PRESUPPOSTI BIO- ECOLOGICI E TECNICI PER UNA RAZIONALE GESTIONE DELLA PESCA NELLA MARINERIA DI ANCONA

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1 Alessandro Lucchetti (CNR-ISMAR, Sede di Ancona). PRESUPPOSTI BIO- ECOLOGICI E TECNICI PER UNA RAZIONALE GESTIONE DELLA PESCA NELLA MARINERIA DI ANCONA Relazione tecnica dettagliata del Programma di Ricerca. A cura di: Alessandro Lucchetti Massimo Virgili Responsabile scientifico: Dr Alessandro Lucchetti (CNR-ISMAR, Sede di Ancona). 1

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3 INDICE PREMESSA... 7 OBIETTIVO STRATEGICO... 9 GSA 17 - CARATTERISTICHE AMBIENTALI GSA 17 CARATTERISTICHE ALIEUTICHE FLOTTA DI PESCA NELLA GSA STATO DEGLI STOCK NELLA GSA Piano Strategico Nazionale (MIPAAF) Rapporto annuale sullo stato delle risorse biologiche dei Mari Italiani Commissione Consultiva Centrale Pesca Marittima, Unità di crisi Piano di gestione dello strascico SAC GFCM. Sub-Committee on Stock Assessment COSTA MARCHIGIANA - CARATTERISTICHE AMBIENTALI FASCIA COSTIERA MARCHIGIANA LE BIOCENOSI MARINE BENTONICHE DELLA FASCIA COSTIERA MARCHIGIANA TEMPERATURA BATIMETRIA PARAMETRI CHIMICO-FISICI COSTA MARCHIGIANA - CARATTERISTICHE ALIEUTICHE FLOTTA DI PESCA NELLE MARCHE ATTIVITA DI CATTURA NELLE MARCHE IMPATTO DELLE RETI A STRASCICO SELETTIVITÀ DELLE RETI A STRASCICO CATTURE ACCIDENTALI ZONE DI TUTELA BIOLOGICA (ZTB) LA ZTB DI POMO FOSSA DI POMO CARATTERISTICHE AMBIENTALI Localizzazione Oceanografia I fondali La fauna ittica

4 FOSSA DI POMO CARATTERISTICHE ALIEUTICHE Le marinerie italiane attive nella fossa di Pomo Le caratteristiche della flotta a strascico La pesca a strascico a Pomo FOSSA DI POMO - RISORSE PESCABILI LA ZTB AREA BARBARE LE OPINIONI DEGLI ADDETTI AL SETTORE PESCA MARCHIGIANO PREMESSA INDAGINE CONOSCITIVA: METOLOGIA E TEMATICHE Periodo di fermo biologico e aree interdette Il nuovo Regolamento Europeo Aree da salvaguardare Specie da salvaguardare e mercato INDAGINE CONOSCITIVA: RISULTATI Periodo di fermo biologico e aree interdette Il nuovo Regolamento Europeo Aree da salvaguardare Specie da salvaguardare e mercato Altre considerazioni L IMPATTO DELLA PESCA NELL ADRIATICO CENTRO-SETTENTRIONALE: UN PUNTO DI VISTA ECOLOGICO LO SFRUTTAMENTO DELLE RISORSE ALIEUTICHE: UN APPROCCIO DI TIPO ECOSISTEMICO Impatto della pesca e i livelli trofici: Fishing down food webs Discard, rigetti in mare e alterazione delle comunità bentoniche Il quadro dell Adriatico centro-settentrionale CONSIDERAZIONI GENERALI SUGGERIMENTI GESTIONALI LIMITAZIONE DEL TEMPO DI PESCA MISURE TECNICHE SULLE RETI A STRASCICO Maglie del sacco Tipologia di reti Lime da piombo Dimensioni delle lime Attrezzi multipli Soluzioni per ridurre il bycatch di tartarughe marine AREE INTERDETTE ALL USO DI RETI TRAINATE Zone di pesca temporaneamente protette Zone di Tutela Biologica (TZB)

5 TAGLIE MINIME ALLO SBARCO PIANO DI GESTIONE REGIONALE POSSIBILI INDICATORI PER VALUTARE L EFFICACIA DI UN PIANO DI GESTIONE Indicatori ambientali Indicatori socio-economici Indicatori sociali sullo stato della pesca CONSIDERAZIONI AGGIUNTIVE PICCOLA PESCA Indicazioni gestionali per gli attrezzi da posta ALTRI ATTREZZI ATTIVI PESCA SPORTIVA PERSONALE COINVOLTO NEL PROGETTO BIBLIOGRAFIA DI RIFERIMENTO ALLEGATO I

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7 PRESUPPOSTI BIO-ECOLOGICI E TECNICI PER UNA RAZIONALE GESTIONE DELLA PESCA NELLA MARINERIA DI ANCONA Relazione tecnica dettagliata del Programma di Ricerca. PREMESSA Negli ultimi anni la comunità scientifica mediterranea ha rilevato lo stato di depauperamento in cui versano alcuni stock ittici denunciando uno sforzo di pesca, inteso come numero di imbarcazioni, potenza motore ecc., troppo elevato. Molti stock alieutici sono sottoposti ad eccessivo sfruttamento e le flotte continuano ad essere sovradimensionate rispetto alle risorse disponibili, tanto che per molti segmenti della flotta europea la pesca non rappresenta più un attività redditizia. Lo sforzo di pesca dipende non solo dal numero e stazza delle imbarcazioni, ma anche dal tempo trascorso in mare; da questo punto di vista è bene ricordare che molto spesso alcuni comparti pescherecci sono soliti pescare 7 giorni su sette, cosa che da un lato influisce in maniera determinante sulla conservazione delle risorse, dall altro sulla qualità di vita del personale imbarcato. Tuttavia, l'aumento dello sforzo di pesca che si è registrato negli anni anche a causa dell aumento della potenza dei pescherecci e dell evoluzione tecnologica, non sempre si è tradotto in un aumento della produzione totale, e i tassi di cattura hanno infatti registrato una costante diminuzione. In alcune delle zone più produttive d Italia, come l'adriatico ed il Canale di Sicilia, i tassi di cattura globali per unità di sforzo sono diminuiti di oltre il 60% nel corso degli ultimi anni e anche nelle Marche il settore peschereccio ha fortemente risentito di questa situazione. A livello della UE e più in generale nel resto del mondo, cresce la preoccupazione per la sicurezza dell approvvigionamento alimentare, cosa che rende ancora più urgente preservare le risorse naturali mediante una gestione e uno sfruttamento responsabili. L uso sostenibile delle risorse da pesca è considerato indispensabile per garantire nel tempo la consistenza degli stock e poter soddisfare i bisogni alimentari delle generazioni future. La crescente consapevolezza del ruolo cruciale svolto dal nostro mare e la necessità sempre più pressante di preservarlo e di garantirne lo sfruttamento razionale hanno quindi fatto della sostenibilità ecologica della pesca un aspetto fondamentale a livello globale. In particolare, per poter garantire un futuro alla produzione e assicurare la rinnovabilità delle risorse viventi, è necessario che vengano salvaguardati alcuni momenti cruciali del ciclo vitale, come la riproduzione e l accrescimento; è quindi fondamentale salvaguardare i 7

8 giovanili, ma anche gli adulti riproduttori, soprattutto di quelle specie in cui i grossi riproduttori si concentrano in aree limitate (come nel caso del Nasello, Merluccius merluccius). Risulta quindi imprescindibile, ai fini di una corretta gestione degli stock ittici sfruttati dalla pesca, lo studio e la salvaguardia delle zone in cui le forme giovanili non ancora sessualmente mature si concentrano, i periodi di riproduzione e accrescimento, l uso di attrezzature più selettive che impediscano la distruzione degli stock. A tal proposito lo STECF (Comitato Scientifico Tecnico ed Economico per la Pesca) della Commissione Europea ha proposto un approccio per determinare questi habitats classificandoli come Habitat Sensibili (HS) e Habitat Essenziali (HE) per le specie demersali commerciali. Per Habitat Essenziale si intende una zona essenziale per i fabbisogni ecologici e biologici di una specie commercialmente sfruttata durante alcune fasi critiche della sua vita, come, per esempio, la fase di reclutamento sui fondi da pesca. Per Habitat Sensibili s intendono invece, habitats fragili che sono riconosciuti internazionalmente per la loro importanza dal punto di vista ecologico e che hanno un ruolo nell aggregare specie di pesci sia commerciali che non e che per questo richiedono una protezione, come per esempio la Posidonia oceanica. La caratterizzazione e salvaguardia di queste aree porterebbe a migliorare le condizioni di sfruttamento delle specie commercialmente importanti. Bisogna poi sottolineare come la richiesta dei mercati e la commercializzazione di specie al di sotto della taglia minima commerciabile, pratica illegale ancora molto diffusa in Italia, ha incentivato un attività di pesca focalizzata anche sulla cattura di individui giovani e di piccola taglia, che vengono catturati prima di aver l opportunità di riprodursi. Quest ultimo aspetto riveste un importanza fondamentale in quanto la protezione del novellame è essenziale per garantire sia il potenziale produttivo degli stock, che una sufficiente presenza di adulti. L utilizzo di attrezzi da pesca più selettivi rappresenta quindi un requisito fondamentale per garantire uno sfruttamento sostenibile delle risorse di pesca, come sostenuto anche nel Codice di Condotta della FAO per la Pesca Responsabile che riporta testualmente: Pratiche e attrezzi della pesca selettivi e sicuri per l ambiente dovrebbero essere ulteriormente sviluppati ed appropriatamente applicati al fine di mantenere la biodiversità e di conservare la struttura della popolazione e l'ecosistema acquatico e proteggere la qualità del pesce. Nell ambito di queste problematiche il piano di gestione dello strascico per la GSA 17 (Mare Adriatico centro-settentrionale) si pone come obiettivo principale il recupero degli stock entro limiti biologici di sicurezza. Per quest area, in base a evidenze scientifiche, il piano evidenza una condizione di sovra-pesca. Si rende quindi necessario, ai fini di una razionalizzazione delle attività di pesca, rendere maggiormente compatibili le modalità e l intensità di prelievo della pesca con le potenzialità di rinnovamento delle risorse. Inoltre, fra gli obiettivi specifici, il piano si prefigge il miglioramento delle condizioni economiche degli addetti del settore e la massimizzazione delle opportunità occupazionali nelle aree dipendenti dalla pesca. Per il raggiungimento di questi obiettivi il piano ritiene indispensabile una riduzione dello sforzo di pesca pari al 25%, conseguibile attraverso diverse tipologie di intervento. Il Piano di gestione dello strascico per la GSA 17 rappresenta quindi la base di partenza per le considerazioni che verranno delineate nel presente progetto.

9 OBIETTIVO STRATEGICO Il principale obiettivo del progetto era quello di fornire presupposti di natura bio-ecologica e tecnica per garantire una gestione razionale della pesca a strascico nella marineria anconetana nell ottica di recuperare gli stock commerciali entro limiti biologici di sicurezza. Uno dei limiti principali all azione delle Amministrazioni, ai fini di un organica e congrua politica di tutela e di gestione della pesca, è spesso rappresentato dalla mancanza di un esaustiva ed aggiornata serie di conoscenze sulle caratteristiche ecologico-ambientali delle aree oggetto di pesca, dall assenza d informazioni precise riguardanti la qualità e la quantità delle attività produttive che su di esse insistono, dalla scarsa attendibilità dei dati sulle reali catture effettuate, e, in ultima analisi, dalle scarse informazioni sulle caratteristiche tecniche degli attrezzi. La conoscenza è infatti considerata un fondamento strategico ed essenziale ai fini dell individuazione di un efficace sinergia fra le azioni previste finalizzate alla sostenibilità ecosistemica. Il problema principale di ogni politica di gestione è tuttavia rappresentato dal fatto che raramente gli obiettivi ecologici e biologici (salvaguardia delle risorse) coincidono con gli obiettivi economici e sociali (reddito dell impresa, personale imbarcato ecc.). Pertanto l insieme delle raccomandazioni che vengono fornite per la sostenibilità delle attività di pesca, dovrebbero essere inserite nell ambito di un approccio ecosistemico per la gestione delle risorse marine che consideri le diverse componenti e i diversi obiettivi (biologici, economici, sociali). In questo contesto la ricerca scientifica svolge un ruolo fondamentale per cercare di approntare modelli gestionali che rispondano alle esigenze dei pescatori ma che, contemporaneamente, garantiscano la rinnovabilità delle risorse stesse. Il presente progetto nasce dalle richieste avanzate al CNR-ISMAR dall ASSOCIAZIONE PRODUTTORI PESCA di Ancona, che ormai da tempo ha sollevato la necessità di una gestione delle risorse alieutiche, condivisa fra i diversi operatori e supportata da dati scientifici, che sia funzionale allo sfruttamento sostenibile delle risorse e alla valorizzazione dei prodotti commercializzati. Il presente intervento si propone quindi come progetto pilota per definire, nell ambito di una stretta associazione tra mondo della ricerca e mondo dell industria, delle Linee Guida per una corretta gestione della pesca nella marineria anconetana. Le Linee Guida saranno stabilite in modo da suggerire indicazioni che non solo rispecchiano l indirizzo generale delle politiche nazionali e regionali in materia di sfruttamento razionale ed eco-sostenibile delle risorse alieutiche, ma che tengano conto anche delle peculiarità della marineria anconetana. Lo studio si prefigge pertanto di fornire presupposti bio-ecologici e tecnici funzionali alla definizione di Linee guida che avranno come scopo finale quello di garantire stock ittici in buono stato, in ecosistemi sufficientemente integri, in modo tale da applicare pressioni di pesca stabili nel tempo e dunque capaci di garantire i risultati di natura sociale ed economica attesi. 9

10 Sulla base dei dati raccolti il progetto mira a definire le priorità e le tipologie di intervento, che devono necessariamente considerare come punto di partenza il Regolamento (CE) n. 1967/2006 del Consiglio del 21 dicembre 2006 (recante modifica del regolamento (CEE) n.2847/93), relativo alle Misure di gestione per lo sfruttamento sostenibile delle risorse da pesca nel Mar Mediterraneo. Il suddetto Regolamento sottolinea infatti la necessità che la Comunità si impegni ad applicare una strategia precauzionale mediante l adozione di misure volte a proteggere e conservare le risorse acquatiche vive e gli ecosistemi marini e a garantirne uno sfruttamento sostenibile. Le linee guida delineate nel progetto, in sintonia con le finalità principali della Politica Comune della Pesca sono finalizzate a: - incoraggiare lo sfruttamento sostenibile delle risorse della pesca e un equilibrio stabile tra tali risorse e la capacità di pesca della flotta comunitaria; - stabilire un più efficace controllo temporale delle misure gestionali (l elaborazione e l adozione di un Calendario presuppone la regolamentazione delle attività di prelievo in relazione alle potenzialità biologiche dell area di pesca, delle specie ittiche e dei loro cicli riproduttivi); - rafforzare la competitività e redditività degli operatori del settore; - promuovere metodi di pesca e di produzione rispettosi dell'ambiente; - fornire un sostegno adeguato a coloro che operano nel settore; - favorire lo sviluppo sostenibile delle zone di pesca; - rafforzare e coordinare comportamenti unitari sul territorio anconetano; - promuovere comportamenti responsabili che determinino un minor impatto sulle risorse di pesca, una maggiore selettività degli attrezzi, una maggiore attenzione verso specie sensibili o protette, una maggiore salubrità del prodotto conferito ai mercati; - definire in pochi punti essenziali le buone pratiche da adottare per salvaguardare la qualità del prodotto pescato. La partecipazione dei diretti interessati, cioè i pescatori, alla definizione delle Linee Guida, ha rappresentato un punto fondamentale per il successo dell iniziativa; pertanto il progetto proposto e coordinato scientificamente dal CNR-ISMAR di Ancona è stato realizzato con il supporto dell Associazione Produttori pesca di Ancona, che nella locale marineria, coinvolge oltre il 70% degli addetti alla pesca al traino. Obiettivo secondario è quello di estendere in futuro anche ad altre marinerie adriatiche le misure di conservazione e gestione previste dalle Linee Guida. Il presente Progetto intendeva quindi studiare e sviluppare presupposti bio-ecologici e tecnici per razionalizzare la pesca a strascico nella marineria di Ancona. Tuttavia, si ritiene che, per la natura delle informazioni disponibili e per gli obiettivi generali, sia necessario estendere l indagine all intera flotta marchigiana onde rendere più efficaci le Linee guida per la gestione della pesca a strascico che si intende perseguire.

11 GSA 17 - CARATTERISTICHE AMBIENTALI In base alla suddivisione in Unità di Gestione stabilita dal GFCM (General Fishery Commission for the Mediterranean) la Geographical Sub-Area 17 (GSA 17) copre l intera area dell Adriatico centro-settentrionale fino alla congiungente Gargano-Kotor, per una superficie totale di circa Km 2 (Alicante, 2001; Figura 1). La GSA 17 è caratterizzata da fondali sabbiosi, fangosi e sabbio-fangosi bassi e ampiamente strascicabili, poiché privi di consistenti asperità naturali. La profondità aumenta gradualmente da nord verso sud e generalmente non supera mai 100 metri, se si eccettua l area della cosiddetta Fossa di Pomo (vedi descrizione successiva), nel bacino Medio Adriatico, dove la profondità raggiunge i metri. La maggior parte dei fondali marini si trova quindi all interno della piattaforma continentale. La parte orientale del bacino presenta caratteristiche differenti rispetto alla zona occidentale sia dal punto di vista ecologico che oceanografico. Questo si traduce in differenze sostanziali ambientali e alieutiche. La circolazione generale in Adriatico, come è noto, è di tipo ciclonico con masse d acqua entranti dal mediterraneo orientale che scorrono lungo il lato orientale e ridiscendono lungo la costa occidentale. La costa orientale è molto più frastagliata rispetto al lato italiano, con fondali spesso rocciosi e articolati, numerose isole, canali e baie. Il lato italiano del bacino è invece generalmente più basso con coste rocciose che si riscontrano esclusivamente nella parte settentrionale e in corrispondenza del Colle san Bartolo (Pesaro) e del Monte Conero (Ancona). La parte occidentale della GSA 17 è caratterizzata da consistenti apporti fluviali che determinano le particolari condizioni di quest area: bassa salinità (rispetto al lato orientale), elevata produzione primaria, elevata produttività biologica. Le temperature mostrano escursioni stagionali molto forti in corrispondenza delle aree costiere, giungendo fino a 6 C in inverno e, in alcune particolari condizioni, addirittura sopra i 28 C in estate. Le condizioni di elevata trofia e produzione primaria, associate alle alte temperature estive, possono in alcuni periodi condurre a situazioni distrofiche con carenze di ossigeno nei pressi dei fondali costieri, con conseguenti morie ricorrenti. Per contro gli abbondanti apporti di nutrienti e la conseguente situazione di elevata produttività fanno si che nella parte occidentale vi sia un accrescimento rapido di molti organismi oggetto di pesca; è per questo che le aree costiere del lato italiano della GSA 17 sono considerate importanti aree di nursery e di accrescimento per molte specie. Le condizioni di elevata trofia e produzione primaria sono alla base delle elevate capacità di recupero del mare Adriatico anche in seguito a situazioni di disturbo. 11

12 Figura 1 Localizzazione della Geographical Sub-Area 17 (GSA 17). GSA 17 CARATTERISTICHE ALIEUTICHE FLOTTA DI PESCA NELLA GSA 17 La flotta italiana da pesca operante nella GSA 17, che comprende le regioni del litorale dell alto e medio Adriatico (Friuli Venezia Giulia, Veneto, Emilia Romagna, Marche, Abruzzo e Molise), è caratterizzata dall impiego di una vasta gamma di attrezzi che insistono su una risorsa multi-specifica. Gli attrezzi impiegati sono studiati per catturare specie nei diversi ambienti e per assecondare la stagionalità delle diverse specie, in base alla quale le risorse si distribuiscono sia verticalmente che orizzontalmente in maniera diversa nel corso dell anno. Nell ambito delle flotta della GSA 17 il comparto della piccola pesca risulta il più numeroso, sebbene la sua incidenza sul numero totale delle imbarcazioni sia meno determinante rispetto ad altre aree italiane. A questo seguono lo strascico, le draghe idrauliche, e le imbarcazioni che effettuano la pesca pelagica. Secondo i dati IREPA, la flotta a strascico della GSA 17 nel 2008 era composta da 749 battelli. Mediamente le imbarcazioni di questo segmento presentano una dimensione di 43 GT e una potenza motore di 206 kw, in linea con i valori medi nazionali (42 GT e 200 kw). Rispetto agli altri segmenti di flotta che operano nell alto e medio Adriatico, i battelli a strascico rappresentano il 22% in numero e il 60% in tonnellaggio. Nel 2009 il Veneto con 209 battelli è la regione in cui il comparto dello strascico risulta più abbondante in numero di imbarcazioni nella GSA 17, mentre Marche ed Emilia-Romagna si equivalgono con 187 e 189 unità, rispettivamente. Le imbarcazioni marchigiane e molisane risultano tuttavia di dimensioni medie superiori (62 GT e 243 kw per le Marche e 76 GT e 287 kw per il Molise). Le imbarcazioni abilitate al sistema strascico operanti nella GSA 17 utilizzano sia lo strascico a divergenti sia lo strascico a bocca fissa (rapidi), a volte alternando i due attrezzi in base al periodo e alle esigenze. Le imbarcazioni che utilizzano i rapidi in centro Adriatico indirizzano la propria attività di cattura soprattutto verso i pesci piatti, sogliole in primis (Solea solea), mentre quelli operanti

13 in nord Adriatico catturano anche molluschi bivalvi (principalmente canestrelli, cappesante e murici). Le imbarcazioni a strascico della GSA 17 hanno registrato nel 2008 un attività media di 132 giorni/battello rispetto ai 146 giorni della media italiana, segno evidente che in quest area le condizioni meteo-marine spesso comportano periodi di inattività. Negli ultimi anni i giorni medi di pesca sono progressivamente diminuiti passando da un valore massimo di 148 giorni (dato 2004) al valore minimo di 132 giorni registrato nel Tale decremento è anche determinato da sistemi di autogestione messi in atto in alcune marinerie in base ai quali viene limitato il numero di giorni effettivi di pesca. L'orario di pesca settimanale si presenta molto vario nella GSA 17 con marinerie che pescano per 5 giorni ma fermando tutte le notti e altre che fanno bordate di 24, 36 o 48 ore e che possono pescare dai tre ai 5 giorni la settimana. STATO DEGLI STOCK NELLA GSA 17 In base ai dati disponibili (MIPAAF-IREPA) la cattura complessiva realizzata in Adriatico nel 2010 ha costituito il 54.3% circa della produzione nazionale (Tabella 1). In particolare, il nord Adriatico, che orientativamente rappresenta l intera GSA 17 per il versante italiano, ha totalizzato nel 2010 circa il 41.2% delle catture complessive italiane. In quest area le catture realizzate dalle marinerie marchigiane (oltre 29 mila tonnellate) hanno rappresentato il 32% circa (Tabella 2). Tabella 1 Produzione della pesca marittima italiana per area, anno 2010 (fonte MIPAAF-IREPA). GIORNI DI PESCA Catture (tonnellate) RICAVI (milioni di ) Tirreno Nord ,51 Tirreno Sud ,98 Sardo ,73 Ionica ,36 Nord Adriatico ,52 Sud Adriatico ,09 Canale di Sicilia ,57 TOTALE ,76 13

14 Tabella 2 - Produzione della Pesca Marittima Italiana per regioni litoranee, anno 2010 (fonte MIPAAF-IREPA). GIORNI DI PESCA Catture (tonnellate) RICAVI (milioni di ) LIGURIA ,85 TOSCANA ,85 LAZIO ,80 CAMPANIA ,21 CALABRIA TIRRENICA ,56 CALABRIA IONICA ,46 PUGLIA IONICA ,91 PUGLIA NORD ,09 MOLISE ,60 ABRUZZO ,02 MARCHE ,35 E. ROMAGNA ,72 VENETO ,49 F.V.GIULIA ,34 SARDEGNA ,73 SICILIA NORD ,21 SICILIA EST ,99 SICILIA SUD ,57 Totale ,8 Piano Strategico Nazionale (MIPAAF) Nel 2007 il Piano Strategico Nazionale (PSN) riportava, per alcune importanti risorse ittiche della GSA 17, una situazione che, nonostante ampie variazioni temporali della biomassa, era all incirca la seguente. La biomassa è risultata significativamente in aumento per il moscardino bianco (Eledone cirrhosa), per il nasello (Merluccius merluccius), con trend positivo ma non significativo (R= 0.81; P>0.05), e per lo scampo (Nephrops norvegicus ; R= 0.83; P>0.05). Gli indici di biomassa delle le due rane pescatrici Lophius budegassa (R= 0.93; P<0.05) e Lophius piscatorius (R= 0.78; P>0.05) sono invece risultati in diminuzione. Trend sostanzialmente stazionario, seppur con diverse oscillazioni (es: Illex coindetii e Loligo vulgaris), è stato evidenziato per tutte le altre specie (Tabella 3). Il nasello, in particolare, è stato catturato in tutti gli strati batimetrici (tra 0 e 500 m), e ha mostrato una variazione nelle abbondanze fra kg/km 2 e n/km 2. Gli indici di abbondanza più alti sia in peso che in numero sono stati rilevati nel 2005 (35 kg/km 2 e 2038 n/km 2 ). Complessivamente l intervallo di taglia è risultato compreso fra 2 e 76 cm; è da tenere in considerazione che circa il 90% degli esemplari catturati ha taglia inferiore a 20 cm,

15 taglia minima di cattura e commercializzazione prevista dal Reg CE. 1967/2006. Il rapporto sessi è risultato leggermente spostato a favore dei maschi (sex ratio= 0.40), anche se all aumentare della taglia (intorno a 32 cm LT), la maggior parte degli esemplari campionati è rappresentata dalle femmine della specie. La triglia di fango (Mullus barbatus), molto abbondante nella GSA 17, ha evidenziato un indice di biomassa medio di 11 kg/km 2 ed una densità media pari a 469 n/km 2. La biomassa della specie ha mostrato ampie fluttuazioni passando dai valori più elevati registrati nel 2002 (16 kg/km2) e nel 2006 (15 kg/km 2 ) ai valori più bassi del 2004 (6.5 kg/km 2 ). Circa il 90% degli esemplari campionati risulta essere compreso fra 9 e 14 cm. L andamento della taglia media, fortemente influenzato dalla presenza di individui della taglia più grande, è risultato costante e compreso fra 12 e 13 cm LT. La cattura di individui sotto taglia sembra quindi essere consistente anche per questa specie. Tabella 3 Andamento della biomassa rilevata nella GSA 17 nel quinquennio ( biomassa stazionaria; biomassa in aumento; biomassa in calo). Rapporto annuale sullo stato delle risorse biologiche dei Mari Italiani Il Rapporto annuale sullo stato delle risorse biologiche dei Mari Italiani 2008 ha evidenziato che nella GSA 17, in base all analisi dell occorrenza calcolata per le 5 specie bersaglio (Merluccius merluccius, Mullus barbatus, Nephrops norvegicus, Eledone cirrhosa e Sepia officinalis) considerando la serie storica Medits ( ), non esiste alcun trend statisticamente significativo. Per quest area le valutazioni hanno permesso di concludere per le diverse specie la seguente situazione: 15

16 Nephrops norvegicus: i dati non sono definitivi in quanto basati esclusivamente su catture provenienti dalle marinerie italiane, tuttavia è auspicabile per questa specie una riduzione dello sforzo di pesca. Solea solea: lo stock appare sovrasfruttato. Lo sfruttamento è diminuito dal 2005 al 2006 ed è rimasto costante nel per poi aumentare di nuovo nel La mortalità da pesca sembra tuttavia essere troppo elevata. Engraulis encrasicolus: la biomassa di questa specie ha mostrato negli anni ampie fluttuazioni con un picco alla fine degli anni 70 seguito da un progressivo decremento fino al 1987 dove si è raggiunto il minimo ed è iniziata una graduale ripresa. Lo stock è da considerarsi moderatamente sfruttato. Sardina pilchardus: lo stock appare essere sovrasfruttato. Come osservato per l acciuga anche la biomassa di questa specie ha mostrato ampie fluttuazioni negli anni. In particolare, in base ad analisi condotte con VPA al picco che si è avuto agli inizi degli anni 80 ha fatto seguito un progressivo decremento fino ai minimi riscontrati a fine anni 90. Da qui ha avuto inizio una lenta e difficile ripresa della risorsa. L indicazione gestionale suggerita è quella di non aumentare lo sforzo di pesca. Commissione Consultiva Centrale Pesca Marittima, Unità di crisi La situazione delineate in precedenza, tutto sommato stazionaria e ottimistica, risulta superata alla luce di dati più recenti. Dalla relazione presentata dal Laboratorio di Biologia e Pesca Fano alla Commissione Consultiva Centrale della Pesca Marittima Unità di crisi, emerge infatti un quadro ben più allarmante per la conservazione delle risorse ittiche in quest area. Lo stato delle risorse ittiche nell alto e medio Adriatico non è buono e diverse specie sono ai minimi degli ultimi 17 anni. La metodologia scelta per indicare lo stato delle risorse si basa sull indice di densità (numero di esemplari/km 2 ), e sull indice di abbondanza, o di biomassa (kg/km 2 ) che indicano le tendenze per le varie specie ittiche negli ultimi 17 anni. Gli indici sono calcolati ogni anno su 180 pescate nella GSA 17 e considerano anche le acque territoriali croate e slovene. I pescatori italiani non possono operare su tutta l area considerata, quindi la relazione riporta gli stessi indici di densità e di abbondanza anche per le sole acque territoriali italiane e per le acque internazionali. L importanza relativa di ogni specie è ovviamente diversa tra Italia, Croazia e Slovenia, così come non è identica tra le regioni italiane che pescano nella GSA 17. Nel periodo che va dal 2006 al 2010 per le diverse specie di interesse commerciale è stato possibile osservare la situazione riportata in Tabella 4. Engraulis encrasicolus. L alice da tempo rappresenta una delle specie maggiormente pescate in Italia. Le forme giovanili sono concentrate prevalentemente nelle acque territoriali italiane. La tendenza degli indici di densità e di biomassa è discendente dal 2001, anche se nel 2010 si può notare una modesta ripresa.

17 Sardina pilchardus. La maggiore concentrazione di sardine si riscontra nelle acque territoriali slovene e croate; pur con livelli bassi degli indici di densità e di abbondanza nel 2010 si segnala una timida ripresa nella presenza di questa specie. Sepia officinalis. Distribuita prevalentemente nel nord Adriatico, dopo un periodo di abbondanza variabile, mostra una tendenza alla diminuzione proseguita anche quest anno su valori molto bassi. La seppia ha un ciclo biologico molto breve pertanto l entità del reclutamento è fondamentale. Squilla mantis. Specie con distribuzione costiera, la pannocchia mostra una leggera ripresa di presenza nelle acque italiane nel 2010 (dopo un progressivo calo iniziato nel 2006). Nephorps norvegicus. Le maggiori densità si riscontrano in medio Adriatico. Negli ultimi anni, dal 2007, gli indici di densità e di biomassa si sono ridotti notevolmente. Merluccius merluccius. È una specie ampiamente diffusa nell area considerata; è assente o scarsa solo nelle acque costiere del nord Adriatico. Negli ultimi anni si nota una concentrazione costante di forme giovanili nel tratto a sud di Pescara. Dal 2005 l indice di densità è in calo, mentre l indice di biomassa diminuisce dal Mullus barbatus. Anche per questo pesce l area di distribuzione è molto ampia, ed esiste una fascia costiera che va in pratica da Chioggia al Gargano con presenza costante di forme giovanili. L indice di densità denota negli ultimi anni scarse oscillazioni. Eledone moschata. Specie distribuita prevalentemente nell alto Adriatico e verso la Croazia. Gli Indici abbastanza sono abbastanza stabili a partire dal Eledone cirrhosa. Nel nord Adriatico è assente, la presenza prevalente è nel medio Adriatico. Si nota un certo recupero degli indici nel 2010, dopo un calo che durava dal Loligo vulgaris. E una specie che presenta un areale di distribuzione piuttosto ampio, con più alte densità nelle acque costiere, dove si concentrano i giovanili. Il calo della risorsa, registrato a partire dal 2005, è ancora in atto nel Illex coindetii. E una specie ad ampia distribuzione, scarsa o assente soltanto in acque poco profonde. Gli indici mostrano forti oscillazioni annuali, con valori più elevati della media osservati nel Lophius spp. È diffusa in tutta la parte meridionale della GSA 17 e quasi assente nel nord Adriatico. Dal 2003 la specie è in costante diminuzione, che continua anche nel Pagellus erythrinus. È più abbondante nelle acque della Croazia, ed esiste una persistente presenza di giovani esemplari nelle acque costiere del nord Adriatico. La popolazione è discretamente stabile dal 2001, tendenza che si è mantenuta nel Trisopterus minutus capelanus. Ampiamente distribuito in tutta l area della GSA 17; il calo dell abbondanza, in atto dal 2005, è proseguito anche nel

18 Merlangius merlangus. Una specie importante per il nord Adriatico, dove in alcune aree sostituisce in parte il nasello. Gli indici mostrano che nel 2010 è proseguito un lento recupero in termini di biomassa che ha avuto inizio a partire dal Tabella 4 Andamento della biomassa rilevata nella GSA 17 nel quinquennio ( biomassa stazionaria; biomassa in aumento; biomassa in calo). Analisi di tendenza complessiva dal 2006 al 2010 SPECIE GSA 17 INDICE DI BIOMASSA (kg/km 2 ) Alice Sardina Seppia Pannocchia Scampo Nasello Triglia di fango Moscardino muschiato Moscardino bianco Calamaro Totano Rana pescatrice Pagello fragolino Merluzzetto giallo Merlano

19 Piano di gestione dello strascico Il piano di gestione emanato dal Ministero delle Politiche Agricole e Forestali (MIPAAF) per la GSA 17 ha evidenziato, per le risorse demersali dell area di interesse, una condizione di generale sovrasfruttamento. In particolare, nel corso degli ultimi venti anni, il livello di sfruttamento è stato più volte stimato, seppur non in maniera continuativa, per le maggiori risorse demersali (Nasello, Triglia e Scampo) nell'ambito di programmi internazionali come FAO-ADRIAMED, SAMED (UE) e altri ancora. Per il Nasello il quadro generale che emerge non è particolarmente diverso da quello rilevato negli altri mari Italiani, con tassi di sfruttamento (E=F/Z) intorno a 0,8 (Flamigni 1983; Giovanardi et al., 1986; SAMED 2002). Il Nasello già nei primi anni 70 in Adriatico era già stato considerato oggetto di sfruttamento eccessivo (Levi e Giannetti, 1972; Alegria Hernandez et al., 1982). Anche per la triglia di fango si registrano tassi di sfruttamento elevati (sempre ben sopra il LRP di 0,5; Arneri and Jukić, 1986; SAMED 2002). La specie è oggetto di elevata mortalità per pesca nei primi mesi di vita quando si concentra lungo le coste occidentali Adriatiche. Anche per lo scampo gli studi esistenti denotano situazioni di elevato sfruttamento E= 0,6-0,7 sia analizzando i dati dei trawl surveys (SAMED 2002), sia attraverso un'analisi di popolazione basata su dati di sbarcato (Marrs et al., 2000). Per quanto riguarda la sogliola, che è la quarta specie pescata nella GSA 17 come ricavo, il Piano ha evidenziato uno stato di forte sfruttamento della risorsa con un tasso (E) intorno a 0.6. SAC GFCM. Sub-Committee on Stock Assessment 2010 I dati relativi alla sogliola (Solea solea) ottenuti nella GSA 17 sembrano suggerire per questa specie una situazione di sovrasfruttamento. I livelli di sfruttamento attuale risultano pertanto insostenibili nel lungo periodo tanto da considerare la risorsa sogliola al limite del collasso. I risultati del survey condotto nell ambito del progetto SOLEMON suggeriscono che una riduzione della mortalità da pesca dal 50 all 80%, soprattutto nel caso della pesca con i rapidi, sarebbe necessaria per ristabilire la situazione. I risultati raggiunti suggeriscono inoltre di estendere a 11 miglia nautiche dalla costa l operatività delle imbarcazioni a rapidi nel periodo settembre-ottobre, per ridurre la pressione di pesca sui giovanili. Il survey ha permesso di stimare a 25.8 cm la taglia di prima maturità sessuale per la sogliola, quindi ben al di sopra della taglia minima (20 cm) prevista dal Regolamento comunitario 1967/2006. Inoltre la taglia di reclutamento alla pesca sembra essere intorno ai cm, sebbene le imbarcazioni a rapidi abbiano fino ad ora operato con maglie al sacco intorno ai 48 mm. In sintesi i dati sullo stato delle risorse nella GSA 17, e più in particolare nelle Marche, lasciano intravedere una situazione di grave crisi per l intero settore peschereccio Marchigiano. Le risorse risultano infatti globalmente sovrasfruttate e quindi in sofferenza. Il trend negativo sembra inoltre confermarsi a inizio 2011, come denunciato da tutti gli operatori del settore. 19

20 COSTA MARCHIGIANA - CARATTERISTICHE AMBIENTALI FASCIA COSTIERA MARCHIGIANA Il litorale marchigiano si estende per circa 173 Km ed è geograficamente divisibile in due porzioni dal promontorio del Conero: una settentrionale compresa tra Gabicce ed Ancona lunga circa 90 km ed una meridionale da Ancona alla foce del fiume Tronto lunga circa 80 Km (Curzi et al., 1991). La morfologia prevalente è di bassa costa con origine sedimentaria formata da spiagge di ghiaia e sabbia (circa 81%) interrotta da brevi tratti di alta costa a falesia (il restante 19%) costituita da rocce calcaree o marnoso arenacee. La costa alta marnoso arenacea compresa tra Gabicce e Pesaro si estende per circa 10 Km con altitudini inferiori ai 200 m, ed è orientata in direzione NO-SE. Tra Ancona e Numana la falesia si presenta con aspetti diversi: dal Porto di Ancona a Mezzavalle è marnoso-arenacea, dal promontorio del Conero fino alla località i Sassi Neri è calcarea, mentre da quest ultima località fino al Porto di Numana torna ad essere marnoso-arenacea (Biondi, 1995). Più a Sud, la falesia morta tra Pedaso e Cupramarittima è ancora di tipo marnoso arenacea costituita da depositi ghiaiosi della paleospiaggia di Pedaso in contatto con sabbie ocracee ben stratificate che rappresenterebbero sedimenti di spiaggia sottomarina (Nanni et al., 1986). L unico tratto di costa calcarea del litorale marchigiano è rappresentato dal nucleo centrale del Conero (Biondi et al., 1991). Nell ambiente marino la fascia costiera rappresenta l area maggiormente soggetta all impatto antropico e quindi costituisce un ecosistema estremamente delicato ed altamente instabile. I fattori che influenzano maggiormente il dinamismo dei litorali sono l apporto solido trasportato dai fiumi e la ridistribuzione dei sedimenti operata dall idrodinamismo del mare. I sedimenti trasportati in sospensione e trascinati sul fondo si accumulano in prossimità delle foci dei fiumi e, l azione del mare, specie con il moto ondoso, li ridisperde (Cencini, 1995). Tra Pesaro e la foce del fiume Tronto, ad eccezione del Monte Conero, il litorale marchigiano è bordato da una serie di cuspidi di foce molto simili tra loro. Sottocosta dunque, sono presenti quasi ovunque spiagge costituite da sabbie costiere. LE BIOCENOSI MARINE BENTONICHE DELLA FASCIA COSTIERA MARCHIGIANA Per biocenosi si intende un insieme di organismi appartenenti a specie diverse che vivono in uno stesso ambiente e che instaurano rapporti trofici. L ambiente prende il nome di biotopo. Nell ambito di uno stesso biotopo possono esistere tre gruppi di specie: 1. Specie caratteristiche; 2. Specie accompagnatrici; 3. Specie accidentali. Le prime caratterizzano la biocenosi e si dividono in esclusive (che vivono esclusivamente in quella biocenosi) e preferenziali (che preferiscono vivere in quella biocenosi); le specie accompagnatrici sono quelle numericamente dominanti e si dividono in caratteristiche (comuni a più biotopi di una stessa area), e indicatrici (indicano determinate condizioni ambientali), infine le specie accidentali possono essere rinvenute nella biocenosi in esame ma sono esclusive di altre biocenosi. La distribuzione e la struttura delle comunità bentoniche sono fortemente influenzate oltre che da fattori biotici, anche da fattori ambientali, che in mare si dividono in fattori climatici e

21 fattori edafici. Ai primi appartengono l umidità, la luce, la temperatura e la pressione, mentre i fattori edafici sono l idrodinamismo, la salinità, il tipo di substrato ed il livello di trofia dell ecosistema (Della Croce et al.1997). Le biocenosi bentoniche sono strettamente associate alla tipologia del fondale, conseguentemente non è raro che lungo un tratto di costa gli stessi organismi si incontrino in concomitanza con uno stesso tipo di sedimento. In generale si può affermare che i fondi molli costituiscono un biotopo uniforme a cui corrispondono biocenosi omogenee e stabili, relativamente povere di specie e ricche di individui, mentre i fondali rocciosi ospitano biocenosi eterogenee, instabili e ricche di specie e povere di individui. Gli organismi che popolano i fondi mobili possono vivere sulla superficie del sedimento (epifauna), all interno di esso (infauna) o negli interstizi tra le particelle (meiofauna). Il sistema litorale o dominio bentonico, secondo il modello di zonazione proposto da Pérès e Picard (1964), può essere suddiviso verticalmente in cinque piani: 1. Piano adlitorale, zona caratterizzata dagli organismi che popolano la fascia costiera emersa indirettamente influenzata dal mare; 2. Piano sopralitorale, zona immediatamente al di sopra del livello medio di marea in cui coesistono sia organismi marini che terrestri influenzati da uno stato di umidità permanente dovuta all azione degli spruzzi determinati dalle onde; 3. Piano mesolitorale, zona compresa tra il livello di alta e di bassa marea, in cui la presenza degli organismi oltre che dalle oscillazioni delle maree, è condizionata dal moto ondoso; 4. Piano infralitorale, zona costantemente sommersa caratterizzata dallo sviluppo di alghe fotofile la cui estensione verticale è condizionata dalla trasparenza delle acque; le biocenosi in questa zona sono molto ricche e diversificate; 5. Piano circalitorale, zona dominata da alghe sciafile in cui la componante animale delle comunità prende gradualmente il sopravvento; questo piano costituisce il limite verticale del sistema fitale. In prossimità della linea di costa a pochi m di profondità, la natura della maggior parte dei fondali marchigiani è di tipo sabbioso. Tale fascia si estende per una lunghezza di alcune centinaia di m dalla costa, fino ad un massimo di 1 Km. Procedendo verso il largo si incontrano fondi in cui la sabbia è mista al fango con prevalenza di fango, ad esempio come nelle aree in prossimità delle foci dei fiumi, e con prevalenza di sabbia sul fango nelle zone interposte (Scaccini 1967). La distribuzione delle biocenosi sui fondali dell alto e medio Adriatico è strettamente connessa con la natura dei fondi stessi. Come già documentato da lavori consolidati (Scaccini 1967), nella zona immediatamente prossima alla costa, sulla fascia eulitoranea dei fondi sabbiosi dove l acqua è poco profonda, e più al largo, su quelli sabbioso-fangosi con prevalenza di sabbia, è distribuita la zoocenosi Chamelea gallina, caratterizzata dalla predominanza del mollusco bivalve accompagnato da varie altre specie di molluschi. Questa zoocenosi, che si estende da appena qualche m di profondità fino a circa 20 m, si alterna, nell ambito della stessa fascia di fondi, con la zoocenosi Chamelea gallina ± Owenia 21

22 fusiformis, che si colloca nelle zone fangoso sabbiose, dove il fango prevale sulla sabbia, poste davanti alle foci dei fiumi. La zoocenosi Chamelea Gallina ± Owenia fusiformis è molto simile alla zoocenosi Chamelea gallina dalla quale si distingue per la grande quantità di anellidi presenti, i quali vivono racchiusi in caratteristici tubi di granuli di sabbia agglutinati. Queste biocenosi sono caratterizzate dall assenza di vegetazione e dalla presenza di una ricca fauna, la quale comprende molluschi bivalvi e gasteropodi, anellidi, policheti,echinodermi e crostacei. La biocenosi ad Owenia fusiformis rientra nella biocenosi delle sabbie fini ben calibrate (SFBC), che si sviluppa in sedimenti sabbiosi di origine continentale e si può estendere fino a 25 m di profondità. In genere questa biocenosi viene gradualmente sostituita avvicinandosi alla battigia dalla biocenosi delle sabbie fini superficiali (SFS), la quale si può riscontrare fino a circa 2.5 m di profondità ed ha come specie caratteristiche i molluschi Donax semistriatus, Donax trunculus, Tellina tenuis, oltre che alcuni policheti ed il crostaceo Diogenes pugilator. È importante sottolineare che nell area di mare immediatamente prossima alla costa, caratterizzata da acque basse, le biocenosi marine bentoniche risentono di variazioni stagionali di temperatura e salinità (Vatova 1949), quindi è molto probabile che gli organismi evidenzino una variabilità stagionale. Zona Piceno L area compresa tra la foce del fiume Chienti e la foce del Tronto è caratterizzata da una costa bassa e sabbiosa. In associazione ai fondali del piano infralitorale è possibile riconoscere le biocenosi delle sabbie fini superficiali (SFS), e le biocenosi delle sabbie fini ben calibrate (SFBC), separate da una zona di transizione ad una profondità compresa tra i 3 ed i 4 m. La biocenosi delle sabbie fini superficiali ha come specie caratteristiche esclusive i bivalvi del genere Donax comprendente anche altre specie tra cui il mollusco bivalve Chamelea gallina, il crostaceo Diogenes pugilator ed il mollusco gasteropode Nassarius reticulatus. La biocenosi delle sabbie fine ben calibrate si presenta con una facies a Chamelea gallina comprendente una ricca fauna composta da molluschi, anellidi, echinodermi, policheti e crostacei. Fascia costiera dalla foce del fiume Chienti alla foce del fiume Tenna I fondali sabbiosi di questo tratto di costa, secondo uno studio condotto dall allora Istituto di Ricerche sulla Pesca Marittima (IRPEM) di Ancona per l istituzione del Parco marino del Piceno sono caratterizzati dalla presenza delle biocenosi SFS e SFBC. A circa 3 m di profondità la specie numericamente dominante risulta essere Lentidium mediterraneum accompagnata da Donax semistriatus entrambe caratteristiche della biocenosi delle sabbie fini superficiali e indicatrici di apporti di acque dolci. Sono presenti in questo tratto di fondali anche il mollusco bivalve Chamelea gallina e il crostaceo Diogenes pugilator (Froglia, 2002). A circa 6 m di profondità sono presenti sia specie caratterizzanti la biocenosi delle sabbie fini superficiali (Lentidium mediterraneum e Donax semistriatus), sia specie caratterizzanti la biocenosi delle sabbie fini ben calibrate quali i molluschi bivalvi Chamelea gallina e Spisula subtruncata, il crostaceo Diogenes pugilator ed i policheti Owenia fusiformis e Prionospio caspersi (Froglia, 2002). I fondali di questo tratto di costa quindi sono popolati da biocenosi comuni nel nostro litorale e la presenza di specie indicatrici di acque dolci si concentra in prossimità delle foci fluviali.

23 Fascia costiera dalla foce del fiume Tenna al porto di Porto San Giorgio Quest area è caratterizzata dalla presenza di biocenosi delle sabbie fini ben calibrate (Chamelea gallina, Spisula subtruncata, Diogenes pugilator, Prionospio caspersi e Owenia fusiformis), accompagnate a basse profondità (circa 3 m) da Donax semistriatus (bivalve caratteristico delle SFS) e da Corbula gibba (bivalve indicatore di instabilità sedimentaria) (Froglia, 2002). Porto di Porto San Giorgio Non sono presenti studi sulle biocenosi che popolano i fondali interni al porto di Porto San Giorgio: l area di mare antistante è caratterizzata dalle biocenosi delle sabbie fini ben calibrate. Fascia costiera dal porto di Porto di Porto San Giorgio alla foce del fiume Aso I fondali sabbiosi antistanti il tratto di costa dal Porto di Porto San Giorgio alla foce del fiume Aso sono popolati dalle biocenosi delle sabbie fini ben calibrate. A Pedaso, in prossimità della foce del fiume Aso, ad una profondità di 3 m è presente la biocenosi delle sabbie fini superficiali, rappresentata dal mollusco bivalve Lentidium mediterraneum accompagnato da Donax semistriatus, Nassarius reticulatus, Nassarius mutabilis, Chamelea gallina e dal crostaceo Diogenes pugilator. Più al largo (6 m di profondità), la biocenosi delle sabbie fini ben calibrate è accompagnata dal mollusco bivalve Lentidium mediterrraneum, dal mollusco gasteropode Nassarius reticulatus e dall anellide Owenia fusiformis specie indicatrici della presenza di apporti di acqua dolce (Froglia, 2002). Fascia costiera dalla foce del fiume Aso alla foce del torrente Tesino I fondali antistanti questo tratto di costa sono popolati dalle biocenosi SFBC. In prossimità della foce del torrente Tesino, a circa 3 m di profondità, sono presenti specie ascrivibili sia alla biocenosi SFBC (Chamelea gallina, Diogenes pugilator, Prionospio caspersi) sia alla biocenosi SFS (Lentidium mediterraneum, Donax semistriatus). La presenza del cumaceo Pseudocuma longicorne, riscontrato in questi fondali, è indicativa di bassa salinità e di fondali a sabbia finemente o mediamente calibrata (Froglia, 2002). Fascia costiera dalla foce del torrente Tesino al Porto di San Benedetto del Tronto Non sono disponibili studi sulle biocenosi che popolano i fondali di questo tratto di litorale anche se si presume che sia caratterizzato dalle biocenosi delle sabbie fini ben calibrate in continuità con le aree adiacenti. Porto di San Benedetto del Tronto Non sono disponibili studi sulle biocenosi che popolano i fondali del Porto di San Benedetto del Tronto anche se si presume che l area antistante sia caratterizzata dalle biocenosi delle sabbie fini ben calibrate. Fascia costiera dal Porto di San Benedetto del Tronto alla foce del fiume Tronto I fondali sabbiosi di questo tratto di costa sono popolati dalle biocenosi SFBC (Chamelea gallina, Owenia fusiformis, Diogenes pugilator, Nassarius pigmeaus). I fondali posti a circa 3 m di profondità alla foce del fiume Tronto sono caratterizzati dalla presenza di specie 23

24 opportuniste e indicatrici di instabilità ambientale e sedimenti fortemente inquinati (Magelona papillicornis) (Froglia, 2002). Non si riscontra in questo tratto di costa la presenza di specie particolarmente pregiate. Zona Conero Il tratto costiero della provincia di Ancona, nel litorale Adriatico occidentale, costituisce il limite tra il bacino settentrionale e quello centrale (Biondi, 1996). Tra la foce del fiume Cesano e Palombina, i fondali sono costituiti da sabbia per una fascia che si spinge fino all isobata dei 5 m. La continuità di questa formazione è interrotta dalla presenza di sabbia mescolata al fango in corrispondenza della foce del fiume. Tra Ancona e Numana il fondo è accidentato, di natura rocciosa con intercalazioni sabbiose. A Sud di Numana, nella zona tra Marcelli e Porto san Giorgio si ripetono le formazioni sabbiose fino alla profondità di circa 14 m. Sui fondali marini si insediano comunità bentoniche costituite sia da animali che da vegetali che si distribuiscono in base alle caratteristiche dei fondali. Nei fondali sabbiosi con poco fango, prevalgono le zoocenosi a Chamelea gallina e Chamelea gallina ± Owenia fusiformis, accompagnate da altre specie tra cui i molluschi Corbula gibba, Mactra corallina, Spisula subtruncata, Tellina nitida, Ensis siliqua, Solen vagina, Ostrea edulis e Cardium tuberculatum. Altri gasteropodi che spesso accompagnano le zoocenosi dei fondali molli sabbiosi e fangosi sono Aporrais pepselecani, Cassidaria echinophora, Nassa mutabilis e Nassa reticulata. Tra i molluschi cefalopodi che popolano i fondali sabbiosi, sono comuni la seppia (Sepia officinalis), il calamaro (Loligo vulgaris) ed il moscardino (Eledone moschata). Tra i crostacei si riscontrano, sempre sui fondi sabbiosi, Squilla mantis, Penaeus trisulcatus e Maja squinado. (Biondi, 1996). Falconara Marittima I fondali fino alla batimetria dei 4 m antistanti Falconara, sono popolati dalla biocenosi delle sabbie fini ben calibrate rappresentate dal mollusco bivalve Chamelea gallina, accompagnato da Lentidinium mediterraneum, Donax semistiatus e Ciclope neritea. Tra i policheti sono caratteristici in quest area: Owenia fusiformis, Prionospio caspersi, Prionospio cirrifera e Magelona papillicornis (specie tipica di fanghi inquinati), mentre tra i crostacei la specie dominante è Diogenes pugilator (Ausili et al., 2002). Torrette Anche in questo tratto della fascia costiera marchigiana, ad una profondità di circa 4 m i fondali sono popolati dalla biocenosi delle sabbie fini ben calibrate, rappresentata dal mollusco bivalve Chamelea gallina accompagnato da Lentidinium mediterraneum, Donax semistriatus, e dai gasteropodi Nassarius mutabilis e Ciclope neritea. Tra i crostacei troviamo Diogenes pugilator (Ausili et al., 2002). Il mare in quest area, che si trova all interno dei frangiflutti, è caratterizzato da un elevato grado di eutrofizzazione dovuto alla presenza di scarichi urbani, alla bassa profondità del fondale ed allo scarso ricambio idrico, che avviene solo in corrispondenza di forti mareggiate che scavalcano i frangiflutti. In questo ambiente, dove la torbidità dell acqua è molto elevata ad eccezione di periodi particolarmente lunghi di mare calmo, è stata riscontrata la presenza di un ampia area popolata dalla fanerogama marina Cymodocea nodosa. In associazione a questo biotopo sono state riscontrate anche 19 specie di alghe epifite e 21 specie non epifite, con una netta prevalenza di Rhodophyceae (alghe rosse) sulle Pheophyceae (alghe brune) e sulle Chlorophyceae (alghe verdi). La predominanza di Rhodophyceae potrebbe essere spiegata per il fatto che queste alghe si adattano meglio delle altre ad ambienti eutrofici e

25 scarsamente illuminati tipici di quest area. Questo tratto di costa quindi si distingue da quelli adiacenti per la presenza di fanerogame marine, che non risultano particolarmente rappresentate nel litorale marchigiano. Porto di Ancona I fondali antistanti il porto di Ancona sono caratterizzati da sedimenti sabbiosi frammisti a fango; le biocenosi in quest area sono quelle delle sabbie fini ben calibrate rappresentate da policheti (Owenia fusiformis, Nepthys hombergi e Glicera convoluta), molluschi (Lentidinium mediterraneum, Donax semistriatus, Chamelea gallina e Nassarius mutabilis) e crostacei (Diogenes pugilator) (Ausili et al., 2002). Tale biocenosi è probabilmente influenzata dalle acque reflue provenienti del depuratore di Ancona. Promontorio del Monte Conero Il tratto costiero della Riviera del Conero si differenzia dal resto del litorale marchigiano per le sue alte coste. Tra Ancona e Portonovo, il substrato che costituisce la costa è di tipo marnoso arenaceo, mentre tra Portonovo e la località Sassi Neri è calcareo, con litotipi della maiolica. Il mare, con la continua azione erosiva, ha scavato nelle rocce calcaree, suggestive grotte ed anfratti che costituiscono biotopi tipici in quest area; le spiagge sono bianche e ciottolose. Sottocosta il fondale marino antistante il promontorio del Conero è nel complesso di natura rocciosa, anche se sono presenti brevi tratti sabbiosi. La natura irregolare del fondo caratterizza anche la baia di Portonovo, dove si possono riscontrare zone a sabbia fine intercalata a rocce (De Grandis, 1995). In generale, la morfologia dei litorali e dei fondali antistanti il Conero, è influenzata principalmente dai fenomeni gravitativi delle falesie e dalla dinamica del mare; la grande quantità di materiale grossolano prodotto dalle frane viene rielaborata dal moto ondoso e dalle correnti marine. I fondali antistanti il promontorio del Conero presentano un andamento articolato, ma in linea generale, le batimetrie seguono la morfologia emersa: in corrispondenza delle ripide falesie, i fondali si presentano particolarmente acclivi, mentre si addolciscono davanti a tratti di costa più bassa. Se dal punto di vista geologico questa zona è stata ampiamente studiata, non si può dire la stessa cosa dal punto di vista biologico: gli studi riguardano soprattutto la parte emersa, mentre si conosce molto poco sulle biocenosi dei fondali. Le biocenosi bentoniche in quest area si presentano maggiormente diversificate rispetto a quelle dei fondali sabbiosi. Sui fondali rocciosi sottocosta sono presenti varie specie di Echinodermi tra cui: Paracentrotus lividus (riccio di mare), Marthasterias glacialis (stella di mare), Ophiura sp. e Holothuria forskali (cetrioli di mare). Actinia equina e Actinia cari sono dotate di caratteristici tentacoli urticanti e vivono infisse nella roccia. I fondali rocciosi poco profondi sono abitati dall Anemonia solcata, molto diffusa davanti al Passetto (Biondi, 1996). Molto numerosi in questi habitat marini sono i crostacei, tra cui i granchi ed i paguri. Sempre in rapporto con la parte rocciosa della zona di battigia vivono alcuni Molluschi Gasteropodi tra cui: Patella coerulea, Aliotis tuberculata, Monodonta turbinata ed Arca diluvii. Tra i molluschi lamellibranchi sono comuni il Mytilus galloprovincialis e Pholas dactylus che vive in cavità che lui stesso scava nelle rocce. Tra i Molluschi Cefalopodi è molto comune in questa zona Octopus vulgaris che vive negli anfratti rocciosi (Biondi, 1996). In associazione ai fondi duri vivono anche varie specie appartenenti al Phylum dei Porifera (spugne). Sui fondali antistanti il Conero sono state identificate 21 specie, divise per area di campionamento. Questi organismi vivono sia adesi al substrato roccioso, sia in simbiosi con 25

26 altri organismi, in particolare associati alle conchiglie di molluschi. Nella riviera del Conero, un associazione molto caratteristica è stata riscontrata tra il porifero Pronax lieberkuehni e il mollusco bivalve Chlamys varia. Nel complesso il popolamento di poriferi appare piuttosto povero a causa delle basse profondità e dell elevato tasso di sedimentazione delle zone campionate. I substrati rocciosi antistanti la Riviera del Conero ospitano anche una grande varietà di alghe bentoniche tra cui Rhodophyceae (alghe rosse), Pheophyceae (alghe brune) e Chlorophyceae (alghe verdi). Studi effettuati sullo scoglio del Trave evidenziano la netta predominanza delle Rhodophyceae sulle altre classi ed una possibile spiegazione di questa distribuzione è da ricercare nel grado di trasparenza e di trofia delle acque, che anche in quest area non sono limpide. Le Rhodophyceae costituiscono la classe più rappresentata in quanto tollerano meglio delle altre queste condizioni ambientali. Per quanto riguarda la distribuzione delle singole specie, si è osservato che queste formano delle fascie orizzontali: è infatti distinguibile un piano mesolitorale di circa cm, con Cladophora, Enteromorpha, Polisifonia e Corallina, ed un piano infralitorale di circa 10 m in cui, nella parte più superficiale dominano Dictiota e Dictiopteris, mentre nelle parti più profonde troviamo Gracilaria confervoides e Ceramium tenerrimum. Nei biotopi superficiali, a causa della torbidità di queste acque, sono state rinvenute alcune alghe sciafile (Halymenia floresia, Pterocladia capillacea, Peyssonnelia rubra), che generalmente colonizzano substrati a profondità maggiore dove l intensità della luce si attenua. Dal confronto di studi diversi, si deduce che la zona Nord del Trave è caratterizzata da un maggior numero di specie algali rispetto alla zona a Sud. Questa differenza può essere spiegata per il fatto che il Trave presenta due versanti: uno a Nord formato da una parete verticale prevalentemente rocciosa, che scende fino a 9 m di profondità, ed uno a Sud che degrada più dolcemente ed è ricoperto da uno strato di limo ed argilla, che potrebbe ostacolare l epifitismo. Nell area antistante la Torre di Portonovo, il fondale si presenta sabbioso, intervallato da rocce. In relazione alla natura dei fondali le biocenosi bentoniche in quest area presentano una prevalenza della componente animale (Mitili, Anemoni, Spugne e Crostacei) su quella vegetale. Anche in questa tratto della Riviera del Conero le comunità algali sono risultate dominate dalla classe delle Rhodophyceae. Si può concludere quindi che nell area marina antistante la Riviera del Conero le biocenosi bentoniche evidenziano un elevata biodiversità. Sono riscontrabili infatti sia le biocenosi dei fondi mobili sia le biocenosi di fondali rocciosi rappresentate da specie poco comuni e quindi di pregio per il Medio e Alto Adriatico. Zona Pesarese Spiaggia bassa di Gabicce Mare I bassi fondali sabbiosi dell area di mare antistante Gabicce ospitano un biotopo di grande importanza ecologica: le Fanerogame marine. Le fanerogame sono piante acquatiche dotate di radici, fusto (rizoma), foglie nastriformi e fiori e la loro riproduzione può avvenire sia attraverso l impollinazione che per crescita del rizoma. La loro crescita è strettamente dipendente dall intensità luminosa, e quindi dalla trasparenza dell acqua; in condizioni idonee al loro sviluppo sono in grado di formare delle vere e proprie praterie sommerse. Le fanerogame influenzano notevolmente l ecosistema marino costiero in cui si inseriscono, ed essendo molto sensibili alle variazioni ambientali ed all inquinamento delle acque costituiscono un biotopo in regressione. La complessa e varia struttura delle praterie a fanerogame marine si traduce in un elevata variabilità biologica delle comunità animali e vegetali che le popolano. La superficie delle foglie costituisce un substrato particolarmente adatto all insediamento di organismi epifiti, inoltre le praterie a fanerogame marine costituiscono un habitat importante per il rifugio e la riproduzione di vari organismi

27 acquatici. Queste piante sembrerebbero inoltre esercitare un azione di stabilizzazione dei fondali e di smorzamento del moto ondoso. Le fanerogame marine sono dunque considerate elementi qualificanti lo stato dell ambiente (Direttiva 92/43 Unione Europea) e sono sottoposte a vincoli più o meno restrittivi di protezione. Nell area costiera antistante Gabicce Mare, sono state rinvenute le specie Zostera marina, Zostera noltii e Cymodocea nodosa. La comparsa di queste specie nell area costiera considerata sembrerebbe molto recente, pertanto gli studi sono a tutt oggi in corso. Durante l estate 2002 è stato effettuato in loco dall ARPAM (dipartimento provinciale di Pesaro) e dall Istituto di Scienze del Mare dell Università di Ancona, un esperimento pilota di espianto e trapianto di una porzione di prato, per allontanare gradualmente le piante dall area balneabile e preservarle in zone adiacenti, meno disturbate e con caratteristiche ambientali compatibili con la loro sopravvivenza. Dalle indagini effettuate dall Università di Ancona risulta che la prateria a fanerogame marine presente a Gabicce Mare ha una superficie compresa tra e m2 ; la specie più diffusa è Zostera marina (90%), seguita da Zostera noltii (10%), mentre Cymodocea nodosa è presente solo a tratti. Gli studi e gli esperimenti sono stati effettuati solo nell area di mare all interno delle scogliere artificiali; si ipotizza che le fanerogame possano crescere anche più al largo, compatibilmente con la trasparenza delle acque. Da quanto riportato da studi effettuati sulle fanerogame in altre aree del Mediterraneo, queste costituiscono un ottimo habitat per una serie di organismi acquatici; sarebbe dunque interessante indagare sulla presenza di eventuali biocenosi associate alle fanerogame di Gabicce Mare. Per quanto riguarda le biocenosi che vivono associate ai fondali sabbiosi fino a 5 m di profondità in quest area di mare, studi effettuati nel mese di agosto 2000 dal Laboratorio di Biologia marina e Pesca di Fano e studi precedenti (Progetti e ricerche della città di Pesaro n 2, 1978), riportano la presenza della zoocenosi a Chamelea gallina, tipica dei fondali sabbiosi dell Alto e Medio Adriatico (Froglia, 1989). I molluschi bivalvi che vivono associati a questa biocenosi, oltre ovviamente a Ch.gallina, sono risultati: Tapes aurea, Donax semistriatus, Spisula subtruncata, Corbula gibba e Mactra glauca; tra i gasteropodi sono stati rinvenuti: Ciclonassa neritea, Hinia reticulata, Acteon tornatilis e Nassa mutabilis, tra i crostacei: Diogenes pugilator e Liocarcinus vernalis, tra gli anellidi Owenia fusiformis. Promontorio del Colle San Bartolo La costa del Parco Monte San Bartolo si estende dal limite meridionale dell abitato di Gabicce fino alla foce del fiume Foglia. I sedimenti che caratterizzano l area sono costituiti da ciottoli e ghiaia, a differenza delle aree adiacenti formate da spiagge e fondali sabbiosi. Le conoscenze sulla fauna marina bentonica in questo tratto di costa sono a tutt oggi scarse e gli studi in corso sono principalmente tesi di laurea. Uno studio condotto tra il 2000 ed il 2001 per una tesi di laurea (Presutti 2001), ha evidenziato che la fascia costiera da Gabicce a Pesaro è piuttosto ricca dal punto di vista della fauna bentonica. In questo studio sono stati messi a confronto i risultati ottenuti nell area costiera della falesia, con quelli delle aree sabbiose di Gabicce e di Pesaro (Baia Flaminia), e si è osservato che il numero di individui si è mantenuto costante, mentre è variata la composizione qualitativa dei popolamenti. In generale nei sedimenti sabbiosi di Pesaro e Gabicce sono prevalse comunità dominate da specie che solitamente si associano a sedimenti ricchi di detrito organico e soggette a scarso idrodinamismo, mentre nei sedimenti ghiaiosi o di sabbia grossolana prospicienti la falesia sono risultati dominanti organismi macrobentonici tra cui molti anellidi policheti. Nelle aree 27

28 prospicienti la falesia caratterizzate da sedimenti sabbiosi (sabbie medie) i gruppi riscontrati sono risultati quelli tipici dei fondali sabbiosi dell Adriatico, a conferma dell influenza che la granulometria dei sedimenti esercita sulla distribuzione delle comunità bentoniche. Nell ambito del litorale del Parco, la zona più ricca e diversificata dal punto di vista faunistico è risultata tra il Monte Brisighella e Casteldimezzo, area marina prevalentemente libera da barriere artificiali. In quest area è stata riscontrata la presenza di una ricca fauna caratterizzata da alcuni gruppi poco comuni (Kinorinchi, Caprellidi, Cumacei). I fondali costieri rocciosi e ciottolosi intercalati da aree sabbiose (sabbie medie) di Baia Vallugola ospitano biocenosi abbastanza diversificate. Tra le specie caratteristiche dei fondali rocciosi è stata riscontrata la presenza di macroalghe Enteromorpha sp. ed antozoi (Aiptasia diaphana). Nelle aree sabbiose vivono le biocenosi caratteristiche: anellidi policheti (Owenia fusiformis e Hyalinoecia bilineata), crostacei (Diogenes pugilator e Micropipus depurator), molluschi bivalvi (Chamelea gallina, Spisula subtruncata, Tellina incarnata e Corbula gibba) e molluschi gasteropodi (Nassa mutabilis, Nassa reticolata, Patella virginea, Acteon tornatilis ed altre). L area di Casteldimezzo, caratterizzata da fondali rocciosi intercalati da zone sabbiose, ospita biocenosi che non si discostano sostanzialmente da quelle elencate per Baia Vallugola, comprendenti macroalghe, anellidi policheti (Owenia fusiformis), crostacei e molluschi bivalvi e gasteropodi. I fondali antistanti Fiorenzuola di Focara sono per lo più costituiti da sabbia media. Le biocenosi costiere sono caratterizzate da anellidi policheti, crostacei (Diogenes pugilator), molluschi bivalvi (Spisula subtruncata ed Ensis siliqua) e molluschi gasteropodi (Nassa mutabilis). Le macroalghe in questa zona non sono presenti poiché necessitano di un substrato roccioso per aderire al fondo. Ai piedi del Monte Brisighella, caratterizzato da un fondale roccioso con aree sabbiose, le biocenosi sono costituite da macroalghe (Enteromorpha sp.), crostacei, molluschi bivalvi (Chamelea gallina e Spisula subtruncata), gasteropodi (Nassa mutabilis e Nassa reticulata) ed echinodermi. Tra i crostacei, oltre a Diogenes pugilator è presente anche Balanus sp. L area immediatamente a Nord del Porto di Pesaro e di Baia Flaminia è caratterizzata dalla presenza di biocenosi che si arricchiscono di specie e di individui nei fondali al largo dalla costa. In quest area sono presenti: antozoi (Aiptasia diaphana), crostacei (Balanus sp., Diogenes pugilator, Micropipus depurator), molluschi bivalvi (Chamelea gallina, Mactra corallina, Spisula subtruncata, Mytilus edulis, Tapes aureus, Scapharca cornea), molluschi gasteropodi (Nassa mutabilis, Nassa reticolata e Turritella communis) ed echinodermi (Astropecten sinulosius ed Echinocardium cordatum). In conclusione ed in generale, possiamo affermare che la zona costiera antistante il Parco del San Bartolo evidenzia una maggiore varietà dei popolamenti zoobentonici in prossimità delle aree marine prive di barriere frangiflutti (Mosci et al., 2001), queste infatti, nel modificare l andamento delle correnti litoranee, incidono sulla composizione granulomatrica dei sedimenti causando un aumento del deposito della frazione fine e della sostanza organica, condizioni che alterano le biocenosi. Area di mare antistante il Porto di Pesaro Le biocenosi bentoniche riscontrate in quest area di mare a 5 m di profondità e 0.12 mn dalla costa durante la campagna di prelievi effettuata nell estate 2000 dal Laboratorio di Biologia Marina e Pesca di Fano, sono risultate caratteristiche dei fondi sabbiosi (SFS e SFBC). Oltre a Chamelea gallina, tra i molluschi bivalvi sono risultati presenti Donax semistriatus, Spisula subtruncata e Tapes aurea; tra i molluschi gasteropodi Ciclonassa neritea, Hinia reticulata, Hinia pigmaeus e Nassa mutabilis, tra i crostacei Diogenes pugilator e Liocarcinus vernalis, tra gli antozoi Aiptasia diaphana, tra gli anellidi Owenia fusiformis. Nel complesso non si riscontrano specie di particolare interesse ecologico.

29 Foce del Torrente Genica In quest area di mare a circa 3 m di profondità e 0,11 mn dalla costa nei prelievi effettuati nell estate 2000 dal laboratorio di biologia marina di Fano, predomina la zoocenosi a Chamelea gallina, accompagnata da altre specie di molluschi bivalvi tra cui Donax semistriatus, Mactra corallina, Spisula subtruncata e Tapes aurea, mentre tra i gasteropodi sono risultati presenti Nassa mutabilis, Acteon tornatilis, Ciclonassa neritea e Hinia reticulata. Più a riva, nell area compresa dentro le scogliere artificiali, uno studio effettuato nello stesso anno (Tesi di laurea Polidori ), ha evidenziato un andamento diverso: il phylum predominante è risultato essere quello dei Nematodi, che ha raggiunto valori di densità molto elevati, seguito dai molluschi, rappresentati per lo più dal bivalve Lentidinium mediterraneum, che si adatta in modo particolare a basse salinità. Sono risultati presenti anche crostacei e policheti. Il maggior numero di individui e la maggiore diversità specifica si sono avute nell area di mare a maggiore profondità, dove le comunità bentoniche risentono meno dell incidenza delle maree, e quindi delle variazioni ambientali. Studi recenti nella ricerca di indicatori ambientali biologici, hanno proposto di utilizzare il rapporto tra il numero di nematodi e quello di copepodi (una sottoclasse dei crostacei) della fauna bentonica interstiziale, come indice di controllo dell inquinamento dei sedimenti (Della Croce et al.1997). Elevati valori di nematodi rispetto ai copepodi quindi, potrebbero far ipotizzare la presenza di sedimenti inquinati (ricchi in materia organica); tuttavia tale metodica di indagine ambientale è oggetto di controversie e non sempre applicabile. Si può concludere quindi che le biocenosi bentoniche nell area compresa all interno delle scogliere artificiali risultano diverse rispetto a quelle tipiche dei fondali sabbiosi (SFS e SFBC) che si riscontrano all esterno. Il ritrovamento di residui fogliari di fanerogame marine spiaggiate in seguito a mareggiate nei mesi di luglio ed agosto 2002, dovrebbe indurre ad effettuare indagini accurate per accertare l eventuale presenza di queste pregiate piante acquatiche anche in questo tratto di costa pesarese. Si può concludere quindi che le biocenosi bentoniche nell area compresa all interno delle scogliere artificiali risultano diverse rispetto a quelle tipiche dei fondali sabbiosi (SFS e SFBC) che si riscontrano all esterno. Il ritrovamento di residui fogliari di fanerogame marine spiaggiate in seguito a mareggiate nei mesi di luglio ed agosto 2002, dovrebbe indurre ad effettuare indagini accurate per accertare l eventuale presenza di queste pregiate piante acquatiche anche in questo tratto di costa pesarese. Le biocenosi marine bentoniche nell area interna alle scogliere quindi, sono risultate nel complesso povere di specie e ricche di quegli organismi in grado di sopravvivere in condizioni ambientali avverse. Baia del Re Nella zona di mare antistante la spiaggia di Baia del Re, il fondale è situato a scarsa profondità (5 m a circa 0,5 mn dalla costa). I sedimenti del fondo, entro la batimetrica dei 5 m sono costituiti da una striscia di sabbia grossolana che rappresenta una continuazione di quella della spiaggia. All interno delle scogliere artificiali, le mareggiate e le correnti determinano il periodico formarsi di secche, che influenzano in modo diretto la biodiversità della fauna e della flora marina bentonica. Al di fuori delle scogliere, fino a 5 m di profondità, si possono trovare una serie di molluschi tipici di questo fondale (Chamelea gallina, Acanthocardia tubercolata, Mactra corallina, Ensis siliqua e Solen vagina.) Tra gli echinodermi sono diffusi Echinocardium cordatum (riccio di mare) e Astropecten irregularis (stella di mare) e tra gli anellidi Owenia fusiformis. Anche le scogliere artificiali 29

30 sono interessate da una discreta biodiversità; sono infatti colonizzate da diverse specie di macroalghe bentoniche tra cui Ulva rigida e Enteromorpha sp. La fauna è rappresentata da molluschi vari, attinie, briozoi, spugne e policheti. Tra i molluschi gasteropodi troviamo Littorina neritoides, Patella caerulea e Patella lusitanica, mentre tra i bivalvi sono tipici delle scogliere Mytilus galloprovincialis e Ostrea edulis. (I dati sono stati attinti dalla guida all area floristica di baia del re, Comune di Fano, Associazioni naturalistiche Argonauta e Kronos 1991). Quest area risulta dunque caratterizzata dalla presenza di specie tipiche dei nostri litorali. Tratto di costa tra la Baia del Re e il porto di Fano Il tratto di costa situato tra Baia del Re e Fano, è costituito da una stretta spiaggia ghiaiosa, protetta da una scogliera artificiale. Le biocenosi in quest area si dividono nelle zoocenosi a Chamelea gallina, tipica dei fondali sabbiosi, e nelle biocenosi più diversificate adese alla scogliera che comprendono sia macrofitobenthos che molluschi, crostacei, attinie, briozoi, policheti e spugne. Non sono presenti specie di particolare pregio. Foce del Torrente Arzilla Come si può osservare dal grafico, nel mese di agosto 2000, il piano sopralitorale (fascia emersa interessata dagli spruzzi), ed il piano mesolitorale (influenzato dalle escursioni di marea), sono risultati privi delle biocenosi caratteristiche, mentre nel piano infralitorale (sempre sommerso), gli organismi predominanti sono risultati essere i nematodi, seguiti dai molluschi bivalvi e dai policheti, erano inoltre presenti alcuni crostacei. La totale assenza di organismi nell area prossima alla battigia evidenzia una condizione di stress ambientale causato presumibilmente dallo scarso ricambio idrico. Il benthos infatti, anche se popola i sedimenti, è strettamente dipendente dalle condizioni della colonna d acqua. Al di fuori delle scogliere quest area è caratterizzata dalle biocenosi (SFS e SFBC). Porto di Fano Gli studi condotti dal Laboratorio di Biologia marina di Fano a 4 m di profondità e 0.07 mn dalla costa evidenziano ancora una volta la presenza della zoocenosi Chamelea gallina. Inoltre tra i molluschi bivalvi della biocenosi erano presenti: Corbula gibba, Donax semistriatus, Dosinia lupinus, Mactra corallina, Mactra glauca, Tellina nitida, Tapes aurea; tra i gasteropodi: Nassa mutabilis, Acteon tornatilis, Ciclonassa neritea, Hinia reticulata, Hinia pigmaea. Sono risultati presenti anche alcuni crostacei ed esemplari dell anellide Owenia fusiformis. Come in tutte le aree portuali non si esclude che possano vivere adese ai substrati duri artificiali protetti dal moto ondoso, alcune specie di macroalghe. Tratto di costa tra il porto di Fano e la foce del fiume Metauro I campionamenti effettuati dal laboratorio di biologia marina di Fano nell estate 2000, hanno evidenziato per questo tratto di costa fino alla profondità di 5 m, il ripetersi delle biocenosi SFS e SFBC principalmente rappresentate dal mollusco bivalve Chamelea gallina, in associazione alle specie di molluschi, crostacei ed echinodermi già riportate. In corrispondenza delle scogliere artificiali si trovano adese alcune comuni macroalghe (Cloroficee, Feoficee e Rodoficeae), associate ai molluschi tipici di substrato roccioso (Mytilus galloprovincialis, Ostrea edulis, Littorina neritoides e Lithophaga litophaga). Per quanto riguarda invece la distribuzione delle biocenosi sui fondali all interno delle scogliere, non sono disponibili studi recenti, anche se si presume che il numero di specie e di individui sia inferiore che nell area all esterno delle scogliere.

31 Tratto di costa tra la foce del fiume Metauro e la foce del fiume Cesano Anche per quanto riguarda i bassi fondali di quest area gli unici dati recenti di cui si dispone sono i prelievi effettuati dal laboratorio di biologia marina di Fano. Da 0,14 a 0,33 mn di distanza dalla costa, ad una profondità compresa tra 3 e 7 m le comunità marine bentoniche nell estate 2000 sono risultate abbastanza ricche di individui e relativamente povere di specie. Chamelea gallina e Donax semistriatus sono risultati i molluschi bivalvi numericamente dominanti, seguiti da Mactra corallina, Mactra glauca, Dosinia lupinus, Spisula subtruncata, Tapes aurea, Corbula gibba e Tellina nitida. Tra i gasteropodi, oltre a Nassa mutabilis si è riscontrata la presenza di Ciclonassa neritea e Hinia reticulata; tra i crostacei Diogenes pugilator e Liocarcinus vernalis; tra gli echinodermi è stato rinvenuto Echinocardium cordatum. L anellide Owenia fusiformis è risultato presente in un maggior numero di individui nei sedimenti più al largo, caratterizzati da una maggiore frazione di fango. Anche in quest area quindi le specie riscontrate risultano essere quelle caratteristiche delle biocenosi SFS (sabbie fini superficiali) e SFBC (sabbie fini ben calibrate). TEMPERATURA Analizzando la serie storica di Portonovo, si osserva che la temperatura nelle prime due stazioni sotto costa, profonde 10 e 15 m, è sempre omogenea dalla superficie fino al fondo; nella prima stazione è evidente una notevole variabilità stagionale con un ampio range che oscilla tra un minimo di 3,5 C (gennaio 1985) ed un massimo di 27,4 C (agosto 1986). Più a largo (stazione 3, profondità 25 m) la colonna d acqua è omogenea solo durante l inverno, con valori leggermente inferiori in superficie, e si stratifica nel periodo estivo, quando la temperatura superficiale supera anche di 10 C quella del fondo. Nella stazione 3 la variabilità stagionale è più ristretta e la temperatura varia da 8,8 C (febbraio 1989) a 26,6 C (luglio 1987) sempre in superficie; sul fondo è ancora più stabile. Nonostante sia evidente un andamento ciclico annuale di temperatura, nella stazione costiera si notano differenze anche di diversi gradi fra un anno e l altro, attribuibili alle diverse condizioni meteorologiche: il mese di gennaio 1988 è stato meno freddo rispetto agli altri anni (11,6 C), mentre nel gennaio 1985 la temperatura è scesa a 3,4 C. Nei restanti inverni la temperatura oscillava tra 5 e 8 C. Nel novembre del 1999 la temperatura superficiale nei transetti di Ancona, Portonovo e Numana, è risultata inferiore rispetto a quella del fondo con una media di 11,7 C rispetto a 12,4 C: tale situazione è tipica durante il mese di novembre sui bassi fondali del Nord Adriatico. Confortando le temperature della colonna d acqua nella fascia costiera antistante Portonovo con la serie storica, risulta un abbassamento della temperatura dell ordine di qualche grado, mentre nel transetto di Numana la temperatura risulta più calda (di 0,5 C circa) e più omogenea rispetto ai transetti più a Nord, dove la colonna d acqua è più profonda. Nel marzo 2000 la temperatura era più bassa rispetto alla temperatura superficiale nel luglio 2000 raggiungeva i 24,5 C e gradualmente diminuiva verso il fondo raggiungendo un valore inferiore a 19 C. A settembre la colonna d acqua cominciava a raffreddarsi, mantenendo costante la temperatura su tutta la fascia costiera. Le temperature di marzo, luglio e settembre 2000 lungo la colonna d acqua a Portonovo corrispondevano abbastanza all andamento evidenziato dai dati storici della serie

32 Nelle acque costiere pesaresi, la temperatura delle acque superficiali ha presentato i valori minimi annuali nel periodo compreso tra Gennaio, Febbraio e Marzo (valori compresi tra 6.3 e 9 C), evidenziando un aumento medio rispetto al A partire dal mese di Aprile si è realizzato un incremento di temperatura (circa 14 C) proseguito nei mesi successivi. I valori di temperatura più elevati sono stati registrati nel mese di Agosto (Temperature di circa 27 C) in tutte le stazioni monitorate. Nei mesi successivi la temperatura, come di norma, è scesa gradualmente. Questo andamento è stato riscontrato in maniera omogenea in tutte le stazioni monitorate. I valori della salinità hanno presentato un andamento coerente con il succedersi delle stagioni, con i regimi di portata fluviale e la piovosità. BATIMETRIA Su tutta la costa adriatica si può notare come gli interventi a difesa dei litorali siano sempre seguiti a vistosi arretramenti della linea di riva. Questo parametro geomorfologico (riduzione di ampiezza del backshore ) è senz altro significativo nel Trend evolutivo di un settore costiero, ma non bisogna dimenticare che costituisce la tappa finale di un processo erosivo iniziato molto tempo prima nel tratto di spiaggia sommerso compreso tra la linea di riva e la zona dei frangenti. Ciò significa che fino ad oggi, nella maggior parte dei casi, gli interventi a difesa sono stati effettuati non al primo accenno dell'instaurarsi del fenomeno che si vuole contrastare, bensì quando si era ormai nella sua fase finale. Dai numerosi studi esistenti sulla costa adriatica e da rilievi effettuati appositamente risulta come l'arretramento della linea di riva sia sempre preceduto da un progressivo aumento della pendenza dei bassi fondali antistanti. Tale fenomeno costituisce il primo avviso di una tendenza verso la destabilizzazione della fascia costiera. Per questa ragione, i rilievi batimetrici rivestono una grande importanza nella valutazione, anche quantitativa, del Trend evolutivo di una fascia costiera. In particolare l attenzione va posta sulle variazioni di pendenza del tratto di fondale compreso tra la linea di riva e la zona di rottura dei frangenti di tempesta. Tale zona è individuata da un gradino di rottura di pendenza dei bassi fondali, che nell Alto e Medio Adriatico è mediamente tra i 4 e 6 m di profondità. Per poter individuare il Trend evolutivo della fascia costiera studiata è indispensabile avere rilievi batimetrici effettuati in vaste aree nello stesso periodo (per poter fotografare una situazione conseguente ai medesimi effetti del moto ondoso) e che siano confrontabili anche a distanza di tempo (deve essere cioè individuabile con sicurezza e precisione l aggancio a terra del rilievi in mare). Queste considerazioni sono ovvie, ma è bene ricordarle in quanto la disponibilità di rilievi batimetrici confrontabili per la costa picena non è delle più felici. Dal piano coste della Regione Marche effettuato nel 1982 dalla Società Aquater risulta come negli ultimi 50 anni i rilievi batimetrici siano scarsi e principalmente svolti in singole località in tempi diversi e quindi difficilmente utili per un confronto tendente a dare indicazioni valide per tutta l area costiera Picena. Per il periodo precedente (II metà del XIX secolo e inizio XX secolo) la situazione risulta ancora peggiore data la scala, non certo di dettaglio, dei pochi rilievi, e relativa cartografica disponibile. E stato fatto un confronto tra le sezioni batimetriche utilizzate dall Aquater (1982) per il Piano costa della Regione Marche in corrispondenza delle foci dei fiumi Menocchia e Tronto per i periodo Questi profili costruiti, utilizzando la cartografia ufficiale dell Istituto Idrografico della Marina, hanno un valore assai limitato per fornire indicazioni utili sul trend evolutivo della fascia costiera picena per il passato in quanto derivano da carte generali utili per la navigazione, ma non certo per indagare quantitativamente le variazioni di pendenza dei bassi

33 fondali della fascia costiera. In particolare lo studio Aquater, a proposito del confronto di queste sezioni batimetriche scrive: Come è noto i rilevamenti dell'i.i.m. non comprendono la linea di costa. Per avere ugualmente delle indicazioni sulla sua variazione si è fatta l'ipotesi che i fondali oltre gli 8 metri circa siano rimasti nel tempo, sostanzialmente invariati. I dati fin qui riportati mostrano la difficoltà nell utilizzare gli scarsi dati del passato e come la loro utilizzazione possa essere solo descrittiva dell evoluzione dei bassi fondali della fascia costiera picena dalla seconda metà del XIX secolo alla prima metà del XX secolo. Il primo rilievo batimetrico, svolto con criteri moderni e finalizzato ad esplorare le variazioni morfologiche dei fondali adriatici antistanti la costa picena è quello realizzato dall Aquater nel piano costa della Regione Marche e già in possesso degli Uffici tecnici regionali. Per poter confrontare questo rilievo con una situazione precedente e verificare eventuali variazioni di pendenza si è proceduto come segue. Nell impossibilità di disporre per il confronto di un uguale rilievo passato, si è determinato la distanza dalla linea di riva della profondità di m 5 mediante confronto di altri dati cartografici e studi precedenti disponibili. Molti dati sono stati scartati perché inutilizzabili, ma al termine si è avuto un accettabile distanza dalla linea di riva dell isobata di 5 m relativa al periodo e riportato di seguito nel testo e figure come 1954 per semplicità di citazione. A questo punto era possibile confrontare la pendenza del fondale tra linea di riva e la profondità di m 5 per i periodi 1954 e 1981, almeno a grandi linee. Il confronto non è quindi tra due rilievi batimetrici, ma ristretto alla variazione di pendenza dei bassi fondali tra la linea di riva e, all incirca, la zona dei frangenti di tempesta, secondo quanto espresso precedentemente sui caratteri morfologici dell alto e medio Adriatico. La pendenza del fondale è espressa in % e suddivisa in classi: 0,50-0,75%, 0,75-1%; 1-1,25%; 1,25-1,50% e >1,50%. I valori dei singoli tratti risultano alti in entrambi i periodi non essendo mai inferiori allo 0,50%. I valori più alti (1,50%) sono tra Ancona e la foce del Musone senza grosse variazioni nel 1954 e nel Nel tratto più a Sud, in particolare nel tratto compreso tra le foci del Chienti e del Tronto, si ha invece un aumento di pendenza dei fondali nel rilievo del 1981 rispetto al Queste variazioni, anche se non raggiungono gli alti valori del tratto di Ancona-Musone, rappresentano un pericolo per la stabilità della linea di riva, in quanto la tendenza all aumento di pendenza dei bassi fondali rende particolarmente pericolosi gli effetti distruttivi di eventuali violente mareggiate con la possibilità di ulteriori arretramenti della linea di riva in una fascia costiera di ridotta ampiezza iniziale del backshore. Negli ultimi 20 anni, le difese costiere approntate dopo le rovinose mareggiate degli anni 60 e 70 hanno retto in maniera soddisfacente all attacco delle mareggiate, in realtà, meno frequenti negli anni 80 e 90. Le indagine batimetriche hanno evidenziato la presenza di due zone con caratteristiche differenti: una che da Sud di Numana si estende fino alla foce del fiume Musone, con un fondale che degrada piuttosto lentamente e regolarmente dalla costa fino a 12 m di profondità e l altra che, partendo da Sirolo, prosegue verso Nord fino ad Ancona, con fondali che degradano più ripidamente. Nella prima zona, la batimetrica ei 10 m è raggiunta in media a 1400 m dalla costa, mentre quella dei 12 m a circa 3000 m. In questo tratto il fondale, ha un andamento regolare e lentamente degradante, senza alterazioni delle batimetriche legate ad affioramenti rocciosi particolari. Solo nella zona antistante a Sirolo, tra la spiaggia Sassi Neri - S.Michele e la 33

34 Grotta Urbani, si evidenzia la presenza al largo di affioramenti rocciosi alti fino a 5 m, conosciuti con il nome di Secca del Frate e, poco più a Nord, come Scoglio Casello. Andando dal Promontorio del Monte Conero verso Nord, fino a Portonovo, il fondale appare invece molto ripido, avvicinandosi la batimetrica dei 10 m fino a m dalla costa. Al largo dello Scoglio della Vela sono presenti bassi affioramenti rocciosi noti con il nome di Secca dell Ospedale e, nella zone di mare antistante a Portonovo, le batimetrie evidenziano la presenza di bassi affioramenti, conosciuti con il nome di Secca della Madonna. Proseguendo verso Nord, fino allo Scoglio del Trave, in corrispondenza della Spiaggia di Mezzavalle, le batimetriche si allontanano nuovamente dalla costa, raggiungendo i 10 m alla distanza di 800 m circa. Dallo Scoglio del Trave agli Scogli del Cavallo le batimetriche dei 10 e dei 12 m si riavvicinano alla costa, arrivando alla batimetrica dei 10 m a circa 200 m di distanza, proprio in prossimità degli Scogli del Cavallo. Subito a Nord dello Scoglio del Trave rilevante è la presenza di affioramenti rocciosi che, da un fondale di 9-11 m, si innalzano di 3-5 m, formando vere e proprie secche rocciose note con il nome di Bianconi. Il tratto di costa tra lo Scoglio del Cavallo e gli Scogli Lunghi presenta fondali estremamente ripidi, avvicinandosi la batimetrica dei 10 m a meno di 200 m dalla costa. Proseguendo ulteriormente verso Nord, si rileva di nuovo un allontanamento verso il largo della batimetrica dei 10 m nel tratto di costa compreso tra gli Scogli Lunghi e il Passetto (circa 600 m dalla costa). Dalla Sedia del Papa fino al Porto di Ancona, il fondale si presenta dapprima ripido, raggiungendo la batimetrica dei 10 m a poco meno di 200 m dalla costa, diventa più degradante verso il largo, e la batimetrica dei 10 m si sposta ad una distanza di 400 m dalla costa. PARAMETRI CHIMICO-FISICI Zona Piceno I primi dati relativi alla salinità risalgono agli anni (Chiaudiani et al., 1982) nell ambito di una campagna di rilevamento sulle caratteristiche trofiche delle acque costiere Adriatiche. In tale occasione si è considerato un solo transetto davanti a S. Benedetto del Tronto comprendente tre stazioni a 0,5, 3 e 10 mn dalla costa con campionamenti superficiali e di fondo. Per quanto riguarda le acque superficiali, i valori di salinità delle stazioni ubicate a 3 mn risultano maggiori rispetto a quelli sotto costa, più direttamente influenzati dagli apporti fluviali. Le concentrazioni variano tra 30, nel periodo primaverile - autunnale più piovoso, e 36 del periodo estivo. Nelle stazioni più a largo i valori di salinità risultano maggiori di 36 tranne che in Maggio-Luglio 1978 e Luglio 1979 quando sono compresi tra 34 e 36. Le acque di fondo, pur mostrando valori di salinità sempre superiori alle acque superficiali, poiché meno influenzate dagli apporti fluviali, riscontrano ugualmente un gradiente costa largo, con acque meno salate confinate sotto costa. I valori minimi (tra 30 e 34 ), sotto costa, sono stati riscontrati nei periodi primaverile e invernale come per le acque superficiali. Nelle stazioni più a largo si è notata un influenza minore degli apporti fluviali, nelle diverse stagioni, con valori di salinità quasi sempre superiori a 36. I valori di salinità superficiale riscontrati negli anni (Tronto Mare, 1992), davanti al fiume Tronto, variano da 30

35 a 35 con massimi nei periodi invernale e primaverile. Valori più bassi sono stati rilevati davanti alla foce del fiume dove il valore medio è di 21,9. I dati di salinità superficiale degli anni (Mare Piceno, 1994) mostrano un andamento con evidenti variazioni stagionali. Nel 1993 i valori massimi sono stati riscontrati nei mesi di Settembre e Ottobre (tra 35 e 37 ) e i minimi nel mese di Novembre (tra 29 e 31 ). Nel 1994 (Mare Piceno, 1995) i valori di salinità medi più alti dell anno (34 circa) si sono avuti nei mesi di Maggio, Giugno, Agosto e Settembre. A Novembre si è riscontrato, ancora, il valore più basso (28 ) dovuto probabilmente ad una serie di intense precipitazioni. Nel 1995 la salinità media ha raggiunto i livelli più elevati nei mesi di Aprile, Giugno e Novembre (34 circa) e minimi in Luglio (30-31 ). Le fluttuazioni della salinità nella fascia costiera negli anni considerati sono elevate (tra e ) e direttamente influenzate dagli apporti fluviali. Non si rivelano differenze significative tra le varie stazioni da Nord a Sud mentre da costa a largo è presente un gradiente con le acque delle stazioni a 2000m mediamente più salate di quelle poste a 500m. I dati di salinità degli anni (Ministero dell Ambiente, 2000), relativi al solo fondo, presentano un gradiente costa-largo con i valori di salinità delle stazioni a 500m mediamente più bassi di 1,5 punti rispetto a quelle situate a 3000m. I valori massimi si hanno nei mesi di Aprile e Ottobre (36,5 ), nelle stazioni a 3000m, e i minimi (31,5 ) nel mese di Novembre, nelle stazioni a 500m, imputabile al maggior apporto fluviale, tipico del periodo tardo autunnale. I valori di salinità rilevati dall IRPEM CNR nel Novembre 1999 variano tra 31,54 e 34,05, in superficie, e tra 32,77 e 35,05 sul fondo mostrando un incremento verso il largo. In occasione delle campagne di rilevamento del (Chiaudani et al., 1982) si è osservato come nelle acque superficiali, nel periodo invernale, il livello di ossigeno, espresso in percentuale di saturazione, si mantiene prossimo a valori del 100%. Nelle altre stagioni i valori sono più alti ed oscillano tra il 100% e il 120% con un leggero gradiente costa-largo (acque sotto costa maggiormente ossigenate) a dimostrazione della maggior produttività di queste acque. Le acque di fondo mostrano valori di ossigeno compresi tra 80% e 95% senza fluttuazioni stagionali rilevanti. I valori medi di ossigeno disciolto calcolati nei transetti davanti la foce del fiume Tronto (Tronto Mare, 1992) sono risultati vicini ai livelli di saturazione ed oscillano tra un minimo di 88,8% (Luglio 1991) ed un massimo di 115,8% (Giugno, 1991). Tutti i valori si riferiscono a prelievi fatti in superficie. Durante la campagna Mare Piceno degli anni (Mare Piceno, 1994; Mare Piceno, 1995; Mare Piceno, 1996) i prelievi nei cinque transetti lungo la costa Picena hanno confermato l andamento generale delle campagne precedenti con valori prossimi ai livelli di saturazione ed una punta di 126,2% nel Luglio Non si sono evidenziate ampie fluttuazioni nelle diverse stagioni. I prelievi fatti negli anni (Ministero dell Ambiente, 2000), effettuati a 0,5m dal fondo, danno un idea delle condizioni di ossigenazione di queste acque. I valori medi variano da un massimo di 110% (Maggio 1997) ad un minimo di 93% (Novembre 1997). Livelli di sovrassaturazione sono indice di un intensa attività fitoplanctonica che si riscontra, appunto, nei periodi primaverili. Valori di sottosaturazione nei periodi freddi sono in accordo con il calo delle comunità algali. Nel Novembre 1999 i prelievi effettuati dall IRPEM CNR mostrano 35

36 valori di ossigeno superficiale variabili tra 89,13 e 97,28 %. Sul fondo le quantità risultano di poco inferiori: valore minimo pari a 84,09%; valore massimo pari a 95,22%. I valori di Clorofilla a, rilevata negli anni nell unico transetto campionato nella zona di studio e posto davanti a San Benedetto del Tronto (Chiaudani et al., 1982), oscillano tra quantità inferiori ad 1 μg/l e valori massimi di 3 μg/l. La stazione a 10 nm presenta concentrazioni sempre inferiori a 1 μg/l tranne che nel prelievo invernale (gennaio 1980) dove sono comprese tra 1 μg/l e 3 μg/l. Le stazioni a 0,5 nm e 3 nm hanno generalmente valori compresi tra 1 μg/l e 3 μg/l. Nel 1993 (Mare Piceno, 1994) il valore medio registrato è stato di 1,74 μg/l con massimi nei mesi invernali (4,43 μg/l in Novembre e 3,30 μg/l in Dicembre). Nel 1994 (Mare Piceno, 1995) il periodo che va da Febbraio a Ottobre ha mostrato valori medi concordanti con quelli dell anno precedente (tra 0,7 μg/l di Giugno e 3 μg/l di Febbraio) mentre in Gennaio, Novembre e Dicembre le quantità sono risultate superiori (valore massimo pari a 34,2 μg/l in Gennaio e valore minimo pari a 8 μg/l in Dicembre). L anno seguente (Mare Piceno, 1996) non si riscontrano forti oscillazioni pur restando le concentrazioni di Clorofilla a più elevate nel periodo invernale. Il valore minimo registrato si è avuto in Giugno (0,3 μg/l) e quello massimo in Aprile (9 μg/l). La concentrazione massima di Clorofilla a rilevata negli anni (Ministero dell ambiente, 2000) è stata di circa 4,5 μg/l nel mese di Febbraio. Nel periodo che va da Aprile a Novembre l andamento medio è rimasto stabile intorno a valori di 1,5-2 μg/l. L incremento che si nota nei mesi invernali è determinato, probabilmente, da un incremento delle popolazioni di Diatomee (soprattutto Scheletonema costatum); le fioriture di Dinoflagellate ed altro fitoplancton, che si susseguono nel resto dell anno, non sembrano influenzare in maniera ugualmente evidente le concentrazioni di Clorofilla a (Ministero dell Ambiente, 2000). Zona Conero La zona del Conero è caratterizzata da ampie variazioni dei parametri fisici, da grande instabilità idrologica ed è sede di acque diluite di origine fluviale, che condizionano le concentrazioni di nutrienti ed i processi di assimilazione e rigenerazione associati, come si nota marcatamente nel periodo primaverile. Nell area più costiera i parametri fisici e chimici mostrano una marcata variabilità stagionale. L analisi della temperatura nel transetto di Portonovo ha mostrato un lieve aumento dei valori, in particolare nel periodo , in cui i nutrienti mostrano i valori più bassi. Rispetto alla salinità media registrata nell arco di tempo dal 1982 al 1990 sul transetto di Portonovo, nel risulta un incremento di circa un 1 psu. La concentrazione di nutrienti nell area di Portonovo dal 1982 al 1990 mostra una stagionalità con valori massimi durante il periodo invernale, le cui concentrazioni sono confrontabili con quelle dell area di Senigallia, anch essa caratterizzata da una forte stagionalità, dimostrando che queste aree subiscono l influenza della corrente costiera che convoglia verso sud gli apporti fluviali del Nord del bacino. Le concentrazioni di nutrienti sono massime nello strato superficiale in febbraio-marzo e scarseggiano in estate, sia in superficie sia sul fondo. Generalmente nella stagione estiva si ha una diminuizione di nutrienti, più evidente in superficie, sia a causa dei popolamenti fitoplancotnici presenti, sia perché in tale periodo le acque sono meno influenzate dagli apporti continentali. Dal 1988 al 1990 i massimi di concentrazione dei nutrienti si sono abbassati (i nitrati non superano le 16 μm, i silicati 8 μm e gli ortofosfati 0,2 μm) e la salinità non è mai scesa sotto i 33 psu.

37 Sul fondo del transetto di Portonovo non si riscontrano concentrazioni particolarmente alte di sali disciolti, indicando che i processi di mineralizzazione non sono molto intensi. L ossigeno disciolto, calcolato nel periodo lungo il transetto di Portonovo, ha mostrato una chiara periodicità stagionale con una certa variabilità interannuale, con i valori maggiori a marzo e valori minori in settembre, senza eventi ipossici. La saturazione d ossigeno diminuisce visibilmente a fine estate raggiungendo valori minimi sul fondo anche perché il consumo, sul fondo, è più intenso in questa stagione; i valori in superficie sono quasi sempre al di sopra della saturazione, mentre al fondo si presentano casi di sottosaturazione, sena tuttavia casi gravi di spinta ipossia. I dati relativi al biennio rivelano una lieve diminuzione nella saturazione d ossigeno sia in superficie che sul fondo, correlata con la maggiore presenza di nutrienti sali disciolti, indica una maggiore atività di mineralizzazione lungo tutta la fascia costiera. Da un analisi basata sul confronto dei dati ambientali dell area del Conero e di quelli di un area costiera 25 Km più a Nord, lungo il transetto di Senigallia, risulta difficile stabilire una relazione tra i paramentri idrologici perché la variabilità è alta, ma si nota in generale che il contenuto di ossigeno disciolto (% di saturazione d ossigeno) è maggiore nell area del Conero probabilmente perché in quella più a Nord cè maggiore sedimentazione organica e quindi maggiore consumo dovuto all attività biologica. La concentrazione della clorofilla e dell ossigeno disciolto segue lo stesso andamento dei nutrienti, aumentando in inverno e diminuendo verso la fine dell estate. A Senigallia, dove l influenza della corrente costiera che porta gli inputs fluviali verso Sud è più forte, il ciclo stagionale è simile, con valori più alti di nutrienti e clorofille. Si riscontra una diminuzione di clorofilla, sulla superficie e sul fondo, dovuta ad una minor disponibilità di nutrienti disciolti. Dai campionamenti più recenti, di osserva che dal punto di vista chimico e fisico, la fascia costiera esaminata si può dividere in due aree: l area più a Nord comprende i transetti di Ancona e Portonovo, e quella a Sud è rappresentata dal transetto di Numana. Tra le due aree si nota dal punto di vista chimico fisico una differenza, variabile nel tempo e nello spazio. Per esempio, a marzo e settembre 2000 a Numana troviamo concentrazioni superiori di tutti i sali nutritivi, soprattutto nello strato superficiale vicino alla costa, mentre nel novembre 1999 e nel luglio 2000 i nutrienti sono distribuiti lungo la costa più omogeneamente. Dal punto di vista fisico generalmente l acqua di fronte a Numana è risultata, tranne a luglio, sempre più calda rispetto ai due transetti più a Nord. Zona Pesaro La salinità subisce variazioni consistenti soprattutto nell'ambito superficiale in rapporto all'entità della evaporazione e degli apporti delle precipitazioni metoriche e delle acque interne. Nella costa pesarese i valori più bassi di salinità, si sono concentrati nel mese di maggio in tutti i transetti monitorati (valore minimo 20.5 ppt nella stazione Tavollo 3000), presumibilmente in conseguenza delle abbondanti piogge che hanno caratterizzato il periodo. In generale nel 2009 i valori di salinità sono risultati mediamente più bassi rispetto all anno precedente. I valori più elevati (35-36 ppt), si sono avuti nei mesi di settembre e ottobre. 37

38 Per quanto attiene l Ossigeno disciolto, nell anno 2009 valori superiori al 100% di saturazione hanno caratterizzato tutti i transetti nei campionamenti di aprile, maggio e giugno. Il valore massimo (139.1% di saturazione) si è avuto l 8 maggio nella stazione Tavollo In concomitanza all aumento di Ossigeno era presente nelle acque interessate una fioritura della diatomea Skeletonema costatum, che nel 2009 è rimasta in fioritura più a lungo rispetto agli anni precedenti. Il periodo estivo è stato caratterizzato da valori ricompresi tra 80 e 100 % di saturazione. I valori più bassi si sono avuti nei mesi autunnali (ottobre e novembre), con un minimo di 64.2% al punto 15 a riva, il 6 di ottobre. COSTA MARCHIGIANA - CARATTERISTICHE ALIEUTICHE FLOTTA DI PESCA NELLE MARCHE La flotta peschereccia marchigiana aggiornata al 2009 è composta come segue in Tabella 5 e Tabella 6, che riassumono lo sforzo di pesca in termini di numero di imbarcazioni, potenza motore e numero di imbarcati. La piccola pesca costiera esercitata con attrezzi da posta risulta, come d altro canto nel resto d Italia, il comparto peschereccio più numeroso (449 unità) sebbene le dimensioni medie delle imbarcazioni siano estremamente ridotte (1.6 GT e 31 Kw medi per imbarcazione). Tale segmento della flotta è composto da imbarcazioni che spesso sono disseminate lungo la battigia e non fanno base in uno specifico porto di attracco. Questo rende estremamente difficile qualsiasi operazione di censimento del numero esatto di imbarcazioni attive, ma anche di controllo da parte degli organi preposti (Capitanerie di Porto) con la conseguenza che parte di questo settore peschereccio risulta spesso immune da qualsiasi controllo. Nelle Marche le draghe idrauliche rappresentano un comparto peschereccio estremamente importante, che costituisce circa il 25% dell intera flotta in termini numerici e il 24% in termini di potenza motore. Le imbarcazioni dedite allo strascico costituiscono invece circa il 21% in numero e addirittura il 63% in termini di tonneggio e il 48% in potenza motore. Le imbarcazioni abilitate al sistema strascico hanno quindi mediamente dimensioni considerevoli, sebbene esista una notevole variabilità all interno del comparto stesso: esistono infatti imbarcazioni aventi lunghezza fuori tutta (LFT) inferiore a 15 m e imbarcazioni con LFT superiore a 25 m (Figura 2). In base ai dati IREPA-MIPAAF aggiornati al 2009 nelle Marche esistono 12 coppie di volanti (24 imbarcazioni) di grandi dimensioni (113 GT medi e 461 kw medi). Tabella 5 Caratteristiche tecniche e composizione % della flotta peschereccia nelle marche per sistemi di pesca, anno 2009 (Fonte MIPAAF-IREPA).

39 Tabella 6 - Valori medi dei principali indicatori di capacità nelle Marche, anno 2009 (Fonte MIPAAF- IREPA). Figura 2 Imbarcazioni a strascico delle marinerie marchigiane aventi diverse dimensioni. Un altro indice di sforzo di pesca è dato dal tempo trascorso in mare per la pesca. Dai dati MIPAAF-IREPA è possibile osservare come le imbarcazioni dedite alla piccola pesca sino responsabili del maggior sforzo di pesca in termini di giornate di pesca: infatti sia come numero di giorni totali che come numero medio di giornate di pesca annuali, il settore della piccola pesca è risultato di gran lunga il più attivo della regione (167 giorni di pesca medi/anno per barca), senza considerare le imbarcazioni che operano con attrezzi polivalenti passivi, nonostante siano le imbarcazioni di più piccole dimensioni. Questo fatto è spiegabile principalmente considerando che mentre in tutti i diversi segmenti (strascico, draghe idrauliche, volanti) esiste una regolamentazione sia nazionale che interna legata ai Consorzi, sui periodi e sulle giornate settimanali di fermo, il comparto della piccola pesca risulta potenzialmente attivo per 365 giorni l anno. Pertanto i giorni di inattività di questo segmento sono essenzialmente legati alle condizioni meteo-marine avverse. Al contrario, fermo restando quanto previsto dal contratto collettivo nazionale di lavoro in materia di riposo settimanale, in tutti i compartimenti marittimi, è vietata la pesca con il sistema a strascico e/o volante nei giorni di sabato, domenica e festivi. A questo va aggiunto il fermo pesca biologico di circa un mese stabilito annualmente durante il periodo estivo. 39

40 Il comparto peschereccio delle draghe idrauliche sembra esercitare il più basso sforzo di pesca in termini giorni di pesca annuali; infatti l operatività di questo settore sembra all incirca dimezzata rispetto agli altri segmenti della flotta (83,5 giorni medi pesca/anno). Il fatto è principalmente determinato dalla particolare gestione della pesca con draghe idrauliche stabilita dai Consorzi di Gestione; in sostanza, in base allo stato della risorsa vongola (Chamelea gallina) e alle richieste commerciali, durante l arco dell anno l operatività di questo settore peschereccio prevede lunghi periodi di inattività per consentire il ripristino della risorsa vongola. Tabella 7 - Andamento dell'attività di pesca per sistema di pesca nelle Marche, anno 2009 (fonte MIPAAF-IREPA). I dati ufficiali (IREPA-MIPAAF) riportano di un complessivo decremento sia nel numero che nella potenza delle imbarcazioni a strascico operanti nelle Marche a partire dal 2000 (Figura 3). Negli ultimi 4 anni tuttavia la situazione sembra aver raggiunto una certa stabilità e la flotta a strascico sembra non aver subito grosse variazioni. Per quanto riguarda il segmento peschereccio dedito alla pesca con reti volanti, si è assistito ad un incremento nel numero e quindi nella potenza delle imbarcazioni dovuto, probabilmente, al passaggio di alcune imbarcazioni dal sistema strascico al sistema volante. Il comparto delle draghe idrauliche ha mostrato un andamento più irregolare con una tendenza alla diminuzione in numero e potenza a partire dal Per la piccola pesca dopo un brusco decremento in numero e potenza dal 2000 al 2002 la situazione si è stabilizzata senza grandi cambiamenti.

41 N unità kw N unità kw N unità kw N unità kw STRASCICO STRASCICO ANNO ANNO VOLANTE VOLANTE ANNO ANNO DRAGHE IDRAULICHE DRAGHE IDRAULICHE ANNO ANNO PICCOLA PESCA PICCOLA PESCA ANNO ANNO Figura 3 - Consistenza della flotta marchigiana (numero di unità e potenza motore) per i diversi segmenti dal 2000 al

42 ATTIVITA DI CATTURA NELLE MARCHE Per quanto riguarda l attività di cattura registrata nelle Marche aggiornata al 2009 (dati MIPAAF-IREPA) il settore più importante, sia in termini di biomassa catturata che di ricavi, è risultato quello dello strascico (Tabella 8). Questo settore peschereccio ha infatti realizzato circa il 35% delle catture totali in termini ponderali e oltre il 57% del ricavo complessivo, segno evidente che le specie catturate (scampi, naselli, rane pescatrici ecc.) hanno un elevato valore commerciale. Le volanti, pur costituendo un esiguo 2,7% della flotta marchigiana hanno totalizzato oltre il 20% delle catture totali, come è possibile osservare dai dati di cattura giornalieri (Figura 4), sebbene il valore delle specie catturate (fondamentalmente acciughe e sardine) sia piuttosto basso (1,4 euro/kg in media). Questo fatto spiega per quale motivo i problemi principali di questo settore peschereccio siano legati a motivi commerciali. Le draghe idrauliche hanno totalizzato il 29% circa della cattura complessiva in termini di peso e il 18% circa in termini di ricavi. Il settore della piccola pesca pur avendo realizzato il 14% della cattura in peso ha totalizzato il 25% in termini di ricavi, segno che le specie catturate hanno un elevato valore commerciale. Tabella 8 - Catture, ricavi e prezzi per sistemi di pesca, Marche, Comparto CATTURE [tonn] %TOT RICAVI (mln ) %TOT EURO/KG Strascico 8902,0 35,6 57,1 49,5 6,4 Volante 5141,0 20,6 7,1 6,1 1,4 Draghe idrauliche 7257,0 29,0 20,3 17,6 2,8 Piccola pesca 3499,0 14,0 29,1 25,2 8,3 Palangari 193,0 0,8 1,8 1,5 9,2 Totale 24991,0 100,0 115,3 100,0 4,6 L andamento delle catture ha evidenziato per lo strascico, dopo una fase di incremento osservata nel quadriennio , un progressivo e costante decremento nei tre anni successivi (Figura 4). Il trend negativo sembra essersi ripetuto anche nel 2010 e proseguire nel Per il comparto delle imbarcazioni che operano con reti volanti il trend negativo delle catture sembra essere in atto già a partire dal 2005 (Figura 4). Per i comparti pescherecci della piccola pesca e delle draghe idrauliche la tendenza alla decremento delle catture sembra essere in atto a partire dal 2007, sebbene una tendenza al ribasso fosse evidente già a partire dal Considerata la difficoltà di raccogliere e organizzare le informazioni relative alle catture, ai ricavi giornalieri, alla produzione media giornaliera, ai giorni pesca nel presente progetto è stato sviluppato un sistema informatizzato di raccolta dati che consentirà, anche in futuro, di automatizzare e velocizzare la gestione e la rielaborazione delle informazioni raccolte presso il mercato ittico di Ancona. Se possibile un analogo sistema potrà essere realizzato anche per altri importanti mercati ittici Marchigiani.

43 tonn/anno/barca kg/giorno/barca tonn/anno/barca kg/giorno/barca tonn/anno/barca kg/giorno/barca tonn/anno/barca kg/giorno/barca STRASCICO STRASCICO 60,00 400,00 50,00 40,00 350,00 300,00 250,00 30,00 200,00 20,00 10,00 150,00 100,00 50,00 0, ANNO 0, ANNO VOLANTE VOLANTE 400, ,00 350,00 300, ,00 250,00 200,00 150, , ,00 100,00 50,00 500,00 0, ANNO 0, ANNO DRAGHE IDRAULICHE DRAGHE IDRAULICHE 80,00 700,00 70,00 600,00 60,00 50,00 40,00 30,00 20,00 500,00 400,00 300,00 200,00 10,00 100,00 0, ANNO 0, ANNO PICCOLA PESCA PICCOLA PESCA 16,00 70,00 14,00 60,00 12,00 10,00 8,00 6,00 4,00 50,00 40,00 30,00 20,00 2,00 10,00 0, ANNO 0, ANNO Figura 4 Andamento delle catture annuali e giornaliere per settore (Fonte MIPAAF-IREPA). 43

44 IMPATTO DELLE RETI A STRASCICO Negli ultimi anni il CNR-ISMAR di Ancona ha condotto alcune ricerche che avevano lo scopo di valutare l impatto fisico delle reti a strascico sul fondo. La valutazione dell impatto di diverse tipologie di reti a strascico è stata condotta con l ausilio del sonar a scansione laterale, meglio conosciuto a livello internazionale come Side scan sonar (SSS). In sostanza, il sonar a scansione laterale consiste di un trasduttore acustico, il cosiddetto tow-fish, uno strumento siluriforme lungo circa 1 m che invia verso il fondo marino un segnale sonoro da ciascuno dei suoi lati, a 90 rispetto alla rotta dell imbarcazione di supporto. Le onde si propagano attraverso l acqua e, una volta giunte sul fondo del mare, vengono riflesse dalle irregolarità del fondale e da qualsiasi oggetto giacente su questo, tornando al ricevitore che registra il corpo come massimo riflettente. Ovviamente, l oggetto interrompe il viaggio del segnale acustico verso il fondale, provocando delle zone d ombra sonora, cioè zone in cui il segnale non arriva affatto o, se arriva, non viene restituito al towfish. Questo tipo di funzionamento lascia naturalmente e necessariamente una fascia di fondo non ispezionato che corrisponde proprio al corridoio di rimorchio del sensore e che ha di solito una larghezza proporzionale all'altezza alla quale viene trainato il sensore stesso sopra al fondale. In genere l'altezza del sensore (tow fish) rimorchiato dall'imbarcazione varia in funzione della profondità d'acqua e dello scopo per cui si conduce l'indagine. L'altezza rispetto al fondo, inoltre, può costituire fattore di pericolo per lo stesso strumento che può essere perso sulle cuspidi di rilievi sottomarini o sulle porzioni apicali di relitti particolarmente sopraelevati rispetto al fondale sul quale questi giacciono. In genere un'altezza pari ad una decina di metri sui fondali bassi e di qualche decina di metri sui fondali maggiori è sufficiente a garantire sicurezza del sensore e qualità risolutiva dei sonogrammi. Una regola generale consiste nel settare l altezza del tow fish a un valore pari al 10% del range selezionato per la scansione del fondale. Il sonar riceve i segnali di ritorno, li amplifica e li invia ad un sistema di processione dati e ad un display. Il SSS è quindi uno strumento che consente di esplorare larghe aree di fondale marino in tempi ristretti in quanto lo strumento viene in genere trainato a velocità di crociera tra i 2 e i 6 nodi per consentire da un lato una certa stabilità di assetto al sensore rimorchiato e dall'altro la completa e adeguata raccolta e registrazione delle informazioni acustiche di ritorno. Le tipiche applicazioni del sonar danno luogo a registrazioni in scala di grigio, dove i forti riflettori sono mostrati nella registrazione come aree chiare, mentre la totale mancanza di segnale di ritorno dà luogo ad un area scura. Il Side scan sonar fornisce come prodotto finale un immagine su carta o a video, risultante dalla mosaicatura di tante strisce corrispondenti a successivi segnali ricevuti dal fondale in seguito all invio di un impulso. Questa tecnologia è stata inizialmente sviluppata durante la seconda guerra mondiale per l individuazione dei sommergibili e solo successivamente è stato impiegato per scopi civili. In particolare negli ultimi anni è stata utilizzata per la ricerca di relitti o siti archeologici. Oltre alla ricerca di relitti, corpi sommersi e strutture artificiali emergenti dal piano di fondo, più o meno rilevati sopra di esso, il sonar a scansione laterale è un insostituibile strumento per acquisire conoscenze sulla morfologia del fondale e determinare la presenza di svariate strutture e forme (canali di corrente, canyon e valli sottomarine, residui di erosione) derivanti da processi erosivi o generate da processi sedimentari (dune, creste di fondo, megaripple). Arature di ancore sul fondo, tracce del passaggio di reti a strascico, segni di trascinamento o di strascico di cavi o di catene sono altri elementi morfologici desumibili dai

45 sonogrammi che in tempi relativamente brevi ci consentono di esaminare una più o meno estesa area di fondo marino. Come in tutte le applicazioni subacquee degli strumenti acustici, le frequenze più elevate offrono i migliori risultati di definizione e di risoluzione dei sonogrammi, così che nella fascia tra 100 e i 500 khz non si subisce una rilevante variazione di portata e di campo con il variare della frequenza di emissione. A valori elevati di frequenza (cioè da 1000 khz in su) si trovano sonar a scansione laterale con larghezza di fascia investigata ridotta a soli 25 metri, e con potere risolutivo abbastanza elevato da permettere d'individuare ordigni bellici e mine, identificandone sia il tipo sia i dettagli dimensionali e morfologici. Sul lato opposto, nella fascia delle basse frequenze, dove si hanno livelli di risoluzione relativamente bassi ma propagazioni acustiche molto elevate, si trovano invece modelli e sistemi impiegati nelle indagini geomorfologiche e geologiche sottomarine e nella cartografia di ampie aree di fondale marino. I ricercatori dell ISMAR-CNR hanno impiegato il sonar a scansione laterale in una maniera innovativa. In pratica, trainando il tow-fish ad una velocità molto bassa (1-2 nodi) nelle immediate vicinanze di un peschereccio in fase di pesca, sono riusciti a monitore in tempo reale da un lato, il comportamento dell attrezzatura trainata, dall altro, l impatto fisico esercitato dalla stessa sul fondo. La dimensione delle diverse parti dell attrezzatura, come pure la profondità dei solchi determinata dagli attrezzi al traino sul fondo, veniva determinata in base all entità dell ombra generata dal fascio acustico del sidescan sonar. Per lo studio sono stati utilizzati due diversi tow-fish aventi una diversa frequenza di segnale: il tow-fish a 340 khz consentiva di monitorare una superficie di fondale più vasta, mentre il tow-fish a 670 khz da un lato, non permetteva di investigare vaste aree, dall altro, consentiva di ottenere immagini più definite. le acquisizioni sono state realizzate utilizzando due differenti tow fish della Deep Vision Sonar System operanti rispettivamente alle frequenze di 340KHz e 670KHz. Nel caso delle vongolare e dei rapidi, la larghezza dello strumento di cattura è stata utilizzata come parametro utile per valutare il grado di accuratezza e di affidabilità delle misure effettuate. Infatti, vongolare e rapidi hanno una larghezza fissa, sono appunto detti strumenti a bocca fissa, e pari rispettivamente a 3 e 4 metri. Di conseguenza è doveroso aspettarsi che le misure effettuate sui sonogrammi acquisiti riguardanti la larghezza degli strumenti da pesca e dei solchi da essi prodotti assumano, nel caso in cui l immagine risulti ben formata, esattamente il valore di 3 e 4 metri rispettivamente. I sonogrammi ottenuti al side scan sonar hanno consentito di verificare la corretta geometria della rete in fase di pesca, il posizionamento dei divergenti, le aperture orizzontali della bocca della rete e dei divergenti e altri dettagli tecnici delle reti, altrimenti soltanto ipotizzabili. Inoltre le immagini fornite dal sonar a scansione laterale hanno permesso di valutate direttamente l impatto fisico di diverse attrezzature sul fondo. In particolare, negli ultimi anni è emersa, fra le marinerie marchigiane, una problematica legata all impatto esercitato sul fondo dalla tipologia di reti cosiddette americane. Le reti americane presentano, rispetto alle tradizionali reti a strascico italiane, un armamento diverso e uno schema costruttivo diverso: 45

46 - le reti americane sono reti a 4 pannelli (superiore, inferiore, e due piccoli pannelli laterali) mentre le reti tradizionali sono a due facce (superiore ed inferiore); - le reti americane sono armate con calamenti molto corti mentre le reti tradizionali con armamenti molto lunghi (da 100 a 300 m); - le reti americane a parità di lunghezza della lima da sugheri, sono più piccole delle reti tradizionali, in quanto i bracci della rete sono molto più angolati rispetto al corpo. L utilizzo del side scan sonar ha permesso di chiarire questa problematica. Nelle immagini seguenti è possibile osservare il comportamento delle due reti a strascico sul fondo, monitorate in tempo reale durante le fasi di pesca e le diverse parti delle attrezzature (Figura 5). Dalle immagini ottenute al side scan sonar è possibile osservare che nella rete americana, per via della ridotta lunghezza del calamento, il divergente si trova a breve distanza dalla punta del braccio della rete; pertanto, per garantire un adeguata apertura della bocca della rete, il divergente opera con un elevato angolo di attacco esercitando un notevole impatto fisico sul fondo (Figura 5). Il notevole impatto del divergente di una rete americana è inoltre evidenziato dalla traccia lasciata dallo stesso sul fondo, da cui è possibile osservare la progressione a balzelli sul fondo (Figura 6). Nel caso della rete tradizionale, invece, la notevole lunghezza del calamento fa si che il divergente operi con un angolo di attacco minore e di conseguenza eserciti un impatto inferiore. Figura 5 Impatto sul fondo esercitato da una rete tradizionale (sinistra) e da una rete americana (destra) rilevato al side scan sonar.

47 Figura 6 Traccia lasciata dal divergente di una rete americana sul fondo. Le reti sono in genere armate con una catena che in gergo viene chiamata pescatrice. Tale catena è collegata alle due estremità dei bracci della rete in corrispondenza della lima da piombo; la catena è tuttavia più corta della lima stessa, pertanto la pescatrice viene a trovarsi, durante il traino della rete, in posizione più avanzata rispetto alla lima da piombo (poco più di un metro; Figura 7). Tale catena ha infatti la funzione di smuovere il fondo e di stanare organismi ivi insediati, aumentando l efficienza della rete. L utilizzo di tale catena aumenta comprensibilmente anche l impatto sul fondo esercitato da questa tipologia di reti. Figura 7 Dettagli ottenuti al side scan sonar da cui è possibile osservare lima dei sugheri, lima dei piombi e pescatrice. 47

48 I sonogrammi ottenuti al side scan sonar hanno evidenziato anche il solco determinato da diverse attrezzature a strascico. Il solco provocato dai divergenti della rete tradizionale è profondo in media all incirca cm mentre quello determinato dai divergenti delle reti americane è di circa cm (Figura 8). I sonogrammi sembrano inoltre indicare che vi è un maggiore sollevamento di fango causato dal diverso armamento delle reti americane rispetto a quello utilizzato per la rete tradizionale. L impatto sul fondo esercitato dalle reti sembra essere meno evidente. Ancor più evidente è l impatto esercitato dai rapidi. I rapidi sono attrezzi trainati costituiti da una sorta di draga, realizzata con un telaio in ferro, armato, nella sua parte inferiore, con dei denti incurvati verso il basso. Sono attrezzi ideati per la cattura di sogliole e ogni imbarcazione riesce a trainare fino a 4 rapidi. Dalla Figura 9 è possibile osservare come si dispongano i 4 rapidi in fase di pesca e quale sia il loro impatto. Figura 8 Impatto esercitato da diverse attrezzature a strascico: divergenti (sinistra) e rapidi (destra). Figura 9 Sonogramma da cui è possibile 4 rapidi in fase di pesca.

49 La tecnologia applicata dall ISMAR-CNR di Ancona, è tutt ora in fase di sperimentazione ma sicuramente apre nuovi scenari alla valutazione dell impatto delle attrezzature da pesca. In sintesi i risultati ottenuti dai rilievi al side scan sonar possono essere riassunti come segue: - gli attrezzi a strascico determinano un impatto considerevole sul fondo; - i divergenti delle reti americane sembrano avere un impatto superiore rispetto ai divergenti delle reti tradizionali, cosa rilevabile facilmente dalla notevole quantità di fango sollevato durante il traino e dall entità del solco; - le reti a strascico sembrano determinare un impatto di lieve entità rispetto ai divergenti che invece causano un solco netto; - la catena pescatrice sembra essere la parte della rete che determina la maggiore perturbazione del fondo; - i rapidi esercitano un notevole impatto sul fondo, sebbene l entità del solco sia difficilmente valutabile. SELETTIVITÀ DELLE RETI A STRASCICO A far data dal , con l entrata in vigore delle modifiche previste dal Reg. CE 1967/2006, le maglie del sacco delle reti trainate devono essere costituite da maglie quadrate da 40 mm o, su richiesta debitamente motivata da parte del proprietario del peschereccio, da maglie romboidali da 50 mm. In Mediterraneo gli studi relativi alla selettività delle reti a strascico negli ultimi 20 anni sono stati incentrati sulla dimensione e sulla conformazione (quadrata o romboidale) delle maglie del sacco. Nella Tabella 9 seguente sono riportati i risultati degli studi condotti in diverse aree del bacino. Dalla Tabella è possibile osservare due dati rilevanti ai fini gestionali: - l aumento della dimensione di maglia determina un aumento della taglia di prima cattura o L50 (lunghezza alla quale un organismo ha il 50% di possibilità di essere catturato o di sfuggire dalle maglie del sacco); - allo stesso modo anche l utilizzo di una maglia quadra piuttosto che una maglia romboidale determina una lunghezza di ritenuta al 50% superiore, ad eccezione della Zanchetta (Arnoglossus laterna). Quindi per aumentare la selettività di un sacco di una rete a strascico è opportuno agire sulla dimensione o sulla conformazione delle maglie. Questo spiega perché nel nuovo Regolamento per il Mediterraneo 1967/2006 nell ottica di introdurre attrezzi più selettivi sono state modificate le maglie del sacco, cioè della parte della rete dove si attua principalmente il processo di selezione. Tuttavia è bene ricordare che nel Mediterraneo, caratterizzato da un elevata multispecificità, le diverse specie di pesci, crostacei e molluschi raggiungono la maturità sessuale a taglie diverse. Considerando che molte specie convivono nello stesso habitat e frequentano gli stessi 49

50 fondali, avviene che in un operazione di pesca a strascico molte specie diverse vengono catturate contemporaneamente. Questo fa si che le aperture di maglia fissate dalla regolamentazione europea (50 mm romboidali o 40 mm quadrate) possono garantire la salvaguardia della taglia di prima riproduzione di molte specie, ma, comprensibilmente, non di tutte. Ad esempio dalla Tabella 9 è possibile osservare che la maglia quadrata da 40 mm al sacco delle reti a strascico riesce grossomodo a salvaguardare la taglia di prima cattura e commercializzazione della triglia (Mullus barbatus) e dello scampo (Nephrops norvegicus), due delle principali specie bersaglio. Al contrario si osserva come per il nasello (Merluccius merluccius) in nessuno studio di selettività sia stato raggiunto un L50 pari alla taglia di prima riproduzione/cattura/commercializzazione (20 cm). Le aperture di maglia del sacco delle reti a strascico in Mediterraneo rappresentano quindi delle misure di compromesso per garantire la salvaguardia della taglia di prima riproduzione della maggior parte delle specie di interesse commerciale. Per ovvie ragioni quindi, non è pensabile che soltanto agendo sulle maglie del sacco possa essere soddisfatto l obiettivo biologico di garantire il rispetto della taglia di prima di riproduzione per tutte le specie del medesimo ecosistema. Utilizzando il fattore di selezione SF, dato dal rapporto tra L50 e apertura di maglia, è possibile ottenere una stima grossolana sull apertura di maglia che sarebbe necessaria per raggiungere l obiettivo di salvaguardare la taglia di prima riproduzione per le specie investigate. Dai dati ottenuti si osserva che nel caso del nasello sarebbe necessaria una maglia quadrata da circa 53 mm e di una maglia romboidale superiore addirittura a 60 mm. Nell ottica di un approccio precauzionale alla gestione delle risorse emerge quindi che le misure tecniche previste dal Regolamento CE 1967/2006 dovrebbero essere rispettate e che la maglia quadra, più selettiva, dovrebbe essere utilizzata al posto della maglia romboidale da 50 mm di apertura (il Regolamento lascia al pescatore la libertà di scegliere una delle due maglie). Quest ultima infatti, stirandosi, rimane praticamente chiusa durante il traino, lasciando qualche possibilità di fuga esclusivamente durante le operazioni di salpamento dell attrezzatura. Tuttavia, come già rilevato, anche la maglia quadra da 40 mm di apertura deve considerarsi una misura di compromesso in quanto riesce a salvaguardare la taglia di prima riproduzione sessuale (L50) o taglia di prima di cattura di alcune specie ma non di tutte, come ad esempio nel caso del Merluccius merluccius. E auspicabile quindi una sperimentazione e un successivo utilizzo di maglie al sacco aventi apertura superiore a quella fissata dalla regolamentazione europea (Reg. CE 1967/06).

51 E A e g S 4 5 Tabella 9 Risultati di studi di selettività condotti in Mediterraneo. TM: Taglia Minima; AM: Apertura di Maglia; CMS: Conformazione di Maglia del Sacco; DM: Maglia romboidlae; SM: Maglia quadrata; L50: Lunghezza di ritenuta al 50%; SR: Selection Range; SF: Selection Factor. SPECIE TM [cm] Bibliografia Area AM [mm] CMS L50 [cm] SR [cm] SF Aristaeomorpha foliacea - Lucchetti et al., 2008 STS 44 DM 1,55 0,55 0,35 Gambero rosso 44 SM 2,06 0,25 0,47 54 DM 2,14 0,70 0,40 54 SM 2,74 0,43 0,51 Deval et al., 2009 EM 44 DM (PA) 1,85 5,80 0,42 40 SM (PE) 1,86 4,00 0,47 Aristeus antennatus - Guijarro and Massuttí, 2006 WMS 40 DM 1,72 0,22 0,43 Gambero viola 40 SM 2,21 0,53 0,55 Deval et al., 2009 EM 44 DM (PA) 1,70 7,20 0,39 40 SM (PE) 1,98 4,80 0,50 Arnoglossus laterna - Sala et al., 2008 NAS 39 DM 8,30 1,18 2,15 Zanchetta 39 SM 7,61 0,77 1,97 Diplodus annularis - Őzbilgin et al., 2005 EAegS 40 DM 9,30 0,90 2,33 Sarago sparaglione 40 DM 9,20 0,90 2,30 40 DM 8,90 1,10 2,23 40 DM 8,70 1,10 2,18 Lok et al., 2007 (WGFTFB07) EAegS 44 DM 9,29 * 2,11 44 SM 8,71 * 1,98 Eledone cirrhosa - Ordines et al., 2006 WMS 40 DM 1,60 3,90 0,40 Moscardino 40 SM 6,00 2,90 1,50 Helicolenus dactylopterus - Guijarro and Massuttí, 2006 WMS 40 DM 8,70 1,10 2,18 Scorfano di fondale 40 SM 11,10 3,60 2,78 Tokac et al., 2007 (WGFTFB07) AegS 40 DM 8,45 * 2,10 40 SM 9,66 * 2,40 Illex coindettii - Sala et al., 2008 NAS 39 DM 4,90 0,97 1,27 Totano 39 SM 8,38 1,90 2,17 Tosunoğlu et al., 2009 EM 45 DM 4,20 2,90 0,94 42 SM 7,80 3,20 1,84 43 HM 5,20 2,80 1,22 Lepidorhombus boscii 15 Petrakis and Stergiou, 1997 WAegS 20 DM 10,32 3,25 5,16 Rombo quattrocchi 20 SM 8,50 3,49 4,25 Guijarro and Massuttí, 2006 WMS 40 DM 9,80 2,00 2,45 40 SM 9,50 0,70 2,38 Tokac et al., 2007 (WGFTFB07) AegS 40 DM 10,23 * 2,54 40 SM 8,89 * 2,21 Loligo vulgaris - Ordines et al., 2006 WMS 40 DM 3,40 2,00 0,85 Calamaro 40 SM 5,80 2,10 1,45 Tosunoğlu et al., 2009 EM 45 DM 4,60 1,00 1,03 42 SM 6,00 1,50 1,42 43 HM 4,20 1,80 0,99 Merluccius merluccius 20 Petrakis and Stergiou, 1997 WAegS 14 DM 4,16 6,75 2,97 Nasello 20 DM 13,79 7,06 6,90 20 SM 15,10 5,68 7,55 Őzbilgin et al., 2005 EAegS 40 DM 14,28 3,42 3,57 40 SM 15,25 2,87 3,81 Ordines et al., 2006 WMS 40 DM 10,60 3,30 2,65 40 SM 15,20 3,30 3,80 Bahamon et al., 2006 NWM 40 DM 10,10 3,10 2,51 40 SM 16,00 3,20 3,97 Guijarro and Massuttí, 2006 WMS 40 DM 11,60 0,80 2,90 40 SM 15,30 2,20 3,83 Tokac et al., 2007 (WGFTFB07) AegS 40 DM 11,14 * 2,76 40 SM 13,78 * 3,42 Lucchetti, 2008 CAS 43 DM 7,60 4,01 1,78 43 SM 12,98 3,65 3,03 Sala et al., 2008 NAS 39 DM 8,26 1,74 2,13 39 SM 14,17 3,64 3,67 Sala e Lucchetti, 2010 CAS 45 DM 8,73 4,19 1,93 43 SM 12,00 6,31 2,78 46 DM 10,08 6,16 2,17 Ates et al., 2010 Marmara 40 DM 9,60 4,10 2,40 40 SM 12,60 4,50 3,15 Aydin e Tosunoğlu, 2010 DM 14,70 4,60 3,29 42 SM 15,90 5,60 3,75 51

52 M S 2 4 E A e g S 4 2 S M Tabella 9 continua. SPECIE TM [cm] Bibliografia Area AM [mm] CMS L50 [cm] SR [cm] SF Micromesistius poutassou - Petrakis and Stergiou, 1997 WAegS 20 DM 21,17 4,11 10,59 Potassolo 20 SM 16,96 4,40 8,48 Sala e Lucchetti, 2010 CAS 45 DM 10,58 4,46 2,34 43 SM 13,61 4,46 3,15 46 DM 10,58 4,46 2,28 Mullus barbatus 11 Tokaç et al., 1998 EAS 36 DM 11,02 1,76 3,06 Triglia di fango 36 SM 11,82 1,58 3,28 40 DM 12,19 2,15 3,05 40 SM 13,20 1,85 3,30 44 DM 13,50 2,65 3,07 44 SM 14,67 2,89 3,33 Lok et al.,2007 (WGFTFB07) EAegS 44 DM 12,37 * 2,81 44 SM 14,19 * 3,23 Lucchetti et al., 2008 STS 44 DM 8,21 1,50 1,87 44 SM 13,30 1,63 3,02 54 DM 11,36 3,09 2,10 54 SM 16,91 3,46 3,13 Sala et al., 2008 NAS 39 DM 7,76 1,86 2,00 39 SM 10,91 1,43 2,83 Mullus surmuletus 11 Ordines et al., 2006 WMS 40 DM 4,50 5,80 1,13 Triglia di scoglio 40 SM 12,20 2,10 3,05 Ates et al., 2010 Marmara 40 DM 9,80 2,90 2,45 40 SM 13,20 3,20 3,30 Nephrops norvegicus 2 Stergiou et al., 1997 WAegS 20 DM 2,28 0,95 1,14 Scampo 20 SM 2,40 0,59 1,20 Mytilineou et al., 1998 EM 41 DM 1,78 0,50 0,44 47 DM 2,01 0,66 0,43 52 DM 2,05 0,76 0,40 Bahamon et al., 2006 NWM 40 DM SM 2,20 0,65 0,55 Tokac et al., 2007 (WGFTFB07) AegS 40 DM 1,60 * 0,40 40 SM 1,94 * 0,48 Sala et al., 2008 NAS 39 DM 1,56 0,19 0,40 39 SM 1,92 0,35 0,50 Kaykaç et al., 2009 EAegS 40 DM 1,60 0,45 0,40 40 SM 1,93 0,59 0,48 Sala e Lucchetti, 2010 CAS 45 DM 1,59 0,57 0,35 43 SM 1,96 0,77 0,45 46 DM 1,69 0,83 0,36 Pagellus erythrinus 12 Lok et al., 2007 EAegS 44 DM 12,39 * 2,82 Pagello fragolino 44 SM 12,53 * 2,85 Sala et al., 2008 NAS 39 DM 7,56 2,43 1,95 39 SM 9,67 1,36 2,50 Parapenaeus longirostris 2 Deval et al., 2006 Marmara 32 DM (PE) 0,84 0,20 0,26 Gambero rosa 32 SM (PA) 0,91 0,16 0,28 Guijarro and Massuttí, 2006 WMS 40 DM 1,72 0,17 0,43 40 SM 2,06 0,21 0,52 Zengin e Tosunoğlu, 2006 DM 1,51 0,71 0,63 28 DM 1,92 1,24 0,69 32 DM 1,97 0,93 0,62 28 SM 2,26 0,76 0,81 Tokac et al., 2007 (WGFTFB07) AegS 40 DM 1,45 * 0,36 40 SM 1,62 * 0,40 Sala et al., 2008 NAS 39 DM 1,20 0,24 0,31 39 SM 1,49 0,26 0,39 Kaykaç et al., 2009 EAegS 42 DM 1,45 0,55 0,34 49 DM 1,66 0,65 0,34 43 SM 1,63 0,43 0,38 Aydin e Tosunoğlu, ,67 0,65 0,39 43 HM 1,74 0,62 0,41 Deval et al., 2009 EM 44 DM (PA) 1,63 0,61 0,37 40 SM (PE) 1,82 0,55 0,46 Phycis blennoides - Guijarro and Massuttí, 2006 WMS 40 DM 12,00 4,10 3,00 Musdea bianca 40 SM 16,30 2,00 4,08

53 E A e g S 4 5 Tabella 9 continua. SPECIE TM [cm] Bibliografia Area AM [mm] CMS L50 [cm] SR [cm] SF Plesionika martia - Deval et al., 2009 EM 44 DM (PA) 1,41 0,50 0,32 Gobbetto 40 SM (PE) 1,58 0,37 0,40 Guijarro and Massuttí, 2006 WMS 40 DM 1,65 0,07 0,41 40 SM 1,82 0,20 0,46 Scorpaena notata 11 Ordines et al., 2006 WMS 40 DM 2,00 3,40 0,50 Scorfanotto 40 SM 9,70 1,20 2,43 Sepia orbignyana - Tosunoğlu et al., 2009 EM 45 DM 3,00 1,20 0,67 Seppietta 42 SM 3,80 1,30 0,90 43 HM 3,10 1,40 0,73 Spicara smaris - Lok et al., 2007 (WGFTFB07) EAegS 44 DM 14,71 * 3,34 Zerro 44 SM 15,36 * 3,49 Trachinus draco - Ordines et al., 2006 WMS 40 DM 13,30 1,50 3,33 Tracina drago 40 SM 18,10 2,70 4,53 Trachurus mediterraneus 12 Ordines et al., 2006 WMS 40 DM 13,70 2,10 3,43 Sugarello maggiore 40 SM 15,20 3,00 3,80 Sala et al., 2008 NAS 39 DM 9,71 2,75 2,51 39 SM 13,12 2,43 3,40 Trachurus trachurus 12 Aydin e Tosunoğlu, 2010 DM 10,40 3,10 2,33 Sugarello 42 SM 14,40 4,80 3,40 43 HM 11,00 4,30 2,58 Trisopterus m. capelanus - Petrakis and Stergiou, 1997 WAegS 20 DM 13,73 5,50 6,87 Busbana 20 SM 11,85 5,95 5,93 Őzbilgin et al., 2005 EAegS 40 DM 14,11 1,69 3,53 40 SM 14,25 1,61 3,56 Bahamon et al., 2006 NWM 40 DM 9,20 3,00 2,28 40 SM 13,00 3,00 3,23 Sala et al., 2008 NAS 39 DM 8,11 2,07 2,10 39 SM 11,26 1,65 2,92 Sala e Lucchetti, 2010 CAS 45 DM 6,30 1,33 1,39 43 SM 9,18 2,94 2,13 46 DM 6,30 1,33 1,36 53

54 CATTURE ACCIDENTALI Nell ultimo decennio la comunità scientifica internazionale ha rivolto una particolare attenzione verso l impatto delle diverse attività di pesca sull ambiente marino; infatti se fino a qualche decennio fa l incidenza della pesca sugli habitat marini sembrava ininfluente, attualmente questa viene considerata paragonabile ad un inquinamento antropico. In particolare, le attività di pesca condotte nel Mediterraneo stanno attualmente sfruttando, tramite l uso contemporaneo di varie pratiche alieutiche, gran parte delle risorse disponibili fino a una profondità di oltre 800 metri. Il Codice di condotta FAO (1995) per la pesca responsabile suggerisce alcuni concetti di fondamentale importanza per la conservazione dell ambiente marino e delle sue risorse: Pratiche e attrezzi della pesca selettivi e sicuri per l ambiente dovrebbero essere ulteriormente sviluppati ed appropriatamente applicati al fine di mantenere la biodiversità e di conservare la struttura della popolazione e l'ecosistema acquatico e proteggere la qualità del pesce e inoltre Le misure gestionali dovrebbero non soltanto assicurare la conservazione delle specie bersaglio ma anche delle specie appartenenti al medesimo ecosistema o dipendenti da specie bersaglio o ad esse associate. L obiettivo principale delle misure tecniche di conservazione dovrebbe essere pertanto quello di aumentare la selettività degli attrezzi da pesca e ridurre le catture di novellame e di altre fasi giovanili. Molte tecniche di pesca sono infatti tutt altro che selettive: in tal senso la pesca a strascico si delinea come la tecnica a più alto impatto poiché oltre alle specie bersaglio, vengono catturate, e poi rigettate in mare in genere prive di vita, molte altre specie che vengono classificate come bycatch. Con il termine bycatch viene individuata quella parte della cattura che non è direttamente bersaglio di un attività di pesca. Nel bycatch sono comprese sia specie di interesse commerciale, catturate accidentalmente, sia specie che per diversi motivi non hanno una rilevanza commerciale (perché di taglia piccola o rovinate o perché non apprezzate dai consumatori). All interno del bycatch non commerciale rientrano pertanto anche tutte le specie marine protette dai rettili ai mammiferi, agli squali fino agli uccelli marini. In Italia, ma più in generale in tutto il Mediterraneo, esiste ormai da diversi anni un problema concreto per la protezione di Caretta caretta, specie prioritaria inserita negli Allegati II e IV della Direttiva Habitat. Tradizionalmente gli attrezzi da pesca più pericolosi per le tartarughe sono rappresentati dai palangari e dalle reti derivanti e da posta. Negli ultimi anni però anche le reti a strascico sono spesso risultate protagoniste della cattura accessoria di tartarughe, anche in aree in cui fino a poco tempo fa venivano raramente catturate come ad esempio nel Mar Adriatico (Figura 10). I bassi fondali che caratterizzano l alto e medio Adriatico, rendono quest area particolarmente favorevole alla cosiddetta fase bento-neritica di Caretta caretta, che si reca in questi fondali per cibarsi. Il rischio maggiore per le tartarughe marine catturate accidentalmente dalle reti a strascico deriva, oltre che dai danni fisici causati dall impatto con le diverse parti dell attrezzo, dal tempo di permanenza sott acqua. Infatti il rischio di affogamento degli animali, anche se capaci di prolungate apnee, in condizioni di stress e di limitazione di movimento, risulta elevatissimo. Oltre alla morte per annegamento, sono frequenti gli esemplari che presentano

55 livelli di danno comunque elevati dovuti alla prolungata permanenza in mare in condizioni di stress, e che sulla base dei dati disponibili, possono manifestare un decorso tutt altro che banale. Alcuni autori hanno stimato per l Adriatico centro-settentrionale, lato italiano, 4273 eventi di cattura all anno, con una mortalità diretta molto bassa, ma con una mortalità ritardata (dovuta alle condizioni delle tartarughe successivamente alla forzata apnea all interno delle reti) presumibilmente elevata (43.8%; Casale et al., 2004). Figura 10 Esemplare di tartaruga Caretta caretta catturato a strascico. Inoltre, uno dei punti critici per la sopravvivenza delle tartarughe, è la cura degli esemplari catturati immediatamente dopo la loro liberazione dalle reti. Infatti, gli esemplari catturati accidentalmente, nella maggior parte dei casi hanno subito un apnea prolungata, pertanto sono in condizioni di ipossia o addirittura in stato comatoso. Il rigetto immediato in mare di esemplari in queste condizioni sarebbe oltremodo deleterio e comprometterebbe le possibilità di sopravvvivenza. Al contrario, individui in buone condizioni dovrebbero essere immediatamente liberati in mare. E per questo che ai fini della conservazione di questa specie, è stato realizzato un opuscolo informativo che, in maniera semplice e concisa, contiene le informazioni necessarie per il trattamento delle tartarughe marine in seguito alla cattura accidentale (Figura 11). Tale opuscolo, realizzato dal CNR-ISMAR di Ancona in forma plastificata, è stato consegnato ad alcune imbarcazioni della marineria di Ancona per testare il gradimento dei pescatori per questa iniziativa e valutare la possibilità di estendere questa iniziativa a tutte le marinerie marchigiane. 55

56 Figura 11 Opuscolo informativo sul trattamento delle tartarughe marine in seguito a cattura accidentale.

57 ZONE DI TUTELA BIOLOGICA (ZTB) Le Zone di Tutela Biologica sono aree di mare protette istituite dal Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali, per salvaguardare e ripopolare le risorse marine. Talvolta, alcune aree istituite in via sperimentale possono passare ad una situazione di permanenza. In base al Decreto Ministeriale del 22 gennaio 2009 (GU n. 37 del ) nelle Zone di Tutela Biologica È vietata la pesca del novellame di tutte le specie di pesci, per tutto l'anno ed in tutte le zone di tutela biologica. Inoltre È vietato l'esercizio di tutte le forme di pesca professionale, sportiva e della pesca ricreativa, inclusa la pesca subacquea se non esplicitamente consentita. Data l importanza ecologica che queste aree rivestono, decreti successivi hanno regolamentato l attività di pesca in queste aree, vietando comunque lo strascico. Le zone di tutela biologica sono considerate come elementi importanti nella predisposizione dei Piani di gestione previsti dal regolamento CE 1967/2006; si ritiene quindi fondamentale preservare le ZTB previste dal Decreto Ministeriale del 19 giugno 2003, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 22 agosto 2003, n. 194, concernente il Piano di protezione delle risorse acquatiche. LA ZTB DI POMO Nelle acque dell Adriatico centrale è istituita, con Decreto Ministeriale MIPAAF del 16 giugno 1998, una Zona di Tutela Biologica in corrispondenza della Fossa di Pomo. La ZTB copre una superficie di mare pari a circa 2000 Km 2 e risiede in parte in acque internazionali e in parte in acque territoriali croate. Secondo l accordo del 2000 dell Unione Europea essa viene gestita da due nazioni, Croazia e Italia. La superficie Croata è pari a circa 2/3 della superficie totale ( ~1400 Km 2 ) mentre quella internazionale è pari a 1/3 ( ~700 Km 2 ). L isolotto croato di Pomo nei pressi della fossa delimita le acque territoriali croate (12 mn dalla costa) all interno della ZTB, con la conseguenza che il tratto di mare eventualmente a disposizione della flotta da pesca italiana e di altri paesi stranieri, si riduce ai circa km 2 delle acque internazionali. La Zona di Tutela Biologica (Figura 12) si estende oltre le 40 miglia dalle coste nazionali ed è delimitata dalla congiungente dei seguenti punti: A N; E B N; E C N; E D N; E Figura 12 Localizzazione della ZTB di Pomo. 57

58 FOSSA DI POMO CARATTERISTICHE AMBIENTALI Localizzazione La Fossa di Pomo si posiziona all interno della GSA 17 (Geographical Sub-Area) dell Alto e Medio Adriatico. Quest area rappresenta un anomalia rispetto ai fondali che caratterizzano l alto e medio Adriatico; infatti, come visto, questa sub-area mediterranea è costituita da un ampia piattaforma continentale con fondali a bassa profondità di natura sabbiosa e fangosa e con un gradiente batimetrico meno accentuato rispetto agli altri mari italiani. Il 73% del Mar Adriatico, pari ad una superficie di circa Km 2, presenta in effetti una batimetria inferiore ai 200 m. La Fossa di Pomo raggiunge invece la profondità di circa m (Figura 13). Questa comunica mediante un canalone con la più vasta depressione meridionale, con fondali profondi oltre i 1200m, che segna il confine con il Mar Ionio. Figura 13 - Batimetria dell'adriatico (sinistra) e isolotto di Pomo (destra). La Fossa di Pomo deve il suo nome all isolotto vulcanico, in croato Jabuka, che la caratterizza, ed è riconosciuta come uno dei più importanti e critici habitat del Mare Adriatico (Figura 12). Geograficamente è situata ad oltre 40 miglia nautiche dalle coste abruzzesi e marchigiane ed è al limite esterno delle acque territoriali croate, a 20 km dall isolotto di Jabuka. Il fondale della Fossa di Pomo è caratterizzato da 2 aree contigue. La prima è costituita da una depressione che dalla batimetria dei 120 metri scende fino a circa 190 metri (fossa centrale) e la seconda, di circa m profondità, che costituisce la parte più al largo e in gran parte è all interno delle acque territoriali croate. Verso la costa italiana esiste una terza area depressa, con profondità superiore ai 200 metri, chiamata il fondaletto e separata dalla fossa di Pomo da una scarpata alta circa 50 metri.

59 Oceanografia La circolazione delle acque superficiali nella Fossa di Pomo è diretta in senso antiorario ed è composta da acque che provengono da sud e che risalgono la parte orientale (croata) e percorrono da nord a sud la parte occidentale (italiana). La circolazione è causata principalmente dalla calda corrente provenente da sud-est, dai forti venti provenienti da nord ovest e da apporti fluviali (soprattutto nella parte italiana). L analisi di dati relativi a temperatura, salinità e saturazione di ossigeno disciolto nell area della Fossa di Pomo evidenziano dei cambiamenti negli ultimi decenni. La temperatura mostra una discreta fluttuazione (di circa 1 C), dai circa 10 C negli inverni degli anni 80 fino a circa 11,5 C negli inverni degli anni 90. Questo è dovuto principalmente dall apporto verticale di acqua dagli strati più alti, generalmente più caldi, verso quelli più bassi. Negli ultimi anni sono state riportate delle diminuzioni di salinità (circa 38.50) e di densità (circa 29.0kgm -3 ) negli strati più bassi, dovute principalmente all aumento di temperatura e alla diminuzione della percentuale di ossigeno disciolto intorno al 70-60%, a causa dell aumento dei processi ossidativi (Artegiani et al., 2001; Figura 14). I fondali I sedimenti del fondo (Faganeli et al., 1994) sono caratterizzati da fanghi e da un silt argilloso abbastanza soffice, composto da peliti argillose e dal 25-40% di carbonati, originati principalmente dalla deposizione di organismi pelagici. Il marcato aumento del contenuto di C organico (1-13%) in quest area rispetto a quelle adiacenti è probabilmente conseguenza di una maggiore deposizione di particellato (Brambati et al., 1973), testimoniata dall alta produzione biologica in quest area. Anche il contenuto di quarzo sembra essere rilevante probabilmente dovuto all erosione di rocce intrusive dell isola di Jabuka. Tutte queste caratteristiche sedimentarie rendono questo ambiente un importante habitat per la vita di organismi fossori, in primo luogo scampi, ma anche per numerose altre specie di crostacei, anellidi e molluschi, che trovano rifugio in questi fondali. Figura 14 - Topografia dei fondali (Artegiani, 2001). 59

60 La fauna ittica La Fossa di Pomo è conosciuta per l elevata presenza di alcune specie i cui stock sono di rimarchevole importanza commerciale come naselli, scampi e cefalopodi. Inoltre la Fossa di Pomo rappresenta una importante area di nursery per lo stock del nasello nel centro Adriatico. Studi sulle comunità bentoniche della Fossa di Pomo hanno evidenziato che i gruppi zoologici maggiormente rappresentati come numero di individui sono Anellidi, Crostacei e Molluschi Bivalvi. La biocenosi è quella dei Fanghi Terrigeni Costieri, facies a Nucula (Vatova, 1949). FOSSA DI POMO CARATTERISTICHE ALIEUTICHE Le marinerie italiane attive nella fossa di Pomo Le marinerie che svolgono parte della loro attività di pesca nella Fossa di Pomo e/o in aree limitrofe sono quelle presenti nelle Marche e in Abruzzo, e più precisamente le marinerie di S. Benedetto del Tronto (talvolta quella di Ancona), Pescara e Giulianova che devono compiere un tragitto più breve per raggiungere l area di pesca di Pomo rispetto ad altre marinerie dell Adriatico (Tabella 10). Tabella 10 - Distanza dei porti da Pomo. Marineria Distanza da Pomo (mn) Pescara 45.4 Ortona 46.8 Giulianova 46.8 Tortoreto 47 Martinsicuro 47 Sanbenedetto del Tronto 48.1 Vasto 50.9 Termoli 52.3 Porto S. Giorgio 53.6 Civitanova Marche 57.8 Ancona 70 Il segmento della flotta delle marinerie in questione è quello dello strascico nonostante si riscontri una sporadica presenza di imbarcazioni che esercitano la pesca con palangari di profondità per naselli, solitamente provenienti dalla Puglia, dove questa attività di pesca è maggiormente radicata.

61 Le caratteristiche della flotta a strascico A causa dell elevata distanza da percorrere non tutte le imbarcazioni presenti nei porti suddetti hanno i requisiti per poter affrontare una battuta di pesca efficiente in termini di performance e guadagno. Di solito i pescherecci che hanno gli opportuni requisiti mostrano una LFT (lunghezza fuori tutto) maggiore ai 23 m e una potenza di motore non inferiore ai 300KW. Per questo motivo non tutte le imbarcazioni con licenza a strascico dei porti sopra citati non hanno la possibilità di pescare nelle acque di Pomo. Alcuni pescherecci che invece soddisfano entrambi i requisiti (LFT e potenza motore) pescano nelle acque di Pomo in genere per 2/3 giorni a settimana per tutto l anno, con eccezione del periodo estivo giugnosettembre nel quale l attività di pesca si dimezza per la carenza di risorsa e per il fermo biologico. Le imbarcazioni più piccole si recano in quest area solo in condizioni metereologiche favorevoli e non più di 10 volte l anno. La pesca a strascico a Pomo Il numero totale di giornate di pesca effettuate complessivamente da tutte le imbarcazioni a strascico in grado di operare sulla ZTB di Pomo può essere stimato approssimativamente in 2800, condotte in massima parte (2500/2800) da imbarcazioni di stazza e potenza motore superiori alla media italiana (IREPA, 2003) e pertanto particolarmente performanti in termini di capacità di cattura. In linea di massima l area spazzata nel corso dell anno dall azione delle imbarcazioni a strascico sulla ZTB di Pomo risulta in una superficie di fondale orientativamente stimabile in oltre km 2. L area della fossa effettivamente pescabile per le imbarcazioni italiane risulta essere molto inferiore all estensione totale della ZTB (circa 2000 km 2 ). Bisogna infatti sottrarre la parte della zona di tutela posta in acque croate, alcuni fondali non strascicabili e altri fondali soggetti a servitù militari, riducendo quindi a circa 800 km 2 : ne consegue che tale area è sfruttata più volte nel corso dell anno. FOSSA DI POMO - RISORSE PESCABILI Le ricerche biologiche svolte in passato hanno dimostrato l importanza di questa zona per la conservazione e la tutela delle risorse alieutiche, sia per l Italia che per la Croazia. In particolare i dati delle campagne GRUND e MEDITS, evidenziano che la Fossa di Pomo è una nursery area per le specie Scampo (Nephrops norvegicus) e Nasello (Merluccius merluccius). Questo indica, quindi, una marcata presenza di giovanili di queste due importanti risorse alieutiche nella gran parte dell anno, con elevate concentrazioni specialmente in estate ed autunno. La Fossa di Pomo è inoltre considerata una zona di spillover (un serbatoio di risorse giovani per via della presenza di riproduttori) di queste due specie che successivamente si irradiano in tutto il bacino del Mar Adriatico. Le informazioni riguardanti le principali specie di interesse commerciale sono relative a transetti condotti durante le campagne GRUND e MEDITS, nell ambito della Fossa di Pomo. Sono state considerate solamente quelle specie che dal punto di vista commerciale danno un riscontro di catture importante per l area e cioè: Merluccius merluccius, Nephrops norvegicus e Lophius piscatorius. 61

62 Merluccius merluccius In Adriatico il nasello (Merluccius merluccius) depone le uova durante l'anno, ma con differenti intensità. I picchi di deposizione delle uova hanno luogo in inverno ed estate. Nella Fossa di Pomo la prima deposizione avviene in inverno nelle acque più profonde (fino a 200 m). Nel periodo tra la primavera e l estate, la deposizione delle uova ha luogo in acque meno profonde. Il reclutamento dei giovanili presenta due picchi massimi differenti, il primo in primavera ed il secondo in autunno. Le aree di nursery sono situate in aree limitrofe alla Fossa di Pomo su fondali compresi tra i 150 e i 200 metri, sulle pendenze (scarpata, fondi circalitorali) che conducono alla Fossa vera e propria. L accrescimento dei giovanili fino ad una lunghezza di circa 16 cm (primo anno di vita) avviene prevalentemente nella Fossa di Pomo e nei fondali dell Adriatico meridionale. Sia in estate che in autunno la quasi totalità delle catture è costituita da individui di taglia inferiore a 20 cm. Nella zona si evidenzia, inoltre, una permanenza di piccoli naselli per tutti i mesi dell anno. L eccessiva pressione di pesca su individui adulti in quest area sembra aver inciso in maniera determinante anche sul reclutamento (Recruitment overfishing) tanto che nei primi mesi del 2011 è stato osservato un crollo dei naselli sbarcati dallo strascico (Lucchetti, 2011; osservazione diretta). Nephrops norvegicus Specie presente in gran parte dell Adriatico centro-settentrionale, a batimetriche superiori ai 50 m, ma con densità massime nei fondali della Fossa di Pomo. I giovani si concentrano in aree profonde, oltre i 200 m, e recenti studi croati hanno stimato la dimensione degli stock di N. norvegicus, in questa zona, pari a più di 11 mila tonnellate. Esistono delle differenze sostanziali nella lunghezza tra la popolazione della Fossa di Pomo e quelle del resto dell Adriatico. Queste differenze sono la conseguenza della diversità dei fattori ecologici, che determinano una riduzione nella crescita, una sorta di nanismo, di Nephrops norvegicus (e di altri decapodi bentonici), nella Fossa di Pomo. Sia nelle campagne estive che autunnali le catture sono state numerose ma hanno riguardato solo esemplari di piccola taglia. I monitoraggi della risorsa in ambito GRUND e MEDITS hanno mostrato una notevole variabilità degli indici di abbondanza, senza però evidenziare alcuna tendenza su scala temporale. Parapenaeus longirostris L abbondanza del gambero rosa risulta molto bassa nell Adriatico settentrionale e centrale, ad eccezione della Fossa di Pomo, dove è presente prevalentemente su fondali fangosi tra i 130 e i 190 metri di profondità. La maggior parte delle catture si sono verificate nelle campagne estive (MEDITS) e gli esemplari catturati erano di taglia medio-piccola. Lophius piscatorius La dominanza degli esemplari giovanili nella regione della fossa di Pomo indica che per l'adriatico centrale questa zona è da ritenersi molto importante per le fasi di accrescimento di questa specie (Karlovac e Karlovac, 1968; Jardas, 1987; Županović e Jardas, 1989; ADRIAMED, 2004).

63 LA ZTB AREA BARBARE La zona di tutela biologica denominata «Area Barbare», istituita con Decreto Ministeriale del 16/03/2004, è identificata dalle seguenti coordinate: a) lat '00 N - long '50 E; b) lat '00 N - long '00 E; c) lat '00 N - long '00 E; d) lat '00 N - long '00 E. L area è caratterizzata dalla presenza di una serie di piattaforme metanifere (Barbara A, B, C, D, E, F, G, H, T, T2, NW; Figura 15) poste in fondale di circa 70 m a km (35 miglia nautiche) dalla costa. Le piattaforme Barbara C, T e T2 sono collegate tra loro da passerelle, e tutte le piattaforme sono collegate diversamente fra loro o si innestano alle condotte sottomarine che le collegano a terra. Tale area in cui si osserva un elevata concentrazione di piattaforme estrattive, rappresenta quindi una sorta di oasi rispetto ai fondali circostanti, in quanto è possibile rinvenirvi specie tipiche di substrati duri, altrimenti assenti nelle aree circostanti. Infatti le piattaforme, con le loro strutture intricate, ricche di anfratti, rifugi ecc., rappresentano un elemento di diversificazione nell habitat originario monotono e costituiscono dei meccanismi bio-ecologici in grado di aumentare la produzione alieutica di un ecosistema. Le strutture artificiali possono risultare superfici di attecchimento per uova e sacche vigere di molte specie, possono risultare aree di rifugio per i giovanili e le larve in accrescimento, possono rappresentare un rifugio per gli adulti riproduttori di alcune specie, infine possono fungere da deterrente per lo strascico. In sostanza queste aree sono dei piccoli serbatoi per il rinnovo, almeno parziale, di alcuni importanti stock commerciali. Non a caso nel Golfo del Messico e nel Mare del Nord da oltre 20 anni vengono impiegate piattaforme di estrazione dismesse per le realizzazione di barriere artificiali. Alcuni studi condotti dall ISMAR-CNR di Ancona hanno dimostrato come tali piattaforme presentino una ricchezza specifica e una biomassa nettamente superiori rispetto all ambiente circostante e ospitino specie che altrimenti risulterebbero estremamente rare come ad esempio la cernia di fondale (Polyprion americanus), l astice (Homarus gammarus). Le strutture artificiali, per tigmotropismo, attraggono molte specie pelagiche e demersali che inizialmente trovano un rifugio sicuro, quindi trovano una fonte di cibo sulle superfici della piattaforma. Le piattaforme contribuiscono quindi in un primo momento a richiamare specie ittiche, in un secondo momento ad aumentare la biomassa, in terzo luogo rappresentano un serbatoio per il rinnovo di alcune specie (spill-over). 63

64 Figura 15 Caratteristiche delle piattaforme presenti nella ZTB Area Barbare. Le aree con le caratteristiche descritte sono oggigiorno note come habitat essenziali ( Essential Fish Habitat, EFH). Gli habitat essenziali sono infatti costituiti da quelle zone necessarie agli organismi marini per la riproduzione, l alimentazione e il raggiungimento della maturità sessuale (Ardizzone, 2006). In questo caso, più che di habitat, è opportuno parlare di parti di ciascun habitat, dove le specie trascorrono diversi stadi del loro ciclo vitale.

65 Possiamo definire habitat essenziali (EFH) come la più fragile e critica parte di ciascun habitat, in relazione ai bisogni ecologici e biologici di ciascuna specie sfruttata, che deve essere protetta per mantenere la sostenibilità dello stock (Ardizzone, 2006). In base al Decreto Ministeriale del 22 gennaio 2009 (GU n. 37 del ) nelle Zone di tutela biologica È vietata la pesca del novellame di tutte le specie di pesci, per tutto l'anno ed in tutte le zone di tutela biologica. Inoltre, È vietato l'esercizio di tutte le forme di pesca professionale, sportiva e della pesca ricreativa, inclusa la pesca subacquea se non esplicitamente consentita. In particolare nella ZTB nota come Barbare viene consentito l'uso di reti da posta e a circuizione, delle nasse e dei palangari di superficie nella pesca professionale. E inoltre ammessa la pesca sportiva con un massimo di 5 ami per pescatore. LE OPINIONI DEGLI ADDETTI AL SETTORE PESCA MARCHIGIANO PREMESSA Le problematiche delineate nei precedenti paragrafi sono di difficile soluzione quando allo stesso tavolo sono seduti a discuterne i pescatori, i politici e i ricercatori. Ogni parte lamenta infatti le proprie perplessità e le proprie esigenze; gli obiettivi sociali, economici ed ambientali sono infatti spesso difficilmente conciliabili. Allo scopo di ottenere direttamente dagli operatori del settore pesca marchigiano informazioni utili circa il loro punto di vista sulle problematiche e sulle possibili misure da adottare, è stato fatto circolare fra i diversi operatori un questionario, inoltre sono state condotte interviste dirette sul campo. Dal faccia a faccia formato intervista con armatori, capitani e semplici marinai si è voluto da parte nostra instaurare un dialogo senza alcuna sorta di correzione, con lo scopo di ricevere ulteriori importanti informazioni. Queste informazioni fornite dai diretti interessati, ossia da chi vive in prima persona tutte le problematiche attuali del settore pesca, nonché da persone che hanno acquisito negli anni di lavoro una notevole conoscenza ed esperienza, sono utili e da tener conto nell ambito della proposta di realizzazione di un piano di gestione delle risorse ittiche. L intervista proposta ad alcuni pescatori marchigiani è stata articolata sotto forma di un breve questionario composto da una ventina di domande. Le tematiche del questionario che sono state discusse con i pescatori sono state scelte in funzione alle problematiche attuali utili per stabilire i criteri per le future linee guida del piano di gestione della pesca marchigiana e delle sue risorse alieutiche. Le tematiche sui cui è stata svolta l intervista sono 4: il periodo di fermo e le aree interdette alla pesca successivamente ad esso, il nuovo regolamento europeo, le aree da proteggere e in ultimo le specie di interesse commerciale da salvaguardare. Al termine del questionario veniva inoltre posta un ulteriore domanda riguardo alla commercializzazione del pescato, sulla cui gestione i pescatori da tempo mostrano perplessità. Le interviste sono state effettuate per tutta la durata del progetto. Gran parte dei questionari sono stati compilati direttamente a bordo nei momenti in cui i capitani o i pescatori non 65

66 erano indaffarati con le varie operazioni di pesca. Alcuni sono stati rilasciati in occasione di riunioni al CNR con presenza degli stessi pescatori e sono stati successivamente recuperati. La disponibilità degli intervistati è stata elevata e soprattutto nei casi di intervista diretta, questi si sono mostrati interessati e molto coinvolti nel dare risposte precise e dettagliate della loro opinione ed esperienza riguardo le varie tematiche, spingendosi a volte anche oltre le domande da noi richieste. In genere i questionari compilati a bordo si sono rivelati più utili e ricchi di informazione rispetto a quelli rilasciati, probabilmente a causa di un maggiore stimolo a denunciare apertamente il proprio punto di vista. I segmenti della flotta scelti per la nostra intervista sono stati principalmente strascico e volante (considerando che molti comandanti di volanti hanno licenza ed esperienza in entrambe le tecniche di pesca). INDAGINE CONOSCITIVA: METOLOGIA E TEMATICHE Periodo di fermo biologico e aree interdette La riproduzione e l accrescimento giovanile sono momenti cruciali di una specie e per poter garantire un futuro alla produzione e una rigenerazione delle varie risorse alieutiche è stato necessario ricorrere ad un periodo (fermo biologico) di interruzione della pesca. Il fermo biologico si aggiunge al fermo tecnico; quindi oltre ai giorni di sabato, domenica e ai festivi, le attività di pesca in Adriatico (strascico/rapidi/volante) vengono sospese in genere per un periodo di un mese che, di solito, coincide con il mese di agosto. La stagione riproduttiva delle specie di interesse commerciale può durare in alcuni casi pochi mesi (uno - due) o in altri per più tempo (più di due mesi) e alcune specie come il merluzzo possono riprodursi per l intero arco dell anno. In particolare il periodo riproduttivo di molti stocks si estende da metà primavera (aprile) alla fine dell estate (agosto) con picchi in giugno e luglio. Nel tratto di mare marchigiano la maggior parte delle specie commerciali si riproduce nel periodo estivo (summer spawners) quando c è abbondanza di zooplancton (risorsa trofica) a seguito del picco primaverile di fitoplancton. A questo punto le nostre domande rivolte ai pescatori erano focalizzate sul fatto se, a loro avviso, davvero questo periodo di fermo fosse utile, dovesse essere esteso, spostato o ce ne fosse il bisogno di aggiungerne un altro. Da varie ricerche e studi (Froglia, 1983) è stato dimostrato che nella fascia costiera entro le 3 miglia dalla costa si riscontra il più alto contenuto di giovanili (testole, triglie, seppie, etc.) specialmente nel periodo estivo. A questo proposito una domanda di particolare interesse è stata rivolta riguardo all adeguatezza e all estensione di questa zona nel periodo successivo al fermo biologico (settembre ottobre). Di seguito l elenco delle domande relative alla prima tematica: 1. Secondo voi è giusto fare il fermo nel periodo estivo (agosto)? 2. Secondo voi c è la necessità di estenderlo a più di un mese? 3. Secondo voi c è la necessità di spostare il periodo di fermo? 4. Secondo voi c è la necessità di aggiungerne un altro fermo in un altro periodo (es. autunno)? 5. Il fermo ha portato nel corso degli anni ad aspetti positivi? 6. Quali sono le specie (come quantità del pescato) che non risentono del fermo e quale si?

67 7. Qual è secondo voi la distanza da costa entro cui limitare la pesca anche dopo il fermo? 8. Secondo voi l area interdetta allo strascico (entro le 3 miglia dalla costa) è adeguata o dovrebbe essere estesa più al largo? Il nuovo Regolamento Europeo La seconda tematica è incentrata sulle eventuali critiche dei pescatori verso le misure previste dal Regolamento (CE) n. 1967/2006 relativo alle Misure di gestione per lo sfruttamento sostenibile delle risorse da pesca nel Mar Mediterraneo secondo il quale i pescatori devono applicare ed adottare una serie di misure volte a proteggere e conservare le risorse alieutiche e gli ecosistemi marini tramite uno sfruttamento sostenibile. Dalle domande sul nuovo regolamento erano attese informazioni sulla reale conoscenza di questo argomento da parte dei pescatori e sulle critiche che gli stessi sollevavano. Si ricorda infatti che a due settimane dall entrata in vigore, dopo un primo stato di confusione generale che ha coinvolto vari operatori del settore pesca ricercatori compresi, l Unione Europea ha dovuto chiarire alcuni dubbi che erano stati espressi dai pescatori tramite il Governo italiano. Molto importante era anche domandare direttamente al pescatore impressioni e osservazioni sulla scelta della maglia del sacco. Il nuovo regolamento stabilisce infatti, che le maglie del sacco delle reti a strascico (prima romboidali di 40 millimetri di apertura) devono essere sostituite da maglie quadrate da 40 millimetri di apertura, o da maglie romboidali aventi 50 millimetri di apertura. Questo punto è di particolare importanza poiché l esperienza maturata dai pescatori giorno dopo giorno porta ad informazioni e critiche dirette riguardo alla scelta su cui optano, avendone un riscontro immediato. Di seguito l elenco delle domande relative alla prima tematica: 1. Maglia quadra da 40 mm o romboidale da 50 mm? 2. Quali sono gli aspetti che non condividete del nuovo Regolamento Europeo? 3. Quali sono gli inconvenienti maggiori? realizzare i sacchi (anche in rapporto all avansacco) perdita di prodotto commerciale rottura del sacco filo troppo sottile altro 4. Riscontrate un effettiva differenza nelle catture relativamente alle due maglie (specie target, giovanili)? 5. C è differenza (qualità/quantità) sul pescato commerciabile relativamente a questa scelta? 6. Se si quali specie vengono catturate di meno? 67

68 Aree da salvaguardare La protezione dei momenti cruciali del ciclo vitale delle specie implica non solo una protezione della stesse specie ma una salvaguardia più ampia che comprende la protezione degli habitat e delle aree che ospitano fasi come la riproduzione e l accrescimento giovanile. A tal proposito come stabilito dallo STECF (Comitato Scientifico Tecnico ed economico per la Pesca) della Commissione Europea gli habitat delle specie demersali definiti come Habitat Essenziali (HE) sono quelli che necessitano di maggiore protezione poiché sono luogo di fabbisogni ecologici e biologici critici come ad esempio la fase di reclutamento sui fondi da pesca. Gli habitat essenziali sono infatti costituiti da quelle zone necessarie agli organismi marini per la riproduzione, l alimentazione e il raggiungimento della maturità sessuale (Ardizzone, 2006). In questo caso, più che di habitat, è opportuno parlare di parti di ciascun habitat, dove le specie trascorrono diversi stadi del loro ciclo vitale. E possibile definire gli habitat essenziali (EFH) come la più fragile e critica parte di ciascun habitat, in relazione ai bisogni ecologici e biologici di ciascuna specie sfruttata, che deve essere protetta per mantenere la sostenibilità dello stock (Ardizzone, 2006). Le aree nursery rientrano a pieno titolo nell ambito degli habitat essenziali e quindi prevedono una misura di tutela particolare. Non essendoci nel mare marchigiano AMP (Aree Marine Protette) o fondali a coralligeno o a Posidonia sono proprio queste le aree che i pescatori dovrebbero salvaguardare non solo per un risvolto bio-ecologico ma soprattutto per interesse personale in prospettiva futura. Le domande poste in quest ambito erano: 1. Secondo voi esistono zone che andrebbero tutelate? 2. Quale sono le zone dove riscontrate il più alto contenuto nel pescato di giovanili (Aree di nursery ; varie specie)? Specie da salvaguardare e mercato La tutela delle biodiversità e l integrità degli ecosistemi marini e di conseguenza la produttività degli habitat di vitale importanza per i pesci, devono essere considerati presupposti fondamentali per un attività di pesca responsabile. Infatti aldilà degli obblighi giuridici inerenti alla tutela dell ambiente e alla conservazione degli ecosistemi marini, la tutela delle biodiversità determina necessariamente effetti positivi anche per gli stock commerciali e per le attività di pesca. La pesca demersale nell Adriatico è caratterizzata dalla multispecificità delle catture e dell'ampio intervallo di taglie della maggior parte delle specie catturate, per cui la determinazione della maglia ottimale del sacco, spesso è il frutto di un compromesso che tiene conto di questa pluripresenza. Una problematica importante che rientra in questo contesto è quella del bycatch ossia quella parte del pescato composto da catture di specie non target o di specie sottotaglia/giovanili. A questi tipi di cattura si aggiungono occasionalmente catture accidentali di specie di vertebrati d interesse conservazionistico, come le tartarughe marine e gli elasmobranchi. Cetacei, tartarughe marine ed elasmobranchi sono caratterizzati da lunghi cicli vitali, bassa fecondità, ritmi di crescita lenti e maturità sessuale tardiva, il che si traduce in tassi molto lenti di crescita delle popolazioni. A causa di queste caratteristiche, se sottoposti a livelli troppo alti di mortalità indotta dall attività antropica, prima fra tutti quella derivante dalle attività di pesca, essi risultano estremamente vulnerabili (Cheung et al. 2005). Domande relative allo scarto (giovanili specie non target), in particolare sulla quantità e composizione di esso e domande sul cattura accidentale di delfini e tartarughe sono state poste per avere un quadro più chiaro del bycatch e di quali specie target della pesca (commerciale e artigianale)

69 sembrano risentire di un impatto maggiore. L ultima domanda posta riguardava invece eventuali critiche al sistema di mercato del prodotto sbarcato. L elenco delle domande relative a questa tematica consisteva in: 1. Sareste disposti per evitare catture di giovani triglie a limitare lo strascico dopo il periodo di fermo oltre le cinque miglia? 2. Quante tartarughe catturate mediamente in un anno e in quali periodi avvengono le catture più abbondanti. Nel caso di cattura come vi comportate? 3. Notate che i pingers per i delfini (Volanti) migliorino la vostra resa e evitino catture di cetacei? 4. Ciò che ributtate in mare (scarto) che percentuale occupa all interno del pescato? 5. Credete che i vostri guadagni potrebbero migliorare cambiando qualcosa nel sistema di commercializzazione del pescato? Il quadro riassuntivo delle domande che venivano poste ai pescatore è il seguente: Questionario per i Pescatori 1. Periodo di fermo e aree interdette - Secondo voi è giusto fare il fermo nel periodo estivo (agosto)? - Secondo voi c è la necessità di estenderlo a più di un mese? - Secondo voi c è la necessità di spostare il periodo di fermo? - Secondo voi c è la necessità di aggiungerne un altro fermo in un altro periodo (es. autunno)? - Qual è secondo voi la distanza da costa entro cui limitare la pesca anche dopo il fermo? - Quali sono le specie (come quantità del pescato) che non risentono del fermo e quale si? Il fermo ha portato nel corso degli anni ad aspetti positivi? - Secondo voi l area interdetta allo strascico (entro le 3 miglia dalla costa) è adeguata o dovrebbe essere estesa più al largo? 2. Maglia della rete e il nuovo Regolamento Europeo - Maglia quadra da 40 mm o romboidale da 50 mm? - Quali sono gli aspetti che non condividete del nuovo Regolamento Europeo? - Quali sono gli inconvenienti maggiori? + realizzare i sacchi (anche in rapporto all avansacco) + perdita di prodotto commerciale + rottura del sacco 69

70 + filo troppo sottile + altro - Riscontrate un effettiva differenza nelle catture relativamente alle due maglie (specie target, giovanili)? C è differenza (qualità/quantità) sul pescato commerciabile relativamente a questa scelta? Se si quali specie vengono catturate di meno? 3. Aree da salvaguardare - Secondo voi esistono zone che andrebbero tutelate? - Quale sono le zone dove riscontrate il più alto contenuto nel pescato di giovanili (Aree di nursery ; varie specie)? 4. Specie da salvaguardare - Sareste disposti per evitare catture di giovani triglie a limitare lo strascico dopo il periodo di fermo almeno oltre le cinque miglia? - Quante tartarughe catturate mediamente in un anno e in quali periodi avvengono le catture più abbondanti. Nel caso di cattura come vi comportate? - Notate che i pingers per i delfini (Volanti) migliorino la vostra resa e evitino catture di cetacei? - Ciò che ributtate in mare (scarto) che percentuale occupa all interno del pescato? - Credete che i vostri guadagni potrebbero migliorare cambiando qualcosa nel sistema di commercializzazione del pescato? INDAGINE CONOSCITIVA: RISULTATI Periodo di fermo biologico e aree interdette I La prima domanda ha trovato tutti i pescatori d accordo: la totalità degli intervistati ha riposto, infatti, positivamente riguardo all utilità di far coincidere il mese di agosto con il periodo di fermo biologico. In particolare qualcuno ha voluto sostenere che, nonostante l importanza e la criticità del periodo di riproduzione di gran parte delle specie di interesse commerciale, negli ultimi anni il fermo delle attività di pesca sia diventato anche un esigenza del pescatore a causa della forte scarsità di risorsa e della scarsa vendita. II Un altra proposta che trova tutti d accordo è che solo il mese di agosto non sia sufficiente per ottenere buoni risultati e che quindi sarebbe necessaria un aggiunta di almeno un altro mese. La maggior parte è orientata ad aggiungere al mese di agosto anche quello di settembre, mentre alcuni, vorrebbero aggiunti anche il mese di luglio o di ottobre. III-IV Dato che tutti sono d accordo sul fatto che il periodo tardo estivo sia quello che offra una protezione migliore per l accrescimento dei giovanili, nessuno ha proposto di spostare il periodo di fermo in mesi diversi da questi. O meglio, qualcuno si è detto favorevole ad un aggiunta di un altro periodo di fermo oltre a quello citato, magari di un mese nel periodo invernale (Dicembre-Gennaio) che possa allentare la pressione di pesca in questo periodo.

71 V Le prime divergenze nascono sulle risposte date riguardo agli effetti avuti dal fermo nel corso degli anni. Una parte degli intervistati sembra essere soddisfatta dei risultati ottenuti in seguito al fermo, ribadendo la necessità di facilitare una maggiore crescita del novellame, evitando che la pesca si sposti in tempi prematuri in zone già messe a dura prova durante l anno. Una parte consistente è invece convinta che il solo mese di agosto non migliori la situazione se non di poco o nulla. L opinione diffusa è che qualcosa di importante sia in corso e che mentre prima il fermo tardo estivo di un mese era sufficiente, adesso sembra non bastare più. A questo proposito alcuni hanno citato il caso del fermo bellico durante la guerra nell ex Jugoslavia che durò per tre mesi, e al termine dei quali i pescatori sostenevano di aver avuto un incremento nel pescato di quasi tutte le specie che si è protratto per 3/4 anni consecutivi. Da questi riscontri veniva confermata l eccezionale capacità di recupero del mare Adriatico che, in poco tempo, data l elevata trofia, è in grado di ripristinare le condizioni ottimali per garantire stock ittici in buono stato. VI I pareri che hanno portato alla risposta della domanda precedente si riflettono anche su quali specie risentono in maniera positiva del fermo e quali no. I pescatori che non sostengono l efficacia del fermo ritengono in maniera molto pessimistica che nessuna specie tragga benefico dal fermo. Al contrario per gli altri quasi tutte le specie commerciali sembrano risentirne in maniera positiva ad eccezione, anche se per diversi motivi, per merluzzi, rane pescatrici e alici. I pescatori hanno denunciato negli ultimi anni una costante riduzione della risorsa merluzzo rispetto agli anni precedenti, nonostante il fermo. Questa è una specie con un ciclo vitale particolare, legato per parte di esso alla Fossa di Pomo ed avendo un periodo riproduttivo che si svolge per tutto l anno; il fermo sembra, perciò, tutelare ben poco questa specie. La rana pescatrice il cui periodo riproduttivo avviene a largo a fine maggio, nei mesi prima del fermo (giugno luglio) si presenta nel pescato con taglia ancora troppa piccola; quindi anche in questo caso il fermo sembra non incidere. Per quanto riguarda l acciuga le risposte date dai pescatori con reti volanti riflettono la situazione di grande competizione fra due sistemi di pesca: la volante e la circuizione. I pescatori sostengono infatti che fare il fermo sia inutile (non nel senso biologico) se poi i giovanili continuano a venir pescati dalle lampare, che non fermano la loro attività durante il periodo estivo, compreso quindi il periodo di fermo. VII Le risposte più disparate sono state riscontrate sulla distanza dalla costa entro cui limitare la pesca successivamente al periodo di inattività. C è chi sostiene che la distanza migliore da adottare sia 5 miglia, chi 4, chi 6. Tutti sono d accordo nel limitare non solo lo strascico ma anche l attività della piccola pesca e delle vongolare per avere un miglior successo. Una delle opinioni che più spicca per chiarezza e dettagli prevede come distanza ideale le 5-6 miglia già a partire dal periodo prima del fermo (giugno luglio), nel caso in cui questo venga svolto ad agosto settembre, poiché proprio in questi mesi il novellame di alcune specie (triglie, seppie e calamari) comincia già a lasciare la fascia delle 3 miglia. Questo provvedimento, sostiene il pescatore, si rivelerebbe utile anche dopo il fermo per la protezione della mazzancolla che al termine del mese di settembre hanno una taglia ancora troppo piccola. Difficile invece è evitare la cattura di giovani triglie e seppioline che non hanno ancora raggiunto una taglia ottimale e si trovano ad una distanza di 6-7 miglia al termine del mese di settembre. Quindi per salvaguardare le specie che vivono più a largo è consigliata (dal pescatore) una distanza maggiore dopo il fermo, pari alle 7 miglia, senza però 71

72 tralasciare il problema attribuito all attività esercitata dalla piccola pesca entro questo limite. I comandanti delle imbarcazioni di più piccole dimensioni, per ovvi motivi, sono tuttavia restii a modificare l attuale limite di distanza dalla costa. VIII Secondo il parere della maggior parte dei pescatori la distanza di 3 miglia da costa come area interdetta alla pesca (escluso pre e post fermo) è adeguata. Alcuni sostengono invece che un ampliamento a 4 o a 6 miglia potrebbe assicurare risultati migliori. Molti sostengono che anche la piccola pesca dovrebbe essere soggetta a limiti di distanza più restrittivi. Il nuovo Regolamento Europeo I Sulla scelta della maglia da usare per il sacco della rete la totalità degli intervistati ha optato per la maglia romboidale da 50 mm rispetto a quella romboidale da 40 mm; tale scelta è dettata dalla convinzione che la maglia romboidale da 50 mm durante il traino si stiri garantendo una minore perdita di pescato. Alcuni pescatori adducano come scusante anche la difficoltà di montaggio di un sacco a maglia quadrata. Tutti hanno comunque riscontrato che la maglia romboidale da 50 mm di apertura è più selettiva rispetto alla maglia da 40 mm precedentemente in uso. II Da questa domanda emerge che non tutti i pescatori hanno una conoscenza esaustiva del nuovo Regolamento Europeo e solo una piccola parte di essi si sono pronunciati. L opinione generale sembra però essere una: una volta adottata la maglia regolamentare, abolire il concetto di taglia minima pescabile e quindi commercializzare il prodotto pescato senza più distinzione di taglia ed eventuali multe. III Risposta unica e condivisa da tutti: l inconveniente maggiore in seguito alle nuove direttive comunitarie risulta dalla perdita di parte del prodotto commerciale, soprattutto calamaretti, giovani triglie e giovani naselli (che tuttavia non dovrebbero essere commercializzati al di sotto della taglia minima prevista dal Reg. CE 1967/2006). IV-V-VI Dalle risposte di queste domande sembra chiaro che la parte di pescato persa (soprattutto con la maglia quadra) oltre ai giovanili di alcune specie (triglie, merluzzetti) riguarda soprattutto la così detta frittura molto richiesta dal mercato e dai consumatori; in particolare le piccole zanchette e i calamaretti sono quelli che ne risentono in maniera maggiore. Aree da salvaguardare I L area da salvaguardare principalmente secondo le opinioni di tutti è quella sottocosta dove per vari mesi si concentrano i giovanili delle varie specie demersali, sottolineando ancora una volta che questo tratto di mare deve prevedere un adeguata regolamentazione anche per la pesca artigianale e per le draghe idrauliche. In molti descrivono anche le Barbare come un area di rilevante importanza e biodiversità, ipotizzando di estendere l areale di protezione intorno ad essa. Un cenno ha riguardato anche le zone dove sono state messe le barriere artificiali che nel tempo sono diventate veri e propri vivai naturali (mitili ed altre specie). Gli intervistati che operano con reti volanti non sembrano essere interessati alla protezione e salvaguardia di particolari zone. II La concentrazione di giovanili risulta essere più abbondante nelle cale effettuate sotto costa dalle 3 alle sei miglia nel periodo tardo estivo e nei primi mesi estivi nelle vicinanze di Pomo.

73 Specie da salvaguardare e mercato I Come emerso già da risposte precedenti la totalità si è dichiarata disposta a limitare lo strascico oltre le 5 miglia per tutelare i giovanili delle triglie e di altre specie. II Riguardo alla cattura accidentale di tartarughe marine (Caretta caretta) emergono dati abbastanza diversi tra loro sia relativamente alla stima della quantità pescata che relativamente al periodo in cui avvengono le catture. Tutti hanno voluto precisare che ogni individuo viene immediatamente liberato dalla rete e successivamente ributtato in acqua; i più attenti, in genere, aspettano qualche minuto prima di procedere al rilascio, soprattutto nel caso in cui l animale sembri sotto shock. In linea generale la mortalità diretta degli esemplari catturati dovuta alle reti a strascico risulta limitata e quasi sempre gli individui catturati sono vivi. Le maggiori catture provengono dalla pesca a strascico, mentre solo pochi esemplari all anno vengono catturati dalla volante. I capitani della volante hanno denunciato una o due catture all anno e talvolta nessuna; queste avvengono principalmente nei mesi più caldi a ridosso del periodo estivo. Le informazioni pervenute dallo strascico hanno riportato le seguenti catture annuali: pochi individui catturati (3/4), circa una ventina, molti (circa 50). Le risposte ricevute riguardo al periodo di maggiori catture sono state: inverno/primavera, estate, e non ci sono periodi precisi. Uno dei pescatori ha precisato che la zona in cui si riscontra gran parte delle catture sia a largo delle piattaforme le Barbare. Il periodo in cui vengono realizzate le maggiori catture accidentali sembra comunque essere quello invernaleprimaverile, anche sotto costa. III Solo alcuni dei nostri intervistati hanno avuto la possibilità di testare il pinger. Questo dispositivo che funziona da deterrente acustico nei confronti dei delfini, viene montato sulla rete ed ha lo scopo di spaventare questi mammiferi evitandone la cattura. Partendo dal presupposto che le catture di delfini sono veramente rare, secondo l opinione generale non sembra esserci un effettiva relazione tra l uso del pinger e il rendimento della pescata. Il pinger però, si rivela un dispositivo utile, poiché, allontanando i delfini che seguono la rete in pesca nel tentativo di cibarsi (in maniera opportunistica) del pesce catturato, si evitano danni alla rete. IV Lo scarto a detta dei pescatori (sia volante che strascico) occupa una piccola porzione del pescato che va dal 5 al 10% per lo strascico ed è quasi nulla per la volante, dove solo gli individui danneggiati vengono scartati. Alcuni intervistati dello strascico hanno dichiarato, discostandosi dalla maggioranza, che lo scarto rappresenta una frazione maggiore rispetto a quello dichiarato dagli altri e che nei mesi successivi al fermo può raggiungere anche il 20% del pescato (maglia da 40mm). Va chiarito tuttavia che la definizione di scarto è piuttosto complessa e controversa, pertanto la definizione data dal mondo della ricerca può differire da quella data dai pescatori. I pescatori si riferiscono allo scarto di pesca intendendo esclusivamente quelle specie (in genere pesci) che non hanno rilevanza commerciale (come ad esempio bobe e spicare) e gli esemplari di specie commerciali sottotaglia o rovinati. V Il problema del mercato e della commercializzazione del pesce ha portato a pareri diversi in cui ognuno ha voluto descrivere la proprio posizione per ottenere una soluzione di miglioramento dei profitti. Tra i chi opera con reti volanti c è chi sostiene di allargare i mercati all estero, chi di regolare al meglio le quantità sbarcate nei vari porti e chi vorrebbe limitato il mercato d importazione da altri Paesi. C è chi imputa all eccessivo risalto dato 73

74 all Anasakis da alcune campagne di informazione, la causa della ridotta richiesta di prodotto. Infatti, alcune fonti di informazione hanno puntato l attenzione sulla pericolosa presenza di questo nematode parassita nelle carni dei piccoli pelagici, cosa che ha generato inutili allarmismi fra i consumatori, riducendo la richiesta di prodotto ittico. I pescatori dello strascico hanno denunciato invece che il problema primario risiede nel sistema di mercato che vede un incremento dei prezzi troppo elevato dal produttore al consumatore. Altre considerazioni Uno degli intervistati ha suggerito di evitare nei mesi estivi la pesca contemporanea delle volanti e delle lampare, per permettere di ridurre la quantità di pesce che arriva ai mercati. Ciò assicurerebbe un buon prezzo del prodotto anche nel periodo estivo, il più critico per questo tipo di pesca. Inoltre allenterebbe lo sforzo di pesca nei confronti dei piccoli pelagici nei mesi critici per la loro riproduzione. Alcuni intervistati hanno sollevato la necessità di ridurre fino a 3 giorni di pesca a settimana l attività dei pescherecci a strascico, a seguito dell aumento della potenza dei motori e del miglioramento delle tecniche di pesca. Molti pescatori hanno sollevato il bisogno di regolamentare la piccola pesca vista come una pesca fatta di regole arbitrarie e confuse e senza controlli. Le critiche hanno coinvolto non solo la piccola pesca, ma anche le vongolare ed alcuni aspetti gestionali. La prima critica è stata rivolta nei confronti della pulizia delle nasse per mezzo di idropulitrici, che, durante il periodo riproduttivo della seppia (marzo-giugno), porta alla distruzione di milioni di uova, con potenziale perdita di biomassa futura. Il suggerimento degli intervistati prevede che gli attrezzi debbano essere rilasciati in mare così come vengono salpati, senza ricorrere a metodi distruttivi al momento della pulizia degli stessi. La seconda critica ha previsto una sospensione delle retine nel periodo riproduttivo delle seppie, in modo da garantire un migliore reclutamento della specie in questione. A questo proposito sarebbe ben accetto (secondo i pescatori dello strascico) una limitazione che coinvolga anche le vongolare causa di cospicue catture accidentali di uova e novellame (giovani seppie) soprattutto nel mese di agosto. Molti degli intervistati hanno evidenziato l aumentata presenza delle raguse negli ultimi anni, segno evidente di uno squilibrio che si è venuto a creare in Adriatico. Altri ancora hanno sollevato dubbi circa gli effetti negativi a livello ecosistemico indotti da un crescente numero di impianti di mitilicoltura.

75 L IMPATTO DELLA PESCA NELL ADRIATICO CENTRO- SETTENTRIONALE: UN PUNTO DI VISTA ECOLOGICO LO SFRUTTAMENTO DELLE RISORSE ALIEUTICHE: UN APPROCCIO DI TIPO ECOSISTEMICO Le risorse alieutiche, come descritto in precedenza, diminuiscono pericolosamente sotto l effetto della pesca eccessiva, dell inquinamento e del riscaldamento climatico. Sebbene nel secolo scorso gli oceani siano stati considerati inesauribili, oggi molti dei luoghi di pesca presentano segni di sofferenza. Gli anni cinquanta hanno segnato l inizio di una crescita molto rapida dell attività di pesca quando all enorme accrescimento globale dello sforzo e della pressione di pesca faceva fronte un rapido aumento delle catture. Nello spazio di due decenni la produzione mondiale di pesce di cattura marina e continentale è stata moltiplicata per tre, passando così da 18 milioni di tonnellate nel 1950 a 56 milioni di tonnellate nel Fu durante questi anni di pesca miracolosa che le risorse marine furono percepite come inesauribili. Nel corso degli anni settanta e ottanta il tasso medio di accrescimento è crollato al 2% per anno e si è ridotto drasticamente durante e dopo gli anni novanta, sebbene il numero dei pescherecci e la loro efficacia abbiano continuato ad aumentare. Anche l Adriatico, da sempre uno dei mari più pescosi e diversificati del Mediterraneo risente di questo trend, denunciato sempre più insistentemente dai pescatori appartenenti alla flotta adriatica e quindi anche marchigiana. Tre quarti degli stock ittici Mediterranei di interesse commerciale sono attualmente sfruttati o sovra sfruttati. La teoria basata sul fatto che la diminuzione o l arresto della pesca possa consentire agli stock ittici di ricostituirsi più o meno rapidamente, è stata soggetta a critiche e perplessità. Da informazioni a livello globale pare che solamente il 7% delle popolazioni sovra sfruttate ha avuto un effettivo recupero di esemplari nella generazione successiva in seguito ad un prolungato periodo di fermo biologico. Famoso è l esempio del merluzzo (Gadus morhua) di Terranova: malgrado l arresto della pesca dovuto all esaurimento degli stock nel 1992, il livello di biomassa è diminuito ulteriormente rispetto a 20 anni fa e non è stato constatato alcun tipo di recupero. In quel caso però, la causa del mancato ripristino dello stock, va ricercata nella spostamento dell attività di pesca verso altre specie target come ad esempio alcuni gamberi (Pandalus spp), che rappresentano una parte fondamentale della dieta del merluzzo. L approccio alla gestione non può quindi essere basato esclusivamente sul fermo pesca ma deve coinvolgere l ecosistema nel suo insieme. Inoltre un fermo pesca deve essere attuato in modo responsabile razionalizzando le attività di pesca successive al fermo. Solo in questo modo si potranno conseguire risultati accettabili. Numerosi ricercatori sono ormai d accordo nel riconoscere la debole capacità di recupero delle popolazioni marine (ritorno ad uno stato iniziale di assenza di impoverimento o di 75

76 scarso depauperamento) soprattutto in ecosistemi ampliamente impattati dalla pesca, testimoniando come la salvaguardia dello stock di una singola specie sia strettamente legato non solo al proprio tasso di sfruttamento ma anche alla dinamica di popolazione di specie diverse, dallo stato dell habitat in cui vive e dai meccanismi ecologici a cascata che si innescano in seguito ad un eccessivo impatto della pesca. A questo proposito a livello mondiale si sta manifestando una sempre più pressante necessità di favorire un approccio di tipo ecosistemico (Ecosystem-Based Fishery Management EBFM; LeDrew, 2001) non più limitato al solo lato biologico. La gestione finora adottata a livello mondiale, infatti, basata su un approccio di tipo popolazionistico, è risultata inefficace sotto molti punti di vista come evidenziato dal declino delle catture della pesca (FAO, 2000), dall esaurimento e dal sovrasfruttamento (rispettivamente 6% e 16%) degli stock ittici mondiali (Botsford et al., 1997) e dall abbassamento del livello trofico medio dello sbarcato (Pauly et al., 1998). Gli effetti di tale fallimento non si manifestano solo nella crisi degli stock commerciali, ma hanno ripercussioni a livelli sempre più complessi che arrivano ad interessare la biodiversità e la funzionalità degli ecosistemi. L attività di pesca, quindi, può generare effetti diretti ed effetti indiretti causando impatti complessi e diversificati, non prevedibili o non identificabili se monitorati solamente con i metodi tradizionali (Gislason et al., 2000). Anche se l obiettivo della gestione rimanesse lo stock, sarebbe comunque necessario un approccio ecosistemico in quanto la stessa protezione del singolo stock richiede che venga assicurato l essential fish habitat (EFH) della risorsa sfruttata (Rosenberg et al., 2000) ovvero che venga assicurata anche la protezione dell ambiente nel quale questa conduce il proprio ciclo vitale. Inoltre altri fattori quali l inquinamento, la distruzione degli habitat, l introduzione di nuove specie e i sempre più attuali cambiamenti climatici influenzano gli ecosistemi marini e il loro impatto si sovrappone e si combina sinergicamente con quello dello sfruttamento delle risorse ittiche da parte della pesca. Impatto della pesca e i livelli trofici: Fishing down food webs Gli ecosistemi possono essere descritti in molti modi a seconda del punto di vista (aspetti funzionali, reti trofiche, comunità biologiche, ecc.) così come i cambiamenti ai quali sono sottoposti ed il livello di sfruttamento delle risorse possono anch essi essere misurati considerando differenti parametri. Uno dei modi più chiari per descrivere un ecosistema è quello di analizzare la rete trofica e le relazioni trofiche che intercorrono tra le specie che appartengono ad esso, attraverso un attento studio dei contenuti stomacali. I flussi di materia e i flussi di energia sono perciò, gli elementi che caratterizzano maggiormente gli ecosistemi, spiegandone il funzionamento e offrendo una descrizione dello stadio evolutivo dell ecosistema in esame. Il concetto di ecosistema, come sistema che converte energia, fu proposto la prima volta da Lindeman nel 1942 (Lindeman, 1942), il quale adottò principi termodinamici per spiegare il funzionamento dei sistemi ecologici. La catena alimentare veniva rappresentata da anelli, che Lindeman chiamò livelli trofici (Ricklefs, 1993). Ogni organismo, in funzione della propria dieta, occupa una precisa nicchia trofica all interno dell ecosistema. In particolare, è possibile attribuire ad ogni specie, un valore numerico, detto Livello Trofico (LT), che descrive sinteticamente la posizione verticale all interno della piramide trofica, ovvero la piramide dell energia dell ecosistema. Lindeman ipotizzò che i livelli più elevati della piramide (trofica)

77 fossero caratterizzati da una minor quantità di energia disponibile, in quanto l efficienza delle conversioni energetiche e biologiche da un livello inferiore a quello superiore è minore, indicando come spostandosi verso l apice della piramide si vada incontro ad una riduzione del numero di specie, di individui e di biomassa. Per convenzione un ecosistema marino è rappresentato dai produttori primari come le alghe, e le fanerogame marine (organismi autotrofi) che si posizionano alla base della rete trofica (LT=1), dai consumatori primari come lo zooplancton erbivoro (LT=2), dai consumatori secondari come lo zooplancton più grande e i piccoli pelagici (LT=3) e dai predatori apicali come il merluzzo, il tonno e i delfini (LT= ). Negli ecosistemi marini in genere gli erbivori (zooplancton) sono più piccoli (in dimensione e biomassa) rispetto ai rispettivi consumatori (piccoli pesci), i quali sono a loro volta consumati da più grandi pescivori e così via (Pauly et al. 1998); questa è una della caratteristiche che più evidenzia la differenza tra ecosistemi marini e terrestri (es. lupo che mangia l alce). Il LT della specie i-esima è calcolato considerando la composizione della dieta ed il LT delle prede, secondo la formulazione (Eq.1) proposta da Pauly e Christensen (1995): Eq. (1) LT = 1 + S(DCij) * LTj dove LTj è il livello trofico della preda j, e DCij rappresenta la frazione di j nella dieta di i. In definitiva, il LT di un organismo è definito come il livello trofico medio delle sue prede + 1. Nello studio delle reti trofiche ha assunto un ruolo importante il Livello Trofico medio (LTm) dell ecosistema, che consente di effettuare confronti tra diversi stati del sistema e può, quindi, essere utile per individuare l entità delle pressioni antropiche sull ecosistema. Il LTm è usato per valutare gli effetti delle attività di pesca ad un livello ecosistemico dando indicazioni sullo sfruttamento eccessivo dovuto alla pesca e permettendo di evidenziare fenomeni di eutrofizzazione (Pauly et al., 1998; Caddy et al., 1998; Stergiou e Koulouris, 2000). In particolare secondo alcuni autori, negli ecosistemi marini, sarebbe possibile utilizzare il LTm dello sbarcato come indice di sostenibilità del livello di sfruttamento delle risorse alieutiche (Pauly et al., 2002). Il Livello Trofico medio (Eq.2) dello sbarcato viene calcolato a partire dai valori di LT delle specie (LTj) pesati con un fattore proporzionale alle relative catture (Yjy): Eq.( 2) LTm = Σ(Yjy*LTj)/ Σ(Yjy) Il livello trofico medio dei vari gruppi trofici riportato dalle statistiche sulla pesca globale della FAO ha denunciato un declino dal 1950 ai giorni attuali. Questo riflette una graduale transizione nelle catture da specie longeve (a ciclo vitale di diversi anni) con alto livello trofico a cui appartengono i demersali pescivori, verso specie a ciclo vitale più corto con basso livello trofico, rappresentate per lo più da pelagici planctivori. Questo trend è particolarmente pronunciato nell emisfero settentrionale dove si concentra la maggior parte dell industria della pesca. Informazioni provenienti da tutte le maggiori aree marine di pesca illustrano un andamento evidente di come negli ultimi 50 anni ci sia stata un effettiva diminuzione del livello trofico medio nel pescato, precisamente da un valore leggermente superiore a 3.3 nei primi anni 50 a poco meno di 3.1 negli anni 90 (Figura 16). 77

78 Figura 16 - Andamento globale del livello trofico medio del pescato degli ultimi 50 anni (Pauly et al. 1998). L eccessivo sforzo di pesca che in un primo momento ha manifestato un incremento delle catture ha portato in seguito nel corso degli anni ad una progressiva riduzione della quantità di pescato e del numero di specie, a lungo mascherata dalla nuova ed efficace tecnologia. Aree di pesca sempre più vaste grazie allo sviluppo di scafi e motori più potenti e lo sfruttamento di altre specie, che non rappresentavano un target commerciale in precedenza, hanno contribuito gradualmente a ridurre e semplificare le reti trofiche marine. La maggior parte delle risorse alieutiche che rappresentano fonte di cibo per l uomo sono comprese in un range di LT che va da 3 a 4.5 ossia dalle alici che si nutrono di zooplancton ai grandi merluzzi e tonni che si nutrono di diversi pesci più piccoli. La riduzione del LTm osservato a livello globale è stato stimato essere di per decade. Questo dato preoccupante dimostra come gli oceani e i mari sono sempre più sovra sfruttati e sempre meno popolati dai grandi predatori sia pelagici che demersali. Questo significa, che verranno pescate quantità sempre minori di specie che stanno in cima alla piramide trofica, a favore di quelle che si trovano alla base. Tale fenomeno, denominato "fishing down the marine food webs" (FDFW), si verifica poiché le specie più suscettibili di esaurimento sono quelle di taglia maggiore con cicli vitali lunghi; una volta che tali stock si impoveriscono, lo sfruttamento si indirizza verso specie di taglia minore caratterizzate da un tasso di crescita più rapido, e di conseguenza il livello trofico medio dello sbarcato si abbassa (Stergiou e Koulouris, 2000). Si nota questo fenomeno osservando ad esempio gli sbarcati delle flotte marchigiane; infatti, negli ultimi anni, è possibile riscontare ai mercati un quantitativo sempre maggiore di specie che prima avevano scarsa rilevanza commerciale o che addirittura venivano scartate come ad esempio i granchi (Liocarcinus depurator) e le galere (Cepola macrophtalma). Il principale e diretto impatto della pesca è quello di ridurre l abbondanza delle specie target. Le specie che presentano un maggior grado di sovrasfruttamento sono quelle, come detto sopra, con ciclo vitale lungo, che raggiungono grandi dimensioni allo stato adulto, che hanno un areale geografico limitato e un reclutamento sporadico. L iniziale reazione dell ecosistema al fishing down food webs può risultare in un calo della predazione (rimozione predatori apicali) e tramite meccanismi a cascata portare ad un incremento delle catture. Se per esempio ci fossero meno tonni e delfini sarebbero disponibili

79 per la pesca più alici e sardine. Tuttavia a causa delle complesse e ramificate catene trofiche marine i predatori apicali esercitano un ruolo ecologico di primaria importanza all interno dell ecosistema e l impatto che hanno sulle loro prede è fondamentale per regolare i livelli trofici inferiori. La costante rimozione di questi predatori può portare ad un aumento e ad un esplosione di specie precedentemente soppresse o invasive, spesso invertebrati (meduse, ctenofori, echinodermi) che possono rivelarsi efficienti competitori opportunisti, riducendo sia il funzionamento ecosistemico che la biodiversità. Un altro preoccupante aspetto del FDFB è la riduzione del numero e della lunghezza delle connessioni trofiche che vanno dai predatori apicali ai produttori primari, semplificando così l intera rete trofica. Reti trofiche diversificate permettono ai predatori e ai consumatori in generale di avere una maggiore disponibilità di diverse prede e di cambiare dieta in caso di fluttuazioni naturali a cui vanno incontro le popolazioni delle prede nel corso degli anni. La semplificazione delle reti trofiche che risulta in una minore diversità di prede e la costante riduzione dei predatori fa si che la popolazione dei predatori sia sempre più strettamente legata alle fluttuazioni annuali delle loro prede. Il risultato ultimo è quello di avere un ecosistema meno resistente e più povero. Inoltre la riduzione del livello trofico medio, a causa dell impatto della pesca è un effetto che si riscontra sia nelle relazione trofiche tra le varie specie che all interno della specie stessa. Molte specie, a causa di fermi biologici non adeguati e della non selettività dei vari attrezzi da pesca, vengono spesso catturate quando sono ancora allo stato giovanile. A questo stadio del loro ciclo vitale avendo ancora una dieta costituita prevalentemente di zooplancton presentano un LT di circa 3, valore che aumenta con l aumentare della taglia con lo stadio adulto, in particolare per le specie pescivore. La pesca tende perciò a ridurre la taglia di cattura e di conseguenza a ridurre il LT delle specie target del pescato. L impatto della pesca che viene esercitato sulle risorse alieutiche e quello fisico sui fondali marini costieri da parte dello strascico ha portato ad una riduzione drastica della produzione bentonica, a causa della distruzione degli habitat e della sopravvivenza dei giovanili sempre più ridotta. Non è sorprendente che le specie demersali con maggiore longevità e particolari cicli vitali mostrano un andamento negativo maggiore rispetto ai piccoli pelagici a breve ciclo vitale. Questo trend indica importanti cambiamenti trofici per gli ecosistemi marini come testimoniato dalla riduzione nelle ultime decadi del rapporto tra pescivori (demersali) e zooplanctivori (pelagici). In conclusione, quindi, il LTm dello sbarcato può essere utilizzato come indicatore del livello di sfruttamento cui è sottoposto un ecosistema. Infatti, lo studio delle serie storiche correlate al LTm delle catture permette di descrivere le fasi di sfruttamento della risorsa, e di effettuare considerazioni sullo stato dell ecosistema, relativamente anche a periodi passati, per i quali non è possibile disporre di altri dati se non la quantità di sbarcato derivanti dai mercati ittici. Discard, rigetti in mare e alterazione delle comunità bentoniche Oltre al Fishing Down Food Webs, altri fenomeni derivanti dalle varie attività di pesca partecipano all alterazione degli ecosistemi marini e alla struttura delle comunità biologiche (Figura 17). Nelle aree soggette ad un elevato sforzo di pesca, all impatto diretto che gli attrezzi da traino esercitano sui fondali e sulle comunità bentoniche che li popolano, si 79

80 aggiunge infatti il problema del rigetto in mare di rilevanti quantità di scarto (discard). Cambiamenti a lungo termine a carico delle biocenosi bentoniche riguardo l impatto diretto della pesca sui fondali marini, sono già stati ampiamente descritti (Lokkeborg, 2005; McMullen et al., 2007; O Neill e Summerbell, 2011) mentre si hanno meno informazioni riguardo all alterazione degli ecosistemi marini in seguito ai rigetti in mare. Per discard si intende quella parte del pescato composta da materiale organico di origine animale (organismi morti, vivi o moribondi) che viene rigettata in mare dai pescatori. Una specie viene rigettata in mare per diverse ragioni: perché non commerciale, perché rovinata, perché sotto misura, perché fuori quota, perché protetta. Una delle più attendibili definizioni è di Balguerías (1997): Discards, or discarded catch is that portion of the total organic material of animal origin in the catch, which is thrown away, or dumped at sea for whatever reason. It does not include plant materials and post harvest waste such as offal. The discards may be dead, or alive. Il Discarding è considerato quindi un atto volontario che prende spunto dalla decisione dei pescatori di rigettare in mare la parte del pescato non destinata alla commercializzazione per diversi motivi, sopra descritti (catture sottotaglia, organismi danneggiati etc). Da stime realizzate nel decennio compreso tra il 1994 e il 2004 (Kelleher, 2005) risulta che la quantità di discard proveniente dalla pesca a livello globale si aggira intorno ad un valore di 7.3 milioni di tonnellate. Molti degli impatti ecologici dei rigetti in mare risultano però non quantificati poiché resta difficile isolare l'effetto del rigetto in mare da altri effetti della pesca. Secondo alcuni ricercatori (Rijnsdorp e van Beek, 1991) i rigetti in mare in quantità contenute possono avere un impatto positivo sulla crescita delle specie bentoniche facilitando il trasferimento di energia lungo la catena alimentare e attraverso la fertilizzazione di fondali marini improduttivi. Come suggeriscono Groenewold e Fonds (2000) sembra che la porzione del pescato rigettato in mare entri rapidamente a far parte della trofodinamica delle biocenosi benthoniche. Inoltre, una serie di studi (Camphuysen et al., 1995) nelle acque europee hanno dimostrato che i rigetti sono una fonte alimentare importante non solo per il benthos marino ma anche per gli uccelli marini. Tuttavia il crescente sforzo di pesca a cui ha fatto seguito una crescita rilevante delle quantità di discard rigettato in mare, come testimoniato dalle recenti stime (Kelleher, 2005), ha sollevato alcuni dubbi riguardo alle conseguenze benefiche di questo costante ed importante imput trofico, in particolare negli ecosistemi marini più impattati. Il surplus di cibo e di materia organica che arriva sui fondali sembra portare ad un aumento sproporzionato nell abbondanza di poche specie dominanti principalmente composte da organismi scavenger (paguri, granchi, gasteropodi) e da organismi opportunisti (policheti erranti, crostaceo decapodi e alcuni echinodermi oloturoidei) in grado di approfittare dell improvviso aumento della disponibilità di alimento (animali morti o moribondi e sostanza organica in generale). Le specie spazzino sono da considerare specie non opportuniste che in alcune circostanze esibiscono un comportamento opportunistico. Ciò è anche confermato dal fatto che una stessa specie può comportarsi, oppure no, da scavenger a seconda delle condizioni ambientali ed alla struttura della comunità. In generale, nelle zone

81 sottoposte ad un eccessivo sforzo di pesca si riscontra un ampia diffusione di organismi scavenger. Figura 17 - Il problema del rigetto in mare del discard: cause e conseguenze (Kelleher, 2005). Le biocenosi benthoniche delle aree dell Adriatico centro-settentrionale dove si concentra uno sforzo di pesca maggiore sono dominate infatti da raguse (Bolinus brandaris), granchi (Liocarcinus depurator) ed echinodermi (Asterias rubens, Ophiura ophiura) che si comportano da scavenger (Pranovi et al., 1998). L esplosione di queste specie può portare ad alterare la struttura di comunità, andando ad occupare nicchie ecologiche di altre specie. Sembra infatti che l esplosione negli ultimi anni delle raguse, testimoniata dall aumento delle catture di questa specie, abbia portato ad una riduzione del pescato di vongole (Chamelea gallina) e di altri gasteropodi (Nassarius mutabilis) che occupano lo stesso habitat. Highlight L intensa attività di pesca a strascico in alcune aree comporta il rigetto di notevoli quantità di scarto, con il risultato che a lungo termine, in aree ben definite, si osserva la dominanza di poche specie cosiddette spazzine (scavengers) che sono in grado di utilizzare materia organica morta, oltre ad adattarsi a situazioni di disturbo e a resistere all urto degli attrezzi trainati. E per questo che, soprattutto nell ultimo anno, si è osservata una vera e propria esplosione della Ragusa o Murice (Bolinus brandaris), un gasteropode spazzino che, essendo dotato di robusta conchiglia ed essendo saprofago (si nutre di carne morta) risponde alla perfezione ai requisiti sopra citati. Ma la dominanza di questa specie ha determinato da un 81

82 lato una scorciatoia energetica, dall altro un impoverimento dell ecosistema, con la scomparsa o sostituzione di altre specie. Il quadro dell Adriatico centro-settentrionale L attività di pesca esercita sull ecosistema molteplici disturbi, dovuti a pressioni sia dirette che indirette, quali il prelievo della risorsa, il danno procurato alle specie non target e semplificazione della rete trofica con interferenze che possono estendersi anche a livelli trofici molto distanti da quelli delle specie bersaglio (Pauly et al. 1998). L Adriatico centrosettentrionale costituisce la più grande piattaforma continentale del Mar Mediterraneo e la pesca operata in quest area assume un importante valore da un punto di vista socioeconomico sia nel contesto italiano che europeo (Bombace, 1992). Nelle ultime decadi sono stati però registrati importanti cambiamenti; le quantità di pescato sono aumentate dalla metà degli anni 70 a metà degli anni 80, principalmente a causa dell abbondante cattura di pesce azzurro. Questo fenomeno si è pero arrestato a partire dalla fine degli anni 80 raggiungendo un progressivo declino fino ai giorni d oggi, a causa di una minor cattura di alici e sardine (Cingolani et al. 1996; Figura 18). Attualmente molte delle specie target demersali risultano sempre più sfruttate o sovra sfruttate riducendo le quantità del pescato a livelli inferiori a quelli degli anni 70; a ciò si aggiunge un importanza sempre maggiore della percentuale dello scarto nel pescato. Figura 18 Catture ufficiali provenienti dall adriatico centro settentrionale (CNR e ISTAT; ). Tra le specie demersali che più hanno risentito di un eccessivo sforzo di pesca troviamo il nasello che, già dal 2002, da una delle più abbondanti specie demersali, è passato ad essere uno degli stock più sovra sfruttati, presentandosi attualmente in percentuale molto bassa nelle catture. Oltre al nasello altre specie che hanno risentito di questa situazione sono le triglie, le orate, le spigole, i pagelli, le sogliole e altri pesci piatti (Tabella 12). Anche gli stock dei piccoli pelagici e del pesce azzurro hanno subito importanti riduzioni a partire dagli anni 80 ma molti di questi sono considerati ancora come stock non sovra sfruttati, grazie anche ad una strategia vitale più favorevole.

83 Gli Elasmobranchi (palombi, razze, spinaroli, etc.), che un tempo rappresentavano le specie target in lacune aree e periodi dell anno, e, più spesso erano catturate come bycatch (Fortibuoni et al. 2008), hanno subito una forte riduzione di popolazione. Tabella 11 Stock ittici demersali e pelagici ritenuti allo stato si sicurezza o sovra sfruttati e fuori limite di sicurezza biologica nel mare Adriatico (EEA 2002). Habitat Stock Commerciale Stato PELAGICO Acciuga Sovra sfruttato Sugarello Sgombro Sardinella Sardina Spratto Tonno Pesce Spada Sicuro Sicuro Sicuro Sicuro Sicuro Sovra sfruttato Sovra sfruttato DEMERSALE Merluzzo Sovra sfruttato Potassolo Spigola Orata Triglia di Fango Cefalo Pesci piatti Sogliola Boga Scorfani Musdea Testole Busbana Sovra sfruttato Sovra sfruttato Sovra sfruttato Sovra sfruttato Sovra sfruttato Sovra sfruttato Sovra sfruttato Sicuro Sovra sfruttato Sovra sfruttato Sovra sfruttato Sovra sfruttato Anche tra gli invertebrati si riscontra un eccessivo sforzo di pesca e un decremento del pescato: molluschi bivalvi come le ostriche registrano ormai nell intero Adriatico catture pressoché trascurabili (FAO-FishStat 2010). Cozze, vongole e capesante mostrano andamenti fluttuanti nel corso delle varie decadi ma in generale questi filtratori hanno subito un forte declino a causa di un eccessivo sfruttamento di queste risorse, dell impatto sui fondali esercitato dalla pesca a strascico e delle mortalità di massa per anossia a seguito di fenomeni di eutrofizzazione. Sembra diverso il discorso per quanto riguarda i gasteropodi (Hexaplex trunculus, Bolinus brandaris); i pescatori denunciano catture sempre più abbondanti negli ultimi anni delle raguse, specie che sembra essere un abile competitore e che possa in 83

84 qualche modo influenzare le nicchie trofiche di altri molluschi bivalvi e altre specie demersali. Anche tra i cefalopodi nell ultima decade si è registrata una diminuzione delle catture (calamari 75%, seppie 68%, polpi 48%; FAO-FishStat 2010) così come per i crostacei tra i quali solo le catture della pannocchia sembrano rimanere a livelli relativamente costanti. Numerosi e diversificati sono quindi gli stock ittici e non che sono influenzati dall impatto della pesca in Adriatico. Essendo specie che condividono la stessa area con nicchie ecologiche diverse ma strettamente legate da importanti connessioni trofiche va fatto uno studio a livello ecosistemico per poter comprendere al meglio l impatto che effettivamente la pesca ha in questa area marina. Ecopath&Ecosim è un software (sviluppato dal Fishery Center della University of British Columbia, Canada) utilizzato per la modellizzazione dei sistemi acquatici, che permette di descrivere l ecosistema considerandone le specie o gruppi di specie e le loro relazioni trofiche e inoltre consente di inserire la forzante pesca nel sistema stesso. Questo permette di analizzare gli effetti sulla risorsa sfruttata, sull ambiente, sulle caratteristiche trofiche, sui flussi energetici nonché le interazioni con altre tipologie di pesca. La realizzazione del modello prevede che vengano individuati e descritti i principali gruppi di autotrofi ed eterotrofi inserendo parametri relativi a consumo, produzione, biomassa ed efficienza. L attività di pesca viene poi descritta mediante parametri come la descrizione quali-quantitativa del pescato e dello scarto e, se possibile, i diversi impatti esercitati a livello di comunità biologiche. La base del modello Ecopath è costituita dall equazione di bilancio della produzione, che permette di costruire il bilancio di massa tra i gruppi, e dall equazione del consumo di ogni gruppo, per assicurare il bilancio energetico tra i gruppi che rappresentano il sistema. Ecopath costruisce un modello della rete trofica a bilancio di massa sul quale mediante la routine dinamica Ecosim si possono effettuare delle simulazioni temporali. Ecosim permette di verificare quali siano gli effetti di differenti strategie gestionali di pesca nel tempo. E possibile imporre variazioni di sforzi di pesca per una singola o più attività di pesca. Si possono così identificare e quantificare gli effetti diretti e quelli indiretti, monitorando la biomassa degli stock commerciali e di quelli non commerciali nonché dell intero ecosistema. Grazie all utilizzo di questi software e ai relativi modelli sviluppati è emerso che, nell area adriatica di nostro interesse, tra i vari stock ittici si evidenziano quattro gruppi funzionali distinti: 1. Pesci demersali con abitudini trofiche miste (principalmente prede costituite da invertebrati, crostacei e piccoli pesci bentho-pelagici) 2. Pesci demersali con abitudini trofiche basate su piccoli pesci demersali e pelagici 3. Pesci bentho-pelagici con abitudini trofiche basate sul micro- e meso-zooplancton 4. Pesci bentho-pelagici con abitudini trofiche basate sul macrozooplancton Questi gruppi ecologici rappresentano livelli trofici che vanno da un LT di 3 a 4.5: i più alti valori sono raggiunti dalla rana pescatrice, dai grandi predatori pelagici, dai delfini, dalle razze, dai rombi dai gronchi, dai merluzzi e dagli squali demersali. I rimanenti gruppi funzionali sono classificati tra un LT di 4 a 3.05 per specie ittiche (con l eccezione della sardina LT=2.97 che si nutre anche parzialmente di fitoplancton) e 3.76 e 2 per gli invertebrati (Figura 19).

85 Figura 19 Reti trofiche del nord e centro adriatico con indicati i livelli trofici (LT): divisione tra habitat demersale e pelagico (Coll et al. 2007). I diversi gruppi funzionali delle reti trofiche dell Adriatico centro-settentrionale sono influenzati dai gruppi alla base della catena alimentare come fitoplancton, zooplancton e invertebrati bentonici. Ciò potrebbe essere collegato a situazioni di controllo bottom-up presenti nell'ecosistema (Hunter e Price, 1992). Il forte impatto che acciughe, sardine e altri piccoli pelagici di minore importanza, hanno sui numerosi gruppi funzionali di LT superiore e inferiore evidenzia l'importanza di questi gruppi nell'ecosistema. È stato identificato solo un ruolo marginale di controllo top-down da parte delle popolazioni dei predatori (delfini e grandi pesci pelagici) all'interno del sistema. Ciò è in accordo con la lunga storia di attività di pesca in quest area, che ha fortemente ridotto la biomassa dei grandi predatori (Bearzi et al. 2004), presentando la pesca in qualità di top predator. Questi risultati evidenziano l'importanza dei livelli trofici medio-bassi nel funzionamento dell ecosistema svolgendo un ruolo fondamentale nel catturare l'energia e renderla disponibile ai livelli trofici superiori. Altri importanti studi sottolineano l'importanza dello zooplancton gelatinoso, in termini di consumo, produzione e flusso al detrito; è stato osservato che la proliferazione di alcune specie di meduse nel mare Adriatico dal 1980 (Rottini-Sandrini e Stravisi, 1981; Zavodnik, 1991; Arai, 2001; Mills, 2001), è avvenuta in parallelo con la diminuzione di piccoli pesci pelagici. 85

86 I flussi totali di energia escludendo la catena del detrito si concentrano principalmente (65%) nel dominio pelagico e l efficienza di trasferimento media dell energia dell ecosistema si aggira intorno al % (Figura 20). La tendenza alla riduzione dei valori di ET dal LT-II al LT-IV è in linea con l'ecologia teorica (Lalli e Parsons, 1993), laddove un calo di ET con valori più elevati di LT è spiegato attraverso la perdita di efficienza lungo la catena alimentare; tuttavia, la tendenza crescente da LT-IV a LT superiori è in contrasto con la teoria ecologica (Figura 20). Da un confronto effettuato tra due modelli standardizzati che rappresentano uno l'ecosistema sovra sfruttato del mare Adriatico e l altro l area marina protetta di Miramare è emerso che la pesca potrebbe essere la causa di anomalie nel trasferimento di energia all'interno della rete alimentare di ecosistemi impattati da un eccessivo sforzo di pesca (Libralato et al. 2005). In termini di biomassa (t km 2 ) detrito, invertebrati benthonici non-crustacei, fitoplancton, zooplancton e plancton gelatinoso sono i gruppi dominanti, seguiti dalle sardine e dalle alici e dagli altri piccoli e medi pelagici. Il 98% della produzione totale dell ecosistema (t km 2 yr 1 ) è costituito dal fitoplancton, zooplancton, invertebrati benthonici non-crustacei e dal plancton gelatinoso (meduse). In generale, i flussi trofici (consumo, produzione, respirazione e flusso verso il detrito) e le biomasse mostrano che l'ecosistema dell'adriatico è dominato dal dominio pelagico, in particolare dal plancton e dai piccoli pesci pelagici. Figura 20 Rappresentazione schematica dei flussi e dell efficienza trofica (Lindeman) nell Adriatico centro-settentrionale (Coll et al. 2007). Il LTm del pescato mostra valori bassi e confrontabili con quelli di altri ecosistemi soggetti ad un forte impatto della pesca. Da studi recenti risulta che il LTm dell Adriatico centrosettentrionale presenti un valore simile a quello del mare Catalano ottenuto nel 1994 (LT= : Tudela, 2000; Coll et al. 2006), inferiore a quello calcolato per il Mediterraneo occidentale nel 1998 (LT=3.25, Pinnegar et al. 2003), e leggermente superiore a quello ottenuto per l intero bacino del Mediterraneo nel 1994 (LT=3.0, Pauly et al. 1998). Lo spettro trofico delle catture del Mare Adriatico centro-settentrionale mostra un incremento dal 1975 al 1980 in tutti i LT, in particolare a LT inferiori (Figura 21 a). A ciò fa seguito una progressiva diminuzione delle catture dal 1980 al 2000 appartenenti a tutti i LT. Ulteriori conferme a riguardo arrivano dagli spettri trofici tracciati in funzione a stime di biomassa provenienti da survey di pesca a strascico che mostrano anch essi una diminuzione della biomassa nel corso del tempo in particolare per LT compresi tra 2.7 e 3.7 (Figura 21 b) e per LT più alti (LT 4.5). Questo trend è sottolineato anche dalle ricerche relative agli spettri

87 trofici ottenuti dai modelli di bilancio di massa (Ecopath&Ecosim) confermando un aumento della biomassa a bassi LT (2-2,5) dal 1975 al 1980 e poi una progressiva diminuzione fino al 2002 (Figura 21 c). Sempre secondo questo modello le biomasse di LT intermedi (2,5-3,5) sembrano aumentare dal , per poi diminuire fino al 2002, mentre valori di biomassa relativamente bassi si osservano per tutti i LT nel corso degli anni 2000 (LT=~3). Figura 21 Spettro trofico dell Adriatico centro-settentrionale in funzione delle catture ( ) (a), dei dati provenienti da survey (b) e da modelli ecologici (Ecopath&Ecosim) (c); (Coll et al. 2010). L indice di Impatto Trofico Misto (MTI) quantifica le relazioni dirette e indirette all interno dei vari gruppi funzionali e analizza come l impatto dell aumento della biomassa di uno dei gruppi funzionali possa influenzare altri gruppi funzionali. I merluzzi di taglia inferiore ai 40 87

88 cm, gli sgombri, il plancton gelatinoso e soprattutto alcune tecniche di pesca (strascico e volante) mostrano il più alto valore negativo di impatto; al contrario la sardina, lo zooplancton, l alice e il fitoplancton presentano alti valori di impatto positivo. Un aumento dell'attività dello strascico avrebbe, quindi, un impatto rilevante nei confronti delle altre componenti dell'ecosistema; questa pesca ha un impatto negativo su molteplici e diversi gruppi di specie demersali e bentoniche, così come delfini e tartarughe marine, sia a causa della diminuzione delle loro prede principali che della mortalità diretta dovuta al by-catch. Un aumento nella flotta del Rapido e delle Tonnare avrebbe ad esempio un grande impatto negativo sulle loro principali specie bersaglio, mentre un aumento della Volante comporterebbe impatti negativi nei confronti di specie non target (ad esempio tartarughe). La pesca (ad eccezione della Lampara) quindi si classifica tra i gruppi con impatto negativo maggiore nei confronti dell ecosistema (Figura 22). Figura 22 MTI dei diversi gruppi funzionali e quantificazione dell impatto (Coll et al. 2007). La semplificazione delle reti trofiche e la riduzione del livello trofico nelle catture è testimoniato oltre che dalla perdita di biomassa anche dalla sempre più costante perdita sia di gruppi funzionali che di biodiversità. I cambiamenti nella diversità di specie sono evidenziati dal numero di specie che hanno raggiunto lo stato di Depleted, Rare e Extirpated (Figura 23 A). Le Depleted species sono quelle specie che sono ancora relativamente abbondanti da poter svolgere il proprio ruolo ecologico, nonostante abbiano subito una riduzione in biomassa o nel numero di individui pari a circa 50-90%, indicando come lo stock si trovi in un equilibrio precario. Le Rare species sono quelle specie che hanno subito una riduzione in termini di biomassa o in numero di individui maggiore al 90% e che possono essere considerate ecologicamente estinte. Extirpated species sono quelle specie che si sono estinte localmente o comunque su piccola scala e se non sono globalmente estinte possono beneficiare di una potenziale reintroduzione. Oggi, il 98% delle risorse marine di

89 interesse commerciale dell Adriatico è definito come Depleted, di cui il 37% è allo stato Rare e l 11% allo stato Extirpated. In particolare la megafauna, composta dai grandi predatori e dai grandi consumatori (> 1 m) e da specie che occupano i più alti livelli trofici, mostra un trend negativo (Figura 23 B) molto più accentuato (11% dell abbondanza originaria) rispetto alla macrofuna (47% dell abbondanza originaria). Le alien species e le relative invasioni, principalmente invertebrati e molluschi, non compensano il numero di specie che progressivamente si è perso nel corso degli anni ma al contrario vanno ad occupare livelli trofici più bassi, cambiando la struttura di comunità e il funzionamento ecosistemico. Un caso emblematico è quello dello Scrigno di Venere (Scapharca inaequivalvis) specie di origine indopacifica, introdotta nell'alto Adriatico per involontario apporto antropico. La specie risulta estremamente competitiva in condizioni di scarsità di ossigeno disciolto, essendo dotato di un pigmento respiratorio simile all emoglobina; per questo, soprattutto durante il periodo estivo, in condizioni di ipossia, la specie risulta prevalere sulle specie nostrane, assumendo in un ben determinato strato batimetrico, le caratteristiche di una vera e propria facies. Figura 23 Diversità di specie come percentuale cumulativa di deplezione e numero di invasioni (a). abbondanza relativa delle diverse componenti ecosistemiche dell Adriatico nel corso del tempo (b); Lotze et al Highlight In sintesi nel corso delle ultime decadi sempre più specie sono diventate bersaglio della pesca, la percentuale di scarto derivato dalla pesca industriale (discard) occupa sempre una percentuale maggiore all interno del pescato e la struttura delle varie comunità dell ecosistema è cambiata. Tutto ciò ha portato ad importanti cambiamenti nel funzionamento ecosistemico contribuendo all abbassamento del livello trofico medio ed alla semplificazione della rete trofica. Alla riduzione dei predatori apicali e del livello trofico medio si è aggiunto un aumento delle specie basali e del numero di prede per specie indicando uno spostamento della rete trofica verso organismi più piccoli. 89

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