sotto il sole cocente del deserto e dopo tanti scuotimenti, il latte sarebbe stato disgustoso. Prese allora la bisaccia per poter gettare il latte ormai cattivo ma tanta fu la sua sorpresa quando si accorse che nemmeno una goccia di

4 liquido usciva da quel contenitore. Il latte era diventato solido, giallastro e... non puzzava affatto! Anzi, dalla bisaccia fuoriusciva un gradevole profumo. Con l aiuto di un coltello il giovane rimosse tutta la pelle della sacca liberando quel nuovo cibo che si era creato quasi per magia: era nato il primo formaggio. Elaborazione di Bisia La classificazione dei formaggi I formaggi si suddividono in varie categorie a seconda di diversi criteri: contenuto d'acqua, tecnologia e temperatura di lavorazione della cagliata, stagionatura. In base alla consistenza: - formaggi a pasta molle (acqua superiore al 45%), - formaggi a pasta semidura (acqua tra il 40 e il 45%), - formaggi a pasta dura (acqua inferiore al 40%). In base alla tecnologia e alla temperatura di lavorazione della cagliata: - formaggi a pasta cruda (la cagliata non subisce alcun riscaldamento), - formaggi a pasta semicotta, (il riscaldamento non supera i 48 C), - formaggi a pasta cotta (riscaldando la cagliata oltre i 48 C). I formaggi a pasta filata, caratterizzati da una filatura della cagliata in acqua calda, possono rappresentare un gruppo a sé stante.

5 In base alla stagionatura: - formaggi freschi (non stagionati e consumati entro pochi giorni), - formaggi stagionati a maturazione breve (stagionati meno di un mese), - formaggi stagionati a maturazione media (non più di 6 mesi), - formaggi stagionati a maturazione lenta (oltre i 6 mesi di stagionatura). La preparazione del formaggio Il formaggio è il prodotto derivante da due trasformazioni operate sul latte: una enzimatica (da parte del caglio) e una fermentante da parte dei microorganismi lattici. 1: la preparazione del latte Il formaggio si può ottenere da qualunque tipo di latte contenente caseina: i latti più usati sono quelli di vacca, pecora, capra e bufala. Prima di iniziare la produzione del formaggio può essere necessaria la correzione della quantità di grassi contenuti nel latte. Generalmente si effettua una riduzione del tenore di grassi. 2: l insemenzamento Nella quasi totalità dei formaggi vengono aggiunte al latte colture microbiche specifiche che modificano la composizione del latte fornendo enzimi in grado di caratterizzare la maturazione del formaggio. Gli insemenzamenti, anche detti innesti, possono essere naturali se i microorganismi sono quelli naturalmente presenti nel latte, o selezionati, se preparati in laboratorio. Questi ultimi si suddividono in lattoinnesti e sieroinnesti. Nei primi le colture sono fatte crescere nel latte, vengono utilizzati per produrre formaggi molli (crescenza, stracchino, gorgonzola). Nei secondi i microorganismi vengono coltivati nel siero del latte, vengono utilizzati per produrre formaggi a pasta cotta (parmigiano, grana). Gli innesti fungini sono particolari tipi di innesti composti da muffe del tipo Penicillum roqueforti o camemberti o Aspergillus, che vengono aggiunti in seguito alla formazione della cagliata sottoforma di spore che germineranno durante la maturazione. Tramite questi innesti si producono i formaggi "blu", come il Gorgonzola, il Roquefort, lo Stilton.

6 3: coagulazione Questo fenomeno consiste nella formazione di una massa gelatinosa di caseina (detta cagliata), che si addensa inglobando la maggior parte del grasso. Ciò che rimane è chiamato siero, un liquido contenente le proteine del siero, una piccola parte del grasso, e la maggior parte dell'acqua. La coagulazione avviene utilizzando il caglio. I principi attivi del caglio sono gli enzimi rennina, chimosina e la pepsina. Il caglio tradizionale è ottenuto dalla mucosa del abomaso (il quarto stomaco) seccato e macinato del vitello o del capretto lattante, ma esistono anche surrogati di origine vegetale e microbica. Non sarebbe possibile, infatti, soddisfare la richiesta mondiale solo utilizzando quello naturale. La formazione della cagliata può avvenire anche quando il latte acidifica: è quello che succede quando il latte "va a male". 4: rottura della cagliata Per facilitare lo spurgo del siero (che deve essere completamente allontanato) la massa gelatinosa viene frantumata con fili di acciaio e lamine, con un tipico movimento di "mescolamento": in questo modo aumenta la superficie dalla quale il siero fuoriesce. 5: cottura A seconda del tipo di formaggio, la cagliata viene riscaldata a temperature variabili da gradi (formaggi cotti e semicotti), per tempi variabili da 15 a 90 minuti. I formaggi crudi non subiscono alcun riscaldamento. 6: estrazione e messa in forma La cagliata viene estratta dal siero e riposta in stampi o fascere di forma e dimensioni tipiche del formaggio da produrre. Qui prosegue lo spurgo dal siero, che può essere facilitato dalla pressatura della forma. A questo punto inizia la seconda fase, ovvero la maturazione, durante la quale i fermenti lattici naturalmente presenti nel latte di partenza, e quelli aggiunti in seguito, cominciano a riprodursi e a dare al formaggio le caratteristiche organolettiche peculiari. I formaggi freschi a pasta molle vengono messi a maturare in luoghi caldi e umidi per alcune ore, per completare lo spurgo e facilitare la fermentazione lattica. I formaggi a pasta dura e lunga stagionatura vengono lasciati spurgare per qualche ora, mentre la maturazione vera e propria inizia dopo la salatura.

7 7: salatura Questa operazione (obbligatoria per tutti i tipi di formaggio) può essere fatta a secco, per sfregamento (un po' come si fa con i prosciutti), oppure immergendo le forme in salamoie con il 18-24% di sale. Il sale dà sapore e funge da conservante. 8: maturazione Questa operazione può durare da qualche giorno a più di due anni, e avviene in celle di stagionatura (casere) a temperatura e umidità costante. Una volta veniva effettuata in grotte. La maturazione avviene a temperature di 5-10 gradi per i formaggi a pasta molle, e gradi per quelli a pasta cotta. I formaggi del Lazio In questo sito una lista completa Le seguenti informazioni sono invece prese da Il Lazio è il regno assoluto del pecorino romano intendendo quello di grandi dimensioni e dal sapore lievemente pungente, talvolta con minuscola occhiatura, che si compera a pezzi e si usa sia a tavola sia da grattugia. Non è tuttavia il solo. La regione conferma, sotto il profilo caseario, quelle tradizioni di pastorizia che già la caratterizzavano in epoca latina. Oltre a quello romano esistono altri tipi di pecorino, caratteristici di ben precise aree di produzione. È tuttavia un fatto che il solo latte che viene lavorato è quello di pecora. Esiste, è vero, un'area del Basso Lazio, in provincia di Frosinone, dedita all'allevamento vaccino, ma gli animali sono bufali con il cui latte si produce la relativa e notissima mozzarella, protetta da una denominazione di origine che si estende fino a Paestum. CACIOTTA ROMANA L'Italia centrale conta numerose caciotte basse e generalmente rotonde, di grandezza e peso non elevati (raramente oltre il chilo) e a pasta morbida. È un formaggio molto diffuso che può essere consumato fresco o semistagionato. Appartiene alla grande famiglia dei pecorini, ma alcuni produttori mettono sul mercato caciotte di latte ovino e vaccino insieme e perfino di solo latte vaccino. Sono rinomate le caciotte di Subiaco, pregiate quelle di Serrone e di Cassino. La caciotta romana, reperibile nei menù di tutti i ristoranti della capitale, ha i

8 suoi punti di forza nei comuni che circondano il Lago di Bracciano e in quelli della riviera tirrenica settentrionale, da Fiumicino a Civitavecchia. La regola vuole che la caciotta nasca nei mesi più freddi: il latte intero viene scaldato fino a C, quando l'operatore aggiunge zafferano e l'indispensabile caglio. Il formaggio resta ancora ventiquattro ore a riposare nelle fascere, poi viene immerso nella salamoia per un tempo breve o lungo, secondo la forma che si è scelta e le caratteristiche che si vogliono ottenere: per le forme piccole e tonde bastano solitamente dieci-quindici giorni, per le caciotte cilindriche si richiedono alcuni mesi. Risultato: più morbide e dolci le prime, di gusto più deciso le altre. La caciotta può integrare un secondo piatto leggero o, meglio, sostituirlo. Può servire da merenda, ma anche per condire una buona pasta: c'è chi l'adopera tagliata a fettine sottilissime, per arricchire un'insalata. FORMAGGIO DI CAPRA E MARZOLINA Prodotto tipico di Castel Madama, nella Valle dell'aniene, e dei comuni vicini, dove da tempo immemorabile l'allevamento delle capre è fra le esigue risorse di un'economia povera. Il formaggio di capra fresco è un prodotto non salato, povero di grassi e dunque dietetico: colore bianco, forma cilindrica del peso di 250 grammi circa. Se ne fanno in media duecento quintali all'anno. Il latte di capra è la base irrinunciabile di un prodotto caseario del tutto particolare, tipico del Basso Lazio: la marzolina. Si tratta di un formaggio aromatico e lieve, a basso contenuto di grassi, riconoscibile dal colore bianco-ambrato e dalla caratteristica forma conica. Singolari sono le modalità della stagionatura, che talvolta avviene in damigiane di vetro a collo largo dopo un primo appassimento su leggeri graticci di canne disposti all'interno di locali comunque aerati e il più possibile freschi. Un formaggio gradevole, digeribile, ma non facilmente reperibile, data la modesta produzione. I luoghi d'origine sono in Ciociaria (Amaseno, Picinisco, Arpino, Falvaterra, Pico, Vallecorsa, Morolo) e in alcune località della provincia di Latina (Lenola e Campodimele). PECORINO AFFUMICATO È una specialità di Guarcino e Vico nel Lazio, comuni ciociari di antica vocazione agricola. Il latte rigorosamente ovino viene riscaldato e arricchito di caglio come il pecorino tradizionale. L'affumicatura avviene contemporaneamente alla stagionatura, che dura circa sei mesi: si usano bracieri costruiti dagli stessi produttori. Il pecorino affumicato è riconoscibile dalla forma leggermente più tonda, dal colore bianco molto opaco e dal caratteristico sapore, aromatico e decisamente sapido. Una piccola parte di quel che si produce è confezionato sotto vuoto.

9 PECORINO CIOCIARO Possiede caratteristiche proprie anche il pecorino che i pastori ciociari da sempre producono per se stessi o su commissione delle famiglie non dedite all'allevamento. La stagionatura è di regola più breve rispetto al pecorino tradizionale, non più di due mesi: si parla infatti di prodotto semistagionato. Il sapore è di conseguenza più aromatico e leggero, il colore giallo paglierino. Il peso oscilla tra i due e i tre chilogrammi. PECORINO DI AMATRICE I produttori di Amatrice e di Leonessa, all'estremità settentrionale della regione, usano immergere la pasta in una leggera salamoia, che ne fa un prodotto meno piccante e aspro. La stagionatura del pecorino di Amatrice va dai tre ai sei mesi. Le forme sono, rispetto al pecorino romano, più piccole: raramente superano i due chilogrammi. PECORINO ROMANO La legge che attribuisce al pecorino romano la denominazione d'origine controllata ne consente la produzione anche in Sardegna. I sardi fanno largo uso di tale possibilità: una quota rilevante del formaggio insignito di questo titolo viene infatti dall'isola. Il periodo di produzione va normalmente da novembre a giugno. La tecnica è antica: al latte ovino intero opportunamente riscaldato si aggiunge caglio di agnello o di capretto. La cagliata viene cotta per un quarto d'ora e quindi distribuita nelle fascere: è abitudine del casaro punzecchiarla con un bastoncino apposito per far uscire il siero. Il formaggio viene poi salato a secco e posto a stagionare per otto mesi almeno in ambiente ventilato e fresco, con l'avvertenza di strofinarne la crosta con olio d'oliva o altri grassi idonei per impedirgli di seccare e spaccarsi. Al termine, le forme sono tinte di marrone con terre speciali. Le caratteristiche organolettiche sono strettamente connesse alla stagionatura, che si compie normalmente dopo la scadenza dell'ottavo mese. Non è difficile distinguere il prodotto stagionato da quello fresco: il primo è di sapore assai più deciso, l'altro è dolce e aromatico. La pasta del pecorino poco stagionato è tenera, al contrario di quella del pecorino che comincia a invecchiare, dura e spesso granulosa. Le forme sono cilindriche a facce piane, ognuna di un peso che oscilla fra gli otto e i venti chilogrammi. La pasta ha colore bianco paglierino e aspetto compatto con un'occhiatura più o meno evidente: dai buchi trapela a volte un liquido leggermente verdognolo dal profumo caratteristico. Il pecorino romano viene utilizzato sia come formaggio da tavola sia da grattugia, a completamento di piatti tipicamente regionali come le paste all'amatriciana, la minestra di broccoli, i rigatoni con la pajata, la pasta cacio e

10 pepe, gli spaghetti alla carbonara. È anche il protagonista delle tradizionali merende primaverili che lo vedono magnifico compagno delle fave e dei vino dei Castelli. RICOTTA DI CAPRA DELLA SABINA La regione reatina produce una ricotta più dolce, bianca e cremosa di quella tradizionale. È fatta con latte di capra. Fra i latticini, la ricotta è quello che meglio si presta agli usi di cucina. Innumerevoli sono le ricette che ne richiedono l'impiego, lunghissima la serie dei dolci di cui è ingrediente essenziale. Il che non impedisce che la ricotta possa essere usata come dessert autonomo, magari irrorata di un liquore dolce o di cioccolata liquida, o per completare un antipasto. Da ricordare la possibilità di inserirla anche nel fritto misto all'italiana. RICOTTA ROMANA La ricotta è un latticino che nasce sotto molti cieli. Le caratteristiche cambiano secondo le latitudini: la ricotta romana è fra le più lodate d'italia. A suo modo può essere considerata un archetipo: tradizionalmente fatta con latte di pecora, ha conosciuto in tempi recenti la variante del latte vaccino, che ne modifica sensibilmente il gusto e perfino la digeribilità. La ricotta romana si fa, come tutte le altre, col siero residuato dalla lavorazione del formaggio, che viene riscaldato per la seconda volta (ricotta vuol dire cotta due volte) oltre i C, finché dal tutto emerga un coagulo bianco che sale in superficie, dove viene raccolto e trasferito in appositi cestelli, indispensabili per consentire lo sgocciolamento del prodotto. La ricotta fresca non ha bisogno di altri adempimenti; la ricotta salata si ottiene tagliando a fette e mettendo sotto sale quella fresca. La produzione è estesa in tutto il Lazio. L'aspetto è compatto, il colore bianco, la forma abituale a tronco di cono. Ricette a base di formaggio 0

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