Capitolo I. La tassazione della successione.

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1 Capitolo I La tassazione della successione. La disciplina della successione LA NUOVA IMPOSTA SULLE SUCCESSIONI L'art. 2, c. 47 e seguenti, della L.24/11/2006, n. 286 ha ripristinato l'imposta sulle successioni, a decorrere da quelle aperte a partire dal 3 ottobre E' quindi decaduta, retroattivamente, la diversa disciplina già dettata dall'art. 6 del D.L. n. 262/2006. La disciplina suindicata è stata ulteriormente modificata - con decorrenza dal 3 ottobre dall'art. 1, commi da 77 a 79, della L. 27/ n. 296 ed è in vigore dal 1 /1/ L imposta sulle successioni e donazioni era un imposta progressiva commisurata per scaglioni di valore imponibile con aliquote crescenti. Era costituita da un unico tributo, organizzato su due serie di aliquote: la prima riferita all asse globale della successione, la seconda in base al rapporto di parentela con il de cuis. Le modifiche della L. 342/2000 La L. 342/2000 aveva modificato i principi con i quali si calcolava l imposta. Cioè le aliquote restavano invariate qualunque fosse l ammontare della base imponibile. Tale meccanismo era temperato dall istituto della franchigia: cioè un minimo che non scontava l imposta. La soppressione dell imposta di successione e donazione L art. 13 L.18/10/2001 n. 383 aveva disposto la soppressione dell imposta di successione e donazione. Per le successioni di persone morte dal 25 ottobre 2001 al 2 ottobre 2006 si pagavano solo le imposte ipotecarie e catastali relative agli immobili caduti in successione, con possibilità di chiedere le agevolazioni prima casa. La dichiarazione di successione non doveva essere presentata nel caso in cui l eredità fosse composta da altri beni (comprese aziende, quote sociali, conti correnti, titoli ). Il ripristino dell imposta Il comma 47 dell allegato alla L. 24 novembre 2006 n. 286, con effetto per le successioni apertesi dal 3 ottobre 2006 ha ripristinato l imposta sulle successioni e donazioni. 47. È istituita l imposta sulle successioni e donazioni sui trasferimenti di beni e diritti per causa di morte, per donazione o a titolo gratuito e sulla costituzione di vincoli di destinazione, secondo le disposizioni del testo unico delle disposizioni concernenti l imposta sulle successioni e donazioni, di cui al decreto legislativo 31 ottobre 1990, n. 346, nel testo vigente alla data del 24 ottobre 2001, fatto salvo quanto previsto dai commi da 48 a Per quanto non disposto dai commi da 47 a 49 e da 51 a 54 si applicano, in quanto compatibili,le disposizioni previste dal citato testo unico di cui al decreto legislativo 31 ottobre 1990, n. 346, nel testo vigente alla data del 24 ottobre La struttura dell'imposta sulle successioni è, salve le diverse aliquote ora previste, sostanzialmente quella risultante dalle modifiche apportate al T.U. dalla L. n. 342/2000 (su cui cfr. la Circ. Min. Fin. 16 novembre 2000 n. 207/E); in particolare: l'imposta di successione non colpisce, a differenza di quanto avveniva prima del 2000, l'asse ereditario globale, ma unicamente le singole attribuzioni in capo ad eredi o legatari La nuova imposta sulle successioni colpisce tutti i beni e diritti, mobiliari ed immobiliari, oggetto di trasferimento, salve le eccezioni espressamente previste dalla legge. Comprende anche quindi, 1

2 1. il denaro, 2. qualsiasi tipo di rapporto bancario: saldi di conti correnti, titoli, quote di fondi comuni di investimento ed altri valori mobiliari (per i quali, pertanto, le banche, ai sensi dell'art. 48 T.U., dovranno nuovamente richiedere agli eredi prova della presentazione della dichiarazione di successione, salvo che nell'ipotesi di esenzione dall'obbligo di presentazione della dichiarazione, ex art. 28, comma 7, T.U.). Sinossi dei Principi applicabil Si applicano le disposizioni del testo unico per le successioni apertesi dal 3 ottobre ) Il termine per la presentazione della dichiarazione : è dodici mesi dall'apertura della successione (art. 31 T.U.). 2) E possibile la dilazione di pagamento dell'imposta di successione (art. 38 T.U.); 3) Esistono divieti ed obblighi a carico del notaio e di terzi, in particolare per quanto riguarda questi ultimi, riguardo ai beni mobili e debiti nei confronti degli eredi del defunto (art. 48 T.U.); 4) Si applica la disciplina riguardante l apertura di cassette di sicurezza (art. 48, comma 6, T.U.). 5) E prevista l estensione dell imposta, a tutti i beni e diritti, mobiliari ed immobiliari, oggetto di trasferimento mortis causa, Es. denaro, conti correnti, titoli, quote di fondi di investimento, con esclusione dei soli beni espressamente indicati dalla legge; 6) C è l autoliquidazione delle imposte ipotecarie e catastali, l'imposta di bollo e le tasse ipotecarie mentre l imposta di successione è liquidata dall ufficio; 7) Sono esclusi i beni venduti da meno di sei mesi; 8) si devono ammassare le donazioni precedenti, comprese quelle fatte nel periodo in cui l imposta è stata soppressa (donazioni tra il 25 ottobre 2001 e il 2 ottobre 2006); ( non tutti concordano su questa interpretazione ) 9) Il valore dei beni immobili è determinato, ai sensi degli artt. 14 e 34 del d. lgs. n. 346/1990, tenendo conto del loro valore venale in comune commercio, e riguardo i fabbricati iscritti al catasto dei fabbricati ed ai terreni non edificabili, è possibile avvalersi della c.d. valutazione automatica (su base catastale). 10) Nel valore delle aziende e partecipazioni in società, non si deve calcolare l avviamento 1. 11) Nella dichiarazione di successione possono essere indicate le passività deducibili (artt. 20 ss. T.U.), tra cui le spese mediche e funerarie; queste ultime, in particolare, se risultanti da regolari quietanze sono deducibili in misura non superiore a euro 2.032,91 (art. 24 T.U.). 12) Si applica la presunzione di cui all art. 9.2 del testo unico, secondo cui sono compresi nell attivo ereditario denaro, gioielli e mobilia, nella misura del 10 per cento del valore imponibile con riferimento alle quote attribuite ai singoli beneficiari (Circ. Min. Fin. 16 novembre 2000 n. 207/E). 13) Si applicano le esenzioni da imposta previste dall'art. 3 del T.U. con imposte ipotecarie e catastali (art. 1, comma 2, e art. 10, comma 3, del d. lgs. n. 347/1990). Attenzione: A seguito dell entrata in vigore della L. 30/07/2010 n.122 per cedere beni caduti in successione è necessario trascrivere l accettazione d eredità. Sono esenti i trasferimenti: a) a favore dello Stato, delle regioni, delle province e dei comuni, 1 Cfr. gli artt. 15 e 16 del d. lgs. n. 346/1990, come modificati dall'art. 69, comma 1, della legge n. 342/2000; e l'art. 1, comma 78, della legge n. 296/2006, che ha aggiunto il n. 1-bis all'art. 8 del d. lgs. n. 346/

3 b) a favore di enti pubblici e di fondazioni o associazioni legalmente riconosciute, che hanno come scopo esclusivo l'assistenza, lo studio, la ricerca scientifica, l'educazione, l'istruzione o altre finalità di pubblica utilità, c) a favore di O.N.L.U.S.; d) a favore di enti pubblici e di fondazioni o associazioni legalmente riconosciute, disposti per le finalità di cui sopra, quindi l'assistenza, lo studio, la ricerca scientifica, l'educazione, l'istruzione o altre finalità di pubblica utilità; e) a favore di movimenti e partiti politici (art. 3.4-bis) f) a favore dei discendenti i trasferimenti di aziende e quote sociali 14) Non concorrono a formare l'attivo ereditario: i titoli del debito pubblico, fra i quali BOT e CCT (art. 12.), altri titoli di Stato, garantiti dallo Stato o equiparati, nonché ogni altro bene o diritto, dichiarati esenti dall'imposta da norme di legge (art. 12); i veicoli iscritti nel pubblico registro automobilistico (art. 12); i beni culturali (di cui all'art. 13), alle condizioni ivi stabilite (art. 12). Art Beni non compresi nell' attivo ereditario Testo in vigore per gli atti e le scritture presentati per la registrazione dal 29 novembre 2006 e per le successioni apertesi dal 3 ottobre 2006 Testo ripristinato e modificato dall'art. 2, commi 47, 52, lettera b), D.L. 3 ottobre 2006, n. 262 [1] Non concorrono a formare l' attivo ereditario: a) i beni e i diritti iscritti a nome del defunto nei pubblici registri, quando è provato, mediante provvedimento giurisdizionale, atto pubblico, scrittura privata autenticata o altra scrittura avente data certa, che egli ne aveva perduto la titolarità, salvo il disposto dell' art. 10; b) le azioni e i titoli nominativi intestati al defunto, alienati anteriormente all' apertura della successione con atto autentico o girata autenticata, salvo il disposto dell' art. 10; c) le indennità di cui agli articoli 1751, ultimo comma, e 2122 del codice civile e le indennità spettanti per diritto proprio agli eredi in forza di assicurazioni previdenziali obbligatorie o stipulate dal defunto; d) i crediti contestati giudizialmente alla data di apertura della successione, fino a quando la loro sussistenza non sia riconosciuta con provvedimento giurisdizionale o con transazione; e) i crediti verso lo Stato, gli enti pubblici territoriali e gli enti pubblici che gestiscono forme obbligatorie di previdenza e di assistenza sociale, compresi quelli per rimborso di imposte o di contributi, fino a quando non siano riconosciuti con provvedimento dell' amministrazione debitrice; f) i crediti ceduti allo Stato entro la data di presentazione della dichiarazione della successione; g) i beni culturali di cui all' art. 13, alle condizioni ivi stabilite; h) i titoli del debito pubblico, fra i quali si intendono compresi i buoni ordinari del tesoro e i certificati di credito del tesoro; i) gli altri titoli di Stato, garantiti dallo Stato o equiparati, nonché ogni altro bene o diritto, dichiarati esenti dall' imposta da norme di legge; l) i veicoli iscritti nel pubblico registro automobilistico. 15) Trovano altresì applicazione le riduzioni di imposta (art. 25) 2 ; in particolare: 2 Art Riduzioni dell' imposta.testo in vigore per gli atti e le scritture presentati per la registrazione dal 29 novembre 2006 e per le successioni apertesi dal 3 ottobre 2006.Testo ripristinato dall'art. 2, comma 47, D.L. 3 ottobre 2006, n

4 successioni o donazioni nel quinquennio 3 ; trasferimento di beni immobili culturali non sottoposti a vincolo anteriormente all apertura della successione; [1] Se la successione è aperta entro cinque anni da altra successione o da una donazione avente per oggetto gli stessi beni e diritti, l' imposta è ridotta di un importo inversamente proporzionale al tempo trascorso, in ragione di un decimo per ogni anno o frazione di anno; se nella successione non sono compresi tutti i beni e diritti oggetto della precedente successione o donazione o sono compresi anche altri beni o diritti, la riduzione si applica sulla quota di imposta proporzionale al valore dei beni e dei diritti compresi in entrambe. [2] Se nell' attivo ereditario sono compresi beni immobili culturali di cui all' art. 13, non sottoposti anteriormente all' apertura della succesione al vincolo previsto nell' art. 2 della legge , n. 1089, l' imposta dovuta dall' erede o legatario al quale sono devoluti è ridotta dell' importo proporzionalmente corrispondente al cinquanta per cento del loro valore. L' erede o legatario deve presentare l' inventario dei beni per i quali ritiene spettante la riduzione, con la descrizione particolareggiata degli stessi e con ogni notizia idonea alla loro identificazione, al competente organo periferico del Ministero per i beni culturali e ambientali [3], il quale attesta per ogni singolo bene l' esistenza delle caratteristiche di cui alla legge , n ; l' attestazione deve essere allegata alla dichiarazione della successione. L' accertamento positivo delle caratteristiche di cui alla predetta legge comporta la sottoposizione dell' immobile al vincolo ivi previsto. Si applicano le disposizioni dell' art. 13, commi 3, 4 e 5. [3] Se nell' attivo ereditario sono compresi fondi rustici, incluse le costruzioni rurali, anche se non insistenti sul fondo, di cui all' art. 39 del testo unico delle imposte sui redditi approvato con decreto del Presidente della Repubblica , n. 917, devoluti al coniuge, a parenti in linea retta o a fratelli o sorelle del defunto, l' imposta dovuta dall' erede o legatario al quale sono devoluti è ridotta dell' importo proporzionalmente corrispondente al quaranta per cento della parte del loro valore complessivo non superiore a lire duecentomilioni. La riduzione compete a condizione che l' erede o legatario sia coltivatore diretto, che la devoluzione avvenga nell' ambito di una famiglia diretto-coltivatrice e che l' esistenza di questi requisiti risulti da attestazione dell' ufficio regionale competente allegata alla dichiarazione della successione. E' diretto-coltivatrice la famiglia che si dedica direttamente e abitualmente alla coltivazione dei fondi e all' allevamento e governo del bestiame, sempreché la complessiva forza lavorativa del nucleo familiare non sia inferiore [4] al terzo di quella occorrente per le normali necessità della coltivazione del fondo e dell' allevamento e del governo del bestiame; ai fini del calcolo della forza lavorativa il lavoro della donna è equiparato a quello dell' uomo. [4] Se nell' attivo ereditario sono compresi immobili o parti di immobili adibiti all' esercizio dell' impresa, devoluti al coniuge o a parenti in linea retta entro il terzo grado del defunto nell' ambito di una impresa artigiana familiare, come definita dalla legge , n. 443, e dall' art. 230-bis del codice civile, l' imposta dovuta dall' erede o legatario al quale sono devoluti è ridotta dell' importo proporzionalmente corrispondente al quaranta per cento della parte del loro valore complessivo non superiore a lire duecentomilioni, a condizione che l' esistenza dell' impresa familiare artigiana risulti dall' atto pubblico o dalla scrittura privata autenticata di cui all' art. 5, comma 4, lettera a), del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica , n [4-bis] Se nell' attivo ereditario sono compresi, purché ubicati in comuni montani con meno di cinquemila abitanti o nelle frazioni con meno di mille abitanti anche se situate in comuni montani [5-6] di maggiori dimensioni, aziende, quote di società di persone o beni strumentali di cui all' articolo 40 del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica , n. 917, trasferiti al coniuge o al parente entro il terzo grado del defunto, l' imposta dovuta dal beneficiario è ridotta dell' importo proporzionale corrispondente al quaranta per cento della parte del loro valore complessivo, a condizione che gli aventi causa proseguano effettivamente l' attività imprenditoriale per un periodo non inferiore a cinque anni dalla data del trasferimento. Il beneficiario deve dimostrare detta condizione entro sessanta giorni dalla scadenza del suindicato termine mediante dichiarazione da presentare presso l' ufficio competente ove sono registrate la denuncia o l' atto; in mancanza di tale dimostrazione il beneficiario stesso è tenuto al pagamento dell' imposta in misura ordinaria con gli interessi di mora, decorrenti dalla data in cui l' imposta medesima avrebbe dovuto essere pagata. Per il pagamento dell' imposta di successione relativa all' ipotesi di cui al presente comma si applicano le disposizioni previste dall' articolo 38 (comma così modificato [6] dall' art. 3, comma 11, D.L , n. 669). [4-ter] Le agevolazioni di cui al comma 4-bis si applicano anche in caso di donazioni (comma aggiunto [7] dall'art. 69, comma 1, lettera l), legge 21 novembre 2000, n. 342). 3 Se la successione è aperta entro cinque anni da altra successione o da una donazione avente per oggetto gli stessi beni e diritti, l'imposta è ridotta di un importo inversamente proporzionale al tempo trascorso, in ragione di un decimo per ogni anno o frazione di anno; se nella successione non sono compresi tutti i beni e diritti oggetto della precedente successione o donazione o sono compresi anche altri beni o diritti, la riduzione si applica sulla quota di imposta proporzionale al valore dei beni e dei diritti compresi in entrambe (art. 25, comma 1, T.U.). 4

5 le agevolazioni per i trasferimenti di fondi rustici nell ambito di famiglie diretto coltivatrici; i trasferimenti di immobili adibiti a impresa ; le agevolazioni per i territori montani. Si tratta dei beni culturali che sono stati sottoposti al vincolo ivi previsto anteriormente all'apertura della successione e sono stati assolti i conseguenti obblighi di conservazione e protezione. L'erede o legatario deve presentare l'inventario dei beni di cui al comma 1 che ritiene non debbano essere compresi nell'attivo ereditario, con la descrizione particolareggiata degli stessi e con ogni notizia idonea alla loro identificazione, al competente organo periferico del Ministero per i beni culturali e ambientali, il quale attesta per ogni singolo bene l'esistenza del vincolo e l'assolvimento degli obblighi di conservazione e protezione. L'attestazione deve essere presentata all'ufficio del registro in allegato alla dichiarazione della successione o, se non vi sono altri beni ereditari, nel termine stabilito per questa. Contro il rifiuto dell'attestazione è ammesso ricorso gerarchico al Ministro, il quale decide sentito il Consiglio nazionale per i beni culturali ed ambientali; la decisione di accoglimento del ricorso deve essere presentata in copia, entro trenta giorni dalla sua comunicazione, all'ufficio del registro competente, che provvede al rimborso dell'eventuale maggiore imposta pagata. L'alienazione in tutto o in parte dei beni di cui al comma 1 prima che sia decorso un quinquennio dall'apertura della successione, la loro tentata esportazione non autorizzata, il mutamento di destinazione degli immobili non autorizzato e il mancato assolvimento degli obblighi prescritti per consentire l'esercizio del diritto di prelazione dello Stato determinano l'inclusione dei beni nell'attivo ereditario. L'amministrazione dei beni culturali e ambientali ne dà immediata comunicazione all'ufficio del registro competente; dalla data di ricevimento della comunicazione inizia a decorrere il termine di cui all'art. 27, comma 3 o comma 4 (art. 13). L'art. 11 modifica, inoltre, l'art. 28, comma 7, dello stesso TUS, al fine di ampliare i casi di esonero della presentazione della dichiarazione di successione. Il novellato comma 7 esclude, infatti, l'obbligo di presentare la dichiarazione di successione nei casi in cui l'eredità è "devoluta al coniuge e ai parenti in linea retta e l'attivo ereditario ha un valore non superiore a euro centomila e non comprende beni immobili o diritti reali immobiliari, salvo che per effetto di sopravvenienze ereditarie queste condizioni vengano a mancare". Semplificazioni La norma : premesso che con l art. 11 del Dlg 21/11/2014 n. 175 sono apportate le seguenti modificazioni al TU dell'imposta sulle successioni e donazioni Dlg 31 ottobre 1990, n. 346,: a) all'articolo 28: 1) al comma 6, dopo le parole: «diverso da quelli indicati all'articolo 13, comma 4,» sono 5

6 inserite le seguenti: «e dall'erogazione di rimborsi fiscali»; 2) al comma 7, le parole: «a lire cinquanta milioni» sono sostituite dalle seguenti: «a euro centomila»; b) all'articolo 30, dopo il comma 3, è aggiunto il seguente: «3-bis. I documenti di cui alle lettere c), d), g), h) e i) possono essere sostituiti anche da copie non autentiche con la dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà di cui all'articolo 47, del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa, di cui al D.P.R , n. 445, attestante che le stesse costituiscono copie degli originali. Resta salva la facoltà dell'agenzia delle Entrate di richiedere i documenti in originale o in copia autentica.»; c) all'articolo 33, comma 1, sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «, nonchè dei rimborsi fiscali di cui allo stesso articolo 28, comma 6, erogati successivamente alla presentazione della dichiarazione di successione». Rimborsi fiscali successivi alla presentazione della dichiarazione fiscale. "Se dopo la presentazione della dichiarazione della successione sopravviene un evento, diverso da quelli indicati all'art. 13, comma 4, e dall'erogazione di rimborsi fiscali, che dà luogo a mutamento della devoluzione dell'eredità o del legato ovvero ad applicazione dell'imposta in misura superiore, i soggetti obbligati, anche se per effetto di tale evento, devono presentare dichiarazione sostitutiva o integrativa." Quindi l'ufficio "liquida l'imposta in base alla dichiarazione della successione, anche se presentata dopo la scadenza del relativo termine ma prima che sia stato notificato l'accertamento d'ufficio, tenendo conto delle dichiarazioni integrative o modificative già presentate a norma dell'articolo 28, comma 6, e dell'art. 31, comma 3, nonché dei rimborsi fiscali di cui allo stesso articolo 28, comma 6, erogati successivamente alla presentazione della dichiarazione di successione" Le modifiche degli articoli 28, comma 6, e 33, comma 1, sono dirette a semplificare gli adempimenti dichiarativi degli eredi in presenza di crediti fiscali a favore del de cuius. Pertanto l'erogazione dei rimborsi fiscali dopo la presentazione della dichiarazione di successione non comporta l'obbligo di presentazione della dichiarazione integrativa. Le nuove disposizioni si applicano ai rimborsi non ancora riscossi alla data di entrata in vigore del dlgs. 175/2014. Esonero dall'obbligo di presentazione della dichiarazione di successione Viene innalzato da euro ,00 ad euro ,00 il limite di valore dell'attivo ereditario, in relazione al quale non sussiste l'obbligo della presentazione della dichiarazione di successione. Semplificazioni documentali L'art. 11, lettera b), modifica, infine, l'art. 30 del TUS, che elenca i documenti da allegare alla dichiarazione di successione, inserendo dopo il comma 3, il comma 3-bis : "I documenti di cui alle lettere c), d), g), h) e i) possono essere sostituiti anche da copie non autentiche con la dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà di cui all'articolo 47, del Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, attestante che le stesse costituiscano copie degli originali. 6

7 Rimane tuttavia la facoltà dell'agenzia delle Entrate di richiedere i documenti in originale o in copia autentica I documenti di cui le lettere c), d), g), h) e i) sono: c) la copia autentica degli atti di ultima volontà dai quali è regolata la successione; d) la copia autentica dell'atto pubblico o della scrittura privata autenticata dai quali risulta l'eventuale accordo delle parti per l'integrazione dei diritti di legittima lesi; g) la copia autentica dell'ultimo bilancio o inventario di cui all'art. 15, comma 1, del TUS, e all'art. 16, comma 1, lettera b), nonché delle pubblicazioni e prospetti di cui alla lettera c) dello stesso art. 16 del TUS; h) la copia autentica degli altri inventari formati in ottemperanza a disposizioni di legge; i) i documenti di prova delle passività e degli oneri deducibili nonché delle riduzioni e detrazioni di cui agli artt. 25 e 26 del TUS. Pertanto, in relazione ai predetti documenti - ferma restando la possibilità, da parte dell'ufficio dell'agenzia delle entrate di richiedere, ove necessario, i documenti in originale o in copia autentica il contribuente potrà allegare alla dichiarazione di successione copie non autenticate, unitamente alla dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà di cui all'art. 47 del D.P.R. n. 445 del 2000, attestante che le stesse costituiscono copia degli originali, corredata di copia del documento di identità del dichiarante. Decorrenza delle nuove disposizioni Le nuove disposizioni, introdotte dal legislatore per ampliare le ipotesi di esonero dall'obbligo della presentazione della dichiarazione di successione e semplificare le modalità di presentazione di alcuni documenti da allegare alla dichiarazione, si applicano a decorrere dalla data di entrata in vigore del Dlgs. 17/5/2014 in commento anche con riferimento alle successioni che a tale data risultano già aperte. In applicazione del principio del favor rei dettato dall'articolo 3, comma 2, del D.Igs. n. 472 del 1997, non si darà, tuttavia, luogo all'irrogazioni di sanzioni nei confronti dei soggetti che abbiano omesso di presentare la dichiarazione di successione entro i termini previsti e che, sulla base delle modifiche introdotte con il Dlgs. 17/5/2014 in commento, non risultano più tenuti a detto adempimento. In questo senso si è pronunciata la Agenzia delle Entrate con propria Circolare n. 31/E del 30 dicembre 2014 APPROVAZIONE DEL MODELLO TELEMATICO. La denuncia di successione può essere presentata mediante modello telematico predisposto dal Ministero. Le nuove Aliquote 7

8 Parentela Franchigia Aliquota del coniuge e/o di parenti in linea retta (figli, nipoti e pronipoti ex filio, genitori, altri discendenti o ascendenti in linea retta) ,00 Per ciascun beneficiario Fratelli e sorelle ,00 Oltre 6% Parenti fino al IV grado Affini in linea retta in tutti i gradi ed in linea collaterale fino al III grado 0 6% Tutti gli altri 0 8% oltre 4% Beneficiario persona handicappata Secondo parentela Franchigia speciale L. 104/1992 [1] E' persona handicappata colui che presenta una minorazione fisica, psichica o sensoriale, stabilizzata o progressiva, che è causa di difficoltà di apprendimento, di relazione o di integrazione lavorativa e tale da determinare un processo di svantaggio sociale o di emarginazione. [2] La persona handicappata ha diritto alle prestazioni stabilite in suo favore in relazione alla natura e alla consistenza della minorazione, alla capacità complessiva individuale residua e alla efficacia delle terapie riabilitative. [3] Qualora la minorazione, singola o plurima, abbia ridotto l' autonomia personale, correlata all' età, in modo da rendere necessario un intervento assistenziale permanente, continuativo e globale nella sfera individuale o in quella di relazione, la situazione assume connotazione di gravità ,00 Si precisa altresì che: le franchigie non sono tra loro cumulabili. Se, ad esempio, il beneficiario è un portatore di handicap, riconosciuto grave ai sensi della legge n. 104 del 1992, ed anche coniuge del de cuius: si applicherà solo la franchigia più favorevole di euro. Tuttavia si applicano rispettivamente le aliquote del 4, 6 o 8 per cento, in dipendenza della sussistenza o meno di un legame di coniugio, parentela (in linea retta o collaterale) o affinità intercorrente con il de cuius. 8

9 Casi Valore complessivo netto dei beni caduti in successione Eredi parenti e/o affini di I grado : coniuge, i figli, i genitori o altri parenti in linea retta inferiore a ,00 di euro Imposta = 0 Eredi parenti e/o affini di I grado : coniuge, i figli, i genitori o altri parenti in linea retta uguale alla franchigia di ,00 di euro Non si applica l aumento del 10% per presunzione di denaro, gioielli e mobilia (art. 9.2), infatti, si applica solo sul valore globale netto imponibile dell asse Imposta = 0 Eredi parenti e/o affini di I grado : coniuge, i figli, i genitori o altri parenti in linea retta superiore alla franchigia unico erede Non si applica l aumento del 10% per presunzione di denaro, gioielli e mobilia (art. 9.2), infatti, si applica solo sul valore globale netto imponibile dell asse. Es. unica erede la moglie. Valore complessivo netto dei beni a lei attribuiti: euro ,00.Si applica l aliquota del 4% sul valore complessivo netto dei beni eccedente la franchigia di L imponibile è di euro ,00 che deve essere aumentato del 10% (l aumento si applica solo sulla parte imponibile). Perciò su ,00 si applica l aliquota del 4% e l imposta dovuta è di euro ,00. l aliquota del 4%, dopo aver applicato l aumento del 10% per presunzione di esistenza di denaro, gioielli e mobilia (art. 9.2). Eredi parenti e/o affini di I grado : coniuge, i figli, i genitori o altri parenti in linea retta superiore alla franchigia per ciascun erede l aliquota del 4%, dopo aver applicato l aumento del 10% per presunzione di esistenza di denaro, gioielli e mobilia (art. 9.2). Eredi parenti e/o affini di I l aliquota del 4%, dopo aver 9

10 grado : coniuge, i figli, i genitori o altri parenti in linea retta superiore alla franchigia solo per alcuni eredi La franchia va calcolata solo su ciascun assegnazione e non sul totale applicato l aumento del 10% per presunzione di esistenza di denaro, gioielli e mobilia (art. 9.2). Eredi: fratelli e/o sorelle Inferiore alla franchigia Eredi: fratelli e/o sorelle Superiore a Sul valore complessivo netto Esempio : per testamento ai A esente fratelli B esente e senza aumento del A= B= C= 10% C= = !0%*70.000= imp 6%* = Imposta = 0 Imposta = 6% Imposta = 6% * (dell eccedenza + il 10% della stessa ) parenti fino al quarto grado e degli affini in linea retta, nonché degli affini in linea collaterale fino al terzo grado: altri soggetti Esempio cugino parente di IV grado Valore netto dei beni % = Imposta * 6% = In caso di una pluralità di successibili il calcolo va fatto su ciascun beneficiario con le proprie franchigie ed aliquote Imposta = 6% Imposta 8% Trasferimento a favore di portatori di handicap Per i portatori di handicap grave la franchigia generalizzata di ,00 euro si applica a prescindere dal rapporto di parentela. Cioè la franchigia speciale sostituisce quelle previste per il coniuge, i parenti in linea retta e i fratelli. Esempio se un figlio è portatore di handicap ed il v.c.n. dei beni è di Si ha = a questo importo si aggiunge il 10% quindi = l imposta è il 4%* = Secondo il notaio Petrelli pur essendo competente la USL per l accertamento della menomazione, la documentazione può essere sostituita per le agevolazioni fiscali, secondo i principi generali di autocertificazione, con la dichiarazione sostitutiva di atto notorio da allegarsi alla dichiarazione di successione ex d.p.r. n. 445/2000. Il valore della quota Il valore della quota è calcolato al netto dei debiti, degli oneri e dei legati che la gravano. Si applica, poi, la presunzione di legato posto dall art T.U. per il quale: L'onere a carico dell'erede o del legatario, che ha per oggetto prestazioni a soggetti terzi determinati individualmente, è considerato legato a favore del beneficiario. 4 4 L art. 8.1 T.U. dispone: «Il valore globale netto dell'asse ereditario è costituito dalla differenza tra il valore complessivo, alla data dell'apertura della successione, dei beni e dei diritti che compongono l'attivo ereditario, 10

11 Gli oneri a favore di destinatario incerto non scontano imposta. Per esempio il legato a favore dell anima non è soggetto a imposta, non essendoci un destinatario individuato. Invece i legati e gli oneri a favore di destinatario certo scontano l imposta. Quando non deve essere presentata la dichiarazione Non vi è obbligo di dichiarazione se l'eredità è devoluta al coniuge e ai parenti in linea retta del defunto e l'attivo ereditario ha un valore non superiore a euro ,00 e non comprende beni immobili o diritti reali immobiliari, salvo che per effetto di sopravvenienze ereditarie queste condizioni vengano a mancare 5. attivo ereditario di valore non superiore ad euro ,00 attivo ereditario di valore superiore ad euro ,00 e fino ad euro ,00 attivo ereditario di valore superiore ad euro ,00 non deve essere presentata la dichiarazione, né pagata alcuna imposta occorre presentare la dichiarazione (a pena di sanzioni), anche se non deve essere pagata alcuna imposta di successione presentata la dichiarazione, e pagata l'imposta di successione. Rapporto con le donazioni. Ambito oggettivo. A seguito del combinato disposto degli articoli 1 del TUS e 2, comma 47, del decreto-legge n. 262 del 2006, l imposta sulle successioni e donazioni si applica alle seguenti fattispecie: 1. trasferimento di beni e diritti per opera di successione mortis causa; 2. donazioni (articolo 769 del codice civile) o altre liberalità tra vivi; 3. liberalità indirette risultanti da atti soggetti a registrazione; 4. la costituzione di vincoli di destinazione : ad esempio, costituzione di trust, costituzione di fondo patrimoniale, intestazione fiduciaria di beni; 5. trasferimento di beni e diritti mediante atti a titolo gratuito. Atti, cioè, che non prevedono a carico del beneficiario alcuna controprestazione, ma sono privi dello spirito di liberalità tipico delle donazioni; 6. la costituzione di diritti reali di godimento, la rinunzia a diritti reali o di credito e la costituzione di rendite o pensioni. Sono escluse le donazioni : le erogazioni liberali effettuate per spese di mantenimento e di educazione quelle sostenute per malattia, quelle ordinarie fatte per abbigliamento o per nozze (articolo 742 del codice civile), le donazioni di modico valore (articolo 783 del codice civile) Rilevanza delle donazioni fatte in vita dal donante determinato secondo le disposizioni degli articoli da 14 a 19, e l'ammontare complessivo delle passività deducibili e degli oneri diversi da quelli indicati nell'art. 46, comma 3». 5 Con effetto successioni apertesi a decorrere dal 3 ottobre 2006, nonché agli atti pubblici formati, agli atti a titolo gratuito fatti, alle scritture private autenticate e alle scritture private non autenticate presentate per la registrazione a decorrere dal 1 gennaio

12 Per stabilire la franchigia sulla quota devoluta all erede o al legatario, si deve tener conto del valore delle donazioni in vita fatte dal de cuius a favore dello stesso erede o legatario. Il Ministero sulla base della continuità dell operatività dell art. 8 del TUS che prevedeva la maggiorazione del valore globale netto dell asse ereditario, lo ritiene applicabile alle franchigie. Ritiene inoltre che esse valgono su tutte le donazioni effettuate in vita dal de cuius, comprese quelle tra il 25 ottobre 2001 (data di entrata in vigore della legge n. 383 del 2001 che aveva abrogato l imposta di successione) e il 29 novembre 2006 (data di entrata in vigore dell attuale regime in materia di successioni). Tale opinione deriva che pur essendo stata abolita l imposta sulle successioni e donazioni esisteva pur sempre in quel periodo un regime impositivo, alternativo a quello abrogato, in virtù del quale per le donazioni e gli altri atti di liberalità erano dovute le imposte sui trasferimenti ordinariamente applicabili per le operazioni a titolo oneroso, con le medesime aliquote previste per i corrispondenti atti a titolo oneroso, applicabili sul valore eccedente una franchigia di 350 milioni di lire, specificamente prevista per i predetti atti (v. articolo 13 della legge 18 ottobre 2001, n. 383). 6 Abolizione del coacervo. A seguito della sentenza della Surema Corte l art.8 iv comma è implicitamente abolito.. Tecnicamente le donazioni pregresse erano calcolate nei limiti di valore relativamente al quale il beneficiario abbia fruito della franchigia. Detto valore doveva essere poi attualizzato, avendo riguardo al valore normale dei beni e dei diritti alla data di apertura della successione del donante. Esempio: Nel 1999 il padre dona al figlio un immobile del valore di , all epoca la franchigia era di , quindi l imposta è stata calcolata su Nel 2007 muore il padre e si apre quindi la successione per una quota ereditaria di ,00. Ai fini della determinazione della franchigia bisognava aumentare dell importo corrispondente al valore attuale della quota parte di donazione a suo tempo non assoggettata alla franchigia. Qui di seguito una tabella illustra l'operazione. Valore donazione ,00 Franchigia ,00 Valore quota ereditaria in ,00 Attualizzazione donazione ,00 Franchigia applicabile ( Fran./Val don ) 58,33% Importo da sommare alla quota ereditaria = ,67 Fran.*Val att / Val don Importo da sommare B2*B4/B1 Art. 8 - Base imponibile Testo in vigore dal 1 gennaio 2007 Testo risultante dopo le modifiche apportate dall'art. 1, comma 78, lettera b), legge 27 dicembre 2006, n. 296 [1] Il valore globale netto dell' asse ereditario è costituito dalla differenza tra il valore complessivo, alla data dell' apertura della successione, dei beni e dei diritti che compongono l' attivo ereditario, determinato secondo le disposizioni degli articoli da 14 a 19, e l' ammontare complessivo delle passività deducibili e degli oneri diversi da quelli indicati nell' art. 46, comma 3. [1-bis] Resta comunque ferma l'esclusione dell'avviamento nella determinazione della base 6 Circolare n

13 imponibile delle aziende, delle azioni, delle quote sociali (comma aggiunto dall'art. 1, comma 78, lettera b), legge 27 dicembre 2006, n. 296). [2] In caso di fallimento del defunto si tiene conto delle sole attività che pervengono agli eredi e ai legatari a seguito della chiusura del fallimento. [3] Il valore dell' eredità o delle quote ereditarie è determinato al netto dei legati e degli altri oneri che le gravano, quello dei legati al netto degli oneri da cui sono gravati. [4] Il valore globale netto dell' asse ereditario è maggiorato, ai soli fini della determinazione delle aliquote applicabili a norma dell' art. 7, di un importo pari al valore attuale complessivo di tutte le donazioni fatte dal defunto agli eredi e ai legatari, comprese quelle presunte di cui all' art. 1, comma 3, ed escluse quelle indicate all' art. 1, comma 4, e quelle registrate gratuitamente o con pagamento dell' imposta in misura fissa a norma degli articoli 55 e 59; il valore delle singole quote ereditarie o dei singoli legati è maggiorato, agli stessi fini, di un importo pari al valore attuale delle donazioni fatte a ciascun erede o legatario. Per valore attuale delle donazioni anteriori si intende il valore dei beni e dei diritti donati alla data dell' apertura della successione, riferito alla piena proprietà anche per i beni donati con riserva di usufrutto o altro diritto reale di godimento. Nel computo andavano ricomprese, invece, le donazioni anteriori di cui agli articoli 1, comma 4, 55 e 59 del TUS, in quanto espressamente escluse dal disposto dell articolo 8, comma 4, del TUS. L art.8, c.iv, del TUS confermava che erano escluse dalla determinazione della base imponibile ai fini dell applicazione dell imposta di successione le donazioni fatte esenti da imposte. Se per esempio in vita il genitore ha fatto una donazione, esente d imposta, che attualizzata supera il di euro di franchigia ed ora ha lasciato un legato di il figlio pagherà solo sul con l aliquota del 4% Viceversa se in vita ha donato attualizzati beni per ed gli lascia in successione beni per allora = la franchigia è quindi la base imponibile è A seguito dell ampliamento legislativo 7 l ambito di applicazione dell imposta sulle successioni e donazioni,, deve considerarsi riferito: alle donazioni, agli atti a titolo gratuito alla costituzione di vincoli di destinazione stipulati a partire dal 29/11/ 2006 (data di entrata in vigore della legge n. 286 del 2006) 8. Le franchigie non operano ai fini dell applicazione delle imposte ipotecaria e catastale. Tali imposte, infatti, sono dovute per i trasferimenti di immobili o diritti reali immobiliari, nella misura e con le modalità ordinariamente previste dal Testo Unico delle disposizioni concernenti le imposte ipotecaria e catastale 31 ottobre 1990, n. 347 (d ora in poi TUIC) e dalle altre norme vigenti in materia. Il differente trattamento è motivato dal diverso oggetto delle imposte ipotecaria e catastale, le quali rilevano autonomamente rispetto all imposta sulle successioni e donazioni (e all imposta di registro) in quanto correlate ai servizi resi ai fini della circolazione dei beni mediante la formalità della trascrizione e la voltura catastale (, Cass. 9 luglio 2003, n ; Circolare 30 maggio 2005, n. 25). 7 operato dal decreto-legge n. 262 del 2006, e modifiche dalla L. di conversione n. 286 del 2006, l art. 8, comma 4, del TUS 8 Da tale data, per i suddetti atti l articolo 2, comma 50, del decreto-legge n. 262 del 2006, stabilisce l applicazione, in quanto compatibili, delle disposizioni del TUS. 13

14 Imposte ipotecarie e catastale Gli atti sottoposti all imposta sulle successioni e donazioni e che prevedano il trasferimento di beni immobili o diritti reali immobiliari, sono anche soggetti all applicazione delle imposte ipotecaria e catastale. Queste ultime sono dovute, rispettivamente, per la formalità della trascrizione di tali atti e per la loro voltura catastale, secondo le norme stabilite dal DLGS. 31 ottobre 1990, n. 347 (di seguito TUIC). Imposta ipotecaria 2% Imposta catastale 1% La base imponibile alla quale commisurare le aliquote è determinata ai sensi degli articoli 2 e 10 del TUIC. Base imponibile nelle successioni La base imponibile è determinata con riferimento al valore complessivo netto dei beni devoluti a ciascun beneficiario (erede o legatario) ( ex art. 2, com. 48, D:L: n. 262/ 2006). Le modalità di determinazione del predetto valore complessivo netto sono precisate nell articolo 8, commi 1 e 3, del TUS. I criteri: ex comma 1 1) il valore complessivo, alla data di apertura della successione, dei beni e diritti che compongono l attivo ereditario va determinato secondo le disposizioni degli articoli da 14 a 19 del TUS; 2) devono essere sottratte le passività deducibili disciplinate dagli articoli da 20 a 24 del TUS; 3) sono sottratti gli oneri diversi da quelli indicati nell articolo 46, comma 3, del TUS : gli oneri a carico dell erede o legatario che abbiano per oggetto prestazioni che non siano rivolte a soggetti terzi determinati individualmente. Ex comma 3 4) il valore dell eredità o delle quote ereditarie è determinato al netto dei legati e degli altri oneri che le gravano. Quindi, dal valore complessivo determinato secondo le modalità illustrate dal comma 1 dell articolo 8, vanno sottratte anche tali disposizioni; 5) il valore dei legati è determinato al netto degli oneri dai quali sono gravati. Attenzione ex art. 46, comma 3 del TUS, gli oneri aventi per oggetto prestazioni a soggetti terzi determinati individualmente sono da considerare legati disposti in favore del beneficiario e sono, quindi, soggetti all applicazione dell imposta secondo le modalità precisate per i legati. Sono, inoltre, considerate legati anche le fattispecie di cui all articolo 46, commi 1 e 2, del TUS (riconoscimento di appartenenza a terzi di beni ricompresi nell asse ereditario; riconoscimento di debito). Inoltre ex art. 9, comma 2, del TUS, si considerano compresi nell attivo ereditario denaro, gioielli e mobilia per un importo pari al dieci per cento del valore globale netto imponibile dell asse ereditario. L avviamento Nel calcolare il valore globale dell asse ereditario ove siano incluse aziende, azioni o quote sociali, resta comunque escluso l avviamento ex art. 8, c. 1-bis, del TUS, introdotto dall articolo 1, comma 78, lett. b), legge finanziaria L esclusione dell avviamento per la determinazione della base imponibile è estesa alle donazioni, agli altri atti a titolo gratuito e alla costituzione di vincoli di destinazione, in quanto anche a tali atti 14

15 sono applicabili i citati articoli 15 e 16 del TUS (articoli 2, comma 50, del decreto-legge n. 262 del 2006 e 56, comma 4, del TUS). Il valore degli immobili La base imponibile relativamente agli immobili compresi nell attivo ereditario, è determinata assumendo: a) per la piena proprietà, il valore venale in comune commercio del bene;. Art. 14 TUS Esclusione del valore dichiarato dall accertamento. Tuttavia ex art.34, c. 5, del TUS, agli uffici dell Agenzia è precluso l accertamento di diverso valore se in cui il valore dichiarato sia almeno pari al c.d. valore tabellare. Sono invece soggetti ad accertamento: terreni per i quali gli strumenti urbanistici prevedono la destinazione edificatoria in base allo strumento urbanistico generale adottato dal comune, indipendentemente dall approvazione della regione e dall adozione di strumenti attuativi del medesimo, ex art. 36, c. 2, D.L. n. 223 del Si precisa che sono escluse dalla rettifica: 1) le donazioni (articolo 56, comma 4, del TUS); 2) agli altri atti a titolo gratuito e alla costituzione di vincoli di destinazione (articoli 2, comma 50, del decreto legge n. 262 del 2006 e 56, comma 4, del TUS). Esenzione per i trasferimenti di aziende e partecipazioni sociali L art. 1, c. 78, lett. a), della L.F. 2007, che ha inserito nell articolo 3 del TUS, il comma 4-ter, ha stabilito che 9 : - i trasferimenti, effettuati anche tramite i patti di famiglia di cui agli articoli 768-bis e seguenti del codice civile a favore dei discendenti, e di aziende o rami di esse, di quote sociali e di azioni non sono soggetti all imposta. In caso di quote sociali e azioni di soggetti di cui all articolo 73, comma 1, lettera a), del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, il beneficio spetta limitatamente alle partecipazioni mediante le quali è acquisito o integrato il controllo ai sensi dell articolo 2359, primo comma, numero 1), del codice civile. Il beneficio si applica a condizione che gli aventi causa proseguano l esercizio dell attività d impresa o detengano il controllo per un periodo non inferiore a cinque anni dalla data del trasferimento, rendendo, contestualmente alla presentazione della dichiarazione di successione o all atto di donazione, apposita dichiarazione in tal senso. mancato rispetto della condizione di cui al periodo precedente comporta la decadenza dal beneficio, il pagamento dell imposta in misura ordinaria, della sanzione amministrativa prevista dall articolo 13 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471, e degli interessi di mora decorrenti dalla data in cui l imposta medesima avrebbe dovuto essere pagata. 9 Art. 3.4-ter. I trasferimenti, effettuati anche tramite i patti di famiglia di cui agli articoli 768-bis e seguenti del codice civile a favore dei discendenti, di aziende o rami di esse, di quote sociali e di azioni non sono soggetti all imposta. In caso di quote sociali e azioni di soggetti di cui all articolo 73, comma 1, lettera a), del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, il beneficio spetta limitatamente alle partecipazioni mediante le quali è acquisito o integrato il controllo ai sensi dell articolo 2359, primo comma, numero 1), del codice civile. Il beneficio si applica a condizione che gli aventi causa proseguano l esercizio dell attività d impresa o detengano il controllo per un periodo non inferiore a cinque anni dalla data del trasferimento, rendendo, contestualmente alla presentazione della dichiarazione di successione o all atto di donazione, apposita dichiarazione in tal senso. Il mancato rispetto della condizione di cui al periodo precedente comporta la decadenza dal beneficio, il pagamento dell imposta in misura ordinaria, della sanzione amministrativa prevista dall articolo 13 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471, e degli interessi di mora decorrenti dalla data in cui l imposta medesima avrebbe dovuto essere pagata. 15

16 E stato estesa l agevolazione in parola anche ai trasferimenti di aziende o rami di esse, nonché di azioni o quote sociali effettuati in favore del coniuge del dante causa, con decorrenza dal 1 gennaio 2008, data di entrata in vigore della legge finanziaria per il 2008 (articolo 3, comma 164). L esenzione per le aziende Presupposti oggettivi. Il trasferimento deve avere ad oggetto; 1. Aziende 2. Rami di azienda 3. Azione o quote sociali Limiti : per le società per azioni e in accomandita per azioni, le società a responsabilità limitata, le società cooperative e le società di mutua assicurazione residenti nel territorio dello Stato: il beneficio spetta limitatamente alle partecipazioni mediante le quali è acquisito o integrato il controllo (cioè si dispone della maggioranza dei voti esercitabili nell'assemblea ordinaria). Presupposti soggettivi I trasferimenti di aziende o rami di esse, di azioni e quote sociali, attuati in favore dei discendenti e del coniuge. Sono, perciò, esenti dall imposta sulle successioni e donazioni mediante disposizioni mortis causa, le donazioni,gli atti a titolo gratuito o costituzione di vincoli di destinazione, nonché mediante patti di famiglia di cui agli articoli 768-bis e seguenti del codice civile. Sono compresi anche altri titoli quale i titoli obbligazionari. Ovviamente l esenzione non si applica a soggetti societari o a persona fisica che non sia discendente o coniuge del dante causa. Oggetto del trasferimento sono quote sociali o azioni emesse dai soggetti di cui all articolo 73, comma 1, lettera a), del TUIR e cioè a) società per azioni e in accomandita per azioni, società a responsabilità limitata, b) società cooperative e società di mutua assicurazione residenti nel territorio dello Stato L esenzione spetta per il solo trasferimento di partecipazioni mediante le quali è acquisito o integrato il controllo ai sensi dell articolo 2359, primo comma, n. 1), del codice civile. Pertanto l imposta sulle successioni e donazioni non si applica nel caso di trasferimento di partecipazioni in società di persone, purché, ovviamente, ricorrano gli ulteriori requisiti indicati dall articolo 3, comma 4-ter, del TUS Art. 3 - Trasferimenti non soggetti all' imposta Testo in vigore dal 1 gennaio 2008Testo risultante dopo le modifiche apportate dall'art. 1, comma 31, legge 24 dicembre 2007, n. 244 [1] Non sono soggetti all' imposta i trasferimenti a favore dello Stato, delle regioni, delle province e dei comuni, né quelli a favore di enti pubblici e di fondazioni o associazioni legalmente riconosciute, che hanno come scopo esclusivo l' assistenza, lo studio, la ricerca scientifica, l' educazione, l' istruzione o altre finalità di pubblica utilità, nonché quelli a favore delle organizzazioni non lucrative di utilità sociale (ONLUS) [2], e a fondazioni previste dal decreto legislativo [3] emanato in attuazione della legge 23 dicembre 1998, n. 461 [4]. [2] I trasferimenti a favore di enti pubblici e di fondazioni o associazioni legalmente riconosciute, diversi da quelli indicati nel comma 1, non sono soggetti all' imposta se sono stati disposti per le finalità di cui allo stesso comma. [3] Nei casi di cui al comma 2 il beneficiario deve dimostrare, entro cinque anni dall' accettazione dell' eredità o della donazione o dall' acquisto del legato, di avere impiegato i beni o diritti ricevuti o la somma ricavata dalla loro alienazione per il conseguimento delle finalità indicate dal testatore o dal donante. In mancanza di tale dimostrazione esso è tenuto al pagamento dell' imposta con gli interessi legali dalla data in cui avrebbe dovuto essere pagata [5]. [4] Le disposizioni del presente articolo si applicano a condizione di reciprocità per gli enti pubblici esteri e per le fondazioni e associazioni costituite all' estero. 16

17 Invece nell ipotesi in cui il trasferimento abbia ad oggetto azioni o quote di partecipazione in società di capitali, l agevolazione in parola trova applicazione qualora il beneficiario del trasferimento, per effetto di quest ultimo, possa disporre del controllo della società in base all articolo 2359, primo comma, n. 1), del codice civile (maggioranza dei voti esercitabili in assemblea ordinaria). Quindi se anche nella successione cade un pacchetto di maggioranza, ma i beneficiari ricevono ciascuno di loro una quota inferiore alla metà tale da impedirne il controllo non si applica l agevolazione di cui all articolo 3, comma 4-ter, del TUS, in quanto nessun beneficiario. Invece se l assegnazione avviene pro indiviso essendo i diritto esercitati da un rappresentante comune, il quale disporrà della maggioranza dei voti esercitabili in assemblea ordinaria allora agevolazione è applicabile. Se invece l assegnazione riguarda una società di persone l agevolazione si applica sempre. Presupposti soggettivi: Il trasferimento deve avvenire a favore di discendenti in linea retta del defunto. Sono esclusi i trasferimenti a favore del coniuge, degli ascendenti e di ogni altro affine o parente; Il beneficiario deve rendere, contestualmente alla presentazione della dichiarazione di successione, dichiarazione di impegno a voler proseguire l esercizio dell attività d impresa o detenere il controllo per un periodo non inferiore a cinque anni dalla data del trasferimento. Condizioni temporali. E necessario che: gli aventi causa proseguano l esercizio dell attività d impresa o detengano il controllo per un periodo non inferiore a cinque anni dalla data del trasferimento, rendendo, contestualmente alla presentazione della dichiarazione di successione o all atto di donazione, apposita dichiarazione in tal senso. Pertanto il beneficiario del trasferimento di azienda o di rami di esse, di quote sociali e di azioni non è tenuto a corrispondere l imposta sulle successioni e donazioni a condizione che per un periodo non inferiore a cinque anni dalla data del trasferimento: a) prosegua l attività d impresa: la prosecuzione dell attività riguarda tutte le ipotesi in cui il trasferimento abbia avuto ad oggetto aziende o rami di esse; [4-bis] Non sono soggetti all'imposta i trasferimenti a favore di movimenti e partiti politici (comma aggiunto [6] dall'art. 5, comma 4, legge 3 giugno 1999, n. 157). [4-ter] I trasferimenti, effettuati anche tramite i patti di famiglia di cui agli articoli 768-bis e seguenti del codice civile a favore dei discendenti e del coniuge [7], di aziende o rami di esse, di quote sociali e di azioni non sono soggetti all'imposta. In caso di quote sociali e azioni di soggetti di cui all' articolo 73, comma 1, lettera a), del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, il beneficio spetta limitatamente alle partecipazioni mediante le quali è acquisito o integrato il controllo ai sensi dell' articolo 2359, primo comma, numero 1), del codice civile. Il beneficio si applica a condizione che gli aventi causa proseguano l'esercizio dell'attività d'impresa o detengano il controllo per un periodo non inferiore a cinque anni dalla data del trasferimento, rendendo, contestualmente alla presentazione della dichiarazione di successione o all'atto di donazione, apposita dichiarazione in tal senso. Il mancato rispetto della condizione di cui al periodo precedente comporta la decadenza dal beneficio, il pagamento dell'imposta in misura ordinaria, della sanzione amministrativa prevista dall' articolo 13 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471, e degli interessi di mora decorrenti dalla data in cui l'imposta medesima avrebbe dovuto essere pagata (comma aggiunto [8] dall'art. 1, comma 78, lettera a), legge 27 dicembre 2006, n. 296). 17

18 b) detenga il controllo societario: questa ipotesi, evidentemente, ricorre ogniqualvolta il trasferimento abbia ad oggetto quote sociali e azioni di soggetti di cui all articolo 73, comma 1, lettera a), del TUIR. Dichiarazione. Nella dichiarazione di successione ( o di donazione ) il beneficiario deve emettere la dichiarazione che intende proseguire l attività di impresa ovvero di mantenere il controllo societario. Il mancato rispetto di una delle predette condizioni comporta la decadenza dall agevolazione fruita e, quindi, il pagamento dell imposta nella misura ordinaria nonché della sanzione amministrativa prevista 11. Decadenza parziale : si verifica nel caso di cessione di ramo d azienda ed ovviamente nel proseguo del resto dell attività d impresa. Il conferimento dell azienda o della partecipazione in un altra società non è causa di automatica decadenza all agevolazione. Bisogna distinguere se si tratta di società di persone o di capitali. Nel secondo caso le azioni o quote assegnategli a fronte del conferimento devono conseguire od integrare il controllo ai sensi dell articolo 2359, primo comma, n. 1), del codice civile. Esclusioni Ex art. 3 del TUS non sono soggetti all imposta sulle successioni e donazioni, inclusi anche gli atti a titolo gratuito e la costituzione di vincoli di destinazione le attribuzioni a : a. allo Stato, alle Regioni, alle Province ed ai Comuni; b. agli enti pubblici ed alle fondazioni o associazioni legalmente riconosciute, che hanno come scopo esclusivo l assistenza, lo studio, la ricerca scientifica, l educazione, l istruzione o altre finalità di pubblica utilità (Risoluzione 29 ottobre 1998, n. 160; Circolare 11 febbraio 2000, n. 22); c. agli enti pubblici e fondazioni legalmente riconosciuti diversi da quelli indicati al comma 1, sempre che i trasferimenti siano stati disposti per finalità di assistenza, studio, ricerca scientifica, educazione ed istruzione e di altra pubblica utilità e che i 11 Art Ritardati od omessi versamenti diretti [1] Chi non esegue, in tutto o in parte, alle prescritte scadenze, i versamenti in acconto, i versamenti periodici, il versamento di conguaglio o a saldo dell'imposta risultante dalla dichiarazione, detratto in questi casi l'ammontare dei versamenti periodici e in acconto, ancorché non effettuati, è soggetto a sanzione amministrativa pari al trenta per cento di ogni importo non versato, anche quando, in seguito alla correzione di errori materiali o di calcolo rilevati in sede di controllo della dichiarazione annuale, risulti una maggiore imposta o una minore eccedenza detraibile. Per i versamenti riguardanti crediti assistiti integralmente da forme di garanzia reale o personale previste dalla legge o riconosciute dall'amministrazione finanziaria, effettuati con un ritardo non superiore a quindici giorni, la sanzione di cui al primo periodo, oltre a quanto previsto dalla lettera a) del comma 1 dell'articolo 13 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472, è ulteriormente ridotta ad un importo pari ad un quindicesimo per ciascun giorno di ritardo [2]. Identica sanzione si applica nei casi di liquidazione della maggior imposta ai sensi degli articoli 36-bis e 36-ter del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e ai sensi dell' articolo 54-bis del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n [2] Fuori dei casi di tributi iscritti a ruolo, la sanzione prevista al comma 1 si applica altresì in ogni ipotesi di mancato pagamento di un tributo o di una sua frazione nel termine previsto [3]. [3] Le sanzioni previste nel presente articolo non si applicano quando i versamenti sono stati tempestivamente eseguiti ad ufficio o concessionario diverso da quello competente. 18

19 soggetti beneficiari dimostrino l effettiva destinazione dei beni ricevuti alle finalità dell ente; d. alle organizzazioni non lucrative di utilità sociale (ONLUS) (Circolare 26 giugno 1998, n. 168); e. agli enti che perseguono il fine di culto cattolico e altre confessioni religiose (Risoluzione 8 luglio 1991, n ); f. agli enti pubblici esteri e delle fondazioni e associazioni costituite all estero, a condizione di reciprocità; g. ai movimenti e partiti politici; h. ai discendenti e del coniuge, effettuati anche tramite patti di famiglia e aventi ad oggetto aziende o rami di esse, quote sociali e azioni. Sono anche esenti dall attivo ereditario i seguenti beni e diritti: 1) i beni ed i diritti per i quali non ricorre il criterio della territorialità ( art. 2 del TUS); 2) i beni ed i diritti di cui all articolo 12 del TUS, : i crediti ceduti allo Stato entro la data di presentazione della dichiarazione di successione, i titoli del debito pubblicoi credito del tesoro; 3) i beni culturali di cui all articolo 13 del TUS. 12 L esenzione sui trasferimenti ex. Art. 3 del TUS è prevista anche per le imposte ipotecaria e catastale (art. 1, c. 2 e art. 10, c. 3 del TUIC). Agevolazioni Agevolazione prima casa 1. L acquisto della cd. prima casa (articolo 69, comma 3 della legge 21 novembre 2000, n. 342 e successive modificazioni e integrazioni). Si applicano le imposte fisse ipotecarie e catastali ai trasferimenti della proprietà di case di abitazione non di lusso e per la costituzione o il trasferimento di diritti immobiliari relativi alle stesse, derivanti da successioni o donazioni, quando, in capo al beneficiario ovvero, in caso di pluralità di beneficiari, in capo ad almeno uno di essi, sussistano i requisiti e le condizioni previste in materia di acquisto della prima abitazione dall articolo 1, comma 1, quinto periodo, della tariffa, parte prima, allegata al testo unico delle disposizioni concernenti l imposta di registro, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 26/4/1986 n.131. L agevolazione si riferisce esclusivamente all applicazione in misura fissa delle imposte ipotecaria e catastale. 2. I trasferimenti effettuati nei territori montani (articolo 9, comma 5, del DPR 29 settembre 1973, n. 601, articolo 9, comma 5; Risoluzione 5 gennaio 1988, n e Circolare 21 dicembre 1990, n. 85). 3. Le aziende agricole ubicate in comunità montane (articolo 5-bis della legge 31 gennaio 1994, n. 97; Circolare 31 gennaio 2002, n. 13). 4. L imprenditoria giovanile in agricoltura (articolo 14 della legge 15 dicembre 1998, n. 441; Circolari 27 maggio 2002, n. 157; 24 maggio 2000, n. 109 e Risoluzione 5 maggio 2000, n. 53). Riduzioni 12 nell ambito dell art. 9, c. 1, TUS 19

20 Se nell'attivo ereditario sono compresi beni immobili culturali, non sottoposti anteriormente all'apertura della successione al vincolo, l'imposta dovuta dall'erede o legatario al quale sono devoluti è ridotta dell'importo proporzionalmente corrispondente al cinquanta per cento del loro valore. L'erede o legatario deve presentare l'inventario dei beni per i quali ritiene spettante la riduzione, con la descrizione particolareggiata degli stessi e con ogni notizia idonea alla loro identificazione, al competente organo periferico del Ministero per i beni culturali e ambientali, il quale attesta per ogni singolo bene l'esistenza delle caratteristiche di culturalità; l'attestazione deve essere allegata alla dichiarazione della successione. L'accertamento positivo delle caratteristiche di cui alla predetta legge comporta la sottoposizione dell'immobile al vincolo ivi previsto (art. 25, comma 2, T.U.). Se nell'attivo ereditario sono compresi: 1) fondi rustici, incluse le costruzioni rurali, anche se non insistenti sul fondo, di cui all'art. 39 del testo unico delle imposte sui redditi approvato con d.p.r. 22 dicembre 1986 n. 917, devoluti al coniuge, a parenti in linea retta o a fratelli o sorelle del defunto, l'imposta dovuta dall'erede o legatario al quale sono devoluti è ridotta dell'importo proporzionalmente corrispondente al quaranta per cento della parte del loro valore complessivo non superiore ad euro ,38. La riduzione compete a condizione che l'erede o legatario sia coltivatore diretto, che la devoluzione avvenga nell'ambito di una famiglia diretto-coltivatrice e che l'esistenza di questi requisiti risulti da attestazione dell'ufficio regionale competente allegata alla dichiarazione della successione. È diretto-coltivatrice la famiglia che si dedica direttamente e abitualmente alla coltivazione dei fondi e all'allevamento e governo del bestiame, sempreché la complessiva forza lavorativa del nucleo familiare non sia inferiore al terzo di quella occorrente per le normali necessità della coltivazione del fondo e dell'allevamento e del governo del bestiame; ai fini del calcolo della forza lavorativa il lavoro della donna è equiparato a quello dell'uomo (art. 25, comma 3, T.U.). 2) immobili o parti di immobili adibiti all'esercizio dell'impresa, devoluti al coniuge o a parenti in linea retta entro il terzo grado del defunto nell'ambito di una impresa artigiana familiare, come definita dalla legge 8 agosto 1985 n. 443, e dall'art. 230-bis del codice civile, l'imposta dovuta dall'erede o legatario al quale sono devoluti è ridotta dell'importo proporzionalmente corrispondente al quaranta per cento della parte del loro valore complessivo non superiore ad euro ,38, a condizione che l'esistenza dell'impresa familiare artigiana risulti dall'atto pubblico o dalla scrittura privata autenticata di cui all'art. 5, comma 4, lettera a), del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con d.p.r. 22 dicembre 1986 n. 917 (art.25, comma 4, T.U.). 3) immobili, purché ubicati in comuni montani con meno di cinquemila abitanti o nelle frazioni con meno di mille abitanti anche se situate in comuni montani di maggiori dimensioni, aziende, quote di società di persone o beni strumentali di cui all'art. 40 del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con d.p.r. 22 dicembre 1986 n. 917, trasferiti al coniuge o al parente entro il terzo grado del defunto, l'imposta dovuta dal beneficiario è ridotta dell'importo proporzionale corrispondente al quaranta per cento della parte del loro valore complessivo, a condizione che gli aventi causa proseguano effettivamente l'attività imprenditoriale per un periodo non inferiore a cinque anni dalla data del trasferimento. Il beneficiario deve dimostrare detta condizione entro sessanta giorni dalla scadenza del suindicato termine mediante dichiarazione da presentare presso l'ufficio competente ove sono registrate la denuncia o l'atto; in mancanza di tale dimostrazione il beneficiario stesso è tenuto al pagamento dell'imposta in 20

21 misura ordinaria con gli interessi di mora, decorrenti dalla data in cui l'imposta medesima avrebbe dovuto essere pagata. Per il pagamento dell'imposta di successione relativa all'ipotesi di cui al presente comma si applicano le disposizioni previste dall'art. 38 (art. 25, comma 4-bis, T.U.). Il coacervo nelle successioni. Adriano Pischetola in un suo studio intitolato Il coacervo nei trasferimenti gratuiti sostiene che dall analisi del nuovo n. 2-ter art. 13 legge n. 383/2001 il coacervo sia applicabile solo in riferimento alla franchigia. 13 La normativa applicabile 14 Il coacervo non è applicabile al valore globale netto dell asse ereditario Si è posto il problema se il coacervo sia applicabile alle singole attribuzioni. La tesi negativa Secondo una corrente di pensiero, il coacervo non sarebbe inapplicabile, essendo stata abrogata la norma che lo richiamava. Il dubbio è ripreso dalla circolare del Consiglio Nazionale del Notariato. La tesi affermativa Secondo anche l autorevole opinione del notaio Santarcangelo si ritenere che l istituto del coacervo sia rimasto in vita. Questa è l opinione soprattutto dell Amministrazione finanziaria. Valore netto beni ereditati Franchigia Imposta = 0 13 Negli atti di donazione e negli altri atti a titolo gratuito nonché negli atti di cui all art. 26 del TUR n. 131/86, aventi per oggetto aziende, azioni, obbligazioni, quote sociali, altri titoli e denaro contante debbano essere indicati gli estremi delle donazioni e degli altri atti a titolo gratuito anteriormente fatti dal dante causa a favore del coniuge, dei parenti in linea retta o di alcuno di essi nonché i relativi valori alla data degli atti stessi, prevedendo poi in caso di omissione, incompletezza o inesattezza di tale indicazione l applicazione di una sanzione amministrativa (con vincolo di solidarietà passiva tra beneficiario e dante causa) da una a due volte la maggiore imposta dovuta. Intuitivamente ciò viene richiesto anche se espressamente tale volizione legislativa non emerge dalla lettera della disposizione allo scopo di verificare se risulti o meno erosa la franchigia di euro * ,00*, fino a concorrenza della quale la donazione o altro atto a titolo gratuito avente ad oggetto i siffatti beni ed a favore dei prenominati soggetti va esente da imposta di registro. 14 Art. 8 - Base imponibile Testo in vigore dal 1 gennaio 2007 [1] Il valore globale netto dell' asse ereditario è costituito dalla differenza tra il valore complessivo, alla data dell' apertura della successione, dei beni e dei diritti che compongono l' attivo ereditario, determinato secondo le disposizioni degli articoli da 14 a 19, e l' ammontare complessivo delle passività deducibili e degli oneri diversi da quelli indicati nell' art. 46, comma 3. [1-bis] Resta comunque ferma l'esclusione dell'avviamento nella determinazione della base imponibile delle aziende, delle azioni, delle quote sociali (comma aggiunto [1] dall'art. 1, comma 78, lettera b), legge 27 dicembre 2006, n. 296). [2] In caso di fallimento del defunto si tiene conto delle sole attività che pervengono agli eredi e ai legatari a seguito della chiusura del fallimento. [3] Il valore dell' eredità o delle quote ereditarie è determinato al netto dei legati e degli altri oneri che le gravano, quello dei legati al netto degli oneri da cui sono gravati. [4] Il valore globale netto dell' asse ereditario è maggiorato, ai soli fini della determinazione delle aliquote applicabili a norma dell' art. 7, di un importo pari al valore attuale complessivo di tutte le donazioni fatte dal defunto agli eredi e ai legatari, comprese quelle presunte di cui all' art. 1, comma 3, ed escluse quelle indicate all' art. 1, comma 4, e quelle registrate gratuitamente o con pagamento dell' imposta in misura fissa a norma degli articoli 55 e 59; il valore delle singole quote ereditarie o dei singoli legati è maggiorato, agli stessi fini, di un importo pari al valore attuale delle donazioni fatte a ciascun erede o legatario. Per valore attuale delle donazioni anteriori si intende il valore dei beni e dei diritti donati alla data dell' apertura della successione, riferito alla piena proprietà anche per i beni donati con riserva di usufrutto o altro diritto reale di godimento. 21

22 Nessuna donazione Donazione = Valore netto dei beni euro ,00 Donazioni in vita: immobile del valore (al momento dell apertura della successione) di ,00. Valore netto dei beni a lui relitti: euro ,00 Donazioni in vita: immobile del valore (al momento dell apertura della successione) di euro , = 0 Tutto il patrimonio ereditario ,00 (aumentato del 10% per presunzione di denaro) è soggetto ad imposta di successione con l aliquota del 4%. Del patrimonio ereditario ,00 euro vanno ad esaurire la franchigia; il resto del valore del patrimonio ereditario di ,00 euro (aumentato del 10% per presunzione di denaro) è soggetto ad imposta di successione con l aliquota del 4%. Le donazioni che rientrano nel coacervo Per determinare le aliquote si somma : 1) il valore delle singole quote ereditarie o dei singoli legati 2) il valore attuale 15 delle donazioni fatte a ciascun erede o legatario 3) il valore attuale di quelle presunte di cui all'art. 1, comma 3 Sono invece escluse le donazioni indicate all'art. 1, comma 4 e quelle registrate gratuitamente o con pagamento dell'imposta in misura fissa a norma degli articoli 55 Le donazioni presunte Devono essere imputate alla franchigia le donazioni presunte di cui all art. 26 della legge di registro. Art Presunzione di liberalità Testo in vigore dal 1 gennaio 2001 Testo risultante dopo le modifiche apportate dall'art. 69, comma 5, lettere a) e b), legge 21 novembre 2000, n. 342 [1] I trasferimenti immobiliari, escluse le permute aventi per oggetto immobili ma fino a concorrenza del minore dei valori permutati ed i trasferimenti di partecipazioni sociali, quando il valore della partecipazione o la differenza tra valore e prezzo siano superiori all'importo di 350 milioni di lire, posti in essere tra coniugi ovvero tra parenti in linea retta o che tali siano considerati ai fini dell' imposta sulle successioni e donazioni si presumono donazioni se l' ammontare complessivo dell' imposta di registro e di ogni altra imposta dovuta per il trasferimento, anche se 15 Per valore attuale delle donazioni anteriori si intende il valore dei beni e dei diritti donati alla data dell'apertura della successione, riferito alla piena proprietà anche per i beni donati con riserva di usufrutto o altro diritto reale di godimento. 22

23 richiesta successivamente alla registrazione, risulta inferiore a quello delle imposte applicabili in caso di trasferimento a titolo gratuito, al netto delle detrazioni spettanti (comma così modificato dall'art. 69, comma 5, lettere a) e b), legge 21 novembre 2000, n. 342). [2] Le parti contraenti devono dichiarare contestualmente se fra loro sussista o meno un rapporto di coniugio o di parentela in linea retta o che sia considerato tale ai sensi del primo comma. In mancanza di tale dichiarazione il trasferimento si considera a titolo gratuito ove al momento della registrazione non risulti comprovata l' inesistenza del rapporto; tuttavia l' inesistenza del rapporto di coniugio o di parentela in linea retta può essere provata entro un anno dalla stipulazione dell' atto e in tale caso spetta il rimborso della maggiore imposta pagata. [3] La presunzione non opera per i conguagli pattuiti in sede di divisione e nelle vendite ai pubblici incanti. [4] La presunzione di liberalità, se ricorre la condizione di cui al comma primo, vale anche per i provvedimenti che accertano l' acquisto per usucapione della proprietà di immobili o di diritti reali di godimento sugli stessi da parte del coniuge o di un parente in linea retta dal precedente proprietario o titolare di diritto reale di godimento (comma così sostituito dall' art. 23, primo comma, D.L , n. 69). Le donazioni escluse Sono espressamente escluse da coacervo: 1. le donazioni e liberalità indicate all'art. 1, comma 4 e cioè o le donazione o liberalità di cui agli articoli 742 (donazioni e liberalità non soggetta a collazione); 2. le donazioni e liberalità di cui all art. 783 (donazioni di modico valore) del codice civile; 3. le donazioni registrate gratuitamente a norma dell art. 55 T.U., in quanto hanno per oggetto trasferimenti non soggetti all imposta di cui all art. 3 T.U. e cioè a favore di: Comuni, di enti pubblici e di fondazioni associazioni legalmente riconosciute, che hanno come scopo esclusivo l'assistenza, lo studio, la ricerca scientifica, l'educazione, l'istruzione o altre finalità di pubblica utilità, nonché quelli a favore delle organizzazioni non lucrative di utilità sociale (ONLUS) e a fondazioni previste dal decreto legislativo emanato in attuazione della legge 23 dicembre 1998, n. 461; di enti pubblici e di fondazioni o associazioni legalmente riconosciute, diversi da quelli indicati sopra, se sono stati disposti per le finalità sopra indicate, purché il beneficiario dimostri entro cinque anni di aver impiegato i beni per tali finalità, altrimenti è tenuto a pagare l imposta; di partiti politici. 4. di aziende e quote sociali nell ambito della famiglia, anche medianti patti di famiglia. 5. Le donazioni di veicoli iscritti al PRA (art. 58-bis T.U.); 6. Le donazioni registrate con pagamento dell imposta in misura fissa a norma 7. dell art. 59 T.U. e cioè: 8. le donazioni di beni culturali vincolati di cui all'art. 12, lettera g), a condizione che sia presentata all'ufficio del registro l'attestazione prevista dall'art. 13, comma 2, salvo quanto stabilito nei commi 3, 4 e 5 dello stesso articolo; 9. le donazioni di ogni altro bene o diritto dichiarato esente dall'imposta a norma di legge ad eccezione dei titoli di cui alle lettere h) ed i) dell'articolo 12 (titoli del debito pubblico, BOT, CCT, titoli di Stato 23

24 Le donazioni fatte quando l imposta era abolita Si pone il problema del regime delle donazioni fatte dal 25 ottobre 2001 al 2 ottobre 2006, cioè dal momento in cui è stata abolita l imposta al momento in cui essa è stata ripristinata. La tesi prevalente è affermativa nel senso che essa era abolita. Capitolo II La Legge Decreto legislativo 31/10/1990 n. 346, G.U. 27/11/1990 n. 277 IMPOSTA DI SUCCESSIONI E DONAZIONI DISPOSIZIONI GENERALI Articolo 1 Oggetto dell'imposta. 1. L'imposta sulle successioni e donazioni si applica ai trasferimenti di beni e diritti per successione a causa di morte ed ai trasferimenti di beni e diritti per donazione o altra liberalità tra vivi. 2. Si considerano trasferimenti anche la costituzione di diritti reali di godimento, la rinunzia a diritti reali o di credito e la costituzione di rendite o pensioni. 3. L'imposta si applica anche nei casi di immissione nel possesso temporaneo dei beni dell'assente e di dichiarazione di morte presunta, nonché nei casi di donazione presunta di cui all'art. 26 del testo unico sull'imposta di registro approvato con decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n L'imposta non si applica nei casi di donazione o liberalità di cui agli articoli 742 e 783 del codice civile. 4- bis. Ferma restando l'applicazione dell'imposta anche alle liberalità indirette risultanti da atti soggetti a registrazione, l'imposta non si applica nei casi di donazioni o di altre liberalità collegate ad atti concernenti il trasferimento o la costituzione di diritti immobiliari ovvero il trasferimento di aziende, qualora per l'atto sia prevista l'applicazione dell'imposta di registro, in misura proporzionale, o dell'imposta sul valore aggiunto. Abstract : tassabilità anche in caso di non osservanza della forma dell atto pubblico; tassabilità anche in caso di non trascrizione; fondo patrimoniale; mandato a vendere anche post mortem; detraibilità dell imposta Iva Il presupposto per l'applicabilità dell'imposta sulle donazioni va individuato, giusto quanto previsto dall'art. 1 d.lg. 31 ottobre 1990 n. 346, nel trasferimento per scopo di liberalità di un diritto o della titolarità di un bene senza che abbia rilevanza alcuna l'inosservanza della forma dell'atto pubblico, richiesta a pena di nullità dell'art. 782 c.c., per l'atto di donazione e la sua accettazione. Un diverso criterio di applicazione dell'imposta, infatti, si presterebbe a prassi elusive, contrarie al principio di effettività dell'imposizione in ragione delle capacità contributive, ai sensi dell'art. 53 cost. (In applicazione del principio, la S.C. ha ritenuto assoggettabili all'imposta sulle donazioni atti di liberalità aventi ad oggetto valuta estera e oro puro effettuati dal nonno verso i contribuenti, pur in assenza di un atto pubblico di donazione e della relativa accettazione).cassazione civile, sez. trib., 18/01/2012, n. 634 Il presupposto per l'applicabilità dell'imposta sulle donazioni va individuato, giusto quanto previsto dall'art. 1 del d.lg. n. 346 del 1990, nel trasferimento per scopo di liberalità di un diritto o della titolarità di un bene senza che abbia rilevanza alcuna l'inosservanza della forma dell'atto pubblico, richiesta a pena di nullità dell'art. 782 c.c., per l'atto di donazione e la sua accettazione. (In applicazione del principio, la S.C. ha ritenuto assoggettabili all'imposta sulle donazioni atti di liberalità aventi ad oggetto denaro e beni mobili effettuati da un genitore verso i 24

25 figli pur in assenza di un atto pubblico di donazione e della relativa accettazione). Cassazione civile, sez. trib., 29/10/2010, n Ai fini dell'applicazione dell'imposta di successione, presupposto indefettibile è l'appartenenza del bene al patrimonio del defunto, sicché, quando esso ne sia uscito in forza di atto - nella specie, la cessione di quote di una società di fatto - avente data certa (anteriore agli ultimi sei mesi precedenti il decesso), ancorché non trascritto perché il titolo non lo consentiva, l'imposta non si applica neppure in riferimento alla denuncia di successione presentata al solo scopo di poter trascrivere l'atto di trasferimento ottenuto con l'accertamento giudiziale dell'autenticità delle sottoscrizioni dei cedenti. Cassazione civile, sez. trib., 14/08/2002, n L'imposta sulle donazioni, nel testo vigente "ratione temporis" (art. 1 d.lg. n. 346 del 1990), non è applicabile, per difetto del presupposto impositivo, all'atto costitutivo di un fondo patrimoniale, atteso che questo determina soltanto un vincolo di destinazione sui beni confluiti nel fondo, affinché i loro frutti assicurino il soddisfacimento dei bisogni della famiglia, ma non incide sulla titolarità dei beni stessi che non divengono oggetto di trasferimento "inter vivos", per spirito di liberalità. Cassazione civile, sez. trib., 06/06/2002, n Il mandato a vendere, pur se accompagnato dal conferimento del potere rappresentativo, non determina il trasferimento, in capo al mandatario, della proprietà del bene da alienare, ma ha contenuto meramente obbligatorio, impegnando il mandatario alla successiva stipulazione del contratto traslativo per conto (ed eventualmente anche in nome) del mandante. Ne consegue che il mancato espletamento dell'incarico prima della morte del mandante stesso è di per sè sufficiente a determinare tanto l'inclusione della "res" nell'attivo devoluto agli eredi, quanto la sua computabilità ai fini del tributo successorio, senza che spieghi influenza, in contrario, la circostanza che l'esecuzione del mandato sia stata differita "post mortem" dal "de cuius". Cassazione civile, sez. trib., 23/04/2001, n L'art. 56 comma 5 d.lg. n. 346 del 1990 riconosce espressamente la facoltà di detrarre l'imposta sul valore aggiunto nel caso in cui alla richiesta di registrazione dell'atto di donazione sia allegata la fattura. È, quindi, illegittimo l'assunto dell'amministrazione finanziaria secondo cui l'i.v.a. detraibile sarebbe solo quella relativa alle fatture delle spese notarili sostenute per l'atto di donazione. Tale interpretazione trova conferma anche nel principio di alternatività con l'i.v.a., sancito, per l'imposta di registro, dall'art. 40 d.p.r. n. 131 del 1986, il quale non può non estendersi anche all'imposta sulle donazioni, data la spiccata comunanza di principi tra le due imposte (donazione e registro), entrambe collocate nell'ambito dei cosiddetti tributi indiretti sui trasferimenti di ricchezza. Ed infatti, la definizione dell'oggetto dell'imposta fornita dall'art. 1 d.lg. n. 346 del 1990 avvalora tale impostazione, laddove trovasi affermato che la stessa si applica ai trasferimenti di beni e diritti per donazione o altre liberalità tra vivi. Comm. trib. prov-distr. Lecce, sez. II, 14/06/1997, n. Articolo 2 Territorialità dell'imposta. 1. L'imposta è dovuta in relazione a tutti i beni e diritti trasferiti, ancorché esistenti all'estero. 2. Se alla data dell'apertura della successione o a quella della donazione il defunto o il donante non era residente nello Stato, l'imposta è dovuta limitatamente ai beni e ai diritti ivi esistenti. 3. Agli effetti del comma 2 si considerano in ogni caso esistenti nello Stato: a) i beni e i diritti iscritti in pubblici registri dello Stato e i diritti reali di godimento ad essi relativi; b) le azioni o quote di società, nonché le quote di partecipazione in enti diversi dalle società, che hanno nel territorio dello Stato la sede legale o la sede dell'amministrazione o l'oggetto principale; c) le obbligazioni e gli altri titoli in serie o di massa diversi dalle azioni, emessi dallo Stato o da società ed enti di cui alla lettera b) ; d) i titoli rappresentativi di merci esistenti nello Stato; e) i crediti, le cambiali, i vaglia cambiari e gli assegni di ogni specie, se il debitore, il trattario o l'emittente è residente nello Stato; f) i crediti garantiti su beni esistenti nello Stato fino a concorrenza del valore dei beni medesimi, indipendentemente dalla residenza del debitore; g) i beni viaggianti in territorio estero con destinazione nello Stato o vincolati al regime doganale della temporanea esportazione. 4. Non si considerano esistenti nel territorio dello Stato i beni viaggianti con destinazione all'estero o vincolati al regime doganale della temporanea importazione. Abstract: fondazione estera. 25

26 In tema di imposta di successione la normativa fiscale considera tassabile l'acquisizione dei beni relitti "mortis causa" prescindendo dalla forma con cui i lasciti sono stati posti in essere e avendo presente la traslazione, in qualunque forma, di beni e diritti dal "de cuius" alle persone designate. Ove, pertanto, il "de cuius" indichi taluno come beneficiario dei diritti sul patrimonio e sul reddito di una fondazione istituita dallo stesso "de cuius" nel Liechtestein (Familienstitung) e avente sede in Svizzera, detta attribuzione, "mortis causa", è soggetta all'imposta di successione. La designazione del beneficiario, infatti, nell'atto costitutivo della fondazione, proviene da un atto unilaterale del "de cuius" con l'intenzione di far valere quella designazione per il tempo in cui avrebbe cessato di vivere. Irrilevante per pervenire a una diversa conclusione è l'eccezione che l'atto notarile, costitutivo della fondazione, ancorché sottoscritto dal "de cuius" sia stato, in realtà, redatto da un terzo, e, pertanto, nullo ai sensi dell'art. 606 c.c. perché privo del requisito della autografia. Se, infatti, si risale alla "ratio" della previsione dell'autografia - che consiste nella necessità della certezza che la disposizione provenga dal "de cuius" si comprende che sussistendo la sottoscrizione, e addirittura l'atto notarile che ha raccolto la volontà del testatore, la fattispecie potrebbe tutt'al più rappresentare un caso di annullabilità nella specie non esistente perché l'erede universale ha convalidato la disposizione, affermando di volerle dare esecuzione. Cassazione civile, sez. trib., 12/10/2007, n Articolo 3 Trasferimenti non soggetti all'imposta 1. Non sono soggetti all'imposta i trasferimenti a favore dello Stato, delle regioni, delle province e dei comuni, nè quelli a favore di enti pubblici e di fondazioni o associazioni legalmente riconosciute, che hanno come scopo esclusivo l'assistenza, lo studio, la ricerca scientifica, l'educazione, l'istruzione o altre finalità di pubblica utilità, nonchè quelli a favore delle organizzazioni non lucrative di utilità sociale (ONLUS) e a fondazioni previste dal decreto legislativo emanato in attuazione della legge 23 dicembre 1998, n. 461 (2). 2. I trasferimenti a favore di enti pubblici e di fondazioni o associazioni legalmente riconosciute, diversi da quelli indicati nel comma 1, non sono soggetti all'imposta se sono stati disposti per le finalità di cui allo stesso comma. 3. Nei casi di cui al comma 2 il beneficiario deve dimostrare, entro cinque anni dall'accettazione dell'eredità o della donazione o dall'acquisto del legato, di avere impiegato i beni o diritti ricevuti o la somma ricavata dalla loro alienazione per il conseguimento delle finalità indicate dal testatore o dal donante. In mancanza di tale dimostrazione esso è tenuto al pagamento dell'imposta con gli interessi legali dalla data in cui avrebbe dovuto essere pagata. 4. Le disposizioni del presente articolo si applicano per gli enti pubblici, le fondazioni e le associazioni istituiti negli Stati appartenenti all'unione europea e negli Stati aderenti all'accordo sullo Spazio economico europeo nonche', a condizione di reciprocita', per gli enti pubblici, le fondazioni e le associazioni istituiti in tutti gli altri Stati (3). 4-bis. Non sono soggetti all'imposta i trasferimenti a favore di movimenti e partiti politici (4). 4-ter. I trasferimenti, effettuati anche tramite i patti di famiglia di cui agli articoli 768-bis e seguenti del codice civile a favore dei discendenti e del coniuge, di aziende o rami di esse, di quote sociali e di azioni non sono soggetti all'imposta. In caso di quote sociali e azioni di soggetti di cui all' articolo 73, comma 1, lettera a), del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, il beneficio spetta limitatamente alle partecipazioni mediante le quali è acquisito o integrato il controllo ai sensi dell' articolo 2359, primo comma, numero 1), del codice civile. Il beneficio si applica a condizione che gli aventi causa proseguano l'esercizio dell'attività d'impresa o detengano il controllo per un periodo non inferiore a cinque anni dalla data del trasferimento, rendendo, contestualmente alla presentazione della dichiarazione di successione o all'atto di donazione, apposita dichiarazione in tal senso. Il mancato rispetto della condizione di cui al periodo precedente comporta la decadenza dal beneficio, il pagamento dell'imposta in misura ordinaria, della sanzione amministrativa prevista dall' articolo 13 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471, e degli interessi di mora decorrenti dalla data in cui l'imposta medesima avrebbe dovuto essere pagata. 26

27 Abstract: non incostituzionale anche se le quote sono tassate diversamente; legato ad ospedale. È manifestamente infondata la q.l.c. dell'art. 10, comma 3, D.Leg.. 31 ottobre 1990 n. 347, censurato, in riferimento agli art. 3, 5 e 114 cost., nella parte in cui - nel prevedere che non sono soggette ad imposta le volture eseguite nell'interesse dello Stato né quelle relative a trasferimenti di cui all'art. 3 del testo unico sull'imposta sulle successioni e donazioni, approvato con D.Leg.. 31 ottobre 1990 n. 346, salvo quanto disposto nel comma 3 dello stesso articolo - non estende alle province, alle regioni ed ai comuni l'esenzione dall'imposta catastale ivi prevista. Premesso che le pur rilevanti modifiche introdotte dalla l. cost. 18 ottobre 2001 n. 3 non comportano una innovazione tale da equiparare pienamente tra loro i diversi soggetti istituzionali, che pure tutti compongono l'ordinamento repubblicano, così da rendere omogenea la stessa condizione giuridica di fondo dello Stato, delle regioni e degli enti territoriali, l'esenzione prevista dalla norma censurata in favore solo dello Stato risulta immune da arbitrarietà ed irragionevolezza e non può comportare, sotto alcun profilo, la denunciata compromissione dell'autonomia degli altri enti territoriali, perché trova giustificazione proprio nella peculiare posizione dello Stato, non equiparabile agli altri soggetti istituzionali che compongono l'ordinamento repubblicano, e si armonizza, sotto tale aspetto, con le analoghe esenzioni previste per lo Stato stesso dalle imposte ipotecaria, di registro e di bollo (sentt. n. 292 del 1987, 27 del 2001, 274 del 2003, 365 del 2007; ordd. n. 10 del 1999, 174 del 2001, 46 del 2009). In tema di legato obbligatorio, costituito nella specie dall'attribuzione ad un ente pubblico ospedaliero dei proventi della vendita di alcuni cespiti immobiliari, il trasferimento di tali beni dal de cuius agli eredi rappresenta un antecedente ineludibile della loro alienazione a terzi, necessaria ai fini dell'attuazione del legato, ancorché il testatore abbia provveduto alla nomina di un esecutore testamentario, dato il carattere retroattivo dell'accettazione dell'eredità; in tale situazione, il valore dei beni non incide sull'imposta di successione a carico degli eredi, poiché i cespiti costituiscono al contempo attivo ereditario e passivo, divenendone il loro controvalore di realizzo un credito a favore dell'ente legatario - il quale invece è direttamente esente dalla predetta imposta ai sensi dell'art. 3 D.Leg.. 31 ottobre 1990 n. 346, avendo quale scopo esclusivo finalità di pubblica utilità - mentre sono dovute le imposte ipotecarie e catastali, difettando i presupposti soggettivi ed oggettivi di esenzione di cui agli art. 1 e 10 D.Leg.. 31 ottobre 1990 n Articolo 4 Aliquote. Articolo abrogato dall articolo 69, comma 1, lettera b), della legge 21 novembre 2000, n. 342, salvo quanto disposto dall'art. 59 successivo. Tale abrogazione vale per le successioni per le quali il termine di presentazione delle relative dichiarazioni scade successivamente al 31 dicembre 2000 e per le donazioni fatte a decorrere dal 1 gennaio Articolo 5 Soggetti passivi 1. L'imposta è dovuta dagli eredi e dai legatari per le successioni, dai donatari per le donazioni e dai beneficiari per le altre liberalità tra vivi. 2. Ai fini dell'imposta sono considerati parenti in linea retta anche i genitori e i figli nati fuori del matrimonio, i rispettivi ascendenti e discendenti in linea retta, gli adottanti e gli adottati, gli affilianti e gli affiliati. La parentela naturale, se il figlio non è stato legittimato o riconosciuto o non riconoscibile, deve risultare da sentenza civile o penale, anche indirettamente, ovvero da dichiarazione scritta del genitore verificata, se il valore imponibile dei beni o diritti trasferiti al parente naturale è superiore a lire quarantamilioni, secondo le disposizioni degli articoli 2 e 3 della legge 19 gennaio 1942, n. 23 (2). Abstract: notificazione a coinquilina. La notificazione di un avviso di accertamento eseguita mediante consegna a persona che, pur coabitando con il destinatario, non sia a lui legata da rapporto di parentela, o non sia addetta alla casa, non è assistita dalla presunzione di consegna a quest'ultimo, con conseguente nullità della notificazione stessa. (Così statuendo, la S.C. ha confermato la decisione impugnata che aveva escluso la ritualità della notifica di un avviso di accertamento, afferente un'imposta di successione, effettuata con la consegna dell'atto ad una "coinquilina" del 27

28 destinatario). Rigetta, Comm. Trib. Reg. Taranto, 06/04/2011 Cassazione civile, sez. VI, 06/02/2014, n Va confermato l'assoggettamento al prelievo fiscale della donazione anche se priva della forma scritta, ad substantiam, richiesta dall'ordinamento civile. La nullità della donazione per carenza di forma scritta o per mancanza di accettazione della liberalità da parte dei beneficiari non fa cadere la pretesa impositiva da parte del Fisco, ciò che rileva ai fini della tassazione è l'effettivo trasferimento del bene.cassazione civile, sez. trib., 18/01/2012, n. 634 In tema di imposte sulle successioni, qualora con disposizione testamentaria il "de cuius" abbia imposto all'erede il pagamento anche delle imposte di competenza del legatario, tale indicazione non ha alcun effetto nei confronti dell'amministrazione finanziaria che ben potrà rivolgersi al legatario per l'adempimento dell'obbligazione tributaria su di esso gravante, senza che quest'ultimo possa opporre l'esistenza della disposizione testamentaria a suo favore, potendo, invece, successivamente rivalersi, sul piano privatistico, nei confronti dell'erede obbligato. Cassazione civile, sez. trib., 09/03/2011, n Articolo 6 Ufficio competente. 1. Competente per l'applicazione dell'imposta alle successioni è l'ufficio del registro nella cui circoscrizione era l'ultima residenza del defunto o, se questa era all'estero o non è nota, l'ufficio del registro di Roma. 2. La competenza per l'applicazione dell'imposta alle donazioni è determinata secondo le disposizioni relative all'imposta di registro. Articolo 7 Determinazione dell'imposta. 1. L'imposta è determinata dall'applicazione delle seguenti aliquote al valore della quota di eredità o del legato: a) quattro per cento, nei confronti del coniuge e dei parenti in linea retta; b) sei per cento, nei confronti degli altri parenti fino al quarto grado e degli affini in linea retta, nonchè degli affini in linea collaterale fino al terzo grado; c) otto per cento, nei confronti degli altri soggetti. 3. Sull'imposta determinata a norma dei commi 1 e 2 si applicano, quando ne ricorrono i presupposti, le riduzioni e le detrazioni stabilite negli articoli 25 e Fino a quando l'eredità non è stata accettata, o non è stata accettata da tutti i chiamati, l'imposta è determinata considerando come eredi i chiamati che non vi hanno rinunziato. Abstract: inammissibilità per l incompletezza del petitum ; E' manifestamente inammissibile, per incompleta descrizione della fattispecie concreta e per indeterminatezza del petitum, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 7, comma 2, del d.lgs. 31 ottobre 1990, n. 346 [nel testo anteriore alle modifiche apportate dall'art. 69, comma 1, lett. c ), della legge n. 342 del 2000], censurato, in riferimento agli artt. 3 e 53 Cost., nella parte in cui prevede il cumulo dell'imposta sull'asse globale con l'imposta sulle singole quote dovuta dagli eredi che non siano legati da rapporto di coniugio, né di parentela in linea retta con il defunto. Il rimettente non ha in alcun modo illustrato, neppure sommariamente, le ragioni di infondatezza dei motivi avanzati in via principale dal ricorrente nel giudizio a quo, nonostante gli stessi avessero priorità logica e fossero, in caso di accoglimento, suscettibili di determinare l'annullamento dell'atto impugnato. Il difetto di informazioni circa il contenuto e la sorte di tali motivi - non emendabile mediante la diretta lettura degli atti, impedita dal principio di autosufficienza dell'atto di promovimento - non consente di valutare la necessità di fare applicazione della disposizione censurata e si traduce nell'evidente difetto di prova circa la rilevanza della questione. Sotto un diverso profilo, non è chiaro quale sia il tipo di correzione auspicato, avendo lo stesso rimettente evidenziato che il recupero della legalità costituzionale potrebbe avvenire attraverso una pluralità di opzioni espressamente indicate, che, tuttavia, determinano incertezza in ordine alla direzione dell'intervento richiesto, ancorché il dispositivo ne scelga una sola. Per l'insegnamento secondo cui l'oggetto del giudizio di legittimità costituzionale in via incidentale è limitato alle disposizioni e ai parametri indicati nelle ordinanze di rimessione, sicché non possono essere presi in considerazione ulteriori questioni o profili di costituzionalità dedotti dalle parti, sia eccepiti, ma non fatti propri dal giudice a quo, sia volti ad ampliare o modificare successivamente il contenuto delle stesse ordinanze, v., ex multis, le seguenti citate decisioni: sentenze nn. 28

29 238/2014, 220/2014, 219/2014, 275/2013 e 271/2011 ordinanza n. Sulla manifesta inammissibilità di questioni viziate da incompleta descrizione della fattispecie concreta, ovvero da difettosa motivazione sulla rilevanza, o comunque premature, v., ex multis, le citate ordinanze nn. 52/2014, 158/2013, 73/2011, 96/2010 e 22/2010 Sulla manifesta inammissibilità di questioni per indeterminatezza o incertezza del petitum, v., ex multis, le citate ordinanze nn. 96/2014 e 318/2013.Corte Costituzionale, 25/06/2015, n. 122 In tema di imposta sulle successioni, presupposto dell'imposizione tributaria è la chiamata all'eredità e non già l'accettazione. Ne consegue che, allorché la successione riguardi anche l'eredità devoluta al dante causa e da costui non ancora accettata, l'erede è tenuto al pagamento dell'imposta anche relativamente alla successione apertasi in precedenza a favore del suo autore, la cui delazione sia stata a lui trasmessa ai sensi dell'art. 479 cod. civ. Cassa e decide nel merito, Comm. Trib. Reg. Palermo, 17/05/2012. Cassazione civile, sez. VI, 09/10/2014, n In tema di imposta di successione, la presunzione legale di appartenenza all'attivo ereditario dei titoli, dei depositi e dei conti correnti bancari o postali cointestati al de cuius e ad eredi o legatari, ai sensi dell' art. 11 del d.lg. n. 346 del 1990, ha funzione antielusiva, in quanto tesa ad impedire manovre di sottrazione all'imposta di parte dell'imponibile, ed essa, avendo natura di presunzione iuris tantum, può essere superata dal contribuente anche attraverso prove presuntive ma, a tal fine, la prova contraria a carico del coerede o del legatario deve avere riguardo alla effettiva contitolarità dei beni e dei diritti, al di là della mera intestazione formale. (Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza impugnata che aveva dato esclusiva rilevanza al fatto che l'erede fosse cointestatario di un conto corrente di cui aveva la disponibilità). Cassazione civile, sez. trib., 11/04/2011, n È manifestamente infondata, in riferimento agli art. 3, 42, e 53 cost. ed all'art. 14 Cedu, la q.l.c. dell'art. 7 d.lg. n. 346 del 1990, nel testo in vigore anteriormente alle modifiche introdotte dall'art. 69 della l. n. 342 del 2000, nella parte in cui prevede che l'imposta di successione debba essere calcolata sul valore globale dell'asse ereditario e poi ripartita tra gli eredi in ragione delle quote ereditarie, anziché sul valore della quota di eredità o del legato, come previsto dal nuovo testo della disposizione. La scelta di tale criterio costituisce infatti espressione del potere discrezionale del legislatore di tracciare il confine tra gli interessi delle parti del rapporto giuridico tributario, ed appare comunque compatibile con la Costituzione, in quanto privilegia l'interesse pubblico in un trasferimento di beni a soggetti che non si sono in alcun modo impegnati, almeno direttamente, nella loro acquisizione, mentre la diversa scelta compiuta con l'art. 69 cit. privilegia l'interesse privato, graduando la quantità del contenuto dell'imposta secondo la relazione con il "de cuius". Cassazione civile, sez. trib., 25/02/2010, n In tema di imposta sulle successioni, secondo l'art. 7 del d.lg. n. 346 del 1990, presupposto dell'imposizione tributaria è la chiamata all'eredità e non già l'accettazione, per cui l'imposta è determinata considerando come eredi i chiamati che non provino di aver rinunciato all'eredità o di non avere titolo di erede legittimo o testamentario, in quanto altri è tale, non essendo del tutto applicabili i principi del codice civile che regolano l'acquisto della qualità di erede; se si realizza ex art. 467 c.c., come nella specie, il fenomeno giuridico della rappresentazione (per avere l'ascendente rinunziato al diritto di accettare l'eredità), il discendente subentra al suo genitore quale chiamato all'eredità del nonno, divenendo soggetto passivo della imposta di successione, essendo irrilevante che la predetta rinuncia sia stata impugnata dal curatore sul presupposto che sia stata resa da un soggetto dichiarato fallito, in quanto il regime delle limitate incapacità di cui all'art. 46 l. fall. non priva il fallito dell'esercizio di un siffatto diritto di natura strettamente personale; ne consegue la correttezza dell'avviso di liquidazione dell'imposta e dell'irrogazione delle sanzioni in dipendenza della denuncia di successione, poiché il rinunciante deve essere ritenuto dotato di piena capacità di agire. Cassazione civile, sez. trib., 10/03/2008, n La rinuncia all'eredità - come l'accettazione della stessa - deve ritenersi esercizio di un diritto di «natura strettamente personale» e, quindi - a norma dell'art. 46 l. fall. - indifferente alle incapacità derivanti dallo status di fallito del chiamato rinunciante, perché la scelta relativa involge considerazioni non necessariamente né esclusivamente patrimoniali. (Cassa Comm. trib. rg. Sic. 28 febbraio 2001 n. 20/08). Cassazione civile, sez. trib., 10/03/2008, n In tema di imposta di successione, anche il fallito, chiamato all eredità, può rinunciare all acquisto dei diritti, atteso che l accettazione e la rinuncia costituiscono esercizio di un diritto di natura strettamente personale, indifferente alle incapacità derivanti dallo status di fallito del chiamato rinunciante. Cassazione civile, sez. trib., 10/03/2008, n L'atto col quale taluno eriga una fondazione, disponendo che i beni ed i redditi di essa siano destinati, dopo la morte del fondatore, ad un proprio erede legittimario, costituisce un legato disposto con un testamento assimilabile a quello olografo, a nulla rilevando che l'atto costitutivo della fondazione non sia stato scritto di pugno del testatore, ove comunque sia incontestabile l'autenticità della sua sottoscrizione. Ne consegue che, nel suddetto caso, l'acquisto effettuato dal beneficiario ha natura successoria ed è assoggettabile all'imposta sulle successioni. Cassazione civile, sez. trib., 12/10/2007, n E manifestamente infondata la q.l.c. dell'art. 7 comma 1 d.lg. 31 ottobre 1990 n. 346 nel testo anteriore alle modifiche apportate dall'art. 69 comma 1 lett. c) l. 21 novembre 2000 n , censurato, in riferimento agli art. 3 e 53 cost., in quanto comporterebbe, a causa della progressività delle aliquote di imposizione sull'asse globale ereditario, un carico fiscale differente, a parità di valore del lascito ereditario, a seconda che dei beni ereditari beneficino uno o più soggetti. Analoghe questioni sono state già dichiarate non fondate sulla base del rilievo che l'imposta sul valore netto globale dell'asse ereditario colpisce l'eredità come tale, indipendentemente dal 29

30 trasferimento di ricchezza agli aventi causa "uti singuli", in quanto si collega direttamente con il patrimonio ereditario unitariamente considerato, sicché non può ravvisarsi violazione del principio di capacità contributiva nell'applicazione dell'imposta sul valore netto globale dell'asse ereditario, perché questa ha carattere reale, e in tale tipo di imposta la capacità contributiva è data dal valore del bene tassato e non dal patrimonio del soggetto o dei soggetti ai quali il bene appartiene ; e tale soluzione va confermata anche con riferimento alla disciplina dell imposta sulle successioni di cui al d.lg. n. 346 del 1990, la quale continua ad articolarsi (con diversità di presupposto e di base imponibile) in una imposizione di carattere prevalentemente patrimoniale e reale, gravante su tutti i successori ed incidente sull'asse ereditario globale, ed in una imposizione delle quote ereditarie e dei legati, gravante soltanto sui successori cosiddetti indiretti ed incidente sul singolo trasferimento (o incremento) di ricchezza in favore di ciascun beneficiario, con la precisazione che non irragionevolmente né arbitrariamente il legislatore ha assunto, nella sua discrezionalità, il complessivo patrimonio ereditario quale base di commisurazione dell'imposta progressiva da ripartire fra i beneficiari, avendo come fine il perseguimento, in occasione delle vicende traslative "mortis causa", di politiche redistributive non sindacabili dalla Corte costituzionale, se non nei limiti della manifesta arbitrarietà o irrazionalità (nella specie non sussistente) e che non è contrario al principio generale di cui all'art. 53 comma 2 cost. che un'imposta reale possa essere anche progressiva in funzione del solo valore dell'asse globale, mentre la lamentata ingiustificata disparità di trattamento fiscale di lasciti ereditari di identico valore, non sussiste giacché la tassazione di tali lasciti avviene commisurando l'aliquota progressiva ad assi di diversa entità e, pertanto, riguarda situazioni non omogenee e tra loro non comparabili. Corte Costituzionale, 15/12/2005, n. 453 E manifestamente inammissibile la q.l.c. dell'art. 7 comma 2 d.lg. 31 ottobre 1990 n. 346 nel testo anteriore alle modifiche apportate dall'art. 69 comma 1 lett. c) l. 21 novembre 2000 n , censurato, in riferimento agli art. 3 e 53 cost., in quanto prevede per gli eredi o legatari cosiddetti indiretti, cioè non legati da rapporto di coniugio o di parentela in linea retta con il defunto, il cumulo dell'imposta sull'asse globale (riferita all'intero patrimonio del de cuius) con l'imposta dovuta sulle singole quote (riferita al trasferimento di ricchezza conseguito dagli eredi o legatari). La rilevanza della questione nei giudizi principali è solo genericamente affermata dal remittente, il quale si limita a riferire che i ricorrenti sono i figli e la vedova del de cuius, deceduto il 30 novembre 1999, e, quindi, sono i suoi eredi cosiddetti diretti, omettendo tuttavia di fornire una specifica motivazione sull'applicabilità della disposizione censurata nei giudizi a quibus, tanto più necessaria in quanto i giudizi principali non riguardano l'imposta sulle singole quote ereditarie, prevista dal citato comma 2 a carico esclusivamente dei cosiddetti eredi o legatari indiretti, ma hanno ad oggetto l'impugnazione degli avvisi di liquidazione della sola imposta sul valore netto globale dell'asse ereditario, prevista dal comma 1 dell'indicato art. 7, ed appunto emessi nella specie nei confronti degli eredi cosiddetti diretti del defunto. Corte Costituzionale, 15/12/2005, n. 453 E manifestamente inammissibile la q.l.c. dell'art. 7 comma 2 d.lg. 31 ottobre 1990 n. 346 nel testo anteriore alle modifiche apportate dall'art. 69 comma 1 lett. c) l. 21 novembre 2000 n , censurato, in riferimento agli art. 3 e 53 cost., nella parte in cui prevede per gli eredi o legatari cosiddetti indiretti, cioè non legati da rapporto di coniugio o di parentela in linea retta con il defunto, il cumulo dell'imposta sull'asse globale con l'imposta dovuta sulle singole quote trasferite ai successori "mortis causa". L incompleta descrizione della fattispecie impedisce, infatti, il controllo circa l'applicabilità, nel giudizio a quo, della norma censurata, sia " ratione temporis" (in quanto, ai sensi dell'art. 69 comma 15 l. n. 342 del 2000, la disposizione denunciata si applica solo alle successioni per le quali il termine di presentazione delle relative dichiarazioni ha scadenza non successiva al 31 dicembre 2000), sia in riferimento al cumulo dell'imposta sull'asse globale con quella sulla singola quota ereditaria o sul legato (in quanto il denunciato cumulo si applica solo nei confronti dell'erede, coerede o legatario che non è coniuge né parente in linea retta del defunto), e tali lacune non sono colmabili in base agli scritti difensivi delle parti e si traducono in difetto di motivazione sulla rilevanza della questione. Corte Costituzionale, 15/12/2005, n. 453 Ai fini della determinazione dell'imposta di successione occorre fare riferimento al "valore globale netto dell'asse ereditario" e, concorrendo eredi e legatari, essa viene "ripartita tra loro, in proporzione al valore delle rispettive quote di eredità e dei rispettivi legati" (art. 7, comma 1, del d.lg. n. 346 del 1990, nel testo originario, applicabile nella fattispecie "ratione temporis"). Il successivo art. 11, che pone una "presunzione di appartenenza all'attivo ereditario", prevede che, nel caso di conto corrente bancario cointestato, "le quote di ciascuno si considerano uguali se non risultano diversamente determinate", precisando, tuttavia (nel testo originario), che, qualora - come nella specie - il cointestatario del conto sia anche legatario, "salvo prova contraria" vale la presunzione di appartenenza esclusiva al defunto (previsione che non si applica solo nel caso - non ricorrente nella specie - di cointestazione al coniuge). Ne consegue che, in assenza di detta prova contraria, l'intero conto entra a formare l'asse ereditario, su cui l'imposta è legittimamente determinata nella sua unitarietà, sulla base del valore globale dell'asse, e ripartita proporzionalmente al valore del legato. Cassazione civile, sez. trib., 12/07/2005, n È manifestamente infondata la q.l.c. degli art. 8 n. 2 l. 9 ottobre 1971 n. 825 e 7 comma 2 d.lg. 31 ottobre 1990 n. 346, nella parte in cui dispongono che all'imposta globale si aggiunge l'imposta sulla quota ereditaria assegnata agli eredi indiretti "senza che dal valore di detta quota sia dedotto quanto dell'imposta globale venga a cadere sull'erede medesimo". Le norme citate, infatti, non producono alcun effetto di duplicazione d'imposta e, quindi, di contrasto con il principio della capacità contributiva e nemmeno con il principio di uguaglianza (art. 53 cost.), 30

31 poiché la diversità di trattamento tra eredi diretti e indiretti è espressione della discrezionalità del legislatore nel disciplinare le differenti fattispecie imponibili. Corte Costituzionale, 15/07/1997, n. 236 È inammissibile la q.l.c. dell'art. 7 comma 2 d.lg. 31 ottobre 1990 n. 346 (Approvazione del t.u. delle disposizioni concernenti l'imposta sulle successioni e donazioni), sollevata in riferimento all'art. 53 cost. Corte Costituzionale, 15/07/1997, n. 236 Ai fini dell'imposta sulle successioni, nel vigore del d.p.r. 26 ottobre 1972 n. 637 (come già nella vigenza del r.d. 30 dicembre 1923 n e, da ultimo, poi, del t.u. 31 ottobre 1990 n. 346), deve ritenersi acquisito il principio per cui la delazione determina per se stessa (diversamente che agli effetti civilistici) l'acquisto dell'eredità. Pertanto, anche in caso di trasmissione della delazione ex art. 479 c.c., a favore dell'erede del chiamato, morto prima di accettare l'eredità devolutagli, la fattispecie successoria si considera perfezionata sul piano tributario, anche in ordine alla precedente devoluzione per cui è dovuto, anche su questa, il correlato tributo da parte del secondo chiamato. Cassazione civile, sez. I, 28/10/1995, n Articolo 8 Base imponibile. 1. Il valore globale netto dell'asse ereditario è costituito dalla differenza tra il valore complessivo, alla data dell'apertura della successione, dei beni e dei diritti che compongono l'attivo ereditario, determinato secondo le disposizioni degli articoli da 14 a 19, e l'ammontare complessivo delle passività deducibili e degli oneri diversi da quelli indicati nell'art. 46, comma 3. 1-bis. Resta comunque ferma l esclusione dell avviamento nella determinazione della base imponibile delle aziende, delle azioni, delle quote sociali. 2. In caso di fallimento del defunto si tiene conto delle sole attività che pervengono agli eredi e ai legatari a seguito della chiusura del fallimento. 3. Il valore dell'eredità o delle quote ereditarie è determinato al netto dei legati e degli altri oneri che le gravano, quello dei legati al netto degli oneri da cui sono gravati. 4. Il valore globale netto dell'asse ereditario è maggiorato, ai soli fini della determinazione delle aliquote applicabili a norma dell'art. 7, di un importo pari al valore attuale complessivo di tutte le donazioni fatte dal defunto agli eredi e ai legatari, comprese quelle presunte di cui all'art. 1, comma 3, ed escluse quelle indicate all'art. 1, comma 4, e quelle registrate gratuitamente o con pagamento dell'imposta in misura fissa a norma degli articoli 55 e 59; il valore delle singole quote ereditarie o dei singoli legati è maggiorato, agli stessi fini, di un importo pari al valore attuale delle donazioni fatte a ciascun erede o legatario. Per valore attuale delle donazioni anteriori si intende il valore dei beni e dei diritti donati alla data dell'apertura della successione, riferito alla piena proprietà anche per i beni donati con riserva di usufrutto o altro diritto reale di godimento. In tema di imposta di successione, la base imponibile è costituita dal valore netto dell'asse che, come si evince dall'art. 8, comma 3, d.lg. n. 346 del 1990, è determinato al netto dei legati, quali sono, ai sensi dell'art. 588 c.c., le disposizioni testamentarie attributive di beni determinati, ancorché soltanto per quantità come il denaro (legati pecuniari) i quali, non essendo immediatamente traslativi di un diritto ereditario, sebbene conferiscano al legatario un diritto di credito nei confronti dell'onerato, non costituiscono una passività deducibile, categoria nella quale sono compresi i debiti del defunto esistenti alla data di apertura della successione, le spese mediche e funerarie. Cassazione civile, sez. trib., 11/04/2011, n Nel senso che in tema di imposta di successione, e ai fini della determinazione della base imponibile, i soli debiti ereditari deducibili sono quelli liquidi ed esigibili, pertanto le eventuali fideiussioni prestate dal de cuius non costituiscono passività deducibili, a meno che al momento dell'apertura della successione sussista l'insolvibilità del debitore garantito o l'impossibilità di esercitare l'azione di regresso, con il conseguente effettivo depauperamento dell'attivo ereditario, Cass. 21 febbraio 2008 n Analogamente, Cass. 14 marzo 2007 n. 5969, in Corr. trib., 2007, 2283, con nota di MURARO, Successione mortis causa, fideiussioni e capacità contributiva. Sempre in tema di debiti ereditari si è precisato, tra l'altro: il riconoscimento del debito non è atto da cui il debito deriva, alla cui produzione l'art. 23 d. lgs. 31 ottobre 1990 n. 346 subordina la deduzione dei debiti dall'attivo ereditario, ma, stante il tenore dell'art c.c., è una dichiarazione unilaterale avente l'unico effetto, nei rapporti tra le parti, di dispensare colui a favore del quale la 31

32 ricognizione è fatta dalla prova del rapporto fondamentale; ne consegue l'onere del contribuente di produrre il titolo da cui il debito deriva, nonostante il riconoscimento di debito contenuto nel testamento o in atti in possesso dei pretesi creditori, Cass. 19 gennaio 2009 n. 1132; la deducibilità dei debiti della massa ereditaria è disciplinata, quanto alle condizioni e al regime probatorio, rispettivamente dagli art. 21 e 23 d. lgs. n. 346, cit., secondo cui i debiti del de cuius inerenti all'esercizio di impresa vanno provati mediante scritture contabili obbligatorie tenute a norma di legge, da prodursi in originale o in copia autentica, ovvero in estratto notarile, entro il triennio dall'apertura della successione; va pertanto negata ogni efficacia probatoria ad una mera esposizione di parte attiva e passiva allegata all'atto di regolarizzazione dell'impresa societaria familiare, il cui stato patrimoniale, formato dopo l'apertura della successione stessa e a tale solo scopo, non è qualificabile come bilancio, Cass. 14 marzo 2008 n. 6957; il regime di deducibilità dei debiti della massa ereditaria va ricostruito nel senso che tali debiti sono deducibili, purché sussistano le condizioni previste dall'art. 21 e subordinatamente alle dimostrazioni, integranti sistema di prova legale, prescritte dall'art. 23, Cass. 26 novembre 2007 n , che ha ritenuto non deducibili i debiti del de cuius inerenti l'esercizio di impresa, documentati attraverso l'esibizione della «quietanza delle fatture» e di «documentazione equipollente» piut tosto che attraverso la produzione di atto scritto avente data certa anteriore all'apertura della successione, titolo giudiziario definitivo, estratto notarile delle scritture contabili obbligatorie e, trattandosi di debiti verso aziende o istituti di credito, di certificazione rilasciata dall'ente creditore; l'asse ereditario va valutato sulla base della sua reale consistenza e ciò comporta che i debiti nei confronti degli aventi causa, i quali si estinguono, ai sensi dell'art c.c., nel momento in cui il creditore diventa anche debitore, sono indeducibili, producendo l'estinzione i suoi effetti anche ai fini dell'imposta sui redditi, Cass. 14 maggio 2007 n , in Riv. dir. trib., 2007, II, 639, con nota di BURELLI, La asserita rilevanza dell'estinzione di debiti e crediti per confusione nella determinazione della base imponibile del tributo successorio. Considerazioni tra passato e presente; non sono deducibili i debiti del defunto risultanti da una sentenza provvisoriamente esecutiva, in quanto tale pronuncia, pur rendendo plausibile la spettanza del diritto, e quindi possibile l'esecuzione, non consente di ritenerne definitivamente accertata l'esistenza, ben potendo essere riformata in tutto o in parte, Cass. 15 gennaio 2007 n. 668; ai fini della determinazione della base imponibile, relativamente alle aziende comprese nell'attivo ereditario, non costituiscono passività deducibili, ai sensi dell'art. 15 d. lgs. n. 346, cit., i fondi di ammortamento esposti nella contabilità aziendale, i quali non incidono negativamente sul capitale economico, ma rappresentano soltanto uno strumento contabile finalizzato a frazionare l'incidenza di un costo in una pluralità di annualità, tendenzialmente coincidenti con il periodo di utilizzazione economica del bene al quale si riferiscono, Cass. 14 gennaio 2009 n ; Cass. 15 maggio 2006 n ; Cass. 10 aprile 2006 n. 8347; ai fini della deducibilità di un debito del defunto derivante da un contratto di apertura di credito in conto corrente bancario, e consistente nel saldo passivo dovuto in tutto o in parte ad assegni emessi in data anteriore all'ultimo anno precedente l'apertura della successione, non può trovare applicazione il regime probatorio agevolato previsto dal terzo e dal comma 4 dell'art. 13 d.p.r. 26 ottobre 1972 n. 637 (poi riprodotto nell'art. 23 d. lgs. n. 346, cit.), ma quello previsto dal comma 1 della medesima disposizione, in virtù del quale il rapporto di apertura di credito in conto corrente deve risultare da un atto scritto avente data certa anteriore a quella di apertura della successione, Cass. 20 aprile 2006 n In tema di imposta sulle successioni, l'art. 8, comma 3, d.lg. 31 ottobre 1990 n. 346, nel prevedere che il valore dell'eredità e/o delle singole quote è determinato "al netto dei legati e degli altri oneri che le gravano", si riferisce al solo istituto privatistico dei cosiddetti "oneri modali" e non comprende le tasse di successione di competenza del legatario e che un'eventuale disposizione testamentaria abbia posto a carico dell'erede. Cassazione civile, sez. trib., 09/03/2011, n In tema di imposta sulle successioni, l'art. 8, comma 4, d.lg. 31 ottobre 1990 n. 346, che prevede il cosiddetto coacervo (o cumulo) del donatum con il relictum, non è finalizzato a ricomprendere nella base imponibile e nella imposizione anche il donatum, ma stabilisce una forma di riunione fittizia dei beni donati alla massa ereditaria ai soli fini della determinazione delle aliquote da applicare per calcolare l'imposta sui beni relitti. Cassazione civile, sez. trib., Con riferimento agli artt. 2 e 10 d.lg. 31 ottobre 1990 n. 347, come coordinati con gli artt. 8, 9, 12 e 13 d.lg. 31 ottobre 1990 n. 346, nel caso di successione di immobili di rilevante interesse storico o artistico vincolati ai sensi della l. 1 giugno 1939 n non sono dovute le imposte ipotecaria e catastale. Ai sensi dell'art. 8, comma 4, t.u. 31 ottobre 1990 n. 346, la maggiorazione del valore globale netto dell'asse ereditario di un importo pari al valore complessivo di tutte le donazioni fatte dal defunto, va operata quando le donazioni si riferiscano agli eredi o legatari. Essa è esclusa quando le donazioni siano state fatte nei confronti di persone che non risultano essere nè eredi nè legatari, ed in ugual modo va esclusa anche nei confronti di un erede subentrato per rappresentazione che non sia stato beneficiario di alcuna donazione. Articolo 9 Attivo ereditario 32

33 1. L'attivo ereditario è costituito da tutti i beni e diritti che formano oggetto della successione, ad esclusione di quelli non soggetti all'imposta a norma degli articoli 2, 3, 12 e Si considerano compresi nell'attivo ereditario denaro, gioielli e mobilia per un importo pari al dieci per cento del valore globale netto imponibile dell'asse ereditario anche se non dichiarati o dichiarati per un importo minore, salvo che da inventario analitico redatto a norma degli articoli 769 e seguenti del codice di procedura civile non ne risulti l'esistenza per un importo diverso. 3. Si considera mobilia l'insieme dei beni mobili destinati all'uso o all'ornamento delle abitazioni, compresi i beni culturali non sottoposti al vincolo di cui all'art. 13. In tema di imposta sulle successioni, la presunzione posta dall'art. 9, comma 2, del D.Leg.s. 31 ottobre 1990, n. 346, secondo il quale "si considerano compresi nell'attivo ereditario denaro, gioielli e mobilia per un importo pari al dieci per cento del valore globale netto imponibile dell'asse ereditario anche se non dichiarati o dichiarati per un importo minore, salvo che da inventario analitico... non ne risulti l'esistenza per un importo diverso", può essere vinta solo se l'inventario ivi previsto sia redatto "post mortem" in conformità agli artt. 769 e seguenti cod. proc. civ., e cioè se esso risponda ai requisiti di validità formale e sostanziale fissati dal codice, essendo lo scopo della norma evitare il facile occultamento di detti beni; tale presunzione, pertanto, non può ritenersi superata nel caso in cui l'inventario sia eretto, come nella specie, in sede di procedimento d'interdizione prima del decesso del "de cuius".cassa e decide nel merito, Comm. Trib. Reg. Roma, 27/03/2007 Cassazione civile, sez. trib., 24/05/2013, n In tema di imposta sulle successioni, si considerano parte dell'attivo, ai sensi dell'art. 8, comma 2, d.p.r. 26 ottobre 1972 n. 637 (come sostituito dall'art. 5 l. 17 dicembre 1986 n. 880, applicabile ratione temporis), denaro, gioielli e mobilia per un importo pari al dieci per cento del valore complessivo netto dell'asse ereditario, detratto un ammontare pari a quello degli scaglioni non assoggettabili a imposta, anche se dichiarati per un importo minore, salvo che siano dichiarati e analiticamente indicati in inventario per il minore importo idoneamente dimostrato, ed il valore dell'asse ereditario netto, su cui calcolare la predetta percentuale, è quello che risulta all'esito della previa sottrazione della quota esente, secondo una nozione di valore tassabile che trova altresì conferma nell'omologo art. 9 D.Leg.. 31 ottobre 1990 n. 346, che ha riguardo al valore globale netto imponibile dell'asse ereditario e, dunque, esclude in detto calcolo la quota esente. In tema d'imposta di successione, la presentazione dell'inventario prescritto dall'art. 9, comma 2, D.Leg.. 31 ottobre 1990 n. 346, oltre il termine fissato dall'art. 31 del medesimo D.Leg.., non inficia la sua valenza probatoria; infatti, il termine di sei mesi dalla data di apertura della successione per presentare la dichiarazione di successione e gli allegati, non è previsto espressamente dalla legge come perentorio, né può ritenersi tale, non essendo sanzionata specificamente la sua inosservanza, ma solo l'omissione della dichiarazione, ed essendo, anzi, previsto dall'art. 33 del D.Leg.. citato che essa possa essere presentata anche dopo la scadenza del termine, purché prima della notifica dell'accertamento d'ufficio; è, quindi, consentita la regolarizzazione della dichiarazione, se questa sia stata presentata prima dell'accertamento, anche se la documentazione non sia stata interamente prodotta, ma sia stata richiesta, entro la stessa data. Cassazione civile, sez. trib., 26/02/2009, n In tema di imposta sulle successioni, il saldo attivo di un conto corrente bancario, intestato - in regime di comunione legale dei beni - soltanto ad uno dei coniugi e nel quale siano affluiti proventi dell'attività separata svolta dallo stesso, se ancora sussistente entra a far parte della comunione legale dei beni, ai sensi dell'art. 177, comma 1, lett. c, c.c., al momento dello scioglimento della stessa, determinato dalla morte, con la conseguente insorgenza, solo da tale epoca, di una titolarità comune dei coniugi sul predetto saldo; lo scioglimento attribuisce invero al coniuge superstite una contitolarità propria sulla comunione e, attesa la presunzione di parità delle quote, un diritto proprio, e non ereditario, sulla metà dei frutti e dei proventi residui, già esclusivi del coniuge defunto. (Nella specie, la S.C. ha rigettato il ricorso dell'agenzia delle entrate avverso la sentenza del giudice tributario che aveva ritenuto che l'imposta di successione fosse stata illegittimamente liquidata e corrisposta sull'intero asse ereditario mentre le attività relative ai conti correnti e titoli dovevano essere tassati al cinquanta per cento, con conseguente rimborso della maggiore imposta versata). In tema di imposta di successione, l'art. 9, comma 2, D.Leg.. 31 ottobre 1990 n che prevede che il denaro, i gioielli e la mobilia si presumono compresi nell'attivo ereditario per un importo pari al 10% del valore globale netto imponibile dell'asse ereditario anche se non dichiarati o dichiarati per un importo minore - deve essere interpretato nel senso che il valore presunto di tali beni comprenda anche quanto eventualmente dichiarato dal contribuente, con la conseguenza che è illegittima la pretesa del fisco di calcolare la percentuale presuntiva del 10% sull'attivo ereditario, dopo avere aggiunto il valore dichiarato dall'erede per denaro, gioielli e mobilia. In presenza, pertanto, di un valore dichiarato inferiore a quello presunto, l'imposta principale di successione deve essere sempre calcolata, per quanto riguarda i beni mobili, sul valore presunto, mentre l'imposta complementare deve essere liquidata sulla differenza tra valore presunto e quello dichiarato. Cassazione civile, sez. trib., 25/02/2008, n

34 In tema di imposta di successione è illegittima la pretesa del fisco di calcolare la percentuale presuntiva del dieci per cento (di cui all'art. 9, comma 2, D.Leg.. 31 ottobre 1990 n. 346) sull'attivo ereditario valutato tenendo presente anche il valore dichiarato dall'erede per danaro, gioielli e mobili compresi nell'asse ereditario. La disposizione in questione infatti, si deve intendere nel senso che il valore presunto di tali beni comprende quello eventualmente già dichiarato per gli stessi beni (cioè per danaro, gioielli e mobili). Cassazione civile, sez. trib., 25/02/2008, n Si deve ritenere illegittima la pretesa dell amministrazione finanziaria di calcolare la percentuale presuntiva del dieci per cento sull'attivo ereditario, dopo avere ad esso aggiunto il valore dichiarato dall'erede per denaro, gioielli e mobilia compresi nell'asse ereditario; dovendo invece essere interpretata la suddetta norma nel senso che il valore presunto di tali beni comprende quello eventualmente dichiarato. Cassazione civile, sez. trib., 25/02/2008, n Articolo 10 Beni alienati negli ultimi sei mesi. Articolo abrogato dall articolo 69, comma 1, lettera d), della legge 21 novembre 2000, n Tale abrogazione vale per le successioni per le quali il termine di presentazione delle relative dichiarazioni scade successivamente al 31 dicembre 2000 e per le donazioni fatte a decorrere dal 1 gennaio In tema d'imposta sulle successioni, il termine di cui all'art. 10, comma 1, del d.lgs. 31 ottobre 1990, n. 346, applicabile "ratione temporis", che prevedeva una presunzione "iuris et de iure" d'inclusione nell'attivo ereditario dei beni alienati a titolo oneroso dal "de cuius" negli ultimi sei mesi, al fine di scongiurare depauperamenti preordinati a ridurre il carico impositivo dell'erede, rientra tra quelli "a ritroso", in cui la legge assume come inizio il "dies ad quem", e si consuma, ai sensi dell'art cod. civ., nel mese di scadenza e nel giorno di questo corrispondente al giorno del mese iniziale. (Nella specie, la S.C. ha affermato rientrare nel termine la vendita stipulata il 30 giugno 1997 da una persona defunta il 30 dicembre 1997).Rigetta, Comm. Trib. Reg. Catania, 07/04/2008. Cassazione civile, sez. trib., 04/02/2015, n In tema di imposte sulle successioni e donazioni, l'art. 11, comma 4, della legge 27 dicembre 2002, n. 289, non autorizza la riapertura dei termini per la presentazione delle dichiarazioni di successione, ma ha la sola funzione di escludere l'applicazione di sanzioni alle dichiarazioni di successione per le quali, alla data di entrata in vigore della legge, fossero già decorsi i termini per la presentazione, atteso che, diversamente, si consentirebbe l'applicazione retroattiva dell'art. 69, comma 15, della legge 21 novembre 2000, n. 342, disposizione la cui portata è espressamente non retroattiva, e si determinerebbero illegittime discriminazioni, in quanto il fluire del tempo è fattore di disomogeneità delle situazioni poste a confronto.cassa con rinvio, Comm. Trib. Reg. Milano, 12/01/2007.Cassazione civile, sez. trib., 20/09/2013, n In tema di imposta sulle successioni, l'art. 10 d.lg. 31 ottobre 1990 n. 346 (applicabile ratione temporis, anteriormente all'abrogazione disposta dall'art. 69, comma 1, lett. d, della legge n. 342 del 2000), il quale include nell'attivo ereditario (con presunzione iuris e de iure) i beni o diritti trasferiti a terzi a titolo oneroso nel semestre anteriore alla morte del dante causa, si riferisce al valore dei predetti beni e diritti, e non al corrispettivo pattuito o ricavato dall'afferente negozio traslativo, in tal senso deponendo la lettera della norma e la sua ratio, che è quella di scongiurare depauperamenti dell'attivo ereditario preordinati, in virtù della loro collocazione temporale, a ridurre il carico impositivo dell'erede, così come affermato dalla Corte cost. con le sentenze n. 982 del 1988 e n. 137 del 1997, pronunciate con riferimento all'identica previgente disposizione dell'art. 9 d.p.r. n. 637 del 1972.Cassazione civile, sez. trib., 26/05/2009, n In tema di imposta di successione, ai fini dell'esclusione dall'attivo ereditario di beni alienati a titolo oneroso dal defunto con scrittura privata non autenticata, occorre che la data dell'atto, anteriore di oltre sei mesi all'apertura della successione, risulti nei modi indicati dall'art c.c., non costituendo elemento idoneo a conferire certezza alla data la menzione della scrittura in un altro documento proveniente da un privato, che sia privo a sua volta di data certa.cassazione civile, sez. trib., 07/05/2008, n In tema di imposta sulle successioni, l'art. 10, comma 3, lett. a, d.lg. 31 ottobre 1990 n. 346 (applicabile ratione temporis, anteriormente all'abrogazione operata dall'art. 69, comma 1, lett. d, legge n. 342 del 1990), prevede che, sui beni e diritti alienati dal defunto nell'ultimo semestre e considerati compresi nell'attivo ereditario,vanno detratte le somme effettivamente riscosse; ne consegue che l'amministrazione ha il potere di accertare l'effettiva entità del prezzo incassato e, quindi, di rettificare la dichiarazione (contenuta nella denuncia di successione) del prezzo ricavato dalla vendita. Cassazione civile, sez. trib., 29/02/2008, n

35 In tema di imposta sulle successioni, l'art. 26, comma 1, lett. a, d.lg. 31 ottobre 1990 n. 346 (applicabile "ratione temporis", anteriormente all'abrogazione operata dall'art. 11 del d.l. n. 79 del 1997, conv. nella l. n. 140 del 1997), a norma del quale dall'imposta di successione va detratta l'in.v.im. liquidata in dipendenza dell'apertura della successione per ciascun immobile trasferito, fino a concorrenza della parte dell'imposta proporzionale al valore dell'immobile stesso, trova applicazione anche in riferimento all'in.v.im. versata per la cessione di beni e diritti alienati a titolo oneroso dal "de cuius" negli ultimi sei mesi, da includersi nell'attivo ereditario ai sensi dell'art. 10, comma 1, d.lg. n. 346 del Cassazione civile, sez. trib., 09/08/2007, n In tema di in.v.im., deve ritenersi ammissibile l'estensione della detrazione d imposta relativa a tutti i beni costituenti l'attivo ereditario, compresa, quindi, l'in.v.im. pagata sui beni alienati nel semestre precedente la morte del "de cuius", ai quali va attribuito il valore venale dell'epoca dell'apertura della successione.comm. trib. reg. Firenze, sez. VIII, 07/03/2002, n. 12. La disposizione che detta l'esclusione dell'attivo ereditario dei beni vincolati ai sensi della l. n del 1939 è finalizzata ad evitare la dispersione di beni di interesse storico - artistico caduti in successione; tale esclusione si applica peraltro unicamente allorché i beni culturali vengano conservati in proprietà dall'erede per un quinquennio dall'apertura della successione. Prevale viceversa la presunzione di appartenenza nel patrimonio ereditario dei beni culturali alienati nell'ultimo semestre di vita del "de cuius". Comm. trib. centr., sez. I, 12/07/2001, n In tema di imposta sulle successioni, gli atti di cessione successivi ad un preliminare di vendita - di data precedente all'inizio del semestre anteriore all'apertura della successione - ed aventi data certa posteriore all'inizio del semestre anteriore alla data di apertura della successione, devono considerarsi come mera esecuzione del preliminare e, pertanto, i beni che ne formano oggetto rientrano nella eccezione alla presunzione di appartenenza all'asse ereditario ex art. 10 d.lg. n. 346 del Comm. trib. prov.le Varese, sez. VII, 11/06/1999, n. 41. A norma dell'art. 10 comma 1 d.lg. n. 346 del 1990, ai fini dell'imposta di successione una vendita con riserva di usufrutto operata dal "de cuius" nel semestre anteriore alla morte deve intendersi "tamquam non esset". Comm. trib. prov-distr. Milano, sez. I, 21/04/1998, n. 23 In tema di imposta sulle successioni, la data della scrittura privata non autenticata è inopponibile al fisco al fine di escludere che un bene è stato trasferito negli ultimi sei mesi di vita del defunto, atteso che, ai sensi dell'art. 9 comma ultimo d.p.r. 26 ottobre 1972 n. 637 (ora art. 10 d.lg. n. 346 del 1990), le scritture private non autenticate si considerano poste in essere nel momento in cui hanno acquistato data certa a norma del codice civile, il che si verifica con la registrazione dell'atto (la cui data viene considerata la data certa della scrittura); con l'autenticazione della sottoscrizione (in cui la data dell'autentica costituisce la data certa della scrittura); dal giorno della morte o della sopravvenuta impossibilità fisica di colui o di uno di coloro che l'hanno sottoscritta; dal giorno in cui il contenuto della scrittura è riprodotto in atti pubblici o, infine, dal giorno in cui si verifica un altro fatto che stabilisca in modo egualmente certo l'anteriorità della formazione del documento (art c.c.). Cassazione civile, sez. I, 25/10/1997, n Cassazione civile 07 maggio 2008 n sez. trib. Articolo 11 Presunzione di appartenenza all'attivo ereditario. 1. Si considerano compresi nell'attivo ereditario: a) i titoli di qualsiasi specie il cui reddito è stato indicato nell'ultima dichiarazione dei redditi presentata dal defunto, salvo quanto disposto nell'art. 12, comma 1, lettera b); b) i beni mobili e i titoli al portatore di qualsiasi specie posseduti dal defunto o depositati presso altri a suo nome. 2. Per i beni e i titoli di cui al comma 1, lettera b), depositati a nome del defunto e di altre persone, compresi quelli contenuti in cassette di sicurezza o altri contenitori di cui all'art. 48, commi 6 e 7, per le azioni e altri titoli cointestati e per i crediti di pertinenza del defunto e di altre persone, compresi quelli derivanti da depositi bancari e da conti correnti bancari e postali cointestati, le quote di ciascuno si considerano uguali se non risultano diversamente determinate. 3. Le partecipazioni in società di ogni tipo si considerano comprese nell'attivo ereditario anche se per clausola del contratto di società o dell'atto costitutivo o per patto parasociale ne sia previsto a favore di altri soci il diritto di accrescimento o il diritto di acquisto ad un prezzo inferiore al valore di cui all'art. 16, comma 1. In tal caso, se i beneficiari del diritto di accrescimento o di acquisto sono eredi o legatari, il valore della partecipazione si aggiunge a quello della quota o del legato; se non sono eredi o legatari la partecipazione è considerata come oggetto di un legato a loro favore. 35

36 Abstract: il riconoscimento dei crediti contestati decorre dalla data dell apertura della successione; possibilità con altri mezzi di contestare la presunzione juris tantum della contitolarità; indennità di buonuscita se non è consuma rientra nella comunione legale. In tema di imposta di successione i crediti giudizialmente contestati alla data di apertura della successione, provvisoriamente esclusi dall'attivo ereditario (in quanto in certa misura aleatori) concorrono a formarlo, non appena riconosciuti con provvedimento del giudice o con transazione e lo fanno non già a decorrere dalla data del riconoscimento, bensì ab origine, sin dalla data dell apertura della successione, alla quale risale l'obbligo di denunzia. Deriva, da quanto precede, pertanto, che tali crediti sono soggetti alle aliquote vigenti al momento della aperta successione e non a quelle (diverse) in vigore al momento dell accertamento giudiziale (in applicazione del principio in questione la S.C. ha ritenuto che non poteva trovare applicazione l'art. 69 comma 15, della l. n. 342/2000, ancorché tale ultima disposizione, successiva alla data della apertura della successione fosse intervenuta anteriormente all'epoca dell accertamento giudiziale del credito - nella specie, professionale - contestato). Cassazione civile, sez. trib., 30/12/2011, n In tema d'imposta di successione, le aliquote più favorevoli introdotte dall'art. 69, comma 1, l. 21 novembre 2000 n. 342, non si applicano a quei crediti che, giudizialmente contestati, al momento dell'apertura di una successione, precedente all'entrata in vigore del citato art. 69, siano stati riconosciuti solo in data successiva perché questi concorrono a formare l'attivo ereditario, non appena avvenga il loro riconoscimento con provvedimento del giudice o Codice Civile (1942), Art In tema di imposta di successione, la presunzione legale di appartenenza all'attivo ereditario dei titoli, dei depositi e dei conti correnti bancari o postali cointestati al de cuius e ad eredi o legatari, ai sensi dell' art. 11 del D.Leg.. n. 346 del 1990, ha funzione antielusiva, in quanto tesa ad impedire manovre di sottrazione all'imposta di parte dell'imponibile, ed essa, avendo natura di presunzione iuris tantum, può essere superata dal contribuente anche attraverso prove presuntive ma, a tal fine, la prova contraria a carico del coerede o del legatario deve avere riguardo alla effettiva contitolarità dei beni e dei diritti, al di là della mera intestazione formale. (Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza impugnata che aveva dato esclusiva rilevanza al fatto che l'erede fosse cointestatario di un conto corrente di cui aveva la disponibilità).cassazione civile, sez. trib., 11/04/2011, n In tema di imposta di successione, la presunzione legale di appartenenza all'attivo ereditario dei titoli, dei depositi e dei conti correnti bancari o postali coinstestati al de cuius e ad eredi o legatari, ai sensi dell'art. 11 D.Leg.. 31 ottobre 1990 n. 346 (nel suo testo originario applicabile ratione temporis), ha funzione antielusiva, in quanto tesa ad impedire manovre di sottrazione all'imposta di parte dell'imponibile. Essa ha natura di presunzione iuris tantum, e può essere superata dal contribuente non soltanto attraverso prove documentali, ma anche avvalendosi di tutti gli strumenti probatori consentiti dal processo tributario e, quindi, anche di altra prova presuntiva che abbia i caratteri previsti dal comma 1 dell'art c.c. La prova contraria a carico del coerede o del legatario dovrà avere ad oggetto non la mera verosimiglianza, ma la effettività dell'appartenenza di una quota di cointestazione dei beni in esame, nel senso della prova dell'acquisto a loro nome e con loro proventi, nonché la posteriorità del loro acquisto rispetto all'eventuale dimostrata disponibilità economica degli interessati, che si qualifichino come cointestatari effettivi. Cassazione civile, sez. trib., 22/02/2008, n In tema di imposta di successione i crediti giudizialmente contestati alla data di apertura della successione, provvisoriamente esclusi dall'attivo ereditario (in quanto in certa misura aleatori) concorrono a formarlo, non appena riconosciuti con provvedimento del giudice o con transazione e lo fanno non già a decorrere dalla data del riconoscimento, bensì ab origine, sin dalla data dell apertura della successione, alla quale risale l'obbligo di denunzia. Deriva, da quanto precede, pertanto, che tali crediti sono soggetti alle aliquote vigenti al momento della aperta successione e non a quelle (diverse) in vigore al momento dell accertamento giudiziale (in applicazione del principio in questione la S.C. ha ritenuto che non poteva trovare applicazione l'art. 69 comma 15, della l. n. 342/2000, ancorché tale ultima disposizione, successiva alla data della apertura della successione fosse intervenuta anteriormente all'epoca dell accertamento giudiziale del credito - nella specie, professionale - contestato).cassazione civile, sez. trib., 30/12/2011, n In tema di imposta di successione, la presunzione legale di appartenenza all'attivo ereditario dei titoli, dei depositi e dei conti correnti bancari o postali cointestati al de cuius e ad eredi o legatari, ai sensi 36

37 dell'art. 11 d.lg. 31 ottobre 1990 n. 346 (nel suo testo originario applicabile ratione temporis), ha funzione antielusiva, in quanto tesa ad impedire manovre di sottrazione all'imposta di parte dell'imponibile. Essa ha natura di presunzione iuris tantum, e può essere superata dal contribuente non soltanto attraverso prove documentali, ma anche avvalendosi di tutti gli strumenti probatori consentiti dal processo tributario e, quindi, anche di altra prova presuntiva che abbia i caratteri previsti dal comma 1 dell'art c.c. La prova contraria a carico del coerede o del legatario dovrà avere ad oggetto non la mera verosimiglianza, ma la effettività dell'appartenenza di una quota di cointestazione dei beni in esame, nel senso della prova dell'acquisto a loro nome e con loro proventi, nonché la posteriorità del loro acquisto rispetto all'eventuale dimostrata disponibilità economica degli interessati, che si qualifichino come cointestatari effettivi. Ai fini della determinazione dell'imposta di successione occorre fare riferimento al "valore globale netto dell'asse ereditario" e, concorrendo eredi e legatari, essa viene "ripartita tra loro, in proporzione al valore delle rispettive quote di eredità e dei rispettivi legati" (art. 7, comma 1, del d.lg. n. 346 del 1990, nel testo originario, applicabile nella fattispecie "ratione temporis"). Il successivo art. 11, che pone una "presunzione di appartenenza all'attivo ereditario", prevede che, nel caso di conto corrente bancario cointestato, "le quote di ciascuno si considerano uguali se non risultano diversamente determinate", precisando, tuttavia (nel testo originario), che, qualora - come nella specie - il cointestatario del conto sia anche legatario, "salvo prova contraria" vale la presunzione di appartenenza esclusiva al defunto (previsione che non si applica solo nel caso - non ricorrente nella specie - di cointestazione al coniuge). Ne consegue che, in assenza di detta prova contraria, l'intero conto entra a formare l'asse ereditario, su cui l'imposta è legittimamente determinata nella sua unitarietà, sulla base del valore globale dell'asse, e ripartita proporzionalmente al valore del legato. Cassazione civile, sez. trib., 12/07/2005, n L'indennità di buonuscita non costituisce bene personale del coniuge e come tale non è esclusa dalla comunione, poiché non è contemplata dall'art. 179 c.c., che, con elencazione da considerarsi tassativa, prevede quali siano i beni che non costituiscono oggetto della comunione in quanto beni personali del coniuge; e piuttosto, secondo quanto dispone l'art. 177 c.c., costituiscono oggetto della comunione anche i proventi dell'attività separata di ciascuno dei coniugi se, allo scioglimento della comunione, non siano stati consumati, con la conseguenza che, poiché nel momento in cui la indennità di buonuscita viene percepita da uno dei coniugi e versata in un conto corrente cointestato ad entrambi, la somma corrispondente - al pari delle altre giacenti nel conto stesso - si presume di spettanza dei soggetti cointestatari per la quota parte del 50%, in caso di decesso di uno dei titolari, la metà del saldo attivo del conto cade in successione ai sensi dell'art. 11 d.lg. n. 346 del 1990, nè rileva in contrario la circostanza che la buonuscita sia stata percepita dal coniuge quando ancora era in vita e, quindi, dallo stesso versata sul conto corrente cointestato, in quanto, ai sensi del successivo art. 12 lett. c) stesso decreto, l'indennità indicata nell'art c.c., in caso di morte del prestatore di lavoro, non concorre a formare l'attivo ereditario solo qualora il decesso si verifichi senza che il soggetto abbia percepito il trattamento di fine rapporto; in questa diversa evenienza, l'indennità in questione, che non è mai entrata nel patrimonio del "de cuius", percepita dagli eredi e da determinati congiunti del "de cuius" "iure proprio", non concorre a formare l'attivo ereditario. La presunzione di appartenenza al "de cuius" di beni, titoli, depositi bancari e di conti corrente bancari, di cui all'art. 11 d.lg. 31 ottobre 1990 n. 346, non ha carattere assoluto e può essere superata con i normali mezzi di prova. La facoltà di disporre del conto, da parte del cointestatario, rappresenta, nella specie, valido elemento probatorio. Comm. trib. prov.le Torino, 11/06/2001, n. 64 Articolo 12 Beni non compresi nell'attivo ereditario. 1. Non concorrono a formare l'attivo ereditario: a) i beni e i diritti iscritti a nome del defunto nei pubblici registri, quando è provato, mediante provvedimento giurisdizionale, atto pubblico, scrittura privata autenticata o altra scrittura avente data certa, che egli ne aveva perduto la titolarità, salvo il disposto dell'art. 10; b) le azioni e i titoli nominativi intestati al defunto, alienati anteriormente all'apertura della successione con atto autentico o girata autenticata, salvo il disposto dell'art. 10; 37

38 c) le indennità di cui agli articoli 1751, ultimo comma, e 2122 del codice civile e le indennità spettanti per diritto proprio agli eredi in forza di assicurazioni previdenziali obbligatorie o stipulate dal defunto; d) i crediti contestati giudizialmente alla data di apertura della successione, fino a quando la loro sussistenza non sia riconosciuta con provvedimento giurisdizionale o con transazione; e) i crediti verso lo Stato, gli enti pubblici territoriali e gli enti pubblici che gestiscono forme obbligatorie di previdenza e di assistenza sociale, compresi quelli per rimborso di imposte o di contributi, fino a quando non siano riconosciuti con provvedimento dell'amministrazione debitrice; f) i crediti ceduti allo Stato entro la data di presentazione della dichiarazione della successione; g) i beni culturali di cui all'art. 13, alle condizioni ivi stabilite; h) i titoli del debito pubblico, fra i quali si intendono compresi i buoni ordinari del tesoro e i certificati di credito del tesoro, ivi compresi i corrispondenti titoli del debito pubblico emessi dagli Stati appartenenti all'unione europea e dagli Stati aderenti all'accordo sullo Spazio economico europeo (2); i) gli altri titoli di Stato, garantiti dallo Stato o equiparati, ivi compresi i titoli di Stato e gli altri titoli ad essi equiparati emessi dagli Stati appartenenti all'unione europea e dagli Stati aderenti all'accordo sullo Spazio economico europeo, nonché ogni altro bene o diritto, dichiarati esenti dall'imposta da norme di legge (3); l) i veicoli iscritti nel pubblico registro automobilistico. [ 1-bis. Non concorrono a formare l'attivo ereditario i beni e i diritti per i quali l'imposta sia stata corrisposta volontariamente dallo stesso titolare durante la vita. In tale ipotesi si applica un'aliquota inferiore di un punto percentuale rispetto a quelle previste dall'articolo 7. Con decreto del Ministro delle finanze, adottato ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, sono disciplinate le modalità per garantire la pubblicità del versamento volontario dell'imposta di successione.] (4). [ 1-ter. I beni ed i diritti oggetto del pagamento di cui al comma 1-bis del presente articolo, in caso di donazione, concorrono a formare il valore globale della donazione, ma dalla imposta dovuta si detrae l'importo pagato volontariamente dal donante. ] (5). Abstract : l esenzione dalle imposte di successione prevista a favore dei coltivatori diretti e degli imprenditori agricoli ha natura soggettiva; il credito del de cuius verso un creditore fallito è soggetto all imposta e del ricompreso nell asse; i titoli di credito si riconvertono solo al momento della loro assegnazione; i beni culturali sono soggetti alle imposte ipo catastali; la buonuscita della cassa degli avvocati non è da ricomprendere nell asse successorio. L'esenzione dall'imposta di successione prevista dall'art. 14 della legge 15 dicembre 1998, n. 441, a favore dei coltivatori diretti e degli imprenditori agricoli, ha natura soggettiva, distinguendosi da tutte le altre esenzioni aventi, al contrario, natura oggettiva, cioè prescindenti dalle qualità personali dei soggetti; tale norma va coordinata con la previsione dell'art. 12, lett. i), del d.lgs. 31 ottobre 1990, n. 346, secondo cui non concorre a formare l'attivo ereditario "ogni altro bene o diritto, dichiarati esenti dall'imposta da norme di legge". Ne consegue che le esenzioni personali, non rientranti in quelle richiamate dall'art. 9 del d.lgs. n. 346 cit., debbono entrare a far parte dell'imponibile, salva l'eventuale esenzione "soggettiva" dall'imposta di successione a favore del coerede cui spetti, da attuarsi mediante scorporo dall'imposta dovuta sull'imponibile ereditario netto. Cassa e decide nel merito, Comm. Trib. Reg. Genova, 25/01/2007 Cassazione civile, sez. trib., 15/11/2013, n Il credito del de cuius verso un soggetto fallito, ove ammesso al passivo, seppure non ancora distribuito e per il quale non sia in corso una lite distributiva ai sensi dell'art. 110, ultimo comma, l.fall., è un credito giudizialmente accertato nell'in e nel "quantum debeatur", ancorché di incerta riscossione. Deve escludersi, pertanto, che lo stesso possa ricomprendersi tra i crediti contestati giudizialmente, cioè tra i crediti che l'art. 12, comma 1, lett. d) d.lg. n. 346 del 1990 sottrae all'imponibile ereditario. Cassazione civile, sez. trib., 24/05/2013, n In tema d'imposta di successione, l'art. 12, comma 1, lettera d) del d.lgs. n. 346 del 1990, ai fini dell'esclusione di un credito del "de cuius" dall'attivo ereditario, fa riferimento ai "crediti contestati giudizialmente alla data di apertura della successione, fino a quando la loro sussistenza non sia riconosciuta con provvedimento giurisdizionale o con transazione"; ne deriva che, quando il credito è riconosciuto in tal modo, esso concorre a formare l'attivo ereditario, con effetto non già a far tempo dalla data del riconoscimento - che può intervenire anche a distanza di anni dall'apertura della successione - bensì "ab origine", cioé dalla data di detta apertura; ciò in quanto il credito, nel frattempo, può anche essere ritenuto insussistente, onde il legislatore ha reputato 38

39 opportuno non computarlo nell'attivo fino a quando la sua sussistenza non sia accertata, ma, intervenuto l'accertamento, esso rientra nell'attivo ereditario ad ogni effetto. A tale stregua, resta ininfluente che il giudizio sul credito sia proseguito per scelta degli eredi o che sia intervenuta poi tra le parti una transazione, circostanze inidonee ad elidere il collegamento con l'originario credito del "de cuius".rigetta, Comm. Trib. Reg. Firenze, 23/04/2009 Cassazione civile, sez. trib., 20/03/2013, n In tema di imposta sulle successioni, qualora il de cuis abbia avanzato richiesta di conversione di propri crediti di imposta per Irpef ed Ilor in titoli del debito pubblico, ai sensi dell'art. 5 d.l. n. 307 del 1994, conv. in legge n. 457 del 1994, senza aver ottenuto la relativa assegnazione prima del decesso, non si applica l'art. 12, lett. h, del d.lg. n. 346 del 1990, ai sensi del quale non concorrono a formare l'attivo ereditario i titoli del debito pubblico, fra i quali si intendono compresi i buoni ordinari del tesoro ed i certificati del credito del tesoro. La lettera dell'art. 5 citato, infatti, non ricollega l'estinzione dei crediti di imposta alla mera presentazione della richiesta di conversione, ma soltanto alla successiva assegnazione dei titoli di Stato ai creditori. Ne consegue, argomentando in termini di correlatività, che i titoli di Stato in cui si convertono i crediti non sono più ricompresi nell'attivo ereditario se non dopo che siano stati oggetto di assegnazione ai creditori che ne abbiano fatto richiesta. Cassazione civile, sez. trib., 06/02/2009, n In tema di imposta sulle donazioni, a seguito dell'entrata in vigore dell'art. 10, comma 10, d.l. 20 giugno 1996 n. 323 (convertito con modificazioni dalla l. 8 agosto 1996 n. 425) - che ha modificato l'art. 59, comma 1, lett. b, d.lg. 31 ottobre 1990 n. 346, limitando l'applicabilità dell'imposta nella misura fissa prevista per l'imposta di registro alle sole donazioni di beni o diritti dichiarati esenti dall'imposta da norme di legge - le donazioni di titoli del debito pubblico o di altri titoli dello Stato, garantiti dallo Stato o equiparati sono divenute assoggettabili ad imposta in misura proporzionale, non assumendo alcun rilievo l'art. 62 del d.lg. n. 346 cit., in quanto la fattispecie è disciplinata esclusivamente dall'art. 59, né l'art. 85 d.p.r. 14 febbraio 1963 n. 1343, da ritenersi implicitamente abrogato per incompatibilità con la nuova disposizione. Cassazione civile, sez. trib., 09/12/2008, n In tema di agevolazioni tributarie, l'esenzione dei beni culturali dall'imposta sulle successioni, prevista dagli art. 12 e 13 d.lg. 31 ottobre 1990 n. 346, non si comunica anche alle imposte ipotecaria e catastale, diversi essendo il fondamento dei tributi in questione e le ragioni dell'esenzione. Sebbene, infatti, gli art. 2 e 10 d.lg. 31 ottobre 1990 n. 347 individuino la base imponibile dell'imposta ipotecaria e catastale mediante rinvio alla disciplina dell'imposta di registro o dell'imposta sulle successioni, il comma 2 dell'art. 2 cit. mostra di voler assoggettare comunque a tassazione il trasferimento (inter vivos o "mortis causa") dei beni, facendo alternativo ricorso, in ipotesi di esenzione da una delle imposte parametro (o di sua determinazione in misura fissa), al valore virtuale che i beni vengono ad assumere nell'ambito dell'imposta parametro, indipendentemente dall'esenzione o dalla sua determinazione in maniera fissa. Cassazione civile, sez. trib., 16/04/2007, n I beni culturali, ancorché non concorrano a formare l'attivo ereditario e siano, pertanto, esenti dall'imposta di successione, non sono esenti - per il combinato disposto degli art. 2 e 10 d.lg. n. 347 del 1990 e 12 e 13 d.lg. n. 346 del anche dalle altre imposte, definite sussidiarie, come le catastali, ipotecarie e sostitutiva dell'lnvim. Queste ultime, infatti, ancorché determinate sulla stessa base imponibile dell'imposta di successione sono autonome da questa. Cassazione civile, sez. trib., 16/04/2007, n L'esenzione dei beni culturali dall'imposta sulle successioni, prevista dagli artt. 12 e 13 del D.Lgs. 31 ottobre 1990, n. 346, non si comunica alle imposte ipotecaria e catastale, diversi essendo il fondamento dei tributi in questione e le ragioni dell'esenzione. Cassazione civile, sez. trib., 16/04/2007, n L'indennità di buonuscita non costituisce bene personale del coniuge e come tale non è esclusa dalla comunione, poiché non è contemplata dall'art. 179 c.c., che, con elencazione da considerarsi tassativa, prevede quali siano i beni che non costituiscono oggetto della comunione in quanto beni personali del coniuge; e piuttosto, secondo quanto dispone l'art. 177 c.c., costituiscono oggetto della comunione anche i proventi dell'attività separata di ciascuno dei coniugi se, allo scioglimento della comunione, non siano stati consumati, con la conseguenza che, poiché nel momento in cui la indennità di buonuscita viene percepita da uno dei coniugi e versata in un conto corrente cointestato ad entrambi, la somma corrispondente - al pari delle altre giacenti nel conto stesso - si presume di spettanza dei soggetti cointestatari per la quota parte del 50%, in caso di decesso di uno dei titolari, la metà del saldo attivo del conto cade in successione ai sensi dell'art. 11 d.lg. n. 346 del 1990, nè rileva in contrario la circostanza che la buonuscita sia stata percepita dal coniuge quando ancora era in vita e, quindi, dallo stesso versata sul conto corrente cointestato, in quanto, ai sensi del successivo art. 12 lett. c) stesso decreto, l'indennità indicata nell'art c.c., in caso di morte del prestatore di lavoro, non concorre a formare l'attivo ereditario solo qualora il decesso si verifichi senza che il soggetto abbia percepito il trattamento di fine rapporto; in questa diversa evenienza, l'indennità in questione, che non è mai entrata nel patrimonio del "de cuius", percepita dagli eredi e da determinati congiunti del "de cuius" "iure proprio", non concorre a formare l'attivo ereditario. Comm. trib. reg. Genova, sez. XI, 09/07/2004, n Ai fini dell'applicazione dell'imposta di successione, presupposto indefettibile è l'appartenenza del bene al patrimonio del defunto, sicché, quando esso ne sia uscito in forza di atto - nella specie, la cessione di quote di una società di fatto - avente data certa (anteriore agli ultimi sei mesi precedenti il decesso), ancorché non trascritto perché il titolo non lo consentiva, l'imposta non si applica neppure in riferimento alla denuncia di successione presentata al solo scopo di poter trascrivere l'atto di trasferimento ottenuto con l'accertamento giudiziale dell'autenticità delle sottoscrizioni dei cedenti. Cassazione civile, sez. trib., 14/08/2002, n

40 Se le parti, in un contratto di pronti contro termine pattuiscono che il cliente retrocederà alla banca un quantitativo di titoli del debito pubblico di un certo tipo e per un prezzo determinato, i titoli di Stato sono di proprietà del cliente, nel lasso di tempo intercorrente tra l'acquisto dalla banca e la rivendita a questa. Pertanto, ove il cliente venga a morte nel detto lasso di tempo il valore dei titoli non è assoggettabile a imposta di successione atteso che in una tale eventualità oggetto della successione sono i titoli di Stato e non un credito verso la banca. Cassazione civile, sez. trib., 05/11/2001, n Con riferimento agli artt. 2 e 10 d.lg. 31 ottobre 1990 n. 347, come coordinati con gli artt. 8, 9, 12 e 13 d.lg. 31 ottobre 1990 n. 346, nel caso di successione di immobili di rilevante interesse storico o artistico vincolati ai sensi della l. 1 giugno 1939 n non sono dovute le imposte ipotecaria e catastale. Comm. trib. prov.le Belluno, sez. III, 17/04/2000, n. 13 L'eccezione di illegittimità costituzionale dell'art. 12 d.lg. 31 ottobre 1990 n. 346, sotto i profili degli art. 3 e 53 cost. - ancorché in astratto non manifestamente infondata, non rileva, mancando, nella fattispecie in esame, il presupposto della concreta inesigibilità del diritto di credito. Comm. trib. prov.le Roma, sez. XXXII, 21/02/2000, n. 674 Ai sensi dell'art. 12 d.lg. 31 ottobre 1990 n. 346, i crediti caduti in successione, riconosciuti con provvedimento giurisdizionale divenuto irrevocabile, concorrono all'attivo ereditario e pertanto debbono essere assoggettati a tassazione. Comm. trib. prov.le Roma, sez. XXXII, 21/02/2000, n. 674 I contributi versati da professionista alla Cassa Avvocati e rimborsati, alla sua morte, agli eredi, rientrano tra i beni non compresi nell'attivo ereditario e spettando agli eredi per diritto proprio non concorrono a formare l'attivo ereditario stesso, ai sensi dell'art. 12 lett. c) del t.u. n. 346 del Articolo 13 Beni culturali. 1. I beni culturali di cui agli articoli 1, 2 e 5 della legge 1 giugno 1939, n. 1089, e all'art. 36 del decreto del Presidente della Repubblica 30 settembre 1963, n. 1409, sono esclusi dall'attivo ereditario se sono stati sottoposti al vincolo ivi previsto anteriormente all'apertura della successione e sono stati assolti i conseguenti obblighi di conservazione e protezione. 2. L'erede o legatario deve presentare l'inventario dei beni di cui al comma 1 che ritiene non debbano essere compresi nell'attivo ereditario, con la descrizione particolareggiata degli stessi e con ogni notizia idonea alla loro identificazione, al competente organo periferico del Ministero per i beni culturali e ambientali, il quale attesta per ogni singolo bene l'esistenza del vincolo e l'assolvimento degli obblighi di conservazione e protezione. L'attestazione deve essere presentata all'ufficio del registro in allegato alla dichiarazione della successione o, se non vi sono altri beni ereditari, nel termine stabilito per questa. 3. Contro il rifiuto dell'attestazione è ammesso ricorso gerarchico al Ministro, il quale decide sentito il Consiglio nazionale per i beni culturali ed ambientali; la decisione di accoglimento del ricorso deve essere presentata in copia, entro trenta giorni dalla sua comunicazione, all'ufficio del registro competente, che provvede al rimborso dell'eventuale maggiore imposta pagata. 4. L'alienazione in tutto o in parte dei beni di cui al comma 1 prima che sia decorso un quinquennio dall'apertura della successione, la loro tentata esportazione non autorizzata, il mutamento di destinazione degli immobili non autorizzato e il mancato assolvimento degli obblighi prescritti per consentire l'esercizio del diritto di prelazione dello Stato determinano l'inclusione dei beni nell'attivo ereditario. L'amministrazione dei beni culturali e ambientali ne dà immediata comunicazione all'ufficio del registro competente; dalla data di ricevimento della comunicazione inizia a decorrere il termine di cui all'art. 27, comma 3 o comma Per i territori della regione siciliana e delle province autonome di Trento e di Bolzano agli adempimenti di cui al presente articolo provvedono gli organi rispettivamente competenti. Abstract : la vendita nel quinquennio di un bene non trascina anche gli altri beni della revoca delle agevolazioni; le agevolazioni non sono estese alle imposte ipo catastali; l attestazione che sono stati assolti gli obblighi di conservazione e protezione non è soggetta a termine; 40

41 tuttavia la mancanza dell attestazione determina l inclusione nella dichiarazione di successione; non ci può essere alcuna equiparazione tra i vari beni anche in forma indiretta dell obbligo di conservazione e protezione; è impugnabile presso il giudice amministrativo di imposizione tributaria e non l attestazione di conservazione dei beni. In tema di imposta di successione, l'art. 13 d.lg. 31 ottobre 1990 n. 346, nella parte in cui, dopo aver escluso dall'attivo ereditario i beni culturali sottoposti al vincolo anteriormente all'apertura della successione, qualora siano stati assolti i conseguenti obblighi di conservazione e protezione (comma 1), dispone che "l'alienazione in tutto o in parte dei beni di cui al comma 1 prima che sia decorso un quinquennio dall'apertura della successione (...) determina l'inclusione dei beni nell'attivo ereditario", va interpretato nel senso che tale inclusione è limitata al solo bene alienato e non si estende agli altri beni culturali vincolati presenti nell'asse ereditario che non siano stati alienati, in quanto l'espressione "in tutto o in parte" va riferita all'alienazione di una quota indivisa di un bene, o di una parte separata di un bene materialmente divisibile, o di una cosa facente originariamente parte di una cosa composta, o di un bene appartenente ad una universalità di mobili, ipotesi, queste, in cui rientra nell'attivo ereditario tutta (e soltanto) l'universalità di mobili di cui sia stato venduto un elemento, o tutto (e soltanto) il bene di cui sia stata venduta una quota indivisa, o una parte separata, o una cosa che lo componeva. Cassazione civile, sez. trib., 31/03/2011, n L'agevolazione prevista per i trasferimenti di beni di interesse artistico, storico ed architettonico in materia di imposta di registro non può essere estesa alle imposte ipotecarie e catastali, non essendo sufficiente, per giustificare tale estensione, la previsione di una base imponibile comune. Cassazione civile, sez. trib., 18/09/2009, n In materia di imposta sulle successioni, i beni culturali sono esclusi dall'attivo ereditario a condizione che venga presentata all'ufficio l'attestazione, in allegato alla dichiarazione di successione, da cui risulti che sono stati assolti gli obblighi di conservazione e protezione derivanti da tale vincolo; tuttavia l'eventuale mancanza di tale attestazione può essere «sanata», una volta in possesso dell'attestato, anche oltre il termine fissato per la presentazione della denuncia integrativa, non essendo prevista alcuna comminatoria di decadenza e tenuto conto che la emendabilità e la retrattabilità della dichiarazione sono sottratte al termine fissato per la presentazione della denuncia medesima; ne discende il poteredovere del giudice tributario di statuire in ordine alla esclusione o meno dall'attivo ereditario del bene effettivamente «culturale» per accertata osservanza delle condizioni all'uopo richieste dalla legge, atteso il diritto del contribuente, ex art. 53 Cost., a non essere assoggettato ad un prelievo fiscale maggiore di quello voluto dal legislatore. Cassazione civile, sez. trib., 21/07/2009, n In materia di successioni, i beni culturali sono esclusi dall'attivo ereditario, purché sia certificato che gli obblighi di conservazione e protezione derivanti da tale vincolo siano stati assolti; ne deriva la corretta inclusione dell'immobile vincolato nella dichiarazione di successione, nel caso in cui questo non potesse godere dell'esenzione d'imposta, essendo stato negato dalla sopraintendenza l'attestato di assolvimento degli obblighi indicati. Cassazione civile, sez. trib., 19/05/2008, n I beni culturali sono esclusi dall'attivo ereditario - ai fini della imposta sulle successioni - solo se sia certificato che gli obblighi di conservazione e protezione derivanti da tale vincolo siano stati assolti. Qualora, pertanto, un immobile sia stato sottoposto a vincolo, in epoca precedente l'apertura della successione, ma sia stato negato dalla sopraintendenza l'attestato di assolvimento degli obblighi indicati, correttamente l'immobile stesso è incluso nella dichiarazione di successione. (Cassa Comm. trib. rg. Tosc. 15 ottobre 2005 n. 38/27/04). Cassazione civile, sez. trib., 19/05/2008, n La formulazione letterale dell'art. 13 d. lgs. n. 346 del 1990 (secondo cui i beni culturali di cui agli art. 1, 2 e 5 l. 1 giugno 1939 n sono esclusi dall'attivo ereditario se sono stati sottoposti al vincolo ivi previsto anteriormente all'apertura della successione e sono stati assolti i conseguenti obblighi di conservazione e protezione) e la necessità di una stretta interpretazione di tale disposizione - imposta dalla sua natura di eccezione alla regola generale, di inclusione nell'attivo ereditario di tutti i beni relitti dal defunto - impediscono qualsiasi equiparazione giuridica, ai fini dell'imposta di successione, del trattamento fiscale dei beni soggetti al solo vincolo indiretto di cui all'art. 21 l. n del 1939, ai beni specificati agli art. 1, 2 e 5 della stessa legge, oggetto di vincolo diretto. (Conferma Comm. trib. rg. Em. Rom. 23 giugno 2002). Cassazione civile, sez. trib., 10/03/2008, n In tema di agevolazioni tributarie, l'univoco riferimento al vincolo gravante sui beni indicati negli art. 1, 2 e 5 l. 1 giugno 1939 n e la necessità di una stretta interpretazione della norma fiscale prevista dall'art. 13 d.lg. 31 ottobre 1990 n. 346, imposta dalla sua natura di eccezione alla regola generale di inclusione nell'attivo ereditario di tutti i beni relitti dal defunto, impediscono qualsiasi 41

42 equiparazione giuridica, ai fini dell'imposta di successione, del trattamento fiscale dei beni soggetti al solo vincolo indiretto di cui all'art. 21 l. 1 giugno 1939 n a quelli specificati agli art. 1, 2 e 5 della stessa legge, oggetto di vincolo diretto, unici esclusi testualmente dall'attivo ereditario dal citato articolo 13 del d.lg. n. 346 del Cassazione civile, sez. trib., 10/03/2008, n In tema di agevolazioni tributarie, l'esenzione dei beni culturali dall'imposta sulle successioni, prevista dagli art. 12 e 13 d.lg. 31 ottobre 1990 n. 346, non si comunica anche alle imposte ipotecaria e catastale, diversi essendo il fondamento dei tributi in questione e le ragioni dell'esenzione. Sebbene, infatti, gli art. 2 e 10 d.lg. 31 ottobre 1990 n. 347 individuino la base imponibile dell'imposta ipotecaria e catastale mediante rinvio alla disciplina dell'imposta di registro o dell'imposta sulle successioni, il comma 2 dell'art. 2 cit. mostra di voler assoggettare comunque a tassazione il trasferimento (inter vivos o "mortis causa") dei beni, facendo alternativo ricorso, in ipotesi di esenzione da una delle imposte parametro (o di sua determinazione in misura fissa), al valore virtuale che i beni vengono ad assumere nell'ambito dell'imposta parametro, indipendentemente dall'esenzione o dalla sua determinazione in maniera fissa. Cassazione civile, sez. trib., 16/04/2007, n I beni culturali, ancorché non concorrano a formare l'attivo ereditario e siano, pertanto, esenti dall'imposta di successione, non sono esenti - per il combinato disposto degli art. 2 e 10 d.lg. n. 347 del 1990 e 12 e 13 d.lg. n. 346 del anche dalle altre imposte, definite sussidiarie, come le catastali, ipotecarie e sostitutiva dell'lnvim. Queste ultime, infatti, ancorché determinate sulla stessa base imponibile dell'imposta di successione sono autonome da questa. L'esenzione dei beni culturali dall'imposta sulle successioni, prevista dagli artt. 12 e 13 del D.Lgs. 31 ottobre 1990, n. 346, non si comunica alle imposte ipotecaria e catastale, diversi essendo il fondamento dei tributi in questione e le ragioni dell'esenzione. Cassazione civile, sez. trib., 16/04/2007, n La disposizione che detta l'esclusione dell'attivo ereditario dei beni vincolati ai sensi della l. n del 1939 è finalizzata ad evitare la dispersione di beni di interesse storico - artistico caduti in successione; tale esclusione si applica peraltro unicamente allorché i beni culturali vengano conservati in proprietà dall'erede per un quinquennio dall'apertura della successione. Prevale viceversa la presunzione di appartenenza nel patrimonio ereditario dei beni culturali alienati nell'ultimo semestre di vita del "de cuius".comm. trib. centr., sez. I, 12/07/2001, n Con riferimento agli artt. 2 e 10 d.lg. 31 ottobre 1990 n. 347, come coordinati con gli artt. 8, 9, 12 e 13 d.lg. 31 ottobre 1990 n. 346, nel caso di successione di immobili di rilevante interesse storico o artistico vincolati ai sensi della l. 1 giugno 1939 n non sono dovute le imposte ipotecaria e catastale. Comm. trib. prov.le Belluno, sez. III, 17/04/2000, n. 13 Esula dalla giurisdizione del giudice amministrativo la controversia che ha ad oggetto l'attestazione compiuta dalla Sovrintendenza per i beni culturali ai sensi dell'art. 11 d.p.r. 26 ottobre 1972 n. 637 (ora art. 4 d.lg. 31 ottobre 1990 n. 346) ai fini della sottrazione dei beni culturali dall'attivo ereditario giacché tale attestazione, avente ad oggetto l'avvenuta osservanza degli obblighi di conservazione e protezione degli stessi, è atto preparatorio e non atto autonomo, di per sè impugnabile essendo invece impugnabile, davanti al giudice tributario soltanto, l'atto finale concernente l'imposizione tributaria. T.A.R. Lombardia Brescia, 10/07/1998, n. 697 Difetta la giurisdizione del giudice amministrativo nell'impugnazione della nota con cui il soprintendente per i beni ambientali e architettonici attesta, ai sensi dell'art. 13 comma 2, d.lg. 31 ottobre 1990 n. 346 l'inosservanza degli obblighi di conservazione e di protezione del bene vincolato e, pertanto, esclude l'interessato dal beneficio dell'esclusione dell'immobile dall'attivo ereditario del de cuius, di cui al d.p.r. 26 ottobre 1972 n. 637 e successive modificazioni. T.A.R. Lombardia Brescia, 10/07/1998, n. 697 Articolo 14 Beni immobili e diritti reali immobiliari 1. La base imponibile, relativamente ai beni immobili compresi nell'attivo ereditario, è determinata assumendo: a) per la piena proprietà, il valore venale in comune commercio alla data di apertura della successione; b) per la proprietà gravata da diritti reali di godimento, la differenza tra il valore della piena proprietà e quello del diritto da cui è gravata; 42

43 c) per i diritti di usufrutto, uso e abitazione, il valore determinato a norma dell'art. 17 sulla base di annualità pari all'importo ottenuto moltiplicando il valore della piena proprietà per il saggio legale d'interesse; d) per il diritto dell'enfiteuta, il ventuplo del canone annuo ovvero, se maggiore, la differenza tra il valore della piena proprietà e la somma dovuta per l'affrancazione; per il diritto del concedente la somma dovuta per l'affrancazione. Abstract: in caso di fabbricati non ancora ultimati ed accatastati la mancata richiesta dell applicazione dell articolo 34 comporta la possibilità da parte dell ufficio di stabilire il valore venale di tali fabbricati; non è possibile attribuire un valore negativo a un azienda; Le quote della società di fatto se contengono anche gli immobili strumentali sono calcolate esclusivamente come quote societarie; il legato di cosa altrui diviene un diritto di credito e va rapportato al bene immobile valutato sulla base del valore venale comune commercio; i principi del diritto tributario non si possono applicare in via analogica al diritto civile; è infondata qualunque questione di legittimità costituzionale in riferimento al medesimo valore dello diritto di usufrutto a uso abitazione. In tema di imposta sulle successioni, la base imponibile è determinata assumendo il valore venale in comune commercio alla data di apertura della successione ai sensi dell' art. 14, comma 1, lett. a), del d.lgs. 31 ottobre 1990, n. 346, che costituisce regola generale applicabile anche ai fabbricati dichiarati per l'iscrizione in catasto - ma non ancora iscritti alla data della denuncia di successione - qualora non risultino soddisfatte le condizioni richieste dal successivo art. 34, comma 6, il quale disciplina la tassazione secondo criteri di valutazione automatica. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto legittima la rettifica operata con riferimento al valore venale del bene, in ragione della natura provvisoria e non definitiva dei dati catastali e della mancanza di dichiarazione degli eredi di volersi avvalere dell'art. 34, comma 6, del d.lgs. n. 346 del 1990). (Cassa e decide nel merito, Comm. Trib. Reg. del Veneto, 01/02/2008).Cassazione civile, sez. trib., 18/03/2015, n In tema di imposta sulle successioni, la base imponibile da assumere, ai sensi dell'art. 15 d.lg. 31 ottobre 1990 n. 346, ai fini della liquidazione della detta imposta, con riferimento ad un azienda caduta nell'asse ereditario, è determinata dalla somma dei valori dei beni e dei diritti che la costituiscono, "al netto delle passività risultanti a norma degli art. da 21 a 23" del medesimo d.lg., che disciplinano le condizioni di deducibilità dei debiti del defunto, con la conseguenza che l'azienda costituisce un cespite patrimoniale che concorre a determinare la base imponibile dell'imposta e non può mai avere un valore inferiore a zero, per cui, una volta effettuato, ai sensi dell'art. 14 del medesimo d.lg. n. 356, lo scorporo dall'azienda dei beni immobili strumentali, onde sottrarli ad una doppia imposizione, quel che resta dell'azienda potrà o avere un valore positivo, nella misura risultante dalla deduzione dei debiti ereditari o, al più, un valore pari a zero, qualora l'attivo venga abbattuto per effetto delle dedotte passività, mentre non è possibile abbassare ancora detto valore fino a portarlo ad una cifra negativa, poiché le possibilità aziendali verrebbero ad essere ulteriormente computabili, in palese contrasto con gli art. 15 e d.lg. n. 345 citato. Cassazione civile, sez. trib., 15/04/2011, n L'art. 77, comma 3, d.p.r. 22 dicembre 1986 n. 917, nel testo applicabile ratione temporis, ha introdotto una presunzione di appartenenza alla società di fatto dei beni immobili di proprietà dei soci, ove utilizzati nell'esercizio dell'impresa, facendo così prevalere, sul criterio formale dell'appartenenza, quello dell'uso strumentale effettivo ed esclusivo del bene. Pertanto, nel caso in cui gli eredi di un imprenditore abbiano continuato a gestire l'impresa individuale di quest'ultimo in società di fatto, la morte di uno di essi comporta la caduta in successione non già della quota indivisa degli immobili già strumentali all'esercizio dell'impresa individuale, ma della quota della società di fatto spettante al coerede defunto, con la conseguenza che, in sede di liquidazione dell'imposta sulle successioni, non sono dovute le imposte ipotecarie e catastali. Cassazione civile, sez. trib., 26/02/2009, n Ove il "de cuius", dopo avere conferito un proprio immobile in una società di persone di cui è titolare per la quota del 99,6 per cento, leghi l'immobile stesso a un terzo, per la valutazione della base imponibile, ai fini dell'imposta di successione, occorre fare riferimento esclusivamente al valore venale dell'immobile in comune commercio, trattandosi di legato di cosa di un terzo (senza che rilevi, pertanto, né il valore catastale dello stesso, né la somma attribuita al legatario in sede di transazione con l'erede per il conseguimento del legato stesso).(conferma Comm. trib. rg. Trieste 10 dicembre 1998 n. 110/13). Cassazione civile, sez. trib., 12/07/2005, n

44 In tema di imposta sulle successioni, nell'ipotesi di legato di cosa altrui, il legatario, in conseguenza della facoltà esercitata dall'erede di pagare il giusto prezzo dell'immobile oggetto del legato ex art. 651 c.c., diviene titolare di un diritto di credito, che va rapportato al bene immobile e che va valutato sulla base del valore venale in comune commercio dell'immobile stesso, in base agli art. 14 e 18 d.lg. 31 ottobre 1990 n Cassazione civile, sez. trib., 12/07/2005, n In tema di imposta sulle successioni, l'individuazione, ad opera dell'art. 14, comma 1, lett. a, d.lg. 31 ottobre 1990 n. 346, della base imponibile per gli immobili in piena proprietà nel loro "valore venale in comune commercio" è notevolmente attenuata nella sua portata dal disposto del successivo art. 34, comma 5, secondo cui non sono sottoposti a rettifica i valori dichiarati se non inferiori a quelli derivanti dai parametri catastali. Ne consegue che, qualora il contribuente, nell'esercizio del diritto-facoltà, così implicitamente riconosciutogli, di dichiarare un valore corrispondente a quello risultante da tali parametri, commetta un errore (consistente nel far riferimento ai valori catastali coevi alla dichiarazione, anziché a quelli risalenti all'apertura della successione), che abbia dato luogo ad un'indebita eccedenza nel pagamento dell'imposta, può legittimamente richiederne il rimborso, alla stregua dello specifico disposto dell'art. 42, lett. a, del t.u., esulando del tutto il caso in esame dalla previsione dell'art. 31, comma 3, concernente, invece, le modifiche apportate agli elementi oggettivi e soggettivi della dichiarazione. Cassazione civile, sez. trib., 15/04/2005, n Poiché nessun principio dell'ordinamento nè alcuna specifica disposizione di legge prescrivono l'applicazione estensiva di disposizioni e criteri dettati nella disciplina di un determinato rapporto a fattispecie diverse, le norme di natura tributaria, che costituiscono un sistema di diritto speciale, non sono suscettibili di applicazione analogica al di fuori della materia regolata, essendo estranee al diritto comune di cui non contribuiscono a fissare nè i principi fondamentali nè la disciplina delle singole fattispecie. Pertanto, in tema di azione di riduzione delle disposizioni di ultima volontà lesive della quota riservata ai legittimari, al fine di determinare il valore del legato del diritto di abitazione non trova applicazione il criterio al riguardo dettato dal combinato disposto degli art. 14 e 17 d.lg. n. 346 del 1990 in materia di imposte di successione. Cassazione civile, sez. II, 21/10/2004, n È infondata la q.l.c. dell'art. 20 d.p.r. 26 ottobre 1972 n ora art. 14 d.lg. 31 ottobre 1990 n nella parte in cui non prevede alcuna differenza, nel calcolo e nella liquidazione dell'imposta di successione, fra i diritti di usufrutto, uso, abitazione, nonché nella parte in cui non prevede criteri atti a commisurare, per questi stessi diritti, l'imposizione fiscale alla maggiore o minore durata di essi nel tempo, in riferimento agli art. 3 e 53 cost. Corte Costituzionale, 20/06/2002, n. 258 Non è manifestamente infondata la q.l.c. dell'art. 20 d.p.r. n. 637 del 1972 (ora art. 14 d.lg. 31 ottobre 1990 n. 346), in relazione agli art. 3 e 53 cost., nella parte in cui stabilisce che il valore dell'usufrutto, dell'uso o dell'abitazione è ugualmente determinato assumendo come annualità l'importo ottenuto moltiplicando il valore della piena proprietà per il saggio legale di interesse. Comm. trib. reg. Genova, sez. IX, 24/11/1999, n. 157 Articolo 15 Aziende, navi e aeromobili 1. La base imponibile, relativamente alle aziende comprese nell'attivo ereditario, è determinata assumendo il valore complessivo, alla data di apertura della successione, dei beni e dei diritti che le compongono, esclusi i beni indicati nell'art. 12, al netto delle passività risultanti a norma degli articoli da 21 a 23. Se il defunto era obbligato alla redazione dell'inventario di cui all'art del codice civile, si ha riguardo alle attività e alle passività indicate nell'ultimo inventario regolarmente redatto e vidimato, tenendo conto dei mutamenti successivamente intervenuti. 2. Il valore delle navi o imbarcazioni e degli aeromobili, che non fanno parte di aziende, è desunto dai prezzi mediamente praticati sul mercato per beni della stessa specie di nuova costruzione, tenendo conto del tempo trascorso dall'acquisto e dello stato di conservazione. 3. In caso di usufrutto o di uso dei beni indicati nei commi 1 e 2 si applicano le disposizioni dell'art. 14, comma 1, lettere b) e c). Abstract : l azienda caduta in successione non può avere un valore zero o inferiore ad esso; i criteri di valutazione della impresa dipendano dal fatto se il titolare e un piccolo imprenditore 44

45 allora i beni vengono valutati secondo il valore di mercato altrimenti si basano sul bilancio; i collaboratori di una impresa familiare hanno il diritto a percepire la quota di avviamento. In tema di imposta sulle successioni, la base imponibile da assumere, ai sensi dell'art. 15 d.lg. 31 ottobre 1990 n. 346, ai fini della liquidazione della detta imposta, con riferimento ad un azienda caduta nell'asse ereditario, è determinata dalla somma dei valori dei beni e dei diritti che la costituiscono, "al netto delle passività risultanti a norma degli art. da 21 a 23" del medesimo d.lg., che disciplinano le condizioni di deducibilità dei debiti del defunto, con la conseguenza che l'azienda costituisce un cespite patrimoniale che concorre a determinare la base imponibile dell'imposta e non può mai avere un valore inferiore a zero, per cui, una volta effettuato, ai sensi dell'art. 14 del medesimo d.lg. n. 356, lo scorporo dall'azienda dei beni immobili strumentali, onde sottrarli ad una doppia imposizione, quel che resta dell'azienda potrà o avere un valore positivo, nella misura risultante dalla deduzione dei debiti ereditari o, al più, un valore pari a zero, qualora l'attivo venga abbattuto per effetto delle dedotte passività, mentre non è possibile abbassare ancora detto valore fino a portarlo ad una cifra negativa, poiché le possibilità aziendali verrebbero ad essere ulteriormente computabili, in palese contrasto con gli art. 15 e d.lg. n. 345 citato. Cassazione civile, sez. trib., 15/04/2011, n In tema di imposta sulle successioni, ai fini della determinazione della base imponibile relativa ad una azienda compresa nell'asse ereditario sono vincolanti per l'amministrazione finanziaria, ai sensi dell'art. 15 d.lg. 31 ottobre 1990 n. 346, le risultanze dell'"inventario regolarmente redatto e vidimato", salvo il potere dello stesso ufficio di infirmare motivatamente - con assunzione dell'afferente e conseguente onere probatorio - l'attendibilità di quell'"inventario", quand'anche "regolarmente redatto e vidimato". Ciò in quanto, il riconoscimento in capo all'ufficio finanziario del potere di prescindere sempre e comunque dalle dette risultanze, si tradurrebbe nell'attribuzione ad esso del potere di disattenderle senza addurre alcuna motivazione, e, in definitiva, nell'ingiustificata disapplicazione dello specifico precetto legislativo. Cassazione civile, sez. trib., 16/05/2007, n In tema di imposta sulle successioni, qualora all'azienda compresa nell'asse ereditario venga attribuito un valore pari a zero, non sono ulteriormente computabili le passività aziendali, delle quali si è già, evidentemente, tenuto conto per azzerare il valore stesso. In particolare, con riguardo alla possibilità di sottrarre al valore dell'azienda (in concreto, già rapportato a zero) definito ai fini della determinazione dell'imposta le perdite di esercizio, queste, pur essendo elemento legato all'azienda da relazione d'interdipendenza, non sono suscettibili di essere algebricamente sottratte al valore delle relative componenti positive e negative, giacché, al pari dell'utile di esercizio, si pongono rispetto all'azienda ed alle sue componenti, come fattore non omogeneo, e quindi non direttamente commensurabile. Cassazione civile, sez. trib., 14/05/2007, n In tema di imposta sulle successioni, ai fini della determinazione della base imponibile, in relazione ad un'azienda compresa nell'asse ereditario, la mera allegazione che la stessa era gestita in forma di impresa familiare non consente agli eredi di reclamare alcuna riduzione dell'attivo, in assenza di specificazioni e prove sul concreto residuare di crediti dei collaboratori ancora insoluti al momento dell'apertura della successione: l'apporto dei familiari che collaborano nell'impresa, attribuendo loro il diritto di ottenere non già una quota dell'azienda, ma una remunerazione della loro opera che tenga conto anche degli incrementi del valore aziendale, può infatti far sorgere solo eventuali posizioni debitorie del "de cuius", detraibili dall'attivo ereditario se ed in quanto si adduca e si dimostri che determinati compensi partecipativi siano ancora dovuti alla cessazione del rapporto di collaborazione, segnata dalla morte del titolare dell'impresa. Cassazione civile, sez. trib., 14/05/2007, n In tema di imposta sulle successioni, l'art. 15 d.lg. 31 ottobre 1990 n. 346 introduce criteri di valutazione delle aziende diversi a seconda che l'azienda sia appartenuta ad un piccolo imprenditore oppure ad un imprenditore non piccolo, come tale tenuto alla redazione dell'inventario, ai sensi dell'art c.c. Nel caso in cui l'azienda sia appartenuta ad un piccolo imprenditore la base imponibile è costituita dal valore dei beni e dei diritti che la compongono, compreso l'avviamento ed esclusi i beni indicati nel precedente art. 12, al netto delle passività risultanti a norma dei successivi art. da 21 a 23. Se, invece, l'azienda sia appartenuta ad un imprenditore non piccolo si ha riguardo alle attività e alle passività indicate nell'ultimo inventario regolarmente redatto e vidimato, tenendo conto dei mutamenti successivamente intervenuti e dell'avviamento. Si tratta di due criteri di valutazione diversi e del tutto autonomi, basati il primo sul valore venale dei beni, in difetto di una loro preesistente ed affidabile valutazione, e il secondo sul valore di inventario (sia delle attività che delle passività) e, quindi, su 45

46 valori predeterminati secondo le regole contabili. La previsione dell'esclusione dei beni dalla base imponibile attiene soltanto al caso dell'azienda appartenuta al piccolo imprenditore, dotata di minore autonomia rispetto al patrimonio di natura esclusivamente personale del titolare, posto che la formulazione letterale della norma rende chiaro l'intento del legislatore di non estendere automaticamente l'esclusione al secondo caso, rispetto al quale non è stata ribadita, e di ricomprendere, invece, in entrambe le ipotesi l'avviamento, essendo stata espressamente reiterata la disposizione su tale valore, con ripetizione altrimenti non necessaria. Cassazione civile, sez. trib., 19/03/2007, n In tema di imposta di successione, ai fini della determinazione della base imponibile, relativamente alle aziende comprese nell'attivo ereditario, non costituiscono passività deducibili, ai sensi dell'art. 15 d.lg. 31 ottobre 1990 n. 346, i fondi di ammortamento esposti nella contabilità aziendale, i quali non incidono negativamente sul capitale economico, ma rappresentano soltanto uno strumento contabile finalizzato a frazionare l'incidenza di un costo in una pluralità di annualità, tendenzialmente coincidenti con il periodo di utilizzazione economica del bene al quale si riferiscono. Cassazione civile, sez. trib., 15/05/2006, n In tema d'imposta di successione, l'art. 15 d.lg. 31 ottobre 1990 n. 346, assumendo, quale indicatore della base imponibile relativamente alle aziende cadute in successione, il criterio del valore venale, esclude la possibilità di dedurre dall'attivo ereditario i fondi di ammortamento esposti nella contabilità dell'azienda, i quali, costituendo null'altro che un meccanismo contabile finalizzato a suddividere l'incidenza di un costo in una pluralità di annualità, tendenzialmente coincidenti con il periodo di utilizzazione del bene al quale si riferiscono, non rappresentano passività effettivamente incidenti in senso negativo sul capitale economico dell'azienda. Cassazione civile, sez. trib., 10/04/2006, n In tema di imposta sulle successioni, detta imposta deve essere applicata in base alla legge vigente alla data di apertura della successione, che avviene al momento della morte del "de cuis", e non in base a quella vigente al momento della presentazione della denuncia di successione. Cassazione civile, sez. trib., 20/06/2001, n In caso di impresa familiare, ai sensi dell'art. 230 bis c.c. i collaboratori partecipano agli utili dell'impresa e anche all'avviamento in proporzione alla quantità e qualità del lavoro prestato e, quindi, sono titolari non di quote dell'azienda, ma del diritto a una remunerazione della loro opera che tenga conto pure degli incrementi del valore aziendale. Pertanto, l'apporto dei collaboratori familiari non implica in sè una decurtazione dell'attivo ereditario, ma può comportare eventuali posizioni debitorie del defunto titolare dell'impresa, detraibili dall'attivo stesso, se e in quanto si adduca e dimostri che determinati compensi partecipativi siano ancora dovuti alla cessazione del rapporto di collaborazione segnata dalla morte del titolare. Cassazione civile, sez. trib., 23/04/2001, n Nella disciplina fiscale delle successioni, a norma dell'art. 15 del d.l. 31 ottobre 1990 n. 346, l'azienda di qualsiasi tipo (commerciale o agricola) cade in successione nella sua integrale entità patrimoniale, comprensiva del diritto di esercizio, per cui come tale, deve essere valutata nell'asse ereditario, con riferimento al complesso dei beni che la compongono, compreso l'avviamento, e al netto delle passività risultanti dalle scritture o comunque anteriori alla successione. Comm. trib. reg. Pavia, sez. IV, 29/06/1995, n. 19. Articolo 16 Azioni e obbligazioni, altri titoli, quote sociali. 1. La base imponibile, relativamente alle azioni, obbligazioni, altri titoli e quote sociali compresi nell'attivo ereditario, è determinata assumendo: a) per i titoli quotati in borsa o negoziati al mercato ristretto, la media dei prezzi di compenso o dei prezzi fatti nell'ultimo trimestre anteriore all'apertura della successione, maggiorata dei dietimi o degli interessi successivamente maturati, e in mancanza il valore di cui alle lettere successive; b) per le azioni e per i titoli o quote di partecipazione al capitale di enti diversi dalle società, non quotate in borsa, né negoziati al mercato ristretto, nonché per le quote di società non azionarie, comprese le società semplici e le società di fatto, il valore proporzionalmente corrispondente al valore, alla data di apertura della successione, del patrimonio netto dell'ente o della società risultante dall'ultimo bilancio pubblicato o dall'ultimo inventario regolarmente 46

47 redatto e vidimato, tenendo conto dei mutamenti sopravvenuti, ovvero, in mancanza di bilancio o inventario, al valore complessivo dei beni e dei diritti appartenenti all'ente o alla società al netto delle passività risultanti a norma degli articoli da 21 a 23, escludendo i beni indicati alle lettere h) e i) dell'art. 12 (2); c) per i titoli o quote di partecipazione a fondi comuni d'investimento, il valore risultante da pubblicazioni fatte o prospetti redatti a norma di legge o regolamento; d) per le obbligazioni e gli altri titoli diversi da quelli indicati alle lettere a), b) e c) il valore comparato a quello dei titoli aventi analoghe caratteristiche quotati in borsa o negoziati al mercato ristretto o in mancanza desunto da altri elementi certi. 2. In caso di usufrutto si applicano le disposizioni dell'art. 14, comma 1, lettere b) e c). Abstract : il valore dell impresa è dato dall ultimo bilancio regolarmente approvate e vidimato; non ha efficacia retroattiva la soppressione del calcolo dell avviamento; l amministrazione tributaria non può non tenere conto del valore del patrimonio netto dell ente o della società prescindendo dal bilancio regolarmente approvato; si può tenere conto solo dei mutamenti sopravvenuti non conteggi e manifestamente infondata la questione di costituzionalità il riferimento alle società quotate in borsa ati nell ultimo bilancio pubblicato. In tema d'imposta sulle donazioni o successioni, il valore di una partecipazione societaria va calcolato, ai sensi dell'art. 16, lett. b), del d.lgs. 31 ottobre 1990, n. 346, in base al patrimonio netto della società risultante dalla redazione dell'ultimo bilancio approvato o dall'ultimo inventario regolarmente redatto e vidimato, se esistente, il cui valore, attesa l'uniformità, almeno tendenziale, dei dati fiscali con quelli contabili, è vincolante anche per l'amministrazione finanziaria, a cui è preclusa un'autonoma valutazione, salva l'attualizzazione delle poste attive e passive a causa di possibili mutamenti, intervenuti tra la data di approvazione del bilancio e la morte del socio, e salva la contestazione e la prova della non corrispondenza alla realtà del dato contabile. Rigetta, Comm. Trib. Reg. Catania, 19/01/2009. Cassazione civile, sez. trib., 13/02/2015, n In tema di imposta sulle donazioni e successioni, ai sensi dell'art. 16, comma 1, lett. b), del d.lgs. 31 dicembre 1990 n. 346 (nel testo vigente "ratione temporis"), ai fini della determinazione della base imponibile relativamente ad azioni o quote di società comprese nell'attivo ereditario, occorre avere riguardo al valore del patrimonio netto delle stesse, che risulti dalla redazione dell'ultimo bilancio approvato o dall'ultimo inventario regolarmente redatto e vidimato, poiché tale valore è vincolante anche per l'amministrazione finanziaria, a cui è consentito procedere solo all'eventuale attualizzazione delle poste, attive e passive, espresse nel medesimo bilancio, se ritenute infedelmente rappresentative del patrimonio netto attuale dell'ente, a causa di possibili mutamenti intervenuti tra la data di approvazione del bilancio e la morte del socio. Cassa con rinvio, Comm. Trib. Reg. della Puglia, sez. dist. di Foggia, 02/05/2008. Cassazione civile, sez. trib., 04/02/2015, n In tema di imposta sulle donazioni, ai fini della determinazione della base imponibile relativa ad un atto di donazione di azioni di una società non quotata in borsa, ai sensi degli artt. 16, comma 1, lett. b) e 56 del d.lgs. 31 ottobre 1990, n. 546, il valore del patrimonio netto della società risultante dall'ultimo bilancio può essere incrementato, o ridotto, in ragione di mutamenti sopravvenuti tra la data di chiusura dell'esercizio al quale il bilancio si riferisce e la data della donazione, potendosi anche utilizzare le risultanze di un successivo bilancio antecedente alla data della donazione, ancorché approvato in epoca successiva. Cassa e decide nel merito, Comm. Trib. Reg. Genova, 29/01/2007. Cassazione civile, sez. trib., 10/07/2013, n In tema di imposta sulle donazioni e successioni, in base all'art. 16, comma 1, lett. b, del d.lg. n. 346 del nel testo, ratione temporis vigente, anteriore alla novella di cui all'art. 69, comma 1, della legge n. 342 del l'avviamento della società non va calcolato ai fini della determinazione della base imponibile relativamente ad azioni o quote di società non quotate in borsa né negoziate al mercato ristretto, comprese nell'attivo ereditario, quando il patrimonio netto della stessa risulti dalla redazione dell'ultimo bilancio approvato o dall'ultimo inventario regolarmente redatto e vidimato, poiché, in coerenza con l'indirizzo legislativo teso ad uniformare, almeno tendenzialmente, i dati fiscalmente rilevanti con quelli contabili della società, ed a trarre i primi dai secondi (salvo il potere dell'ufficio finanziario di contestarli, provando la non corrispondenza alla realtà del dato contabile), il valore del patrimonio netto risultante dal bilancio approvato è vincolante anche per l'amministrazione finanziaria, cui è preclusa un'autonoma valutazione del valore complessivo dei beni e dei diritti della società al netto delle passività, potendo essa procedere solo all'eventuale attualizzazione delle poste attive e passive ritenute infedelmente rappresentative del patrimonio netto attuale dell'ente, a causa di possibili mutamenti intervenuti tra la data di approvazione del bilancio e la morte del socio. Cassazione civile, sez. trib., 25/02/2009, n In tema di imposta sulle successioni, e con riguardo alla determinazione della base imponibile per le quote di società non azionarie (nella specie, società in accomandita semplice) comprese nell'attivo ereditario, l'art. 16 del 47

48 d.lg. n. 346 del 1990 impone di fare riferimento al valore proporzionale del patrimonio netto risultante dall'ultimo bilancio pubblicato o dall'ultimo inventario regolarmente redatto e vidimato o, in mancanza, al valore complessivo dei beni e dei diritti appartenenti alla società al netto delle passività; l'inequivoco tenore letterale di tale disposizione, escludendo la possibilità di fare riferimento alle risultanze di scritture contabili diverse da quelle indicate, comporta che, qualora non si sia proceduto alla redazione del bilancio, operando la società in regime di contabilità semplificata, trova applicazione la seconda parte della norma, non potendosi prendere in considerazione le risultanze di uno stato patrimoniale, il quale rappresenta solo una delle componenti del bilancio. Cassazione civile, sez. trib., 05/02/2009, n In tema di imposta sulle successioni, e con riguardo al valore da assumere per la determinazione della base imponibile delle azioni non ammesse alla quotazione di borsa e delle quote di società non azionarie, comprese nell'attivo ereditario, l'art. 16 d.lg. 31 ottobre 1990 n. 346, innovando rispetto alla previgente disciplina dettata dall'art. 22 d.p.r. 26 ottobre 1972 n. 637, ha stabilito la non includibilità, nella valutazione delle dette azioni o quote, dell'avviamento della società in presenza di (non contestata, rituale) redazione del bilancio o dell'inventario. Ciò in coerenza con l'indirizzo legislativo teso ad uniformare, almeno tendenzialmente, i dati fiscalmente rilevanti con quelli contabili della società, ed a trarre i primi dai secondi, salvo il potere dell'ufficio finanziario di contestare fondatamente quei dati privati e di provarne la non corrispondenza alla vera realtà contabile della società. Cassazione civile, sez. trib., 28/05/2007, n In tema di imposta sulle successioni, ai fini della determinazione della base imponibile relativa ad una azienda compresa nell'asse ereditario sono vincolanti per l'amministrazione finanziaria, ai sensi dell'art. 15 d.lg. 31 ottobre 1990 n. 346, le risultanze dell'"inventario regolarmente redatto e vidimato", salvo il potere dello stesso ufficio di infirmare motivatamente - con assunzione dell'afferente e conseguente onere probatorio - l'attendibilità di quell'"inventario", quand'anche "regolarmente redatto e vidimato". Ciò in quanto, il riconoscimento in capo all'ufficio finanziario del potere di prescindere sempre e comunque dalle dette risultanze, si tradurrebbe nell'attribuzione ad esso del potere di disattenderle senza addurre alcuna motivazione, e, in definitiva, nell'ingiustificata disapplicazione dello specifico precetto legislativo. Cassazione civile, sez. trib., 16/05/2007, n In tema di imposta di successione, l'art. 69, l' comma, l. 21 novembre 2000 n. 342, che ha modificato l'art. 16 d.leg. 31 ottobre 1990 n. 346, sopprimendo il riferimento all'avviamento, non ha efficacia retroattiva. Cassazione civile, sez. trib., 10/02/2006, n In tema di imposta di successione, il valore delle azioni, non quotate in borsa, comprese nell'attivo ereditario va determinato, ai sensi dell'art. 16 d.lg. 31 ottobre 1990 n. 346, facendo riferimento al valore del patrimonio netto dell'ente o società, risultante dall'ultimo bilancio, al netto delle passività ed aggiungendo l'avviamento (né la soppressione del riferimento all'avviamento, disposta dall'art. 69, comma 1, della legge n. 342 del 2000, ha efficacia retroattiva). Cassazione civile, sez. trib., 10/02/2006, n Ai fini dell'imposta sulle successioni, il valore delle azioni non ammesse alla quotazione di borsa e delle quote di società non azionarie, comprese nell'attivo ereditario, deve essere determinato, ai sensi dell'art. 16, comma 1, lett. b), d.lg. n. 346 del 1990 (nel testo applicabile "ratione temporis", prima della modifica di cui alla legge n. 342 del 2000), avendo riguardo alla situazione patrimoniale della società, ossia assumendo quali elementi di valutazione i dati contabili desumibili dal bilancio di esercizio o dall'ultimo inventario regolarmente redatto e vidimato (salvi, il potere dell'amministrazione finanziaria di contestare la veridicità delle risultanze contabili) e, in difetto di questi, al valore complessivo dei beni e diritti appartenente all'ente, detratte le passività. Pertanto, l'amministrazione finanziaria non può procedere autonomamente all'accertamento di maggior valore delle partecipazioni prescindendo dal bilancio e dall'inventario, ove (come nella specie) esistenti. Cassazione civile, sez. trib., 24/09/2003, n In materia di imposta di successione, il bilancio approvato dalla società - sulla cui base si determina il valore delle azioni non quotate in borsa e delle quote di società non azionarie, ai sensi dell'art. 16, comma 1, lett. b), d.lg. 31 ottobre 1990 n è vincolante per l'amministrazione finanziaria, che non può procedere ad un'autonoma valutazione nella del valore complessivo dei beni e dei diritti appartenenti alla società al netto delle passività, salvo che non denunci (motivatamente) l'inattendibilità delle poste di bilancio: in questi casi, l'amministrazione finanziaria può soltanto procedere - assumendosene il relativo onere probatorio - ad un'eventuale attualizzazione delle poste, attive e passive, espresse nel medesimo bilancio, qualora queste ultime fossero inadeguate a rappresentare fedelmente il patrimonio netto (attuale) della società, a causa dei possibili mutamenti intervenuti nel lasso di tempo trascorso tra l'approvazione del bilancio e la morte del socio. Cassazione civile, sez. trib., 09/05/2003, n In materia di imposta di successione, il valore delle azioni non quotate in borsa e delle quote di società non azionarie si determina, ai sensi dell'art. 16, comma 1, lett. b), d.lg. 31 ottobre 1990 n. 346, in base all'ultimo bilancio approvato, senza, alcuna considerazione dell'eventuale avviamento. Cassazione civile, sez. trib., 09/05/2003, n Secondo la disciplina dettata dall'art. 16 d.lg. 31 ottobre 1990 n. 346, la base imponibile delle azioni, comprese nell'attivo ereditario, non quotate in borsa nè negoziate al mercato ristretto, è determinata - diversamente da quanto in precedenza stabilito dall'art. 22 d.p.r. 26 ottobre 1972 n assumendo il valore corrispondente, non già alla situazione patrimoniale della società, ma al patrimonio netto risultante dall'ultimo bilancio pubblicato, il quale riveste carattere vincolante per l'amministrazione finanziaria, ferma restando la possibilità, da parte di 48

49 questa, di contestare il mancato rispetto dei criteri legali di redazione del bilancio medesimo (cfr. Corte cost., ord. n. 250 del 2002). Cassazione civile, sez. trib., 09/05/2003, n In tema di imposta di successione, il valore delle azioni (o quote) e delle obbligazioni sociali, non quotate in borsa, compresi nell'attivo ereditario va determinato, ai sensi dell'art. 16 del d.lg. n. 346 del 1990, facendo riferimento al valore del patrimonio netto dell'ente o società, risultante dall'ultimo bilancio pubblicato o dall'ultimo inventario regolarmente redatto e vidimato, o - in mancanza di bilancio o inventario - al valore complessivo dei beni e dei diritti appartenenti all'ente o alla società, al netto delle passività (risultanti a norma degli art. da 21 a 23, escludendo i beni indicati alle lettere h e i dell'art. 12), e aggiungendo l'avviamento. Pertanto, a differenza che nella previsione dell'art. 22, comma 2, del d.p.r. n. 637 del 1972, previgente, la valutazione di tali beni deve tener conto delle attività e passività (esposte in bilancio o, comunque, risultanti ai sensi degli art. da 21 a 23), secondo il criterio di valutazione stabilito anche nell'art. 2437, comma 1, c.c., senza (come ha anche affermato la Corte cost. nell'ordinanza n. 250 del 2002) che tale disciplina, in relazione al diverso regolamento della valutazione delle partecipazioni di società quotate, possa considerarsi in contrasto con i principi costituzionali di uguaglianza e di capacità contributiva, per la diversità delle situazioni considerate e per la possibilità - concessa anche all'amministrazione finanziaria - di contestare il mancato rispetto dei criteri legali di redazione del bilancio o dell'inventario. Cassazione civile, sez. trib., 08/05/2003, n In tema di imposta sulle successioni, ai fini della determinazione del valore delle azioni di società non quotate in borsa e delle quote di società non azionarie, l'art. 16, comma 1, lett. b), d.lg. 31 ottobre 1990 n. 346, fa riferimento - con disposizione di carattere innovativo rispetto alla disciplina previgente dettata dall'art. 22 d.p.r. 26 ottobre 1972 n. 637, che aveva riguardo alla "situazione patrimoniale della società" - al valore del "patrimonio netto" della società "risultante dall'ultimo bilancio pubblicato o dall'ultimo inventario regolarmente redatto e vidimato, tenendo conto dei mutamenti sopravvenuti", e, solo in mancanza di bilancio o inventario, al "valore complessivo dei beni e dei diritti" appartenenti alla società, "al netto delle passività". Ne consegue che, quando vi è un bilancio approvato, l'amministrazione finanziaria è vincolata al valore del patrimonio netto da questo risultante e non può procedere ad un'autonoma valutazione del valore complessivo dei beni e dei diritti appartenenti alla società al netto delle passività - salvo che non denunci (motivatamente) la inattendibilità delle poste di bilancio - potendo soltanto effettuare (assumendosene il relativo onere probatorio) una eventuale "attualizzazione" delle poste espresse nel bilancio medesimo, laddove queste ultime, in ragione di possibili mutamenti intervenuti nel lasso di tempo intercorso tra l'approvazione del bilancio e la morte del socio, si rivelino inadeguate a rappresentare fedelmente il patrimonio attuale della società. Cassazione civile, sez. trib., 07/05/2003, n In tema di imposta sulle successioni, ai fini della determinazione del valore delle azioni non quotate in borsa e delle quote di società non azionarie, l'art. 16, comma 1, lett. b), d.lg. 31 ottobre 1990 n. 346, fa riferimento - con disposizione di carattere innovativo rispetto alla previgente disciplina di cui all'art. 22 d.p.r. 26 ottobre 1972 n. 637, che aveva riguardo alla "situazione patrimoniale" della società - al valore del patrimonio netto della società "risultante dall'ultimo bilancio pubblicato o dall'ultimo inventario regolarmente redatto e vidimato, tenendo conto dei mutamenti sopravvenuti", e, solo in mancanza di bilancio o inventario, al valore complessivo dei beni e dei diritti appartenenti alla società, al netto delle passività. Ne consegue che l'amministrazione finanziaria non può procedere autonomamente alla determinazione del valore delle quote, senza previamente contestare i criteri formali di redazione dell'inventario o del bilancio, ovvero la veridicità e fedeltà di questi ultimi, e tale disciplina non pone dubbi di legittimità costituzionale in riferimento agli art. 3 e 53 cost. (v. Corte cost., ord. n. 250 del 2002). Cassazione civile, sez. trib., 09/04/2003, n In caso di trasferimento a causa di morte della proprietà di quote di società di persone, ai fini della determinazione dell'imposta di successione, a norma dell'art. 16, comma 1, lett. b), d.lg. 31 ottobre 1990 n. 346, è rilevante il valore reale dell'avviamento aziendale, risultante dalle indicazioni offerte dal mercato. Cassazione civile, sez. trib., 19/12/2002, n È manifestamente infondata la q.l.c. dell'art. 16, comma 1, lett. b), d.lg. 31 ottobre 1990 n. 346 (Approvazione del testo unico delle disposizioni concernenti l'imposta sulle successioni e donazioni), in materia di valutazione delle quote sociali e delle azioni non quotate in mercati regolamentati, sollevata in riferimento agli art. 3, 53 e 76 cost. Corte Costituzionale, 14/06/2002, n È manifestamente infondata, in riferimento agli art. 3, 53 e 76 cost., la q.l.c. dell'art. 16, comma 1, lett. b), d.lg. 31 ottobre 1990 n. 346, nella parte in cui dispone che, ai fini del calcolo della imposta sulle successioni, la base imponibile - quanto alle partecipazioni societarie non quotate - è determinata in misura proporzionale al valore, alla data di apertura della successione, del patrimonio netto della società risultante dall'ultimo bilancio pubblicato o dall'ultimo inventario regolarmente redatto e vidimato, in quanto - posto che la determinazione dei fatti espressivi di capacità contributiva e la individuazione dei relativi criteri di valutazione è rimessa alla discrezionalità del legislatore, con il solo limite della non arbitrarietà - la norma censurata appare: a) ragionevole, considerata la mancanza di un valore di mercato della quota e la evidente impossibilità, per l'acquirente "mortis causa", di procedere ad una autonoma valutazione degli elementi attivi e passivi del patrimonio sociale; b) giustificata rispetto ad altri cespiti con differenti caratteristiche (partecipazioni quotate e beni immobili); c) conforme al criterio direttivo secondo il quale l'imposta è commisurata al valore netto dei beni caduti in successione (essendo il bilancio della società e l'inventario dei beni ad essa appartenenti gli strumenti funzionalmente destinati a rappresentare il valore netto della stessa società e, di conseguenza, quello delle singole quote di partecipazione). Corte Costituzionale, 14/06/2002, n

50 Gli art. 69, comma 1, lett. i), l. 21 novembre 2000 n. 342, e 13 l. 18 ottobre 2001 n. 383, che, rispettivamente, hanno modificato e soppresso l'imposta sulle successioni, non hanno effetto sul giudizio di costituzionalità dell'art. 16, comma 1, lett. b), d.lg. 31 ottobre 1990 n. 346, in quanto sono applicabili esclusivamente alle successioni aperte in date successive alle ordinanze di rimessione. Corte Costituzionale, 14/06/2002, n. 250 In caso di trasferimento a causa di morte della proprietà di azioni non quotate in borsa, per la determinazione dell'imposta di successione, a norma dell'art. 22 d.p.r. 26 ottobre 1972 n. 637, è rilevante il valore reale, avendo riguardo alla situazione patrimoniale della società, sicché si deve tenere conto, oltre che della rivalutazione degli immobili e degli impianti, anche dell'avviamento. Ed infatti il valore venale dell'azienda compresa nell'attivo ereditario va determinato, secondo l'art. 21, comma 1, dello stesso decreto, facendo esclusivo riferimento al valore dell'azienda, alla data di apertura della successione, comprensivo dell'avviamento, senza che questo possa essere escluso per la mancata prosecuzione, dopo la morte del de cuius, dell'attività d'impresa. Nè in termini diversi dispone, in proposito, l'art. 16, comma 1, lettera b, d.lg. 31 ottobre 1990 n. 346, nella sua originaria formulazione, essendo stato soppresso l'inciso relativo all'avviamento solo dall'art. 69, comma 1, l. 21 novembre 2000 n. 342 (con novella inapplicabile al caso di specie). Cassazione civile, sez. trib., 19/03/2002, n L'art. 16, comma 1, lett. b), d.lg. 31 ottobre 1990 n. 346, stabilisce per le società azionarie non quotate e per le società non azionarie un differente criterio di valutazione in relazione al fatto che vi sia o meno il bilancio o l'inventario, prevedendo che, in caso negativo, si debba fare riferimento al valore complessivo dei beni e dei diritti appartenenti alla società al netto delle passività risultanti a norma degli art dello stesso decreto. Ritenere che debba comunque valere la situazione patrimoniale della società equivale, in sostanza, a snaturare la predetta distinzione, che invece costituisce uno degli elementi innovativi della più recente disciplina dell'imposta sulle successioni. Comm. trib. prov.le Padova, sez. X, 24/01/2002, n. 197 La disposizione contenuta nell'art. 16 d.lg. n. 346 del 1990, in tema di valutazione di partecipazioni in società non quotate nell'ambito del tributo successorio, ha carattere innovativo rispetto a quella contenuta nell'abrogato art. 22 d.p.r. n. 637 del 1972, prevedendo che il valore delle azioni o delle quote sia determinato con riferimento al patrimonio netto della società risultante dall'ultimo bilancio pubblicato o dall'ultimo inventario regolarmente redatto e vidimato. Le due disposizioni sono espressione, in campo tributario - successorio, della contrapposizione "codicistico - civilistica" tra valutazione della quota sociale ai sensi dell'art c.c. e valutazione della quota sociale ai sensi dell'art c.c. La "ratio" della nuova impostazione normativa è di ancorare la valutazione delle partecipazioni sociali a parametri certi e predeterminati. La certezza dei criteri applicativi evidentemente riduce il contenzioso e incide positivamente anche sul gettito tributario. Comm. trib. prov.le Padova, sez. X, 24/01/2002, n. 197 In tema di imposta sulle successioni, detta imposta deve essere applicata in base alla legge vigente alla data di apertura della successione, che avviene al momento della morte del "de cuis", e non in base a quella vigente al momento della presentazione della denuncia di successione. Cassazione civile, sez. trib., 20/06/2001, n In caso di successione su di una quota di società a responsabilità limitata partecipante al capitale di due società (di cui una immobiliare) è legittimo l'accertamento di maggior valore che disconoscendo i valori di patrimonio netto della società caduta in successione faccia riferimento al valore venale degli immobili di una partecipata ed all'avviamento di un'altra partecipata. L'imposta sulle successioni, infatti, quando ricorrano i presupposti per la sua applicazione, si potrebbe configurare come una parte dell'asse ereditario che spetta di diritto allo Stato, quasi un coerede "sui generis" che in questa veste utilizza nel pubblico interesse tutte le norme che gli consentono di avere piena visione dei beni e dei diritti trasferiti. Comm. trib. reg. Perugia, sez. IV, 28/12/2000, n. 733 Non è manifestamente infondata la q.l.c. dell'art. 16, lett. b), del d.lg. n. 346 del 1990, là dove prevede la determinazione del valore delle partecipazioni in società non quotate in mercati regolamentati sulla base del patrimonio netto risultante dall'ultimo bilancio pubblicato o dall'ultimo inventario regolarmente redatto e vidimato. Tale criterio, in quanto svincolato da qualunque riferimento a valori effettivi, contrasta con il principio di capacità contributiva scolpito dall'art. 53 cost. e nel contempo crea un'ingiustificata disparità di trattamento rispetto a chi riceve per successione una partecipazione in una società quotata, la quale viene tassata in base alla media dei prezzi di compenso o dei prezzi fatti nell'ultimo trimestre anteriore all'apertura della successione. La norma inclusa nell'art. 16, lett. b), contrasta inoltre con l'art. 8, n. 2), della l. delega n. 825 del 1971, in forza del quale l'imposta sulle successioni deve essere commisurata al valore dei beni ricevuti dall'erede, in ragione del fatto che il termine "valore" non consente il ricorso a forme di tassazione fondate su parametri che siano completamente svincolati dal valore effettivo dei beni. Cassazione civile, sez. trib., 04/12/2000, n Ai fini dell'imposta sulle successioni, la consistenza patrimoniale di una società non quotata in borsa, sulla cui base deve essere proporzionalmente determinato il valore delle azioni di pertinenza del singolo socio cadute in successione, è influenzata negativamente dalla presenza di obbligazioni verso terzi, od anche da obbligazioni verso i soci che derivino da rapporti distinti da quello sociale, ma non anche dai debiti verso i soci di tipo "fisiologico", discendenti cioè dalla loro partecipazione alla società, i quali esprimono proprio il valore di ciascun "pacchetto" azionario, e, nel loro complesso, il valore della società medesima. Cassazione civile, sez. trib., 27/09/2000, n In base alla disciplina dettata dal nuovo testo unico delle disposizioni in tema di imposta sulle successioni e donazioni, approvato con il d.lg. n. 346 del 1990, la determinazione del valore del diritto degli eredi alla liquidazione di quote di società personali deve essere fatta secondo i criteri stabiliti per la determinazione del valore delle quote sociali (art. 18, comma 1, lett. d), il quale ultimo è quello "proporzionalmente corrispondente al 50

51 valore del patrimonio netto della società risultante dall'ultimo bilancio pubblicato o dall'ultimo inventario regolarmente redatto e vidimato". Da ciò consegue che la determinazione del valore della quota sociale debba, anche ai fini successori, scaturire dal raffronto fra le attività e le passività sociali. Cassazione civile, sez. trib., 19/05/2000, n In ordine alla rettificabilità del valore di partecipazioni di società cadute in successione, qualora il bilancia della società sia stato regolarmente approvato, l'art. 16, comma 1, lett. b) d.lg. n. 346/1990 violerebbe il principio di eguaglianza e di capacità contributiva tra società quotate e non quotate laddove il criterio fosse riferito alle sole società quotate. Comm. trib. prov.le Cremona, 31/03/2000 In tema di imposta sulle successioni e donazioni, è censurabile il comportamento dell'ufficio che, in ordine alla valutazione delle partecipazioni sociali cadute in successione, pretenda di rettificare il valore dichiarato dagli eredi sulla base del valore venale degli immobili di proprietà della società. Infatti, ai sensi dell'art. 16 d.lg. n. 346 del 1990, il valore delle quote va desunto dal patrimonio netto delle società risultante dall'ultimo bilancio pubblicato o dall'ultimo inventario regolarmente redatto e pubblicato. Il criterio di valutazione in base al valore venale dei singoli beni è applicabile soltanto in mancanza di bilancio. La locuzione "patrimonio netto" introdotta dall'art. 16 d.lg. n. 346 del 1990 opera il rinvio all'art c.c., il quale, nella formulazione novellata in esecuzione della IV direttiva Cee in materia di bilanci societari, indica esattamente e senza ombra di dubbio il "capitale sociale" assieme alle riserve e alle proposte. Da tutto ciò discende che la allocuzione "patrimonio netto" non ha affatto nella legislazione tributaria significato generico, ma invece, puntuale e rigoroso richiamo alle definizioni della dottrina ragionieristica tradotte in dettato normativo con l'art c.c. Quale logico corollario viene disposto che la rettifica da parte dell'ufficio della dichiarazione di successione presentata dagli eredi sulla valutazione delle quote di una s.a.s. cadute in successione, può essere legittimamente effettuata soltanto ed unicamente in assenza di bilancio o inventario, come testualmente recita l'ultima parte dell'art. 16 alla lettera b), dopo la congiunzione disgiuntiva, a mente della quale la base imponibile è corrispondente "in mancanza di bilancio o inventario, al valore complessivo dei beni e dei diritti. aggiungendo l'avviamento". Comm. trib. prov.le Perugia, sez. II, 23/02/2000, n. 33 Nel vigore del d.p.r. n. 637 del 1972 non erano soggetti a rettifica di valore, ai fini della liquidazione della imposta di successione, i diritti di credito, tra i quali rientra il diritto degli eredi al compenso per la liquidazione della quota della società semplice di cui il "de cuius" era socio; la diversa soluzione adottata dal testo unico delle successioni del 1990 non è retroattiva. Cassazione civile, sez. trib., 28/01/2000, n. 993 L'ammontare del credito del socio defunto relativo alla liquidazione della quota di partecipazione nella società di persone del "de cuius" da dichiarare ai fini dell'imposta sulle successioni e donazioni, può essere determinato sulla base dell'ultimo bilancio di esercizio approvato e, quindi, sulla base di criteri prudenziali che non riflettono il reale valore del patrimonio sociale, con la conseguenza che il valore della quota può rivelarsi sottostimato. Il richiamo al valore del patrimonio "netto.. risultante dall'ultimo bilancio pubblicato o dall'ultimo inventario regolarmente redatto e vidimato", o "in mancanza di bilancio o inventario" al "valore complessivo dei beni e dei diritti appartenenti all'ente o alla società al netto della passività", presente nell'art. 16 lett. b), d.lg. 31 ottobre 1990 n. 346, indica che le partecipazioni sociali non quotate vanno stimate, in linea di massima, al valore di bilancio che non riflette quello effettivo del patrimonio sociale. Cassazione civile, sez. trib., 28/01/2000, n In tema di imposta sulle successioni, le due espressioni contenute nell'art. 16 d.lg. n. 346 del 1990 e nel precedente art. 22 d.p.r. n. 637 del 1972, per la valutazione delle quote societarie - rispettivamente "patrimonio netto" e "situazione patrimoniale" - sostanzialmente si equivalgono e il riferimento al patrimonio netto non vuol dire affatto un rinvio formale ai valori di bilancio, ma semplicemente un rinvio al bilancio per accertare la consistenza patrimoniale della società, o meglio per individuare tutti gli elementi attivi e passivi, senza con questo precludere all'amministrazione di sottoporre a giudizio di congruità i valori espressi in bilancio. Comm. trib. reg. Verona, sez. VI, 14/10/1999, n. 107 Ai sensi dell'art. 16 lett. b) d.lg. n. 346 del 1990 la base imponibile delle quote e delle azioni di società non quotate in Borsa è rappresentata dal patrimonio netto risultante dall'ultimo bilancio pubblicato. La rettifica dei valori indicati nel bilancio si presenta, pertanto, illegittima. Comm. trib. prov.le Como, sez. IX, 19/09/1999, n. 194 Con la formulazione dell'art. 16 lett. b) d.l. 31 ottobre 1990 n. 346, sostanzialmente diversa da quella di cui all'art. 22 d.p.r. 26 ottobre 1972 n. 637, il legislatore ha inteso cambiare il metodo di determinazione del valore delle partecipazioni societarie ricomprese nell'asse ereditario, ai fini dell'applicazione dell'imposta di successione; l'innovazione normativa, che consiste nell'utilizzo del criterio del patrimonio netto in alternativa al valore venale, ha il pregio di assumere come riferimento dati contabili certi, non discutibili. Comm. trib. prov-distr. Sondrio, sez. III, 12/11/1997, n. 228 L'art. 16 lett. b) del d.lg. 31 ottobre 1990 n. 346, costituisce un sistema di accertamento innovativo rispetto alla precedente legislazione così come prevista dall'art. 22 d.p.r. n. 637 del Quest'ultimo infatti, si riferiva al "valore venale dello stato patrimoniale della società, mentre l'art. 16 lett. b, del d.lg. n. 346 del 1990, si riferisce al "valore proporzionalmente corrispondente al valore, alla data di apertura della successione, del patrimonio netto dell'ente o della società risultante dall'ultimo bilancio pubblicato o dall'ultimo inventario regolarmente vidimato". Soltanto in mancanza del bilancio o dell'inventario, la base imponibile è costituita dal valore complessivo dei beni e dei diritti appartenenti all'ente o alla società, al netto delle passività e aggiungendo l'avviamento. Pertanto, in 51

52 presenza di bilancio o inventario, si presenta illegittima la pretesa della finanza di disattendere il valore risultante dal patrimonio netto. Comm. trib. reg. Venezia, sez. XV, 03/06/1997, n. 10 Il sistema di accertamento previsto dall'art. 16 lett. a) d.lg. 31 ottobre 1990 n. 346, per la valutazione delle azioni di società non quotate, è innovativo rispetto al metodo disciplinato nel previgente art. 22 d.p.r. 26 ottobre 1972 n. 637; al criterio del "valore venale" si è sostituito, in presenza del bilancio, quello basato sul valore desunto dall'ammontare del patrimonio netto della società. Comm. trib. reg. Venezia, sez. XV, 03/06/1997, n. 10 L'art. 16, comma 1, lett. b), d.lg. n. 346 del secondo cui, per le quote di società non azionarie, la base imponibile è determinata assumendo il valore proporzionalmente corrispondente al valore, alla data di apertura della successione, del patrimonio netto della società risultante dall'ultimo bilancio pubblicato - ha innovato la previgente disciplina, contenuta nell'art. 22, comma 2, d.p.r. n. 637 del 1972, perché non fa più riferimento al valore venale della quota, ma al valore di bilancio. Comm. trib. prov-distr. Cremona, sez. III, 09/05/1997, n. 112 In tema di valutazione delle quote di società di capitali (non quotata in borsa) cadute in successione, la disposizione dell'art. 16 d.lg. n. 346 del 1990 non può ritenersi equivalente a quella dell'art. 22 d.p.r. n. 637 del 1972, posto che la vigente norma espressamente ha impostato la determinazione del valore delle quote in proporzione del "patrimonio netto della società risultante dall'ultimo bilancio pubblicato", mentre la disposizione previgente stabiliva che nell'attivo ereditario le quote dovessero essere computate "al valore venale determinato avendo riguardo alla situazione patrimoniale della società"; la diversità delle due formulazioni appare evidente sia in riferimento alla soppressione del concetto di valore venale, sia soprattutto per l'indissolubile corrispondenza del valore delle quote cadute in successione alla determinazione del patrimonio netto siccome risultante dall'ultimo bilancio approvato e depositato. Inoltre, la possibilità concessa dall'art. 34 comma 4, d.lg. n. 346 del 1990, di determinare tale valore con riferimento agli accertamenti relativi ad altre imposte non significa affatto possibilità di rideterminare il valore senza rideterminazione delle singole poste di bilancio: la norma consente infatti solo di rideterminare il valore delle quote quando il bilancio non risponda ai criteri della corretta e fedele valutazione delle poste, ma non quando, considerato in sè e per sè (ai fini della determinazione delle altre imposte), sfugga ad ogni censura. Comm. trib. reg. Venezia, sez. V, 08/05/1997. Ai fini dell'imposta sulle successioni, il valore delle azioni non ammesse alla quotazione di borsa e delle quote di società non azionarie comprese nell'attivo ereditario, è determinato ai sensi dell'art. 16 d.lg. n. 346 del 1990, sulla valutazione del patrimonio netto risultante dal bilancio senza possibilità di rettifica alcuna finalizzata al calcolo dell'avviamento. La possibilità concessa dal comma 4 dell'art. 34 consente solo di rideterminare il valore delle quote quando il bilancio non risponda ai criteri della corretta e fedele valutazione delle poste. Comm. trib. reg. Venezia, sez. V, 08/05/1997 Ai fini della determinazione del valore venale da attribuire alle partecipazioni azionarie non quotate in borsa, che ricadono in successione, è legittima la valutazione in base al patrimonio netto contabile, risultante dall'ultimo bilancio pubblicato a norma di legge. Comm. trib. prov-distr. Parma, sez. VI, 07/11/1996, n. 64 Il Testo unico relativo all'imposta sulle successioni e donazioni (art. 16 comma 1 lett. b) d.lg. 31 ottobre 1990 n. 346) assume - in relazione ad azioni e quote non azionarie delle società non quotate in borsa - quale base imponibile (non discostandosi dal regime previgente) il valore proporzionalmente corrispondente a quello, alla data di apertura della successione, del patrimonio netto dell'ente o della società risultante dall'ultimo bilancio vidimato, tenuto conto dei mutamenti sopravvenuti, ovvero, in mancanza di bilancino o inventario, al valore complessivo dei beni e dei diritti appartenenti all'ente o alla società al netto delle passività. Consiglio di Stato, sez. III, 23/04/1996, n. 403 Il valore delle azioni o quote di società non quotate in borsa si determina, ai fini dell'imposta sulle donazioni, sulla base del bilancio di esercizio; pertanto, l'avviamento deve essere aggiunto alla valutazione delle azioni o quote societarie donate solo in mancanza del bilancio. Comm. trib. prov-distr. Reggio Emilia, 06/05/1995 Articolo 17 Rendite e pensioni 1. La base imponibile, relativamente alle rendite e pensioni comprese nell'attivo ereditario, è determinata assumendo: a) il ventuplo dell'annualità, se si tratta di rendita perpetua o a tempo indeterminato (1); b) il valore attuale dell'annualità, calcolato al saggio legale di interesse e non superiore al ventuplo della stessa, se si tratta di rendita o pensione a tempo determinato; se è prevista la cessazione per effetto della morte del beneficiario o di persona diversa, il valore non può superare quello determinato a norma della lettera c) con riferimento alla durata massima (2); c) il valore che si ottiene moltiplicando l'annualità per il coefficiente applicabile, secondo il prospetto allegato al testo unico sull'imposta di registro, approvato con D.P.R. 26 aprile 1986 n. 131, in relazione all'età della persona alla cui morte essa deve cessare, se si tratta di rendita o pensione vitalizia; in caso di rendita o pensione costituita congiuntamente a favore di più 52

53 persone si tiene conto dell'età del meno giovane dei beneficiari se è prevista la cessazione con la morte di uno qualsiasi di essi, dell'età del più giovane se vi è diritto di accrescimento fra loro; se è prevista la cessazione per effetto della morte di persona diversa dai beneficiari si tiene conto dell'età di questa. (1) Il valore del multiplo indicato è stato fissato in quaranta volte l'annualità dall articolo 1, comma 2, del D.M. 11 gennaio 1999; in 28,57 volte l'annualità dall articolo 1, comma 2, del D.M. 28 dicembre 2000; in 33,33 volte l'annualità dall articolo 1, comma 2, del D.M. 24 dicembre 2001; in quaranta volte l'annualità dall articolo 1, comma 2, del D.M. 18 dicembre 2003; in 33,33 volte l'annualità dall articolo 1, comma 2, del D.M. 7 gennaio 2008; in 100 volte l'annualità dall articolo 1, comma 2, del D.M. 23 dicembre 2009; in 66,66 volte l'annualità dall articolo 1, comma 2, del D.M. 23 dicembre 2010; in quaranta volte l'annualità dall'articolo 1, comma 2, del D.M. 22 dicembre 2011; in 100 volte l'annualita' dall'articolo 1, comma 2, del D.M. 23 dicembre 2013 e in 200 volte l'annualita' dall'articolo 1, comma 2, del D.M. 22 dicembre 2014; a norma dell'articolo 2, comma 1, del citato decreto le disposizioni di cui al D.M. 22 dicembre 2014 si applicano agli atti pubblici formati, agli atti giudiziari pubblicati o emanati, alle scritture private autenticate e a quelle non autenticate presentate per la registrazione, alle successioni apertesi ed alle donazioni fatte a decorrere dalla data del 1 gennaio (2) Il valore del multiplo indicato è fissato in quaranta volte l'annualità dall articolo 1, comma 2, del D.M. 11 gennaio 1999; in 28,57 volte l'annualità dall articolo 1, comma 2, del D.M. 28 dicembre 2000; in 33,33 volte l'annualità dall articolo 1, comma 2, del D.M. 24 dicembre 2001; in quaranta volte l'annualità dall articolo 1, comma 2, del D.M. 18 dicembre 2003; in 33,33 volte l'annualità dall articolo 1, comma 2, del D.M. 7 gennaio 2008; in 100 volte l'annualità dall articolo 1, comma 2, del D.M. 23 dicembre 2009; in 66,66 volte l'annualità dall articolo 1, comma 2, del D.M. 23 dicembre 2010; in quaranta volte l'annualità dall'articolo 1, comma 2, del D.M. 22 dicembre 2011; in 100 volte l'annualita' dall'articolo 1, comma 2, del D.M. 23 dicembre 2013e in 200 volte l'annualita' dall'articolo 1, comma 2, del D.M. 22 dicembre 2014; a norma dell'articolo 2, comma 1, del citato decreto le disposizioni di cui al D.M. 22 dicembre 2014 si applicano agli atti pubblici formati, agli atti giudiziari pubblicati o emanati, alle scritture private autenticate e a quelle non autenticate presentate per la registrazione, alle successioni apertesi ed alle donazioni fatte a decorrere dalla data del 1 gennaio In presenza della domanda a un soggetto della nuda proprietà e ad altri dell'usufrutto dello stesso bene, con previsione che in caso di morte del primo usufruttuario il diritto passi al secondo e al terzo congiuntamente (o a uno solo di essi ove l'altro sia premorto) il valore della nuda proprietà, ai fini dell'imposta sulle donazioni si calcola sulla base dell'età del più giovane dei beneficiari dell'usufrutto. Il valore dell'usufrutto, infatti, deve essere calcolato sulla base dell'età di costui (doversi tenere conto dell'età del più anziano, se la morte di uno dei beneficiari comportasse la estinzione dell'usufrutto). Cassazione civile, sez. trib., 20/01/2011, n In tema di imposta sulle donazioni e con riferimento all'ipotesi di donazione della nuda proprietà con riserva, da parte del donante, dell'usufrutto per sé e, dopo la sua morte, in favore di più beneficiari, il valore del bene donato al nudo proprietario va calcolato tenendo conto della situazione come a quel momento prevedibile secondo l'"id quod plerumque accidit", con depurazione del valore dell'usufrutto calcolato facendo riferimento all'età del più giovane dei beneficiari di tale diritto, cioè di colui che, prevedibilmente, morirà dopo il più anziano ritardando a tale data il consolidamento della piena proprietà. Cassazione civile, sez. trib., 20/01/2011, n

54 Poiché nessun principio dell'ordinamento nè alcuna specifica disposizione di legge prescrivono l'applicazione estensiva di disposizioni e criteri dettati nella disciplina di un determinato rapporto a fattispecie diverse, le norme di natura tributaria, che costituiscono un sistema di diritto speciale, non sono suscettibili di applicazione analogica al di fuori della materia regolata, essendo estranee al diritto comune di cui non contribuiscono a fissare nè i principi fondamentali nè la disciplina delle singole fattispecie. Pertanto, in tema di azione di riduzione delle disposizioni di ultima volontà lesive della quota riservata ai legittimari, al fine di determinare il valore del legato del diritto di abitazione non trova applicazione il criterio al riguardo dettato dal combinato disposto degli art. 14 e 17 d.lg. n. 346 del 1990 in materia di imposte di successione. Cassazione civile, sez. II, 21/10/2004, n Articolo 18 Crediti 1. La base imponibile, relativamente ai crediti compresi nell'attivo ereditario, è determinata assumendo: a) per i crediti fruttiferi, il loro importo con gli interessi maturati; b) per i crediti infruttiferi con scadenza dopo almeno un anno dalla data dell'apertura della successione, il loro valore attuale calcolato al saggio legale di interesse; c) per i crediti in natura, il valore dei beni che ne sono oggetto; d) per il diritto alla liquidazione delle quote di società semplici, in nome collettivo e in accomandita semplice e di quelle ad esse equiparate ai fini delle imposte sui redditi, di cui all'art del codice civile, il valore delle quote determinato a norma dell'art. 16. Ove il "de cuius", dopo avere conferito un proprio immobile in una società di persone di cui è titolare per la quota del 99,6 per cento, leghi l'immobile stesso a un terzo, per la valutazione della base imponibile, ai fini dell'imposta di successione, occorre fare riferimento esclusivamente al valore venale dell'immobile in comune commercio, trattandosi di legato di cosa di un terzo (senza che rilevi, pertanto, né il valore catastale dello stesso, né la somma attribuita al legatario in sede di transazione con l'erede per il conseguimento del legato stesso). (Conferma Comm. trib. rg. Trieste 10 dicembre 1998 n. 110/13). Cassazione civile, sez. trib., 12/07/2005, n Qualora il "de cuius", conferito un proprio immobile in una società di persone di cui è titolare per la quota del 99.6 per cento leghi l'immobile stesso a un terzo, ai fini dell'imposta di successione, trattandosi di legato di cosa di un terzo, occorre avere riguardo esclusivamente al valore venale dell'immobile in comune commercio (senza che rilevi, pertanto, nè il valore catastale dello stesso nè la somma attribuita al legatario in sede di transazione con l'erede per il conseguimento del legato stesso). Cassazione civile, sez. trib., 12/07/2005, n In tema di imposta sulle successioni, nell'ipotesi di legato di cosa altrui, il legatario, in conseguenza della facoltà esercitata dall'erede di pagare il giusto prezzo dell'immobile oggetto del legato ex art. 651 c.c., diviene titolare di un diritto di credito, che va rapportato al bene immobile e che va valutato sulla base del valore venale in comune commercio dell'immobile stesso, in base agli art. 14 e 18 d.lg. 31 ottobre 1990 n Cassazione civile, sez. trib., 12/07/2005, n Se le parti, in un contratto di pronti contro termine pattuiscono che il cliente retrocederà alla banca un quantitativo di titoli del debito pubblico di un certo tipo e per un prezzo determinato, i titoli di Stato sono di proprietà del cliente, nel lasso di tempo intercorrente tra l'acquisto dalla banca e la rivendita a questa. Pertanto, ove il cliente venga a morte nel detto lasso di tempo il valore dei titoli non è assoggettabile a imposta di successione atteso che in una tale eventualità oggetto della successione sono i titoli di Stato e non un credito verso la banca. Cassazione civile, sez. trib., 05/11/2001, n In base alla disciplina dettata dal nuovo testo unico delle disposizioni in tema di imposta sulle successioni e donazioni, approvato con il d.lg. n. 346 del 1990, la determinazione del valore del diritto degli eredi alla liquidazione di quote di società personali deve essere fatta secondo i criteri stabiliti per la determinazione del valore delle quote sociali (art. 18, comma 1, lett. d), il quale ultimo è quello "proporzionalmente corrispondente al valore del patrimonio netto della società risultante dall'ultimo bilancio pubblicato o dall'ultimo inventario regolarmente redatto e vidimato". Da ciò consegue che la 54

55 determinazione del valore della quota sociale debba, anche ai fini successori, scaturire dal raffronto fra le attività e le passività sociali. Cassazione civile, sez. trib., 19/05/2000, n Nel vigore del d.p.r. n. 637 del 1972 non erano soggetti a rettifica di valore, ai fini della liquidazione della imposta di successione, i diritti di credito, tra i quali rientra il diritto degli eredi al compenso per la liquidazione della quota della società semplice di cui il "de cuius" era socio; la diversa soluzione adottata dal testo unico delle successioni del 1990 non è retroattiva. Cassazione civile, sez. trib., 28/01/2000, n. 993 Articolo 19 Altri beni. 1. La base imponibile, relativamente ai beni e ai diritti compresi nell'attivo ereditario diversi da quelli contemplati nell'art. 9, comma 2, e negli articoli da 14 a 18, è determinata assumendo il valore venale in comune commercio alla data di apertura della successione. 2. In caso di usufrutto o di uso si applicano le disposizioni dell'art. 14, comma 1, lettere b) e c).. Articolo 20 Passività deducibili. 1. Le passività deducibili sono costituite dai debiti del defunto esistenti alla data di apertura della successione e dalle spese mediche e funerarie indicate nell'articolo 24 (1). 2. La deduzione è ammessa alle condizioni e nei limiti di cui agli articoli da 21 a 24. (1) Comma sostituito dall articolo 23, comma 3, lettera a), della legge 30 dicembre 1991, n Le disposizioni di cui al presente comma, si applicano alle dichiarazioni presentate a partire dal 1 gennaio Successivamente è stato ulteriormente sostituito dall articolo 9, comma 1, lettera a), del D.L. 29 aprile 1994, n Abstract: in tema di condono fiscale soltanto le controversie aventi ad oggetto provvedimenti di mera liquidazione sono e rientrano nelle passività deducibili ex articolo 20;; il legato pecuniario non rientra nelle passività deducibili; le eventuali fideiussioni prestate dal del cuoio non costituiscono passività deducibili; il riconoscimento del debito non può essere deducibile di per sé; i debiti inerenti all esercizio di impresa non hanno efficacia probatoria; non sono deducibili i debiti risultanti da una sentenza provvisoriamente esecutiva; è deducibile dal attivo ereditario solo un debito certo il liquido; per essere deducibile il debito deve avere i caratteri dell attualità e della determinatezza. In tema di condono fiscale, esulano dal concetto normativo di lite pendente e, quindi, dalla possibilità di definizione agevolata ai sensi dall'art. 16 l. 27 dicembre 2002 n. 289, soltanto le controversie aventi ad oggetto provvedimenti di mera liquidazione del tributo, emanati senza il previo esercizio di un potere discrezionale dell'amministrazione, cioè senza accertamento o rettifica e senza applicazione di sanzioni, con la conseguenza che rientra nell'ambito applicativo del beneficio, la controversia conseguente all'impugnazione dell'avviso di liquidazione dell'imposta di successione il quale partecipi nella sostanza alla funzione propria dell'accertamento, in quanto emesso previa valutazione e rettifica, da parte dell'ufficio finanziario, della congruità dei valori e dell'effettiva esistenza delle passività dichiarate, derivandone, in tal caso, la persistente controvertibilità del presupposto della materia imponibile. (Fattispecie di liquidazione dell'imposta di successione a seguito del diniego di una passività da minusvalenza da operazione valutaria a termine). Cassazione civile, sez. trib., 11/04/2011, n

56 In tema di imposta di successione, la base imponibile è costituita dal valore netto dell'asse che, come si evince dall'art. 8, comma 3, d.lg. n. 346 del 1990, è determinato al netto dei legati, quali sono, ai sensi dell'art. 588 c.c., le disposizioni testamentarie attributive di beni determinati, ancorché soltanto per quantità come il denaro (legati pecuniari) i quali, non essendo immediatamente traslativi di un diritto ereditario, sebbene conferiscano al legatario un diritto di credito nei confronti dell'onerato, non costituiscono una passività deducibile, categoria nella quale sono compresi i debiti del defunto esistenti alla data di apertura della successione, le spese mediche e funerarie. Cassazione civile, sez. trib., 11/04/2011, n Per utili riferimenti, comunque, da ultimo, Cass. 9 marzo 2011 n Nel senso che in tema di imposta di successione, e ai fini della determinazione della base imponibile, i soli debiti ereditari deducibili sono quelli liquidi ed esigibili, pertanto le eventuali fideiussioni prestate dal de cuius non costituiscono passività deducibili, a meno che al momento dell'apertura della successione sussista l'insolvibilità del debitore garantito o l'impossibilità di esercitare l'azione di regresso, con il conseguente effettivo depauperamento dell'attivo ereditario, Cass. 21 febbraio 2008 n Analogamente, Cass. 14 marzo 2007 n. 5969, in Corr. trib., 2007, 2283, con nota di MURARO, Successione mortis causa, fideiussioni e capacità contributiva. Sempre in tema di debiti ereditari si è precisato, tra l'altro: il riconoscimento del debito non è atto da cui il debito deriva, alla cui produzione l'art. 23 d. lgs. 31 ottobre 1990 n. 346 subordina la deduzione dei debiti dall'attivo ereditario, ma, stante il tenore dell'art c.c., è una dichiarazione unilaterale avente l'unico effetto, nei rapporti tra le parti, di dispensare colui a favore del quale la ricognizione è fatta dalla prova del rapporto fondamentale; ne consegue l'onere del contribuente di produrre il titolo da cui il debito deriva, nonostante il riconoscimento di debito contenuto nel testamento o in atti in possesso dei pretesi creditori, Cass. 19 gennaio 2009 n. 1132; la deducibilità dei debiti della massa ereditaria è disciplinata, quanto alle condizioni e al regime probatorio, rispettivamente dagli art. 21 e 23 d. lgs. n. 346, cit., secondo cui i debiti del de cuius inerenti all'esercizio di impresa vanno provati mediante scritture contabili obbligatorie tenute a norma di legge, da prodursi in originale o in copia autentica, ovvero in estratto notarile, entro il triennio dall'apertura della successione; va pertanto negata ogni efficacia probatoria ad una mera esposizione di parte attiva e passiva allegata all'atto di regolarizzazione dell'impresa societaria familiare, il cui stato patrimoniale, formato dopo l'apertura della successione stessa e a tale solo scopo, non è qualificabile come bilancio, Cass. 14 marzo 2008 n. 6957; il regime di deducibilità dei debiti della massa ereditaria va ricostruito nel senso che tali debiti sono deducibili, purché sussistano le condizioni previste dall'art. 21 e subordinatamente alle dimostrazioni, integranti sistema di prova legale, prescritte dall'art. 23, Cass. 26 novembre 2007 n , che ha ritenuto non deducibili i debiti del de cuius inerenti l'esercizio di impresa, documentati attraverso l'esibizione della «quietanza delle fatture» e di «documentazione equipollente» piut tosto che attraverso la produzione di atto scritto avente data certa anteriore all'apertura della successione, titolo giudiziario definitivo, estratto notarile delle scritture contabili obbligatorie e, trattandosi di debiti verso aziende o istituti di credito, di certificazione rilasciata dall'ente creditore; l'asse ereditario va valutato sulla base della sua reale consistenza e ciò comporta che i debiti nei confronti degli aventi causa, i quali si estinguono, ai sensi dell'art c.c., nel momento in cui il creditore diventa anche debitore, sono indeducibili, producendo l'estinzione i suoi effetti anche ai fini dell'imposta sui redditi, Cass. 14 maggio 2007 n , in Riv. dir. trib., 2007, II, 639, con nota di BURELLI, La asserita rilevanza dell'estinzione di debiti e crediti per confusione nella determinazione della base imponibile del tributo successorio. Considerazioni tra passato e presente; non sono deducibili i debiti del defunto risultanti da una sentenza provvisoriamente esecutiva, in quanto tale pronuncia, pur rendendo plausibile la spettanza del diritto, e quindi possibile l'esecuzione, non consente di ritenerne definitivamente accertata l'esistenza, ben potendo essere riformata in tutto o in parte, Cass. 15 gennaio 2007 n. 668; ai fini della determinazione della base imponibile, relativamente alle aziende comprese nell'attivo ereditario, non costituiscono passività deducibili, ai sensi dell'art. 15 d. lgs. n. 346, cit., i fondi di ammortamento esposti nella contabilità aziendale, i quali non incidono negativamente sul capitale economico, ma rappresentano soltanto uno strumento contabile finalizzato a frazionare l'incidenza di un costo in una pluralità di annualità, tendenzialmente coincidenti con il periodo di utilizzazione economica del bene al quale si riferiscono, Cass. 14 gennaio 2009 n ; Cass. 15 maggio 2006 n ; Cass. 10 aprile 2006 n. 8347; 56

57 ai fini della deducibilità di un debito del defunto derivante da un contratto di apertura di credito in conto corrente bancario, e consistente nel saldo passivo dovuto in tutto o in parte ad assegni emessi in data anteriore all'ultimo anno precedente l'apertura della successione, non può trovare applicazione il regime probatorio agevolato previsto dal terzo e dal comma 4 dell'art. 13 d.p.r. 26 ottobre 1972 n. 637 (poi riprodotto nell'art. 23 d. lgs. n. 346, cit.), ma quello previsto dal comma 1 della medesima disposizione, in virtù del quale il rapporto di apertura di credito in conto corrente deve risultare da un atto scritto avente data certa anteriore a quella di apertura della successione, Cass. 20 aprile 2006 n (1) Non si rinvengono precedenti in termini. Ai fini della determinazione dell'imposta di successione, l'accettazione dell'eredità con beneficio di inventario non implica alcuna deducibilità delle passività diversa da quella ordinaria prevista per l'accettazione pura e semplice dagli art. 20 ss. d.lg. 31 ottobre 1990 n. 346, ma rileva in sede di riscossione dell'imposta, essendo la responsabilità dell'erede (o del coerede) beneficiato, ai sensi dall'art. 36, comma 2, d.lg. citato, contenuta "nel limite del valore della propria quota ereditaria", con la conseguenza che solo nel momento della riscossione dell'imposta le risultanze dello stato di graduazione civilistico, divenuto definitivo, possono assumere rilevanza per determinare il valore dei beni concretamente ed effettivamente pervenuti al predetto erede, nel rispetto del limite della sua responsabilità per l'imposta di successione, determinata secondo le regole fiscali ordinarie. Cassazione civile, sez. trib., 11/02/2011, n In tema di imposta di successione, ed ai fini della determinazione della base imponibile, i soli debiti ereditari deducibili sono quelli liquidi ed esigibili. Pertanto le eventuali fideiussioni prestate dal de cuius non costituiscono passività deducibili, a meno che al momento dell'apertura della successione sussista l'insolvibilità del debitore garantito o l'impossibilità di esercitare l'azione di regresso, con il conseguente effettivo depauperamento dell'attivo ereditario. Cassazione civile, sez. trib., 21/02/2008, n In tema di imposta sulle successioni, il regime di deducibilità dei debiti della massa ereditaria - disciplinato dagli articoli da 20 a 24 del d.lg. n. 346 del va ricostruito nel senso che tali debiti sono deducibili, purché sussistano le condizioni previste dall'art. 21 e subordinatamente alle dimostrazioni, integranti sistema di prova legale, prescritte dall'art. 23. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto non deducibili i debiti del "de cuius" inerenti l'esercizio di impresa, documentati attraverso l'esibizione della "quietanza delle fatture" e di "documentazione equipollente" piuttosto che attraverso la produzione di atto scritto avente data certa anteriore all'apertura della successione, titolo giudiziario definitivo, estratto notarile delle scritture contabili obbligatorie e, trattandosi di debiti verso aziende o istituti di credito, di certificazione rilasciata dall'ente creditore). Cassazione civile, sez. trib., 26/11/2007, n Ai fini dell'applicazione dell'imposta di successione, l'asse ereditario va valutato sulla base della sua reale consistenza. Ciò comporta che i debiti nei confronti degli aventi causa, i quali si estinguono, ai sensi dell'art c.c., nel momento in cui il creditore diventa anche debitore, sono indeducibili, producendo l'estinzione i suoi effetti anche ai fini dell'imposta sui redditi. Cassazione civile, sez. trib., 14/05/2007, n In tema di imposta sulle successioni, l'art. 12, comma 1, d.p.r. 26 ottobre 1972 n. 637 (poi trasfuso nell'art. 20 d.lg. 31 ottobre 1990 n. 346), nel richiedere, affinché una passività sia deducibile, che il debito sia "esistente" alla data di apertura della successione, postula che esso abbia, in quel momento, i caratteri dell'attualità e della determinatezza dell'ammontare, perché solo in questo caso è configurabile un effettivo depauperamento dell'attivo ereditario. Pertanto, la fideiussione (anche omnibus) prestata dal dante causa intanto può costituire passività deducibile dall'asse ereditario in quanto al momento dell'apertura della successione sussista l'insolvibilità del debitore garantito oppure sussista in concreto l'impossibilità di esercitare l'azione di regresso, non essendo deducibile dall'attivo ereditario, ai fini dell'imposta di successione, un debito che non sia certo e liquido. Cassazione civile, sez. trib., 14/03/2007, n In tema d'imposta di successione, l'art. 12, comma 1, d.p.r. 26 ottobre 1972 n. 637 (ora trasfuso nell'art. 20 d.lg. 31 ottobre 1990 n. 346), nel richiedere, affinché una passività sia deducibile, che il debito sia esistente" alla data di apertura della successione, postula che esso abbia, nel momento indicato, i caratteri dell'attualità e della determinatezza nell'ammontare, solo in tal caso essendo configurabile un effettivo depauperamento dell'attivo ereditario; non è pertanto deducibile, alla stregua di tale disposizione normativa, l'obbligazione fideiussoria contratta dal defunto, atteso che, nei rapporti interni col debitore principale, è su costui che finisce col gravare il peso economico del debito, come 57

58 dimostrano gli istituti del regresso, della surrogazione e del rilievo, previsti, i primi due, in favore del fideiussore che ha pagato, e, il terzo, prima dell'adempimento dell'obbligazione di garanzia. (In applicazione di tale principio, la Corte ha affermato che in caso di fallimento del debitore principale, il credito del fideiussore, dedotto dagli eredi in sede successoria, difetta dei requisiti della certezza e liquidità, ove non sia stata richiesta l'ammissione al passivo fallimentare e verificato, con la chiusura della procedura concorsuale, se il credito, verso debitore principale, sia rimasto, in tutto o in parte, insoddisfatto). Cassazione civile, sez. trib., 02/04/2003, n In tema di imposta sulle successioni, il regime di deducibilità dei debiti dalla massa ereditaria è disciplinato dagli articoli da 20 a 24 d.lg. 31 ottobre 1990 n. 346, e va ricostruito nel senso che tutti i debiti sono deducibili, purché sussistano le condizioni e le dimostrazioni di cui agli art. 21 e 23, mentre l'art. 22 prende in esame solo particolari ipotesi di non deducibilità (o di deducibilità a determinate condizioni) di alcuni debiti, come quelli contratti per l'acquisto di beni o di diritti non compresi nell'attivo ereditario. Ne consegue che, ai fini della deducibilità, non è necessario che i debiti siano stati contratti per l'acquisto di beni o diritti compresi nell'attivo ereditario, ben potendo anche debiti diversi da questi essere deducibili, ove ricorrano i presupposti indicati nelle altre norme sopra indicate. Cassazione civile, sez. trib., 20/02/2003, n In tema d'imposta di successione, l'art. 12, comma 1, d.p.r. 26 ottobre 1972 n. 637 (ora trasfuso nell'art. 20 d.lg. 31 ottobre 1990 n. 346), nel richiedere, affinché una passività sia deducibile, che il debito sia "esistente" alla data di apertura della successione, postula che esso abbia, nel momento indicato, i caratteri dell'attualità e della determinatezza nell'ammontare, solo in tal caso essendo configurabile un effettivo depauperamento dell'attivo ereditario; non è pertanto deducibile, alla stregua di tale disposizione normativa, l'obbligazione fideiussoria contratta dal defunto, atteso che, nei rapporti interni col debitore principale, è su costui che finisce col gravare il peso economico del debito, come dimostrano gli istituti del regresso, della surrogazione e del rilievo, previsti, i primi due, in favore del fideiussore che ha pagato, e, il terzo, prima dell'adempimento dell'obbligazione di garanzia. Nè è configurabile una deducibilità, sia pure pro parte, nel caso di omologazione del concordato preventivo del debitore principale, giacché anche in tal caso non è individuabile con certezza l'entità dell'eventuale depauperamento a carico del successore "mortis causa" del garante, e considerato, d'altra parte, che per i debiti sub condicione la possibilità di far valere il diritto alla deduzione è comunque assicurata secondo la disciplina dettata dall'art. 47 dello stesso d.p.r. (ora art. 42 del d.lg. n. 346 del 1990). Cassazione civile, sez. trib., 07/11/2001, n Articolo 21 Condizioni di deducibilità dei debiti. 1. I debiti del defunto devono risultare da atto scritto di data certa anteriore all'apertura della successione o da provvedimento giurisdizionale definitivo. 2. I debiti inerenti all'esercizio di imprese sono ammessi in deduzione anche se risultano dalle scritture contabili obbligatorie del defunto regolarmente tenute a norma di legge. 3. Se il defunto non era obbligato alla tenuta di scritture contabili, i debiti cambiari e i debiti verso aziende o istituti di credito, compresi i saldi passivi dei conti correnti, sono ammessi in deduzione anche se risultano dalle scritture contabili obbligatorie, regolarmente tenute a norma di legge, del trattario o del prenditore o dell'azienda o istituto di credito. 4. I debiti derivanti da rapporti di lavoro subordinato, compresi quelli relativi al trattamento di fine rapporto e ai trattamenti previdenziali integrativi, sono deducibili nell'ammontare maturato alla data di apertura della successione, anche se il rapporto continua con gli eredi o i legatari. 5. I debiti verso lo Stato, gli enti pubblici territoriali e gli enti pubblici che gestiscono forme obbligatorie di previdenza e di assistenza sociale, esistenti alla data di apertura della successione, nonché i debiti tributari, il cui presupposto si è verificato anteriormente alla stessa data, sono deducibili anche se accertati in data posteriore. 6. Per debito del defunto si intende anche quello di somme dovute al coniuge divorziato, a seguito di sentenza di scioglimento di matrimonio o di cessazione di effetti civili dello stesso. 58

59 In tema di imposta sulle successioni, ai sensi dell'art. 20 del d.lgs. 31 ottobre 1990, n. 346, sono deducibili tutti i debiti della persona deceduta esistenti alla data di apertura della successione, senza eccezioni, purché sussistano le condizioni stabilite negli artt. da 21 a 24 del citato decreto. Ne consegue che è deducibile il mutuo fondiario stipulato dal defunto per la ristrutturazione di un complesso immobiliare di proprietà di terzi, venendo in rilievo esclusivamente la titolarità del debito in capo allo stesso e non anche, ex art. 22 del d.lgs. cit., la titolarità del bene ovvero che il mutuo fosse stato contratto per l'acquisto di beni o di diritti non compresi nell'attivo. (Cassa con rinvio, Comm. Trib. Reg. della Toscana, 17/03/2008) Cassazione civile, sez. trib., 15/05/2015, n Non costituisce mutamento inammissibile della domanda la circostanza che l'erario, dopo avere contestato al contribuente di avere portato in deduzione dell'imponibile, ai fini dell'imposta di successione, debiti ereditari non risultanti da atto scritto avente data certa anteriore all'apertura della successione (ex art. 21 d.lg. 31 ottobre 1990 n. 346), solo in sede di appello eccepisca altresì che quei debiti, in quanto vantati da istituti di credito, non erano accompagnati dal prescritto certificato rilasciato dall'ente creditore (ex art. 23 del decreto citato).cassazione civile, sez. trib., 11/12/2012, n A norma dell'art. 15 d.lg. n. 346 del 1990 (recante il testo unico delle disposizioni concernenti l'imposta sulle successioni e donazioni), la base imponibile da assumere, ai fini della liquidazione dell'imposta sulle successioni, con riferimento all'azienda caduta nell'asse ereditario, è determinata dalla somma dei valori dei beni e del diritti che la costituiscono, "al netto della passività risultanti a norma degli artt. da 21 a 23", che disciplinano le condizioni di deducibilità dei debiti del defunto. Se ne deve necessariamente inferire che l'azienda costituisce un cespite patrimoniale che concorre a determinare la base imponibile dell'imposta sulle successioni, e - come tale - essa non può mai avere un valore inferiore a zero. Cassazione civile, sez. trib., 15/04/2011, n In tema di imposta sulle successioni, la base imponibile da assumere, ai sensi dell'art. 15 d.lg. 31 ottobre 1990 n. 346, ai fini della liquidazione della detta imposta, con riferimento ad un azienda caduta nell'asse ereditario, è determinata dalla somma dei valori dei beni e dei diritti che la costituiscono, "al netto delle passività risultanti a norma degli art. da 21 a 23" del medesimo d.lg., che disciplinano le condizioni di deducibilità dei debiti del defunto, con la conseguenza che l'azienda costituisce un cespite patrimoniale che concorre a determinare la base imponibile dell'imposta e non può mai avere un valore inferiore a zero, per cui, una volta effettuato, ai sensi dell'art. 14 del medesimo d.lg. n. 356, lo scorporo dall'azienda dei beni immobili strumentali, onde sottrarli ad una doppia imposizione, quel che resta dell'azienda potrà o avere un valore positivo, nella misura risultante dalla deduzione dei debiti ereditari o, al più, un valore pari a zero, qualora l'attivo venga abbattuto per effetto delle dedotte passività, mentre non è possibile abbassare ancora detto valore fino a portarlo ad una cifra negativa, poiché le possibilità aziendali verrebbero ad essere ulteriormente computabili, in palese contrasto con gli art. 15 e d.lg. n. 345 citato. Cassazione civile, sez. trib., 15/04/2011, n In tema di condono fiscale, esulano dal concetto normativo di lite pendente e, quindi, dalla possibilità di definizione agevolata ai sensi dall'art. 16 l. 27 dicembre 2002 n. 289, soltanto le controversie aventi ad oggetto provvedimenti di mera liquidazione del tributo, emanati senza il previo esercizio di un potere discrezionale dell'amministrazione, cioè senza accertamento o rettifica e senza applicazione di sanzioni, con la conseguenza che rientra nell'ambito applicativo del beneficio, la controversia conseguente all'impugnazione dell'avviso di liquidazione dell'imposta di successione il quale partecipi nella sostanza alla funzione propria dell'accertamento, in quanto emesso previa valutazione e rettifica, da parte dell'ufficio finanziario, della congruità dei valori e dell'effettiva esistenza delle passività dichiarate, derivandone, in tal caso, la persistente controvertibilità del presupposto della materia imponibile. (Fattispecie di liquidazione dell'imposta di successione a seguito del diniego di una passività da minusvalenza da operazione valutaria a termine). Cassazione civile, sez. trib., 11/04/2011, n In tema di imposta sulle successioni, la deducibilità dei debiti della massa ereditaria è disciplinata, quanto alle condizioni ed al regime probatorio, rispettivamente dagli art. 21 e 23 d.lg. 31 ottobre 1990 n. 346, secondo cui i debiti del de cuius inerenti all'esercizio di impresa vanno provati mediante scritture contabili obbligatorie tenute a norma di legge, da prodursi in originale o in copia autentica, ovvero in estratto notarile, entro il triennio dall'apertura della successione; va pertanto negata ogni efficacia probatoria ad una mera esposizione di parte attiva e passiva allegata all'atto di 59

60 regolarizzazione dell'impresa societaria familiare, il cui stato patrimoniale, formato dopo l'apertura della successione stessa e a tale solo scopo, non è qualificabile come bilancio. Cassazione civile, sez. trib., 14/03/2008, n In tema di imposta sulle successioni, il regime di deducibilità dei debiti della massa ereditaria - disciplinato dagli articoli da 20 a 24 del d.lg. n. 346 del va ricostruito nel senso che tali debiti sono deducibili, purché sussistano le condizioni previste dall'art. 21 e subordinatamente alle dimostrazioni, integranti sistema di prova legale, prescritte dall'art. 23. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto non deducibili i debiti del "de cuius" inerenti l'esercizio di impresa, documentati attraverso l'esibizione della "quietanza delle fatture" e di "documentazione equipollente" piuttosto che attraverso la produzione di atto scritto avente data certa anteriore all'apertura della successione, titolo giudiziario definitivo, estratto notarile delle scritture contabili obbligatorie e, trattandosi di debiti verso aziende o istituti di credito, di certificazione rilasciata dall'ente creditore). Cassazione civile, sez. trib., 26/11/2007, n In tema di imposta sulle successioni, qualora all'azienda compresa nell'asse ereditario venga attribuito un valore pari a zero, non sono ulteriormente computabili le passività aziendali, delle quali si è già, evidentemente, tenuto conto per azzerare il valore stesso. In particolare, con riguardo alla possibilità di sottrarre al valore dell'azienda (in concreto, già rapportato a zero) definito ai fini della determinazione dell'imposta le perdite di esercizio, queste, pur essendo elemento legato all'azienda da relazione d'interdipendenza, non sono suscettibili di essere algebricamente sottratte al valore delle relative componenti positive e negative, giacché, al pari dell'utile di esercizio, si pongono rispetto all'azienda ed alle sue componenti, come fattore non omogeneo, e quindi non direttamente commensurabile. Cassazione civile, sez. trib., 14/05/2007, n In tema di imposta sulle successioni, ai sensi dell'art. 21 d.lg. 31 ottobre 1990 n. 346, non sono deducibili i debiti del defunto risultanti da una sentenza provvisoriamente esecutiva, in quanto tale pronuncia, pur rendendo plausibile la spettanza del diritto, e quindi possibile l'esecuzione, non consente di ritenerne definitivamente accertata l'esistenza, ben potendo essere riformata in tutto o in parte. Cassazione civile, sez. trib., 15/01/2007, n. 668 In tema di imposta di successione, il debito derivante da una fideiussione prestata dal de cuiusa garanzia del credito vantato da una banca nei confronti di una società di cui il defunto era socio, in quanto contratto nell'esercizio dell'impresa, può essere ammesso in deduzione dall'attivo ereditario, ai sensi dell'art. 22, comma 2, ultima parte, d.lg. 31 ottobre 1990 n. 346, solo se e nella misura in cui ecceda la deduzione del passivo sociale, già effettuata ai sensi dell'art. 21, comma 2, essendo la quota di partecipazione compresa nell'attivo ereditario. Cassazione civile, sez. trib., 05/05/2006, n Il potere di rettificare la dichiarazione, da parte del contribuente, non è soggetto a preclusioni temporali, salvo il termine di decadenza previsto per la ripetizione di imposte inesistenti. La dichiarazione di successione, come ogni dichiarazione fiscale, può essere ritrattata e modificata, anche dopo la scadenza del termine fissato nell'art. 31 d.lg. 346/90 - la cui mancata osservanza potrà comportare solo l'applicazione delle sanzioni di cui agli art. 50 e ss. -, purché prima della notificazione dell'avviso di rettifica e liquidazione della maggiore imposta. In tale arco temporale è consentito al contribuente correggere la dichiarazione per adeguarla ai criteri legali di valutazione cosiddetta "automatica" (art. 34, commi 5 e ss. del citato decreto), e l'ufficio non potrà ignorare la correzione, apportata uniformandosi ai parametri legali, perché così finirebbe per assoggettare il dichiarante ad oneri contributivi diversi e più gravosi di quelli che, per legge, devono restare a suo carico. Cassazione civile, sez. un., 27/07/2004, n In tema di imposta di successione, il valore delle azioni (o quote) e delle obbligazioni sociali, non quotate in borsa, compresi nell'attivo ereditario va determinato, ai sensi dell'art. 16 del d.lg. n. 346 del 1990, facendo riferimento al valore del patrimonio netto dell'ente o società, risultante dall'ultimo bilancio pubblicato o dall'ultimo inventario regolarmente redatto e vidimato, o - in mancanza di bilancio o inventario - al valore complessivo dei beni e dei diritti appartenenti all'ente o alla società, al netto delle passività (risultanti a norma degli art. da 21 a 23, escludendo i beni indicati alle lettere h e i dell'art. 12), e aggiungendo l'avviamento. Pertanto, a differenza che nella previsione dell'art. 22, comma 2, del d.p.r. n. 637 del 1972, previgente, la valutazione di tali beni deve tener conto delle attività e passività (esposte in bilancio o, comunque, risultanti ai sensi degli art. da 21 a 23), secondo il criterio di valutazione stabilito anche nell'art. 2437, comma 1, c.c., senza (come ha anche affermato la Corte cost. nell'ordinanza n. 250 del 2002) che tale disciplina, in relazione al diverso regolamento della valutazione delle partecipazioni di società quotate, possa considerarsi in contrasto con i principi costituzionali di uguaglianza e di capacità contributiva, per la diversità delle situazioni considerate e per la possibilità - 60

61 concessa anche all'amministrazione finanziaria - di contestare il mancato rispetto dei criteri legali di redazione del bilancio o dell'inventario. Cassazione civile, sez. trib., 08/05/2003, n In tema di imposta sulle successioni, il regime di deducibilità dei debiti dalla massa ereditaria è disciplinato dagli articoli da 20 a 24 d.lg. 31 ottobre 1990 n. 346, e va ricostruito nel senso che tutti i debiti sono deducibili, purché sussistano le condizioni e le dimostrazioni di cui agli art. 21 e 23, mentre l'art. 22 prende in esame solo particolari ipotesi di non deducibilità (o di deducibilità a determinate condizioni) di alcuni debiti, come quelli contratti per l'acquisto di beni o di diritti non compresi nell'attivo ereditario. Ne consegue che, ai fini della deducibilità, non è necessario che i debiti siano stati contratti per l'acquisto di beni o diritti compresi nell'attivo ereditario, ben potendo anche debiti diversi da questi essere deducibili, ove ricorrano i presupposti indicati nelle altre norme sopra indicate. Cassazione civile, sez. trib., 20/02/2003, n L'art. 16, comma 1, lett. b), d.lg. 31 ottobre 1990 n. 346, stabilisce per le società azionarie non quotate e per le società non azionarie un differente criterio di valutazione in relazione al fatto che vi sia o meno il bilancio o l'inventario, prevedendo che, in caso negativo, si debba fare riferimento al valore complessivo dei beni e dei diritti appartenenti alla società al netto delle passività risultanti a norma degli art dello stesso decreto. Ritenere che debba comunque valere la situazione patrimoniale della società equivale, in sostanza, a snaturare la predetta distinzione, che invece costituisce uno degli elementi innovativi della più recente disciplina dell'imposta sulle successioni. Comm. trib. prov.le Padova, sez. X, 24/01/2002, n. 197.Non è contestabile che la determinazione del valore della quota sociale debba scaturire, anche ai fini successori, dal raffronto fra le attività e le passività sociali. Nell'ipotesi in cui non venga allegato alla denuncia di successione una copia dell'ultimo bilancio "pubblicato" o dell'ultimo inventario "regolarmente redatto e vidimato", le passività debbono essere documentate secondo le regole fissate, in via generale, dagli art. 21 e 23 del d.lg., n. 346 del 1990 e l'onere di dimostrare l'esistenza delle passività sociali incombe sul contribuente. Cassazione civile, sez. trib., 19/05/2000, n Ai fini della deducibilità dall'imponibile di passività discendenti da aperture di credito concesse da istituti bancari al "de cuius", la registrazione del relativo contratto, spesso verbale, nei libri obbligatori tenuti dall'istituto di credito sotto data antecedente alla morte del cliente, unitamente alla produzione di certificazione bancaria attestante i rapporti di debito-credito del defunto con il suddetto Istituto, vale a conferire certezza all'anteriorità del contratto, rispetto all'apertura della successione, ed autorizza quindi la deduzione di quelle passività, ai sensi dell'art. 13 d.p.r. 26 ottobre 1972 n. 637.Cassazione civile, sez. trib., 08/05/2000, n Articolo 22 Limiti alla deducibilità dei debiti 1. Non sono deducibili i debiti contratti per l'acquisto di beni o di diritti non compresi nell'attivo ereditario; se i beni o i diritti acquistati vi sono compresi solo in parte la deduzione è ammessa proporzionalmente al valore di tale parte. 2. I debiti contratti dal defunto negli ultimi sei mesi sono deducibili nei limiti in cui il relativo importo è stato impiegato nei modi indicati nell'art. 10, comma 3, lettere d), e) ed f); negli stessi limiti sono computati, per la determinazione del saldo dei conti correnti bancari, gli addebitamenti dipendenti da assegni emessi e da operazioni fatte negli ultimi sei mesi. Le disposizioni del presente comma non si applicano per i debiti contratti, le operazioni fatte e gli assegni emessi nell'esercizio di imprese o di arti e professioni. 3. Nella determinazione del saldo dei conti correnti bancari non si tiene conto degli addebitamenti dipendenti da assegni non presentati al pagamento almeno quattro giorni prima dell'apertura della successione. 4. I debiti di pertinenza del defunto e di altre persone, compresi i saldi passivi dei conti correnti bancari cointestati, sono deducibili nei limiti della quota del defunto; le quote dei condebitori si considerano uguali se non risultano diversamente determinate. (1) L'imposta sulle successioni e sulle donazioni, soppressa dall'articolo 13, comma 1, della legge 18 ottobre 2001, n. 383, è stata ripristinata dall'articolo 2, comma 47, del D.L. 3 ottobre 2006, n

62 In tema di imposta sulle successioni, ai sensi dell'art. 20 del d.lgs. 31 ottobre 1990, n. 346, sono deducibili tutti i debiti della persona deceduta esistenti alla data di apertura della successione, senza eccezioni, purché sussistano le condizioni stabilite negli artt. da 21 a 24 del citato decreto. Ne consegue che è deducibile il mutuo fondiario stipulato dal defunto per la ristrutturazione di un complesso immobiliare di proprietà di terzi, venendo in rilievo esclusivamente la titolarità del debito in capo allo stesso e non anche, ex art. 22 del d.lgs. cit., la titolarità del bene ovvero che il mutuo fosse stato contratto per l'acquisto di beni o di diritti non compresi nell'attivo.(cassa con rinvio, Comm. Trib. Reg. della Toscana, 17/03/2008).Cassazione civile, sez. trib., 15/05/2015, n A norma dell'art. 15 d.lg. n. 346 del 1990 (recante il testo unico delle disposizioni concernenti l'imposta sulle successioni e donazioni), la base imponibile da assumere, ai fini della liquidazione dell'imposta sulle successioni, con riferimento all'azienda caduta nell'asse ereditario, è determinata dalla somma dei valori dei beni e del diritti che la costituiscono, "al netto della passività risultanti a norma degli artt. da 21 a 23", che disciplinano le condizioni di deducibilità dei debiti del defunto. Se ne deve necessariamente inferire che l'azienda costituisce un cespite patrimoniale che concorre a determinare la base imponibile dell'imposta sulle successioni, e - come tale - essa non può mai avere un valore inferiore a zero. Cassazione civile, sez. trib., 15/04/2011, n In tema di imposta sulle successioni, la base imponibile da assumere, ai sensi dell'art. 15 d.lg. 31 ottobre 1990 n. 346, ai fini della liquidazione della detta imposta, con riferimento ad un azienda caduta nell'asse ereditario, è determinata dalla somma dei valori dei beni e dei diritti che la costituiscono, "al netto delle passività risultanti a norma degli art. da 21 a 23" del medesimo d.lg., che disciplinano le condizioni di deducibilità dei debiti del defunto, con la conseguenza che l'azienda costituisce un cespite patrimoniale che concorre a determinare la base imponibile dell'imposta e non può mai avere un valore inferiore a zero, per cui, una volta effettuato, ai sensi dell'art. 14 del medesimo d.lg. n. 356, lo scorporo dall'azienda dei beni immobili strumentali, onde sottrarli ad una doppia imposizione, quel che resta dell'azienda potrà o avere un valore positivo, nella misura risultante dalla deduzione dei debiti ereditari o, al più, un valore pari a zero, qualora l'attivo venga abbattuto per effetto delle dedotte passività, mentre non è possibile abbassare ancora detto valore fino a portarlo ad una cifra negativa, poiché le possibilità aziendali verrebbero ad essere ulteriormente computabili, in palese contrasto con gli art. 15 e d.lg. n. 345 citato. Cassazione civile, sez. trib., 15/04/2011, n In tema di condono fiscale, esulano dal concetto normativo di lite pendente e, quindi, dalla possibilità di definizione agevolata ai sensi dall'art. 16 l. 27 dicembre 2002 n. 289, soltanto le controversie aventi ad oggetto provvedimenti di mera liquidazione del tributo, emanati senza il previo esercizio di un potere discrezionale dell'amministrazione, cioè senza accertamento o rettifica e senza applicazione di sanzioni, con la conseguenza che rientra nell'ambito applicativo del beneficio, la controversia conseguente all'impugnazione dell'avviso di liquidazione dell'imposta di successione il quale partecipi nella sostanza alla funzione propria dell'accertamento, in quanto emesso previa valutazione e rettifica, da parte dell'ufficio finanziario, della congruità dei valori e dell'effettiva esistenza delle passività dichiarate, derivandone, in tal caso, la persistente controvertibilità del presupposto della materia imponibile. (Fattispecie di liquidazione dell'imposta di successione a seguito del diniego di una passività da minusvalenza da operazione valutaria a termine). Cassazione civile, sez. trib., 11/04/2011, n In tema di imposta sulle successioni, il regime di deducibilità dei debiti della massa ereditaria - disciplinato dagli articoli da 20 a 24 del d.lg. n. 346 del va ricostruito nel senso che tali debiti sono deducibili, purché sussistano le condizioni previste dall'art. 21 e subordinatamente alle dimostrazioni, integranti sistema di prova legale, prescritte dall'art. 23. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto non deducibili i debiti del "de cuius" inerenti l'esercizio di impresa, documentati attraverso l'esibizione della "quietanza delle fatture" e di "documentazione equipollente" piuttosto che attraverso la produzione di atto scritto avente data certa anteriore all'apertura della successione, titolo giudiziario definitivo, estratto notarile delle scritture contabili obbligatorie e, trattandosi di debiti verso aziende o istituti di credito, di certificazione rilasciata dall'ente creditore). Cassazione civile, sez. trib., 26/11/2007, n In tema di imposta sulle successioni, qualora all'azienda compresa nell'asse ereditario venga attribuito un valore pari a zero, non sono ulteriormente computabili le passività aziendali, delle quali si è già, evidentemente, tenuto conto per azzerare il valore stesso. In particolare, con riguardo alla possibilità di sottrarre al valore dell'azienda (in concreto, già rapportato a zero) definito ai fini della determinazione dell'imposta le perdite di esercizio, queste, pur essendo elemento legato all'azienda da relazione 62

63 d'interdipendenza, non sono suscettibili di essere algebricamente sottratte al valore delle relative componenti positive e negative, giacché, al pari dell'utile di esercizio, si pongono rispetto all'azienda ed alle sue componenti, come fattore non omogeneo, e quindi non direttamente commensurabile. Cassazione civile, sez. trib., 14/05/2007, n In tema di imposta di successione, il debito derivante da una fideiussione prestata dal de cuiusa garanzia del credito vantato da una banca nei confronti di una società di cui il defunto era socio, in quanto contratto nell'esercizio dell'impresa, può essere ammesso in deduzione dall'attivo ereditario, ai sensi dell'art. 22, comma 2, ultima parte, d.lg. 31 ottobre 1990 n. 346, solo se e nella misura in cui ecceda la deduzione del passivo sociale, già effettuata ai sensi dell'art. 21, comma 2, essendo la quota di partecipazione compresa nell'attivo ereditario. Cassazione civile, sez. trib., 05/05/2006, n In tema di imposta di successione, il valore delle azioni (o quote) e delle obbligazioni sociali, non quotate in borsa, compresi nell'attivo ereditario va determinato, ai sensi dell'art. 16 del d.lg. n. 346 del 1990, facendo riferimento al valore del patrimonio netto dell'ente o società, risultante dall'ultimo bilancio pubblicato o dall'ultimo inventario regolarmente redatto e vidimato, o - in mancanza di bilancio o inventario - al valore complessivo dei beni e dei diritti appartenenti all'ente o alla società, al netto delle passività (risultanti a norma degli art. da 21 a 23, escludendo i beni indicati alle lettere h e i dell'art. 12), e aggiungendo l'avviamento. Pertanto, a differenza che nella previsione dell'art. 22, comma 2, del d.p.r. n. 637 del 1972, previgente, la valutazione di tali beni deve tener conto delle attività e passività (esposte in bilancio o, comunque, risultanti ai sensi degli art. da 21 a 23), secondo il criterio di valutazione stabilito anche nell'art. 2437, comma 1, c.c., senza (come ha anche affermato la Corte cost. nell'ordinanza n. 250 del 2002) che tale disciplina, in relazione al diverso regolamento della valutazione delle partecipazioni di società quotate, possa considerarsi in contrasto con i principi costituzionali di uguaglianza e di capacità contributiva, per la diversità delle situazioni considerate e per la possibilità - concessa anche all'amministrazione finanziaria - di contestare il mancato rispetto dei criteri legali di redazione del bilancio o dell'inventario. Cassazione civile, sez. trib., 08/05/2003, n In tema di imposta sulle successioni, il regime di deducibilità dei debiti dalla massa ereditaria è disciplinato dagli articoli da 20 a 24 d.lg. 31 ottobre 1990 n. 346, e va ricostruito nel senso che tutti i debiti sono deducibili, purché sussistano le condizioni e le dimostrazioni di cui agli art. 21 e 23, mentre l'art. 22 prende in esame solo particolari ipotesi di non deducibilità (o di deducibilità a determinate condizioni) di alcuni debiti, come quelli contratti per l'acquisto di beni o di diritti non compresi nell'attivo ereditario. Ne consegue che, ai fini della deducibilità, non è necessario che i debiti siano stati contratti per l'acquisto di beni o diritti compresi nell'attivo ereditario, ben potendo anche debiti diversi da questi essere deducibili, ove ricorrano i presupposti indicati nelle altre norme sopra indicate. Cassazione civile, sez. trib., 20/02/2003, n L'art. 16, comma 1, lett. b), d.lg. 31 ottobre 1990 n. 346, stabilisce per le società azionarie non quotate e per le società non azionarie un differente criterio di valutazione in relazione al fatto che vi sia o meno il bilancio o l'inventario, prevedendo che, in caso negativo, si debba fare riferimento al valore complessivo dei beni e dei diritti appartenenti alla società al netto delle passività risultanti a norma degli art dello stesso decreto. Ritenere che debba comunque valere la situazione patrimoniale della società equivale, in sostanza, a snaturare la predetta distinzione, che invece costituisce uno degli elementi innovativi della più recente disciplina dell'imposta sulle successioni. Comm. trib. prov.le Padova, sez. X, 24/01/2002, n. 197 Articolo 23 Dimostrazione dei debiti. 1. La deduzione dei debiti è subordinata alla produzione, in originale o in copia autentica, del titolo o provvedimento di cui all'art. 21, comma 1, ovvero: a) di estratto notarile delle scritture contabili obbligatorie del defunto, per i debiti inerenti all'esercizio di imprese; b) di estratto notarile delle scritture contabili obbligatorie del trattario o del prenditore, per i debiti cambiari; c) di attestazione rilasciata dall'amministrazione creditrice, o di copia autentica della quietanza del pagamento avvenuto dopo l'apertura della successione, per i debiti verso pubbliche amministrazioni; 63

64 d) di attestazione rilasciata dall'ispettorato provinciale del lavoro, per i debiti verso i lavoratori dipendenti. 2. La deduzione dei debiti verso aziende o istituti di credito, anche se risultanti nei modi indicati nel comma 1, è subordinata alla produzione di un certificato, rilasciato dall'ente creditore entro trenta giorni dalla richiesta scritta di uno dei soggetti obbligati alla dichiarazione della successione e controfirmato dal capo del servizio o dal contabile addetto al servizio. Il certificato deve attestare l'esistenza totale o parziale di ciascun debito con la specificazione di tutti gli altri rapporti debitori o creditori, compresi i riporti e le garanzie anche di terzi, esistenti con il defunto alla data di apertura della successione presso tutte le sedi, agenzie, filiali o altre ripartizioni territoriali dell'azienda o istituto di credito; per i saldi passivi dei conti correnti dal certificato deve risultare l'integrale svolgimento del conto dal dodicesimo mese anteriore all'apertura della successione o, se precedente, dall'ultimo saldo attivo. 3. La sussistenza dei debiti alla data di apertura della successione, se non risulta da uno dei documenti di cui ai commi 1 e 2, deve risultare da attestazione conforme al modello approvato con decreto del Ministro delle finanze, sottoscritta da uno dei soggetti obbligati alla dichiarazione della successione nonché, tranne che per i debiti verso i dipendenti, dai creditori del defunto ovvero, per le passività indicate nell'art. 16, comma 1, lettera b), dal legale rappresentante della società o dell'ente. Le firme devono essere autenticate. 4. L'esistenza di debiti deducibili, ancorché non indicati nella dichiarazione della successione, può essere dimostrata, nei modi stabiliti nei commi 1, 2 e 3, entro il termine di tre anni dalla data di apertura della successione, prorogato, per i debiti risultanti da provvedimenti giurisdizionali e per i debiti verso pubbliche amministrazioni, fino a sei mesi dalla data in cui il relativo provvedimento giurisdizionale o amministrativo è divenuto definitivo. In tema di imposta sulle successioni, ai sensi dell'art. 20 del d.lgs. 31 ottobre 1990, n. 346, sono deducibili tutti i debiti della persona deceduta esistenti alla data di apertura della successione, senza eccezioni, purché sussistano le condizioni stabilite negli artt. da 21 a 24 del citato decreto. Ne consegue che è deducibile il mutuo fondiario stipulato dal defunto per la ristrutturazione di un complesso immobiliare di proprietà di terzi, venendo in rilievo esclusivamente la titolarità del debito in capo allo stesso e non anche, ex art. 22 del d.lgs. cit., la titolarità del bene ovvero che il mutuo fosse stato contratto per l'acquisto di beni o di diritti non compresi nell'attivo. In tema d'imposta di successione, gli errori commessi dal contribuente nella dichiarazione sono in ogni caso emendabili, sia in virtù del principio generale secondo cui la dichiarazione non ha valore confessorio e non è fonte dell'obbligazione tributaria, sia in virtù dei principi costituzionali di capacità contributiva e buona amministrazione, nonché di collaborazione e buona fede che devono improntare i rapporti tra l'amministrazione finanziaria ed il contribuente. Alla correzione non osta né l'intervenuta scadenza del termine per la presentazione della denunzia di successione, che non ha natura decadenziale, né l'art. 31, comma 3, del d.lgs. 31 ottobre 1990, n. 346, che concerne le modifiche da apportare agli elementi oggettivi e soggettivi della dichiarazione, né l'eventuale notifica di un avviso di liquidazione, riflettendosi tale circostanza solo sul regime dell'onere della prova in giudizio. Rigetta, Comm. Trib. Reg. del Lazio, 26/01/2009. Cassazione civile, sez. trib., 06/02/2015, n In tema di imposta sulle successioni, il comma 4 dell'art. 23 d.lg. 31 ottobre 1990 n. 346, nella parte in cui prevede che il termine triennale per la dimostrazione di debiti deducibili, non indicati nella dichiarazione di successione, è prorogato, per i debiti risultanti da provvedimenti giurisdizionali e per i debiti verso pubbliche amministrazioni, fino a sei mesi dalla data in cui il relativo provvedimento giurisdizionale o amministrativo è divenuto definitivo, deve essere interpretato nel senso che la proroga interviene solo quando si renda necessaria a consentire che, dalla data in cui il provvedimento giurisdizionale o amministrativo è divenuto definitivo, decorrano ancora almeno sei mesi prima della scadenza del termine, mentre, ove il provvedimento giurisdizionale o amministrativo sia divenuto definitivo già almeno sei mesi prima della scadenza del termine triennale, quest'ultimo non subisce alcuna proroga, quale che sia la natura del debito che si intende dedurre. Cassazione civile, sez. trib., 21/12/2011, n

65 In tema di imposta sulle successioni, il riconoscimento del debito non è atto da cui il debito deriva, alla cui produzione l'art. 23 d.lg. 31 ottobre 1990 n. 346 subordina la deduzione dei debiti dall'attivo ereditario, ma, stante il tenore dell'art c.c., è una dichiarazione unilaterale avente l'unico effetto, nei rapporti tra le parti, di dispensare colui a favore del quale la ricognizione è fatta dalla prova del rapporto fondamentale; ne consegue l'onere del contribuente di produrre il titolo da cui il debito deriva, nonostante il riconoscimento di debito contenuto nel testamento o in atti in possesso dei pretesi creditori. Cassazione civile, sez. trib., 19/01/2009, n In tema di imposta sulle successioni, la deducibilità dei debiti della massa ereditaria è disciplinata, quanto alle condizioni ed al regime probatorio, rispettivamente dagli art. 21 e 23 d.lg. 31 ottobre 1990 n. 346, secondo cui i debiti del de cuius inerenti all'esercizio di impresa vanno provati mediante scritture contabili obbligatorie tenute a norma di legge, da prodursi in originale o in copia autentica, ovvero in estratto notarile, entro il triennio dall'apertura della successione; va pertanto negata ogni efficacia probatoria ad una mera esposizione di parte attiva e passiva allegata all'atto di regolarizzazione dell'impresa societaria familiare, il cui stato patrimoniale, formato dopo l'apertura della successione stessa e a tale solo scopo, non è qualificabile come bilancio. In tema di imposta sulle successioni, il termine di tre anni, concesso dall'art. 23 d.lg. 31 ottobre 1990 n. 346, per dedurre e dimostrare l'esistenza di passività non indicate nella dichiarazione, ha carattere perentorio, in quanto costituisce un limite inderogabile al potere di deduzione e dimostrazione delle passività, con la conseguenza che non può acquisire alcuna rilevanza ai fini del decidere la documentazione idonea a comprovare l'esistenza delle passività dichiarate prodotta dinanzi al giudice d'appello oltre il detto termine. In tema di imposta di successione, il termine perentorio di tre anni previsto dall'art. 23 d.lg. 31 ottobre 1990 n. 346, costituendo un limite inderogabile al potere di deduzione e dimostrazione delle passività, al di fuori della regola secondo cui le stesse debbono essere dedotte e dimostrate fino alla presentazione della dichiarazione di successione, si riferisce inequivocabilmente non solo alle passività non indicate nella denunzia, ma anche a quelle già indicate, la cui deduzione è quindi subordinata a prove predeterminate da produrre entro termini decadenziali, senza che assuma alcun rilievo la possibilità, prevista dall'art. 30, comma 5, d'invitare il contribuente ad integrare la dichiarazione, trattandosi di una mera facoltà dell'ufficio, il cui esercizio presuppone comunque l'esistenza di una semiplena probatio. In tema d'imposta di successione, ai fini della deducibilità di un debito del defunto derivante da un contratto di apertura di credito in conto corrente bancario, e consistente nel saldo passivo dovuto in tutto o in parte ad assegni emessi in data anteriore all'ultimo anno precedente l'apertura della successione, non può trovare applicazione il regime probatorio agevolato previsto dal terzo e dal comma 4 dell'art. 13 d.p.r. 26 ottobre 1972 n. 637 (poi riprodotto nell'art. 23 d.lg. 31 ottobre 1990 n. 346), ma quello previsto dal comma 1 della medesima disposizione, in virtù del quale il rapporto di apertura di credito in conto corrente deve risultare da un atto scritto avente data certa anteriore a quella di apertura della successione. In tema di imposta di successione, ai fini della deducibilità dei debiti sorti in data anteriore all'ultimo anno precedente l'apertura della successione e derivanti da scoperto di conto corrente bancario, può trovare applicazione il regime probatorio agevolato previsto per la deducibilità dei debiti bancari dall'art. 23, comma 2, d.lg. 31 ottobre 1990 n Pertanto è sufficiente la produzione, da parte degli eredi del contribuente, della documentazione bancaria ivi indicata senza che sia necessaria ulteriore documentazione risalente ad epoca anche molto remota. Infatti, la documentazione relativa ai movimenti di conto corrente dell'ultimo anno contiene necessariamente anche la indicazione del saldo (passivo) iniziale. In tema di imposta sulle successioni il termine di tre anni, concesso dall'art. 23 d.lg. 31 ottobre 1990 n. 346, per dedurre e dimostrare l'esistenza di passività non indicate nella dichiarazione, è di decadenza ed ha, pertanto, carattere perentorio. Cassazione civile, sez. trib., 14/06/2001, n In tema di imposta sulle successioni, il termine di tre anni, concesso dall'art. 23 d.lg. 31 ottobre 1990 n. 346 per dedurre e dimostrare l'esistenza di passività non indicate nella dichiarazione, ha carattere perentorio, in quanto costituisce un limite inderogabile al potere di deduzione e dimostrazione delle passività, al di fuori della regola generale per cui dette passività debbono essere dedotte e dimostrate fino alla presentazione della denuncia di successione. Cassazione civile, sez. trib., 14/06/2001, n È manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale degli art. 23 comma 4 d.lgs. n. 346 del 1990 e 16 comma 4 d.p.r. n. 637 del 1972, sollevata in riferimento agli art. 3, 24 e 53 cost., in 65

66 quanto le predette norme non limitano in alcun modo il diritto del chiamato all'eredità di documentare le passività che gravano sull'asse ereditario. Quest'ultimo, infatti, in seguito a un mutamento della devoluzione ereditaria, è tenuto alla presentazione di una dichiarazione di successione sostitutiva o integrativa, alla quale può allegare la documentazione comprovante eventuali passività ereditarie. Corte Costituzionale, 12/09/1995, n. 426 È infondata la questione di legittimità costituzionale degli art. 23 comma 4 d.l. 31 ottobre 1990 n. 346 e 16 comma 4, d.p.r. 26 ottobre 1972 n. 637, nella parte in cui stabiliscono - in materia di imposta di successione - che il termine di tre anni per la presentazione della documentazione delle passività deducibili, gravanti l'asse ereditario, decorre dall'apertura della successione anche nel caso in cui i soggetti obbligati alla presentazione della dichiarazione siano giuridicamente impossibilitati a ciò per essere stati chiamati all'eredità solo a seguito di procedura giudiziaria accertante la falsità di un atto testamentario, in riferimento agli art. 3, 24 e 53 cost. Corte Costituzionale, 12/09/1995, n. 426 Articolo 24 Spese mediche e spese funerarie 1. Le spese mediche e chirurgiche relative al defunto negli ultimi sei mesi di vita sostenute dagli eredi, comprese quelle per ricoveri, medicinali e protesi, sono deducibili a condizione che risultino da regolari quietanze, anche se di data anteriore all'apertura della successione. 2. Le spese funerarie risultanti da regolari quietanze sono deducibili in misura non superiore a lire due milioni. È manifestamente inammissibile, perché prospettata in maniera perplessa, la q.l.c. dell'art. 24 d.lg. 31 ottobre 1990 n. 346 (Approvazione del t.u. delle disposizioni concernenti l'imposta sulle successioni e donazioni), nella parte in cui prevede la deducibilità delle spese di ultima malattia sostenute dal coerede il quale abbia rinunciato all'eredità, sollevata con riferimento agli art. 3, 31 e 53 cost. Corte Costituzionale, 16/06/2000, n. 201 Articolo 25 Riduzioni dell'imposta 1. Se la successione è aperta entro cinque anni da altra successione o da una donazione avente per oggetto gli stessi beni e diritti, l'imposta è ridotta di un importo inversamente proporzionale al tempo trascorso, in ragione di un decimo per ogni anno o frazione di anno; se nella successione non sono compresi tutti i beni e diritti oggetto della precedente successione o donazione o sono compresi anche altri beni o diritti, la riduzione si applica sulla quota di imposta proporzionale al valore dei beni e dei diritti compresi in entrambe. 2. Se nell'attivo ereditario sono compresi beni immobili culturali di cui all'art. 13, non sottoposti anteriormente all'apertura della successione al vincolo previsto nell'art. 2 della legge 1 giugno 1939, n. 1089, l'imposta dovuta dall'erede o legatario al quale sono devoluti è ridotta dell'importo proporzionalmente corrispondente al cinquanta per cento del loro valore. L'erede o legatario deve presentare l'inventario dei beni per i quali ritiene spettante la riduzione, con la descrizione particolareggiata degli stessi e con ogni notizia idonea alla loro identificazione, al competente organo periferico del Ministero per i beni culturali e ambientali, il quale attesta per ogni singolo bene l'esistenza delle caratteristiche di cui alla legge 1 giugno 1939, n. 1089; l'attestazione deve essere allegata alla dichiarazione della successione. L'accertamento positivo delle caratteristiche di cui alla predetta legge comporta la sottoposizione dell'immobile al vincolo ivi previsto. Si applicano le disposizioni dell'art. 13, commi 3, 4 e Se nell'attivo ereditario sono compresi fondi rustici, incluse le costruzioni rurali, anche se non insistenti sul fondo, di cui all'art. 39 del testo unico delle imposte sui redditi approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, devoluti al coniuge, a 66

67 parenti in linea retta o a fratelli o sorelle del defunto, l'imposta dovuta dall'erede o legatario al quale sono devoluti è ridotta dell'importo proporzionalmente corrispondente al quaranta per cento della parte del loro valore complessivo non superiore a lire duecentomilioni. La riduzione compete a condizione che l'erede o legatario sia coltivatore diretto, che la devoluzione avvenga nell'ambito di una famiglia diretto-coltivatrice e che l'esistenza di questi requisiti risulti da attestazione dell'ufficio regionale competente allegata alla dichiarazione della successione. È diretto-coltivatrice la famiglia che si dedica direttamente e abitualmente alla coltivazione dei fondi e all'allevamento e governo del bestiame, sempreché la complessiva forza lavorativa del nucleo familiare non sia inferiore al terzo di quella occorrente per le normali necessità della coltivazione del fondo e dell'allevamento e del governo del bestiame; ai fini del calcolo della forza lavorativa il lavoro della donna è equiparato a quello dell'uomo. 4. Se nell'attivo ereditario sono compresi immobili o parti di immobili adibiti all'esercizio dell'impresa, devoluti al coniuge o a parenti in linea retta entro il terzo grado del defunto nell'ambito di una impresa artigiana familiare, come definita dalla L. 8 agosto 1985, n. 443, e dall'art. 230-bis del codice civile, l'imposta dovuta dall'erede o legatario al quale sono devoluti è ridotta dell'importo proporzionalmente corrispondente al quaranta per cento della parte del loro valore complessivo non superiore a lire duecentomilioni, a condizione che l'esistenza dell'impresa familiare artigiana risulti dall'atto pubblico o dalla scrittura privata autenticata di cui all'art. 5, comma 4, lettera a), del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n bis. Se nell'attivo ereditario sono compresi, purchè ubicati in comuni montani con meno di cinquemila abitanti o nelle frazioni con meno di mille abitanti anche se situate in comuni montani di maggiori dimensioni, aziende, quote di società di persone o beni strumentali di cui all'art. 40 del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, trasferiti al coniuge o al parente entro il terzo grado del defunto, l'imposta dovuta dal beneficiario è ridotta dell'importo proporzionale corrispondente al quaranta per cento della parte del loro valore complessivo, a condizione che gli aventi causa proseguano effettivamente l'attività imprenditoriale per un periodo non inferiore a cinque anni dalla data del trasferimento. Il beneficiario deve dimostrare detta condizione entro sessanta giorni dalla scadenza del suindicato termine mediante dichiarazione da presentare presso l'ufficio competente ove sono registrate la denuncia o l'atto; in mancanza di tale dimostrazione il beneficiario stesso è tenuto al pagamento dell'imposta in misura ordinaria con gli interessi di mora, decorrenti dalla data in cui l'imposta medesima avrebbe dovuto essere pagata. Per il pagamento dell'imposta di successione relativa all'ipotesi di cui al presente comma si applicano le disposizioni previste dall'art. 38 (1). 4-ter. Le agevolazioni di cui al comma 4-bis si applicano anche in caso di donazioni (2). (1) Comma aggiunto dall articolo 3, comma 28, della legge 23 dicembre 1996, n. 662 e successivamente modificato dall articolo 3, comma 11, del D.L. 31 dicembre 1996, n (2) Comma aggiunto dall articolo 69, comma 1, lettera l), della legge 21 novembre 2000, n Le disposizioni di cui al presente comma si applicano alle successioni per le quali il termine di presentazione delle relative dichiarazioni scade successivamente al 31 dicembre 2000 ed alle donazioni fatte a decorrere dal 1 gennaio L'art. 26, comma 1, lett. a, d.lg. 31 ottobre 1990 n. 346 (applicabile "ratione temporis", anteriormente all'abrogazione operata dall'art. 11 del d.l. n. 79 del 1997, conv. nella l. n. 140 del 1997), a norma del quale dall'imposta di successione va detratta l'in.v.im. liquidata in dipendenza dell'apertura della successione per ciascun immobile trasferito, fino a concorrenza della parte dell'imposta proporzionale al valore dell'immobile stesso, trova applicazione anche in riferimento all'in.v.im. versata per la cessione di beni e diritti alienati a titolo oneroso dal 67

68 "de cuius" negli ultimi sei mesi, da includersi nell'attivo ereditario ai sensi dell'art. 10, comma 1, d.lg. n. 346 del Cassazione civile, sez. trib., 09/08/2007, n In tema di imposta sulle successioni, l'art. 26, comma 1, lett. a), d.lg. 31 ottobre 1990 n. 346 (applicabile "ratione temporis", anteriormente all'abrogazione operata dall'art. 11 del d.l. n. 79 del 1997, convertito nella legge n. 140 del 1997), a norma del quale dall'imposta di successione va detratta l'in.v.im. liquidata in dipendenza dell'apertura della successione per ciascun immobile trasferito, fino a concorrenza della parte dell'imposta proporzionale al valore dell'immobile stesso, va interpretato nel senso che, in caso di successione in linea retta ed a favore del coniuge, l'importo dell'in.v.im. da detrarre è quello, ridotto al 50%, effettivamente dovuto dagli eredi per effetto della disposizione agevolativa di cui al comma 6 dell'art. 25 d.p.r. 26 ottobre 1972 n. 643 (comma aggiunto dall'art. 3 l. 22 dicembre 1975 n. 694). Tale disciplina non si pone in contrasto con gli art. 3 e 53 cost., atteso che, da un lato, attiene alla discrezionalità legislativa definire i meccanismi delle riduzioni fiscali e le modalità operative delle agevolazioni, e, dall'altro, l'astratta possibilità che l'erede non consegua alcun vantaggio in termini economici dalla riduzione dell'in.v.im. (nel caso in cui il tributo dovuto risulti inferiore all'imposta di successione) non comporta violazione del principio di eguaglianza, poiché configura un trattamento differenziato in relazione a circostanze di fatto diverse. Cassazione civile, sez. trib., 27/03/2003, n Articolo 26 Detrazione di altre imposte 1. Dall'imposta determinata a norma degli articoli precedenti si detraggono: le imposte pagate ad uno Stato estero, in dipendenza della stessa successione ed in relazione a beni esistenti in tale Stato, fino a concorrenza della parte dell'imposta di successione proporzionale al valore dei beni stessi, salva l'applicazione di trattati o accordi internazionali. In tema di imposta sulle successioni, l'art. 26, comma 1, lett. a, d.lg. 31 ottobre 1990 n. 346 (applicabile "ratione temporis", anteriormente all'abrogazione operata dall'art. 11 del d.l. n. 79 del 1997, conv. nella l. n. 140 del 1997), a norma del quale dall'imposta di successione va detratta l'in.v.im. liquidata in dipendenza dell'apertura della successione per ciascun immobile trasferito, fino a concorrenza della parte dell'imposta proporzionale al valore dell'immobile stesso, trova applicazione anche in riferimento all'in.v.im. versata per la cessione di beni e diritti alienati a titolo oneroso dal "de cuius" negli ultimi sei mesi, da includersi nell'attivo ereditario ai sensi dell'art. 10, comma 1, d.lg. n. 346 del Cassazione civile, sez. trib., 09/08/2007, n In tema di imposta sulle successioni, l'art. 26, comma 1, lett. a), d.lg. 31 ottobre 1990 n. 346 (applicabile "ratione temporis", anteriormente all'abrogazione operata dall'art. 11 del d.l. n. 79 del 1997, convertito nella legge n. 140 del 1997), a norma del quale dall'imposta di successione va detratta l'in.v.im. liquidata in dipendenza dell'apertura della successione per ciascun immobile trasferito, fino a concorrenza della parte dell'imposta proporzionale al valore dell'immobile stesso, va interpretato nel senso che, in caso di successione in linea retta ed a favore del coniuge, l'importo dell'in.v.im. da detrarre è quello, ridotto al 50%, effettivamente dovuto dagli eredi per effetto della disposizione agevolativa di cui al comma 6 dell'art. 25 d.p.r. 26 ottobre 1972 n. 643 (comma aggiunto dall'art. 3 l. 22 dicembre 1975 n. 694). Tale disciplina non si pone in contrasto con gli art. 3 e 53 cost., atteso che, da un lato, attiene alla discrezionalità legislativa definire i meccanismi delle riduzioni fiscali e le modalità operative delle agevolazioni, e, dall'altro, l'astratta possibilità che l'erede non consegua alcun vantaggio in termini economici dalla riduzione dell'in.v.im. (nel caso in cui il tributo dovuto risulti inferiore all'imposta di successione) non comporta violazione del principio di eguaglianza, poiché configura un trattamento differenziato in relazione a circostanze di fatto diverse. Cassazione civile, sez. trib., 27/03/2003, n

69 Articolo 27 Procedimento e termini 1. La successione deve essere dichiarata all'ufficio del registro, a norma degli articoli da 28 a 30, nel termine stabilito dall'art L'imposta è liquidata dall'ufficio in base alla dichiarazione della successione, a norma dell'art. 33, ed è nuovamente liquidata, a norma dello stesso articolo, in caso di successiva presentazione di dichiarazione sostitutiva o integrativa di cui all'art. 28, comma 6. La liquidazione deve essere notificata, mediante avviso, entro il termine di decadenza di tre anni dalla data di presentazione della dichiarazione della successione o della dichiarazione sostitutiva o integrativa. 3. Successivamente l'ufficio, se ritiene che la dichiarazione, o la dichiarazione sostitutiva o integrativa, sia incompleta o infedele ai sensi dell'art. 32, commi 2 e 3, procede alla rettifica e alla liquidazione della maggiore imposta a norma dell'art. 34. La rettifica deve essere notificata, mediante avviso, entro il termine di decadenza di due anni dal pagamento dell'imposta principale (2). 4. Se la dichiarazione della successione è stata omessa, l'imposta è accertata e liquidata d'ufficio a norma dell'articolo 35. Se è stata omessa la dichiarazione sostitutiva o la dichiarazione integrativa di cui all'art. 28, comma 6, si procede d'ufficio, rispettivamente, alla riliquidazione dell'imposta o alla liquidazione della maggiore imposta. L'avviso deve essere notificato entro il termine di decadenza di cinque anni dalla scadenza del termine per la presentazione della dichiarazione omessa. 5. Se nelle liquidazioni di cui ai commi 2, 3 e 4 vi sono stati errori od omissioni, l'ufficio può provvedere alla correzione e liquidare la maggiore imposta che ne risulta dovuta. Il relativo avviso deve essere notificato entro il termine di decadenza stabilito per la liquidazione alla quale si riferisce la correzione. 6. L'imposta è dovuta anche se la dichiarazione è presentata oltre il termine di decadenza stabilito nel comma 4; in questo caso le disposizioni dei commi 2, 3 e 5 si applicano con riferimento a tale dichiarazione. 7. È principale l'imposta liquidata in base alle dichiarazioni presentate, complementare l'imposta o maggiore imposta, liquidata in sede di accertamento d'ufficio o di rettifica, suppletiva quella liquidata per correggere errori od omissioni di una precedente liquidazione. La limitazione della responsabilità dell'erede per i debiti ereditari, derivante dall'accettazione dell'eredità con beneficio d'inventario, è opponibile a qualsiasi creditore, ivi compreso l'erario, che, di conseguenza, pur potendo procedere alla notifica dell'avviso di liquidazione nei confronti dell'erede, non può esigere l'imposta ipotecaria, catastale o di successione sino a quando non si sia chiusa la procedura di liquidazione dei debiti ereditari, e sempre che sussista un residuo attivo in favore dell'erede. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha cassato con rinvio la sentenza impugnata, che aveva escluso potesse essere prospettata la questione dell'accettazione con beneficio d'inventario con il ricorso avverso la cartella di pagamento, una volta divenuto definitivo per omessa impugnazione l'avviso di liquidazione). (Cassa con rinvio, Comm. Trib. Reg. Abruzzo, 03/10/2011). Cassazione civile, sez. VI, 15/07/2015, n L'imposta di successione è suscettibile di essere liquidata mediante uno specifico atto, costituito dall'avviso di liquidazione, assolvendo la cartella di pagamento alla sola funzione di mezzo di riscossione, sicché alla notifica di quest'ultima non si applica il termine decadenziale di cui all'art. 17, terzo comma, del d.p.r. 29 settembre 1973, n. 602, senza che ne derivi alcun sospetto di illegittimità costituzionale poiché è la stessa attività di liquidazione soggetta ad un termine di decadenza biennale ai sensi dell'art. 27 del d.lgs. 31 ottobre 1990, n. 346, così da escludere che il contribuente resti assoggettato all'azione amministrativa per un tempo indeterminato od eccessivo, mentre, quanto all'esercizio della successiva azione di riscossione, non viene in questione una pretesa liquidatoria ma un diritto di credito, soggetto, in quanto tale, all'ordinario termine decennale di prescrizione. (Cassa 69

70 con rinvio, Comm. Trib. Reg.della Puglia, sez. dist. di Taranto, 06/08/2009).Cassazione civile, sez. trib., 04/02/2015, n In tema di imposta di successione, il sistema delineato dal d.lg. 31 ottobre 1990 n. 346, art. 27 e 28, è nel senso di collegare l'insorgenza della obbligazione tributaria alla presentazione della denuncia di successione relativa a beni ereditari di cui il denunciante sostenga di essere divenuto titolare. Pertanto, il soggetto che presenta la denuncia, al fine di stabilire a proprio favore la continuità delle trascrizioni relative a beni immobili caduti in successione non ancora in essere per mancato adempimento nel passato all'onere dichiarativo, non rientra tra quelli obbligati ex lege a detta presentazione ai sensi dell'art. 28 d.lg. citato, ma il dato ai fini fiscali perde valore ove il soggetto si determini a presentare spontaneamente la dichiarazione onde perseguire in tale modo un effetto a sé favorevole, facendo valere ai fini della pubblicità legale un acquisto dei beni a titolo derivativo anziché originario; in tal caso, infatti, alla esibizione di tale titolo di acquisto consegue, quale effetto necessario, la sottoposizione al trattamento tributario previsto per tale forma di acquisizione del bene, cui consegue l'obbligo del pagamento della imposta di successione (nella specie, gli eredi avevano accettato l'eredità ad essi devoluta ma non avevano presentato dichiarazione di successione, e, alla loro morte, avevano istituito erede una Parrocchia che presentava dichiarazione relativa alla successione del primo disponente, al fine di ristabilire la continuità delle trascrizioni dei beni immobili caduti in successione: a seguito di ciò l'ufficio notificava alla Parrocchia avviso di liquidazione di imposta principale di successione con irrogazione di sanzioni). Cassazione civile, sez. trib., 18/02/2011, n In tema di imposta sulle successioni e/o sulle donazioni, qualora il contribuente, ai sensi dell'art. 34, comma 6, del d.lg. n. 346 del 1990, abbia manifestato la volontà di avvalersi del sistema di valutazione automatica in relazione ad immobili non ancora iscritti in catasto, il termine di 10 mesi dalla richiesta, entro il quale l'ufficio tecnico erariale (Ute, oggi Agenzia del territorio) deve provvedere alla trasmissione del certificato catastale attestante l'avvenuta iscrizione con attribuzione di rendita, non ha carattere perentorio ma ordinatorio, con la conseguenza che la sua inosservanza non comporta la decadenza dell'ufficio dal potere di determinare la rendita, senza che ciò esponga a conseguenze deteriori il contribuente, nei cui confronti, comunque, il potere di rettifica non può essere esercitato se non nei termini di decadenza indicati dal comma 3 dell'art. 27 del medesimo d.lg., e cioè entro due anni dal pagamento dell'imposta. Cassazione civile, sez. trib., 30/06/2010, n In tema di condono fiscale, non è ravvisabile "lite pendente", suscettibile di definizione a norma dell'art. 16, comma 3, l. 27 dicembre 2002 n. 289, quando l'atto impugnato si risolve in una mera liquidazione di imposta, secondo criteri predeterminati dalla legge ed attraverso semplici operazioni contabili, alla stregua di quanto dichiarato dallo stesso contribuente, come nel caso di avviso di liquidazione dell'imposta sulla base di dichiarazione di successione formalmente regolare proveniente dagli eredi (ancorché successivamente emendata per supposti errori di fatto e di diritto), in quanto in tali ipotesi non può parlarsi di atto impositivo né di importo, che formi oggetto di contestazione, al quale parametrare una somma da corrispondere per la chiusura della lite, atteso che la valutazione dell'asse viene necessariamente a corrispondere alla richiesta formulata dal soggetto obbligato al pagamento dell'imposta sui valori da lui stesso dichiarati, né può parlarsi di lite effettiva - e non meramente apparente - concernente, cioè, l'accertamento dell'esistenza e dell'entità dei presupposti per l'imposizione. Cassazione civile, sez. trib., 25/02/2010, n In tema di imposta di successione, l'art. 10 d.l. 20 giugno 1996 n. 323, convertito nella l. 8 agosto 1996 n. 425, che ha modificato l'art. 27, comma 3, d.lg. 31 ottobre 1990 n prevedendo la decorrenza del termine biennale per la rettifica della dichiarazione dal pagamento dell'imposta principale, anziché dalla notifica dell'avviso di liquidazione - ha natura mista: da un lato, disciplinando una modalità del potere di accertamento d'ufficio, è norma di azione a carattere processuale, con l'efficacia temporale derivante del principio tempus regit actum, cosicché ogni dilazione del termine iniziale si traduce in una proroga del termine decadenziale; dall'altro è norma di relazione, perché il risultato dell'esercizio del potere di accertamento deve essere portato a conoscenza del contribuente entro il termine fissato dalla norma, cosicché la proroga del termine inizialmente previsto è consentita solo se tale termine non è ancora scaduto. Ne consegue che le rettifiche delle dichiarazioni di successione presentate prima del 20 giugno 1996 debbono essere notificate, mediante avviso, entro il termine di due anni dal pagamento dell'imposta principale, purché non sia scaduto il termine biennale di decadenza decorrente dalla notificazione dell'avviso di liquidazione dell'imposta principale. Cassazione civile, sez. trib., 11/06/2009, n In tema di condono fiscale, esulano dal concetto normativo di lite pendente, e quindi dalla possibilità di definizione agevolata ai sensi dell art. 16 l. n. 289/2002, soltanto le controversie aventi a oggetto 70

71 provvedimenti di mera liquidazione del tributo, emanati senza il previo esercizio di un potere discrezionale o rettifica e senza applicazione di sanzioni. Rientra pertanto nell'ambito applicativo del beneficio l'impugnazione dell'avviso di liquidazione dell'imposta di successione, il quale comporta sempre una previa valutazione, da parte dell'ufficio finanziario, della congruità dei valori e dell effettiva esistenza delle passività dichiarate, dovendo esso ufficio, in caso di dichiarazione incompleta o infedele, procedere alla rettifica, ai sensi dell'art. 27 d.lg. 346/1990; ciò implica che, allorquando alla rettifica non si sia proceduto, non è affatto mancata la valutazione, ma questa è consistita nel giudicare congrui i valori dichiarati. L'avviso di liquidazione dell'imposta di successione è quindi compreso fra gli atti impositivi cui si riferisce l'art. 16 della legge di condono, contenendo necessariamente una valutazione di congruità, e non essendo finalizzato alla mera o automatica liquidazione e riscossione dell'imposta, in base a valori incontestati e a parametri prestabiliti. Cassazione civile, sez. trib., 20/05/2009, n In materia d'imposta di successione, l'erede che abbia accettato con beneficio d'inventario è, comunque, tenuto a corrispondere il tributo, ma in misura non superiore al valore dei beni a lui pervenuti, con la conseguenza che, ai fini della quantificazione del debito tributario, deve prima essere completata la procedura di formazione dell'inventario, con la definitività correlabile alla mancata opposizione, solo successivamente potendo quantificarsi l'imponibile e procedersi, quindi, alla liquidazione dell'imposta. Cassazione civile, sez. trib., 28/05/2008, n In tema di imposta sulle successioni, l'art. 10, comma 10, lett. a, del d.l n. 323, convertito con modificazioni dalla legge 1996 n. 425, il quale ha modificato l'art. 27, comma 3, d.lg. 31 ottobre 1990 n. 346, facendo decorrere dal pagamento dell'imposta principale, anziché dalla notifica dell'avviso di liquidazione, il termine biennale per la notifica dell'avviso di accertamento, trova applicazione non già dalla data di entrata in vigore della legge di conversione, ma da quella di entrata in vigore del decretolegge, trattandosi di modificazione prevista dal testo originario di quest'ultimo; concernendo l'esercizio del potere di rettifica, la nuova decorrenza risulta pertanto applicabile in tutti i casi in cui, alla data del 20 giugno 1996, l'esercizio di tale potere non fosse ancora precluso per effetto d'intervenuta decadenza. Cassazione civile, sez. trib., 14/03/2008, n In tema di imposta sulle successioni, secondo l'art. 7 del d.lg. n. 346 del 1990, presupposto dell'imposizione tributaria è la chiamata all'eredità e non già l'accettazione, per cui l'imposta è determinata considerando come eredi i chiamati che non provino di aver rinunciato all'eredità o di non avere titolo di erede legittimo o testamentario, in quanto altri è tale, non essendo del tutto applicabili i principi del codice civile che regolano l'acquisto della qualità di erede; se si realizza ex art. 467 c.c., come nella specie, il fenomeno giuridico della rappresentazione (per avere l'ascendente rinunziato al diritto di accettare l'eredità), il discendente subentra al suo genitore quale chiamato all'eredità del nonno, divenendo soggetto passivo della imposta di successione, essendo irrilevante che la predetta rinuncia sia stata impugnata dal curatore sul presupposto che sia stata resa da un soggetto dichiarato fallito, in quanto il regime delle limitate incapacità di cui all'art. 46 l. fall. non priva il fallito dell'esercizio di un siffatto diritto di natura strettamente personale; ne consegue la correttezza dell'avviso di liquidazione dell'imposta e dell'irrogazione delle sanzioni in dipendenza della denuncia di successione, poiché il rinunciante deve essere ritenuto dotato di piena capacità di agire. Cassazione civile, sez. trib., 10/03/2008, n La limitazione della responsabilità dell'erede per i debiti ereditari, derivante dall'accettazione dell'eredità con beneficio d'inventario, è opponibile a qualsiasi creditore, ivi compreso l'erario. Quest'ultimo, di conseguenza, pur potendo procedere alla notifica dell'avviso di liquidazione nei confronti dell'erede (anche nel caso in cui questi abbia rilasciato i beni ereditari in favore dei creditori), non può liquidare od esigere nei confronti dell'erede l'imposta ipotecaria, catastale o di successione sino a quando non si sia chiusa la procedura di liquidazione dei debiti ereditari, e sempre che sussista un residuo attivo in favore dell'erede. Cassazione civile, sez. trib., 21/02/2008, n In materia di imposta di successione, il disconoscimento di passività meramente indeducibili, ma esistenti, deve compiuto dall'amministrazione finanziaria, ai sensi dell'art. 33 comma 2, d.lg. n. 346 del 1990, nell'esercizio dei suoi poteri di liquidazione dell'imposta in base alla dichiarazione e non con lo strumento dell'avviso di rettifica e liquidazione di maggiore imposta, regolato dall'art. 34 del medesimo d.lg., per la diversa ipotesi di dichiarazione incompleta o infedele. Ne deriva che il termine per la notifica dell'atto impositivo teso al recupero di passività indeducibili ma esistenti è quello di tre anni dalla data di presentazione delle dichiarazione, previsto dall'art. 27, comma 2, d.lg. n. 346 del 1990 e non quello di due anni dal pagamento dell'imposta principale, previsto dal comma 3 del medesimo art. 71

72 27, per la rettifica e liquidazione di maggior imposta in ipotesi di dichiarazione infedele o incompleta. Cassazione civile, sez. trib., 26/11/2007, n In tema di condono fiscale, esulano dal concetto normativo di lite pendente, e quindi dalla possibilità di definizione agevolata ai sensi dall'art. 16 l. 27 dicembre 2002 n. 289, soltanto le controversie aventi ad oggetto provvedimenti di mera liquidazione del tributo, emanati senza il previo esercizio di un potere discrezionale dell'amministrazione, cioè senza accertamento o rettifica e senza applicazione di sanzioni. Rientra pertanto nell'ambito applicativo del beneficio l'impugnazione dell'avviso di liquidazione dell'imposta di successione, il quale comporta sempre una previa valutazione, da parte dell'ufficio finanziario, della congruità dei valori e dell'effettiva esistenza delle passività dichiarate, dovendo esso ufficio, in caso di dichiarazione incompleta o infedele, procedere alla rettifica, ai sensi dell'art. 27, comma 3, d.lg. 31 ottobre 1990 n. 346; ciò implica che, allorquando alla rettifica non si sia proceduto, non è affatto mancata la valutazione, ma questa è consistita nel giudicare congrui i valori dichiarati. L'avviso di liquidazione dell'imposta di successione è quindi compreso fra gli atti impositivi cui si riferisce l'art. 16 della legge di condono, contenendo necessariamente una valutazione di congruità, e non essendo finalizzato alla mera o automatica liquidazione e riscossione dell'imposta, in base a valori incontestati ed a parametri prestabiliti. Cassazione civile, sez. trib., 30/08/2006, n In tema di imposta sulle successioni, nell'ipotesi in cui il contribuente abbia chiesto, ai sensi dell'art. 34, comma 6, d.lg. 31 ottobre 1990 n. 346, in relazione ad un fabbricato non ancora iscritto in catasto con attribuzione di rendita, di avvalersi del criterio automatico di valutazione, e l'imposta sia stata liquidata in base al valore indicato nella dichiarazione di successione, qualora tale valore risulti inferiore a cento volte la rendita attribuita e debitamente aggiornata, l'ufficio del registro liquida la maggiore imposta corrispondente alla differenza, che ha pertanto natura complementare, nel termine di decadenza di cui al comma 3 del precedente art. 27, vale a dire nel termine di due anni dalla notificazione della liquidazione effettuata in base alla dichiarazione. Cassazione civile, sez. trib., 26/07/2006, n In tema di imposta comunale sull'incremento di valore degli immobili (Invim) e di condono fiscale, qualora la riscossione dell'imposta complementare avvenga secondo la regola stabilita - in tema di riscossione in pendenza di giudizio - dall'art. 40, comma 2, d.lg. 31 ottobre 1990 n. 346, il contribuente, ai fini della definizione, ai sensi dell'art. 2 quinquies, comma 6, d.l. 30 settembre 1994 n. 564 (convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1 l. 30 novembre 1994 n. 656) della lite pendente sull'imposta complementare da lui dovuta a seguito di accertamento di maggior valore, non può detrarre quanto già spontaneamente corrisposto per imposta principale (salvo erronee eccedenze di versamento a tale riguardo). Cassazione civile, sez. trib., 14/12/2005, n In tema di imposta sulle successioni, il potere dell'ufficio di rettificare la dichiarazione del contribuente, ritenuta incompleta o infedele, con conseguente liquidazione della maggiore imposta, va esercitato, ai sensi dell'art. 27, comma 3, d.lg. 31 ottobre 1990 n. 346, entro il termine complessivo di cinque anni dalla presentazione della dichiarazione, senza che il mancato esercizio, entro il primo triennio (termine stabilito dal comma 2 del citato art. 27), del potere di liquidazione formale dell'imposta in base alla dichiarazione possa ritenersi preclusivo dell'esercizio del potere di rettifica sostanziale nel successivo biennio. Cassazione civile, sez. trib., 04/11/2003, n In caso di presentazione di diverse dichiarazioni integrative, presentate in tempi diversi, il termine decadenziale per la notifica dell'avviso di liquidazione, di cui all'art. 27 comma 2 d.lg. 30 ottobre 1990 n. 346, decorre dalla data di presentazione dell'ultima dichiarazione. Comm. trib. prov.le Roma, sez. LVI, 15/05/2003, n In tema di imposta di successione, l'obbligo della motivazione dell'avviso di accertamento di maggior valore - la cui inosservanza, anche in difetto di espressa comminatoria, è causa di nullità dell'atto, con il consequenziale dovere del giudice tributario, davanti al quale sia impugnato, di dichiararne l'invalidità, astenendosi dall'esame sul merito del rapporto - mira a delimitare l'ambito delle ragioni adducibili dall'ufficio nell'eventuale successiva fase contenziosa, ed altresì a consentire al contribuente l'esercizio del diritto di difesa. è, pertanto, necessario, a tal fine, che l'avviso di accertamento in rettifica dei valori dichiarati dal contribuente, contenga gli elementi essenziali (come, nella specie, l'indicazione delle aliquote applicate per il calcolo della maggiore imposta) per renderlo idoneo a svolgere la funzione cui è destinato. Cassazione civile, sez. trib., 20/02/2003, n In tema di imposta sulle successioni, la sospensione, disposta dall'art. 57 l. 30 dicembre 1991 n. 413 (mediante il richiamo ai tributi di cui al comma 1 del precedente art. 53), del termine biennale di decadenza per l'accertamento, fissato dall'art. 27, comma 3, d.lg. 31 ottobre 1990 n. 346, trova 72

73 applicazione anche nel caso l'avviso di rettifica riguardi un atto escluso "ratione temporis" dal condono, in quanto posteriore al 31 marzo Cassazione civile, sez. trib., 26/08/2002, n Per le successioni aperte anteriormente alla l. n. 425 del 1996, che ha convertito, con modificazioni il d.l. n. 323 del 1996, il contribuente, ritenuta "sostanziale" la natura della norma contenuta all'art. 10 d.l. n. 323 del 1996 con la sua conseguente irretroattività, ha diritto a che la rettifica, ove ne sussistano i presupposti, sia eseguita nei tempi e nei modi vigenti all'origine e non già in quelli novellati dalla predetta legge. Sicché, malgrado al momento dell'entrata in vigore della norma modificatrice (20 giugno 1996) non fosse ancora stato notificato l'avviso di liquidazione per l'imposta principale, la rettifica andava notificata entro due anni dalla notifica del precedente avviso e non entro due anni dal pagamento dell'imposta principale. Comm. trib. prov.le Pisa, sez. VI, 05/01/2000, n La dichiarazione sostitutiva, per ritenersi unica, valida ed efficace deve essere presentata entro i sei mesi dall'apertura della successione come risulta dal combinato disposto degli art. 27 comma 1 e 31 comma 1 d.lg. n. 346 del 1990; anche se la dichiarazione dovesse considerarsi "modificativa" della prima per effetto dell'avvenuta variazione di valore di alcuni immobili, il termine di sei mesi andrebbe comunque rispettato. Articolo 28 Dichiarazione della successione. 1. La dichiarazione della successione deve essere presentata all'ufficio del registro competente, che ne rilascia ricevuta; può essere spedita per raccomandata e si considera presentata, in tal caso, nel giorno in cui è consegnata all'ufficio postale, che appone su di essa o sul relativo involucro il timbro a calendario. 2. Sono obbligati a presentare la dichiarazione: i chiamati all'eredità e i legatari, anche nel caso di apertura della successione per dichiarazione di morte presunta, ovvero i loro rappresentanti legali; gli immessi nel possesso temporaneo dei beni dell'assente; gli amministratori dell'eredità e i curatori delle eredità giacenti; gli esecutori testamentari. 3. La dichiarazione della successione deve, a pena di nullità, essere redatta su stampato fornito dall'ufficio del registro o conforme al modello approvato con decreto del Ministro delle finanze pubblicato nella Gazzetta Ufficiale, e deve essere sottoscritta da almeno uno degli obbligati o da un suo rappresentante negoziale (2). 4. Se più soggetti sono obbligati alla stessa dichiarazione questa non si considera omessa se presentata da uno solo. 5. I chiamati all'eredità e i legatari sono esonerati dall'obbligo della dichiarazione se, anteriormente alla scadenza del termine stabilito nell'art. 31, hanno rinunziato all'eredità o al legato o, non essendo nel possesso di beni ereditari, hanno chiesto la nomina di un curatore dell'eredità a norma dell'art. 528, primo comma, del codice civile, e ne hanno informato per raccomandata l'ufficio del registro, allegando copia autentica della dichiarazione di rinunzia all'eredità o copia dell'istanza di nomina autenticata dal cancelliere della pretura. 6. Se dopo la presentazione della dichiarazione della successione sopravviene un evento, diverso da quelli indicati all'art. 13, comma 4, e dall'erogazione di rimborsi fiscali che dà luogo a mutamento della devoluzione dell'eredità o del legato ovvero ad applicazione dell'imposta in misura superiore, i soggetti obbligati, anche se per effetto di tale evento, devono presentare dichiarazione sostitutiva o integrativa. Si applicano le disposizioni dei commi 1, 3 e 8 (3). 7. Non vi è obbligo di dichiarazione se l'eredità è devoluta al coniuge e ai parenti in linea retta del defunto e l'attivo ereditario ha un valore non superiore a euro centomila e non comprende beni immobili o diritti reali immobiliari, salvo che per effetto di sopravvenienze ereditarie queste condizioni vengano a mancare (4). 8. La dichiarazione nulla si considera omessa. In tema di imposta sulle successioni, l'esercizio della facoltà riconosciuta al contribuente di ritrattare o modificare la dichiarazione di successione, anche dopo la scadenza del termine previsto dall'art

74 d.lg. 31 ottobre 1990 n. 346, produce effetti diversi a seconda che la modifica abbia luogo prima della notificazione di un eventuale avviso di liquidazione di maggiore imposta, o successivamente alla stessa. In tale ultima ipotesi, pur non potendo considerarsi precluso l'esercizio del potere di correzione, la modifica opera soltanto in sede contenziosa, con conseguente onere a carico del contribuente di dimostrare la correttezza della correzione proposta; nell'altro caso, invece, l'ufficio è obbligato a tenere conto delle risultanze della correzione, fermo restando l'esercizio dei suoi poteri di emenda dei valori dichiarati. Cassazione civile, sez. trib., 23/03/2011, n In tema di imposta sulle successioni, al fine di valutare gli effetti di un evento che dia luogo a mutamento della devoluzione dell'eredità, bisogna distinguere a seconda che lo stesso intervenga prima o dopo la presentazione della dichiarazione di successione; nella prima ipotesi, ai sensi dell'art. 31, comma 2, lett. e, d.lg. 31 ottobre 1990 n. 346, si sposta la decorrenza del termine per la presentazione della detta dichiarazione al momento del verificarsi dell'evento medesimo, nel secondo caso, l'evento in questione, invece, ai sensi dell'art. 28, comma 6, del medesimo d.lg., rappresenta soltanto il dies a quo per la presentazione di una dichiarazione sostitutiva od integrativa. (In applicazione del principio, la S.C. ha ritenuto che in un caso di successione testamentaria, essendo stato riconosciuto, con atto di transazione intervenuto prima del deposito della dichiarazione di successione, il ruolo di coeredi a legittimari pretermessi, era da tale atto che andava computato il termine per la presentazione della dichiarazione medesima). (1) Questione nuova, sulla quale non si rinvengono precedenti in termini. Per utili riferimenti, richiamata in motivazione, nella pronunzia in rassegna, nel senso che le modifiche al d. lgs. 31 ottobre 1990 n. 346 introdotte dall'art. 69 l. 21 novembre 2000 n. 342, trovano applicazione, ai sensi del comma quindicesimo di tale disposizione, a tutte le successioni per le quali il termine di presentazione della relativa dichiarazione sia scaduto successivamente al 31 dicembre 2000, senza che sia possibile distinguere a seconda che entro il predetto termine dovesse essere presentata la dichiarazione originaria ovvero quella sostitutiva o integrativa, atteso che l'art. 31 d. lgs. n. 346, cit. stabilisce per la presentazione della dichiarazione un termine unico, avente però decorrenze differenziate in relazione ai casi previsti rispettivamente dai commi 1 e 2, Cass. 22 gennaio 2007 n. 1301: nella specie, successivamente alla presentazione della dichiarazione di successione da parte di un soggetto, era stato pubblicato un testamento olografo con cui il de cuius aveva nominato suo erede universale un altro soggetto: in applicazione del predetto principio, la Suprema Corte ha confermato la sentenza impugnata, la quale, avendo accertato che il termine per la presentazione della dichiarazione integrativa, decorrente dalla data indicata dall'art. 31, comma 2, lett. e, d. lgs. n. 346, cit., era scaduto successivamente alla data indicata dall'art. 69, comma 15, cit., aveva affermato l'applicabilità della disciplina più favorevole prevista da quest'ultima disposizione. In generale, quanto al termine per la presentazione della dichiarazione di successione, si è precisato, in giurisprudenza, che il termine decorre: nel caso in cui il chiamato all'eredità sia un minorenne in base alla lettura coordinata dell'art. 31, comma 2, lett. d, d. lgs. n. 346, cit. (nel testo ratione temporis vigente) e degli art. 484, 485 e 489 c.c. dalla scadenza del termine ultimo per la redazione dell'inventario e, quindi, decorso un anno dal compimento della maggiore età, senza che abbia rilievo alcuno la circostanza che il minorenne, all'apertura della successione, si trovi o meno nel possesso dei beni ereditari, Cass. 4 marzo 2011 n (per il rilievo, peraltro, che, ove il legale rappresentante del minore chiamato abbia omesso il predetto adempimento, protraendo tale mancanza anche oltre il termine fissato in via ordinaria per la redazione dell'inventario, ciò non pregiudica per il minore, fino al primo anno dal compimento della maggiore età, né il diritto di accettare con beneficio d'inventario né il diritto di evitare la decadenza dal beneficio né infine la facoltà di rinunziare all'eredità, Cass. 24 ottobre 2008 n ); nel caso in cui il chiamato all'eredità accetti con beneficio di inventario, in mancanza di un'apposita disciplina e sulla base di un'interpretazione sistematica volta ad assicurare il coordinamento tra l'art. 31, comma 2, lett. d, d. lgs. n. 346, cit. (nel testo ratione temporis vigente) e la disciplina civilistica (art. 484 ss. c.c.) dalla scadenza del termine ultimo, comprensivo delle eventuali proroghe, per la redazione dell'inventario, in modo da consentire al chiamato di effettuare una precisa e non affrettata dichiarazione dei beni ereditari Cass. 9 giugno 2010 n , che, in applicazione di tale principio, ha confermato la sentenza impugnata che, in un caso in cui gli eredi accettanti con beneficio di inventario avevano prima richiesto al tribunale la nomina di un notaio per la redazione dell'inventario e 74

75 successivamente avevano ottenuto una proroga di tre mesi ex art. 485 c.c., aveva ritenuto che i termini per la denuncia di successione decorressero dal momento in cui era scaduta la proroga. Per il rilievo, ancora, che la presentazione dell'inventario prescritto dall'art. 9, comma 2, d. lgs. n. 346, cit., oltre il termine fissato dall'art. 31 d. lgs. n. 346, cit., non inficia la sua valenza probatoria atteso che il termine di sei mesi dalla data di apertura della successione per presentare la dichiarazione di successione e gli allegati, non è previsto espressamente dalla legge come perentorio, né può ritenersi tale, non essendo sanzionata specificamente la sua inosservanza, ma solo l'omissione della dichiarazione, ed essendo, anzi, previsto dall'art. 33 d. lgs. n. 346, cit. che essa possa essere presentata anche dopo la scadenza del termine, purché prima della notifica dell'accertamento d'ufficio; è, quindi, consentita la regolarizzazione della dichiarazione, se questa sia stata presentata prima dell'accertamento, anche se la documentazione non sia stata interamente prodotta, ma sia stata richiesta, entro la stessa data, Cass. 24 febbraio 2009 n Quanto alla violazione dell'art. 31 d. lgs. n. 346, cit., a norma del quale la denuncia di successione deve essere presentata entro sei mesi dalla data di apertura della successione, nel senso che la stessa non è più sanzionata specificamente, a meno che non trasmodi in vera e propria omissione, la quale, come si evince dall'art. 33, comma 1, d. lgs. n. 346, cit. si verifica allorché, scaduto il termine, l'accertamento d'ufficio preceda la dichiarazione del contribuente: l'art. 50 d. lgs. n. 346, cit., come sostituito dall'art. 2, comma 1, lett. d, d. lgs. 18 dicembre 1997 n. 473, a far data dal 1º aprile 1998, si limita infatti a sanzionare l'omissione della denunzia, mentre l'art. 52 si riferisce al solo pagamento dell'imposta oltre il termine a tal fine stabilito dall'art. 37. Poiché, inoltre, ai sensi dell'art. 3 d. lgs. 18 dicembre 1997 n. 472, applicabile anche ai giudizi in corso alla data del 1º aprile 1998, nessuno può essere assoggettato a sanzioni per un fatto che, secondo una legge posteriore, non costituisce violazione punibile, la nuova disciplina sanzionatoria può essere utilmente invocata anche in riferimento alle violazioni commesse anteriormente alla predetta data, Cass. 17 maggio 2006 n (in Foro it., 2007, I, 1256; in Dir. prat. trib., 2007, II, 989, con nota di BATISTONI FERRARA, Sanzione per omessa dichiarazione di successione e principio del favor rei). Sempre sulla questione specifica, Cass. 5 maggio 2006 n , secondo cui il termine di sei mesi dall'apertura della successione, stabilito dall'art. 31 d. lgs. n. 346, cit. per la presentazione della denuncia di successione, non ha carattere perentorio, non essendo espressamente qualificato come tale dalla legge, la quale non sanziona specificamente la sua inosservanza, ma solo l'omissione della dichiarazione, prevedendo anzi espressamente che essa possa essere presentata anche dopo la scadenza del termine, purché prima della notifica dell'accertamento d'ufficio, e disponendo che in tal caso l'ufficio tenga conto delle dichiarazioni integrative o modificative tardivamente presentate. Sulla facoltà. riconosciuta al contribuente di ritrattare o modificare la dichiarazione di successione, anche dopo la scadenza del termine previsto dall'art. 31 d. lgs. n. 346, cit., si è precisato, da ultimo: l'esercizio della facoltà in questione produce effetti diversi a seconda che la modifica abbia luogo prima della notificazione di un eventuale avviso di liquidazione di maggiore imposta, o successivamente alla stessa. In tale ultima ipotesi, pur non potendo considerarsi precluso l'esercizio del potere di correzione, la modifica opera soltanto in sede contenziosa, con conseguente onere a carico del contribuente di dimostrare la correttezza della correzione proposta; nell'altro caso, invece, l'ufficio è obbligato a tenere conto delle risultanze della correzione, fermo restando l'esercizio dei suoi poteri di emenda dei valori dichiarati, Cass. 23 marzo 2011 n. 6609, nonché Cass. 5 ottobre 2007 n ; il contribuente che nel dichiarare il valore di un bene ereditario abbia commesso un errore (consistente, nella specie, nell'avere ignorato che i fabbricati di natura rurale sono esentati da valutazione autonoma, rispetto al terreno su cui insistono) può legittimamente chiedere il rimborso dell'eccedenza d'imposta cui lo stesso abbia dato luogo, essendo gli errori del contribuente emendabili, sia in virtù di un principio generale del sistema tributario, secondo cui la dichiarazione non assume valore confessorio e non costituisce fonte dell'obbligazione tributaria, sia alla luce dei principi costituzionali di capacità contributiva e di buona amministrazione, nonché del principio della collaborazione e della buona fede, che deve improntare i rapporti tra l'amministrazione finanziaria e il contribuente. A tale correzione non osta né l'intervenuta scadenza del termine per la presentazione della denunzia di successione, non avendo detto termine natura decadenziale e non vertendosi nella fattispecie di cui all'art. 31, comma 3, d. lgs. n. 346, cit., che concerne le modifiche da apportare agli elementi oggettivi e soggettivi della dichiarazione, né la circostanza che l'amministrazione abbia provveduto alla liquidazione dell'imposta, mediante avviso non impugnato dal contribuente, il quale vi abbia anzi dato esecuzione, concordando una dilazione e pagando la prima rata, Cass. 25 febbraio 2008 n

76 Sempre nel senso che la facoltà di ritrattare e modificare la dichiarazione può essere esercitata dal contribuente anche dopo la scadenza del termine di cui all'art. 31 d. lgs. n. 346, cit., salva l'applicazione delle sanzioni di cui agli art. 50 ss., sia prima della notificazione dell'avviso di liquidazione della maggiore imposta sia successivamente a essa, in sede contenziosa, ancorché con differenti effetti sul piano della distribuzione dell'onere della prova e che non è nemmeno precluso al contribuente correggere la dichiarazione al fine di adeguarla ai criteri legali di valutazione c.d. «automatica» ex art. 34, comma 5 ss., d. lgs. n. 346, cit., tra le altre, Cass. 26 ottobre 2007 n , in Guida al diritto, 2008, n. 4, p. 77. (1) Non si rinvengono precedenti in termini. In tema di imposte di successione, il soggetto che dopo aver ricevuto in eredità un bene immobile da persona che lo aveva a sua volta ereditato, senza mai presentare la relativa denuncia di successione, presenti tale denuncia al fine di stabilire in proprio favore la continuità delle trascrizioni relative al bene stesso, è obbligato al pagamento dell'imposta di successione in quanto, pur non rientrando tra i soggetti obbligati ex lege alla presentazione, ai sensi dell'art. 28 del d.lg. n. 346 del 1990, attraverso la denuncia medesima, persegue un effetto a sé favorevole, stabilendo a proprio favore la continuità delle trascrizioni e facendo, quindi, valere ai fini della pubblicità legale un acquisto del bene a titolo derivativo anziché originario. Cassazione civile, sez. trib., 18/02/2011, n Costituisce principio generale l'equipollenza della spedizione postale alla presentazione diretta alla p.a.: di conseguenza, in mancanza di una regola diversa fissata nella "lex specialis" del procedimento amministrativo, il termine finale per la presentazione della domanda del privato alla p.a. deve considerarsi osservato ove tale domanda sia inoltrata in tempo utile a mezzo raccomandata, rilevando in tal caso la data di spedizione e non quella di ricezione da parte della destinataria. Consiglio di Stato, sez. V, 14/09/2010, n In tema di imposte di successione, il curatore dell'eredità giacente, in quanto soggetto obbligato, ai sensi dell'art. 28, comma 2, del d.lg. n. 346 del 1990, alla presentazione della dichiarazione di successione, è tenuto, ai sensi dell'art. 36, commi 3 e 4 del d.lg. n. 346 del 1990, al pagamento del relativo tributo, nei limiti del valore dei beni ereditari in suo possesso. Cassazione civile, sez. trib., 15/07/2009, n L'obbligo di depositare la dichiarazione di raccolta delle uve - previsto dall'art. 4, comma 12, d.l. 7 settembre 1987 n. 370 pena una sanzione amministrativa pecuniaria - può essere adempiuto anche attraverso la spedizione a mezzo raccomandata con ricevuta di ritorno entro il termine indicato. Costituisce, infatti, principio generale desumibile da diverse disposizioni di legge - ed in particolare dall'art. 2 d.p.r. 28 dicembre 1970 n in materia di concorsi ed esami, dall'art. 12, comma 2, d.p.r. 29 settembre 1973 n. 600, in tema di presentazione della dichiarazione dei redditi, dall'art. 37, comma 3, 26 ottobre 1972 n. 633, in materia di dichiarazioni Iva, dall'art. 28, comma 1, d.lg. 31 ottobre 1990 n. 346 in materia di imposte sulle successioni e donazioni - che, ove, non sia diversamente disposto o si frappongano ragioni oggettivamente rilevanti vi è equipollenza tra spedizione e presentazione di ogni istanza, domanda o dichiarazione rivolta dal privato alla P.A. Ne deriva che i termini stabiliti per la presentazione sono osservati in caso di spedizione, in tempo utile, della raccomandata con avviso di ricevimento. Tale principio è applicabile all'ipotesi in esame sia perché nessuna disposizione del Reg. Cee n del 1987 esclude la possibilità dell'invio della dichiarazione a mezzo posta sia perché la necessità che la dichiarazione giunga entro il 10 dicembre non trova ulteriori termini di decadenza nel prosieguo del procedimento. Cassazione civile, sez. II, 05/05/2008, n In tema di imposta di successione, qualora, dopo la presentazione della relativa dichiarazione sopravvenga un evento che dà luogo ad un mutamento della devoluzione dell'eredità, ed il contribuente non si avvalga del potere di presentare una dichiarazione sostitutiva o integrativa, ai sensi dell'art. 28, comma 6, d.lg. 31 ottobre 1990 n. 326, l'ufficio rimane vincolato dalla legge a liquidare l'imposta in base alla sua unica dichiarazione originaria non sostituita né integrata. Cassazione civile, sez. trib., 28/03/2008, n In tema di imposta di successione, il contribuente che nel dichiarare il valore di un bene ereditario abbia commesso un errore (consistente, nella specie, nell'avere ignorato che i fabbricati di natura rurale sono esentati da valutazione autonoma, rispetto al terreno su cui insistono) può legittimamente chiedere il rimborso dell'eccedenza d'imposta cui lo stesso abbia dato luogo, essendo gli errori del contribuente 76

77 emendabili, sia in virtù di un principio generale del sistema tributario, secondo cui la dichiarazione non assume valore confessorio e non costituisce fonte dell'obbligazione tributaria, sia alla luce dei principi costituzionali di capacità contributiva e di buona amministrazione, nonché del principio della collaborazione e della buona fede, che deve improntare i rapporti tra l'amministrazione finanziaria ed il contribuente. A tale correzione non osta né l'intervenuta scadenza del termine per la presentazione della denunzia di successione, non avendo detto termine natura decadenziale e non vertendosi nella fattispecie di cui all'art. 31, comma 3, d.lg. 31 ottobre 1990 n. 346, che concerne le modifiche da apportare agli elementi oggettivi e soggettivi della dichiarazione, né la circostanza che l'amministrazione abbia provveduto alla liquidazione dell'imposta, mediante avviso non impugnato dal contribuente, il quale vi abbia anzi dato esecuzione, concordando una dilazione e pagando la prima rata. Nel giudizio avente ad oggetto l'impugnazione di un avviso di liquidazione dell'imposta di successione, è inammissibile, se sollevata per la prima volta in appello, la questione relativa all'invalidità del testamento per preterizione di un legittimario, non essendo consentito al giudice tributario rilevare d'ufficio la nullità del testamento, né la lesione delle quote di riserva spettanti ai legittimari, in quanto tali questioni non attengono ad elementi costitutivi della domanda, entro i cui limiti il giudice è tenuto a pronunciarsi. Cassazione civile, sez. trib., 25/02/2008, n In tema di imposta di successione, la relativa denunzia, configurandosi come dichiarazione di scienza attinente ad un rapporto di diritto pubblico, non può essere sottoposta a condizione sospensiva, essendo quest'ultima un elemento accidentale opponibile alle dichiarazioni di volontà di diritto privato. Pertanto, la pendenza della procedura di revisione degli estimi catastali - disposta con decreti ministeriali dichiarati illegittimi dal g.a. e poi trasfusi in una serie di d.l., decaduti e reiterati, i cui effetti sono stati fatti salvi dalla l. 24 marzo 1993 n non consente al dichiarante di indicare per ciascuno degli immobili ereditati due valori, uno calcolato secondo gli estimi catastali vecchi e l'altro secondo gli estimi catastali nuovi, subordinatamente alla condizione che i predetti decreti ministeriali siano dichiarati illegittimi, in quanto la disciplina legale impone di attenersi agli estimi catastali vigenti, ferma restando la possibilità di chiedere il rimborso di quanto non dovuto. Cassazione civile, sez. trib., 26/10/2007, n In tema di imposta sulle successioni, le modifiche al d.lg. 31 ottobre 1990 n. 346 introdotte dall'art. 69 l. 21 novembre 2000 n. 342, trovano applicazione, ai sensi del comma 15 di tale disposizione, a tutte le successioni per le quali il termine di presentazione della relativa dichiarazione sia scaduto successivamente al 31 dicembre 2000, senza che sia possibile distinguere a seconda che entro il predetto termine dovesse essere presentata la dichiarazione originaria ovvero quella sostitutiva o integrativa: l'art. 31 del d.lg. n. 346 cit. stabilisce infatti per la presentazione della dichiarazione un termine unico, avente però decorrenze differenziate in relazione ai casi previsti rispettivamente dai commi primo e secondo. (Nel caso di specie, successivamente alla presentazione della dichiarazione di successione da parte di un soggetto, era stato pubblicato un testamento olografo con cui il "de cuius" aveva nominato suo erede universale un altro soggetto: in applicazione del predetto principio, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata, la quale, avendo accertato che il termine per la presentazione della dichiarazione integrativa, decorrente dalla data indicata dall'art. 31, comma 2, lett. e, del d.lg. n. 346, era scaduto successivamente alla data indicata dall'art. 69, comma 15, cit., aveva affermato l'applicabilità della disciplina più favorevole prevista da quest'ultima disposizione). Cassazione civile, sez. trib., 22/01/2007, n In tema di imposta di successione, nel caso di impugnazione del testamento (proposta, nella specie, dal pretendente la successione legittima nei confronti dell'erede testamentario), non è consentito all'ufficio finanziario di riscuotere due volte (neppure, la seconda volta, a scopo "cautelativo") l'imposta sullo stesso asse ereditario, atteso che l'art. 43 d.lg. 31 ottobre 1990 n. 346, stabilisce che l'esito del giudizio sull'impugnazione del testamento, qualora determini il mutamento della devoluzione ereditaria, produce, a seconda dei casi, l'obbligo di presentare dichiarazioni sostitutive o integrative (art. 28, comma 6, dello stesso t.u.), ovvero, al contrario, il diritto al rimborso (art. 42, comma 1, lett. e). Cassazione civile, sez. trib., 06/02/2006, n In tema di successione "mortis causa", il r.d. 30 dicembre 1923 n. 3270, applicabile "ratione temporis", perché vigente all'epoca dell'apertura della successione "de qua", pur non contenendo una disposizione di tenore identico a quella di cui agli art. 36, ultimo comma, d.p.r. 26 ottobre 1972 n. 637, e 28, comma 4, d.lg. 31 ottobre 1990 n. 346, riguardante la distribuzione dell'obbligo della dichiarazione di successione fra una pluralità di soggetti, consente - sulla base dell'art di ritenere - al pari di quelle successive previsioni legislative - che, in caso di eredità giacente, la dichiarazione di successione da 77

78 parte dell'erede non può considerarsi omessa quando un altro dei soggetti elencati in tale disposizione come disgiuntamente obbligato, con quello, alla presentazione (nella specie, il curatore dell'eredità giacente), l'abbia presentata; ciò, tanto più tenuto conto che la dichiarazione di successione a fini fiscali, presentata nel periodo di giacenza dell'eredità, ha natura conservativa ed è, pertanto, ai sensi dell'art. 460, comma 3, c.c., inibita al chiamato. Ne consegue che, cessata la giacenza dell'eredità, l'erede non ha un nuovo obbligo di presentazione della denuncia di successione e - di conseguenza - il potere dell'amministrazione finanziaria ad esercitare la propria pretesa fiscale non è quello ventennale, di cui all'art. 86, n. 3, del r.d. n del 1923, applicabile in caso di omessa presentazione della denuncia, ma quello triennale, di cui all'art. 86 n. 3, dello stesso r.d. n. 3270, decorrente dalla data di presentazione della dichiarazione (nella specie, effettuata dal curatore). Cassazione civile, sez. trib., 12/05/2003, n In materia tributaria la dichiarazione del contribuente concernente l'ammontare di un reddito o il valore di un bene è dichiarazione di scienza e quindi non ha carattere negoziale o di volontà, e tanto meno è confessione stragiudiziale. Conseguentemente la dichiarazione, con la quale si rettifica in meno il valore di un bene già dichiarato ai fini dell'imposta di successione, può essere prodotta anche in sede contenziosa, con il ricorso di primo grado nel giudizio relativo a quei beni promosso a seguito di accertamento di valore dell'ufficio competente. E anche dopo la notifica di un avviso di liquidazione non impugnato. Cassazione civile, sez. I, 18/06/1999, n Ad integrare l'accettazione tacita dell'eredità da parte del chiamato sono rilevanti tutti quegli atti che per la loro natura e finalità siano incompatibili con la volontà di rinunciare e non siano altrimenti giustificabili. A tal fine, e benché l'accettazione debba essere desunta di norma dal comportamento del chiamato, è tuttavia possibile che essa in concrete circostanze avvenga anche mediante l'attività indiretta o procuratoria od anche di gestione di altri soggetti incaricati di compiere atti correlati alla volontà del successibile di dare esecuzione alle disposizioni testamentarie, come nel caso dell'iscrizione catastale dei beni relitti eseguita per conto degli eredi dal notaio. Del pari la denuncia di successione pur costituendo un atto preordinato a fini essenzialmente fiscali non comportando "ex se" l'accettazione tacita dell'eredità, può costituire un elemento indiziario liberamente valutabile ai fini indicati dal giudice del merito. Gli atti relativi alla questione di legittimità costituzionale, con riferimento all'art. 3 cost., dell'art. 39 d.p.r. 26 ottobre 1972 n sotto il profilo della mancata previsione, ai fini della tempestiva denuncia di successione, della data di spedizione a mezzo servizio postale, così come previsto per l'irpef e per l'iva - vanno restituiti alla commissione remittente per un riesame della questione stessa sulla base del sopravvenuto t.u. 31 ottobre 1990 n. 346 che, all'art. 28, espressamente prevede che, in caso di spedizione a mezzo posta, la denuncia si considera presentata nel giorno in cui è consegnata all'ufficio postale. Corte Costituzionale, 27/12/1991, n. 499 Deve essere ordinata la restituzione al giudice "a quo", per il riesame della rilevanza alla stregua dello "ius superveniens", degli atti relativi alla questione di legittimità costituzionale dell'art. 39 comma 1 d.p.r. 26 ottobre 1972 n. 637 (disciplina dell'imposta sulle successioni e donazioni), nella parte in cui non prevede che, ai fini della tempestiva dichiarazione di successione, la data di spedizione a mezzo posta possa essere equiparata a quella di presentazione diretta all'ufficio, come previsto per le dichiarazioni IVA ed IRPEF, sollevata, con riferimento all'art. 3 cost., dalla commissione tributaria di primo grado di Milano. Corte Costituzionale, 27/12/1991, n. 499 Articolo 29 Contenuto della dichiarazione. 1. Dalla dichiarazione della successione devono risultare: a) le generalità, l'ultima residenza e il codice fiscale del defunto; b) le generalità, la residenza e il codice fiscale dei chiamati all'eredità e dei legatari, il loro grado di parentela o affinità col defunto e le eventuali accettazioni o rinunzie; c) la descrizione analitica dei beni e dei diritti compresi nell'attivo ereditario con l'indicazione dei rispettivi valori; 78

79 d) gli estremi degli atti di alienazione a titolo oneroso di cui all'art. 10, con l'indicazione dei relativi corrispettivi; e) i modi di impiego delle somme riscosse dal defunto a seguito di alienazioni di beni e assunzioni di debiti negli ultimi sei mesi, con l'indicazione dei documenti di prova; f) gli estremi delle donazioni fatte dal defunto agli eredi o legatari, comprese quelle presunte di cui all'art. 1, comma 3, con l'indicazione dei relativi valori alla data di apertura della successione; g) i crediti contestati giudizialmente, con l'indicazione degli estremi dell'iscrizione a ruolo della causa e delle generalità e residenza dei debitori; h) i crediti verso lo Stato e gli enti pubblici di cui all'art. 12, comma 1, lettera e); i) le passività e gli oneri deducibili, con l'indicazione dei documenti di prova; l) il domicilio eletto nello Stato italiano dagli eredi o legatari residenti all'estero; m) il valore globale netto dell'asse ereditario; n) le riduzioni e detrazioni di cui agli articoli 25 e 26, con l'indicazione dei documenti di prova; n-bis) gli estremi dell'avvenuto pagamento delle imposte ipotecaria e catastale, di bollo, delle tasse ipotecarie e dell'imposta sostitutiva di quella comunale sull'incremento di valore degli immobili (2). 2. Se il dichiarante è un legatario, dalla dichiarazione devono risultare solo gli elementi di cui al comma 1, lettere a) e b), nonché quelli di cui alle lettere c), i) e n) limitatamente all'oggetto del legato, alla lettera f) limitatamente alle donazioni a suo favore e alla lettera l) limitatamente al suo domicilio. 3. Le somme e i valori devono essere indicati con arrotondamento dei relativi importi alle mille lire, per difetto se la frazione non è superiore a cinquecento lire, per eccesso se è superiore. Le "sopravvenienze ereditarie" dalle quali decorre, ai sensi dell'art. 31, lett. f, d.lg. 31 ottobre 1990 n. 346, il termine di dodici mesi per la presentazione della dichiarazione di successione sono rappresentate soltanto dall'acquisto jure ereditario di beni e diritti che, al momento dell'apertura della successione, non facevano parte dell'asse ereditario, ma che vi entrano successivamente in virtù di un titolo riferibile al defunto, mentre non vi rientrano i beni inclusi ab origine nell'eredità e la cui esistenza, ignota all'erede al momento di apertura della successione, venga da questi conosciuta solo successivamente (nella specie, l'amministrazione finanziaria aveva ritenuto tardiva la dichiarazione di parte dell'asse ereditario, ed il contribuente aveva impugnato il provvedimento irrogativo della relativa sanzione allegando che la banca, nella quale il defunto custodiva i propri beni, gli aveva tardivamente comunicato l'esistenza di questi ultimi, da lui incolpevolmente ignorata. La S.C., confermando la sentenza di merito, ha escluso che la comunicazione inviata dalla banca all'erede potesse costituire una "sopravvenienza ereditaria" ex art. 31 d.lg. n. 346 del 1990, ai fini della decorrenza del termine per la dichiarazione). Cassazione civile, sez. trib., 10/01/2013, n. 409 Articolo 30 Allegati alla dichiarazione 1. Alla dichiarazione devono essere allegati: a) il certificato di morte o la copia autentica della sentenza dichiarativa dell'assenza o della morte presunta; b) il certificato di stato di famiglia del defunto e quelli degli eredi e legatari che sono in rapporto di parentela o affinità con lui, nonché i documenti di prova della parentela naturale; c) la copia autentica degli atti di ultima volontà dai quali è regolata la successione; d) la copia autentica dell'atto pubblico o della scrittura privata autenticata dai quali risulta l'eventuale accordo delle parti per l'integrazione dei diritti di legittima lesi; e) gli estratti catastali relativi agli immobili; 79

80 f) un certificato dei pubblici registri recante l'indicazione degli elementi di individuazione delle navi e degli aeromobili; g) la copia autentica dell'ultimo bilancio o inventario di cui all'art. 15, comma 1, e all'art. 16, comma 1, lettera b), nonché delle pubblicazioni e prospetti di cui alla lettera c) dello stesso articolo e comma; h) la copia autentica degli altri inventari formati in ottemperanza a disposizioni di legge; i) i documenti di prova delle passività e degli oneri deducibili nonché delle riduzioni e detrazioni di cui agli articoli 25 e 26; i-bis) il prospetto di liquidazione delle imposte ipotecaria e catastale, di bollo, delle tasse ipotecarie e dell'imposta sostitutiva di quella comunale sull'incremento di valore degli immobili. L'attestato o la quietanza di versamento delle predette imposte o tasse deve essere conservato dagli eredi e dai legatari sino alla scadenza del termine per la rettifica, previsto dall'articolo 27, comma 3 (2). 2. Se il dichiarante è un legatario, alla dichiarazione devono essere allegati soltanto i documenti di cui al comma 1, lettere a), b) e c), nonché quelli di cui alle lettere successive limitatamente all'oggetto del legato. 3. I certificati di morte e di stato di famiglia possono essere sostituiti dalle dichiarazioni di cui all'art. 2 della legge 4 gennaio 1968, n bis. I documenti di cui alle lettere c), d), g), h) e i) possono essere sostituiti anche da copie non autentiche con la dichiarazione sostitutiva di atto di notorieta' di cui all'articolo 47, del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, attestante che le stesse costituiscono copie degli originali. Resta salva la facolta' dell'agenzia delle entrate di richiedere i documenti in originale o in copia autentica (3). 4. Per gli allegati redatti in lingua straniera si applica l'art. 11, commi 5 e 6, del testo unico sull'imposta di registro, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n L'ufficio competente, se la dimostrazione delle passività e degli oneri o delle riduzioni e detrazioni richieste risulta insufficiente, ne dà avviso al dichiarante, invitandolo ad integrarla e, nel caso previsto nel secondo periodo dell'art. 23, comma 2, ad esibire in copia autentica gli assegni indicati nel certificato. I nuovi documenti devono essere prodotti entro sei mesi dalla notificazione dell'avviso. 6. Per i documenti provenienti da pubbliche amministrazioni che non siano stati rilasciati entro il termine stabilito per la presentazione della dichiarazione, compresi l'attestazione di cui all'art. 13, comma 2, e le attestazioni o altri documenti relativi alle riduzioni e alle detrazioni di cui agli articoli 25 e 26, si applica, purché alla dichiarazione sia allegata copia della domanda di rilascio, la disposizione dell'art. 23, comma 4. In tema d'imposta di successione, la presentazione dell'inventario prescritto dall'art. 9, comma 2, d.lg. 31 ottobre 1990 n. 346, oltre il termine fissato dall'art. 31 del medesimo d.lg., non inficia la sua valenza probatoria; infatti, il termine di sei mesi dalla data di apertura della successione per presentare la dichiarazione di successione e gli allegati, non è previsto espressamente dalla legge come perentorio, né può ritenersi tale, non essendo sanzionata specificamente la sua inosservanza, ma solo l'omissione della dichiarazione, ed essendo, anzi, previsto dall'art. 33 del d.lg. citato che essa possa essere presentata anche dopo la scadenza del termine, purché prima della notifica dell'accertamento d'ufficio; è, quindi, consentita la regolarizzazione della dichiarazione, se questa sia stata presentata prima dell'accertamento, anche se la documentazione non sia stata interamente prodotta, ma sia stata richiesta, entro la stessa data.cassazione civile, sez. trib., 26/02/2009, n In tema di imposta di successione, ai sensi dell'art. 30, comma 1, lett. c, d.lg. 31 ottobre 1990 n. 346, per successione testamentaria deve intendersi quella che tale risulti all'ufficio per effetto di una denunzia di successione presentata anche da uno solo dei coeredi, ed accompagnata dalla copia 80

81 autentica degli atti di ultima volontà da cui è regolata la successione, a nulla rilevando che la validità del testamento sia contestata in sede giudiziaria da altri coeredi: l'impugnazione radicale del testamento, così come quella che investa singole clausole in esso contenute, è infatti priva d'influenza sulla debenza dell'imposta e sulla relativa procedura di liquidazione, fermo restando, in caso di accertamento definitivo dell'invalidità, l'obbligo di presentare dichiarazione sostitutiva o integrativa. Cassazione civile, sez. trib., 12/11/2007, n In tema di imposta di successione, l'ultimo comma dell'art. 16 d.p.r. 26 ottobre 1972 n. 637 (cfr. ora art. 30 comma 5 d.lg. n. 346/1990) nel disporre che, "se la dimostrazione delle passività risulta insufficiente, l'amministrazione finanziaria, anche dopo la scadenza dei termini stabiliti nei commi precedenti, ne richiede l'integrazione...", prevede una facoltà per l'ufficio (e non già un obbligo) di richiedere l'integrazione della documentazione prodotta. Pertanto, dal mancato esercizio di tale facoltà non può derivare l'illegittimità dell'avviso di liquidazione dell'imposta suppletiva fondato sulla non rispondenza della documentazione prodotta ai requisiti, formali e sostanziali, previsti dalla legge. Articolo 31 Termine per la presentazione della dichiarazione 1. La dichiarazione deve essere presentata entro dodici mesi dalla data di apertura della successione (2). 2. Il termine decorre: a) per i rappresentanti legali degli eredi o legatari, per i curatori di eredità giacenti e per gli esecutori testamentari, dalla data successiva a quella di apertura della successione, in cui hanno avuto notizia legale della loro nomina; b) nel caso di fallimento del defunto in corso alla data dell'apertura della successione o dichiarato entro sei mesi dalla data stessa, dalla data di chiusura del fallimento; c) nel caso di dichiarazione di assenza o di morte presunta, dalla data di immissione nel possesso dei beni ovvero, se non vi è stata anteriore immissione nel possesso dei beni, dalla data in cui è divenuta eseguibile la sentenza dichiarativa della morte presunta; d) dalla scadenza del termine per la formazione dell'inventario, se l'eredità è accettata con beneficio d'inventario entro il termine di cui al comma 1; e) dalla data della rinunzia o dell'evento di cui all'art. 28, commi 5 e 6, o dalla diversa data in cui l'obbligato dimostri di averne avuto notizia; f) dalla data delle sopravvenienze di cui all'art. 28, comma 7; g) per gli enti che non possono accettare l'eredità o il legato senza la preventiva autorizzazione, purché la relativa domanda sia stata presentata entro sei mesi dall'apertura della successione, dalla data in cui hanno avuto notizia legale dell'autorizzazione; h) per gli enti non ancora riconosciuti, purché sia stata presentata domanda di riconoscimento e di autorizzazione all'accettazione entro un anno dalla data di apertura della successione, dalla data in cui hanno avuto notizia legale del riconoscimento e dell'autorizzazione. 3. Fino alla scadenza del termine la dichiarazione della successione può essere modificata con l'osservanza delle disposizioni degli articoli 28, 29 e La presentazione ad ufficio del registro diverso da quello competente si considera avvenuta nel giorno in cui la dichiarazione è pervenuta all'ufficio competente. In tema di imposta di successione, il contribuente può procedere alla rettifica di errori di qualsiasi genere, contenuti nella dichiarazione, anche dopo la scadenza del termine per la presentazione, di cui all'art. 31 del d.lgs. 31 ottobre 1990, n. 346, salva l'applicazione delle sanzioni di cui agli artt. 50 e s., e con effetti diversi, a seconda che la modifica abbia luogo prima della notificazione dell'avviso di liquidazione della maggiore imposta, ovvero successivamente alla stessa: nel primo caso, infatti, l'ufficio è tenuto a rispettare le risultanze della correzione, fermo restando l'esercizio dei suoi poteri in 81

82 ordine ai valori emendati, ma con onere della prova a carico dell'amministrazione, mentre, nella seconda ipotesi, pur non potendo considerarsi precluso l'esercizio della facoltà di correzione, quest'ultima, venendo necessariamente ad operare in sede contenziosa, pone a carico del contribuente l'onere di dimostrare la correttezza della modifica proposta. Ne consegue che l'ufficio deve prendere in considerazione la rettifica della dichiarazione, ai fini della liquidazione della predetta imposta, anche quando quest'ultima sia già stata liquidata in base alla dichiarazione originaria, altrimenti spettando tale valutazione al giudice tributario. Rigetta, Comm. Trib. Reg. Catania, 22/10/2007. Cassazione civile, sez. trib., 10/05/2013, n In tema di imposta di successione, l'art. 510 cod. civ., per cui possono giovarsi dell'inventario anche chiamati diversi da quello che ha fatto la dichiarazione, deve essere interpretato nel senso che i beneficiari non sono quelli che hanno accettato l'eredità puramente e semplicemente, nè quelli decaduti dal beneficio, perchè la redazione dell'inventario non può attribuire agli altri coeredi una posizione giuridica che essi non siano più in grado di acquistare; ne consegue che la contribuente che abbia accettato con beneficio di inventario ma solo per conto dei figli ed invece puramente e semplicemente per sé, era tenuta, ai sensi dell'art. 31, comma 1, del d.lgs n. 346 del 1990 (nel testo vigente "ratione temporis"), a presentare la dichiarazione di successione entro sei mesi dalla devoluzione ereditaria, non potendo perciò godere del trattamento più favorevole di cui all'art. 69 della legge n. 342 del 2000, riservato alle dichiarazioni di successione con scadenza posteriore al 31 dicembre Cassa e decide nel merito, Comm. Trib. Reg. Latina, 27/09/2007.Cassazione civile, sez. trib., 10/05/2013, n In tema di imposta di successione, la violazione dell'art. 31 del d.lgs. 31 ottobre 1990, n. 346, a norma del quale - nel testo "ratione temporis" vigente - la denuncia di successione va presentata entro sei mesi dalla apertura della successione, non è più sanzionata specificamente, a meno che non trasmodi in vera e propria omissione, la quale, come si evince dall'art. 33, comma primo, d.lgs. cit., si verifica allorché, scaduto il termine, l'accertamento d'ufficio preceda la dichiarazione del contribuente: l'art. 50 del medesimo d.lgs., come sostituito dall'art. 2, comma primo, lettera d), del d.lgs. 18 dicembre 1997, n. 473, a far data dal 1 aprile 1998, si limita infatti a sanzionare l'omissione della denunzia, mentre l'art. 52 si riferisce al solo pagamento dell'imposta oltre il termine a tal fine stabilito dall'art. 37. Poiché, inoltre, ai sensi dell'art. 3 del d.lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, applicabile anche ai giudizi in corso alla data del 1 aprile 1998, nessuno può essere assoggettato a sanzioni per un fatto che, secondo una legge posteriore, non costituisce violazione punibile, la nuova disciplina sanzionatoria può essere utilmente invocata anche in riferimento alle violazioni commesse anteriormente alla predetta data.cassa e decide nel merito, Comm. Trib. Reg. Milano, 15/09/2006. Cassazione civile, sez. trib., 20/03/2013, n La dichiarazione di successione, siccome dichiarazione di scientia, se affetta da errore (anche non meramente materiale o di calcolo) è emendabile e ritrattabile, anche dopo la notificazione dell'avviso di rettifica e di liquidazione, quando dalla medesima possa derivare l'assoggettamento del dichiarante ad oneri contributivi diversi e più gravosi di quelli che, sulla base della legge, devono restare a suo carico; infatti, alla luce dei principi costituzionali di capacità contributiva e di buona amministrazione, la predetta notifica opera come mero discrimen ai fini dell'onere probatorio, ma non permette che il sistema legale impedisca al contribuente di dimostrare l'insistenza dei fatti giustificativi del prelievo fiscale. Cassazione civile, sez. trib., 31/01/2013, n Le "sopravvenienze ereditarie" dalle quali decorre, ai sensi dell'art. 31, lett. f, d.lg. 31 ottobre 1990 n. 346, il termine di dodici mesi per la presentazione della dichiarazione di successione sono rappresentate soltanto dall'acquisto jure ereditario di beni e diritti che, al momento dell'apertura della successione, non facevano parte dell'asse ereditario, ma che vi entrano successivamente in virtù di un titolo riferibile al defunto, mentre non vi rientrano i beni inclusi ab origine nell'eredità e la cui esistenza, ignota all'erede al momento di apertura della successione, venga da questi conosciuta solo successivamente (nella specie, l'amministrazione finanziaria aveva ritenuto tardiva la dichiarazione di parte dell'asse ereditario, ed il contribuente aveva impugnato il provvedimento irrogativo della relativa sanzione allegando che la banca, nella quale il defunto custodiva i propri beni, gli aveva tardivamente comunicato l'esistenza di questi ultimi, da lui incolpevolmente ignorata. La S.C., confermando la sentenza di merito, ha escluso che la comunicazione inviata dalla banca all'erede potesse costituire una "sopravvenienza ereditaria" ex art. 31 d.lg. n. 346 del 1990, ai fini della decorrenza del termine per la dichiarazione).cassazione civile, sez. trib., 10/01/2013, n. 409 In tema d'imposta di successione, la facoltà di ritrattare e modificare la dichiarazione può essere esercitata dal contribuente anche dopo la scadenza del termine di cui all'art. 31 d.lg. 31 ottobre 1990 n. 346, solo quando gli eredi abbiano dichiarato erroneamente, dunque non volutamente, i dati contenuti nella prima denunzia, mentre la rettifica va presentata nel termine previsto quando si tratti di valori non 82

83 dovuti ad errori materiali o di calcolo, bensì di differente e volontaria valutazione. Cassazione civile, sez. trib., 10/06/2011, n In tema di imposta sulle successioni, l'esercizio della facoltà riconosciuta al contribuente di ritrattare o modificare la dichiarazione di successione, anche dopo la scadenza del termine previsto dall'art. 31 d.lg. 31 ottobre 1990 n. 346, produce effetti diversi a seconda che la modifica abbia luogo prima della notificazione di un eventuale avviso di liquidazione di maggiore imposta, o successivamente alla stessa. In tale ultima ipotesi, pur non potendo considerarsi precluso l'esercizio del potere di correzione, la modifica opera soltanto in sede contenziosa, con conseguente onere a carico del contribuente di dimostrare la correttezza della correzione proposta; nell'altro caso, invece, l'ufficio è obbligato a tenere conto delle risultanze della correzione, fermo restando l'esercizio dei suoi poteri di emenda dei valori dichiarati. Cassazione civile, sez. trib., 23/03/2011, n In tema di imposta di successione, il termine per la presentazione della dichiarazione di successione, nel caso in cui il chiamato all'eredità sia un minorenne, decorre in base alla lettura coordinata dell'art. 31, comma 2, lett. d, d.lg. 31 ottobre 1990 n. 346 (nel testo ratione temporis vigente) e degli art. 484, 485 e 489 c.c. dalla scadenza del termine ultimo per la redazione dell'inventario e, quindi, decorso un anno dal compimento della maggiore età, senza che abbia rilievo alcuno la circostanza che il minorenne, all'apertura della successione, si trovi o meno nel possesso dei beni ereditari. Cassazione civile, sez. trib., 04/03/2011, n In tema di imposta di successione, il termine per la presentazione della dichiarazione di successione, nel caso in cui il chiamato all'eredità accetti con beneficio di inventario, decorre - in mancanza di un'apposita disciplina e sulla base di un'interpretazione sistematica volta ad assicurare il coordinamento tra l'art. 31, comma 2, lett. d, del d.lg. n. 346 del 1990 (nel testo ratione temporis vigente) e la disciplina civilistica (art. 484 ss. c.c.) - dalla scadenza del termine ultimo, comprensivo delle eventuali proroghe, per la redazione dell'inventario, in modo da consentire al chiamato di effettuare una precisa e non affrettata dichiarazione dei beni ereditari. (In applicazione del principio, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata che, in un caso in cui gli eredi accettanti con beneficio di inventario avevano prima richiesto al tribunale la nomina di un notaio per la redazione dell'inventario e successivamente avevano ottenuto una proroga di tre mesi ex art. 485 c.c., aveva ritenuto che i termini per la denuncia di successione decorressero dal momento in cui era scaduta la proroga). Cassazione civile, sez. trib., 09/06/2010, n In tema di imposta di successione, il termine semestrale per la presentazione della dichiarazione di successione, fissato dall'art. 31, comma 2, lett. d, del d.lg. n. 346 del 1990 (nel testo ratione temporis vigente) con riferimento al comma 1, e dunque alla data di apertura della successione decorre, nel caso in cui il chiamato all'eredità sia un minore, dalla scadenza del termine per la redazione dell'inventario o dalla scadenza del termine ultimo previsto dall'art. 489 c.c., per il compimento dell'inventario. Ne consegue che, ove il legale rappresentante del minore chiamato abbia omesso il predetto adempimento, protraendo tale mancanza anche oltre il termine fissato in via ordinaria per la redazione dell'inventario, ciò non pregiudica per il minore, fino al primo anno dal compimento della maggiore età, né il diritto di accettare con beneficio d'inventario, né il diritto di evitare la decadenza dal beneficio né infine la facoltà di rinunziare all'eredità. Cassazione civile, sez. trib., 24/10/2008, n La dichiarazione di successione, come ogni dichiarazione fiscale, può essere ritrattata e modificata anche dopo la scadenza del termine fissato dall'art. 31 d.lg. 31 ottobre 1990 n. 346, salva l'applicazione delle sanzioni ivi previste agli art. 50 ss., purché prima della notificazione dell'avviso di rettifica e di liquidazione della maggiore imposta.cassazione civile, sez. trib., 06/08/2008, n Il contribuente, qualora nel dichiarare il valore di un bene ereditario abbia commesso un errore, può legittimamente chiedere il rimborso dell'eccedenza d'imposta cui tale errore abbia dato luogo, alla stregua dello specifico disposto dell'art. 42, comma 1, lett. a), d.lg. 346/1990; esulando del tutto il caso dalla previsione dell'art. 31, comma 3, stesso decreto, concernente le modifiche da apportare agli elementi oggettivi o soggettivi della dichiarazione; senza che osti a tale correzione e richiesta di rimborso il fatto che il contribuente non abbia dedotto l'errore nel termine posto dalla richiamata disposizione di legge, per la presentazione della denuncia di successione, termine che non ha natura decadenziale e il cui mancato rispetto determina solo l'applicazione di sanzioni tributarie. In relazione all'imposta di successione, la facoltà di ritrattare e modificare la dichiarazione può essere esercitata dal contribuente anche dopo la scadenza del termine di cui all'art. 31 d.l. 346/1990, salva l'applicazione delle sanzioni di cui agli art. 50 e ss., sia prima della notificazione dell'avviso di 83

84 liquidazione della maggiore imposta sia successivamente a essa, in sede contenziosa, ancorché con differenti effetti sul piano della distribuzione dell'onere della prova. Non è nemmeno precluso al contribuente correggere la dichiarazione al fine di adeguarla ai criteri legali di valutazione cosiddetta automatica ex art. 34, comma 5 e ss. d.l. 346/1990. Cassazione civile, sez. trib., 26/10/2007, n La dichiarazione di successione, come ogni dichiarazione fiscale, può essere ritrattata e modificata, anche dopo la scadenza del termine fissato nell'art. 39, comma 1, d.p.r. 26 ottobre 1972 n. 637 (ora, art. 31, d.lg. 31 ottobre 1990 n. 346) la cui mancata osservanza può comportare solo l'applicazione delle sanzioni corrispondenti, e anche dopo la notificazione dell'avviso di liquidazione della maggiore imposta. Gli effetti della rettifica, peraltro, sono diversi a seconda che la modifica abbia luogo prima della detta notificazione ovvero successivamente. Mentre nel primo caso l'ufficio è tenuto a rispettare le risultanze della correzione, fermo restando l'esercizio dei suoi poteri in ordine ai valori emendati, ma con onere della prova a sua carico, nella seconda ipotesi, pur non potendosi considerare precluso l'esercizio della facoltà di correzione, venendo necessariamente a operare in sede contenziosa, si pongono a carico del contribuente tutti gli oneri di dimostrazione della correttezza della rettifica proposta. Cassazione civile, sez. trib., 05/10/2007, n In tema d'imposta di successione, la facoltà di ritrattare e modificare la dichiarazione può essere esercitata dal contribuente anche dopo la scadenza del termine di cui all'art. 31 d.lg. 31 ottobre 1990 n. 346, salva l'applicazione delle sanzioni di cui agli art. 50 ss., e con effetti diversi, a seconda che la modifica abbia luogo prima della notificazione dell'avviso di liquidazione della maggiore imposta, ovvero successivamente alla stessa: nel primo caso, infatti, l'ufficio è tenuto a rispettare le risultanze della correzione, fermo restando l'esercizio dei suoi poteri in ordine ai valori emendati, ma con onere della prova a carico dell'amministrazione, mentre nella seconda ipotesi, pur non potendo considerarsi precluso l'esercizio della facoltà di correzione, quest'ultima, venendo necessariamente ad operare in sede contenziosa, pone a carico del contribuente l'onere di dimostrare la correttezza della modifica proposta.cassazione civile, sez. trib., 05/10/2007, n In tema di imposta di successione, la violazione dell'art. 31 d.lg. 31 ottobre 1990 n. 346, a norma del quale la denuncia di successione dev'essere presentata entro sei mesi dalla data di apertura della successione, non è più sanzionata specificamente, a meno che non trasmodi in vera e propria omissione, la quale, come si evince dall'art. 33, comma 1, si verifica allorché, scaduto il termine, l'accertamento d'ufficio preceda la dichiarazione del contribuente: l'art. 50 del medesimo d.lg., come sostituito dall'art. 2, comma 1, lett. d, d.lg. 18 dicembre 1997 n. 473, a far data dal 1 aprile 1998, si limita infatti a sanzionare l'omissione della denunzia, mentre l'art. 52 si riferisce al solo pagamento dell'imposta oltre il termine a tal fine stabilito dall'art. 37. Poiché, inoltre, ai sensi dell'art. 3 d.lg. 18 dicembre 1997 n. 472, applicabile anche ai giudizi in corso alla data del 1 aprile 1998, nessuno può essere assoggettato a sanzioni per un fatto che, secondo una legge posteriore, non costituisce violazione punibile, la nuova disciplina sanzionatoria può essere utilmente invocata anche in riferimento alle violazioni commesse anteriormente alla predetta data. Il termine di sei mesi dall'apertura della successione, stabilito dall'art. 31 d.lg. 31 ottobre 1990 n. 346 per la presentazione della denuncia di successione, non ha carattere perentorio, non essendo espressamente qualificato come tale dalla legge, la quale non sanziona specificamente la sua inosservanza, ma solo l'omissione della dichiarazione, prevedendo anzi espressamente che essa possa essere presentata anche dopo la scadenza del termine, purché prima della notifica dell'accertamento d'ufficio, e disponendo che in tal caso l'ufficio tenga conto delle dichiarazioni integrative o modificative tardivamente presentate. Cassazione civile, sez. trib., 05/05/2006, n In tema d'imposta di successione, la facoltà di ritrattare e modificare la dichiarazione può essere esercitata dal contribuente anche dopo la scadenza del termine di cui all'art. 31 d.lg. 31 ottobre 1990 n. 346, salva l'applicazione delle sanzioni di cui agli art. 50 e s., e con effetti diversi, a seconda che la modifica abbia luogo prima della notificazione dell'avviso di liquidazione della maggiore imposta, ovvero successivamente alla stessa: nel primo caso, infatti, l'ufficio è tenuto a rispettare le risultanze della correzione, fermo restando l'esercizio dei suoi poteri in ordine ai valori emendati, ma con onere della prova a carico dell'amministrazione, mentre nella seconda ipotesi, pur non potendo considerarsi precluso l'esercizio della facoltà di correzione, quest'ultima, venendo necessariamente ad operare in sede contenziosa, pone a carico del contribuente l'onere di dimostrare la correttezza della modifica proposta. Cassazione civile, sez. trib., La dichiarazione di successione può essere ritrattata e modificata, anche dopo la scadenza del termine fissato nell'art. 31 d.lg. 31 ottobre 1990 n la cui mancata osservanza potrà comportare solo l'applicazione delle sanzioni di cui agli art. 50 ss. - purché prima della notificazione dell'avviso di 84

85 rettifica e liquidazione della maggiore imposta; in tale arco temporale è consentito al contribuente apportare le correzioni - che l'ufficio finanziario non potrà ignorare - atte ad adeguare la dichiarazione ai criteri legali di valutazione cd. automatica di cui all'art. 34 stesso d.lg. Cassazione civile, sez. un., 27/07/2004, n La dichiarazione di successione, come ogni dichiarazione fiscale, può essere ritrattata e modificata, anche dopo la scadenza del termine fissato nell'art. 31 d.lg. 31 ottobre 1990 n. 346 (Approvazione del testo unico delle disposizioni concernenti l'imposta sulle successioni e donazioni) - la cui mancata osservanza potrà comportare solo l'applicazione delle sanzioni di cui agli art. 50 ss. - purché prima della notificazione dell'avviso di rettifica e liquidazione della maggiore imposta. In tale arco temporale è, fra l'altro, consentito al contribuente correggere la dichiarazione stessa, per adeguarla ai criteri legali di valutazione c.d. automatica (art. 34, commi 5 ss., del citato d.lg.), e l'ufficio non potrà ignorare la correzione, apportata uniformandosi ai parametri legali, perché così finirebbe per assoggettare il dichiarante ad oneri contributivi diversi e più gravosi di quelli che, per legge, devono restare a suo carico. Cassazione civile, sez. un., 27/07/2004, n In tema di imposta sulle successioni, il giudice tributario può accertare, ove ciò sia dedotto dal contribuente, un valore dei beni caduti in successione inferiore al dichiarato, senza che a tale accertamento osti il fatto che il contribuente non abbia dedotto l'errore, commesso nell'attribuire a detti beni un valore superiore a quello reale, nel termine posto dalla legge per la presentazione della denuncia di successione ex art. 31, comma 3, d.lg 31 ottobre 1990 n Infatti, quello per la presentazione della denuncia di successione non è un termine avente natura decadenziale, ma solo una prescrizione temporale il cui mancato rispetto determina solo l'applicazione di sanzioni tributarie. Cassazione civile, sez. trib., 03/07/2003, n Il contribuente può procedere alla rettifica di errori di qualsiasi genere, presenti nella denunzia di successione, anche dopo la scadenza del termine per la presentazione della dichiarazione e tale rettifica, se fondata, deve essere presa in considerazione dall'ufficio, ai fini della liquidazione dell'imposta dovuta. L'ipotesi dell'errore, peraltro, deve essere distinta da quella della indicazione consapevole di un valore diverso da quello precedentemente dichiarato (e, cioè, il vero e proprio ius poenitendi) facoltà che deve essere esercitata, invece, nei termini previsti per la presentazione della dichiarazione. Cassazione civile, sez. trib., 20/06/2002, n L'emendabilità, da parte del contribuente, degli errori, anche non meramente materiali o di calcolo, contenuti in dichiarazioni (o, comunque, in atti dello stesso contribuente costituenti il presupposto dell'imposizione fiscale), deve essere riconosciuta quale espressione di un principio generale del sistema tributario, atteso che la dichiarazione non ha valore confessorio, nè costituisce fonte dell'obbligazione tributaria - inserendosi nell'ambito di un più complesso procedimento di accertamento e di riscossione - ed alla luce dei principi costituzionali di capacità contributiva e di buona amministrazione (i quali rendono intollerabile un sistema legale che impedisca al contribuente di dimostrare l'inesistenza di fatti giustificativi del prelievo), nonché del principio - esistente ancor prima dell'espresso riconoscimento contenuto nell'art. 10 della legge n. 212 del della collaborazione e della buona fede, che deve improntare i rapporti tra contribuente ed amministrazione finanziaria. Ne consegue, in tema di imposta di successione, che il contribuente può procedere alla rettifica di errori di qualsiasi genere, contenuti nella dichiarazione, anche dopo la scadenza del termine per la sua presentazione, e che tale rettifica, se fondata, deve essere presa in considerazione dall'ufficio, ai fini della liquidazione dell'imposta dovuta, ex art. 33 d.lg. 31 ottobre 1990 n Cassazione civile, sez. trib., 20/06/2002, n La presentazione di precisazioni fornite dal contribuente su richiesta dell'ufficio relativamente ai beni ceduti per il pagamento dell'imposta di successione non costituisce una regolare dichiarazione integrativa. L'ufficio non è, quindi, legittimato a riaprire i termini di sei mesi previsti dall'art. 31 comma 3 d.lg. 31 ottobre 1990 n Comm. trib. reg. Firenze, sez. II, 18/05/2002, n. 54 Non è fondata, in riferimento agli artt. 3, 53, comma 1, e 97, comma 1 cost., la q.l.c. degli artt. 31, comma 3, e 34, commi 5 e 6, d.lg. 31 ottobre 1990 n. 346 (Approvazione del testo unico delle disposizioni concernenti l'imposta sulle successioni e donazioni), nella parte in cui - nel caso di denuncia di successione relativa ad immobili non censiti - non consentono al contribuente, il quale abbia dichiarato un valore superiore a quello successivamente stimato dall'ute, di modificare la propria dichiarazione in conformità a tale stima, dopo la scadenza del termine previsto per la presentazione della dichiarazione. Corte Costituzionale, 28/05/2001, n

86 Non è fondata, con riferimento agli art. 3, 53 comma 1 e 97 comma 1 cost., la q.l.c. degli art. 31 comma 3 e 34 commi 5 e 6 d.lg. 31 ottobre 1990 n. 346, in quanto il contribuente che si avvale del regime della valutazione automatica non può adeguare il maggior valore dichiarato a quello minore successivamente accertato dall'ute: vertendosi in tema di imposta sulle successioni, l'istituto della valutazione automatica dei beni immobili non introduce un nuovo sistema di determinazione dei valori imponibili, ma semplicemente limita il potere di rettifica che gli uffici finanziari hanno nel caso in cui non ritengono congruo il valore dei beni dichiarati, impedendo loro di procedere ad una maggiore valutazione, allorché il valore dei beni stessi sia stato dichiarato in misura non inferiore all'ammontare determinato in modo automatico; e dal momento che tutti i contribuenti hanno la possibilità di avvalersi di tale regime, non sussiste disparità di trattamento - quanto agli esiti - tra i contribuenti che scelgono di rendere la propria dichiarazione non rettificabile e quelli che, invece, dichiarando un valore inferiore a quello determinato automaticamente, scelgono di restare soggetti alla rettificabilità della loro denuncia in funzione del valore successivamente accertato dall'ute. Escluso, poi, che la valutazione automatica dei beni immobili costituisca un sistema legale di determinazione dei valori imponibili ai fini dell'imposta di successione, e restando, per contro, fermo il criterio del valore venale, non può ritenersi in contrasto con i principi di capacità contributiva e di buon andamento della p.a., la previsione di liquidazione dell'imposta sulla base del valore venale dichiarato dallo stesso contribuente, pur se in ipotesi superiore a quello successivamente stimato dall'ute. Corte Costituzionale, 28/05/2001, n Ai sensi dell'art. 31 comma 2 lett. d) del d.lg. 31 ottobre 1990 n. 346, relativamente all'ipotesi in cui l'eredità venga accettata con beneficio d'inventario, il termine semestrale per la presentazione della dichiarazione di successione decorre dalla scadenza del termine per la formazione dell'inventario, e ciò anche nel caso in cui il chiamato si trovi nel possesso dei beni. Unica condizione è che la dichiarazione di accettazione beneficiata venga espressa entro il termine di sei mesi dalla data di apertura della successione. Comm. trib. prov.le Rimini, 22/04/1998, n. 64 In base all'art. 31 d.lg. n. 346 del 1990, la dichiarazione di successione deve essere presentata entro sei mesi dalla data di apertura della successione; se l'eredità è accettata con beneficio di inventario, il termine di sei mesi non decorre più dalla data di apertura della successione, bensì dalla scadenza del termine per la formazione dell'inventario. Non è previsto l'obbligo per il chiamato di fare l'inventario, ex art. 485 c.c., per ottenere lo spostamento del termine iniziale, unica condizione è che il chiamato manifesti la volontà di accettare l'eredità con beneficio di inventario nel termine pari a quello fissato dalla stessa legge per la dichiarazione di successione, vale a dire sei mesi. L'unico riferimento alle disposizioni del codice civile riguarda il "dies a quo" per la presentazione della dichiarazione della successione che il legislatore fiscale fa coincidere con la scadenza del termine per la formazione dell'inventario stabilito da quel codice in tre mesi, salvo proroga, a decorrere dall'apertura della successione, se i beni ereditari sono nel possesso del chiamato o dalla dichiarazione di accettazione, se il chiamato non è in possesso dei beni. Comm. trib. prov-distr. Rimini, sez. III, 22/04/1998, n. 64. Articolo 32 Irregolarità, incompletezza e infedeltà della dichiarazione 1. La dichiarazione è irregolare se manca delle indicazioni di cui all'articolo 29, comma 1, lettere a), b), c) e n-bis), o non è corredata dai documenti indicati nell'articolo 30, comma 1, lettere a) e b), e da quelli indicati nelle successive lettere da c) a i-bis) ove ne ricorrano i presupposti. In tal caso l'ufficio notifica al dichiarante, mediante avviso, l'invito a provvedere alla regolarizzazione entro sessanta giorni; la dichiarazione non regolarizzata nel termine si considera omessa (1). 2. La dichiarazione è incompleta se non vi sono indicati tutti i beni e i diritti compresi nell'attivo ereditario, inclusi quelli alienati negli ultimi sei mesi di cui all'art La dichiarazione è infedele: se i beni e diritti compresi nell'attivo ereditario vi sono indicati per valori inferiori a quelli determinati secondo le disposizioni degli articoli da 14 a 19 e dell'art. 10; se vi sono indicati, sulla base di attestazioni o altri documenti di cui agli articoli 23 e 24 non conformi a verità, oneri e passività del tutto o in parte inesistenti; se non vi sono 86

87 indicate donazioni anteriori o vi sono indicate per valore inferiore a quello determinato secondo le disposizioni dell'art. 8, comma 4. (1) Comma modificato dall'articolo 11, comma 1, lettera d), del D.L. 28 marzo 1997, n. 79. In tema di condono fiscale, esulano dal concetto normativo di lite pendente, e quindi dalla possibilità di definizione agevolata ai sensi dall'art. 16 l. 27 dicembre 2002 n. 289, soltanto le controversie aventi ad oggetto provvedimenti di mera liquidazione del tributo, emanati senza il previo esercizio di un potere discrezionale dell'amministrazione, cioè senza accertamento o rettifica e senza applicazione di sanzioni. Rientra pertanto nell'ambito applicativo della norma in esame l'impugnazione dell'avviso di liquidazione dell'imposta di successione, il quale deve considerarsi atto impositivo, costituendo l'unico atto con cui l'amministrazione finanziaria esercita la pretesa tributaria, tanto più quando esso contenga anche un provvedimento d'irrogazione di sanzioni, specificamente contemplato dalla norma in questione fra gli atti che possono formare oggetto di controversie definibili in forma agevolata. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha accolto il ricorso proposto dai contribuenti avverso il diniego di definizione agevolata di una controversia avente ad oggetto l'impugnazione dell'avviso di liquidazione con cui l'ufficio aveva proceduto alla rettifica della denunzia di successione da loro presentata in qualità di eredi con beneficio d'inventario, ritenendola incompleta in quanto esponente un valore pari a zero dell'asse ereditario, ma non comprendente i beni alienati dal de cuius negli ultimi sei mesi di vita). Cassazione civile, sez. trib., 10/02/2006, n La controversia tra il contribuente e l'amministrazione finanziaria avente ad oggetto l'impugnazione dell'avviso di liquidazione dell'imposta di successione, in quanto non preceduto dalla notifica del classamento, investe i presupposti dell'atto impositivo e le condizioni della sua legittimità; essa, pertanto, rientra tra le "liti pendenti" che, ai sensi dell'art. 16 l. 27 dicembre 2002 n. 289, possono essere definite attraverso il pagamento di una somma forfettaria, ed è di conseguenza illegittimo il provvedimento col quale l'amministrazione erariale rigetta l'istanza del contribuente avente ad oggetto la definizione della suddetta lite ai sensi dell'art. 16 legge cit..cassazione civile, sez. trib., 06/06/2007, n Articolo 33 Liquidazione dell'imposta in base alla dichiarazione 1. L'ufficio del registro liquida l'imposta in base alla dichiarazione della successione, anche se presentata dopo la scadenza del relativo termine ma prima che sia stato notificato l'accertamento d'ufficio, tenendo conto delle dichiarazioni integrative o modificative già presentate a norma dell'art. 28, comma 6, e dell'art. 31, comma 3, nonchè dei rimborsi fiscali di cui allo stesso articolo 28, comma 6, erogati successivamente alla presentazione della dichiarazione di successione (1). 1-bis. Se nella dichiarazione di successione e nella dichiarazione sostitutiva o integrativa, sono indicati beni immobili e diritti reali sugli stessi, gli eredi e i legatari devono provvedere nei termini indicati nell'art. 31, alla liquidazione ed al versamento delle imposte ipotecaria e catastale, di bollo, delle tasse ipotecarie e dell'imposta sostitutiva di quella comunale sull'incremento di valore degli immobili, il suddetto versamento deve essere effettuato, fino alla data di entrata in vigore del decreto legislativo previsto dall' art. 3, comma 138, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, concernente la modifica della disciplina dei servizi autonomi di cassa degli uffici finanziari, mediante delega ad azienda di credito autorizzata o tramite il concessionario del servizio per la riscossione competente in base all'ultima residenza del defunto o, se questa era all'estero o non è nota, al concessionario del servizio per la riscossione di Roma (2). 2. n sede di liquidazione l'ufficio provvede a correggere gli errori materiali e di calcolo commessi dal dichiarante nella determinazione della base imponibile e ad escludere (3 87

88 3. : a) le passività esposte nella dichiarazione per le quali non ricorrono le condizioni di deducibilità di cui agli articoli 21 e 24 o eccedenti i limiti di deducibilità di cui agli articoli 22 e 24, nonché gli oneri non deducibili a norma dell'art. 8, comma 1; b) le passività e gli oneri esposti nella dichiarazione che non risultano dai documenti prodotti in allegato alla dichiarazione o su richiesta dell'ufficio; c) le riduzioni e le detrazioni indicate nella dichiarazione non previste negli articoli 25 e 26 o non risultanti dai documenti prodotti in allegato alla dichiarazione o su richiesta dell'ufficio. 3. Le correzioni e le esclusioni di cui al comma 2 devono risultare nell'avviso di liquidazione dell'imposta. 4. Le disposizioni del presente articolo si applicano anche per la riliquidazione dell'imposta in base a dichiarazione sostitutiva e per la liquidazione della maggiore imposta in base a dichiarazione integrativa. (1) Comma sostituito dall articolo 23, comma 3, lettera c), della legge 30 dicembre 1991, n. 413, come modificato dall articolo 63, comma 1, del D.L. 30 agosto 1993, n Le disposizioni di cui al presente comma, si applicano alle dichiarazioni presentate a partire dal 1 gennaio Successivamente il presente comma è stato ulteriormente sostituito dall articolo 9, comma 1, lettera b), del D.L. 29 aprile 1994, n. 260e, da ultimo, modificato dall'articolo 11, comma 1, lettera c) del D.Leg.s. 21 novembre 2014, n (2) Comma aggiunto dall articolo 11, comma 1, lettera e), del D.L. 28 marzo 1997, n. 79. (3) Alinea sostituito dall articolo 23, comma 3, lettera d), della legge 30 dicembre 1991, n. 413, come modificato dall articolo 63, comma 1, del D.L. 30 agosto 1993, n Le disposizioni di cui al presente comma, si applicano alle dichiarazioni presentate a partire dal 1 gennaio Successivamente il presente alinea è stato ulteriormente sostituito dall articolo 9, comma 1, lettera c), del D.L. 29 aprile 1994, n In tema d'imposta di successione, la rettifica del valore dei beni indicati nella denuncia di successione può essere effettuata dal contribuente soltanto nel termine di sei mesi dall'apertura della successione previsto dall'art. 39, comma 1, d.p.r. 26 ottobre 1972 n. 637 per la presentazione di detta denuncia. Ne deriva che, qualora la dichiarazione di rettifica venga presentata oltre il termine di cui sopra, legittimamente l'ufficio procede a liquidare l'imposta sulla base dei valori dichiarati nella prima denuncia, senza che a diversa soluzione possa pervenirsi sulla base della nuova disciplina di cui all'art. 33, comma 1, d.lg. 31 ottobre 1990 n. 346, come sostituito dall'art. 33, comma 1, lett. b, d.l. 29 aprile 1994 n. 260, convertito nella l. 27 giugno 1994 n In tema di imposta di successione, le correzioni effettuate dall'ufficio finanziario degli errori materiali e di calcolo, con l'esclusione delle passività (o di altri oneri, riduzioni e detrazioni) esposte nella dichiarazione, ma non spettanti o non documentate, "devono risultare nell'avviso di liquidazione dell'imposta", a norma dell'art. 33, comma 3, d.lg. 31 ottobre 1990 n. 346, con l'analitica individuazione delle voci escluse, al fine di porre il contribuente in condizioni di approntare una adeguata difesa e di conoscere le ragioni del mancato riconoscimento. Cassazione civile, sez. trib., 11/04/2011, n La "lite pendente" tra il contribuente e l'amministrazione finanziaria, suscettibile di definizione ai sensi dell'art. 16, comma 3, l. 27 dicembre 2002 n. 289 (cd. "condono"), è soltanto quella avente ad oggetto l'accertamento dei presupposti dell'imposizione o della loro entità, e non anche quella conseguente all'impugnazione dell'avviso di liquidazione col quale l'erario si sia limitato a quantificare l'imposta sulla base della dichiarazione fiscale compiuta dal contribuente, giacché in tal caso l'atto dell'amministrazione non ha natura di atto impositivo. Deve, perciò, ritenersi condonabile, in quanto avente ad oggetto i presupposti stessi dell'imposta, la lite avente ad oggetto la determinazione dell'imposta sulle successioni e 88

89 vertente sulla mancata considerazione, da parte dell'amministrazione finanziaria, della presenza nell'asse ereditario di immobili sottoposti a vincolo da parte del Ministero per i beni culturali, a nulla rilevando che tali beni costituiscano solo una parte di quelli cui si riferisce l'imposta in contestazione. Cassazione civile, sez. trib., In tema di condono fiscale, non è ravvisabile "lite pendente", suscettibile di definizione a norma dell'art. 16, comma 3, l. 27 dicembre 2002 n. 289, quando l'atto impugnato si risolve in una mera liquidazione di imposta, in base a criteri predeterminati dalla legge ed attraverso semplici operazioni contabili, sulla base di quanto dichiarato dallo stesso contribuente, come nel caso di avviso di liquidazione dell'imposta sulla base di dichiarazione di successione formalmente regolare proveniente dagli eredi (ancorché successivamente emendata per supposti errori di fatto e di diritto), in quanto in tali ipotesi non può parlarsi di atto impositivo né di importo, che formi oggetto di contestazione, al quale parametrare una somma da corrispondere per la chiusura della lite, atteso che la valutazione dell'asse viene necessariamente a corrispondere alla richiesta formulata dal soggetto obbligato al pagamento dell'imposta sui valori da lui stesso dichiarati, né può parlarsi di lite effettiva - e non meramente apparente - concernente, cioè, l'accertamento dell'esistenza e dell'entità dei presupposti per l'imposizione. Cassazione civile, sez. trib., 15/05/2006, n In tema di condono fiscale, l'art. 53 l. 30 dicembre 1991 n. 413, nell'includere tra le controversie di cui è ammessa la definizione agevolata quelle relative all'imposta sulle successioni, disciplina al comma 1 la definizione delle controversie in materia di valutazione, al comma 5 la definizione delle "altre controversie" relative all'applicazione dell'imposta, ed al comma 6 quella delle controversie relative a violazioni formali; in assenza di ulteriori specificazioni, non possono quindi escludersi dall'ambito applicativo di tale disposizione le vertenze relative all'imposta principale di successione, e dev'essere disattesa la diversa interpretazione fornita dalla circolare ministeriale n. 74 dell'11 marzo 1995, non costituendo quest'ultima una fonte di diritto, ma un mero atto interno dell'amministrazione finanziaria, la quale non gode di poteri discrezionali nella determinazione delle imposte dovute, e si trova, di fronte alle norme tributarie, su un piano di parità rispetto al contribuente, e determina solo l'applicazione di sanzioni tributarie. In tema di imposta sulle successioni, il giudice tributario può accertare, ove ciò sia dedotto dal contribuente, un valore dei beni caduti in successione inferiore al dichiarato, senza che a tale accertamento osti il fatto che il contribuente non abbia dedotto l'errore, commesso nell'attribuire a detti beni un valore superiore a quello reale, nel termine posto dalla legge per la presentazione della denuncia di successione e che l'amministrazione finanziaria abbia provveduto alla liquidazione dell'imposta ex art. 33 d.lg. 31 ottobre 1990 n. 346 ed essa sia stata pagata. In tema di imposta sulle successioni, il giudice tributario può accertare, ove ciò sia dedotto dal contribuente, un valore dei beni caduti in successione inferiore al dichiarato, senza che a tale accertamento osti il fatto che il contribuente non abbia dedotto l'errore, commesso nell'attribuire a detti beni un valore superiore a quello reale, nel termine posto dalla legge per la presentazione della denuncia di successione e che la amministrazione finanziaria abbia provveduto alla liquidazione dell'imposta ex art. 33 d.lg. 31 ottobre 1990 n. 346 ed essa sia stata pagata. Al di fuori delle ipotesi di errori materiali o di calcolo, le rettifiche alla dichiarazione di successione da parte dei contribuenti devono necessariamente pervenire entro gli stessi termini previsti per la dichiarazione che si intende correggere; pertanto l'amministrazione finanziaria, nel procedere alla liquidazione dell'imposta di successione, non ha alcun obbligo di prendere in considerazione una seconda denuncia di successione presentata in rettifica della prima dopo la scadenza del termine ex art. 39 comma 1 d.p.r. 26 ottobre 1972 n. 637 (ora art. 33 comma 3 d.lg. 31 ottobre 1990 n. 346). Cassazione civile, sez. I, 10/07/1998, n

90 L'art. 33 comma 1 d.lg. n. 346 del 1990 che prevede la possibilità di tener conto della denuncia tardiva di successione purché presentata prima che venga notificato l'accertamento, non si riferisce, tranne che per il caso di mutamento di devoluzione, all'ipotesi di dichiarazione di rettifica, la cui presentazione oltre il termine è stata anche dalla nuova normativa (art. 31 comma 3) espressamente vietata. La quantificazione del valore della quota di una società in nome collettivo, effettuata nella denuncia di successione con riferimento al valore venale anziché al valore di bilancio, costituisce un errore materiale, che l'ufficio, in sede di liquidazione, deve provvedere a correggere ai sensi dell'art. 33, d.lg. n. 346 del Comm. trib. prov-distr. Cremona, sez. III, 09/05/1997, n. 112 Articolo 34 Rettifica e liquidazione della maggiore imposta 1. L'ufficio del registro, se ritiene che la dichiarazione della successione, o la dichiarazione sostitutiva o integrativa, sia incompleta o infedele, provvede con lo stesso atto alla rettifica e alla liquidazione della maggiore imposta, con gli interessi dalla data di notificazione della liquidazione dell'imposta principale nella misura del 4,50 per cento per ogni semestre compiuto (2). 2. L'avviso di rettifica e di liquidazione della maggiore imposta deve contenere: la descrizione dei beni o diritti non dichiarati, compresi quelli alienati dal defunto negli ultimi sei mesi, con l'indicazione del valore attribuito a ciascuno di essi o del maggior valore attribuito a ciascuno dei beni o diritti dichiarati; l'indicazione delle donazioni anteriori non dichiarate e del relativo valore, o del maggior valore attribuito a quelle dichiarate; l'indicazione dei criteri seguiti nella determinazione dei valori a norma degli articoli da 14 a 19, 8, comma 4, e 10; l'indicazione delle passività e degli oneri ritenuti in tutto o in parte inesistenti, con la specificazione degli elementi di prova contraria alle attestazioni e agli altri documenti prodotti dal dichiarante; l'indicazione delle aliquote applicate e del calcolo della maggiore imposta. Per i beni e i diritti di cui ai commi 3 e 4 devono essere indicati anche gli elementi in base ai quali, secondo le disposizioni ivi contenute, ne è stato determinato il valore o il maggior valore. 2-bis. La motivazione dell'atto deve indicare i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che lo hanno determinato. Se la motivazione fa riferimento ad un altro atto non conosciuto né ricevuto dal contribuente, questo deve essere allegato all'atto che lo richiama salvo che quest'ultimo non ne riproduca il contenuto essenziale. L'accertamento è nullo se non sono osservate le disposizioni di cui al presente comma (3). 3. Il valore dei beni immobili e dei diritti reali immobiliari è determinato dall'ufficio, avendo riguardo ai trasferimenti a qualsiasi titolo ed alle divisioni e perizie giudiziarie, anteriori di non oltre tre anni alla data di apertura della successione, che hanno avuto per oggetto gli stessi immobili o altri di analoghe caratteristiche e condizioni, ovvero al reddito netto di cui gli immobili sono suscettibili, capitalizzato al tasso mediamente applicato alla detta data e nella stessa località per gli investimenti immobiliari, nonché ad ogni altro elemento di valutazione, anche sulla base di indicazioni fornite dai comuni. 4. Per la determinazione del valore delle aziende, dei diritti reali su di esse e delle azioni o quote di cui all'art. 16, lettera b), l'ufficio può tenere conto anche degli accertamenti relativi ad altre imposte e può procedere ad accessi, ispezioni e verifiche secondo le disposizioni relative all'imposta sul valore aggiunto. 5. Non sono sottoposti a rettifica il valore degli immobili iscritti in catasto con attribuzione di rendita dichiarato in misura non inferiore, per i terreni, a settantacinque volte il reddito dominicale risultante in catasto e, per i fabbricati, a cento volte il reddito risultante in catasto, aggiornati con i coefficienti stabiliti per le imposte sui redditi, né i valori della nuda proprietà e dei diritti reali di godimento sugli immobili stessi dichiarati in misura non inferiore a quella 90

91 determinata su tale base a norma dell'art. 14. La disposizione del presente comma non si applica per i terreni per i quali gli strumenti urbanistici prevedono la destinazione edificatoria. 6. Per i fabbricati dichiarati per l'iscrizione nel catasto edilizio ma non ancora iscritti alla data di presentazione della dichiarazione della successione la disposizione del comma 5 si applica a condizione: a) che la volontà di avvalersene sia espressamente manifestata nella dichiarazione della successione; b) che in allegato alla domanda di voltura catastale, la quale in tal caso non può essere inviata per posta, sia presentata specifica istanza di attribuzione della rendita, recante l'indicazione degli elementi di individuazione del fabbricato e degli estremi della dichiarazione di successione, di cui l'ufficio tecnico erariale rilascia ricevuta in duplice esemplare; c) che la ricevuta, entro il termine perentorio di sessanta giorni dalla presentazione della dichiarazione di successione, sia prodotta all'ufficio del registro, il quale ne restituisce un esemplare con l'attestazione dell'avvenuta produzione. L'ufficio tecnico erariale, entro dieci mesi dalla presentazione dell'istanza di attribuzione della rendita, invia all'ufficio del registro un certificato attestante l'avvenuta iscrizione in catasto del fabbricato e la rendita attribuita; se l'imposta era già stata liquidata in base al valore indicato nella dichiarazione della successione e tale valore risulta inferiore a cento volte la rendita così attribuita e debitamente aggiornata, o al corrispondente valore della nuda proprietà o del diritto reale di godimento, l'ufficio del registro, nel termine di decadenza di cui al comma 3 dell'art. 27, liquida la maggiore imposta corrispondente alla differenza, con gli interessi di cui al comma 1 dalla data di notificazione della precedente liquidazione e senza applicazione di sanzioni. 6-bis. La disposizione del comma 5 si applica inoltre alle unità immobiliari urbane oggetto di denuncia in catasto con modalità conformi a quelle previste dal regolamento di attuazione dell'art. 2, commi 1- quinquies e 1- septies, del decreto-legge 23 gennaio 1993, n. 16, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 1993, n. 75, con riferimento alla rendita proposta, alla sola condizione che la volontà di avvalersene sia espressamente manifestata nella dichiarazione di successione (4). 7. Ai fini dei commi 5 e 6 le modifiche dei coefficienti stabiliti per le imposte sui redditi hanno effetto per le successioni aperte dal decimo-quinto giorno successivo a quello di pubblicazione dei relativi decreti ministeriali. Le modifiche dei moltiplicatori di settantacinque e cento volte, previste nell' art. 52, comma 5, del testo unico dell'imposta di registro approvato con decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131, operano anche ai fini dei predetti commi e hanno effetto per le successioni aperte dal decimo quinto giorno successivo a quello di pubblicazione del decreto con il quale sono disposte. 8. Ai fini della rettifica e della liquidazione della maggiore imposta non si tiene conto delle differenze di valore relative ai beni indicati nell'art. 16, comma 1, lettere b) e d), e nell'art. 19, dei quali sia evidente la scarsa rilevanza. (1) L'imposta sulle successioni e sulle donazioni, soppressa dall'articolo 13, comma 1, della legge 18 ottobre 2001, n. 383, è stata ripristinata dall'articolo 2, comma 47, del D.L. 3 ottobre 2006, n (2) Comma modificato dall articolo 23, comma 3, lettera e), della legge 30 dicembre 1991, n Le disposizioni di cui al presente comma, si applicano alle dichiarazioni presentate a partire dal 1 gennaio Successivamente il presente comma è stato ulteriormente modificato dall articolo 9, comma 1, lettera d), del D.L. 29 aprile 1994, n (3) Comma aggiunto dall articolo 5, comma 1, lettera a), del D.Leg.s. 26 gennaio 2001, n. 32. (4) Comma aggiunto dall articolo 10, comma 21, del D.L. 20 giugno 1996, n In materia tributaria, l'esistenza e la congruità della motivazione, deve essere valutata alla stregua delle regole dettate specificatamente per il singolo tributo cui l'atto si riferisce, attesa la polisistematicità 91

92 della normativa, sicché in materia d'imposta sulle successioni è sufficiente indicare il valore globale dell'asse ereditario e dell'aliquota applicata per lo scaglione più elevato, senza necessità d'indicare tutte le aliquote applicate per il calcolo della maggiore imposta, tenuto conto dell'individuazione "ex lege" degli scaglioni e della possibilità di compiere mere operazioni di calcolo sui medesimi. In materia di INVIM, diversamente da quanto esplicitamente stabilito dall'art. 52, primo comma, del d.p.r. 26 aprile 1986, n. 131, in tema d'imposta di registro, e dall'art. 34, comma 1, del d.lgs. 31 ottobre 1990, n. 346, in tema di successioni (alla cui disciplina generale rinvia, quanto all'invim decennale ed ai soli fini delle modalità della notificazione dell'avviso di accertamento, l'art. 20, terzo comma, del d.p.r. 26 ottobre 1972, n. 643), la notificazione dell'avviso di accertamento e di quello di liquidazione non deve essere contestuale, essendo previsto, ai sensi dell'art. 20, comma terzo, del citato d.p.r. n. 643 del 1972, cui anche l'art. 1, comma 4, del d.l. 13 settembre 1991, n. 299 (convertito, con modificazioni, dalla legge 18 novembre 1991, n. 363), istitutivo dell'invim straordinaria, fa espresso rinvio, un termine triennale per la notifica degli avvisi di accertamento decorrente dalla data di presentazione della dichiarazione. Cassa e decide nel merito, Comm. Trib. Reg. Milano, 26/06/2008.Cassazione civile, sez. trib., 23/04/2014, n In tema di imposta sulle successioni, qualora il contribuente, ai sensi dell'art. 34, comma 6, del d.lgs. 31 ottobre 1990, n. 346, abbia chiesto, in relazione ad immobile non ancora iscritto in catasto con attribuzione di rendita, di avvalersi del criterio automatico di valutazione ed il successivo atto di classamento non sia stato notificato all'interessato, l'avviso di liquidazione emesso dall'ufficio finanziario deve avere un contenuto tale da consentire al contribuente di controllare eventuali errori di calcolo nell'applicazione dei coefficienti e delle aliquote, e deve quindi includere, oltre all'importo del tributo, anche gli ulteriori elementi posti a base dell'imposizione ed in particolare i dati di classamento, consistenti nell'indicazione della zona censuaria, della categoria, della classe, della consistenza e della rendita. Rigetta, Comm. Trib. Reg. Milano, 17/05/2007.Cassazione civile, sez. trib., 18/04/2014, n In tema di imposta di successione ed INVIM, la valutazione dei terreni adibiti a cava deve essere effettuata secondo i criteri di cui all'art. 34, comma 3, del d.lgs. 31 ottobre 1990, n. 346, non essendo applicabile la previsione del successivo art. 34, comma 5, prima parte, in quanto l'art. 18 del r.d. 8 ottobre 1931, n. 1572, esclude le cave dalla stima fondiaria per la determinazione del reddito dominicale e, quindi, dall'attribuzione di rendita catastale. Cassa con rinvio, Comm. Trib. Reg. Bologna, 30/10/2006.Cassazione civile, sez. trib., 18/09/2013, n In tema di imposta di registro, la perentorietà del termine di sessanta giorni per la produzione, all'ufficio di registro, della ricevuta dell'istanza di attribuzione della rendita catastale discende dal tenore letterale dell'ultimo periodo dell'art. 12 del d.l. 14 marzo 1988, n. 70, convertito in legge 13 maggio 1988, n. 154, secondo cui, in caso di mancata presentazione della ricevuta nei termini, l'ufficio procede ai sensi dell'art. 52, primo comma, del d.p.r. 26 aprile 1986, n. 131, ed è comunque desumibile con certezza dall'espressa qualificazione come perentorio dell'identico termine previsto dall'art. 34, sesto comma, del d.lgs. 31 ottobre 1990, n. 346, nell'analoga disciplina dettata in materia successoria. Cassa e decide nel merito, Comm. Trib. Reg. Firenze, 27/11/2006.Cassazione civile, sez. trib., 26/06/2013, n In tema di imposta sulle successioni, la motivazione dell'avviso di rettifica e di liquidazione, ha la funzione di delimitare l'ambito delle ragioni adducibili dall'ufficio finanziario nell'eventuale successiva fase contenziosa e di consentire al contribuente l'esercizio del diritto di difesa. Ne consegue che l'atto deve enunciare i criteri astratti in base ai quali è stato determinato il maggior valore, ma non anche gli elementi di fatto utilizzati per l'applicazione di essi, in quanto il contribuente, presa conoscenza del criterio di valutazione adottato, è in condizione di contestare e documentare l'infondatezza della pretesa erariale, fermo restando l'onere della prova gravante sull'amministrazione. (In applicazione di questo principio, la S.C. ha cassato con rinvio la sentenza impugnata che aveva annullato un avviso di rettifica e liquidazione fondato sui valori medi desunti dall'osservatorio del mercato immobiliare ravvisando il difetto di motivazione dell'atto di accertamento a causa della mancanza della specifica indicazione degli immobili similari assunti a comparazione). Cassazione civile, sez. trib., 03/08/2012, n In tema di imposte sulle successioni, nel giudizio intentato dal contribuente avverso l'avviso di liquidazione, spetta a quest'ultimo, se pretende di sottrarre alla successione una parte dei beni intestati al de cuius, sostenendo che essi fanno parte della comunione legale, dimostrare, in applicazione delle regole generali sulla distribuzione dell'onere della prova, la sussistenza di tutti i relativi presupposti (ossia non solo che il defunto era sposato in regime di comunione legale e che i beni erano stati 92

93 acquistati in costanza di matrimonio, ma anche che non risultava alcuna delle ipotesi di esclusione di cui all'art. 179 c.c.), sempre che, nella fattispecie concreta, tali presupposti necessitino di prova. Cassazione civile, sez. trib., 21/12/2011, n In tema di motivazione degli atti dell'amministrazione finanziaria, a norma dei commi 2 bis degli art. 34 e 35 d.lg. 31 ottobre 1990 n. 346, l'avviso di rettifica e liquidazione della maggiore imposta di successione e l'avviso di accertamento e liquidazione d'ufficio devono indicare, a pena di nullità, i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche poste a fondamento dell'atto, cui vanno allegati gli atti richiamati (o riprodotti nel contenuto essenziale), a differenza dell'avviso di liquidazione di cui all'art. 33 del decreto citato, che si risolve in una mera liquidazione d'imposta secondo criteri predeterminati dalla legge e attraverso semplici operazioni contabili, alla stregua di quanto dichiarato dallo stesso contribuente. Cassazione civile, sez. trib., 11/04/2011, n In tema di imposta sulle successioni, il termine di decadenza entro il quale l'ufficio può procedere alla liquidazione della maggiore imposta decorre sempre dal pagamento dell'imposta principale di successione, anche nel caso in cui il contribuente, con riferimento ad immobile non iscritto in catasto, abbia proceduto all'autoliquidazione in virtù dell'art. 34, comma 6, d.p.r. n. 346 del L'autoliquidazione, infatti, che accompagna la dichiarazione di successione e quindi precede la liquidazione vera e propria dell'imposta da parte dell'ufficio ai sensi del d.l. n. 79 del 1997 come conv. in legge n. 140 del 1997 costituisce solo una modalità di pagamento anticipato rispetto al momento ordinario ma non può essere considerata un'autonoma e diversa imposta principale, essendo concettualmente possibile una sola imposta principale di successione. (In applicazione del principio, la S.C. ha confermato la sentenza della Commissione tributaria regionale che aveva ritenuto non applicarsi il termine di decadenza alla richiesta di pagamento dell'imposta cui l'ufficio aveva proceduto, dopo aver individuato l'imposta dovuta ai sensi del d.l. n. 79 del 1997, in quanto solo con il pagamento di quest'ultima somma poteva considerarsi versata l'imposta principale). Cassazione civile, sez. trib., 03/12/2010, n In tema di imposta di successione, qualora gli eredi, dopo aver manifestato la volontà di avvalersi del sistema di valutazione automatica previsto dall'art. 12 del d.l. n. 70 del 1998, conv. in legge n. 154 del 1988, in riferimento ad immobili non iscritti in catasto, siano decaduti dal beneficio, per aver omesso di produrre entro sessanta giorni la ricevuta dell'avvenuta presentazione dell'istanza di attribuzione della rendita catastale, l'ufficio, per recuperare la maggiore imposta dovuta, non può limitarsi ad emettere un avviso di liquidazione, ma, anche quando proceda alla determinazione del valore sulla base della valutazione comunicata dall'ute, deve emettere avviso di accertamento, ai sensi dell'art. 34, comma 3, del d.lg. n. 346 del 1990, risultando altrimenti pregiudicato il diritto di difesa del contribuente, che deve essere posto in grado di conoscere i presupposti di fatto dell'accertamento e le ragioni giuridiche che lo hanno determinato. Cassazione civile, sez. trib., 23/07/2009, n In tema di condono fiscale, costituisce lite pendente, suscettibile di definizione, ai sensi dell'art. 16 l. 27 dicembre 2002 n. 289, la controversia avente ad oggetto l'impugnazione di un avviso di liquidazione di imposta di successione, Invim ed oneri accessori, allorché venga contestata non la mera quantificazione dell'imposta dovuta, ma l'atto impositivo, facendosi valere l'inosservanza del termine fissato dall'art. 27 d.lg. 31 ottobre 1990 n. 346 e la mancata notifica di un atto presupposto (nelle specie, l'atto di attribuzione della rendita catastale in base al quale era stata effettuata la liquidazione), senza che assuma alcun rilievo la circostanza che le ragioni prospettate dal contribuente siano, o no, fondate. Cassazione civile, sez. trib., 12/03/2009, n In tema di imposta sulle successioni, qualora il contribuente, ai sensi dell'art. 12 d.l. 14 marzo 1988 n. 70, convertito con modificazioni dalla l. 13 maggio 1988 n. 154, abbia manifestato la volontà di avvalersi del sistema di valutazione automatica previsto dall'art. 52, comma 4, d.p.r. 26 aprile 1986 n. 131, in riferimento ad un immobile non ancora iscritto in catasto, la successiva determinazione della rendita catastale da parte dell'ute in misura tale che il valore calcolato ai sensi dell'art. 52 cit. risulti inferiore a quello dichiarato in via provvisoria non giustifica la riliquidazione dell'imposta, essendo il contribuente vincolato ai valori dichiarati nella denuncia di successione. Cassazione civile, sez. trib., 30/07/2008, n In tema di imposta di successione, nel caso in cui il contribuente, all'atto della denuncia di successione, per la determinazione del valore di un immobile compreso nell'asse, non ancora iscritto in catasto, abbia dichiarato di volersi avvalere del sistema automatico di determinazione della base imponibile previsto dall'art. 12 d.l. 14 marzo 1988 n. 70, convertito nella l. 13 maggio 1988 n. 154, è da ritenersi illegittima la determinazione della rendita catastale, operata dall'ute, in base a regole diverse da quelle 93

94 ordinarie e per finalità specifiche e/o per un tempo circoscritto, atteso che il fine perseguito dalla norma è solo quello di consentire al contribuente di avvalersi della valutazione cosiddetta parametrica, prevista per gli immobili forniti di rendita catastale, anche per gli immobili privi di tale rendita. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza della commissione regionale tributaria che aveva ritenuto illegittimo l'avviso di liquidazione emesso sulla base di rendite catastali provvisoriamente predisposte dall'ute esclusivamente per permettere il calcolo dell'imposta all'ufficio del registro). Cassazione civile, sez. trib., 18/06/2008, n In tema di imposta sulle successioni e donazioni, il limite al potere di accertamento dell'ufficio del registro in ordine agli atti concernenti immobili stabilito dall'art 34, comma 5, d.lg. 31 ottobre 1990 n. 346, presuppone che l'immobile oggetto dell'atto da registrare sia dotato di rendita catastale e che il contribuente abbia indicato il valore attribuito al bene. Ne consegue che detta norma non può trovare applicazione quando, avendo l'atto da registrare ad oggetto più immobili, ad alcuni di essi non sia stata attribuita la rendita catastale e nell'atto il contribuente abbia dichiarato un valore complessivo per tutti i beni. Cassazione civile, sez. trib., 04/04/2008, n In tema di Invim, l'obbligo legale di motivazione dell'avviso di accertamento di maggior valore mira a delimitare l'ambito delle ragioni adducibili dall'ufficio nell'eventuale successiva fase contenziosa ed a consentire al contribuente l'esercizio del diritto di difesa. Pertanto è necessario e sufficiente che l'avviso enunci i criteri astratti in base ai quali è stato determinato il maggior valore, salvi poi restando, in sede contenziosa, l'onere dell'ufficio di provare gli elementi di fatto giustificativi del quantum accertato e la facoltà del contribuente di dimostrare l'infondatezza della pretesa anche in base a criteri non utilizzati dall'ufficio. (Nella specie, la S.C. ha considerato sufficientemente motivato un avviso di accertamento di maggior valore fondato su una stima dell'u.t.e. e non indispensabile la specifica indicazione, da parte dell'ufficio, di immobili similari da assumere a comparazione, essendo tale indicazione un eventuale onere del contribuente). Cassazione civile, sez. trib., 21/01/2008, n In tema di imposta di successione, è illegittimo l avviso di accertamento emesso dall ufficio se nello stesso atto non è esplicitato chiaramente il criterio estimativo posto alla base della rettifica di valore del bene oggetto della successione. Inoltre, il criterio c.d. residuale contenuto nell art. 34 d.l. n. 346 del 1990 dovrà essere utilizzato dall ufficio come Extrema ratio, ovvero, potrà essere adottato solo quando gli altri due criteri indicati nello stesso articolo risultano inapplicabili al momento dell accertamento, in relazione alle peculiarità della situazione concreta. Comm. trib. reg. Bari, sez. VII, 10/12/2007, n. 48. In tema di imposta sulle successioni e le donazioni, l'art. 34, comma 3, d.lg. 31 ottobre 1990 n. 346, nella parte in cui prevede che, ai fini della rettifica del valore dei beni immobili, debba aversi riguardo ai trasferimenti a qualsiasi titolo ed alle divisioni e perizie giudiziarie, anteriori di non oltre tre anni, non comporta l'immodificabilità del valore di mercato risultante da detti atti, ma si limita a ad indicare un parametro certo di confronto in base al quale l'ufficio deve determinare il valore del bene in comune commercio: tale prescrizione deve pertanto ritenersi osservata non solo qualora, all'esito della verifica, quel valore venga confermato, ma anche nel caso in cui esso sia preso a base dell'ulteriore valutazione che l'ufficio è tenuto a compiere, nell'esercizio del potere-dovere di controllo del valore dichiarato. Cassazione civile, sez. trib., 15/10/2007, n In tema di imposta di successione ed in.v.im., qualora il contribuente abbia manifestato la volontà di avvalersi del sistema di valutazione automatica di cui all'art. 12 d.l. 14 marzo 1988 n. 70, conv. in l. 13 maggio 1988 n. 154, le rendite catastali di cui al d.lg. 28 dicembre 1993 n. 568, più favorevoli per i contribuenti, sono suscettibili di applicazione retroattiva esclusivamente ai fini della determinazione della base imponibile dell'in.v.im., ai sensi dell'art. 74, comma 5, l. 21 novembre 2000 n. 342, che estende a detto tributo il disposto dell'art. 2 d.l. 23 gennaio 1993 n. 16, conv. in l. 24 marzo 1993 n. 75, mentre tale beneficio resta escluso ai fini del calcolo dell'imposta di successione, trattandosi di un'imposta indiretta non contemplata da nessuna delle predette disposizioni. Cassazione civile, sez. trib., 22/01/2007, n In tema di condono fiscale, e con riferimento alla definizione agevolata dell'imposta di successione ai sensi della l. 30 dicembre 1991 n. 413, la presentazione della relativa istanza da parte di uno solo dei coobbligati, per il quale l'accertamento non sia divenuto definitivo, non essendosi provveduto nei suoi confronti alla notifica del relativo avviso, estende i suoi effetti, ai sensi dell'art. 53, comma 11, anche agli altri condebitori, ai quali l'avviso di accertamento sia stato regolarmente notificato, con l'unico limite rappresentato dal giudicato eventualmente formatosi sull'impugnazione o dal pagamento effettuato da taluno di essi: l'imposta di successione fa infatti nascere un'obbligazione solidale a carico 94

95 di tutti i coeredi, avente ad oggetto l'intero importo del tributo, il cui carattere progressivo comporta che, qualora la legge operi un riferimento all'imposta accertata, come accade per il condono, non è consentito, in sede di rideterminazione dell'imposta, tenere separati i singoli oggetti d'imposizione, dovendosi invece tener conto, ai fini dell'individuazione del contenuto dell'imposta, dell'intero asse ereditario. Cassazione civile, sez. trib., 09/08/2006, n In tema di imposta di successione, la necessità di specifica motivazione dell'avviso di liquidazione emesso, ai sensi dell'art. 12 d.l. 14 marzo 1988 n. 70, convertito nella l. 13 maggio 1988 n. 154, a seguito di attribuzione della rendita catastale, non sussiste nei confronti del contribuente cui sia stato precedentemente notificato l'atto di classamento e attribuzione di rendita. Cassazione civile, sez. trib., 19/04/2006, n Non si rinvengono precedenti in termini. (1) Sostanzialmente nello stesso senso, per il rilievo che qualora il contribuente, in sede di dichiarazione relativa ad un immobile non ancora iscritto in catasto, abbia chiesto, ai sensi dell'art. 34 d. lgs. 31 ottobre 1990 n. 346, di avvalersi del sistema automatico di valutazione con istanza di attribuzione della relativa rendita catastale, l'avviso di liquidazione deve avere un contenuto tale da porre il contribuente stesso in grado di verificare la valutazione operata dall'ute e, quindi, di esercitare il diritto di difesa, per cui, l'avviso di liquidazione - a meno che l'atto di classamento non sia già stato autonomamente notificato - deve contenere, a pena di nullità, oltre l'importo del tributo, anche l'indicazione dei dati di classamento della rendita catastale attribuita dall'ute, Cass. 20 febbraio 2003 n (in Diritto e giustizia, 2003, n. 11, p. 108; in Riv. giur. trib., 2003, 1147, con nota di PACE, La procedura di valutazione automatica e i difficili rapporti tra l'atto di accertamento catastale e l'atto impositivo). Nella stessa ottica della pronunzia in rassegna, altresì, e, in particolare per la affermazione che è illegittimo l'avviso di liquidazione, emesso dall'ufficio per il recupero dell'imposta di registro dovuta dal contribuente che nell'atto di vendita di un immobile non ancora iscritto in catasto edilizio urbano con attribuzione di rendita abbia dichiarato di volersi avvalere della disposizione di cui all'art. 12 d.l. 14 marzo 1988 n. 70, conv., con mod., nella l. 13 maggio 1988 n. 154, qualora l'ufficio finanziario ometta di notificare l'atto attributivo della rendita catastale ed il tenore dello stesso avviso di liquidazione non consenta la conoscenza degli elementi essenziali di questo, Cass. 27 novembre 2000 n , in Vita not., 2000, Per la precisazione, conforme a costante giurisprudenza, che nella procedura per l'assegnazione della rendita catastale, di cui all'art. 12 d.l. n. 70, cit., l'ufficio, dopo l'assegnazione della rendita da parte dell'ute, si limita a recepire tale indicazione ed a verificare se il valore che ne deriva è maggiore o minore rispetto a quello dichiarato dal contribuente, senza esercitare alcun potere discrezionale, per cui non è necessario un avviso d'accertamento contenente quelle motivazioni che sono indispensabili nel caso di esercizio di un potere discrezionale e l'ufficio può limitarsi a formulare la sua pretesa in un atto di liquidazione, tra le tantissime, Cass. 1 marzo 2002 n. 2973, in questa Rivista, 2003, I, 1917, nonché Cass. 28 ottobre 2000 n , in Diritto e giustizia, 2000, n , p. 58. Nel senso che l'avviso di liquidazione, comunque, deve indicare gli ulteriori elementi posti a base dell'imposizione, compresi i dati di classamento e la rendita catastale attribuita dall'ute, in modo che il contribuente sia posto in grado di controllare eventuali errori di inserimento dell'immobile nella categoria prevista, ovvero di applicazione dei coefficienti e delle aliquote, Cass. 6 settembre 2004 n Sempre in quest'ultimo senso, in caso di liquidazione dell'imposta secondo il criterio di cui all'art. 12 d.l. n. 70, cit., non è necessario procedere, prima della notifica dell'avviso di liquidazione, alla separata notificazione o comunicazione dell'atto di classamento dell'immobile con attribuzione della relativa rendita catastale, potendo tali atti essere recepiti nell'avviso di liquidazione con il quale l'ufficio procede al recupero della maggiore imposta dovuta, così da consentirne la conoscenza al contribuente e da permettere l'impugnazione dell'avviso stesso, Cass. 10 settembre 2003 n , nonché Cass. 9 maggio 2003 n. 7123, secondo cui ai fini della tutela del contribuente non è necessario che nell'avviso di liquidazione risultino i criteri e i parametri adottati per il classamento, i quali sono oggettivi e predeterminati, essendo sufficiente la comunicazione dei dati del classamento, consistenti nell'indicazione della zona censuaria, della categoria, della classe, della consistenza e della rendita. In termini generali, per il rilievo che l'art. 12 d.l. n. 70, cit., il quale stabilisce che gli UTE, entro dieci mesi dalla data in cui è stata presentata la domanda di classamento, sono tenuti ad inviare all'ufficio del registro un certificato catastale attestante l'avvenuta iscrizione, non esonera l'ufficio dall'obbligo di rendere comprensibile al contribuente, in sede di liquidazione, la pretesa fiscale, indicando nell'avviso, 95

96 oltre all'importo del tributo, anche gli ulteriori elementi posti a fondamento dell'imposizione, in modo che il contribuente sia posto in grado di controllare eventuali errori di calcolo nell'applicazione dei coefficienti e delle aliquote, Cass. 9 giugno 2000 n. 7906, in Riv. dir. trib., 2001, II, 457, con nota di LA ROSA, Definitività degli avvisi di liquidazione, autotutela tributaria e ripetibilità delle imposte «principali» nel sistema delle imposte sui trasferimenti. Nel senso che l'avviso di classamento con il quale l'ufficio tecnico erariale attribuisce la rendita ad un immobile è incontestabilmente un provvedimento di natura valutativa, integrante atto di accertamento e, come tale, deve essere motivato, Cass. 5 maggio 2000 n (in Riv. not., 2001, 183, con nota di GARREFFA, Questioni vecchie e nuove in tema di procedimento di valutazione automatica ai sensi dell'art. 12 d.l. n. 70 del 1988 ) ove il rilievo che tale obbligo deve ritenersi assolto con l'indicazione dei criteri e delle fonti della determinazione operata. Il giudizio sul valore economico dei beni classati è di natura eminentemente tecnica, per cui la presenza e l'adeguatezza della motivazione rilevano non ai fini della legittimità, ma della attendibilità concreta del giudizio, che il contribuente può contestare con una propria attività di estimazione. Per i giudici di merito, nel senso che qualora il contribuente dichiari di volersi avvalere del metodo di valutazione automatica di cui all'art. 12 d.l. n. 70, cit., la mancata notifica del classamento da parte dell'ute non può essere motivo per giustificare la mancata proposizione del ricorso avverso l'attribuzione della rendita stessa, atteso che con la notifica dell'avviso di liquidazione il contribuente viene a conoscenza dell'operato dell'ute e posto in condizione di ricorrere contro il classamento stesso, per cui è inammissibile l'impugnazione dell'avviso di liquidazione per motivi riguardanti la determinazione della rendita, Comm. trib. rg. Milano, sez. IV, 14 gennaio 2003 n. 191, in Riv. giur. trib., 2003, In tema di condono fiscale, e con riferimento alla chiusura delle liti pendenti disciplinata dall'art. 16 l. 27 dicembre 2002 n. 289, non è suscettibile di definizione agevolata la controversia avente ad oggetto l'impugnazione dell'avviso di liquidazione dell'imposta di successione e dell'in.v.im., notificato al contribuente che abbia manifestato la volontà di avvalersi del sistema di valutazione automatica di cui all'art. 12 d.l. 14 marzo 1988 n. 70, conv. conmodificazioni nella l. 13 maggio 1988 n. 154: in tal caso, infatti, resta esclusa ogni possibilità di contesa in ordine alla determinazione della base imponibile, in quanto il valore dell'immobile è ricavato senza margini di discrezionalità da parte dell'ufficio, applicando il coefficiente legale fisso alla rendita attribuita dall'ute, la cui contestazione, pur essendo destinata ad incidere sulla determinazione del tributo, non rientra tra le controversie suscettibili di definizione agevolata, non avendo ad oggetto l'imposta, ma il classamento.cassazione civile, sez. trib., 03/04/2006, n L'avviso di rettifica del valore degli immobili (art. 51 d.p.r. 26 aprile 1986 n. 131 per l'imposta di registro e l'in.v.im., art. 34 d.lg. 31 ottobre 1990 n. 346 per l'imposta di successione e l'in.v.im. periodica) è completo (e quindi legittimo) nel momento in cui contiene - anche per relationem - l'indicazione degli atti utilizzati e gli estremi della registrazione, per consentire al contribuente che ne ha interesse di richiedere tali atti e di eventualmente contestarli nella maniera più opportuna e producente. Il problema della affidabilità di tali atti (che ricomprende anche la loro esatta od errata indicazione) si pone dunque nell'ambito giudiziale per effetto della contestazione di chi ne subisce gli effetti negativi. Ne consegue, in particolare, che il mero errore materiale nella indicazione dei dati di registrazione dell'immobile riportato in via comparativa nella stima dell'ute deve ritenersi, di per sé, ininfluente, qualora si accerti, in concreto, che non abbia aggravato l'esercizio dei diritti di difesa.cassazione civile, sez. trib., 23/12/2005, n In tema di imposta sulle successioni, qualora i coeredi, in sede di dichiarazione relativa ad immobile non ancora iscritto in catasto, abbiano chiesto di avvalersi del sistema automatico di valutazione, con istanza di attribuzione della relativa rendita catastale, gli avvisi di liquidazione dell'imposta, se emessi senza essere stati preceduti da separata comunicazione o notificazione (non necessarie anteriormente alle modifiche introdotte dall'art. 74 l. 21 novembre 2000 n. 342) a ciascun interessato, devono avere un contenuto tale che i contribuenti che non abbiano avuto previa conoscenza dell'atto di classamento siano posti in grado di controllare eventuali errori di calcolo nell'applicazione dei coefficienti e delle aliquote, e, quindi, contenere, oltre all'importo del tributo, anche gli ulteriori elementi posti a base dell'imposizione, compresa l'indicazione dei dati di classamento, consistenti nella indicazione della zona censuaria, della categoria, della classe e della consistenza della rendita. Cassazione civile, sez. trib., 02/12/2005, n

97 In tema di imposta di registro, a norma dell'art. 12 d.l. 14 marzo 1988 n. 70, conv. in l. 13 maggio 1988 n. 154, le disposizioni dell'art. 52, comma 4, d.p.r. 26 aprite 1986 n. 131, sono applicabili anche ai trasferimenti di fabbricati non ancora iscritti in catasto edilizio urbano con attribuzione di rendita - dichiarati ai sensi dell'art. 56 del regolamento per la formazione del nuovo catasto edilizio urbano, approvato con d.p.r. 1 dicembre 1949 n. 1142, - a condizione che il contribuente che voglia giovarsene dichiari espressamente nell'atto di volersi avvalere dei relativi criteri, alleghi alla domanda di voltura specifica istanza per l'attribuzione di rendita catastale, e produca la ricevuta della presentazione di tale istanza al competente ufficio del registro entro sessanta giorni dalla data di formazione dell atto pubblico o di registrazione della scrittura privata. Ciò comporta, da un lato, che la richiesta del beneficio sia esplicita, non essendo dunque idonea alcuna istanza implicita, e, dall'altro, che non sia ammessa una manifestazione di volontà in epoca successiva o in sede contenziosa, cui, in ogni caso, osterebbe la cadenza degli ulteriori adempimenti previsti dalla norma, per l'ultimo dei quali è fissato un termine di sessanta giorni, espressamente definito perentoria nell'analoga disciplina dettata in materia successoria dall'art. 34, comma 6 d.l. 31 ottobre 1990 n. 346.Cassazione civile, sez. trib., 27/07/2005, n In tema di imposta di registro, la perentorietà del termine di sessanta giorni per la produzione, all'ufficio del registro, della ricevuta dell'istanza di attribuzione della rendita catastale discende dal tenore letterale dell'ultimo periodo dell'art. 12 d.l. 14 marzo 1988 n. 70, conv. in l. 13 maggio 1988 n secondo cui, in caso di mancata presentazione della ricevuta nei termini, l'ufficio procede ai sensi dell'art. 52, comma 1, d.p.r. 26 aprile 1986 n ed è comunque desumibile con certezza dall'espressa qualificazione come perentorio dell'identico termine previsto dall'art. 34, comma 6, d.lg. 31 ottobre 1990 n. 346, nell'analoga disciplina dettata in materia successoria. Cassazione civile, sez. trib., In tema di imposta di registro, a norma dell'art. 12 d.l. 14 marzo 1988 n. 70, conv. in l. 13 maggio 1988 n. 154, le disposizioni dell'art. 52, comma 4, d.p.r. 26 aprile 1986 n. 131, sono applicabili anche ai trasferimenti di fabbricati non ancora iscritti in catasto edilizio urbano con attribuzione di rendita - dichiarati ai sensi dell'art. 56 del regolamento per la formazione del nuovo catasto edilizio urbano, approvato con d.p.r. 1 dicembre 1949 n. 1142, - a condizione che il contribuente che voglia giovarsene dichiari espressamente nell'atto di volersi avvalere dei relativi criteri, alleghi alla domanda di voltura specifica istanza per l'attribuzione di rendita catastale, e produca la ricevuta della presentazione di tale istanza al competente ufficio del registro entro sessanta giorni dalla data di formazione dell'atto pubblico o di registrazione della scrittura privata. Ciò comporta, da un lato, che la richiesta del beneficio sia esplicita, non essendo dunque idonea alcuna istanza implicita, e, dall'altro, che non sia ammessa una manifestazione di volontà in epoca successiva o in sede contenziosa, cui, in ogni caso, osterebbe la cadenza degli ulteriori adempimenti previsti dalla norma, per l'ultimo dei quali è fissato un termine di sessanta giorni, espressamente definito perentorio nell'analoga disciplina dettata in materia successoria dall'art. 34, comma 6, d.lg. 31 ottobre 1990 n Cassazione civile, sez. trib., 26/09/2003, n In tema di imposta sulle successioni, qualora il contribuente, ai sensi dell'art. 34, comma 6, d.lg. 31 ottobre 1990 n. 346, abbia chiesto, in relazione ad immobile non ancora iscritto in catasto con attribuzione di rendita, di avvalersi del criterio automatico di valutazione ed il successivo atto di classamento non sia stato notificato all'interessato (anteriormente all'entrata in vigore dell'art. 74 l. 21 novembre 2000 n. 342), l'avviso di liquidazione emesso dall'ufficio finanziario deve - sì - recepire l'atto di classamento, in modo da consentire al contribuente la sua conoscenza e l'eventuale impugnazione unitamente all'avviso di liquidazione, ai sensi dell'art. 19, comma 3, d.lg. 31 dicembre 1992 n Ai fini della tutela del contribuente non è necessario tuttavia che nell'avviso di liquidazione risultino i criteri e i parametri adottati per il classamento, i quali sono oggettivi e predeterminati, essendo sufficiente la comunicazione dei dati del classamento, consistenti nell'indicazione della zona censuaria, della categoria, della classe, della consistenza e della rendita. Cassazione civile, sez. trib., 09/05/2003, n In tema di imposta di successione, regolata dal d.p.r. n. 637 del 1972 (per essersi aperta la successione in data anteriore al 1 gennaio 1991), non può negarsi la validità di un avviso di accertamento sol perché questo risulti motivato con riferimento a criteri di valutazione dei beni immobili e dei diritti immobiliari diversi da quelli legali, atteso che, anche nel vigore dell'art. 20 del d.p.r. n. 637 cit., il quale (a differenza dell'art. 34, comma 3, del d.lg n. 346 del 1990) non fa riferimento a criteri valutativi 97

98 diversi da quelli espressamente previsti, tale possibilità è consentita all'amministrazione purché - nell'avviso - siano indicate o risultino implicitamente le ragioni dell'insufficienza di questi ultimi (Nell'enunciare tale principio la Corte ha richiamato, quale argomento ulteriore a conforto dell'interpretazione dell'art. 20 del d.p.r. n. 637, la giurisprudenza della Cassazione in materia di imposta di registro, formatasi sull'art. 48, comma 2, del previgente d.p.r. n. 634 del 1972, il quale - al pari dell'art. 20 cit. - non conteneva un espresso riferimento di carattere generale alla possibilità d'impiego di criteri di valutazione diversi da quelli legali). Cassazione civile, sez. trib., 25/03/2003, n In tema di imposta sulle successioni e donazioni, qualora il contribuente, in sede di dichiarazione relativa ad un immobile non ancora iscritto in catasto, abbia chiesto, ai sensi dell'art. 34 del d.lg. 31 ottobre 1990, n. 346, di avvalersi del sistema automatico di valutazione con istanza di attribuzione della relativa rendita catastale, l'avviso di liquidazione - che l'ufficio invii ai contribuente ove rilevi che il valore derivante dall'applicazione del criterio automatico sia superiore a quello dichiarato - deve avere un contenuto tale da porre il contribuente stesso in grado di verificare la valutazione operata dall'u.t.e. e, quindi, di esercitare il diritto di difesa. Pertanto, l'avviso di liquidazione (a meno che l'atto di classamento non sia già stato autonomamente notificato) deve contenere, a pena di nullità, oltre l'importo del tributo, anche l'indicazione dei dati di classamento della rendita catastale attribuita dall'u.t.e. Cassazione civile, sez. trib., 20/02/2003, n In tema di imposta sulle successioni, qualora il contribuente, in sede di dichiarazione relativa ad immobile non ancora iscritto in catasto, abbia chiesto, ai sensi dell'art. 34 d.lg. 31 ottobre 1990 n. 346, di avvalersi del sistema automatico di valutazione, con istanza di attribuzione della relativa rendita catastale, l'avviso di liquidazione - che l'ufficio invii al contribuente ove rilevi che il valore derivante dall'applicazione del criterio di valutazione automatico sia superiore a quello dichiarato - deve avere un contenuto tale da porre il contribuente stesso in grado di verificare la valutazione operata dall'ute e, quindi, di esercitare il diritto di difesa. Pertanto, l'avviso di liquidazione (a meno che l'atto di classamento non sia già stato autonomamente notificato) deve contenere, a pena di nullità, oltre l'importo del tributo, anche l'indicazione dei dati di classamento e della rendita catastale attribuita dall'ute. Cassazione civile, sez. trib., 20/02/2003, n In tema di imposta sulle successioni, la determinazione del valore degli immobili, sia in caso di espressa richiesta di valutazione automatica ai sensi del comma 6 dell'art. 34 d.lg. 31 ottobre 1990 n. 346, sia al fine di evitare la sottoposizione a rettifica ai sensi del comma 5 della stessa norma, deve avvenire secondo gli estimi catastali ed i moltiplicatori per la determinazione dell'imponibile vigenti alla data dell'apertura della successione, come emerge dal comma 7 della norma citata (che prevede l'operatività delle modifiche dei coefficienti stabiliti per le imposte sui redditi, nonché dei moltiplicatori predetti, per le sole successioni aperte dal quindicesimo giorno successivo alla pubblicazione dei decreti che le dispongono) e dall'art. 4, comma 4, l. 29 dicembre 1990 n. 405 (che precisa ulteriormente la disciplina intertemporale). (Nell'affermare il principio di cui alla massima, la S.C. ha ritenuto erronea l'applicazione, ad una successione apertasi nel 1991, delle tariffe di estimo fissate nei prospetti allegati al decreto del ministro delle finanze 27 settembre 1991, che - in conformità dell'art. 4, comma 4, della legge n. 405 del ne ribadiva l'operatività a decorrere solo dall'1 gennaio 1992). Cassazione civile, sez. trib., 18/01/2002, n. 515 La categoria dell'inesistenza giuridica richiede che l'atto o non sia inquadrabile in nessun parametro normativo o provenga da un soggetto assolutamente privo, "ab imis", del potere di emanarlo; tale vizio non ricorre con riguardo all'avviso di accertamento emesso (e notificato) dall'ufficio competente in pendenza del termine per la presentazione, da parte del contribuente, della dichiarazione integrativa di cui al comma 1 bis dell'art. 11 l. 17 dicembre 1986 n. 880 (aggiunto dall'art. 12 d.l. 14 marzo 1988 n. 70, convertito, con modificazioni, nella l. 13 maggio 1988 n. 154), non essendo configurabile, in tale periodo, una assoluta carenza dell'ordinario potere di rettifica spettante all'amministrazione finanziaria in conseguenza all'accertamento del maggior valore dei beni caduti in successione. Cassazione civile, sez. trib., 17/09/2001, n In tema di imposta sulle successioni, il fatto che gli eredi abbiano richiesto nella denuncia di successione anche la liquidazione dell'imposta sulla base dei criteri di valutazione automatica per i fabbricati dichiarati per l'iscrizione, ma non ancora iscritti alla data di detta denuncia, non comporta l'applicazione di tale regime qualora non dimostrino di aver soddisfatto le altre condizioni previste dall'art. 34 del d.lg. n. 346 del 1990, costituite dalla domanda di voltura catastale presentata di persona, con specifica istanza di attribuzione della rendita, e dalla presentazione della relativa ricevuta rilasciata 98

99 dall'u.t.e. all'ufficio del Registro entro il termine perentorio di 60 giorni dalla presentazione della dichiarazione di successione. In mancanza della prova di avere soddisfatto tute le condizioni di legge, rimane la regola della tassazione in base al valore venale (costituto nella specie da quello dichiarato dagli stessi contribuenti, non essendovi stata rettifica, ma semplice liquidazione dell'imposta dovuta sulla base della dichiarazione degli interessati). Cassazione civile, sez. trib., 20/04/2001, n Il fatto che in sede di denunzia di successione gli eredi abbiano dichiarato di volersi avvalere del regime della valutazione automatica dei beni immobili caduti in successione non è sufficiente a far decurtare il valore dichiarato, in base al criterio catastale, ove gli eredi stessi non dimostrino di aver soddisfatto le altre condizioni di cui ai punti b) e c) dell'art. 34, comma 6, d. lg. n. 346 del 1990 e in particolare, domanda di voltura catastale con specifica istanza di attribuzione della rendita, nonché presentazione, all'ufficio del registro, entro 60 giorni dalla presentazione della dichiarazione di successione, della ricevuta di voltura catastale. In difetto della dimostrazione del compimento di tali adempimenti legittimamente l'ufficio procede alla liquidazione della imposta sulla base del valore denunziato, anche se maggiore del valore dell'immobile sulla base della rendita catastale successivamente attribuita. Cassazione civile, sez. trib., 20/04/2001, n La determinazione del valore finale di un fabbricato non ancora iscritto in catasto con attribuzione di rendita secondo il criterio della c.d. valutazione automatica ai fini dell'applicazione dell'in.v.im. decennale c.d. straordinaria - di cui all'art. 1 comma 8 d.l. 13 settembre 1991 n. 299, conv. in l. 18 novembre 1991 n è ammissibile soltanto se il contribuente abbia soddisfatto gli oneri di dichiarazione previsti dall'art. 34 comma 6 d.lg. 31 ottobre 1990 n. 346 in tema di imposta sulle successioni. Conseguentemente l'ufficio del registro - in carenza del rispetto degli obblighi di denunzia non più effettuabili per intervenuta decadenza - è legittimato ad individuare il valore finale del fabbricato secondo il valore venale del bene in comune commercio come previsto dall'art. 34 comma 3 del cit. d.p.r. n Cassazione civile, sez. trib., 27/10/2000, n In riferimento agli art. 24, 113 e 53 cost., non è fondata - nei sensi di cui in motivazione - la q.l.c. degli art. 34 e 41 d.lg. 31 ottobre 1990 n. 346 t.u. delle disposizioni concernenti l'imposta delle successioni e donazioni, sotto il profilo che non consentirebbero al terzo, acquirente di bene immobile ereditario, gravato da privilegio speciale a garanzia del pagamento della imposta di successione e delle sanzioni amministrative, di contestare in sede giudiziale, supplendo all'inerzia del successore "mortis causa", la maggiore imposta (complementare) liquidata dalla amministrazione in sede di rettifica della dichiarazione del contribuente. La disciplina censurata, infatti, deve essere interpretata nel senso che il terzo acquirente del bene oggetto del privilegio immobiliare, nell'ipotesi in cui l'accertamento di maggior valore della imposta di successione sia successivo alla trascrizione del titolo di acquisto del bene, mentre può intervenire volontariamente o su istanza di parte nel giudizio promosso avverso l'accertamento dal debitore di imposta, resta, comunque, legittimato a opporre in sede di espropriazione - nel caso in cui non abbia partecipato al giudizio - le eccezioni non sollevate dal successore "mortis causa", supplendo in tal modo all'inerzia di quest'ultimo. Corte Costituzionale, 15/10/1999, n. 386 Non è fondata - in riferimento agli art. 24, 113 e 53 cost. - la q.l.c. degli art. 34 e 41, d.lg. 31 ottobre 1990 n. 346, sollevata sotto il profilo che tali norme potrebbero essere interpretate nel senso di non consentire al terzo acquirente di un bene immobile ereditario, gravato da privilegio speciale a garanzia del pagamento dell'imposta di successione e delle sanzioni amministrative, di contestare in sede giudiziale, supplendo all'inerzia del successore "mortis causa", la maggior imposta (imposta complementare) liquidata dall'amministrazione in sede di rettifica della dichiarazione del contribuente. Corte Costituzionale, 15/10/1999, n. 386 Nel caso di imposta complementare derivante dall'applicazione dell'art. 12 d.l. n. 70 del 1988, il termine di decadenza triennale decorre dalla data di registrazione, poiché a nulla rileva il termine di dieci mesi entro il quale l'ute deve inviare all'ufficio del registro il certificato catastale attestante l'attribuzione della rendita ex comma 2 art. 12 cit., trattandosi di atto preparatorio che resta tutto interno al procedimento impositivo, come chiarito dal legislatore nella fattispecie parallela disciplinata ai fini dell'imposta di successione dell'art. 34 comma 6 d.lg. 31 ottobre 1990 n Comm. trib. reg. Venezia, sez. XX, 07/10/1999, n. 63 La disposizione dell'art. 16 d.lg. n. 346 del 1990, contrariamente a quanto sostenuto dall'ufficio, non può ritenersi equipollente a quella contenuta nell'art. 22 d.p.r. n. 637 del 1972 in considerazione della circostanza che la novellata norma ha dal punto di vista lessicale e sostanziale mutato il criterio di 99

100 determinazione del valore delle quote cadute in successione in proporzione del patrimonio netto della società risultante dall'ultimo bilancio pubblicato o dall'ultimo inventario regolarmente redatto e vidimato. L'art. 34 comma 4 d.lg. n. 346 del 1990, è utilizzabile, ai fini dell'accertamento del valore delle quote, allorquando il bilancio non risponda ai criteri della corretta e fedele valutazione delle poste ma non quando il bilancio non sia censurabile perché correttamente redatto in base alle disposizioni del c.c. Comm. trib. prov.le Milano, sez. XLVI, 27/09/1999, n. 213 Qualora nell'asse ereditario confluiscano quote di società non azionarie, i loro valore è determinato in base al patrimonio netto contabile della società risultante dall'ultimo bilancio pubblicato e non prendendo a riferimento il valore venale; la consistenza delle quote, in base all'art. 34 d.l. 31 ottobre 1990 n. 346, può essere rettificata solo quanto il bilancio sia soggetto a censura, perché non rispondente ai criteri di una corretta e fedele valutazione delle poste. Comm. trib. prov-distr. Grosseto, sez. III, 29/04/1998 È illegittimo, da parte dell'ufficio, il sindacato sulla validità dell'inventario in sede di liquidazione dell'imposta principale. La valutazione di merito è un atto di accertamento e deve essere fatto nei tempi e nelle forme stabiliti dall'art. 34 t.u. n. 346 del 31 ottobre È da escludere, comunque, che il riporto globale degli effetti personali del "de cuius" possa essere motivo di invalidità dell'inventario per difetto di analiticità. Appare dubbio, inoltre, che l'ufficio possa sindacare la validità di un atto emesso dall'autorità giudiziaria. Comm. trib. reg. L'Aquila, 13/11/1996, n. 92 In tema di imposta di successione nel vigore del d.p.r. 26 ottobre 1972 n. 637 gli interessi moratori sul tributo dovuti a norma della l. 26 gennaio 1961 n. 29 (come interpretata autenticamente dalla l. 28 marzo 1962 n. 147) decorrono dalla scadenza del termine per la presentazione della denuncia di successione (sei mesi dalla data di apertura della successione) e vanno computati secondo semestri compiuti con riferimento alla liquidazione del tributo complementare, escludendo, quindi, dal calcolo il semestre in cui tal liquidazione viene effettuata, dovendosi considerare compiuto il semestre precedente, senza che possano invocarsi, in materia, le disposizioni sopravvenute di cui all'art. 34, d.lg. 31 ottobre 1990 n. 346 (e successive modificazioni). Cassazione civile, sez. I, 14/12/1995, n In tema di imposta di successione e nella vigenza del d.p.r. 26 ottobre 1972 n. 637, gli interessi moratori sul tributo di natura complementare, dovuti in base alla l. 26 gennaio 1961 n. 29 ed alla l. 28 marzo 1962 n. 147 (recante interpretazione autentica della legge n. 29 del 1961), decorrono dalla scadenza del termine per presentare la denuncia di successione, che ai sensi dell'art. 39 del d.p.r. n. 637 del 1972 è di sei mesi dalla data di apertura della successione, senza che possa ritenersi applicabile l'art. 34, comma 1, d.lgs. 31 ottobre 1990 n. 346 (recante il t.u. delle disposizioni concernenti l'imposta sulle successioni e donazioni), modificato dall'art. 9, comma 1, d.l. 29 aprile 1994 n. 260, conv. con modif. in l. 27 giugno 1994 n Detti interessi vanno computati secondo semestri compiuti con riferimento alla liquidazione del tributo complementare, escludendo, quindi, dal calcolo il semestre in cui tale liquidazione viene effettuata, dovendosi considerare compiuto il semestre precedente. Il rinvio della causa da parte della Corte d'appello alla commissione di secondo grado per la determinazione della somma dovuta a tale titolo è legittima, vertendosi in tema di valutazione estimativa. Cassazione civile, sez. I, 14/12/1995, n Articolo 35 Accertamento e liquidazione d'ufficio 1. In caso di omissione della dichiarazione della successione l'ufficio del registro provvede all'accertamento dell'attivo ereditario e alla liquidazione dell'imposta avvalendosi dei dati e delle notizie comunque raccolti o venuti a sua conoscenza, compresi quelli desunti da dichiarazioni considerate omesse a norma degli articoli 28, comma 8, e 32, comma 1. In aggiunta all'imposta sono liquidati, nella misura di cui all'art. 34, comma 1, gli interessi dalla data di scadenza del termine entro il quale la dichiarazione omessa avrebbe dovuto essere presentata. 2. L'avviso di accertamento e liquidazione deve contenere: l'indicazione delle generalità dei chiamati all'eredità; la descrizione dei beni e dei diritti compresi nell'attivo ereditario, con l'indicazione dei valori a ciascuno di essi attribuiti e dei criteri seguiti per determinarli a norma degli articoli da 14 a 19, 34, commi 3 e 4, e 10; l'indicazione degli estremi e del valore delle 100

101 donazioni anteriori di cui all'art. 8, comma 4; l'indicazione delle aliquote applicate e del calcolo dell'imposta. 2-bis. La motivazione dell'atto deve indicare i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che lo hanno determinato. Se la motivazione fa riferimento ad un altro atto non conosciuto né ricevuto dal contribuente, questo deve essere allegato all'atto che lo richiama salvo che quest'ultimo non ne riproduca il contenuto essenziale. L'accertamento è nullo se non sono osservate le disposizioni di cui al presente comma (2). 3. L'esistenza di passività deducibili e la spettanza di riduzioni e di detrazioni possono essere dimostrate, nei modi indicati negli articoli 23, commi 1, 2 e 3, 25 e 26, entro il termine di sei mesi dalla data di notificazione dell'avviso. 4. Le disposizioni del presente articolo si applicano, salvo il diverso contenuto dell'avviso, anche per la riliquidazione dell'imposta in caso di omissione della dichiarazione sostitutiva e per la liquidazione della maggiore imposta in caso di omissione della dichiarazione integrativa. Articolo 36 Soggetti obbligati al pagamento dell'imposta 1. Gli eredi sono obbligati solidalmente al pagamento dell'imposta nell'ammontare complessivamente dovuto da loro e dai legatari. 2. Il coerede che ha accettato l'eredità col beneficio d'inventario è obbligato solidalmente al pagamento, a norma del comma 1, nel limite del valore della propria quota ereditaria. 3. Fino a quando l'eredità non sia stata accettata, o non sia stata accettata da tutti i chiamati, i chiamati all'eredità, o quelli che non hanno ancora accettato, e gli altri soggetti obbligati alla dichiarazione della successione, esclusi i legatari, rispondono solidalmente dell'imposta nel limite del valore dei beni ereditari rispettivamente posseduti. Si applica l'art. 58 del testo unico sull'imposta di registro approvato con decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n L'ufficio del registro può chiedere la fissazione di un termine per l'accettazione dell'eredità a norma dell'articolo 481 del codice civile o la nomina di un curatore dell'eredità giacente a norma dell'art. 528 dello stesso codice. 5. I legatari sono obbligati al pagamento dell'imposta relativa ai rispettivi legati. In tema di imposta sulle successioni, sussiste, a carico di tutti i coeredi, un'obbligazione tributaria solidale al pagamento dell'intero importo del tributo, essendo, al riguardo, indifferente che si tratti di successione legittima o testamentaria, atteso che l'art. 36 del d.lgs. 31 ottobre 1990, n. 346, prevede la solidarietà tra i coeredi come principio generale dell'imposta di successione, senza operare distinzioni tra successione legale e testamentaria.rigetta Comm. Trib. Reg. della Sicilia,sez. dist. di Catania, 12/06/2008.Cassazione civile, sez. trib., 19/11/2014, n In caso di successione e in base al d.lg. n. 346 del 1990, nasce a carico di tutti i coeredi un'obbligazione tributaria solidale avente a oggetto l'intero importo del tributo successorio; tale principio si applica sia alla successione testamentaria sia alla successione legittima, atteso che l'art. 36 del d.lg. cit. non distingue in proposito, mantenendo la solidarietà quale principio generale dell'intera imposta di successione, sicché tutti gli eredi sono ritenuti obbligati per la medesima prestazione nei riguardi dell'erario (art c.c.).cassazione civile, sez. trib., 19/11/2014, n In tema di responsabilità per i debiti ereditari tributari, in mancanza di norme speciali che vi deroghino, si applica la disciplina comune di cui agli artt. 752 e 1295 cod. civ., in base alla quale gli eredi rispondono dei debiti in proporzione delle loro rispettive quote ereditarie. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha affermato la responsabilità dei coeredi, in proporzione delle rispettive quote ereditarie, per l'imposta di registro, caduta in successione, escludendo l'applicabilità a tale fattispecie dell'art. 65 del d.p.r. 29 settembre 1973, n. 600, che prevede la responsabilità solidale dei coeredi soltanto relativamente ai debiti del "de cuius" per il mancato pagamento delle imposte sui redditi, dell'art. 36 del d.lgs. 31 ottobre 1990, n. 346, che stabilisce la solidarietà dei coeredi con riferimento 101

102 alla sola imposta di successione, nonché dell'art. 57 del d.p.r. 26 aprile 1986, n. 131, che non riguarda i coeredi del debitore solidale dell'imposta di registro). Cassa e decide nel merito, Comm. Trib. Reg. Lazio, Sez. Dist. Latina, 22/10/2007.Cassazione civile, sez. trib., 22/10/2014, n In tema di Invim, gli eredi non rispondono solidarmente dell'imposta dovuta dal dante causa, ma pro quota, in base alla regola generale di cui all'art c.c., operando in materia tributaria la solidarietà fra gli eredi solo nei casi espressamente previsti e prevedendo l'art. 26 d.p.r. 26 ottobre 1972 n. 643 la solidarietà per il pagamento del tributo indicato limitata agli "alienanti" e ai "beneficiari del trasferimento di ciascun immobile" (categoria quest'ultima riferita all'ipotesi di trasferimento a titolo gratuito).cassazione civile, sez. trib., 14/01/2011, n. 780 In caso di rilascio dei beni ereditari in favore dei creditori e dei legatari, a seguito di accettazione dell'eredità con beneficio d'inventario, l'amministrazione finanziaria, pur non potendo insinuare nella procedura di liquidazione il proprio credito relativo all'imposta di successione, il quale sorge nei confronti dell'erede in relazione a quanto residuerà a seguito della definitività dello stato di graduazione, può controllare le operazioni della procedura, notificando l'avviso di liquidazione, oltre che all'erede, anche al curatore nominato ai sensi dell'art. 508 c.c., il quale è legittimato ad impugnarlo, in qualità di assegnatario ed amministratore dell'eredità medesima, risultando inutiliter data una sentenza eventualmente pronunciata in assenza di uno dei predetti soggetti. Cassazione civile, sez. trib., 21/02/2008, n Cassazione civile 15 luglio 2015 n sez. VI Cassazione civile 28 maggio 2008 n sez. trib.. La Corte ha affermato che in caso di rilascio dei beni ereditari in favore dei creditori e dei legatari, a seguito di accettazione dell'eredità con beneficio d'inventario, l'amministrazione finanziaria, pur non potendo insinuare nella procedura di liquidazione il proprio credito relativo all'imposta di successione, il quale sorge nei confronti dell'erede in relazione a quanto residuerà a seguito della definitività dello stato di graduazione, può controllare le operazioni della procedura, notificando l'avviso di liquidazione, oltre che all'erede, anche al curatore nominato ai sensi dell'art. 508 c.c., il quale è legittimato ad impugnarlo, in qualità di assegnatario ed amministratore dell'eredità medesima, risultando inutiliter data una sentenza eventualmente pronunciata in assenza di uno dei predetti soggetti. Tale decisione si pone implicitamente in contrasto con Cass. 8 ottobre 1991 n , per la quale nel caso di accettazione dell'eredità con beneficio di inventario e con rilascio dei beni ai creditori, soggetto legittimato a ricorrere contro la liquidazione dell'imposta di successione è l'erede e non il curatore nominato ai sensi dell'art. 508 c.c., il quale, a differenza del curatore dell'eredità giacente, non amministra nell'interesse dell'eredità, ma in quello dei creditori, senza alcun interesse a contrastare la pretesa dell'erario, cui l'imposta di successione dovrà essere pagata con quanto residui dopo il soddisfacimento dei creditori. In tema di obbligazioni tributarie, grava sull'amministrazione finanziaria creditrice del "de cuius" l'onere di provare l'accettazione dell'eredità da parte del chiamato, per potere esigere l'adempimento dell'obbligazione del suo dante causa. In particolare, solo l'effettivo mancato inserimento dell'atto di rinuncia nel registro delle successioni di cui all'art. 52 disp. att. c.c. può determinare le conseguenze che si ritengano connesse al difetto di inserzione, di tal che, di fronte alla produzione dell'atto di rinuncia all'eredità, è onere di chi ne eccepisca il mancato inserimento nel registro di fornire la prova del fondamento dell'eccezione stessa, mediante l'acquisizione, anche d'ufficio, di una certificazione della cancelleria del tribunale competente. Cassazione civile, sez. trib., 11/02/2005, n A norma del comma 3 dell'art. 36 d.lg. 31 ottobre 1990 n. 346, fino a quando l'eredità non sia stata accettata o non sia accettata da tutti i chiamati, questi e gli altri soggetti obbligati alla dichiarazione di successione, esclusi i legatari, rispondono solidalmente dell'imposta nel limite del valore dei beni ereditati rispettivamente posseduti; in mancanza di prova da parte dell'ufficio che il chiamato è in possesso dei beni, questi non è responsabile dell'imposta. Comm. trib. prov.le Treviso, sez. V, 12/12/2000, n. 176 Qualora il giudice di merito affermi la nullità dell'avviso di accertamento perché privo di adeguata motivazione, ma, nonostante ciò, decida ugualmente, appunto, nel merito dello stesso, in quanto ritenga la motivazione non del tutto inesistente, il ricorso contro la statuizione di nullità va dichiarato inammissibile in quanto non investe la "ratio decidendi" della decisione di merito resa. Comm. trib. centr., sez. II, 17/10/2000, n La solidarietà prevista dall'art. 36 d.lg. n. 346 del 1990, per i coeredi ai fini del pagamento dell'imposta di successione non si estende alle imposte complementari. Il legatario non è obbligato solidalmente al 102

103 pagamento dell'imposta nell'ammontare complessivamente dovuto, ma solo per la parte relativa al rispettivo legato. Comm. trib. prov.le Enna, sez. I, 14/09/1998, n. 300 Articolo 37 Pagamento dell'imposta 1. Il pagamento dell'imposta principale [, salvo i casi in cui la stessa sia stata pagata nei termini di cui all'art. 33, comma 1,] dell'imposta complementare con gli interessi di cui agli articoli 34 e 35 e dell'imposta suppletiva deve essere eseguito entro sessanta giorni da quello in cui è stato notificato l'avviso di liquidazione (2). 2. Dalla data di scadenza del termine di cui al comma 1 decorrono gli interessi di mora nella misura del 4,50 per cento per ogni semestre compiuto (3). 3. Non devono essere pagate le somme di importo, comprensivo di interessi e sanzioni amministrative, non superiore a lire ventimila (4). 4. Il contribuente può pagare, oltre che in contanti, con cedole di titoli del debito pubblico scadute, e nei casi previsti dalla legge anche non scadute, computate per il loro importo netto, nonché con titoli di credito bancari e postali a copertura garantita. Articolo 38 Dilazione del pagamento. 1. Il contribuente puo' eseguire il pagamento nella misura non inferiore al venti per cento dell'imposta liquidata ai sensi dell'articolo 33, nel termine di sessanta giorni da quello in cui e' stato notificato l'avviso di liquidazione, e per il rimanente importo in un numero di otto rate trimestrali, ovvero, per importi superiori a ventimila euro, in un numero massimo di dodici rate trimestrali. La dilazione non e' ammessa per importi inferiori a mille euro. 2. Sugli importi dilazionati sono dovuti gli interessi, calcolati dal primo giorno successivo al pagamento del venti per cento dell'imposta liquidata ai sensi dell'articolo 33. Le rate trimestrali nelle quali il pagamento e' dilazionato scadono l'ultimo giorno di ciascun trimestre. 3. Il mancato pagamento della somma pari al venti per cento dell'imposta liquidata, entro il termine di cui al comma 1, ovvero di una delle rate entro il termine di pagamento della rata successiva, comporta la decadenza dalla rateazione e l'importo dovuto, dedotto quanto versato, e' iscritto a ruolo con relative sanzioni e interessi. 4. E' esclusa la decadenza in caso di lieve inadempimento dovuto a: a) insufficiente versamento della rata, per una frazione non superiore al tre per cento e, in ogni caso, a euro diecimila; b) tardivo versamento della somma pari al venti per cento, non superiore a sette giorni. 5. La disposizione di cui al comma 4 si applica anche con riguardo al versamento in unica soluzione. 6. Si applicano i commi 5 e 6 dell'articolo 15-ter del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602 (2) (3). In tema di imposta di successione, a norma dell'art. 38, comma 5, del d.lg. n. 346 del 1990, il pagamento delle rate scadute entro sessanta giorni dalla notificazione dell'avviso di pagamento impedisce la decadenza dal beneficio della dilazione, con la conseguenza che le rate non scadute non possono essere richieste prima che siano trascorsi infruttuosamente i suddetti sessanta giorni, senza che ciò incida sui tempi di richiesta delle rate scadute le quali possono essere immediatamente richieste. Cassazione civile, sez. trib., 11/04/2011, n Nel caso di pagamento dilazionato dell'imposta di successione, ai sensi dell'art. 38, comma 4, del D.Lgs. 31 ottobre 1990, n. 346, il debitore, nel tempo intercorrente tra la richiesta tempestiva di dilazione e la stipula del relativo atto, è tenuto al pagamento di interessi corrispettivi, sull'intero debito, 103

104 nella medesima misura prevista ai fini della dilazione dal comma 2 dello stesso art. 38. Cassazione civile, sez. trib., 15/05/2006, n In tema di imposta di successione, non godendo l'amministrazione di alcuna discrezionalità nella concessione del pagamento dilazionato, ai sensi dell'art. 38 d.lg. 31 ottobre 1990 n. 346, la relativa richiesta costituisce esercizio di un diritto del contribuente, che, pur determinando uno sfasamento tra il momento della liquidazione dell'imposta e quello in cui ha inizio il pagamento, impedisce di ricostruire la fattispecie in termini di mora debendi, non essendo configurabile alcuna colpa in capo al debitore, il quale, pertanto, non è tenuto a corrispondere gli interessi moratori. Ciò, peraltro, non esclude l'applicabilità dell'art. 1282, comma 1, c.c., trattandosi di credito liquido ed esigibile e non essendovi motivo per ritenere che il contribuente, oltre al beneficio della rateizzazione, che comporta il pagamento d'interessi a scalare, debba godere, senza alcun corrispettivo, dell'ulteriore vantaggio costituito dal ritardato inizio del pagamento. Il debitore è pertanto tenuto al pagamento degl'interessi corrispettivi sull'intera somma liquidata, per il periodo di tempo intercorrente tra la richiesta di dilazione e la stipula del relativo atto, nella misura prevista dall'art. 38, comma 2, citato. Cassazione civile, sez. trib., 15/05/2006, n In tema d'imposta sulle successioni, la stipulazione di un atto di dilazione del pagamento, ai sensi dell'art. 38 d.lg. 31 ottobre 1990 n. 346, comporta unicamente la rateizzazione nel tempo degl'importi pretesi dall'amministrazione, ma non implica la definitiva abdicazione del contribuente al diritto di far valere le proprie ragioni in sede giudiziaria, sicché al contribuente che, dopo aver ottenuto la dilazione, ritenga di non pagare, non è precluso il potere di contestare il merito della pretesa impositiva. Cassazione civile, sez. trib., 29/09/2005, n L'art. 38, comma 2, del d.lg. n. 346 del 1990, in tema di interessi per il caso di dilazione del pagamento dell'imposta di successione, non si applica, ai sensi dell'art. 63 della stessa normativa, per le successioni che si siano aperte anteriormente al 1 gennaio 1991, anche se posteriore a detta data si riveli la concessione della dilazione in questione. Cassazione civile, sez. trib., 28/06/2000, n La dilazione di pagamento concessa ad uno dei coeredi a seguito di domanda presentata in pendenza dei termini ordinari di pagamento non può pregiudicare la globale situazione degli altri eredi per i quali i termini di pagamento siano già scaduti. Il beneficio della dilazione, ove concesso, ha valenza nei confronti di tutti gli eredi, anche di coloro nei cui confronti il termine concesso per richiedere la dilazione sia scaduto. Ne consegue l'illegittimità delle sovrattasse erogate per tardivo pagamento. Comm. trib. prov.le Pisa, sez. VI, 06/03/2000, n. 21 Il testo unico delle disposizioni concernenti l'imposta sulle successioni e donazioni si applica a tutte le successioni apertesi a partire dall'1 gennaio 1991: di conseguenza, è illegittima la pretesa dell'erario di applicare il tasso d'interesse del nove per cento annuo, introdotto dal testo unico, sulle dilazioni di pagamento, con riferimento ad una successione apertasi anteriormente a tale data, ancorché il beneficio della dilazione sia stato concesso dopo l'entrata in vigore del medesimo t.u. Cassazione civile, sez. I, 17/04/1999, n Alla dilazione di pagamento dell'imposta di successione apertasi nel vigore del testo unico n. 637 del 1972, richiesta nel vigore di quella normativa e concessa nel vigore del testo unico n. 346 del 1990, si applicano gli interessi nella misura fissata dal vecchio testo e non dal nuovo. Cassazione civile, sez. I, 17/04/1999, n L'art. 38 comma 2 d.lg. n. 346 del 1990, secondo il quale sono dovuti sugli importi dilazionati, con decorrenza dalla data di concessione della dilazione, gli interessi a scalare nella misura del 9 per cento annuo, non si applica per le successioni aperte prima dell'1 gennaio 1991, data di entrata in vigore della norma. Per tali successioni trova applicazione il disposto dell'art. 43 comma 3 d.p.r. n. 637 del 1972, che fissa al 5 per cento la misura degli interessi. (Nel caso di specie, la successione si era aperta nel 1989 e, nel 1991, l'amministrazione finanziaria consentiva agli eredi il pagamento rateale, applicando gli interessi nella misura del 5 per cento. Successivamente, l'ufficio rideterminava illegittimamente il "quantum" degli interessi nella misura del 9 per cento, affermando la natura procedimentale della norma di cui all'art. 38 comma 2, d.lg. n. 346 del 1990 e richiedendone l'applicazione, per essere l'atto "inter partes" fatto dopo l'entrata in vigore di detta legge. La norma in esame non ha, infatti, natura procedimentale, ma attiene alla sostanza dell'obbligazione ed il consenso alla rateazione per atto notarile, "inter partes" ha carattere contrattuale come tale regolante il rapporto; pertanto, la 104

105 rideterminazione unilaterale del tasso di interesse da parte degli uffici finanziari costituisce un'illegittima iniziativa unilaterale). Comm. trib. prov-distr. Bari, sez. II, 23/06/1997, n. 3 Per i principi vigenti in tema di successione delle leggi nel tempo, non derogati da alcuna disposizione transitoria, agli atti di dilazione dell'imposta successoria stipulati a partire all'1 gennaio 1991 devono essere applicati interessi nella misura prevista dall'art. 38 del d.lgs. 31 ottobre 1990 n Anche nel caso che l'ufficio erroneamente abbia liquidato interessi minori, tali interessi sono dovuti nella suddetta misura, e quindi l'eccedenza può essere recuperata successivamente nei limiti della prescrizione decennale, se nell'atto di dilazione sia stato precisato che esso non comporta novazioni del credito tributario e lo stesso obbligato abbia accettato la previsione di un diverso interesse in caso di variazione della legge. Comm. trib. prov-distr. Piacenza, sez. III, 20/07/1994, n. 808 Articolo 39 Pagamento dell'imposta mediante cessione di beni culturali. 1. Gli eredi e i legatari possono proporre la cessione allo Stato, in pagamento totale o parziale dell'imposta sulla successione, delle relative imposte ipotecaria e catastale, degli interessi e delle sanzioni amministrative, di beni culturali vincolati o non vincolati, di cui all'art. 13, e di opere di autori viventi o eseguite da non più di cinquanta anni (2). 2. La proposta di cessione, contenente la descrizione dettagliata dei beni offerti con l'indicazione dei relativi valori e corredata da idonea documentazione, deve essere sottoscritta a pena di nullità da tutti gli eredi o dal legatario e presentata al Ministero per i beni culturali e ambientali ed all'ufficio del registro competente, nel termine previsto dall'art. 37 per il pagamento dell'imposta. La presentazione della proposta interrompe il termine (3). 3. L'Amministrazione per i beni culturali e ambientali attesta per ogni singolo bene l'esistenza delle caratteristiche previste dalle norme indicate nell'art. 13, comma 1, e dichiara, per i beni e le opere di cui al comma 1, l'interesse dello Stato ad acquisirli (4). 4. Le condizioni e il valore della cessione sono stabiliti con decreto del Ministro per i beni culturali e ambientali, di concerto con il Ministro delle finanze, sentita un'apposita commissione nominata con decreto del Ministro per i beni culturali e ambientali, presieduta da lui o da un suo delegato e composta da due rappresentanti del Ministero per i beni culturali e ambientali, da due rappresentanti del Ministero delle finanze e da un rappresentante del Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica. Il proponente può chiedere di essere sentito dalla commissione personalmente o a mezzo di un suo delegato. [5. Il Ministero per i beni culturali e ambientali, ricevuta la proposta di cessione, è tenuto a informarne gli enti pubblici territoriali, nella cui circoscrizione si trovano i beni offerti in cessione, per acquisirne il parere. La commissione di cui al comma 4, su richiesta degli enti interessati, è integrata da un rappresentante di ciascuno degli enti richiedenti, con voto consultivo.] (5) 6. Il decreto di cui al comma 4 è emanato entro sei mesi dalla data di presentazione della proposta di cessione ed è notificato al richiedente. Entro due mesi dalla data di notificazione del decreto il proponente notifica al Ministero per i beni culturali e ambientali, a pena di decadenza, la propria accettazione con firma autenticata. Il decreto di cui al comma 4 e la dichiarazione di accettazione costituiscono titolo per la trascrizione del trasferimento nei registri immobiliari. I beni mobili devono essere consegnati entro i trenta giorni successivi alla notificazione dell'accettazione. 7. Gli eredi o i legatari, ai fini dell'estinzione del debito tributario, devono produrre all'ufficio del registro competente, entro sessanta giorni dalla dichiarazione di accettazione, le copie autentiche della stessa e del decreto recante l'indicazione del valore dei beni ceduti. 8. Il cedente, se il valore dei beni ceduti è inferiore all'importo dell'imposta e degli accessori è obbligato a pagare la differenza; se il valore è superiore, non ha diritto al rimborso. L'eventuale differenza deve essere corrisposta entro sessanta giorni dalla produzione all'ufficio dei documenti di cui al comma 7 (6). 105

106 9. Il Ministro per i beni culturali e ambientali di concerto con il Ministro delle finanze, se l'amministrazione dello Stato non intende acquisire il bene offerto in cessione, dichiara con decreto di cui al comma 4 di non accettare la proposta. Della mancata cessione il Ministero per i beni culturali e ambientali dà immediata comunicazione all'ufficio del registro e al proponente; dalla data di ricevimento della comunicazione decorre il termine di sessanta giorni per il pagamento delle somme di cui al comma 1 con applicazione degli interessi nella misura legale decorrenti dalla scadenza del termine previsto dall'art. 31, comma 1 (7). (1) L'imposta sulle successioni e sulle donazioni, soppressa dall'articolo 13, comma 1, della legge 18 ottobre 2001, n. 383, è stata ripristinata dall'articolo 2, comma 47, del D.L. 3 ottobre 2006, n (2) Comma modificato dall articolo 2, comma 1, lettera c), del D.Leg.s. 18 dicembre 1997, n (3) Comma modificato dall articolo 23, comma 3, lettera h), della legge 30 dicembre 1991, n Le disposizioni di cui al presente comma, si applicano alle dichiarazioni presentate a partire dal 1 gennaio Successivamente il presente comma è stato ulteriormente modificato dall articolo 9, comma 1, lettera g), del D.L. 29 aprile 1994, n (4) Comma sostituito dall articolo 14, comma 2, lettera a), della legge 15 maggio 1997, n (5) Comma abrogato dall articolo 14, comma 2, lettera b), della legge 15 maggio 1997, n (6) Comma modificato dall articolo 23, comma 3, lettera h), della legge 30 dicembre 1991, n Le disposizioni di cui al presente comma, si applicano alle dichiarazioni presentate a partire dal 1 gennaio (7) Comma modificato dall articolo 23, comma 3, lettera h), della legge 30 dicembre 1991, n Le disposizioni di cui al presente comma, si applicano alle dichiarazioni presentate a partire dal 1 gennaio In considerazione del fatto che l'art. 16 della legge 27 dicembre 2002, n. 289 esclude l'applicabilità del condono per gli atti di liquidazione o le cartelle nel caso in cui si risolvono nell'applicazione "matematica" di imposta certa o comunque facilmente determinabile e che non sia oggetto di alcuna contestazione, nel merito, da parte del contribuente, non si è in presenza di lite pendente, qualora non vi sia contestazione sull'importo di cui all'avviso di liquidazione, ma solamente sulla "datio in solutum" di beni culturali in pagamento di imposte dovute, avendo il contribuente richiesto il diritto di usufruire dei benefici fiscali spettanti ai sensi dell'art. 36 della legge 31 ottobre 1990, n. 346, per cessione di beni culturali in sostituzione di imposte dovute in dipendenza di successione.cassa con rinvio, Comm. Trib. Reg. Firenze, 19/12/2005.Cassazione civile, sez. trib., 08/03/2013, n Il decreto del Ministro per i beni culturali ed ambientali, con il quale vengono determinati il valore e le condizioni della cessione di opere d'arte proposta dagli eredi in pagamento dell'imposta sulla successione, è impugnabile dinanzi al giudice amministrativo. Consiglio di Stato, sez. VI, 10/08/1998, n Rientra nella giurisdizione del giudice amministrativo la controversia avente ad oggetto l'accertamento dell'ammontare del debito di imposta di successione soddisfatto mediante cessione allo stato di beni culturali in applicazione dell'art. 39 comma 1 d.lg. 31 ottobre 1990 n. 346, con riferimento ai criteri di computo degli interessi moratori. Consiglio di Stato, sez. VI, 10/08/1998, n In materia tributaria è principio generale che, al di fuori delle ipotesi di errori materiali o di calcolo, in cui peraltro è obbligo dell'amministrazione procedere d'ufficio alle relative correzioni, le rettifiche devono necessariamente pervenire entro gli stessi termini previsti per la dichiarazione che si intende correggere. Conseguentemente la rettifica della dichiarazione di successione deve essere presentata entro lo stesso termine di sei mesi dall'apertura della successione previsto dall'art. 39 comma 1 per la presentazione della dichiarazione. Cassazione civile, sez. I, 10/07/1998, n Articolo

107 Riscossione in pendenza di giudizio 1. Il ricorso del contribuente non sospende la riscossione dell'imposta principale. La somma che risulta pagata in più in base alla decisione della controversia deve essere rimborsata d'ufficio al contribuente entro novanta giorni da quello in cui la decisione è divenuta definitiva. 2. L'imposta complementare, se il contribuente propone ricorso, deve essere pagata per un terzo entro il termine di cui all'art. 37, per due terzi dopo la decisione della commissione tributaria di primo grado e per il resto dopo la decisione della commissione tributaria di secondo grado, in ogni caso al netto delle somme già pagate; l'intendente di finanza, se ricorrono gravi motivi, può sospendere la riscossione fino alla decisione della commissione tributaria di primo grado. 3. Le somme dovute per effetto delle decisioni di cui al comma 2 devono essere pagate, in base ad apposito avviso, a norma dell'art. 37; se l'imposta liquidata per effetto della decisione della commissione tributaria è inferiore a quella già pagata, la differenza deve essere rimborsata d'ufficio al contribuente entro novanta giorni dalla notificazione della decisione. 4. L'imposta suppletiva deve essere pagata, in base ad apposito avviso, per intero dopo la decisione della Commissione tributaria centrale o della Corte d'appello o dell'ultima decisione non impugnata. Il contribuente che abbia aderito al condono previsto dall'art. 53, comma 8, l. 30 dicembre 1991 n. 413 decade dai relativi benefici ove non paghi la somma determinata dall'amministrazione entro 60 giorni dalla comunicazione dell'avviso di liquidazione, termine che in quanto previsto a pena di decadenza non è interrotto dalla impugnazione dell'avviso di liquidazione suddetto. Cassazione civile, sez. trib., 09/03/2011, n Articolo 41 Riscossione coattiva e prescrizione. 1. Per la riscossione coattiva dell'imposta e delle sanzioni amministrative si applicano le disposizioni del titolo III del decreto del Presidente della Repubblica 28 gennaio 1988, n. 43. Lo Stato ha privilegio secondo le norme stabilite dal codice civile. Il privilegio si estingue con il decorso di cinque anni dalla data di apertura della successione o, in caso di dilazione del pagamento, dal giorno di scadenza dell'ultima rata ovvero dal giorno in cui si è verificata la decadenza prevista dall'art. 27 (2). 2. Il credito dell'amministrazione finanziaria per l'imposta definitivamente accertata si prescrive in dieci anni. In tema di INVIM, il termine decennale di prescrizione di cui all'art. 41, comma 2, del d.lgs., 31 ottobre 1990, n. 346, come richiamato dall'art. 31, del d.p.r. 26 ottobre 1972, n. 643, inizia a decorrere - riferendosi la norma alla prescrizione dell'imposta "definitivamente accertata" - dal giorno in cui l'imposta diventa definitiva a seguito dello spirare del termine per proporre impugnazione avverso l'atto impositivo notificato al contribuente. Cassa con rinvio, Comm. Trib. Reg. della Toscana, 14/01/2009.Cassazione civile, sez. trib., 23/04/2014, n È manifestamente inammissibile la q.l.c. dell'art. 41 d.lg. 31 ottobre 1990 n. 346, sollevata, in riferimento agli art. 3, 24, 53 e 113 cost., nella parte in cui non prevede che il privilegio speciale sugli immobili a favore dell'erario per il mancato pagamento dell'imposta da parte dell'erede operi quando abbia avuto formale pubblicità e l'acquirente ed il notaio rogante siano posti in condizione di conoscerlo, in quanto, a prescindere da ogni altra considerazione, il remittente, ipotizzando l'inserimento nell'art. 41 d.lg. n. 346 del 1990 "di una norma che imponga all'amministrazione finanziaria l'iscrizione del privilegio presso l'ufficio dei registri immobiliari", sollecita una pronuncia additiva che non si pone quale soluzione costituzionalmente necessitata, giacché, al riguardo, è 107

108 comunque prospettabile una pluralità di soluzioni, la cui scelta è rimessa alla discrezionalità del legislatore. Corte Costituzionale, 12/07/2002, n. 344 La posizione del terzo acquirente di un immobile gravato dal privilegio di cui all'art. 45, comma 2, r.d. n. 637 del 1972 (ora art. 41, comma 1, d.lg. n. 346 del 1990), in relazione all'art c.c. è del tutto assimilabile a quella del terzo proprietario di immobile oggetto di ipoteca - soggetto che, al pari del primo, non può considerarsi personalmente obbligato, pur essendo assoggettabile all'azione esecutiva del creditore -, e diverge, pertanto, da quella del responsabile d'imposta di cui all'art. 64 d.p.r. n. 600 del 1973, con la conseguenza che egli non può essere chiamato a rispondere, in qualità di obbligato (o di coobbligato), del debito d'imposta, essendo il suo vincolo limitato al bene gravato dalla garanzia, da destinarsi prioritariamente al soddisfacimento del credito privilegiato. Cassazione civile, sez. I, 22/02/1999, n La posizione del terzo acquirente di un immobile gravato dal privilegio di cui all'art. 45 comma 2 d.p.r. 637 del 1972 (ora art. 41 comma 1 d.lg. n. 346 del 1990), in relazione all'art c.c. (garanzia del credito d'imposta) è del tutto assimilabile a quella del terzo proprietario di immobile oggetto di ipoteca - soggetto che, al pari del primo, non può considerarsi personalmente obbligato, pur essendo assoggettabile all'azione esecutiva del creditore -, e diverge, pertanto, da quella del responsabile d'imposta di cui all'art. 64 d.p.r. n. 600 del 1973, con la conseguenza che egli non può essere chiamato a rispondere, in qualità di obbligato (o di coobbligato), del debito d'imposta, essendo il suo vincolo limitato al bene gravato dalla garanzia, da destinarsi prioritariamente al soddisfacimento del credito privilegiato. Cassazione civile, sez. I, 22/02/1999, n La posizione del terzo acquirente di un immobile gravato dal privilegio di cui all'art. 45, comma 2, r.d. 637 del 1972 (ora art. 41, comma 1, d.lg. 346 del 1990), in relazione all'art c.c. (garanzia del credito d'imposta) è del tutto assimilabile a quella del terzo proprietario di immobile oggetto di ipoteca - soggetto che, al pari del primo, non può considerarsi personalmente obbligato, pur essendo assoggettabile all'azione esecutiva del creditore -, e diverge, pertanto, da quella del responsabile d'imposta di cui all'art. 64 d.p.r. n. 600 del 1973, con la conseguenza che egli non può essere chiamato a rispondere, in qualità di obbligato (o di coobbligato), del debito d'imposta, essendo il suo vincolo limitato al bene gravato dalla garanzia, da destinarsi prioritariamente al soddisfacimento del credito privilegiato. Cassazione civile, sez. I, 22/02/1999, n Articolo 42 Rimborso dell'imposta. 1. Deve essere rimborsata, unitamente agli interessi, alle soprattasse e pene pecuniarie eventualmente pagati, l'imposta: a) pagata indebitamente o risultante pagata in più a norma dell'art. 40, commi da 1 a 3; b) relativa a beni e diritti riconosciuti appartenenti a terzi, con sentenza passata in giudicato, per causa anteriore all'apertura della successione a seguito di evizione o rivendicazione ovvero di nullità, annullamento, risoluzione, rescissione o revocazione dell'atto di acquisto; c) pagata in conseguenza di dichiarazione giudiziale di assenza o di morte presunta, quando lo scomparso fa ritorno o ne è accertata l'esistenza; d) pagata da enti ai quali è stata negata l'autorizzazione ad accettare l'eredità o il legato, ovvero da eredi e legatari se l'ente ottiene tardivamente il riconoscimento legale; e) risultante pagata o pagata in più a seguito di sopravvenuto mutamento della devoluzione ereditaria; f) risultante pagata in più a seguito di accertamento, successivamente alla liquidazione, dell'esistenza di passività o della spettanza di riduzioni e detrazioni; g) risultante pagata in più a seguito di accertamento della parentela naturale successivamente alla liquidazione; h) risultante pagata in più a seguito della chiusura del fallimento del defunto dichiarato dopo la presentazione della dichiarazione della successione. 2. Il rimborso, salvo il disposto dell'art. 40, commi 1 e 3, deve essere richiesto a pena di decadenza entro tre anni dal giorno del pagamento o, se posteriore, da quello in cui è sorto il diritto alla restituzione. La domanda deve essere presentata all'ufficio competente, che deve 108

109 rilasciarne ricevuta, ovvero essere spedita mediante plico raccomandato senza busta con avviso di ricevimento. 3. Dalla data di presentazione della domanda di rimborso decorrono gli interessi di mora di cui all'articolo 37, comma 2 (2). 4. Non si fa luogo al rimborso per gli importi, comprensivi di interessi e soprattasse, non superiori a lire ventimila; gli importi superiori sono rimborsati per l'intero ammontare. In tema di imposta di successione, nel caso di impugnazione per falsità di un testamento olografo, proposta, nella specie, da colui che era stato istituito erede con un precedente testamento, qualora l'esito del giudizio sull'impugnazione determini il mutamento della devoluzione ereditaria, spetta a chi abbia indebitamente pagato l'imposta il diritto al rimborso della stessa, ai sensi dell'art. 42, comma 1, lett. e, d.lg. 31 ottobre 1990 n. 346, da richiedere al competente ufficio finanziario, restando esclusa la sussistenza di un rapporto obbligatorio per ingiustificato arricchimento tra i diversi chiamati all'eredità o legatari. Cassazione civile, sez. II, 04/07/2012, n Il rimborso dell'invim decennale è disciplinato, in forza del rinvio alle disposizioni relative all'imposta di successione contenuto nell'art. 31 d.p.r. 26 ottobre 1972 n. 643, dall'art. 42, comma 2, d.lg. 31 ottobre 1990 n. 643, per il quale «il rimborso deve essere richiesto a pena di decadenza entro tre anni dal giorno del pagamento o, se posteriore, da quello in cui è sorto il diritto alla restituzione». Il termine di decadenza, pertanto, salvo che il sorgere del diritto alla restituzione non sia riconducibile ad un evento successivo, decorre dal dì del pagamento in tutti i casi in cui l'agente si trovi, fin da questo momento, nella condizione di rendersi conto dell'erroneità, in tutto o in parte, del pagamento dell'imposta, con conseguente possibilità di chiedere il rimborso di quanto versato e ciò anche se tale diritto venga accertato in via giudiziale, atteso che la pronuncia del Giudice può conferire soltanto certezza al diritto e definitività al relativo accertamento, ma non incide sulla sua nascita che va, nei casi considerati, temporalmente collocata in un momento precedente. È però necessario che il pagamento sia eseguito spontaneamente dal contribuente, in assenza di qualsiasi atto impositivo dell'ufficio finanziario, mentre, se è avvenuto contestualmente alla proposizione del ricorso avverso l'avviso di liquidazione allo scopo di evitare la riscossione coattiva dell'imposta, il termine di decadenza decorre dal passaggio in giudicato della sentenza che abbia accolto il ricorso. Cassazione civile, sez. trib., 06/03/2009, n Il contribuente, qualora nel dichiarare il valore di un bene ereditario abbia commesso un errore; può legittimamente chiedere il rimborso dell'eccedenza d'imposta cui tale errore abbia dato luogo, alla stregua dello specifico disposto dell'art. 42 comma 1 lett. a) d.lg. 31 ottobre 1990 n. 346, senza che osti a tale correzione e richiesta di rimborso il fatto che l'errore sia stato dedotto oltre il termine per la presentazione della dichiarazione, atteso che tale termine non ha natura decadenziale e il suo mancato rispetto determina solo l'applicazione di sanzioni tributarie. Cassazione civile, sez. trib., 25/02/2008, n Articolo 43 Disposizioni testamentarie impugnate o modificate 1. Nelle successioni testamentarie l'imposta si applica in base alle disposizioni contenute nel testamento, anche se impugnate giudizialmente, nonché agli eventuali accordi diretti a reintegrare i diritti dei legittimari, risultanti da atto pubblico o da scrittura privata autenticata, salvo il disposto, in caso di accoglimento dell'impugnazione o di accordi sopravvenuti, dell'art. 28, comma 6, o dell'art. 42, comma 1, lettera e). Articolo 44 Disposizioni testamentarie condizionali. 109

110 1. L'imposta, se l'istituzione di erede è sottoposta a condizione risolutiva, si applica con le aliquote proprie dell'erede istituito e, nel caso di avveramento della condizione, con le aliquote proprie dell'erede subentrante. 2. L'imposta, se l'istituzione di erede è sottoposta a condizione sospensiva, si applica con le aliquote proprie di quello degli eventuali successibili, compreso l'erede istituito ed esclusi lo Stato e gli enti di cui all'art. 3, che è soggetto all'imposta minore, salva l'applicazione della maggiore imposta se l'eredità viene devoluta a persona diversa per effetto dell'avveramento o del mancato avveramento della condizione. 3. L'imposta, nei casi di legato sottoposto a condizione sospensiva, si applica come se il legato non fosse stato disposto e, nel caso di avveramento della condizione, si applica nei confronti del legatario; se il legato è sottoposto a condizione risolutiva, l'imposta si applica nei confronti del legatario e, nel caso di avveramento della condizione, si applica nei confronti dell'erede. 4. Le disposizioni testamentarie a favore di nascituri si considerano sottoposte a condizione sospensiva. (1) L'imposta sulle successioni e sulle donazioni, soppressa dall'articolo 13, comma 1, della legge 18 ottobre 2001, n. 383, è stata ripristinata dall'articolo 2, comma 47, del D.L. 3 ottobre 2006, n Articolo 45 Sostituzione fedecommissaria (1). 1. L'imposta, nel caso previsto dall'art. 692 del codice civile, si applica nei confronti dell'istituito su un valore pari a quello dell'usufrutto sui beni che formano oggetto della sostituzione fedecommissaria. 2. L'imposta, alla morte dell'istituito, si applica nei confronti del sostituito in base al valore dei beni alla data dell'apertura della successione, ferma restando l'imposta già applicata a norma del comma L'imposta, quando la sostituzione non ha luogo, si applica nei confronti dell'istituito in base al valore della piena proprietà dei beni alla data di apertura della successione, detraendo l'imposta precedentemente pagata. (1) L'imposta sulle successioni e sulle donazioni, soppressa dall'articolo 13, comma 1, della legge 18 ottobre 2001, n. 383, è stata ripristinata dall'articolo 2, comma 47, del D.L. 3 ottobre 2006, n Articolo 46 Presunzione di legato (1). 1. Il riconoscimento, contenuto nel testamento, che determinati beni intestati al defunto o da lui posseduti o che si presumono compresi nell'attivo ereditario appartengono ad un terzo è considerato legato a favore di questo, se non è dimostrato che alla data dell'apertura della successione i beni già gli appartenevano. 2. Il riconoscimento di debito contenuto nel testamento è considerato legato, se l'esistenza del debito non è dimostrata nei modi indicati nell'art L'onere a carico dell'erede o del legatario, che ha per oggetto prestazioni a soggetti terzi determinati individualmente, è considerato legato a favore del beneficiario. 110

111 (1) L'imposta sulle successioni e sulle donazioni, soppressa dall'articolo 13, comma 1, della legge 18 ottobre 2001, n. 383, è stata ripristinata dall'articolo 2, comma 47, del D.L. 3 ottobre 2006, n Articolo 47 Poteri dell'amministrazione finanziaria (1). 1. L'ufficio competente, ai fini dell'accertamento e della riscossione, oltre ad avvalersi delle altre facoltà previste nel presente testo unico, può: a) invitare i soggetti obbligati alla presentazione della dichiarazione della successione, indicandone il motivo, a produrre documenti, o a comparire di persona o per rappresentanza per fornire dati e notizie, rilevanti ai fini dell'accertamento; b) inviare agli stessi soggetti questionari relativi a dati e notizie di carattere specifico, con invito a restituirli compilati e firmati; c) richiedere informazioni ai pubblici ufficiali e agli enti ed uffici pubblici, che sono obbligati a comunicare i dati e le notizie di cui siano in possesso; d) dimostrare, anche sulla base di presunzioni gravi, precise e concordanti, la simulazione di atti di trasferimento a titolo oneroso anteriori di oltre sei mesi all'apertura della successione, di atti costitutivi di passività deducibili e di ogni altro atto rilevante ai fini della determinazione della base imponibile o dell'imposta; d-bis) dimostrare, anche sulla base di presunzioni gravi, precise e concordanti, la sussistenza, l'insussistenza, la simulazione e la dissimulazione di fatti o atti rilevanti ai fini della determinazione della base imponibile o dell'imposta (2). 2. Il servizio di vigilanza sulle aziende di credito, su richiesta del Ministro delle finanze, controlla l'esattezza delle certificazioni di cui all'art. 23, comma 2. (1) L'imposta sulle successioni e sulle donazioni, soppressa dall'articolo 13, comma 1, della legge 18 ottobre 2001, n. 383, è stata ripristinata dall'articolo 2, comma 47, del D.L. 3 ottobre 2006, n (2) Lettera aggiunta dall articolo 69, comma 1, lettera m), della legge 21 novembre 2000, n Le disposizioni di cui alla presente lettera si applicano alle successioni per le quali il termine di presentazione delle relative dichiarazioni scade successivamente al 31 dicembre 2000 ed alle donazioni fatte a decorrere dal 1 gennaio Articolo 48 Divieti e obblighi a carico di terzi (1). 1. Gli ufficiali dello stato civile devono trasmettere all'ufficio del registro competente, nei primi quindici giorni di ogni trimestre, l'elenco delle persone residenti nel comune della cui morte hanno avuto notizia nel trimestre precedente, con l'indicazione dell'indirizzo e con lo stato di famiglia di ciascuna. 2. Gli impiegati dello Stato e degli enti pubblici territoriali ed i pubblici ufficiali, con esclusione dei giudici e degli arbitri, non possono compiere atti relativi a trasferimenti per causa di morte, se non è stata fornita la prova della presentazione, anche dopo il termine di cinque anni di cui all'art. 27, comma 4, della dichiarazione della successione o dell'intervenuto accertamento d'ufficio, e non è stato dichiarato per iscritto dall'interessato che non vi era obbligo di presentare la dichiarazione. I giudici e gli arbitri devono comunicare all'ufficio del registro competente, entro quindici giorni, le notizie relative a trasferimenti per causa di morte apprese in base agli atti del processo. 3. I debitori del defunto ed i detentori di beni che gli appartenevano non possono pagare le somme dovute o consegnare i beni detenuti agli eredi, ai legatari e ai loro aventi causa, se non 111

112 è stata fornita la prova della presentazione, anche dopo il termine di cinque anni di cui all'art. 27, comma 4, della dichiarazione della successione o integrativa con l'indicazione dei crediti e dei beni suddetti, o dell'intervenuto accertamento in rettifica o d'ufficio, e non è stato dichiarato per iscritto dall'interessato che non vi era obbligo di presentare la dichiarazione. I debitori del defunto devono comunicare per lettera raccomandata all'ufficio del registro competente, entro dieci giorni, l'avvenuto pagamento dei crediti di cui all'art. 12, lettere d) ed e). 4. Le aziende e gli istituti di credito, le società e gli enti che emettono azioni, obbligazioni, cartelle, certificati ed altri titoli di qualsiasi specie, anche provvisori, non possono provvedere ad alcuna annotazione nelle loro scritture né ad alcuna operazione concernente i titoli trasferiti per causa di morte, se non è stata fornita la prova della presentazione, anche dopo il termine di cinque anni di cui all'art. 27, comma 4, della dichiarazione della successione o integrativa con l'indicazione dei suddetti titoli, o dell'intervenuto accertamento in rettifica o d'ufficio, e non è stato dichiarato per iscritto dall'interessato che non vi era obbligo di presentare la dichiarazione. 5. Le dichiarazioni di inesistenza dell'obbligo di presentare la dichiarazione della successione ricevute dai soggetti, di cui ai commi 2, 3 e 4, devono essere trasmesse entro quindici giorni all'ufficio del registro competente. 6. Le cassette di sicurezza non possono essere aperte dai concessionari, prima che gli stessi abbiano apposto la loro firma, con l'indicazione della data e dell'ora dell'apertura, su apposito registro tenuto dai concedenti in forma cronologica e senza fogli o spazi bianchi e abbiano dichiarato per iscritto sul registro stesso che le eventuali altre persone aventi facoltà di aprirle sono tuttora in vita. Le cassette di sicurezza, dopo la morte del concessionario o di uno dei concessionari, possono essere aperte solo alla presenza di un funzionario dell'amministrazione finanziaria o di un notaio, che redige l'inventario del contenuto, previa comunicazione da parte del concedente all'ufficio del registro, nella cui circoscrizione deve essere redatto l'inventario, del giorno e dell'ora dell'apertura. 7. Le disposizioni del comma 6 si applicano anche nel caso di armadi, casseforti, borse, valige, plichi e pacchi chiusi depositati presso banche o altri soggetti che esercitano tale servizio. (1) L'imposta sulle successioni e sulle donazioni, soppressa dall'articolo 13, comma 1, della legge 18 ottobre 2001, n. 383, è stata ripristinata dall'articolo 2, comma 47, del D.L. 3 ottobre 2006, n Articolo 49 Disposizione nuova. Notificazioni. 1. Gli avvisi previsti nel presente testo unico sono notificati, nei modi stabiliti in materia di imposte sui redditi, dagli ufficiali giudiziari, da messi speciali autorizzati a norma di legge dagli uffici del registro o da messi comunali o di conciliazione (2). (1) L'imposta sulle successioni e sulle donazioni, soppressa dall'articolo 13, comma 1, della legge 18 ottobre 2001, n. 383, è stata ripristinata dall'articolo 2, comma 47, del D.L. 3 ottobre 2006, n (2) L'articolo 40 del R.D.L. 7 agosto 1936, n. 1639, prevede che la notificazione possa essere eseguita da dipendenti diretti dell'amministrazione, appositamente delegati. Articolo 50 Omissione della dichiarazione. 112

113 1. Chi omette di presentare la dichiarazione della successione, quella sostitutiva o la dichiarazione integrativa è punito con la sanzione amministrativa dal centoventi al duecentoquaranta per cento dell'imposta liquidata o riliquidata d'ufficio. Se non è dovuta imposta si applica la sanzione amministrativa da lire cinquecentomila a lire due milioni (3). (1) Articolo modificato dall articolo 15, comma 1, del D.Leg.s. 19 giugno 1997, n. 218 e successivamente sostituito dall articolo 2, comma 1, lettera d), del D.Leg.s. 18 dicembre 1997, n (2) L'imposta sulle successioni e sulle donazioni, soppressa dall'articolo 13, comma 1, della legge 18 ottobre 2001, n. 383, è stata ripristinata dall'articolo 2, comma 47, del D.L. 3 ottobre 2006, n (3) A norma dell'articolo 28, comma 1, del D.Leg.s. 24 settembre 2015, n. 158, a decorrere dal 1 gennaio 2017, come indicato nell'articolo 32, comma 1, del medesimo decreto, al presente comma, le parole: "da lire cinquecentomila a lire due milioni" sono sostituite dalle seguenti: "da euro 250 a euro 1.000"; inoltre, dopo il secondo periodo sono aggiunti i seguenti: "Se la dichiarazione e' presentata con un ritardo non superiore a trenta giorni, si applica la sanzione amministrativa dal sessanta al centoventi per cento dell'ammontare dell'imposta liquidata o riliquidata dall'ufficio. Se non e' dovuta imposta si applica la sanzione amministrativa da euro 150 a euro 500.". In tema di dichiarazione di successione, presupposto per l'applicazione di una autonoma sanzione in caso di ritardata presentazione è che dalla dichiarazione sia derivata la liquidazione di una "maggiore imposta"; pertanto, non è di per sé sanzionabile, non comportando la liquidazione di maggiori imposte, la denuncia integrativa tardiva diretta, come nella specie, esclusivamente al riconoscimento di passività precedentemente non indicate (nella specie, la Corte ha cassato la decisione dei giudici di Appello che avevano addebitato ad un notaio esclusivamente il ritardo nella presentazione della prima dichiarazione di successione, mentre ne avevano escluso la responsabilità per l'aggravio della sanzione, essendo conseguenti alla nuova denuncia di successione presentata direttamente dagli eredi del de cuis. La Corte ha ritenuto non coerenti le argomentazioni sulle quali il giudice del gravame aveva basato il proprio convincimento circa l'insussistenza di un collegamento causale tra l'affermata responsabilità del notaio in relazione al ritardo nella presentazione della originaria denuncia di successione e le maggiori somme addebitate dall'ufficio del Registro agli eredi; argomentazioni che muovevano dall'individuazione, nell'iniziativa assunta dagli eredi con la presentazione della dichiarazione integrativa, della causa esclusiva degli ulteriori oneri liquidati, di per sé idonea a spezzare ogni nesso causale con la condotta colposa del professionista). Cassazione civile, sez. II, 27/11/2012, n La tardività della dichiarazione di successione non è più sanzionabile, come risulta dalla formulazione dell'art. 2 comma 2 d.lg. 18 dicembre 1997 n. 473, che ha modificato l'art. 50 d.lg. 31 ottobre 1990 n. 346, e tale disposizione, per effetto dell'art. 3 comma 2 d.lg. 18 dicembre 1997 n. 472, è applicabile anche nei casi in cui la contestazione della sanzione sia avvenuta con riferimento a violazioni asseritamente commesse in precedenza. Cassazione civile, sez. trib., 12/10/2007, n In tema di imposta di successione, la violazione dell'art. 31 d.lg. 31 ottobre 1990 n. 346, a norma del quale la denuncia di successione dev'essere presentata entro sei mesi dalla data di apertura della successione, non è più sanzionata specificamente, a meno che non trasmodi in vera e propria omissione, la quale, come si evince dall'art. 33, comma 1, si verifica allorché, scaduto il termine, l'accertamento d'ufficio preceda la dichiarazione del contribuente: l'art. 50 del medesimo d.lg., come sostituito dall'art. 2, comma 1, lett. d, d.lg. 18 dicembre 1997 n. 473, a far data dal 1 aprile 1998, si limita infatti a sanzionare l'omissione della denunzia, mentre l'art. 52 si riferisce al solo pagamento dell'imposta oltre il termine a tal fine stabilito dall'art. 37. Poiché, inoltre, ai sensi dell'art. 3 d.lg. 18 dicembre 1997 n. 472, applicabile anche ai giudizi in corso alla data del 1 aprile 1998, nessuno può essere assoggettato a sanzioni per un fatto che, secondo una legge posteriore, non costituisce violazione punibile, la nuova disciplina sanzionatoria può essere utilmente invocata anche in riferimento alle violazioni commesse anteriormente alla predetta data. Cassazione civile, sez. trib., 17/05/2006, n

114 Articolo 51 Infedeltà della dichiarazione. 1. Chi omette l'indicazione di dati o elementi rilevanti per la liquidazione o riliquidazione dell'imposta o li indica in maniera infedele, ovvero espone passività in tutto o in arte inesistenti, è punito con sanzione amministrativa dal cento al duecento per cento della differenza di imposta. La stessa sanzione si applica, con riferimento all'imposta corrispondente, a chi rilascia o sottoscrive attestazioni o altri documenti rilevanti per la determinazione delle passività deducibili contenenti dati o elementi non rispondenti al vero. 2. La sanzione di cui al comma 1 non si applica relativamente all'imposta corrispondente al maggior valore definitivamente accertato dei beni e dei diritti diversi da quelli indicati nell'articolo 34, comma 5, se il valore accertato non supera di un quarto quello dichiarato. 3. Se l'omissione o l'infedeltà attengono a dati o elementi non incidenti sulla determinazione del tributo, si applica la sanzione da lire cinquecentomila a lire due milioni. La stessa sanzione si applica per la mancata allegazione alle dichiarazioni dei documenti prescritti o dei prospetti rilevanti ai fini della liquidazione delle imposte ipotecaria e catastale, di bollo, delle tasse ipotecarie e dell'imposta sostitutiva di quella comunale sull'incremento di valore degli immobili, ovvero nel caso di inesattezza o di irregolarità dei prospetti medesimi. La sanzione è ridotta alla metà se si provvede alla regolarizzazione nel termine di sessanta giorni dalla richiesta dell'ufficio. Articolo 52 Omissione e tardività del pagamento. [1. Se l'imposta non è stata in tutto o in parte pagata entro il termine stabilito, si applica una soprattassa pari al venti per cento dell'importo non pagato o pagato in ritardo. [La stessa sanzione si applica per l'omesso o incompleto pagamento dell'imposta liquidata dal dichiarante] (1). 2. La soprattassa è ridotta alla metà se il pagamento è avvenuto entro trenta giorni dalla scadenza del termine.] (2) (3) (1) Comma sostituito dall articolo 23, comma 3, lettera I), della legge 30 dicembre 1991, n Le disposizioni di cui al presente comma, si applicano alle dichiarazioni presentate a partire dal 1 gennaio Successivamente il presente comma è stato ulteriormente modificato dall articolo 9, comma 1, lettera h), del D.L. 29 aprile 1994, n (2) Articolo abrogato dall articolo 2, comma 1, lettera h), del D.Leg.s. 18 dicembre 1997, n (3) L'imposta sulle successioni e sulle donazioni, soppressa dall'articolo 13, comma 1, della legge 18 ottobre 2001, n. 383, è stata ripristinata dall'articolo 2, comma 47, del D.L. 3 ottobre 2006, n La responsabilità del coerede che non abbia pagato l'imposta di successione nel termine stabilito, produttiva della sanzione prevista dall'art. 52 del d.lg. n. 346 del 1990, applicabile "ratione temporis", non può essere esclusa dal fatto che il termine per il pagamento, computabile solo dal momento in cui diviene definitivo l'accertamento tributario, per un altro dei coeredi sia spirato in un momento più lontano tale che, rispetto a questo, il pagamento del primo non risultasse tardivo. Ciò in quanto, una tale eccezione ha carattere personale e, a norma dell'art c.c., non può essere opposta dagli altri debitori solidali. 114

115 Articolo 53 Altre violazioni 1. L'erede o il legatario al quale sono stati devoluti beni culturali è punito, nei casi previsti nell'art. 13, comma 4, con la sanzione amministrativa dal cento al duecento per cento dell'imposta o della maggiore imposta dovuta ai sensi dell'articolo 32 o dell'articolo 35, in dipendenza della inclusione dei beni nell'attivo ereditario o della esclusione della riduzione d'imposta di cui all'art. 25, comma Chi viola i divieti stabiliti dall'articolo 48, commi da 2 a 4, o non adempie all'obbligo di cui al comma 5 dello stesso articolo, è punito con la sanzione amministrativa dal cento al duecento per cento dell'imposta o della maggiore imposta dovuta in relazione ai beni e diritti ai quali si riferisce la violazione. 3. In caso di violazione delle disposizioni dell'articolo 48, comma 6, i soggetti indicati ovvero quelli indicati nel successivo comma 7, nonché i concedenti o depositari, sono puniti con la sanzione amministrativa da lire cinquecentomila a lire quattro milioni, del pari applicabile a chi: a) non ottempera alle richieste dell'ufficio o comunica dati incompleti o infedeli; b) dichiara di non possedere, rifiuta di esibire o sottrae all'ispezione documenti o scritture, ancorché non obbligatori, dei quali risulti con certezza l'esistenza; c) rifiuta di sottoscrivere l'attestazione di cui all'articolo 23, comma 3, di consegnare agli obbligati alla dichiarazione i titoli delle passività o non permette che ne sia fatta copia autentica, di consegnare o di rilasciare agli stessi gli estratti e le copie autentiche di cui all'articolo 23 e all'articolo 30, comma La sanzione indicata nei commi 2 e 3 è raddoppiata per la violazione di obblighi o di divieti posti a carico di pubblici ufficiali o di pubblici impiegati, ovvero di banche, società di credito o di intermediazione o all'ente poste italiane. Fino a prova contraria, si presume che autori della violazione siano i legali rappresentanti delle banche, società o enti. (1) Articolo sostituito dall articolo 2, comma 1, lettera f), del D.Leg.s. 18 dicembre 1997, n (2) L'imposta sulle successioni e sulle donazioni, soppressa dall'articolo 13, comma 1, della legge 18 ottobre 2001, n. 383, è stata ripristinata dall'articolo 2, comma 47, del D.L. 3 ottobre 2006, n Articolo 54 Determinazione della sanzione pecuniaria. 1. Nella determinazione della sanzione commisurata all'imposta o alla maggiore imposta, questa è assunta al netto delle riduzioni e delle detrazioni di cui agli articoli 25 e 26 (1) Articolo sostituito dall articolo 2, comma 1, lettera g), del D.Leg.s. 18 dicembre 1997, n. 473 (2) L'imposta sulle successioni e sulle donazioni, soppressa dall'articolo 13, comma 1, della legge 18 ottobre 2001, n. 383, è stata ripristinata dall'articolo 2, comma 47, del D.L. 3 ottobre 2006, n La responsabilità del coerede che non abbia pagato l'imposta di successione nel termine stabilito, produttiva della sanzione prevista dall'art. 52 del d.lg. n. 346 del 1990, applicabile "ratione temporis", 115

116 non può essere esclusa dal fatto che il termine per il pagamento, computabile solo dal momento in cui diviene definitivo l'accertamento tributario, per un altro dei coeredi sia spirato in un momento più lontano tale che, rispetto a questo, il pagamento del primo non risultasse tardivo. Ciò in quanto, una tale eccezione ha carattere personale e, a norma dell'art c.c., non può essere opposta dagli altri debitori solidali. Articolo 55 Registrazione degli atti di donazione (1). 1. Gli atti di donazione sono soggetti a registrazione secondo le disposizioni del testo unico sull'imposta di registro, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131, concernenti gli atti da registrare in termine fisso. 1-bis. Sono soggetti a registrazione in termine fisso anche gli atti aventi ad oggetto donazioni, dirette o indirette, formati all'estero nei confronti di beneficiari residenti nello Stato. Dall'imposta sulle donazioni determinata a norma del presente titolo si detraggono le imposte pagate all'estero in dipendenza della stessa donazione ed in relazione ai beni ivi esistenti, salva l'applicazione delle convenzioni contro le doppie imposizioni (2). 2. Gli atti che hanno per oggetto trasferimenti di cui all'art. 3 sono registrati gratuitamente, salvo il disposto del comma 3 dello stesso articolo. (1) L'imposta sulle successioni e sulle donazioni, soppressa dall'articolo 13, comma 1, della legge 18 ottobre 2001, n. 383, è stata ripristinata dall'articolo 2, comma 47, del D.L. 3 ottobre 2006, n (2) Comma aggiunto dall articolo 69, comma 1, lettera n), della legge 21 novembre 2000, n Le disposizioni di cui alla presente lettera si applicano alle successioni per le quali il termine di presentazione delle relative dichiarazioni scade successivamente al 31 dicembre 2000 ed alle donazioni fatte a decorrere dal 1 gennaio Presupposto per l'applicabilità dell'imposta sulle donazioni è il trasferimento per scopo di liberalità di un diritto o della titolarità di un bene, anche se realizzato senza l'osservanza della forma dell'atto pubblico, richiesta a pena di nullità dell'art. 782 c.c. per l'atto di donazione e la sua accettazione. (In applicazione di tale principio la S.C. ha ritenuto, in particolare, soggetto al tributo in parola il trasferimento senza redazione di un atto pubblico - da parte del nonno in favore dei nipoti - di valuta estera e oro). Cassazione civile, sez. trib., 18/01/2012, n. 634 In tema di imposta sulle donazioni, in presenza di donazione con riserva (accettata) di usufrutto a favore di un terzo, deve essere ravvisata la sussistenza di due distinti atti di liberalità, suscettibili di essere separatamente ed autonomamente sottoposti ad imposizione, ai sensi del combinato disposto degli art. 55 e 56, comma 2, d.lg. 31 ottobre 1990 n. 346, e, in virtù del rinvio operato dall'art. 55, comma 1, d.lg. cit., degli art. 20 e 21 d.p.r. 26 aprile 1986 n Cassazione civile, sez. trib., 27/02/2003, n Articolo 56 Determinazione dell'imposta. [1. L'imposta è determinata dall'applicazione delle aliquote indicate al comma 1- bis al valore globale dei beni e dei diritti oggetto della donazione, al netto degli oneri da cui è gravato il donatario diversi da quelli indicati nell'art. 58, comma 1, ovvero, se la donazione è fatta congiuntamente a favore di più soggetti o se in uno stesso atto sono comprese più donazioni a 116

117 favore di soggetti diversi, al valore della quota spettante o dei beni o diritti attribuiti a ciascuno di essi.] (2) [ 1-bis. Le aliquote sono pari al: a) tre per cento, nei confronti del coniuge e dei parenti in linea retta; b) cinque per cento, nei confronti degli altri parenti fino al quarto grado e degli affini in linea retta, nonchè degli affini in linea collaterale fino al terzo grado; c) sette per cento, nei confronti degli altri soggetti.] (3) [2. L'imposta si applica esclusivamente sulla parte di valore della quota spettante a ciascun beneficiario che supera i 350 milioni di lire.] (4) [3. Quando il beneficiario è un discendente in linea retta minore di età, anche chiamato per rappresentazione, o una persona con handicap riconosciuto grave ai sensi della legge 5 febbraio 1992, n. 104, come modificata dalla legge 21 maggio 1998, n. 162, l'imposta si applica esclusivamente sulla parte di valore della quota spettante a ciascun beneficiario che supera l'ammontare di un miliardo di lire.] (5) 4. Il valore dei beni e dei diritti donati è determinato a norma degli articoli da 14 a 19 e dell'art. 34, commi 3, 4 e 5 (6). 5. Si applicano le riduzioni previste nell'art. 25, salvo quanto stabilito nell'art. 13, commi 3, 4 e 5, e nell'art. 51, comma 2, e si detrae l'imposta comunale sull'incremento di valore degli immobili liquidata a seguito di donazione, per ciascun immobile donato, fino a concorrenza della parte dell'imposta proporzionale al valore dell'immobile stesso. É inoltre detratta, se alla richiesta di registrazione dell'atto di donazione è allegata la fattura, l'imposta sul valore aggiunto afferente la cessione (7). (1) L'imposta sulle successioni e sulle donazioni, soppressa dall'articolo 13, comma 1, della legge 18 ottobre 2001, n. 383, è stata ripristinata dall'articolo 2, comma 47, del D.L. 3 ottobre 2006, n (2) Comma sostituito dall articolo 69, comma 1, lettera o), della legge 21 novembre 2000, n. 342 e successivamente abrogato dall'articolo 2, comma 52, lettera c), del D.L. 3 ottobre 2006, n (3) Comma aggiunto dall articolo 69, comma 1, lettera o), della legge 21 novembre 2000, n. 342 e successivamente abrogato dall'articolo 2, comma 52, lettera c), del D.L. 3 ottobre 2006, n (4) Comma sostituito dall articolo 69, comma 1, lettera o), della legge 21 novembre 2000, n. 342 e successivamente abrogato dall'articolo 2, comma 52, lettera c), del D.L. 3 ottobre 2006, n (5) Comma sostituito dall articolo 69, comma 1, lettera o), della legge 21 novembre 2000, n. 342 e successivamente abrogato dall'articolo 2, comma 52, lettera c), del D.L. 3 ottobre 2006, n (6) Comma sostituito dall articolo 23, comma 3, lettera l), della legge 30 dicembre 1991, n Le disposizioni di cui al presente comma, si applicano alle dichiarazioni presentate a partire dal 1 gennaio (7) Comma modificato, a decorrere dal 29 marzo 1997, dall articolo 11, comma 1, lettera e- bis), del D.L. 28 marzo 1997, n. 79. Nella determinazione della base imponibile dell'imposta sulle successioni e sulle donazioni gli "oneri gravanti sul donatario" che, ai sensi dell'art. 56 d.lg. 31 ottobre 1990 n. 346, vanno scomputati dal valore del bene donato sono costituiti unicamente dai pesi espressamente imposti dal donante ai sensi dell'art. 793 c.c., e non da qualsiasi onere economico da cui sia gravato il bene donato. Ne consegue che, nel caso di donazione di un fondo edificabile, gli oneri di urbanizzazione non possono essere detratti dalla base imponibile, ma possono unicamente incidere sul valore venale in commercio del bene, da prendere in considerazione ai fini della determinazione della base imponibile. Cassazione civile, sez. trib., 15/10/2007, n

118 Articolo 56 bis Accertamento delle liberalità indirette. 1. Ferma l'esclusione delle donazioni o liberalità di cui agli articoli 742 e 783 del codice civile, l'accertamento delle liberalità diverse dalle donazioni e da quelle risultanti da atti di donazione effettuati all'estero a favore di residenti può essere effettuato esclusivamente in presenza di entrambe le seguenti condizioni: a) quando l'esistenza delle stesse risulti da dichiarazioni rese dall'interessato nell'ambito di procedimenti diretti all'accertamento di tributi; b) quando le liberalità abbiano determinato, da sole o unitamente a quelle già effettuate nei confronti del medesimo beneficiario, un incremento patrimoniale superiore all'importo di 350 milioni di lire. 2. Alle liberalità di cui al comma 1 si applica l'aliquota del sette per cento, da calcolare sulla parte dell'incremento patrimoniale che supera l'importo di 350 milioni di lire. 3. Le liberalità di cui al comma 1 possono essere registrate volontariamente, ai sensi dell'art. 8 del testo unico delle disposizioni concernenti l'imposta di registro, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n In tale caso si applica l'imposta con le aliquote indicate all'art. 56 mentre qualora la registrazione volontaria sia effettuata entro il 31 dicembre 2001, si applica l'aliquota del tre per cento (3). Articolo 57 Donazioni anteriori. 1. Il valore globale netto dei beni e dei diritti oggetto della donazione è maggiorato [, ai soli fini della determinazione delle aliquote applicabili a norma dell'art. 56,] di un importo pari al valore complessivo di tutte le donazioni, anteriormente fatte dal donante al donatario, comprese quelle presunte di cui all'art. 1, comma 3, ed escluse quelle indicate nell'art. 1, comma 4, e quelle registrate gratuitamente o con pagamento dell'imposta in misura fissa a norma degli articoli 55 e 59. Agli stessi fini, nelle ipotesi di cui all'art. 56, comma 2, il valore globale netto di tutti i beni e diritti complessivamente donati è maggiorato di un importo pari al valore complessivo di tutte le donazioni anteriormente fatte ai donatari e il valore delle quote spettanti o dei beni e diritti attribuiti a ciascuno di essi è maggiorato di un importo pari al valore delle donazioni a lui anteriormente fatte dal donante. Per valore delle donazioni anteriori si intende il valore attuale dei beni e dei diritti donati; si considerano anteriori alla donazione, se dai relativi atti non risulta diversamente, anche le altre donazioni di pari data (2). 2. Negli atti di donazione e negli atti di cui all'art. 26 del testo unico sull'imposta di registro, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131, devono essere indicati gli estremi delle donazioni anteriormente fatte dal donante al donatario o ad alcuno dei donatari e i relativi valori alla data degli atti stessi. Per l'omissione, l'incompletezza o l'inesattezza di tale indicazione si applica, a carico solidalmente dei donanti e dei donatari, la pena pecuniaria da una a due volte la maggiore imposta dovuta. Articolo 58 Disposizioni varie. 1. Gli oneri da cui è gravata la donazione, che hanno per oggetto prestazioni a soggetti terzi determinati individualmente, si considerano donazioni a favore dei beneficiari. 118

119 2. Per le donazioni sottoposte a condizione si applicano le disposizioni relative all'imposta di registro. Le donazioni a favore di nascituri e quelle a favore di enti di cui all'art. 31, comma 2, lettere g) e h), si considerano sottoposte a condizione sospensiva. 3. Se nell'atto di donazione è prevista la sostituzione di cui all'art. 692 del codice civile si applicano le disposizioni dell'art Il rimborso dell'imposta pagata spetta anche nei casi di cui all'art. 42, comma 1, lettere b), d) e g). 5. Le disposizioni di questo titolo si applicano, in quanto compatibili, anche per gli atti di liberalità tra vivi diversi dalla donazione. In presenza di un trust i cui beneficiari finali siano i figli nascituri del disponente al raggiungimento della loro maggiore età, si è in presenza di un atto sottoposto a condizione sospensiva, che dovrà essere sottoposto a tassazione solo e se tale condizione si verificherà. Il momento in cui l'ufficio potrà pretendere l'imposta sulle donazioni è quello in cui verrà posto in essere il trasferimento della ricchezza ai figli del disponente.comm. trib. prov.le Genova, 07/10/2010, n. 280 Articolo 59 Applicazione dell'imposta in misura fissa. 1. L'imposta si applica nella misura fissa prevista per l'imposta di registro (2): a) per le donazioni di beni culturali vincolati di cui all'art. 12, lettera g), a condizione che sia presentata all'ufficio del registro l'attestazione prevista dall'art. 13, comma 2, salvo quanto stabilito nei commi 3, 4 e 5 dello stesso articolo; b ) per le donazioni di ogni altro bene o diritto dichiarato esente dall'imposta a norma di legge, ad eccezione dei titoli di cui alle lettere h ) ed i ) dell'art. 12 (3). [2. Per le donazioni di veicoli di cui all'art. 12, lettera l ), l'imposta si applica nelle misure fisse stabilite nell'art. 7 della parte prima della tariffa allegata al testo unico sull'imposta di registro, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131, come modificato dall'art. 6, comma 4, del decreto-legge 30 settembre 1989, n. 332, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 novembre 1989, n. 384.] (4) 3. Se i beni di cui al presente articolo sono compresi insieme con altri beni o diritti in uno stesso atto di donazione, del loro valore non si tiene conto nella determinazione dell'imposta a norma dell'art. 57. In tema di imposta di registro, l'imposta fissa è dovuta esclusivamente e tassativamente nei casi previsti dall'art. 59 d.lg. n. 346 del Pertanto, l'imposta non è dovuta, neanche in misura fissa, se la registrazione ha per oggetto atti di donazione per i quali non sono dovute le imposte ordinarie, come nelle ipotesi di donazioni non eccedenti la franchigia prevista dalla legge. Comm. trib. reg. Bari, sez. IX, 25/11/2010, n. 128 Articolo 59 bis Esenzione per i veicoli iscritti al pubblico registro automobilistico (1) (2). 1. Non sono soggette ad imposta, anche nella ipotesi di cui all'articolo 59, comma 3, le donazioni di veicoli di cui all'articolo 12, comma 1, lettera l). Articolo 60 Rinvio 1. Per le modalità e i termini della liquidazione dell'imposta o maggiore imposta determinata a norma degli articoli 56 e 57, per la rettifica del valore dei beni e dei diritti, per l'applicazione 119

120 dell'imposta in caso di omissione della richiesta di registrazione, per la riscossione e il rimborso dell'imposta, per i divieti e gli obblighi a carico di terzi e per le sanzioni si applicano, in quanto non diversamente disposto in questo titolo e nell'art. 34, commi 4 e 8, le disposizioni del testo unico sull'imposta di registro, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n Poiché l'art. 24 comma 5, l. n. 241 del 1990 fa salve le disposizioni vigenti che limitano l'accesso alla documentazione amministrativa, deve ritenersi che la richiesta di accesso ad una denuncia di successione, come agli altri atti assoggettati a registrazione, da parte dei soggetti diversi dalle parti contraenti, dai loro aventi causa o da coloro nel cui interesse la registrazione è stata eseguita, sia disciplinata dall'art. 18 comma 3, d.p.r. n. 131 del 1986 cui rinvia per i divieti l'art. 60, d.lg. n. 346 del 1990, per cui il rilascio di copie di tali atti può avvenire soltanto su autorizzazione del pretore competente; con la conseguenza che la domanda di accesso ad una denuncia di successione da parte di un terzo deve essere preceduta da apposita autorizzazione del giudice ordinario competente e che la carenza di tale previa autorizzazione comporta l'insussistenza dell'obbligo dell'amministrazione finanziaria di consentire l'accesso e di rilasciare copia della denuncia richiesta; ne deriva che il rilascio di copie delle denunzie e degli altri atti assoggettati a registrazione a soggetti diversi dalle parti contraenti, da loro aventi causa o da coloro nel cui interesse la registrazione è stata eseguita, può avvenire, ai sensi dell'art. 18 comma 3, d.p.r. n. 131 del 1986 soltanto su autorizzazione del tribunale competente, la cui carenza comporta l'insussistenza dell'obbligo dell'amministrazione finanziaria di consentire l'accesso e di rilasciare copia degli atti suindicati. T.A.R. Campania Salerno, sez. I, 15/05/2013, n In tema di imposta di successione, il rimborso dell'imposta, regolato dall'art. 77, comma 1, d.p.r. n. 131 del 1986 (applicabile ai sensi dell'art. 60 d.lg. n. 346 del 1990) deve essere chiesto, a pena di decadenza, entro tre anni dal giorno del relativo pagamento. In caso di adempimento rateale, il termine di decadenza decorre da ciascuno dei pagamenti e non dalla data dell'ultima quota del pagamento frazionato. Cassazione civile, sez. trib., 28/04/2004, n In tema di imposta di successione, la domanda di rimborso dell'imposta pagata e non dovuta, già regolata dall'art. 77, comma 3, del d.p.r. n. 131 del 1986 (riguardante la disciplina dell'imposta di registro, ma applicabile anche all'imposta di successione, ai sensi dell'art. 60 del d.lg. n. 346 del 1990), che imponeva la sua presentazione all'ufficio che ha eseguito la registrazione dell'atto (ossia all'ufficio del Registro), a seguito dell'entrata in vigore del d.p.r. n. 287 del 1992, il quale ha previsto, quale ufficio periferico del Ministero delle finanze, tra gli altri, le direzioni regionali delle entrate e gli Uffici delle entrate, attribuendo solo a questi ultimi le funzioni operative per l'applicazione dei tributi e, tra questi, anche di quelli relativi all'imposta di registro, ha disposto la successione dell'ufficio delle entrate a quello del Registro, come destinatario dell'istanza di rimborso. Tale competenza è stata poi espressamente attribuita all'ufficio delle entrate dall'art. 43, comma 3, d.p.r. n. 287 del 1992, applicabile "ratione temporis", ma abrogato dall'art. 23 d.p.r. n. 107 del 2001, dettato per la riorganizzazione del Ministero delle finanze disposta dal d.lg. n. 300 del 1999 (In applicazione di tale principio, la Corte ha considerato correttamente costituito il contraddittorio, con la notifica dell'appello della contribuente, che chiedeva il rimborso dell'imposta di successione versata in eccesso, nei confronti dell'ufficio delle entrate, anziché nei confronti della direzione regionale delle entrate). Cassazione civile, sez. trib., 28/04/2004, n Poiché l'art. 24 comma 5, l. 7 agosto 1990 n. 241 fa salve le disposizioni vigenti che limitano l'accesso alla documentazione amministrativa, deve ritenersi che la richiesta di accesso ad una denuncia di successione, come agli altri atti assoggettati a registrazione, da parte dei soggetti diversi dalle parti contraenti, dai loro aventi causa o da coloro nel cui interesse la registrazione è stata eseguita, sia disciplinata dall'art. 18 comma 3 d.p.r. 26 aprile 1986 n. 131 (t.u. dell'imposta di registro) cui rinvia per i divieti l'art. 60, d.lg. 31 ottobre 1990 n. 346 (t.u. delle imposte di donazione e successione), per cui il rilascio di copie di tali atti può avvenire soltanto su autorizzazione del pretore competente. Con la conseguenza che la domanda di accesso ad una denuncia di successione da parte di un terzo deve essere preceduta da apposita autorizzazione del g.o. competente e che la carenza di tale previa autorizzazione comporta l'insussistenza dell'obbligo dell'amministrazione finanziaria di consentire l'accesso e di rilasciare copia della denuncia richiesta. T.A.R. Abruzzo Pescara, 22/03/2002, n

121 In tema di imposte sulle donazioni, nel caso, previsto dall'art. 796 c.c., in cui il donante abbia riservato l'usufrutto in un primo tempo a sè e, dopo la sua morte, ad un'altra persona, l'atto di liberalità posto in essere in favore di quest'ultima è differito nei suoi effetti e condizionato alla premorienza del donante medesimo al beneficiato, con la conseguenza che, in base al disposto dell'art. 27 d.p.r. n. 131 del 1986, operante in materia di imposta sulle donazioni ex art. 60 d.lg. n. 346 del 1990, l'imposta proporzionale ad esso relativa viene riscossa dopo l'avveramento dell'evento dedotto in condizione, e deve essere applicato su base imponibile determinata con riferimento alla data in cui, a seguito di detto avveramento, il negozio diventa realmente efficace ed effettivamente costitutivo del diritto reale parziario donato. Cassazione civile, sez. trib., 08/03/2002, n Ai fini dell'imposta sulle donazioni, mentre in presenza di una donazione con riserva (accettata) di usufrutto a favore di un terzo, deve essere ravvisata una attuale duplicità di atti di liberalità (donazione del nudo dominio e donazione dell'usufrutto) con separata e autonoma (immediata) loro assoggettabilità al tributo, nell'ipotesi, invece, di donazione con riserva di usufrutto al donante e, dopo la sua morte, ad altra persona, ex art. 796 c.c., l'atto di liberalità in favore di quest'ultima, è differita nei suoi effetti e condizionato alla premorienza del donante medesimo al beneficiato. Con la conseguenza in quest'ultimo caso, che l'imposta proporzionale relativa alla donazione (accettata) di usufrutto in favore (anche) del terzo viene riscossa dopo l'avveramento dell'evento dedotto in condizione, e con riferimento a tale data agli effetti della determinazione della base imponibile. Cassazione civile, sez. trib., 08/03/2002, n In tema di imposta sulle donazioni, nella ipotesi di donazione con riserva (accettata) di usufrutto a favore anche di un terzo, ossia nel caso, previsto dall'art. 796 c.c., in cui il donante abbia riservato l'usufrutto in un primo tempo a sè, e dopo la sua morte, ad un'altra persona, l'atto di liberalità posto in essere in favore di quest'ultima è differito nei suoi effetti e condizionato alla premorienza del donante medesimo al beneficiato, con la conseguenza che, in base al disposto dell'art. 27 del d.p.r. n. 131 del 1986, operante in materia di imposta sulle donazioni ex art. 60 del d.lg. n. 346 del 1990, l'imposta proporzionale ad esso relativa viene riscossa dopo l'avveramento dell'evento dedotto in condizione, e deve essere applicata su base imponibile determinata con riferimento alla data in cui, a seguito di detto avveramento, il negozio diventa realmente efficace ed effettivamente costitutivo del diritto reale parziario donato. Cassazione civile, sez. trib., 08/03/2002, n In tema di imposta sulle donazioni, in presenza di donazione con riserva (accettata) di usufrutto a favore di un terzo, deve essere ravvisata la sussistenza di due distinti atti di liberalità, suscettibili di essere separatamente ed autonomamente sottoposti ad imposizione. Cassazione civile, sez. trib., 08/03/2002, n Il divieto di rimborso dell'imposta di consolidazione dell'usufrutto alla nuda proprietà, trasferita con atto posto in essere prima dell'entrata in vigore del d.p.r. 26 ottobre 1972 n. 634, previsto dalla norma transitoria di cui all'art. 80 d.p.r. 26 aprile 1986 n. 131, che fa salvi tuttavia i casi in cui risultasse presentato ricorso alla data del 20 novembre 1985, si riferisce alla sola ipotesi del trasferimento della proprietà a titolo oneroso, così come a tale ipotesi, e non a quella dei trasferimenti a titolo gratuito, si riferisce il termine di proposizione del ricorso previsto dalla norma transitoria, modificata solo successivamente dal d.p.r. 31 ottobre 1990 n Cassazione civile, sez. trib., 15/11/2000, n Articolo 61 Consolidazione dell'usufrutto. 1. L'imposta relativa alla riunione dell'usufrutto alla nuda proprietà trasferita a titolo gratuito o per causa di morte si applica solo se la consolidazione dell'usufrutto si è verificata anteriormente alla data di entrata in vigore del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n Non si fa luogo a rimborso delle imposte già pagate. 121

122 Il divieto di rimborso dell'imposta di consolidazione dell'usufrutto alla nuda proprietà, trasferita con atto posto in essere prima dell'entrata in vigore del d.p.r. 26 ottobre 1972 n. 634, previsto dalla norma transitoria di cui all'art. 80 d.p.r. 26 aprile 1986 n. 131, che fa salvi tuttavia i casi in cui risultasse presentato ricorso alla data del 20 novembre 1985, si riferisce alla sola ipotesi del trasferimento della proprietà a titolo oneroso, così come a tale ipotesi, e non a quella dei trasferimenti a titolo gratuito, si riferisce il termine di proposizione del ricorso previsto dalla norma transitoria, modificata solo successivamente dal d.p.r. 31 ottobre 1990 n Cassazione civile, sez. trib., 15/11/2000, n In tema di imposta di registro, la norma transitoria di cui all'art. 80, comma 2, d.p.r. 26 aprile 1986 n. 131 (che conferma integralmente la disposizione già contenuta nell'art. 6 d.l. 6 gennaio 1986 n. 2, convertito nella l. 7 marzo 1986 n. 60) è riferibile, anche per quanto concerne il divieto di rimborso delle imposte già pagate ed il termine di presentazione del ricorso, alle sole consolidazioni di usufrutto derivanti da atti a titolo oneroso, non anche alle ipotesi di consolidazione derivanti da atti di trasferimento gratuito o per causa di morte, contemplate invece dall'art. 61 d.lg. 31 ottobre 1990 n. 346, che ha innovato il quadro normativo (con riferimento alle successioni aperte ed alle donazioni fatte dall'1 gennaio 1991). Cassazione civile, sez. trib., 15/11/2000, n Articolo 62 Agevolazioni. 1. Restano ferme le agevolazioni previste da altre disposizioni di legge. Disposizioni Transitorie E Finali Articolo 63 Entrata in vigore 1. Il presente testo unico entra in vigore il 1 gennaio 1991 e si applica alle successioni aperte e alle donazioni fatte a partire da tale data. L'imposta sulle successioni e sulle donazioni, soppressa dall'articolo 13, comma 1, della legge 18 ottobre 2001, n. 383, è stata ripristinata dall'articolo 2, comma 47, del D.L. 3 ottobre 2006, n Alla stregua della disposizione di cui all'art. 63 del d.lg. n. 346 del 1990, la quale stabilisce che le norme del t.u. sulle successioni e donazioni in esso contenute entrino in vigore il'1 gennaio 1991 e si applichino alle successioni aperte e alle donazioni fatte a partire da tale data, ove una successione si sia aperta entro il 31 dicembre 1990, non vale ad assoggettarla alla nuova disciplina di cui al d.lg. n. 346 del 1990 il fatto che, successivamente all'1 gennaio 1991, sia intervenuto un accordo fra il contribuente e l'amministrazione finanziaria relativo alla dilazione del pagamento dell'imposta ed agli interessi. Cassazione civile, sez. I, 11/09/1999, n L'interesse nella misura scalare del 9 per cento è applicabile alle successioni "aperte a partire" dal 1 gennaio 1991 ancorché l'atto di dilazione sia stato formalizzato successivamente in quanto l'art. 63 d.lg. n. 346 del 1990 così espressamente dispone. Comm. trib. reg. Firenze, sez. X, 08/03/1999, n. 47 Ai fini dell'imposta sulle successioni, nel vigore del d.p.r. 26 ottobre 1972 n. 637 (come già nella vigenza del r.d. 30 dicembre 1923 n e, da ultimo, poi, del t.u. 31 ottobre 1990 n. 346), deve ritenersi acquisito il principio per cui la delazione determina per se stessa (diversamente che agli effetti civilistici) l'acquisto dell'eredità. Pertanto, anche in caso di trasmissione della delazione ex art. 479 c.c., a favore dell'erede del chiamato, morto prima di accettare l'eredità devolutagli, la fattispecie successoria si considera perfezionata sul piano tributario, anche in ordine alla precedente devoluzione per cui è dovuto, anche su questa, il correlato tributo da parte del secondo chiamato. Il Calcolo dell imposta 122

123 La riunione fittizia nell imposta di successione. D.P.R , n. 346, art. 8 - Base imponibile Questa operazione va analizzata con estrema attenzione in relazione al radicale cambiamento effettuato dell art.7: ora la progressività dell imposta è stata abolita e permane la quota di franchigia. Il valore globale netto dell' asse ereditario ( = della quota di eredità o del legato ) e' maggiorato, ai soli fini della determinazione delle aliquote applicabili a norma dell' art. 7, di un importo pari al valore attuale complessivo di tutte le donazioni fatte dal defunto agli eredi e ai legatari, comprese quelle presunte di cui all' art. 1, comma 3, ed escluse quelle indicate all' art. 1, comma 4, e quelle registrate gratuitamente o con pagamento dell' imposta in misura fissa a norma degli articoli 55 e 59; il valore delle singole quote ereditarie o dei singoli legati e' maggiorato, agli stessi fini, di un importo pari al valore attuale delle donazioni fatte a ciascun erede o legatario. Per valore attuale delle donazioni anteriori si intende il valore dei beni e dei diritti donati alla data dell' apertura della successione, riferito alla piena proprietà anche per i beni donati con riserva di usufrutto o altro diritto reale di godimento. Nella Relazione governativa allo schema del Testo unico dell' imposta sulle successioni e donazioni (art. 8) ( del 1990 ) si evince che è stata estesa l' attualizzazione del valore delle donazioni anteriori anche a quelle in denaro ed ha chiarito che il valore delle donazioni fatte con riserva dell' usufrutto o di altro diritto reale di godimento e' costituito dal valore attuale della piena proprieta' dei beni donati. Con tali modifiche il legislatore voleva assicurare il principio del cumulo delle donazioni anteriori, <<rapportate al valore corrente>> attuale, ai fini della determinazione delle aliquote, stabilito nella legge delega del 1971 (art. 8, n. 3) per evitare la vanificazione del principio di progressività dell' imposta. La sentenza della Corte di Cassazione sez. I civ. del n ha evidenziato che la legge fiscale stabilisce una forma di riunione fittizia dei beni donati alla massa ereditaria ai soli fini della determinazione delle aliquote, con la precisazione che a quei fini il valore delle donazioni di beni diversi dal denaro o da crediti in denaro deve essere determinato in base al valore venale dei beni medesimi al momento dell' apertura della successione. Pertanto e' previsto il c.d. coacervo (o cumulo) del donatum con il relictum, allo scopo di evitare che il de cuius possa eludere la progressivita' dell' imposta procedendo in vita ad una serie di donazioni ai futuri eredi o legatari. Ma il cumulo e' previsto al solo fine di determinare le aliquote da applicare per calcolare l' imposta sui beni relitti, non potendosi attribuire un diverso significato al chiaro dettato normativo sopra trascritto, peraltro conforme all' art. 8 comma primo n. 3 della legge n. 825 (recante delega legislativa al Governo della Repubblica per la riforma tributaria), il quale stabiliva la cumulabilita', per l' appunto, ai fini della determinazione dell' aliquota. L'art. 1, comma 78, della legge n. 296/2006 ha poi introdotto un'ipotesi di totale esenzione da imposta sulle successioni, aggiungendo il comma 4-ter all'art. 3 del d. lgs. n. 346/1990. In particolare, ai sensi di quest'ultima disposizione, i trasferimenti successori a favore dei discendenti, di aziende o rami di esse, di quote sociali e di azioni non sono soggetti all'imposta. Ove nell'azienda siano compresi beni immobili, il richiamo dell'art. 3 del d. lgs. n. 346/1990 da parte degli artt. 1, comma 2, e 10, comma 3, del d. lgs. n. 347/1990 comporta, altresì, l'esenzione da imposte ipotecarie e catastali. Trattandosi di quote sociali o azioni di società per azioni e in accomandita per azioni, società a responsabilità limitata, società cooperative e società di mutua assicurazione residenti nel territorio 123

124 dello Stato, il beneficio spetta limitatamente alle partecipazioni mediante le quali è acquisito o integrato il controllo ai sensi dell'articolo 2359, primo comma, numero 1), del codice civile. Il beneficio si applica a condizione che gli aventi causa proseguano l'esercizio dell'attività d'impresa o detengano il controllo per un periodo non inferiore a cinque anni dalla data del trasferimento, rendendo, contestualmente alla presentazione della dichiarazione di successione, apposita dichiarazione in tal senso. Il mancato rispetto della condizione di cui al periodo precedente comporta la decadenza dal beneficio, il pagamento dell'imposta in misura ordinaria, della sanzione amministrativa prevista dall'art. 13 del d. lgs. n. 471/1997 e degli interessi di mora decorrenti dalla data in cui l'imposta medesima avrebbe dovuto essere pagata. Coordinando la disposizione in esame con quella contenuta nel comma 48, deve ritenersi che, nell'ipotesi in cui i discendenti non rendano, contestualmente alla presentazione della dichiarazione di successione, la dichiarazione di impegno a proseguire l'attività di impresa, si applica il trattamento ordinario (e quindi la franchigia di di euro); con la conseguenza che, allorché il valore dell'azienda o delle partecipazioni sociali, unitamente a quello degli altri cespiti oggetto di successione sia di sicuro inferiore alla suddetta franchigia, non vi sarà alcuna convenienza ad usufruire dell'esenzione in oggetto. - Le agevolazioni per la prima casa sono applicabili, nei termini previsti dall'art. 69, commi 3 e 4, della legge 21 novembre 2000, n. 342, e quindi in base alle regole ed alla relativa interpretazione precedentemente applicate (risultando così superata la diversa disciplina contenuta nel d.l. n. 262/2005, nel testo anteriore alla conversione in legge). Cfr., sul punto, la Circ. Agenzia Entrate 7 maggio 2001 n. 44/E. - In relazione alla franchigia per i beni devoluti al coniuge o a parenti in linea retta, la relativa disciplina deve essere coordinata con le previsioni del testo unico, che prevedono da un lato che non vi è obbligo di dichiarazione se l'eredità è devoluta al coniuge e ai parenti in linea retta del defunto e l'attivo ereditario ha un valore non superiore ad euro ,00, e non comprende beni immobili o diritti reali immobiliari, salvo che per effetto di sopravvenienze ereditarie queste condizioni vengano a mancare (art. 28, comma 7, del d. lgs. n. 346/1990); dall'altro, che chi omette di presentare la dichiarazione della successione è punito, se non è dovuta imposta, con la sanzione amministrativa da euro 258,23 ad euro 2.032,91 (art. 50 del d. lgs. n. 346/1990). Ne consegue che nelle suddette successioni a favore del coniuge o di parenti in linea retta, in cui non siano compresi beni immobili, esiste l'obbligo di presentazione della dichiarazione, anche se non vi è obbligo di pagamento di imposta, anche se il valore è inferiore ad due milioni di euro. Sono pertanto da distinguersi - ricorrendo la fattispecie della successione avente ad oggetto beni e diritti diversi dagli immobili, a favore di parenti in linea retta e coniuge, tre casi: 1) - attivo ereditario di valore non superiore ad euro ,00, alle condizioni di cui sopra: non deve essere presentata la dichiarazione, né pagata alcuna imposta (o sanzione); 2) - attivo ereditario di valore superiore ad euro ,00 fino ad euro ,00 : occorre presentare la dichiarazione (a pena di sanzioni), ma non deve essere pagata alcuna imposta; 3) - attivo ereditario di valore superiore ad euro : deve essere presentata la dichiarazione, e pagata l'imposta di successione. - Le nuove aliquote (previste dall'art. 2, commi 48 e 49-bis, del d.l. n. 262/2006) sono le seguenti: Successione avente ad oggetto beni (mobili o Imposta ipotecaria: 2% (sul immobili) e diritti di valore degli valore qualsiasi natura, devoluta a favore del coniuge o di parenti in linea retta: - Imposta di successione: 4 % (sul valore complessivo netto eccedente, per ciascun beneficiario, euro ) immobili) - oppure _ 168 se prima casa per almeno uno dei beneficiari - Imposta catastale: 1% (sul degli immobili) - oppure _ 168 se prima casa per almeno uno dei 124

125 beneficiari Successione avente ad oggetto aziende o partecipazioni sociali a favore dei discendenti, che si impegnano a proseguire l'attività d'impresa o a detenere il controllo per un periodo non inferiore a cinque anni dalla data di apertura della successione: Imposta di successione: esente - Imposta ipotecaria: esente Imposta catastale: esente Successione avente ad oggetto beni (mobili o immobili) e diritti di qualsiasi natura, devoluta a favore di fratelli e sorelle: - Imposta di successione: 6 % (sul valore complessivo netto eccedente, per ciascun beneficiario, euro ); - Imposta ipotecaria: 2% (sul valore degli immobili) - oppure _ 168 se prima casa per almeno uno dei beneficiari - Imposta catastale: 1% (sul valore degli immobili) - oppure _ 168 se prima casa per almeno uno dei beneficiari Successione avente ad oggetto beni (mobili o immobili) e diritti di qualsiasi natura, devoluta a favore di parenti fino al quarto grado e di affini in linea retta, nonché di affini in linea collaterale fino al terzo grado (con esclusione del coniuge, dei parenti in linea retta, dei fratelli e sorelle): - Imposta di successione: 6 % Imposta ipotecaria: 2% (sul valore degli immobili) - oppure _ 168 se prima casa per almeno uno dei beneficiari Imposta catastale: 1% (sul valore degli immobili) - oppure _ 168 se prima casa per almeno uno dei beneficiari Successione avente ad oggetto beni (mobili o immobili) e diritti di qualsiasi natura, devoluta a favore di: parenti oltre il quarto grado, affini in linea collaterale oltre il terzo grado, estranei: - Imposta di successione: 8 % - Imposta ipotecaria: 2% (sul valore degli immobili) - oppure _ 168 se prima casa per almeno uno dei beneficiari - Imposta catastale: 1% (sul valore degli immobili) - oppure _ 168 se prima casa per almeno uno dei beneficiari Successione avente ad oggetto beni (mobili o immobili) e diritti di qualsiasi natura, devoluta a favore di persone fisiche con handicap riconosciuto grave: - Imposta di successione: l'aliquota applicabile in base al rapporto di parentela, affinità o coniugio (sul valore complessivo netto eccedente, per ciascun beneficiario, euro ) - Imposta ipotecaria: 2% (sul valore degli immobili) - oppure _ 168 se prima casa per almeno 125

126 uno dei beneficiari - Imposta catastale: 1% (sul valore degli immobili) - oppure _ 168 se prima casa per almeno uno dei beneficiari Terreni agricoli o montani (art. 14, comma 2, legge n. 383/2001): il totale delle imposte ipotecarie e catastali applicate in misura fissa sugli immobili dell asse ereditario costituiti da terreni agricoli o montani non può comunque eccedere il valore fiscale dei terreni medesimi. Terreni e fabbricati di ogni tipo devoluti a favore di enti pubblici o altri enti previsti dall'art. 3 del D. Lgs. n. 346/1990: - Imposta di successione: esente - Imposta ipotecaria: esente - Imposta catastale: esente - Titoli del debito pubblico, tra i quali si intendono compresi i buoni ordinari del tesoro e i certificati di credito del tesoro, nonché gli altri titoli di Stato, garantiti dallo Stato o equiparati e ogni altro bene o diritto, dichiarati esenti da imposta da norme di legge: - Imposta di successione: esente. Norme antielusione. 7. Le disposizioni antielusive di cui all'art. 37- bis del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, si applicano, ad esclusione delle condizioni contenute nel comma 3 del medesimo articolo, anche con riferimento all'imposta sulle successioni e donazioni. Le disposizioni del presente comma e quelle del comma 1, lettere m ) e n ), si applicano ai fatti accaduti e agli atti comunque formati successivamente alla data del 1 luglio Ai sensi dell'art. 69, comma 7, della legge n. 342/2000, le disposizioni antielusive di cui all'articolo 37-bis del d.p.r. 29 settembre 1973 n. 600 si applicano, ad esclusione delle condizioni contenute nel comma 3 del medesimo articolo, anche con riferimento all'imposta sulle successioni. Pertanto, ai sensi del comma 1 del suddetto art. 37-bis, "sono inopponibili all'amministrazione finanziaria gli atti, i fatti e i negozi, anche collegati tra loro, privi di valide ragioni economiche, diretti ad aggirare obblighi o divieti previsti dall'ordinamento tributario e ad ottenere riduzioni di imposte o rimborsi, altrimenti indebiti". A norma del successivo comma 2, "l'amministrazione finanziaria disconosce i vantaggi tributari conseguiti mediante gli atti, i fatti e i negozi di cui al comma 1, applicando le imposte determinate in base alle disposizioni eluse, al netto delle imposte dovute per effetto del comportamento inopponibile all'amministrazione". Peraltro, a norma dell'art. 37-bis, comma 8, "le norme tributarie che, allo scopo di contrastare comportamenti elusivi, limitano deduzioni, detrazioni, crediti d'imposta o altre posizioni soggettive altrimenti ammesse dall'ordinamento tributario, possono essere disapplicate qualora il contribuente dimostri che nella particolare fattispecie tali effetti elusivi non potevano verificarsi". 126

127 Le disposizioni di preferenza ex articolo 558. Articolo 558 del codice civile. Modo di ridurre le disposizioni testamentarie. La riduzione delle disposizioni testamentarie avviene proporzionalmente, senza distinguere tra eredi e legatari. Se il testatore ha dichiarato che una sua disposizione deve avere effetto a prevalenza delle altre, questa disposizione non si riduce, se non in quanto il valore delle altre non sia sufficiente ad integrare la quota riservata ai legittimari. Articolo 559 del codice civile. Modo di ridurre le donazioni. Le donazioni si riducono cominciando dall ultima e risalendo via via alle anteriori. Il principio di proporzionalità nella riduzione ex art In presenza di una lesione della quota di legittima l art. 558 disciplina la riduzione delle disposizioni testamentarie. Lesione della quota di legittima L'imputazione "ex se" determina una diminuzione della quantità di beni che il legittimario ha diritto di prendere, a titolo di erede, sul "relictum". Ciò significa che, il legittimario donatario, una volta calcolata la sua quota con le operazioni indicate nell'art. 556 c.c., deve innanzi tutto concretare tale quota con i beni donati, e se il valore della donazione, stimata con riguardo al tempo dell'aperta successione, è inferiore a quello della legittima, egli consegue con l'azione di riduzione solo il supplemento. Tribunale Roma, sez. VIII, 18/09/2003 Riduzione- delle donazioni La disposizione dell'art. 559 c.c. considera la sola ipotesi delle donazioni successive, mentre non prevede quella delle donazioni coeve; tale ipotesi va regolata con l'applicazione analogica della norma dettata dal codice civile per la riduzione delle disposizioni testamentarie e cioè con la riduzione proporzionale della pluralità delle donazioni contemporanee; e nel caso in cui i donatari colpiti dalla riduzione siano anch'essi legittimari, la frazione per la quale le singole disposizioni devono essere ridotte non va determinata sull'intero valore delle donazioni, ma solo sulla parte che eccede la legittima di coloro che subiscono la riduzione. Tribunale Roma, 28/02/2003 Trascrizione È ammissibile la trascrizione, anche nei confronti dei terzi acquirenti, della domanda giudiziale contenente azione di riduzione, non essendo neanche necessaria la previa escussione dei beni del donatario. Tribunale Verona, 22/12/2001 Successione del coniuge superstite Qualora il testatore, nel distribuire la gran parte dei suoi beni fra il coniuge ed i figli, abbia attribuito al coniuge superstite anche la piena proprietà della casa familiare e dei mobili che la corredano, e la pluralità delle disposizioni così congegnate siano lesive della riserva dei figli, l'eventuale riduzione, relativamente alle disposizioni testamentarie aventi ad oggetto la casa di abitazione e gli arredi, va operata sulla nuda proprietà di quei beni, al fine di non pregiudicare le facoltà di godimento riconosciute al coniuge dall'art. 540 c.c. Tribunale Roma, 28/05/2001 La domanda di riduzione di disposizione testamentaria per lesione di legittima è proponibile soltanto nei confronti del beneficiato, senza necessità di chiamare in giudizio tutti i legittimari e non 127

128 implica automaticamente l'integrazione di tutte le quote di legittima, eventualmente lese, delle parti in giudizio, ma soltanto di quei convenuti che hanno tempestivamente agito in riduzione. Pertanto è inammissibile la domanda di riduzione, proposta per la prima volta all'udienza di precisazione delle conclusioni dal legittimario convenuto, se non è stato accettato il contraddittorio, e, se il giudice la rigetta nel merito, la parte vittoriosa non ha l'onere di impugnare sul punto la sentenza, essendo la questione riproponibile in via di eccezione (art. 346 c.p.c.). Cassazione civile, sez. II, 27/02/1998, n Riduzione- in genere Con l'azione di riduzione, che ha natura personale e non reale, all'erede che agisce spetta il rimborso del valore della quota non integra, ma la riduzione delle disposizioni testamentarie deve essere sempre fatta salvando la volontà e l'ordine indicato dal testatore. La facoltà di deroga al principio della proporzionalità accordata al testatore. Il primo comma dell art. 558 ha natura dispositiva, sicché è derogabile dal testatore. Infatti il testatore può accordare preferenza a una sua disposizione, che sarà soggetta a riduzione solo se il valore delle altre istituzioni di erede o degli altri legati non sia sufficiente ad integrare la legittima. Questo significa che al testatore riconosciuta la facoltà di risparmiare alcune sue disposizioni dall azione di riduzione. La legge non prevede le modalità di manifestare tale volontà di preferenza è sufficiente che il testatore dichiari che una sua disposizione a la preferenza sulle altre per cui essa non si riduce se non in caso di in capienza delle altre a soddisfare la quota di riserva. Il problema della manifestazione della volontà di preferenza si trascina anche dal codice del 1865, rimane il fatto che in merito alla forma della manifestazione della volontà di preferenza contrasto non quanti richiedano una dichiarazione espressa dagli altri che ritengono sufficiente una volontà ricavabile dal contenuto della scheda testamentaria. Anche nella giurisprudenza pur non ritenendo l agganciata a formule sacramentali dichiara che la volontà del testatore deve essere univoca senza lasciare il minimo dubbio. Esenzioni parziali dalla riduzione ed indicazione di un criterio di riduzione diverso da quello proporzionale. Il potere di disporre l esenzione totale nella riduzione, comprende anche la facoltà di porre un criterio per la riduzione diverso da quello proporzionale. È facoltà del testatore indicare un conto in criterio da seguire nella riduzione delle disposizioni testamentarie diverso da quello proporzionale. Tuttavia indipendentemente dai criteri la volontà del testatore sarà inefficace se in base alle disposizioni sia una lesione alle ragioni del legittimari. Dichiarazione di preferenza di più disposizioni. Nel caso in cui il testatore abbia disposto accordando la preferenza a più legati qualora si renda necessario ridurre disposizioni preferite per integrare la legittima occorre adottare i criterio proporzionale posto dal primo comma dell articolo 558. Tale principio non viene da alcuni ritenuto valido nell ipotesi di più legati disposti a favore dello stesso soggetto. In questo caso il legittimari non potrà pretendere di ottenere una parte proporzionale in ciascun bene ma dovrà considerarsi soddisfatto con l assegnazione di un solo cespite di valore sufficiente per integrare la quota di legittima. La disposizione di un pregato quale implicita manifestazione della volontà di preferenza Esiste il problema relativo alla irrevocabilità delle donazioni. Si può immaginare che il de cuius nell intento di aggirare il principio di irrevocabilità delle donazioni esaurisca nel testamento i propri beni pretermettendo i legittimarii mediante legati ed istituzione di erede dichiarando altresì che tali disposizioni abbiano efficacia di preferenza della donazione. 128

129 Il diritto del legittimario a conseguire la legittima in natura. Il Ferri sostiene che il legittimario ha diritto di ricevere una quota dei beni in natura. In quanto al testatore è riconosciuta la facoltà di individuare i beni con cui comporre la quota e di conseguenza di escludere svariati beni dalla quota del legittimario quindi significa che qualora il testatore accordi la preferenza su uno non incide nè vanifica il diritto del legittimario di conseguire la quota di riserva in natura. Effetti della dichiarazione di preferenza e dispensa da imputazione. La dispensa dall imputazione ha l effetto di accrescere la quota riservata al legittimario attribuendo di il diritto di trattenere le liberalità ricevute e nello stesso tempo conseguire l intera quota di legittima. Questa dichiarazione non dispensa il legittimario dall imputazione ex se, ma gli consente soltanto in caso di lesione di legittima di sottrarre la liberalità ricevuta dall azione di riduzione. Il legittimari dunque non è sottratto dall onere di imputare alla propria quota di legittima la liberalità ricevuta. Analogamente la dispensa dall imputazione non implica preferenza nell azione di riduzione. La rinuncia alla disposizione di preferenza. Il principio di riduzione proporzionale delle disposizioni testamentarie e posto nell interesse esclusivo del beneficiario, al quale rimessa la decisione sia avvalersene o meno. Il legittimario non può pretendere che il beneficiario si avvalga della dichiarazione di preferenza al fine di sottoporre a riduzione le altre disposizioni testamentarie. La diseredazione. Si riconosce oggi la possibilità che nell ambito del testamento ci siano delle disposizioni di tipo negativo qual è la diseredazione, per cui il testatore manifesta la volontà di escludere dalla successione uno o più successibili legittimi. La disposizione ed i legittimari. È pacifico che la disposizione di disederazione non possa essere rivolta a chi sia qualificato come legittimario. Tale disposizione può essere intesa esclusivamente come una riduzione alla quota legittima a favore del legittimario, in modo che la disponibile sia posta a favore degli altri soggetti. Cassazione civile, sez. II 25/05/2012 n MOTIVI DELLA DECISIONE 5.5. In conclusione, deve in proposito, e in risposta al quesito di diritto formulato dai ricorrenti principali a conclusione del secondo motivo di ricorso, affermarsi il seguente principio di diritto: "E' valida la clausola del testamento con la quale il testatore manifesti la propria volontà di escludere dalla propria successione alcuni dei successibili" Applicando tale principio al caso di specie, deve accogliersi il secondo motivo del ricorso principale, dovendosi considerare valida la clausola del testamento di S.I. volta a diseredare alcuni dei successori legittimi, trattandosi di non legittimari. L'accoglimento del secondo motivo comporta l'assorbimento del primo. 6. L'unico motivo del ricorso incidentale è inammissibile. Deve preliminarmente rilevarsi che i quesiti con i quali si conclude il motivo del ricorso incidentale, pur se formulati con riferimento ad affermazioni contenute in precedenti decisioni di questa Corte, appaiono idonei a dare luogo allo scrutinio nel merito del proposto motivo. 129

130 Tuttavia, deve rilevarsi che il ricorrente incidentale non ha colto la ratio della sentenza impugnata, la quale si sostanzia in ciò che in relazione al rapporto esistente tra la testatrice e la sua dante causa non sussisteva un rapporto tale da consentire la applicazione, nella specie, dell'istituto della rappresentazione. Questa, ai sensi dell'art. 468 c.c., ha luogo, nella linea retta, a favore dei discendenti dei figli legittimi, legittimati e adottivi, nonchè dei discendenti dei figli naturali del defunto e, nella linea collaterale, a favore dei discendenti dei fratelli e delle sorelle del defunto. Orbene, il ricorrente incidentale non ha censurato questo aspetto della sentenza impugnata, ma si è limitato a dedurre che l'istituto della rappresentazione opera anche in favore del successibile diseredato. In tal modo, il motivo di ricorso, e i quesiti che lo concludono, non attingono alla ratio decidendi; anzi, si deve rilevare che la Corte d'appello non ha affatto escluso che la rappresentazione possa operare in caso di diseredazione, ma ha ritenuto che nel caso di specie non ricorressero i requisiti soggettivi della rappresentazione. 7. In conclusione, accolto il secondo motivo del ricorso principale, assorbito il primo, e dichiarato inammissibile il ricorso incidentale, la sentenza impugnata deve essere cassata. Poichè, peraltro, non sono necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito, ai sensi dell'art. 384 c.p.c., con il rigetto dell'appello proposto avverso la sentenza del Tribunale di Savona, che aveva deciso la controversia ritenendo valida la clausola di diseredazione e disposto farsi luogo alla successione in favore dei successibili non esclusi. In considerazione della complessità della questione sottoposta all'esame della Corte, sussistono giusti motivi per compensare tra le parti le spese dei giudizi di appello e dei due giudizi di legittimità. P.Q.M. La Corte riunisce i ricorsi; accoglie il secondo motivo del ricorso principale, assorbito il primo; dichiara inammissibile l'incidentale; cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta l'appello; compensa le spese del giudizio di appello e di quelle di legittimità. Effetti fiscali della successione Capitolo III Le Conseguenze Della Successione In Campo Tributario Con gli effetti civili, che consistono nel complesso passaggio dei diritti trasmissibili dal de cuis ad altri soggetti quali gli eredi ed i legatari, la successione produce anche un'obbligazione pecuniaria a favore del Fisco. Si tratta della: Imposta di successione. Se l'asse ereditario comprende beni immobili la successione produce, per tali beni, anche le seguenti imposte: Ipotecaria e Catastale se non rientrante nelle condizioni di legge ( I.N.V.I.M abolita dal 1 luglio 2000 ) Obblighi a carico dei chiamati. Coloro i quali sono ritenuti dalla legge beneficiati o possibili tali della successione del de cujus sono obbligati ad effettuare una dichiarazione la cui natura è sussidiaria all'attività dell'accertamento fiscale dello Stato. E' appunto la: dichiarazione di successione. Natura giuridica della dichiarazione di successione 130

131 La dichiarazione di successione appartiene alla categoria delle dichiarazioni di scienza. Essa cioè non produce effetti giuridici negoziali. Infatti la sua presentazione non presuppone né provoca l'accettazione della qualità d'erede. Neppure la liquidazione dell'imposta presuppone necessariamente che il chiamato all'eredità l'abbia già accettata. Alla successione debbono, nel caso, effettuare anche le seguenti comunicazioni: - all'ufficio delle Imposte Dirette del de cujus; - all'ufficio I.V.A. - all'ufficio Provinciale della Sovrintendenza; - alla Prefettura. Altri obblighi a carico degli eredi. Oltre alla dichiarazione di successione gli eredi o i chiamati La comunicazione all'ufficio delle Imposte Dirette. Gli eredi del de cuius contribuente (ex art. 65 D.P.R. 600/1973), rispondono in solido delle obbligazioni tributarie il cui presupposto si è verificato anteriormente alla morte del dante causa : il de cujus. Essi ne devono comunicare all'ufficio delle Imposte del suo domicilio fiscale, le proprie generalità ed il proprio domicilio fiscale. La comunicazione può essere presentata direttamente all'ufficio o trasmessa mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento, nel qual caso si intende fatta nel giorno di spedizione. Questa comunicazione, al contrario della dichiarazione di successione, presuppone o produce l'accettazione della qualità d'erede. D.P.R. 600/1973 Articolo 65 Eredi del contribuente. Gli eredi rispondono in solido delle obbligazioni tributarie il cui presupposto si è verificato anteriormente alla morte del dante causa. Gli eredi del contribuente devono comunicare all'ufficio delle imposte del domicilio fiscale del dante causa le proprie generalità e il proprio domicilio fiscale. La comunicazione può essere presentata direttamente all'ufficio o trasmessa mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento, nel quale caso si intende fatta nel giorno di spedizione. Tutti i termini pendenti alla data della morte del contribuente o scadenti entro quattro mesi da essa, compresi il termine per la presentazione della dichiarazione e il termine per ricorrere contro l'accertamento, sono prorogati di sei mesi in favore degli eredi. I soggetti incaricati dagli eredi, ai sensi del comma 2, dell' art. 12, devono trasmettere in via telematica la dichiarazione entro il mese di gennaio dell'anno successivo a quello in cui è scaduto il termine prorogato (1). La notifica degli atti intestati al dante causa può essere effettuata agli eredi impersonalmente e collettivamente nell'ultimo domicilio dello stesso ed è efficace nei confronti degli eredi che almeno trenta giorni prima, non abbiano effettuato la comunicazione di cui al secondo comma. Comunicazione delle generalità e del domicilio fiscale degli eredi. La comunicazione può essere presentata: direttamente all'ufficio o trasmessa mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento. Effetti delle comunicazioni all'ufficio II.DD: tutti i termini pendenti alla data della morte del contribuente e scadenti entro quattro mesi da essa, compresi il termine per la presentazione della dichiarazione e quello per ricorrere contro l'accertamento, è prorogato di sei mesi in favore degli eredi.(d.p.r , n. 600, art. 65). Responsabilità. : gli eredi rispondono in solido delle obbligazioni tributarie il cui 131

132 presupposto si è verificato anteriormente alla morte del dante causa. La notifica degli atti intestati al dante causa può essere effettuata agli eredi impersonalmente e collettivamente nell ultimo domicilio dello stesso ed è efficace nei confronti degli eredi che, almeno trenta giorni prima, non abbiano effettuato la comunicazione di cui al secondo comma. Fax Simile All' Ufficio distrettuale delle imposte dirette di... OGGETTO: Eredi di... gia' residente a... Comunicazione delle generalità I sottoscritti, nella loro qualità di eredi di...( generalita' del de cuius) nato a... il... e deceduto il..., ( eventualmente ) gia' esercente l' attività di... nel Comune di...; AI SENSI dell' art. 65, secondo comma, del DPR , n. 600 che impone l' obbligo agli eredi del contribuente di comunicare all' ufficio delle imposte del domicilio fiscale del dante causa le proprie generalità e il proprio domicilio fiscale; COMUNICANO con questo atto quanto richiesto dalla norma: 1)... nato a... il... residente a... via... n.... codice fiscale...; 2)... nato a... il... residente a... via... n.... codice fiscale...; (luogo e data) (firma degli eredi) La comunicazione all Ufficio I.V.A. Soggetti obbligati alla presentazione della dichiarazione e soggetti esonerati Sono obbligati alla presentazione della dichiarazione annuale IVA, di norma, tutti i contribuenti esercenti attività d'impresa ovvero attività artistiche o professionali, di cui agli articoli 4 e 5, titolari di partita IVA. Per la presentazione della dichiarazione da parte di particolari categorie di dichiaranti (curatori fallimentari, eredi del contribuente, società incorporanti, società beneficiarie in caso di scissione, ecc.). 132

133 D.P.R , n. 633, Art. 35 bis Art. 35 bis - Eredi del contribuente [1] Gli obblighi derivanti, a norma del presente decreto, dalle operazioni effettuate dal contribuente deceduto possono essere adempiuti dagli eredi, ancorché i relativi termini siano scaduti non oltre quattro mesi prima della data della morte del contribuente, entro i sei mesi da tale data (comma così sostituito con effetto , dall' art. 11, comma 1, lettera d), D.L.gs , n. 241). [2] Resta ferma la disciplina stabilita dal presente decreto per le operazioni effettuate, anche ai fini della liquidazione dell' azienda, dagli eredi dell' imprenditore (articolo aggiunto dall' art. 1, D.P.R , n. 24). D.M , n. 164, Art. 20 CAPO III Adempimento dell'obbligo di dichiarazione dei redditi da parte dei possessori di redditi di lavoro dipendente e assimilati. Art Casi particolari 2. Qualora prima dell'effettuazione o del completamento delle operazioni indicate nell'articolo 19, comma 1, sia intervenuta la cessazione del rapporto, l'aspettativa con assenza di retribuzione o analoga posizione, il sostituto d'imposta non effettua le operazioni a debito e comunica agli interessati di provvedere direttamente al versamento delle somme risultanti dalla dichiarazione presentata. 2. Nei confronti dei contribuenti deceduti prima dell'effettuazione delle operazioni indicate nell'articolo 19, comma 1, il sostituto di imposta si astiene dall'effettuazione delle suddette operazioni e comunica agli eredi che le somme, risultanti dalla dichiarazione, devono essere versate dagli stessi nei termini previsti dall' articolo 65 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n Denuncia alla Sovrintendenza dei beni culturali e ambientali Gli eredi ed i legatari debbono comunicare alla Sovrintendenza dei Beni Culturali e Ambientali competente per territorio la trasmissione a causa di morte dei beni già soggetti alla Legge 1 giugno 1939 n ed ora ai sensi dell art. 59 D.Ls. 22/ 1/2004 n. 42 entro 30 giorni per gli eredi dall accettazione dell eredità, per i legatari dalla comunicazione notarile ex 623 del c.c.. Art. 59 D.Ls 2004/42 c) dall'erede o dal legatario, in caso di successione a causa di morte. Per l'erede, il termine decorre dall'accettazione dell'eredità o dalla presentazione della dichiarazione ai competenti uffici tributari; per il legatario, il temine decorre dalla comunicazione notarile prevista dall' articolo 623 del codice civile, salva rinuncia ai sensi delle disposizioni del codice civile 3. La denuncia è presentata al competente soprintendente del luogo ove si trovano i beni. 4. La denuncia contiene: a) i dati identificativi delle parti e la sottoscrizione delle medesime o dei loro rappresentanti legali; b) i dati identificativi dei beni ; c) l'indicazione del luogo ove si trovano i beni; d) l'indicazione della natura e delle condizioni dell'atto di trasferimento; e) l'indicazione del domicilio in Italia delle parti ai fini delle eventuali comunicazioni previste dal presente Titolo. 5. Si considera non avvenuta la denuncia priva delle indicazioni previste dal comma 4 o con indicazioni incomplete o imprecise. 133

134 Effetti dell omessa denuncia. Ai sensi dell art. 61 della stessa Legge gli atti giuridici in genere, compiuti dall'erede senza la prevista denuncia d accettazione dì eredità, sono nulli nei confronti dello Stato. Natura giuridica. Poiché l'omessa denuncia impedisce anche il trasferimento del possesso, si può ritenere che essa sia una vera e propria conditio juris. Ciò comporta che né la pubblicità immobiliare né quella mobiliare (il possesso vale titolo) d atti successivi traslativi è in grado di produrre qualche effetto. Non è applicabile neppure l'usucapione poiché il Legislatore, proprio per impedirne l'applicazione ha espressamente negato il trasferimento del possesso. Tuttavia la denuncia, anche se tardiva retroagisce e quindi è in grado di sanare gli atti successivi fatti dall'erede e dai suoi aventi causa. Denuncia di detenzione d armi Particolarmente insidioso è l aspetto della successione delle armi. Innanzitutto è meglio tenere presente che la normativa sia penale che amministrativa non tiene conto della titolarità del diritto quanto invece della disponibilità che è un concetto leggermente diverso da quello del possesso. A questo si aggiunge l obbligo della custodia. Ai sensi dell'art. 697 del c. p. bisogna procedere senza indugi alla denuncia presso l'autorità di Polizia, delle armi già di proprietà del de cuis. Articolo 697 Detenzione abusiva di armi. Chiunque detiene armi, caricatori soggetti a denuncia ai sensi dell'articolo 38 del testo unico di cui al regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, e successive modificazioni, o munizioni senza averne fatto denuncia all'autorità, quando la denuncia è richiesta, è punito con l'arresto da tre a dodici mesi o con l'ammenda fino a 371 euro. [II]. Chiunque, avendo notizia che in un luogo da lui abitato si trovano armi o munizioni, omette di farne denuncia all'autorità, è punito con l'arresto fino a due mesi o con l'ammenda fino a 258 euro. Ai sensi del decreto legislativo n. 204 bisogna farne denuncia entro le 72 ore successive all acquisizione della loro materiale disponibilità. Nell'ipotesi che l'erede coabiti col de cuius, dunque tale denuncia è dovuta entro tale periodo. La pena prevista è dell'arresto di due mesi o dell'ammenda fino a 258 Euro. a) Armi comuni da sparo. Se il de cuius lascia una o più armi comuni da sparo, di cui è consentita la detenzione, l'erede o il legatario deve richiedere il nullaosta per l'acquisto ai sensi dell'art. 35, 3 comma del T.U.L.P.S. La domanda è indirizzata al Questore, va compilata in fac simile, entrambi in carta semplice. E' necessario specificare i motivi della richiesta: in questo caso si indica il titolo successorio allegando la precedente denuncia del de cuius. Inoltre si applica il D.Ls. 29/11/2013 n.121: a) i soggetti detentori di armi, nelle more dell'adozione del decreto del Ministro della salute di cui all'articolo 6, comma 2, del decreto legislativo 26 ottobre 2010, n. 204, devono produrre il certificato medico per il rilascio del nulla osta all'acquisto di armi comuni da fuoco previsto dall'articolo 35, settimo comma, del regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, salvo che non sia stato gia' prodotto nei sei anni antecedenti alla data di entrata in vigore della presente disposizione. Decorsi i diciotto mesi e' sempre possibile la presentazione del certificato nei 30 giorni successivi al ricevimento della diffida da parte dell'ufficio di pubblica 134

135 sicurezza competente; Ottenuto il nullaosta, si presenta al Questore la denuncia di detenzione sempre in doppio originale di cui una in bollo, che sarà restituita al denunciante. Un certo problema riguarda le cosiddette armi bianche e cioè le sciabole da parata. Siccome il loro acquisto non necessita di nullaosta stiamo parlando ovviamente di quelle armi bianche che solitamente sono o erano accessori dalla divisa degli ufficiali, siccome il loro acquisto è esente dal nulla osta ugualmente in caso di successione non necessita dell iter di cui sopra. b) Collezione d armi da guerra. Nel caso che nell'asse ereditario sia compresa una collezione d'armi da guerra, la cui collezione o raccolta è stata autorizzata ex art. 28 T.U.L.P.S.. l'erede o il legatario deve dare immediato avviso al Ministero dell Interno, tramite la Questura e chiederne il rilascio per sé della medesima autorizzazione ex art. 1 0 L , n Il presupposto della dichiarazione di successione secondo la legge fiscale La legge fiscale individua tre casi che presuppongono l'obbligo della denuncia di successione: 1) la morte della persona fisica; 2) la dichiarazione di morte presunta; 3) l immissione nel possesso temporaneo dei beni dell'assente. La prima ipotesi La Morte della Persona Fisica La certificazione Il documento ( D.P.R. 3/11/2000 n.396 art. 71) Il documento legale che certifica la morte della persona fisica è l' atto di morte. Esso appartiene alla categoria più generale degli atti di stato civile. Redazione L'atto di morte è redatto dall'ufficiale dello Stato Civile del luogo ove è avvenuto il decesso ( art.72 ). Esso è preceduto: a) della dichiarazione di morte da parte di uno dei congiunti, del convivente o di un delegato o le persone informate del decesso; b) del successivo verbale d accertamento della morte da parte del medico o altro delegato sanitario. Tipi di certificati (art. 450 c.c.) Sono tre: a) l'estratto per copia integrale dell'atto dì morte rilasciato previa autorizzazione del Procuratore della Repubblica; b) l'estratto per riassunto; e) il certificato di morte. Il contenuto dell'estratto di morte per riassunto (sub b). 135

136 Esso certifica: a) gli estremi della registrazione dell'atto di morte; b) il cognome, il prenome, la data ed il luogo di nascita, la professione, la residenza e lo stato civile del defunto; e) la dichiarazione di morte; d) il giorno, il mese, l'anno, l'ora, i minuti ed il Comune dove è avvenuta la morte; e) l' eventuali annotazioni; f) la data del rilascio del certificato. L'estratto è firmato dall'autorità Competente al rilascio. Contenuto del certificato di morte (sub c). Esso certifica: a) cognome e prenome del defunto; b) la data, il luogo e gli estremi dell'atto di nascita; c) l'ultimo indirizzo; d) il giorno ed il luogo della morte e gli estremi dell'atto di morte. Il certificato è firmato dall Autorità Competente al rilascio. Presupposto della denuncia di successione Uffici competenti per il rilascio del certificato Questi documenti possono essere richiesti presso l'ufficio dello Stato Civile del Comune (o delegazione): a) del luogo del decesso; b) del luogo di nascita del defunto; c) del luogo dell'ultima residenza del defunto. Sono rilasciati con assolta l'imposta di bollo o senza bollo. Autorità Ogni Comune ha un suo ufficio di stato civile. Il Sindaco è l'ufficiale dello Stato Civile. Egli può delegare le sue funzioni ad uno o più consiglieri, al segretario comunale o altro impiegato. La seconda ipotesi: La Dichiarazione Di Morte Presunta I. La dichiarazione di morte presunta Se sono trascorsi 10 anni dal giorno cui risale l'ultima notizia dell'assente o almeno 9 dal raggiungimento della maggiore età, può essere dichiarata con sentenza la morte presunta dell'assente. 1 termini sopra indicati sono ridotti nei casi indicati al successivo punto quando sussistono dei fatti che fanno presumere assai probabile la morte. La morte è stabilita nel giorno cui risale l'ultima notizia. 136

137 Caratteri del provvedimento Alcuni Autori sostengono il carattere costitutivo della sentenza, ma in prevalenza è affermato il carattere dichiarativo sulla base dell art. 57 c.c. Si ritiene che occorra operare una distinzione. E possibile che durante la fase del procedimento della dichiarazione di morte presunta, proprio a seguito della raccolta d'informazione sulla sorte dello scomparso, se ne possa accertare, in modo indiretto, il decesso. Di ciò è redatto un processo verbale, o secondo altri casi contemplati dalla legge, dall'ufficiale dello Stato Civile o da altro pubblico ufficiale. (Quindi è in ogni caso possibile indipendentemente dall'apertura del procedimento di dichiarazione di morte presunta giungere in questa fase all accertamento della morte). In questo caso il procedimento si estingue, con l'autorizzazione da parte del Tribunale dell' annotamento nella serie C del registro, dell avvenuto accertamento della morte: questa è l'ipotesi contemplata nell'art. 57 c.c. Quindi solo il decesso accertato dal Pubblico Ufficiale in modo indiretto e documentato mediante processo verbale è presupposto per l'apertura della successione. In questo caso il provvedimento del Tribunale ha natura costitutiva. Nei casi in cui, invece, il procedimento termina con la sentenza di morte presunta essa non può che avere natura dichiarativa e non costitutiva (e perciò determina solo la libera disponibilità dei beni dello scomparso) perché non sostituisce l'atto di morte. Presupposto della dichiarazione di morte presunta Elementi oggettivi (art. 58 c.c.) Essi sono due: a) la mancanza di notizie; b) il trascorrere di un determinato periodo: almeno dieci anni. Periodo più breve (art. 60) Nel caso in cui il soggetto è scomparso: a) durante le operazioni belliche; b) è stato fatto prigioniero; c) in un infortunio. Il periodo si riduce a due o tre anni secondo le previsioni dell'art. 60 c.c. Caso di scomparso a seguito di sequestro di persone Il sequestro di persona a scopo d'estorsione può ben essere compreso nell'ampia accezione d infortunio prevista dall'ari. 60 n. 3 c.c.: va dichiarata la morte presunta della vittima del sequestro, qualora siano trascorsi più di tre anni dalla sua scomparsa, alla quale abbia fatto seguito una totale assenza di sue notizie. Tribunale Oristano 31 maggio La terza ipotesi: immissione nel possesso temporaneo dei beni dell'assente Presupposto giuridico (art. 50 c.c.) Il presupposto giuridico per l'immissione del possesso è la sentenza divenuta eseguibile della dichiarazione d assenza. La dichiarazione d assenza (art. 49 c.c.) 137

138 Trascorsi i due anni dal giorno in cui risale l'ultima notizia si può domandare al Tribunale competente la dichiarazione d assenza. Differenza tra scomparsa e assenza (art. 48 c.c.) La scomparsa è una situazione di fatto che consiste nella mancanza di notizie di un soggetto e legittima solo l'adozione di provvedimenti temporanei a favore dello stesso. L'assenza è una situazione di diritto nella quale sono tutelati gli interessi dell'assente con quelli dei probabili successibili. Natura giuridica dell'immissione Si discute circa la natura giuridica dell'immissione nel possesso temporaneo dei beni dell'assente: a) successione sui generis: l'immissione darebbe luogo ad una successione a favore degli immessi, sia pure di tipo particolare. Questa tesi contrasta con il principio d ordine pubblico che la successione si apre esclusivamente con l'atto di morte; b) fase preliminare della successione: secondo altri si tratta di una fattispecie acquisitiva progressiva che attribuisce un aspettativa di diritto. Questa tesi analizza l'aspetto temporale e propedeutico ma non riesce ad indicare la natura dell'immissione; c) teoria della quiescenza dei diritti: secondo altri l'immissione determina la sospensione dei diritti dell'assente ed il loro esercizio è attribuito agli eredi; d) teoria del fatto giuridico autonomo: secondo quest'ultima tesi, maggioritaria, l'assenza determina un fatto giuridico autonomo produttivo di modificazioni. Presupposto della denuncia di successione E nostra opinione che la dichiarazione d assenza produca un'incapacità speciale nei confronti dell'assente con la possibilità di attribuire a chi è stato immesso nel possesso dei beni un ufficio tutorio. Natura giuridica dell'immesso L immesso è titolare di un ufficio di diritto privato. Non è obbligato a chiedere l'immissione, ma una volta ottenuta, deve esercitare i poteri usando la diligenza del buon padre di famiglia. Rapporti esterni Ha il diritto di amministrare i beni e può impedire a chiunque di esercitarli in sua vece. Rapporti interni Verso il patrimonio dello scomparso ha un complesso di poteri per la tutela d interessi propri e d altri soggetti. Contenuto del potere L'immesso nel possesso ha il potere: a) d amministrazione; b) di legale rappresentanza; c) di godimento delle rendite. L organo di controllo 138

139 E il Tribunale. Svolge funzioni direttive, può sospendere, rimuovere e sostituire l'immesso: autorizza e quindi controlla il compimento degli atti di straordinaria amministrazione. Presupposto per l'investitura L'esercizio è subordinato alla prestazione di una cauzione ed alla redazione dell'inventario. Competenza Competente è il Tribunale del luogo dell'ultimo domicilio o dell'ultima residenza dell'assente. Presupposto Civile Della Successione Affinché si apra la successione di una persona è necessaria la sua morte. Questo è un principio d'ordine pubblico inderogabile. Dal punto di vista fiscale, invece, com è stato analizzato, l'obbligazione dell'imposta sorge anche in altre due ipotesi. Quindi si deduce che i presupposti civili e quelli fiscali della successione sono diversi. Capitolo IV DEVOLUZIONE DELL'EREDITA' PER LEGGE O TESTAMENTO LA DEVOLUZIONE Generalità Con devoluzione si intende l'offerta del trapasso del patrimonio del defunto ad altri soggetti viventi: eredi e/o legatari designati dalla legge e dalla volontà dello stesso defunto (art. 457 c.c.). Tipi di successione Nel nostro sistema si hanno due tipi di successione: quella testamentaria e quella legittima. La successione dei legittimari, cioè la quota di successione che la legge assegna in caso di successione testamentaria a determinati parenti del de cuius, è da alcuni autori ritenuta un terzo genere. Invece la giurisprudenza e la maggior parte degli studiosi la considera nel tipo della successione legittima. 139

140 Il titolo L'analisi del titolo della successione ha impegnato i nostri migliori studiosi, in particolare sul rapporto tra la successione testamentaria e quella legittima. In questo momento la maggioranza di costoro ritiene che la questione sulla supremazia tra i due tipi di successione si debba limitare al piano sistematico e non anche su quello ontologico. Cioè solo per la necessità di tecnica giuridica è necessario stabilire l ordine di applicazione tra le due, per consentire che la volontà del testatore sia applicabile, senza riuscire a stabilire quale delle due successioni sia prevalente rispetto l altra. Successione testamentaria Si ha questo tipo di successione quando la devoluzione del patrimonio è regolata dalla volontà dello stesso defunto, espressa mediante il testamento. Successione legittima Si ha la successione legittima, chiamata anche ab intestato quando manca in tutto od in parte la volontà del defunto e perciò la devoluzione del patrimonio è regolata direttamente dalla legge. Sul piano sistematico affinché si apra la successione legittima sono necessari i seguenti presupposti: 1) inesistenza del testamento; 2) un testamento che, se anche contiene una o più disposizione a titolo universale, tuttavia sono limitate ad una quota dell'eredità; 3) un testamento che contiene disposizioni a titolo particolare, ma non esauriscono l'intero patrimonio del de cujus; 4) un testamento irrilevante perché revocato; 5) un testamento nullo o annullato; o la disposizione a titolo universale nulla o annullata tale da ricadere nei casi sub 1) o 2); 6) inefficacia dell'istituzione di erede per: a) caducità; b) mancato avverarsi della condizione sospensiva; c) avverarsi della condizione risolutiva: I principi storici ispiratori Il sistema successorio italiano è il risultato della confluenza dei principi appartenenti al diritto romano, germanico e canonico. Il diritto germanico preferiva i legami di sangue, ma limitava la successione ai singoli beni del de cujus. Il diritto romano rispettava al massimo la libertà di testare, ma abbracciava tutto il patrimonio e ne faceva subentrare l'erede al defunto. Il diritto canonico fornisce l'idea di una rappresentanza del defunto da parte dell'erede. Questa miscela di principi introdotti soprattutto attraverso il codice napoleonico fanno sorgere molti dubbi nella formulazione della dottrina del diritto ereditario vigente. LE VOCAZIONI I casi di vocazione Al momento della morte di una persona si apre la successione (art. 456 c.c.). Il regime che determinava i possibili titolari di diritti ereditari si definisce: vocazione e costoro i chiamati. 140

141 Si hanno le seguenti vocazioni: a) una vocazione (generale) che è quella legittima; b) una vocazione (speciale) che è quella testamentaria; c) una vocazione (residuale o suppletiva) che chiama comunque come erede lo Stato (art. 586 c.c.) e che opera quando mancano le altre prime due. La vocazione legittima Condizione perché avvenga la vocazione legittima è l'esistenza di parenti od affini almeno entro il 6 grado. Oltre il 6 grado erede è lo Stato e si apre quindi la vocazione suppletiva in assenza, ovviamente, della vocazione testamentaria e legittima. La prevalenza tra i chiamati ed il concorso tra loro sono stabiliti tassativamente dalla legge. La vocazione testamentaria Condizione per la vocazione testamentaria è l'esistenza di un testamento. Il testamento provoca la vocazione speciale. La vocazione testamentaria sovrasta quella legittima. Tuttavia se il testamento non dispone di tutto il patrimonio, sia per la parte residuale, sia per le quote che la legge riserva comunque ai parenti più stretti e al coniuge, la vocazione generale legittima, mantiene la sua viviscenza. Apertura delle vocazioni La vocazione testamentaria si instaura con la pubblicazione del testamento. La vocazione legittima ed eventualmente quella suppletiva (Stato) si instaurano al momento della morte. ACQUISTO DELL'EREDITA' Legislazione e dottrina postunitaria si sono sforzati di introdurre la concezione volontaristica dell'acquisto dell'eredità. Infatti l'art. 459 dichiara che l'eredità si acquista con l'accettazione.ciò è un omaggio allo sforzo incomprensibile di abolire dal nostro sistema giuridico l'istituto della saisine. Dopo di che il legislatore si guarda bene dall'attenersi scrupolosamente a tale idea, sia per la tutela a favore dei terzi creditori del de cujus, sia per l'aspetto fiscale, come ne è prova il Testo Unico. Pertanto, anticipando la conclusione, si ritiene che nel nostro ordinamento vige un doppio regime: quello della saisine e quello volontario. PRESUPPOSTI PER ACQUISTARE L'EREDITA': LA DELAZIONE Si ritiene che due siano i presupposti per l'acquisto dell'eredità: - la delazione; - il possesso o meno dei beni ereditari da parte del delato. 141

142 Il primo presupposto: la delazione Per acquistare l'eredità è necessaria l'esistenza della delazione a favore del chiamato. Perché distinguiamo la vocazione dalla delazione? Differenza tra vocazione e delazione La vocazione indica il titolo, la causa giuridica, mentre la delazione indica l'effetto: cioè non solo l'individuazione del soggetto chiamato ma anche l'attualità della chiamata. Vocazione e delazione stanno tra loro come le categorie aristoteliche: la potenza e l'atto. I chiamati non delati Perché esiste tale differenza e distinzione? Perché vi sono dei soggetti che potenzialmente potranno acquistare l'eredità, ma non lo possono al momento dell'apertura della successione, lo potranno solo al verificarsi di determinati eventi. Essi sono: a) i chiamati sotto condizione sospensiva; b) i chiamati ulteriori (se i delati non possono o non vogliono accettare); c) il sostituto nella sostituzione ordinaria; d) il sostituto nella sostituzione fidecommissoria; e) i nascituri; Questo dimostra che la vocazione determina il regime della successione; nell'ambito di ciascun complesso di norme perché avvenga l'effettiva chiamata è anche richiesto il verificarsi di condizioni od eventi che portano alla delazione. Forme di delazione. Oltre alla delazione ordinaria, si possono avere 4 casi di delazione: 1. delazione successiva: nel caso di sostituzione fedecommissaria, perché l'eredità si devolve al sostituito non al momento dell'apertura della successione, ma alla morte dell'istituito dopo che ha operato la delazione a favore di quest'ultimo; 2. delazione solidale: quando tra i coeredi vi è diritto d'accrescimento. Non si hanno più delazioni, ma un'unica delazione a favore di più soggetti. Se viene meno il diritto di alcuni chiamati in concorso, la delazione originaria rimane per intero a favore dei restanti chiamati; 3. delazione condizionata: quando la delazione è sottoposta a condizione sospensiva; rientrano in tale ipotesi i casi del sostituito nella sostituzione ordinaria, dei nascituri, degli enti non riconosciuti ; 4. delazione indiretta: nel caso della successione per rappresentazione in cui un soggetto subentra nel luogo e nel grado dell'altro soggetto. 5. È vietata invece, ogni forma di delazione pattizia per l'espresso divieto dei patti successori, contenuto nell'art B) La designazione. La designazione per testamento o ex lege di chi dovrà succedere al de cujus è un fatto diverso dalla vocazione. Infatti chi prima dell'apertura della successione è semplicemente designato per volontà del testatore o dalla legge, è titolare di una aspettativa di fatto non tutelata. Nel momento in cui si apre la successione la designazione si concreta in vocazione ed il chiamato è investito di una serie di poteri a tutela della sua aspettativa di delazione. La designazione assume rilievo solo nel caso di dichiarazione di assenza ( art. 49 c.c. ) poichè il 142

143 Tribunale, su istanza degli interessati, ordina l'apertura del testamento ed immette i presunti eredi legittimi o testamentari nel patrimonio dell'assente. PRESUPPOSTI PER ACQUISTARE L'EREDITA'. Il secondo presupposto è : il possesso o meno dei beni ereditari. Prima ipotesi : il chiamato è investito del possesso : la saisine. Se il de cujus con la morte trasferisce il possesso, allora il delato ha solo il diritto di rinunciare alla sua qualità di erede nei modi e nei termini tassativi previsti dalla legge e cioè come segue. A) Mediante rinuncia espressa, pubblica, pura e semplice : cioè senza condizioni. La rinuncia all'eredità deve farsi con dichiarazione ricevuta da un notaio o dal cancelliere del tribunale del circondario in cui si è aperta la successione, deve essere inserita nella seconda parte del registro delle successioni. (art. 519 c.c. e 52 d.d.att.). B) Mediante trasformazione in erede beneficiato soltanto rispettando i termini di legge come segue: 1) deve fare la dichiarazione di accettazione con beneficio d'inventario entro tre mesi dall'apertura della successione e della notizia della devoluzione dell'eredità a suo favore. Tale dichiarazione: - deve essere ricevuta da un notaio o dal cancelliere competente; - deve essere inserita nel registro delle successioni; - deve essere preceduta o seguita dall'inventario fatto nelle forme di legge; 2) oppure deve aver fatto fare l'inventario entro i tre mesi dall'apertura della successione o della notizia dalla devoluzione dell'eredità. Se entro tre mesi dall'inventario o non è incominciato o non ottiene una proroga il chiamatopossessore, perde il diritto a rinunciare ed è erede puro e semplice; 3) se l'inventario è stato cominciato, ma non completato può ottenere una proroga, che, salvo gravi circostanze, non eccede i tre mesi. Se non termina entro la proroga è erede puro e semplice; 4) compiuto l'inventario nei termini sopra previsti, ha 40 giorni di tempo per decidere se rinunciare puramente e semplicemente oppure accettare col beneficio d'inventario con dichiarazione ricevuta da un notaio o dal cancelliere competente. Trascorso tale termine invano è erede puro e semplice. Perdita del diritto di accettare Il delato nel possesso dei beni ereditari decade dal suo diritto di rinunciare anche nei termini sopra enunciati: a) se si spossessa volontariamente di parte o tutto dei beni ereditari, ex art. 476, la c.d. accettazione tacita, a danno della massa ereditaria e quindi degli eventuali creditori del de cujus 143

144 e dei successivi delati; b) se sottrae o nasconde beni ereditari ex art. 527 c.c. Atti consentiti ex art. 460 Non perde il diritto alla rinuncia nei termini sopra indicati se: a) esercita le azioni possessorie (artt. 703, 1168, 1170 c.p.c.) (che si sostanziano nella tutela e conservazione del patrimonio ereditario); b) compie atti di conservazione, vigilanza e di amministrazione temporanea; c) previa autorizzazione giudiziaria vende i beni che non si possono conservare o la cui conservazione importa un grave dispendio. Seconda ipotesi: il delato non in possesso dei beni ereditari. Situazione volontaristica: per diventare erede è necessario accettare. Nel caso in cui il delato non si trova nel possesso dei beni ereditari quanto affermato dalla dottrina e giurisprudenza su questo tema è corretto. In questo caso il delato ha il diritto di accettare l'eredità entro dieci anni (art. 480). Tuttavia chiunque vi abbia interesse può chiedere all'autorità giudiziaria un termine, scaduto invano il termine fissato dal giudice, il chiamato perde il diritto ad accettare (art. 481 c.c.). La prescrizione del diritto di accettare l'eredita', a norma dell'art. 480 c.c. opera, in mancanza di limitazioni normative, a favore di chiunque vi abbia interesse, anche se estraneo all'eredità. Pertanto, la relativa eccezione può essere opposta al chiamato all'eredita' dal convenuto che sia nel possesso dei beni ereditari, senza che sia necessario che si sia compiuta a suo favore l'usucapione. Cass. Civile sez. II, 19 settembre 1995, n Giust. civ. Mass. 1995,1670 La prescrizione del diritto di accettare l'eredita' può essere eccepita da chiunque vi abbia interesse, anche se estraneo all'eredita' e, quindi, anche da colui il quale sia nel possesso dei beni ereditari, senza che sia necessario che a suo favore sia compiuta l'usucapione. Cassazione civile sez. II, 10 gennaio 1995, n. 243 Giust. civ. Mass. 1995, 42 Il termine di dieci anni, previsto dall'art. 480 c.c. e' di prescrizione e non di decadenza; quindi decorre dal giorno in cui il diritto può essere fatto valere. Corte appello Roma 15 dicembre 1986, Riv. notar. 1987, 895. Effetti degli atti compiuti dal delato non in possesso a) Gli atti conservativi. Il delato può compiere gli atti conservativi previsti dall'art. 460 c.c. senza che ciò comporti accettazione o immissione nel possesso. b) L'immissione nel possesso. L'immissione successiva nel possesso dei beni ereditari comporta che il delato rientra nella previsione del delato nel possesso dei beni ereditari con i termini ed i modi sopra indicati. Atti del delato non in possesso dei beni che comportano accettazione a) L'accettazione tacita ex art. 476 c.c. Comportano accettazione tacita i seguenti atti: - gli atti traslativi ex art. 477 c.c.; - gli atti traslativi che presuppongono la titolarità di un diritto sui beni ereditari: donazione, vendita o cessione, se compiuti comportano accettazione pura e semplice del delato. 144

145 b) La rinuncia ex art. 478 c.c. La rinuncia alla chiamata d' erede dietro corrispettivo, oppure la rinuncia a favore di solo alcuni chiamati, comporta l' accettazione pura e semplice. c) Genericamente ex art. 476 c.c. Ogni atto del delato di contenuto obbligatorio e da lui posto in essere, che abbia come oggetto beni ereditari, comporta accettazione pura e semplice. d) La sottrazione di beni ereditari ex art. 527 c.c. La sottrazione o l'occultamento di beni ereditari comporta accettazione pura e semplice. L'erede apparente Se il delato non è in possesso dei beni ereditari, significa che i beni sono detenuti da altri. Se il detentore ritiene in buona fede di essere stato impossessato dal de cuius si trova nella condizione di erede apparente art. 535 c.c. Lo STATO erede Erede legittimo oltre il 6 grado è lo Stato, ai sensi degli artt. 565 e 586 del c.c. vigente. L'acquisto dell'eredità da parte dello Stato costituisce un'eccezione al principio che nessuno può essere erede se non vuole anche se non possiede i beni ereditari. Lo Stato è per legge privo del diritto di respingere l'acquisto ereditario Esistono altre peculiarità in questa successione: 1 ) ai sensi del comma 3 dell'art. 502 c.c. i creditori e i legatari non presentatisi possono agire contro l'erede, entro il termine prescrizionale di tre anni ivi indicato, nei limiti della somma residuata dopo il pagamento dei creditori e dei legatari collocati nello stato di graduazione. (Cassazione civile, sez. lav., 14 giugno 1989, n. 2873); 2) la limitazione di responsabilità (prevista dal comma 2 dell'art. 586 c.c. per cui lo Stato non risponde dei debiti ereditari e dei legati oltre il valore dei beni acquistati). (Responsabilità intra vires). Tuttavia tale limitazione riguarda i soli debiti ereditari, cioè i debiti gravanti sul de cuius o sull'eredità, non già quelli, come l'obbligo imposto dalla condanna di pagamento delle spese processuali, che derivano da un comportamento processuale dello Stato, il quale abbia preferito resistere anziché riconoscere la giusta pretesa del creditore. (Cassazione civile, sez. lav., 14 giugno 1989, n. 2873); 3) non necessità di accettazione; 4) impossibilità di rinuncia; 5) responsabilità intra vires hereditatis indipendentemente dalla accettazione con beneficio d'inventario. Tipi di accettazione: può essere: 1 Espressa 2 Tacita L'ACCETTAZIONE DELL'EREDITA' 145

146 L accettazione espressa può essere: 1. Pura e semplice o 2. Con il beneficio dell inventario. L accettazione tacita è solo pura e semplice. L accettazione espressa è un actus legitimus e non ammette l apposizione di termini o di condizioni.. L art.475,ii comma, commina la nullità dell accettazione condizionata o a termine. L accettazione espressa non può neanche essere parziale o limitata. Effetti temporali Il 2" comma dell'art. 459 c.c. stabilisce che: l'effetto dell'accettazione risale al momento in cui si è aperta la successione. Qualunque sia il momento in cui si è conclusa la fattispecie acquisitiva dell'eredità, gli effetti di essa retroagiscono al momento dell'apertura della successione. L'erede è considerato tale fin dal momento della morte del de cuius. Natura giuridica Il principio della retroattività dell'accettazione è un principio di ordine pubblico. Pertanto è inderogabile sia per il testatore, che non può fissare un termine dal quale deve decorrere l'effetto di una disposizione a titolo universale (art. 637 c.c.), sia per l'erede, che non può apporre un termine iniziale alla sua accettazione (art. 475, 2' comma c.c.). Il diritto ad accettare è unico : pertanto in caso di devoluzione per legge e per testamento la delazione è unica. Sanzioni L'ordinamento commina sanzioni diverse nelle due differenti ipotesi: a) per la prima dispone l'irrilevanza del termine, b) per la seconda la nullità dell'accettazione condizionata. Differenze tra l accettazione della successione a titolo: universale e particolare. Il legato si acquista senza bisogno di accettazione, salva la facoltà di rinunziarvi (art. 649, c.c.) e con il solo onere a carico legatario di chiedere all'erede il possesso della cosa legata (art. 649, 3 c.c.). L'eventuale accettazione del legato da parte del legatario assolve esclusivamente alla funzione di privarlo della facoltà di rinunziare. Considerazioni Proprio la mancata accettazione della saisine nel nostro diritto successorio ha portato la dottrina ad indicare : due fattispecie d'acquisto dell'eredità senza accettazione. Esse sono: il chiamato nel possesso dei beni ex art. 485 ed il chiamato che sottrae i beni ereditari ex art Diversa fattispecie è la successione dello Stato. Quest ultima opera di diritto senza bisogno di accettazione e non può farsi luogo a rinunzia. IV CAPITOLO Il Patrimonio Ereditario prima dell'accettazione dell'erede Cenni introduttivi - L'eredità giacente. - Natura giuridica del patrimonio ereditario prima dell'acquisto da parte del delato non in possesso dei beni ereditari. 146

147 Cenni Introduttivi Per amore di completezza qui tracciamo il profilo di due istituti che regolano il patrimonio ereditario nel periodo che intercorre tra la morte del de cuius e l'accettazione della qualità d'erede da parte del delato. In tal modo si mette ancora più in evidenza che l'obbligazione fiscale è efficace ancor prima che l'effetto civile della titolarità dell'asse ereditario si sia prodotto. L' Eredita Giacente Definizione ed effetti Con il termine di eredità giacente, viene definito lo stato in cui si trova l'eredità quando il chiamato non ha accettato l'eredità e non è in possesso dei beni ereditari. Le persone interessate o anche d'ufficio possono presentare istanza al Giudice competente per la nomina di un curatore dell'eredità. Differenze tra l'eredità giacente e vacante L'eredità giacente presuppone la possibilità di una accettazione futura, l'eredità vacante invece è quando è stato accertato definitivamente che non sussistono altri chiamati se non lo Stato. Natura giuridica dell'eredità giacente Capozzi distingue due tipi di teorie: quella estensiva e quella restrittiva. 1 ) La teoria estensiva dell'eredità giacente (Azzariti, Martinez) afferma che l'eredità sia giacente in tutti i casi in cui il chiamato non abbia accettato. 2) La teoria restrittiva ritiene che l'unica ipotesi di eredità giacente sia quella disciplinata dall'art. 528 del c.c., dal momento che negli altri casi gli amministratori del bene non possono essere qualificati come curatori dell'eredità giacente e che la loro investitura dipende direttamente dalla legge e non dall'autorità giudiziaria. Inoltre l'amministrazione del patrimonio avviene nel proprio interesse e non in quello altrui. 3) La nostra opinione è che si verifica l'ipotesi dell'eredità giacente quando il delato più prossimo, non in possesso dei beni ereditari, si trova nei termini per accettare. In questa ipotesi si ha la chiamata dello Stato quale erede suppletivo, per cui si pongono in essere gli strumenti in grado di tutelare gli interessi privati dello Stato e quelli del delato non ancora accettante. Ove non sussistano successibili legittimi o testamentari o vi sia incertezza assoluta sugli stessi, non si fa luogo ad apertura di eredita' giacente, essendo lo Stato erede a tutti gli effetti. Pretura Genova 1 giugno Gli effetti della giacenza La giacenza dell'eredità produce i seguenti effetti: - il divieto per il chiamato di compiere atti conservativi,- - il divieto di iscrivere ipoteche giudiziali; - il divieto di azioni esecutive individuali. 147

148 Natura giuridica del curatore dell'eredità giacente Il curatore dell'eredità giacente nominato dal Tribunale ha il compito di inventariare e quindi amministrare l'eredità. Esso cessa quando l'eredità viene accettata. Circa la sua natura la dottrina è divisa e sempre il Capozzi distingue due teorie nelle quali confluiscono le opinioni dei maggiori giuristi. 1 ) Teoria della rappresentanza, per la quale il curatore riveste la figura del rappresentante dell'eredità. Altri sostengono anche che lo è sia per sé sia degli altri chiamati (Ferri). 2) Teoria dell'ufficio privato non rappresentativo: i suoi fautori (Burdese, Natoli) sostengono che il curatore dell'eredità giacente è titolare di un ufficio di diritto privato non rappresentativo. Egli agisce sia in nome proprio sia nell'interesse di tutti coloro che, interessati all'eredità, possono richiedere la sua nomina. 3) Nostra opinione Tale ufficio è conforme agli interessi privati dello Stato quale erede sussidiario. Per questo motivo non è necessario presupporre una rappresentanza dell'eredità, intesa perciò come soggetto giuridico dotato di personalità. Rimane il fatto estremamente rilevante che l ufficio della curatela ha un proprio codice fiscale. La giacenza pro quota E controverso se sia ammissibile l'ipotesi di un'eredità giacente limitatamente ad una o più quote. Secondo la tesi negativa (Messìneo, Burdese) il compossesso di chi abbia accettato o sia comunque possessore di beni ereditari fa venir meno uno dei requisiti previsti dall'art. 528 del c.c. Per contro (tesi positiva), c'è chi sostiene che il chiamato pro quota può essere titolare o possessore soltanto della propria quota di beni ereditari, altrimenti il primo accettante l'eredità secondo questa teoria diventerebbe possessore dell'intero. Nostra opinione. La tesi positiva si scontra con la natura della quota astratta. Anche se è concepibile una proprietà divisa per quote astratte, poiché la quota è astratta il chiamato accettante pro quota possiede per l'intero. Le imposte dirette : D. P. R , n. 917, art Se la giacenza dell eredità si protrae oltre il periodo di imposta nel corso del quale si e' aperta la successione, il reddito dei cespiti ereditari e' determinato in via provvisoria : a) se il chiamato all eredità è persona fisica o non è noto : secondo le disposizioni del titolo I; b) se il chiamato è soggetto all' imposta sul reddito delle persone giuridiche ; secondo quelle del capo III del titolo II. Retroattività del conguaglio dell imposta Dopo l' accettazione dell' eredità il reddito di tali cespiti concorre a formare il reddito complessivo dell' erede per ciascun periodo di imposta, compreso quello in cui si e' aperta la successione, e si procede alla liquidazione definitiva delle relative imposte. I redditi di cui al terzo comma dell' art. 7, se il chiamato all' eredità e' persona fisica o non e' noto, sono in via provvisoria tassati separatamente con l' aliquota stabilita dall' art. 11 per il primo scaglione di 148

149 reddito, salvo conguaglio dopo l' accettazione dell' eredità Queste disposizioni si applicano anche nei casi di delazione dell' eredità sotto condizione sospensiva o in favore di un nascituro non ancora concepito. L imposta ILOR. Nelle ipotesi sopra previste l' imposta locale sui redditi e' applicata in via definitiva in ciascun periodo di imposta. Natura giuridica del patrimonio ereditario prima dell acquisto da parte del delato non in possesso dei beni ereditari. Definizione Con la vacanza ereditaria si intende il periodo intermedio che intercorre tra la morte del de cuius e l'accettazione dell'eredità. La natura giuridica Ci si è posti il problema di come concepire la pluralità dei diritti già facenti capo al de cuius che, a causa della sua morte, sembrano, per un periodo più o meno lungo, essere privi di titolare. Diverse sono le dottrine che hanno cercato di spiegarlo. a) Teoria del c.d. ente personificato Questa teoria sostiene l'esistenza di una persona giuridica nel periodo intermedio. La critica fa rilevare che in questo caso si avrebbero due trasferimenti: dal de cuius a questa persona giuridica e da essa all'erede. b) Teoria negatrice della vacanza ereditaria Sulla constatazione che l'accettazione fa retroagire gli effetti dell'acquisto si nega addirittura l'esistenza di un periodo intermedio. Non si può accettare questa tesi perché altrimenti il legislatore non dovrebbe preoccuparsi di tutelare gli effetti prodotti a favore dei terzi in buona fede durante il periodo intermedio. c) Teoria del patrimonio senza soggetto Cariota Ferrara sostiene che nel periodo intercorrente tra l'apertura della successione e l'acquisto si ha un patrimonio privo di titolare. Esso durante la vacanza, rientra nell'ampia categoria dei patrimoni di destinazione (Miccoli). Questa teoria va corretta. d) Nostra opinione In relazione a questa ipotesi si può constatare che non esiste una vera e propria vacanza della titolarità, in quanto si ha certamente un delato suppletivo che è lo Stato. Lo Stato non ha bisogno di accettare: esso è erede, titolare del patrimonio, ma sottoposto alla condizione risolutiva dell'accettazione dell'eredità da parte del delato più prossimo. Perciò l'accettazione del delato più prossimo comporta la sostituzione dello Stato quale erede sussidiario dell'accettante. Perche si possa ritenere che esiste la eredità giacente sono necessari i seguenti caratteri: - la mancata accettazione dell eredità da parte dei chiamati; - il non possesso dei beni ereditari da parte dei chiamati legittimi o testamentari. Il decreto di nomina da parte del giudice, comporta il realizzarsi dell elemento costitutivo della situazione di giacenza e dall altra che i delati non possano più compiere atti conservativi, amministrativi e di vigilanza né esercitare le azioni possessorie a tutela dei beni ereditari. La procedura di nomina del curatore dell eredità giacente. 149

150 La competenza è quella del Tribunale della circoscrizione in cui si è aperta la successione. La nomina può essere richiesta da chi ha interesse ed anche d ufficio. Possono essere nominati a discrezione del Tribunale anche se c è chi sostiene che la scelta debba riflettere una effettiva opportunità di nomina. La nomina di curatore della eredità giacente avviene per decreto che è notificato alla persona designata a cura del cancelliere. Il provvedimento di nomina è pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale ed è iscritto nel registro successioni presso la cancelleria del Tribunale del luogo ove si aperta la successione. Il Tribunale può revocare o sostituire la persona del curatore in qualsiasi momento. Prima di iniziare a svolgere l incarico il curatore deve prestare giuramento di custodire ed amministrare fedelmente i beni dell eredità. Obblighi e poteri del curatore. L attività del curatore è regolata nel codice civile dagli articoli 529,530,531 e nel codice di procedura civile dagli articoli 781,782 e 783. Il primo atto del suo ufficio è quello di procedere all inventario dei beni ereditari che accetta appunto con il beneficio d inventario, che è redatto con i requisiti previsti dall articolo 769 del codice di procedura civile. L inventario deve contenere: la descrizione degli immobili con la loro natura ed i dati catastali; la stima dei beni mobili, con la descrizione degli stessi; l indicazione della quantità del denaro contante; indicazione delle altre attività e passività; tutte le altre indicazioni. Il curatore deve amministrare l eredità sotto la sorveglianza dell autorità giudiziaria. Gli atti di straordinaria amministrazione devono essere autorizzati dal Tribunale pena la loro inefficacia. Le somme ricavate dalla vendita di beni immobili e mobili devono essere depositate presso un istituto stabilito dal Tribunale o presso le casse postali. Al curatore è inoltre attribuita la legittimazione processuale attiva e passiva per qualsiasi causa inerente il patrimonio ereditario. Nel caso in cui nel patrimonio ereditario sia compresa l azienda ci sono molti dubbi circa la possibilità per il curatore di poter continuare l attività dell impresa oppure procedere soltanto alla sua liquidazione. La maggioranza ritiene che si possa continuare l attività di impresa. Il curatore può provvedere al pagamento dei debiti ereditari e dei legati previa autorizzazione del Tribunale. Si ritiene che il pagamento dei debiti possa avvenire solo dopo la redazione dell inventario. Adempimenti fiscali. Il curatore deve presentare la dichiarazione di successione. Essa deve essere presentata entro 12 mesi dalla data in cui ha avuto notizia della sua nomina. Per questo motivo i chiamati che non siano in possesso dei beni ereditari sono esonerati dall obbligo di presentare dichiarazione di successione. Affinché i chiamati siano esonerati dalla denuncia della successione è tuttavia previsto che debbano dare notizia della nomina del curatore all ufficio competente con lettera raccomandata, ad essa deve essere allegata copia dell istanza di nomina del curatore autenticata dal Cancelliere dell ufficio giudiziario competente. La dichiarazione di successione dev essere presentata presso l ufficio territoriale dell Agenzia delle Entrate nella cui circoscrizione era fissata l ultima residenza del defunto; se il defunto risiede all estero l ufficio competente per ricevere la dichiarazione di successione è quello nella cui circoscrizione era stata fissata la sua ultima residenza italiana, se non si è a conoscenza di essa l ufficio competente ovviamente è quello di Roma. 150

151 La presentazione della denuncia di successione ad un ufficio incompetente equivale ad omessa presentazione. Si ricorda che la denuncia di successione a pena di nullità deve essere redatta su un modello fornito dall Ufficio delle Entrate. Pagamento dell imposta. Il curatore dell eredità giacente essendo soggetto obbligato ai sensi dell articolo 28 del decreto legislativo 346 è tenuto alla presentazione di successione e quindi al pagamento del relativo tributo nei limiti del valore dei beni ereditati in suo possesso. È tenuto a presentare la dichiarazione dei redditi di cui all articolo 137 del Tuir; il termine di presentazione sono sei mesi. L accettazione da parte del chiamato comporta la cessazione delle funzioni del curatore. Il diritto di accettare l eredità si prescrive in 10 anni. A seguito della prescrizione il patrimonio viene acquistato dallo Stato. Non è previsto alcun provvedimento di chiusura della procedura da parte del giudice. Cessata l amministrazione il curatore dovrà compiere tutta l attività necessaria per la chiusura della gestione. Il curatore ha diritto al compenso per l attività svolta ed il rimborso delle spese sostenute per la gestione dell eredità giacente che il giudice liquida con apposito decreto. Il compenso non è connesso a nessuna tariffa, nel senso che il giudice ha ampi poteri discrezionali. La non definitività della titolarità del patrimonio ereditario non contrasta irrimediabilmente con il principio d'ordine pubblico della definitività dell'acquisto della qualità d erede, indicato con il brocardo: semel heres, semper heres. Innanzitutto è riferita esclusivamente al rapporto con lo Stato-erede: questo non può rifiutare il che sta a significare che ha accettato l'eredità, per converso il fatto stesso che ha accettato fa acquisire a tale Ente la qualità d'erede. Anzi cronologicamente è il primo erede in quanto la successione suppletiva si apre con quella legittima al momento della morte del de cuius. Addirittura si potrebbe sostenere che l'imposta di successione, altro non sia che il corrispettivo del consenso dello Stato-erede per la sua sostituzione nella vocazione. Senza concordare su tale concezione giuridica così estrema, in effetti si può paragonare la non definitività di questa situazione con una similare: dove compare un'apparenza di titolarità distinta da una posizione sostanziale: quella dell'erede apparente. Sia pure con connotati estremamente diversi, anche in questo caso si attua una non definitività della titolarità addirittura tra privati. Quindi si evidenze la differenza tra la definitività della titolarità, dalla definitività della qualità d'erede. CAPITOLO V Premessa LA RINUNCIA ALLA CHIAMATA D'EREDE Se la parte attiva di eredità è dubbia, il chiamato all'eredità ha due strade. La prima è quella di rinunciare alla chiamata d'erede, la seconda è quella di accettare col beneficio d'inventario. La rinuncia alla chiamata 151

152 Il nostro sistema successorio consente a colui che è chiamato alla successione di poter rinunciare di diventare erede. Questo istituto nella pratica è molto diffuso in quanto con basso costo consente di evitare due situazioni diversissime tra esse: a) nel caso di una successione certamente passiva di dover pagare i debiti del de cuius; b) di pagare su una porzione di asse, in tempi presumibilmente vicini due volte l'imposta di successione. Esempio: A muore senza testamento e lascia come eredi il coniuge B e due figli legittimi C e D; a ciascuno di essi spetta 1/3 dell'asse ereditario. Se B rinuncia alla chiamata, C e D diventano eredi di 1/2 ciascuno. Ciò comporta che la quota di 1/3 di o non ricade in successione per la sua probabile premorienza rispetto a C e D. Definizione La rinuncia alla chiamata d'erede è una dichiarazione emessa dal chiamato. Tale dichiarazione deve essere trascritta nel registro delle successioni tenuto presso la Cancelleria del Tribunale in cui si è aperta la successione. Il documento La rinuncia è una dichiarazione ricevuta da un notaio oppure dal cancelliere del Tribunale in cui si è aperta la successione. Si tratta quindi di un atto pubblico. La pubblicità La dichiarazione deve essere inserita nel registro delle successioni del Tribunale competente. La mancata inserzione provoca, secondo la dottrina prevalente e la Suprema Corte, l'inopponibilità della rinuncia nei confronti dei terzi. Secondo altri addirittura la nullità dell'atto, secondo altri ancora solo una responsabilità del notaio o del cancelliere per i danni prodotti al rinunciante. La natura giuridica La dottrina non è riuscita ad elaborare una teoria univoca sulla natura giuridica della rinuncia alla chiamata d'erede. a) Secondo alcuni (Ferri) consiste in una dichiarazione di rifiuto di assumere la figura d'erede, quindi la dichiarazione rientra nella categoria degli atti giuridici. b) Secondo altri (Santoro-Passarelli) si tratta invece di un negozio giuridico che ha come oggetto il diritto di accettare l'eredità effetto della rinuncia. e) Nostra opinione. Va evidenziato per primo che si tratta di un atto dichiarativo: incondizionato. Infatti la rinuncia deve essere fatta senza condizioni. Non è traslativa, nel senso che assolutamente non si rinuncia a favore di qualcuno, anche se costui è colui che per legge o testamento subentra come sostituito al rinunciante ed è proprio quello col quale il rinunciante desidera essere sostituito. a) non è recettizio, in quanto non è destinato ad alcun soggetto. Da questo si deduce che non può essere ammessa la simulazione, questo argomento è importante per le considerazioni in appresso; b) non è personalissimo in quanto è consentita la rappresentanza, sia legale sia quella volontaria. Nel secondo caso è indispensabile la specifica delega di potere. E opportuno sottolineare che tale delega non soggiace al conflitto d'interessi; c) è di straordinaria amministrazione, in quanto il legislatore ex artt. 320 e 374 c.c. ha espressamente previsto l'autorizzazione del giudice tutelare. Questi elementi ci fanno riflettere sulla natura di questo istituto davvero singolare, né può essere colta appieno senza considerare che tale dichiarazione è posta nel nulla solo se 152

153 precedentemente ad essa o fintantoché non pervenga al rinunciante l'accettazione del sostituito, lo stesso non abbia compiuto atti o dichiarazioni portanti l'accettazione d'eredità. Orbene si deve quindi ritenere che la dichiarazione formale di rinuncia alla chiamata d'erede può aprire una doppia delazione: la prima che permane a favore del rinunciante, la seconda a favore dei chiamati ulteriori. A questo punto, possiamo evidenziare l'esistenza di una facoltà che definiamo come diritto alla chiamata d'erede la cui potestà consiste nell'interrompere la delazione ai chiamati ulteriori. Questo diritto sussiste esclusivamente quando il delato non si trova immesso nel possesso dei beni ereditari. Infatti nel caso contrario interviene l'istituto della saisine per cui il delato deve entro tre mesi spossessarsi dei beni ereditari altrimenti la dichiarazione alla rinuncia alla chiamata è totalmente indifferente. Quindi, esclusa l'ipotesi della saisine, cioè dall'immissione nel possesso, il delato con la rinuncia al diritto della chiamata d'erede apre la delazione agli ulteriori chiamati. Se la rinuncia alla chiamata non risolve ipso facto la delazione dei chiamati ulteriori in eredi, esempio il coerede che ha già accettato, i chiamati successivi si trovano, esclusa l'ipotesi della saisine, nella situazione di aver diritto alla chiamata e quindi la delazione si interrompe, al loro grado. A questo punto il rinunciante ha sempre il diritto di diventare erede nelle forme previste dalla legge. Si ha dunque un concorso di più soggetti per la medesima delazione: il rinunciante ed i chiamati ulteriori. Se anche questi dovessero rinunciare verrebbero delati i loro chiamati ulteriori, per cui si avrebbe il concorso di tre gradi di delati. I soggetti Sono legittimati a rinunciare solo i chiamati alla successione. In dottrina si è discusso se possano rinunciare anche i chiamati successivi o quelli sotto condizione. La risposta è negativa poichè la delazione deve essere attuale in quanto non sembra logico che colui il quale non ha il potere d'accettare possa avere il potere di rinunciare. I nascituri non essendo eredi delati in quanto lo saranno solo al momento della nascita non possono né accettare, né rinunciare all eredità. Gli incapaci debbono essere autorizzati a norma di legge trattandosi come indicato di un atto di straordinaria amministrazione. Per la validità della rinunzia, è anche necessaria nel rinunciante la capacità legale, e cioè quella stessa capacità richiesta per la validità dell'accettazione. I minori sottoposti alla potestà dei genitori, hanno bisogno di essere rappresentati dal genitore o dall'adottante o dall'affiliante che eserciti la potestà, e se sottoposti a tutela, devono essere rappresentati dal tutore. Costoro non possono rinunziare all eredità, se non per necessità o utilità evidente del minore stesso e dopo autorizzazione del giudice tutelare (art, 320/143, 311 comma), e così pure il tutore non può rinunziare ad eredità senza 1 autorizzazione del giudice tutelare (art. 374 n.3). Per gli interdetti valgono le stesse norme ( art. 424). Per i minori emancipati e per gli inabilitati la rinunzia alla eredità non può avvenire che con il consenso del curatore ' previa l'autorizzazione del giudice tutelare (art. 394 e 424). A norma degli artt. 322, 377 e 396, una rinunzia ad eredità che intervenga senza l'osservanza delle norme anzidette può essere annullata su istanza rispettivamente dei -genitori esercenti la potestà o del figlio o dei suoi eredi o aventi causa, del minore o dei suoi eredi o aventi causa, 153

154 La rinuncia delle persone giuridiche La normativa precedente regolava soltanto gli acquisti da parte delle persone giuridiche. Si ricava però una norma di carattere generale: che le persone giuridiche non potevano procedere ad atti dispositivi senza l'autorizzazione di quelle autorità cui spettava la tutela e la vigilanza su di esse. Da ciò si ricavava che non potevano procedere a rinunzia di eredità senza esservi autorizzate (Azzariti). Ora con la legge 15 maggio 1997, n. 127 : Misure urgenti per lo snellimento dell attività amministrativa e dei procedimenti di decisione e di controllo (c.d. legge Bassanini), all art. 13 (Abrogazione delle disposizioni che prevedono autorizzazioni ad accettare lasciti e donazioni e ad acquistare beni stabili) appare risolto il problema in senso negativo. L articolo 17 del codice civile e la legge 21 giugno 1896 n. 218 sono stati abrogati; sono altresì abrogate le altre disposizioni che prescrivono autorizzazioni per l acquisto di immobili o per accettazione di donazioni, eredità e legati da parte di persone giuridiche, associazioni e fondazioni. Le disposizioni di cui al comma 1 si applicano anche alle acquisizioni deliberate o verificatesi in data anteriore a quella di entrata in vigore della legge. La perdita del diritto di accettare La rinuncia all eredità non può essere confusa con una fattispecie più generale e cioè la perdita del diritto ad accettare. I casi sono quattro, i primi tre operano ope legis: a) i1 decorso del termine di dieci anni di accettare da parte del chiamato non in possesso dei beni ereditari (art. 480); b) il decorso del termine fissato al chiamato dall autorità giudiziaria perché dichiari se accetti o rinunzi alla eredità, senza che tale dichiarazione venga fatta (art. 481); c) il termine di quaranta giorni dal compimento dell inventario, senza che venga fatta dal chiamato la dichiarazione di accettazione col beneficio di inventario (art. 485, 3^ comma); d) la perdita per volontà del chiamato, il quale dichiari di rinunciare al diritto di accettare l'eredità. La c.d. revoca della rinuncia Il legislatore, come si è analizzato precedentemente, ha stabilito che il chiamato all'eredità anche se ha rinunciato espressamente ad essa e nelle forme di legge, non decade dal diritto di accettare fintantoché l'eredità non sia stata acquistata dagli altri eredi. Questa constatazione è molto importante non solo per l'interpretazione di questo istituto, ma di tutto il sistema successorio. Natura giuridica della c.d. revoca Come è stato giustamente osservato la dichiarazione tacita o espressa di accettazione d'eredità da parte del rinunciante non può essere considerata una revoca della rinuncia in quanto se lo fosse dovrebbe eliminare gli effetti della rinuncia e quindi porre il rinunciante nella posizione giuridica di chiamato e non invece di crede puro e semplice. Da ciò si può finalmente comprendere che il diritto alla rinuncia del delato interrompe la 154

155 devoluzione della delazione al grado successivo. L'acquisto dell'eredità dopo la rinuncia. Il chiamato dopo la rinuncia formale può egualmente diventare erede tuttavia esistono dei limiti specifici. 1) Il primo limite è dato dall'acquisto della quota rinunciata, da parte di altri chiamati dallo stesso grado: i coeredi. Essa può avvenire con atto di accettazione successivo alla rinuncia od avviene ipso facto per accrescimento della quota nel caso di coerede che ha già accettato (arl. 674 c.c.) oppure nel caso se non ci sono altri successibili oltre il VI grado in quanto il delato è già lo Stato. Ricordiamo qui che fu sostenuta la possibilità che il rinunciante, col consenso degli altri chiamati accettanti possa ancora accettare l'eredità. Questa tesi deve essere respinta in quanto contrasterebbe il principio di semel heres semper heres, poiché i delati che hanno accettato sono diventati credi. 2) Il secondo limite è dato dall'accettazione del chiamato e comunque l'acquisto alla qualità di erede del delato successivo. Esso esclude la possibilità al rinunciante di diventare erede. La forma dell'accettazione dell'eredità del rinunciante Tale forma è libera in quanto può essere espressa o tacita. Tuttavia deve trattarsi dell 'accettazione ex art. 525 c.c. e non già nelle forme di acquisto ex artt. 485 e 527 c.c. Altre ipotesi di rinuncia Ci si può porre il problema se sia possibile una rinuncia parziale. Queste ipotesi nascono nei casi nelle quali ci sia concorrenza di delazione: cioè testamentarie o legittime o di delazioni ulteriori. In entrambe queste ipotesi sembra opportuno concordare con la tesi negativa nel senso che è colpita da nullità la rinuncia parziale ex art. 520 c.c. in quanto si avrebbe un' accettazione parziale vietata dalla legge ex art. 475 c.c. La rinuncia gratuita Ci sono due tipi di rinunce gratuite previste dal Legislatore. 1) La rinuncia gratuita a favore di tutti i chiamati ex art. 519 C.C. Questo tipo di ipotesi è appunto la rinuncia alla chiamata d'erede. 2) La rinuncia a favore di alcuni soltanto dei chiamati (art. 478 c.c.). In questo caso anche se l'atto è compiuto gratuitamente esso comporta accettazione d'eredità. Quindi doppio trasferimento del de cuius all'erede, dall'erede al terzo. Conseguentemente si deve assolvere a due imposte: quella di successione e quella di donazione. La rinuncia contro corrispettivo Il Legislatore con gli artt. 477 e 478 c.c. stabilisce che se la rinuncia alla chiamata d'erede è fatta dietro corrispettivo o con contratto gratuito, per esempio la donazione, in modo da rendere irrevocabile la rinuncia, significa che non si tratta di rinuncia alla chiamata d'erede, ma di cessione gratuita od a titolo oneroso dei diritti successori. Anche in questo caso si concretizza un doppio trasferimento e conseguentemente si subiscono due imposte. Impugnazione della rinuncia La rinuncia alla chiamata d'erede può essere impugnata: 155

156 a) dallo stesso rinunciante; b) dai creditori del rinunciante. Il rinunciante può impugnare la dichiarazione solo se essa fu fatta a causa di violenza o di dolo (art. 526 c.c.) ; tale azione si prescrive trascorsi cinque anni dal giorno in cui è cessata la violenza o è stato scoperto il dolo. Legittimati attivi sono oltre al rinunciante, i suoi eredi. I creditori del rinunciante possono farsi autorizzare ad accettare l'eredità in nome e luogo del rinunciante. Questa azione ha natura strumentale e cautelare ed ha lo scopo di recuperare i beni ereditari fino alla concorrenza dei crediti di chi la esercita. La norma è eccezionale e quindi non si può estendere in via analogica nei confronti della rinuncia del legato. Si sostiene che il provvedimento del giudice non ha natura autorizzativa, ma si tratta di un provvedimento decisorio derivante da un giudizio contenzioso ed implica una sentenza. La decisione del giudice in merito inoltre è incensurabile in sede di legittimità. Posizione giuridica dell'erede subentrato al debitore rinunziante. L'erede che subentra al rinunziante si trova il patrimonio sottoposto al vincolo stabilito nell'interesse dei creditori del rinunciante. Egli può sottrarsi all'azione esecutiva sia come crede beneficiato sia quale terzo acquirente di un bene ipotecato. Se poi subisce l'espropriazione, potrà avere azione di regresso nei confronti del rinunciante quale vero debitore. Formule Rinuncia alla chiamata d erede. Il signor... nato a... il... domiciliato in... Via... n. di professione..., dichiara di rinunciare come rinuncia, puramente e semplicemente e per ogni conseguente effetto, alla eredità del signor... nato a... il..., già in vita da ultimo domiciliato a... ed ivi deceduto addì..., eredità ad esso Comparente devoluta in forza di legge, ( ovvero in forza di testamento olografo in data... pubblicato con verbale a rogito Notaio... in data n.... rep; registrato li'... Firma ADEMPIMENTI: Il notaio deve chiedere entro dieci giorni che la rinuncia ad eredità sia inserita nel Registro delle successioni presso il Tribunale della successione (articolo 519 C.C.; art. 52 Disp. att. C.C.; art. 1 R.D.L. 14 luglio 1937, n. 1666; art. 2 Regol. Not.). I chiamati all'eredità e i legatari sono esonerati dall'obbligo di denuncia della successione se, anteriormente alla scadenza del termine di sei mesi dalla data di apertura della successione, hanno rinunziato all'eredità o al legato, o, non essendo nel possesso di beni ereditari, hanno chiesto la nomina di un curatore dell'eredità a norma dell'articolo 528 C.C. e ne hanno informato per raccomandata l'ufficio del Registro, allegando copia autentica della dichiarazione di rinunzia all'eredità o copia dell'istanza di nomina autenticata dal Cancelliere della Pretura, ex art. 28 del D.Lg. 31 ottobre 1990, n L accrescimento. 156

157 Al momento della rinuncia alla chiamata di erede si pone il problema a chi la quota rinunciata debba essere attribuita. Si pensava che essa dovesse essere assegnata in proporzione uguale a tutti i chiamati. Tuttavia sembra confermata da una recente sentenza di Cassazione che l assegnazione debba avvenire nell ambito di ciascuna categoria. Per esempio nel caso in cui a rinunciare fosse un figlio la quota non va ripartita tra coniuge superstite e gli altri fratelli ma debba essere assegnata solo ai fratelli del rinunciante. Il contrasto, già prima della pronuncia della sentenza impugnata, è stato composto da Cass. S.U. 9/6/2006 n , con cui si è ritenuto, in base a considerazioni di carattere testuale, sistematico e teleologico, che "ai fini dell'individuazione della quota di riserva spettante alle singole categorie di legittimari ed ai singoli legittimari nell'ambito della medesima categoria, occorre far riferimento alla situazione esistente al momento dell'apertura della successione e non a quella che si viene a determinare per effetto del mancato esperimento, per rinunzia o prescrizione, dell'azione di riduzione da parte di taluno dei legittimari". Da questo principio non vi è ragione di discostarsi, stante la sua coerenza con la lettera e lo scopo delle disposizioni, tenuto conto che le norme in materia di successione necessaria hanno lo scopo di garantire ad ognuno dei legittimari una porzione del patrimonio del de cuius anche contro la volontà di quest'ultimo. Ne discende che la quota riservata ad A.G. è stata correttamente determinata tenendo conto (ex art. 542 c.p.c.) anche di quella che sarebbe spettata al coniuge D.O.I. ove non vi avesse rinunciato preferendo di conseguire il legato in sostituzione di legittima destinatole dal de cuius. Cass. II civile n /5/2013 L accettazione col beneficio d inventario. L'eredità può essere accettata con beneficio d'inventario. In questa seconda ipotesi non si produce la cosiddetta confusione dei patrimoni e l'erede pagherà i debiti ereditari ed i legati soltanto entro il valore dei beni a lui pervenuti. La ratio legis è quella di evitare che, in caso di eredità oberata dai debiti, il chiamato sia indotto a rinunziare con la conseguenza che il compito della liquidazione venga a gravare sullo Stato. Natura giuridica Si distinguono tre opinioni: 1. Teoria del negozio condizionato (Coviello) Per questa concezione il beneficio d'inventario è una condizione apposta all'accettazione dell'eredità. L'obiezione che si muove ad essa è rappresentata dalla mancanza del requisito principale della condizione: la mancanza dell'evento condizionante. 2. Teoria del doppio negozio (Vocino) L'accettazione beneficiata è distinta in due negozi: il primo costituito dalla dichiarazione di accettare l'eredità ed il secondo dall'intento dì modificare la situazione giuridica normale che conseguirebbe all'accettazione, ossia all'intento di limitare la responsabilità patlimoniale. 3. Teoria del negozio complesso (Grosso) Si tratta di un atto giuridico complesso, il cui contenuto è determinato dalla fusione dell'intento pratico di adire all'eredità con l'effetto della responsabilità limitata. 157

158 Effetto del beneficio d'inventario A) Teoria della persona giuridica Il beneficio d'inventario rappresenta un impedimento all'assunzione del titolo di erede, con conseguente necessità di riconoscere all'eredità beneficiata una personalità giuridica. Al contrario la dottrina e la giurisprudenza sono concordi nel riconoscere all'erede, ancorché beneficiato, la qualifica di successore a titolo universale. B) Teoria dell'intrasmissibilità dei debiti ereditari (Cicu) 1 debiti si estinguerebbero per essere sostituiti dal diritto, che i creditori acquisterebbero esclusivamente sui beni ereditari. In contrario si rileva l'incompatibilità della qualifica di erede con la mancanza di successione in tutti i rapporti non solo attivi ma anche passivi. C) Teoria dei patrimoni separati (Natoli) Secondo Natoli vi sarebbe una separazione dei patrimoni: da un lato quello ereditario e dall'altro quello personale dell'erede. 1 beni del patrimonio separato sfuggono alla regola generale per cui il debitore risponde dell'adempimento delle obbligazioni con tutti i suoi beni e rappresenta un'eccezione che la legge stessa prevede al secondo comma dell'articolo 2740 c.c.. La riforma della filiazione. Sia la legge del n. 219 sia il D.Ls n. 154 del hanno innovato profondamente la successione legittima e necessaria. Infatti le distinzioni, che aveva posto il codice civile del 1942 e nonostante la riforma del 1975, sono state in gran parte travolte dal fatto che non esiste più la differenza di status tra figlio illegittimo e figlio legittimo. L articolo 74 del c.c. dispone che: La parentela è il vincolo tra le persone che discendono da uno stesso stipite, sia nei casi in cui l affiliazione è avvenuta all interno del matrimonio sia nel caso in cui avvenuta al di fuori di esso, sia nel caso di figlio adottivo. Il vincolo di parentela non sorge nei casi di adozione di persone maggiori di età di cui agli articoli 291 e seguenti. La questione dell adozione legittimante comporta che esistono tre livelli di status di figlio adottivo: il figlio adottato con l adozione piena acquisisce lo status di figlio nato nel matrimonio; un adozione semplice disciplinata dall art. 44 della legge n. 184 del , che ammette l adozione di minori anche quando non sussistono le condizioni che ne determinano l adottabilità; l adozione di un maggiorenne di età in cui si esclude che essa determini il sorgere di rapporti di parentela tra adottato e la famiglia dell adottante. Non si può nascondere che esistono delle interpretazioni le quali tendono a far coincidere l adozione del maggiorenne con quello del figlio adottato in funzione piena. Gli effetti della successione necessaria. Poiché sono ricompresi a pieno titolo i figli nati fuori dal matrimonio deve oggi ritenersi riservata una quota di eredità anche agli ascendenti naturali come una volta venivano definiti e non solo agli ascendenti legittimi. Quindi l articolo 538 del codice civile prevede una quota di riserva a favore indistintamente degli ascendenti e non quindi solo a favore degli ascendenti legittimi. Non ci vogliamo nascondere che se l interpretazione dei figli adottivi ex articolo 44 della legge fossero da considerare a tutti gli effetti come figli nati nel matrimonio avremmo che gli 158

159 ascendenti di sangue e quelli adottivi potrebbero essere coinvolti in un nuovo tipo di concorso. In altre parole metà del riserva andrebbe agli ascendenti adottivi e l altra metà agli ascendenti di sangue. Modifica della disciplina della successione legittima. L assenza di una differenza tra fratelli nati fuori del matrimonio comporta che essi subentrino nell assegnazione della quota legittima. Nel caso di concorso tra: coniuge, genitori e fratelli-sorelle nati fuori dal matrimonio esempio: Tizio coniugato con Mevia avente come genitori viventi Caio e Gaia e quale fratello uterino Sempronio : Le quote sono le seguenti 10/15 a Mevia ; 2/15 ciascuno ai genitori viventi Caio e Caia ed 1/15 al fratello uterino Sempronio. La rappresentazione. A questo punto anche in tema di rappresentazione ove a non volere o potere accettare l eredità o conseguire legato sia un fratello o la sorella del de cuius nata fuori del matrimonio la riforma opera e quindi sono chiamati a rappresentare il genitore. L abrogazione del diritto di commutazione. Una volta sancita la parificazione della posizione tra i figli nati dentro o fuori il matrimonio è evidente che non ha più nessun senso l articolo 537 comma terzo del codice civile. Quindi risulta pertanto abrogata definitivamente quella parte del codice civile che consentiva ai figli legittimi di commutare la quota spettante ai figli naturali. 159

160 TIPI DI SUCCESSIONE Tavole della successione legittima - Coordinamento tra l'art. 571 e l'art. 538 del c.c. TAVOLE DELLA SUCCESSIONE LEGITTIMA In assenza di un testamento l'eredità si devolve secondo le regole poste dalla così detta successione legittima. L'ordine della successione Criteri della preferenza. Tre sono i criteri di preferenza: 1) la linea 2) il grado 3) il concorso. La prima regola è quella della linea. Sono, perciò, preferiti nell'ordine stabilito con l'art. 565 del c.c. : che è: a) discendenti; b) coniuge; c) ascendenti ; d) collaterali; e) altri parenti; f) lo Stato. 160

161 Ampliamento della categoria A costoro si aggiungono i rispettivi discendenti che subentrano per rappresentazione (delazione indiretta). Il grado La seconda regola è quella del grado. Nell'ambito di ciascun ordine la preferenza è data dal grado: il più vicino esclude il più lontano. Ogni generazione è un grado. L'unica eccezione al principio graduale è la rappresentazione, dove la chiamata è per stirpi per cui il discendente assume il grado di capostipite rappresentato. La terza regola è il concorso. Gli ordini possono essere in concorso tra loro. I discendenti ammettono solo il concorso del coniuge. Ampliamento della categoria A costoro si aggiungono i rispettivi discendenti che subentrano per rappresentazione (delazione indiretta). Le quote della successione Sinossi SENZA TESTAMENTO RISERVA DISPONIBILE Solo figli Piu Figli 1\n( * ogni figlio) 2\3 1\3 1 Figlio 1\1 1\2 1\2 Coniuge ed 1 figlio I figli ammettono il concorso con il coniuge 1/2 1/3 1/2 1/3 1/3 Coniuge con Più Figli 1\3 2\3 1\4 2\4(/ogni f) 1\4 Coniuge senza figli Coniuge senza legittimari 1\1 1\2 1\2 Coniuge 2\3 2\4 1/4 Genitori 1\3 1\4 Coniuge 2\3 1\2 Fratelli Sorelle 1\3 1/2 Coniuge E Genitori E Fratelli Sorelle 8\12 per capi ma almeno 3\12 ai genitori 1\2 1\4 1\4 161

162 asse Genitori Fratelli Sorelle Senza Coniuge Né Figli per capi 1\3 ma almeno 1\2 ai genitori 2\3 Genitori senza legittimari genitori Per il concorso fra ascendenti v. 544 c.c. 1\3 2\3 La successione del coniuge Presupposto giuridico è che vi sia un matrimonio valido. Nella pratica possono presentarsi diverse fattispecie, analizziamole. Casi : 1. Solo coniuge, tutta l eredità ( il de cuius è senza figli, senza ascendenti, senza fratelli ) 2. Coniuge e 1 figlio 1/2 al coniuge ed 1/2 al figlio 3. Coniuge e 2 figli 1/3 al coniuge e 1/3 per ogni figlio 4. Coniuge e n figli 1/3 al coniuge e 2\3*1/n a ciascun figlio 5. Coniuge con ascendenti, ma senza fratelli coniuge i 2/3, agli ascendenti 1/3 6. Coniuge con fratelli e sorelle, ma senza ascendenti al coniuge 2/3, ai fratelli 1/3 7. Coniuge con ascendenti e fratelli e sorelle al coniuge gli 8/12, agli altri il resto secondo l'art. 571 c.c I CASO: 1) Solo coniuge. Mancano al de cuius: figli ; ascendenti; fratelli e sorelle. In questo caso tutta l'eredità è devoluta al coniuge superstite. Solo coniuge 1,5 1 0,5 0 1 eredi asse coniuge 162

163 quote ereditaire Il coniuge in concorso con altri chiamati. E prevista la riserva a favore del coniuge superstite in caso di concorso con altri chiamati. Al coniuge superstite in concorso con gli altri chiamati spetta comunque ex art. 540 i diritti di abitazione sulla casa adibita a residenza familiare e di uso sui mobili che la corredano, se di proprietà del defunto o in comunione col coniuge. 1 ipotesi : Coniuge e figli. Il concorso dei figli esclude ogni altro concorso 2) Coniuge e 1 figlio. coniuge ed 1 figlio 1,5 1 0,5 0 1 eredi asse coniuge 1 figlio Spetta la quota di 1/2 al coniuge ed 1/2 al figlio. 3) Coniuge e 2 figli. 163

164 asse asse asse ereditario coniuge + 2 figli 1,5 1 0,5 0 1 eredi asse genitore 1 figlio 2 figlio Spetta la quota di 1/3 al coniuge e 1/3 per ogni figlio. 4) Coniuge e n figli. Spetta la quota di 1/3 al coniuge e 2\3*1/n a ciascun figlio. Esempio : tre figli : n=3; perciò a ciascun figlio spetta 2\3*1\3= 2\9. 5) Coniuge con ascendenti, ma senza fratelli. coniuge con solo ascendenti 1,5 1 0,5 0 1 eredi asse coniuge ascendenti Spetta al coniuge i 2/3, agli ascendenti 1/3. 6) Coniuge con fratelli e sorelle, ma senza ascendenti; Spetta: al coniuge 2/3, ai fratelli 1/3. Riepilogando i due casi 5) e 6) : coniuge con ascendenti o ( aut ) f/s asse eredi coniuge ascendenti fratelli e/0 sorelle 7) Coniuge con ascendenti e fratelli e sorelle Spetta al coniuge gli 8/12, agli altri il resto secondo l'art. 571 c.c., ma agli ascendenti non meno dei 3/

165 asse Coniuge putativo (art. 584) Si fonda sul presupposto che: a) vi sia un matrimonio ancora valido alla morte del coniuge; b) che il coniuge superstite sia riconosciuto in buona fede. L'efficacia eccezionale ex nunc della sentenza che pronuncia l'annullamento comporta l'equiparazione del coniuge putativo a quello legittimo. asse 12 coniuge 8\12 ascendenti 3\12 f/s 1\12 concorso con ascendenti e f/s coniuge + ascendenti + f/s eredi 1 asse coniuge ascendenti f/s Il termine a quo è dai più reputato il momento del passaggio in giudicato della sentenza, altri (Azzariti) ritengono che tale momento è individuato nella pubblicazione della sentenza di prima istanza. Il caso di concorso tra coniuge legittimo e putativo è risolto in modo sfavorevole a quest'ultimo, che è escluso dalla successione in questa ipotesi (caso di bigamia o di coniuge di presunto morto). Successione del coniuge (superstite) separato 1) Nell'ipotesi in cui la sentenza non sia ancora passata in giudicato: ha gli stessi diritti come fosse coniuge legittimo. 2) Nell'ipotesi in cui la sentenza è passata in giudicato: - se non gli è addebitata la separazione, ha gli stessi diritti come fosse coniuge legittimo; - se gli è stata addebitata la separazione e al momento dell'apertura della successione godeva degli alimenti, ha diritto solo ad un assegno vitalizio. In caso contrario non ha diritto a nulla. L'assegno ha natura di legato di alimenti ex lege (Gabrielli) collegato al suo stato di bisogno. Successione dei discendenti Figli, e non riconoscibili A) Al padre ed alla madre succedono i figli legittimi e naturali, in parti eguali (art. 566). In caso di concorso tra figli, l'eredità spetta a tutti in parti eguali. Ai figli naturali non riconoscibili, se hanno diritto al mantenimento, all'istruzione ed alla educazione, a norma dell'art. 279, spetta un assegno vitalizio pari all'ammontare della rendita della quota di eredità (art. 580 c.c.). 165

166 B) Premorienza di un figlio: rappresentazione In caso di premorienza di un figlio gli succedono per rappresentazione i propri discendenti esclusivamente in linea retta: figli, nipote, etc. C) Concorso dei figli o loro discendenti con altri chiamati Con i figli è ammesso solo il concorso con il coniuge superstite nei modi sopra indicati. Successione dei soli ascendenti Presupposto di tale successione è la mancanza dell'intera linea retta discendente e collaterale. Quando il de cuius lascia i genitori senza coniuge, fratelli, sorelle o loro discendenti, tutta l'eredità spetta al padre ed alla madre in parti eguali tra loro, o tutto al genitore sopravvissuto. I genitori biologici di figli adottivi ordinari (ex art. 300 c.c.) sono esclusi in quanto succedono i genitori adottivi. I genitori adottivi speciali sono equiparati ai legittimi salvo il limite di insussistenza di rapporti di parentela con i parenti collaterali degli adottanti; cessano anche i rapporti con la famiglia d'origine. Altri ascendenti Presupposto: il de cuius non lascia né prole, né genitori, né fratelli o sorelle, né loro discendenti. a) L'eredità è devoluta per intero all'ascendente di grado più vicino indipendentemente dalla sua linea. b) In caso di concorso di ascendenti della stessa linea (paterna o materna), l'eredità è tra loro divisa in pari quote. c) In caso di concorso di ascendenti di pari grado e di linea diversa, ciascuna linea riceve metà eredità, ed i capi di ciascuna linea si dividono tra loro in parti eguali la quota di un mezzo. Ascendenti naturali Ai sensi dell'art. 258, l comma, nel silenzio del Legislatore, che ha previsto esclusivamente la chiamata del genitore naturale, si esclude la chiamata dell'ascendente naturale (Capozzi). Casi di concorso degli ascendenti l ipotesi Ascendenti: almeno un discendente vivente: nulla. Il concorso tra ascendenti e discendenti non è ammesso. Infatti l'esistenza di qualunque discendente del de cuius esclude il concorso alla chiamata dell'eredità di qualunque ascendente. 2 ipotesi: genitori e coniuge Vedi ipotesi con il coniuge ( 5.2.4, casi 4 e 6). 3a ipotesi: genitori e fratelli e sorelle germani Le quote di legittima variano a seconda che vi siano 1 o 2 genitori ed 1, 2 o più fratelli. Le possibili eventualità possono essere racchiuse nel seguente prospetto. 166

167 quote spettanti Tabella quote ereditarie ascendenti e fratelli e/o sorelle tutti germani quota genitore con 1 f/s genitore 1 1\2 fr/s 1 quota del f/s fr/s 2 1\2 se i f/s sono >2 e = n quota genitore con 2 fr/s a ciascuno spetta 1\2 la quota di 1\2*n quota al I f/s quota 2 f/s 1\4 1\4 1 genitore e 1 e 2 fratello o sor. quote spettanti 0,6 0,4 0, genitore fr/s 2 f/s 1 f/s o 2 f/s 2 genitori con:1,2 e 3 f/s 0,4 0, con 1, 2 o 3 f/s 1 genitore 2 genitore 1 frat/sor 2 frat/sor 3 fratello/sorlla 4a Ipotesi: 1 genitore, f/s germani e f/s unilaterali Principio normativo: il codice vigente ha adottato il principio della c.d. quota di fatto stabilendo che ai f/s unilaterali sia attribuita la metà della quota che conseguono i germani o i genitori, fatto salvo per questi ultimi la quota minima della metà dell'intera eredità. Anche in questo ipotesi, le quote di legittima, dunque, variano a seconda che vi siano 1 o 2 genitori, 1 o più fratelli germani, 1 o più fratelli/ sorelle unilaterali. I casi ipotizzabili possono essere racchiusi nel prospetto riportato nella pagina seguente. 167

168 Per una più rapida individuazione delle quote che spettano a ciascun erede può risultare agevole l'adozione di una semplice formula matematica nella quale vengono utilizzati i seguenti simboli: n = numero dei f/s germani m = numero dei f/s unilaterali. Al genitore spetta la quota di 1/2. A ciascuno dei germani spetta la seguente quota: 2 \(2n + m) 2 A ciascuno dei f/s unilaterali spetta la seguente quota: 1\(2n+m) 2 SUCCESSIONE LEGITTIMA : genitori + fratelli germani e/o unilaterali 1 g e n i t o r e Eredi legittimi 1 fratello/sorella germani +1fratello/sorella unilaterali 1 f/s germano/a e 2 f/s unilaterali 2 f/s germano/a e 1 f/s unilaterali 1 f/s germano/a e 4 f/s unilaterali 2 f/s germano/a e 2 f/s unilaterali Riparto della quota ereditaria Genitore 3/6 Fratello o sorella germani 2/6 Genitore 4/8 Genitore 5/10 Genitore 6/12 Genitore 6/12 1 f/s Germano 2/8 1 f/s Germano 2/10 1 f/s Germa no 2/12 1 f/s Germano 2/12 1 f/s unilaterale 1/8 1 f/s unilater ale 1/12 2 f/s Germano 2/12 2 f/s Germano 2/10 1 f/s unilater ale 1/12 Fratello o sorella unilaterali 1/6 1 f/s unilaterale 1/8 1 f/s unilaterale 1/10 1 f/s unilater ale 1/12 1 f/s unilateral e 1/12 1 f/s unilater ale 1/12 2 f/s unilateral e 1/12 168

169 Un solo genitore vivente massa ereditaria genitore f o s germani f o s unilaterali II f o s unil. II f o s germ. 5 ipotesi: 2 genitori, f/s germani e f/s unilaterali Nel caso di due genitori le formule da adottare sono le seguenti: Per ogni genitore: 1/4 per ogni fratello o sorella germano :4\ (2n +m) 4 per ogni fratello o sorella unilaterali : 2\(2n + m) 4 Il tutto può essere rappresentato nel seguente grafico 2 genitori e f/s germani e unilaterali casi possibili I genitore II genitore I f/s germano I f/s unilaterale II f/s germano II f/s unilaterale 6 Ipotesi 1 genitore ed 1 f/s unilaterale Il II comma dell'art. 571 stabilisce: x= quota genitore ; y= quota f unilaterale 1=x+y y=1/2 x ( la metà della quota che consegue ai genitori ) > y=1/2x sostituendo 1=x(1+1/2), 1= 3/2*x > x= 2/3 quota del genitore 169

170 COORDINAMENTO TRA L'ART. 571 E L'ART. 538 DEL C.C. Al genitore spetta la metà dei beni ereditari da calcolarsi sul relictum. Ciò significa che si tiene conto esclusivamente dei beni lasciati al momento della morte, esclusi perciò i beni donati in vita dal de cuius. Tuttavia egli può scegliere di ottenere quale genitore legittimario ex art. 538, il terzo dell'asse nel quale vanno computati sia il relictum che il donatum Ascendenti: mancata accettazione dell'eredità da parte dei genitori Resta da verificare come si devolve l'eredità nel caso in cui entrambi i genitori non possono o non vogliono accettare la successione. La quota che sarebbe spettata ad uno solo quando manca l'altro si devolve secondo le regole dettate dall'art. 569 c.c. come indicato sopra. Il presupposto della successione del coniuge. Esso è costituito dal rapporto di matrimonio, in quanto sussista al momento dell'apertura della successione. La prova dell'esistenza del matrimonio deve essere data mediante la presentazione dell'atto di matrimonio estratto dai registri dello stato civile (art. 130 cod. civ.); in mancanza dell'atto di matrimonio, si potrà ricorrere alle prove previste dagli artt. 132 e 133 cod. civ. L'onere della prova grava sul coniuge che agisce per far valere i propri diritti successori; l'onere di provare l'esistenza di una separazione con addebito (che comporta esclusione dalla successione) è a carico di chi la invoca. È evidente che, ai fini successori (così come in ordine agli altri effetti civili), rilevano solo il matrimonio civile o il matrimonio concordatario debitamente trascritto. Il titolo a succedere viene meno nei seguenti casi: a) dichiarazione di nullità del matrimonio; b) inesistenza c) scioglimento del matrimonio civile o cessazione degli effetti civili del matrimonio religioso. Caso sub a). Se il matrimonio sia stato dichiarato nullo: 1) prima della morte del de cuius, non c è alcun presupposto alla successione, il coniuge è equiparato ad un estraneo. 2) dopo l'apertura della successione, il coniuge di buona fede conserva il diritto a succedere, come effetto del matrimonio putativo, permane però la causa di esclusione di cui all'art. 584, secondo comma, cod. civ. (esistenza di un coniuge legittimo). Il coniuge di buona fede si ritiene equiparato a quello il cui consenso è stato estorto con violenza o determinato da timore di eccezionale gravità derivante da causa esterna art. 128, primo comma, cod. civ. 170

171 Si ritiene che se anche il coniuge putativo è menzionato solo nella disciplina della successione legittima, che le stesse regole valgono in materia di successione necessaria. Caso sub b) : inesistenza. Se il matrimonio è dichiarato inesistente, prima dell'apertura della successione ovvero anche in seguito, si esclude che si possano applicare gli effetti del matrimonio putativo. Caso sub c). Il titolo a succedere permane in caso di separazione personale dei coniugi ( artt. 585, primo comma, e 548, primo comma, cod. civ.). Viene meno: a) il coniuge al quale la separazione giudiziale sia stata addebitata è escluso dalla successione. In questo caso, secondo la prevalente dottrina, il titolo a succedere è soggetto ad una condizione di efficacia, costituita dalla inesistenza di uno stato di separazione personale addebitata al coniuge superstite o ad entrambi; tale condizione integra una causa di esclusione dalla successione, non di una causa di indegnità. Perché si verifichi l'esclusione dalla successione, occorre che l'addebito sia stato pronunciato con sentenza e che questa sia passata in giudicato prima dell'apertura della successione. La costante giurisprudenza ritiene che la morte del coniuge prima del passaggio in giudicato della sentenza di separazione determina la cessazione della materia del contendere, e dunque l'impossibilità della successiva pronunzia di addebito per l'impossibilità di giungere al giudicato prima della apertura della successione già avvenuta. b) per effetto dello scioglimento del matrimonio civile. Gli effetti della sentenza, secondo i principi generali, si producono al momento del giudicato (. art cod. civ.), pertanto il titolo a succedere viene meno quando la sentenza di divorzio è passata in giudicato prima dell'apertura della successione. Se la morte di uno dei coniugi si verifica invece prima della formazione del giudicato, il matrimonio si scioglie ex art. 149 cod. civ., e il coniuge superstite conserva il diritto a succedere (salvi gli artt. 585, secondo comma, e 548, secondo comma, cod. civ., con riguardo al coniuge separato con addebito). Si discute in relazione dell'art.10 L. sul divorzio se gli effetti civili della cessazione del matrimonio hanno efficacia dal giorno dell'annotazione della sentenza. Cioè se la perdita del diritto a succedere si verifica non già nel momento del passaggio in giudicato della sentenza, ma per effetto della successiva annotazione nei registri dello stato civile. La giurisprudenza ha un'interpretazione restrittiva, in quanto ritiene gli effetti della sentenza valevole tra le parti, i loro eredi e aventi causa, fin dal momento del giudicato, ed assegna alla pubblicità la funzione di rendere la sentenza opponibile ai terzi; nello stesso senso si pronuncia la prevalente dottrina. Casi particolari : 1) il matrimonio dei culti acattolici è valido se parimenti trascritto; 2) il matrimonio celebrato all'estero dal cittadino italiano, secondo le forme previste dalla lex loci anche se matrimonio poligamico limitatamente agli effetti che non siano contrari all'ordine pubblico e nella sussistenza dei requisiti sullo stato e la capacità delle persone previste dal nostro ordinamento, e ciò indipendentemente dall'omissione delle pubblicazioni e della trascrizione del matrimonio in Italia. Per il matrimonio religioso è ammessa la trascrizione tardiva (ex art. 8, n. 1, sesto comma, dell'accordo di Villa Madama del 18 febbraio 1984). Si ritenere che trascrizione non possa avvenire dopo la morte di uno dei coniugi, a meno che al momento del decesso risulti che la richiesta di trascrizione era già stata inoltrata da entrambi i coniugi all'ufficiale di stato civile. 171

172 Capitolo VI I legittimari. Le persone a favore delle quali la legge riserva in ogni caso una quota d eredità o d altri diritti nel caso d apertura della successione testamentaria si definiscono: legittimari. Il principio giuridico. L'istituto della riserva opera in via correttiva sia rispetto alle disposizioni testamentarie, sia alle donazioni che siano lesive ai diritti del legittimario sulla massa ereditaria. L'istituto della riserva si realizza mediante l'attribuzione ai familiari in senso stretto di un'azione che tende all'attribuzione dei beni derivanti dall'eredità del defunto, ma di provenienza non ereditaria poiché è l'erede istituito che diviene il dante causa del trasferimento conseguente alla sentenza di riduzione. Individuazione. I soggetti previsti come legittimari non coincidono con i successori legittimi in quanto i legittimari sono gli appartenenti al gruppo familiare più ristretto. Essi sono: il coniuge, i figli, gli ascendenti legittimi. La quota. Esiste una notevole differenza tra l'oggetto della successione legittima rispetto all'istituto della riserva: la quota del legittimario è inferiore al quantum che lo stesso soggetto riceverebbe nella successione legittima. La frazione relativa alla chiamata per legge del familiare in assenza di testamento lesivo opera soltanto sul relictum. Nella riserva la quota del legittimario è riferita al relictum più il donatum Intangibilità della quota della legittima. Stante il principio dell intangibilità della quota dal punto di vista quantitativo si dibatte il problema della intangibilità anche in senso qualitativo. La Giurisprudenza. Suprema Corte Cass. civ., 16 giugno 1956, n. 2124, afferma che pur dovendosi la intangibilità della quota di legittima intendere in senso quantitativo, e non anche qualitativo, il legittimario è vincolato dall'assegnazione specifica di beni disposta dal testatore solo nell'ipotesi in cui tali beni si rinvengano nell'asse ereditario. Altre sentenze decidono che possa farsi luogo a riduzione delle disposizioni testamentarie solo per una lesione quantitativa della riserva. Tuttavia Cass. civ., 12 settembre 1970, n. 1403, in Foro it., 1970, I, 2399, ove si dice che è lecito al testatore delegare all'erede (nella specie, istituito nella disponibile) il potere di dettare particolari norme sulla divisione, permettendogli di scegliere, fra i beni relitti, quelli da comprendersi nella sua quota, e ciò perché «il principio dell'intangibilità della quota di legittima deve intendersi solo in senso quantitativo e non qualitativo», e quello che non è consentito è che i diritti del legittimario siano in tutto o in parte soddisfatti con danaro o con altri beni non provenienti dall'eredità. Dottrina PESCATORE sulla base dell 'art. 550 sostiene l intangibilità soltanto quantitativa della legittima, ma non da solo, bensì in aggiunta agli artt. 558, 733 e 734. «la nuova disposizione che evidentemente altera il concetto rigoroso di quota rispetto alla vocazione testamentaria, per tener conto della volontà del testatore, non può ritenersi applicabile anche alla vocazione legale, rispetto alla quale quella ragione non sussiste. L'attribuzione di beni determinati in funzione della quota legale trasformerebbe la vocazione legale in vocazione testamentaria, con la conseguenza che il legittimario potrebbe reclamare la legittima in natura» 172

173 SANTORO PASSARELLI, invece nel Libro delle successioni e donazioni, nel Commentario del D'AMELIO, Firenze, 1941, p. 259, n. 2) dopo aver ricordato che la giurisprudenza anteriore al codice vigente avesse ritenuto compatibile con la vocazione a una quota la composizione della medesima operata dal de cuius con determinati beni, fa osservare che, siccome l'art. 588 cpv., consente adesso esplicitamente un'attribuzione di beni determinati in funzione di quota, era da prevedere che quella corrente giurisprudenziale avrebbe in esso trovato un nuovo argomento. ROMANO CASTELLANA, in Natura giuridica della quota di legittima. Intangibilità quantitativa e qualitativa. Deroghe, in Giur. compl. cass. civ., 1950, XXIX, 2 quadr., 296,, nota che, pur dovendosi la intangibilità della quota di legittima intendere in senso quantitativo, e non anche qualitativo, il legittimario è vincolato dall'assegnazione specifica di beni disposta dal testatore solo nell'ipotesi in cui tali beni si rinvengano nell'asse ereditario. Nello stesso senso, Cass. civ., 28 giugno 1968, n. 2202, in Giust. civ., 1969, I, 90. Tassoni afferma che «il testatore ha facoltà di stabilire che la riserva dovuta ai legittimari sia costituita con determinati beni, ovvero che non ne comprenda alcuni, e che pertanto, ove il riservatario non dimostri che il resto dei beni sia insufficiente, non possa pretendere di far valere le sue ragioni su quei beni per i quali, per volontà del testatore, non ha diritto di chiedere la divisione». Le imputazioni. Il legittimario che domanda la riduzione di disposizioni testamentarie o di donazioni deve imputare alla sua porzione legittima le donazioni ed i legati a lui fatti, salvo che ne sia stato espressamente dispensato La natura giuridica del legittimario Nella Giurisprudenza è ormai costante il principio che il legittimario preterito non partecipi alla comunione ereditaria : in una parola non è erede. Tuttavia essa ritiene che lo diventi una volta esperita vittoriosamente l azione di riduzione. Tale orientamento è dipeso dall influenza della maggiore dottrina : Santoro Passarelli. Equiparazione tra tipi di figli. I figli legittimati ed i figli adottivi sono equiparati ai figli legittimi. Aspetti fiscali. Le imposte di successione a carico dei discendenti di figli adottivi del de cuius che gli succedono per diritto di rappresentazione, non possono avere misura superiore a quella prevista per le successioni dei discendenti dei figli legittimi. Cassazione civile, sez. I, 11 giugno 1987 n. 5077, Rappresentazione dei figli. I discendenti dei figli legittimi o naturali sostituiscono i loro ascendenti all'infinito ed a loro sono riservati gli stessi diritti dei sostituiti. Aspetti fiscali. Ai nipoti che succedono per rappresentazione ai sensi dell'art. 467 c.c. non si applica la aliquota prevista per la categoria "fratelli e sorelle", ma la diversa aliquota relativa alla categoria "altri parenti", atteso che l'istituto civilistico della rappresentazione, per il quale il discendente subentra nel luogo e grado dell'ascendente, non opera anche in materia tributaria, restando ciò escluso dal combinato contesto dell'art. 6 del d.p.r. 26 ottobre 1972 n. 637, il quale dispone, tra l'altro, che l'imposta e' determinata mediante l'applicazione delle aliquote indicate nelle lettere a) e b) della tariffa allegata, e della tariffa stessa, dal quale si evince che la diversificazione delle aliquote e' direttamente e unicamente ricollegata al rapporto naturale esistente tra l'erede e il "dante causa" prescindendo dalla causa e dal titolo della chiamata all'eredita'. Cass. civile sez. I, 26 luglio 1994, n

174 L azione di riduzione. Al legittimario, leso della sua quota di riserva spetta l azione di riduzione. Se vittorioso dopo l escussione dei beni del donatario può richiedere ai successivi acquirenti ed aventi causa la restituzione degli immobili ed dei mobili, salvi, in questo caso gli effetti del possesso in buona fede. L'azione di restituzione contro gli aventi causa del donatario soggetto a riduzione e' ammissibile solo dopo il passaggio in giudicato della sentenza di riduzione e l'escussione del patrimonio di quest'ultimo. Se oggetto della disposizione da ridurre e' un bene immobile trasferito a terzi, l'azione di restituzione contro il donatario, passivamente legittimato nell'azione di riduzione, non puo' avere ad oggetto un bene non piu' esistente nel suo patrimonio, ma solo il suo equivalente in denaro. Tr. Monza, L'azione di riduzione, ancorche' si concluda con l'attribuzione di beni determinati al legittimario, ha come legittimato passivo soltanto il beneficiario della disposizione lesiva della legittima, e non anche i possessori dei beni con cui questa dev'essere reintegrata, i quali sono invece, legittimati passivi della diversa azione di restituzione, conseguente al vittorioso esperimento dell'azione di riduzione. Cass.civile, sez. II, n. 3243, Tavole delle quote di riserva. Il patrimonio ereditario, qualora all'apertura della successione vi siano dei legittimari, viene idealmente suddiviso in due parti, la parte disponibile, che il testatore può attribuire a chiunque la parte legittima o riserva di cui il testatore non può disporre perché spettante ai legittimari. Ovviamente a seconda della diversa categoria dei legittimari presenti, la riserva va ripartita in moto diverso. In pratica possono verificarsi le seguenti possibilità. I ipotesi Solo figli legittimi o naturali : manca coniuge quota di riserva quota disponibile 1 figlio 1/2 1/2 2 o più figli 2/3 *1/f 1/3 f ( f=numero dei figli) II ipotesi solo ascendenti legittimi : mancano figli e coniuge quota di riserva quota disponibile ascendenti legittimi 1/3 2/3 174

175 III ipotesi solo coniuge : mancano figli e ascendenti legittimi : quota di riserva ½ più il diritto di abitazione quota disponibile ½ meno il diritto di abitazione Ipotesi di concorso. Con i figli può concorrere solo il coniuge. Col coniuge concorrono gli ascendenti. Concorso figli coniuge. Quota coniuge quota figli quota disponibile 1 figlio 1/3 1/3 1/3 2 o più figli ¼ ½*1/f ¼ Concorso del coniuge con gli ascendenti Quota coniuge quota ascendenti quota disponibile ½ ¼ ¼ In caso di pluralità d ascendenti la quota di riserva di ¼ a loro riservata è ripartita secondo i criteri espressi nell art. 569 c.c.: 1/8 a favore degli ascendenti in linea paterna l altro 1/8 a quelli di linea materna. In caso di ascendenti di grado diverso tutta la riserva si devolve a favore dell ascendente di 175

176 gradi più vicino. Ulteriore riserva in favore del coniuge : il legato ex lege. Spettano al coniuge il diritto di abitazione sulla casa adibita a residenza familiare e l'uso sui mobili che la corredano, sia se di esclusiva proprietà del defunto che in comproprietà Questi diritti gravano: In primo luogo sulla disponibile, In secondo luogo, quando la disponibile si rivela insufficiente sulla quota di riserva del coniuge, In terzo luogo sulla quota riservata ai figli. Riserva spettante al coniuge separato con sentenza passata in giudicato. Possono verificarsi diverse eventualità: 1 se al coniuge separato non è stata addebitata la separazione, egli ha gli stessi diritti del coniuge non separato, cioè è legittimario, 2 se è stata addebitata la separazione a entrambi i coniugi o al solo coniuge superstite e questi non gode degli alimenti a carico del coniuge defunto: non ha diritto ad alcunché, 3 se è stata addebitata la separazione ad entrambi o solo al coniuge superstite, che tuttavia gode degli alimenti, egli ha diritto ad uno assegno vitalizio commisurato alle sostanze ereditare ed al numero degli eredi, comunque mai superiore agli alimenti. Il concorso tra Legittimari. Può verificarsi nei soli casi di contemporanea presenza di coniuge e figli o di coniuge e ascendenti. Verifichiamo le due eventualità avvalendosi dei seguenti prospetti. Nel caso in cui uno o entrambi di genitori sono viventi, la riserva è così ripartita: 1 un solo genitore vivente : la quota riservata è di 1/4 2 entrambi i genitori viventi : la quota riservata è di 1/8 ciascuno. Nel caso in cui i genitori sono premorti, ma sono vivi i loro ascendenti, la riserva è, invece, così ripartita: se c'è concorso di ascendenti in linea eterna e materna di pari grado tra loro, e si succedano in ragione di 1/6 per ciascuna linea, se c'è concorso che ascendenti in linea di materna e materna ma di grado diverso, succede per 1/3 l'ascendente più vicino. Il Calcolo della legittima. La legittima è la quota di eredità calcolata sul valore complessivo netto del patrimonio del defunto. 176

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