UNIVERSITA DEGLI STUDI DI TORINO FACOLTA DI SCIENZE POLITICHE
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1 UNIVERSITA DEGLI STUDI DI TORINO FACOLTA DI SCIENZE POLITICHE Corso di laurea in SCIENZE DELL AMMINISTRAZIONE E CONSULENZA DEL LAVORO percorso PUBBLICA AMMINISTRAZIONE TESI DI LAUREA Il lavoro di genere. Occupazioni femminili e maschili nel mercato del lavoro italiano. Relatore: Professoressa Manuela Naldini Candidato: Fabiana Morsuillo Anno accademico 2009/2010
2 CAPITOLO 1 BREVE EXCURSUS STORICO 1.1 Trasformazione della partecipazione femminile nel mondo del lavoro Crescita occupazionale delle donne dal dopoguerra ad oggi In passato, in società in cui prevaleva l agricoltura di sussistenza, il nesso tra famiglia, lavoro ed economia non era così marcato: la divisione dell attività lavorativa avveniva all interno del nucleo, ed il padre di famiglia era considerato amministratore dell impresa familiare. L economia capitalistica moderna, come sostiene Weber in Economia e società (1922), nasce dalla separazione dell economia domestica dalla economia dell azienda di famiglia. La famiglia borghese è la prima a vivere questa separazione, mentre nelle famiglie delle classi lavoratrici questa scissione tra famiglia e lavoro avviene in maniera più lenta e prolungata nel tempo. Nel corso del Novecento, in Italia, l andamento della partecipazione delle donne al mondo del lavoro ha assunto la forma di U: all inizio del secolo le donne erano massicciamente presenti nel lavoro agricolo e nella manifattura tessile. Negli anni Cinquanta, con l avvento dell industrializzazione e la conseguente diminuzione di importanza del settore agricolo, si registra una diminuzione di attività delle donne, attività che ricomincia a crescere negli anni Sessanta. (Bozzon, 2008). Da quegli anni si assiste alla crescita delle donne nel terziario, il cui livello di occupazione non raggiunge però né i livelli quantitativi né i livelli qualitativi propri di altri paesi ad alto sviluppo. Per spiegare questo fenomeno bisogna guardare un altra area del lavoro femminile: il lavoro domestico familiare. Inoltre, negli anni del dopoguerra i consumi si differenziano: c è più attenzione al benessere, poiché per la prima volta le famiglie hanno la possibilità di aumentare il proprio tenore di vita. Si assiste negli anni Sessanta ad una sempre maggiore individualizzazione dei consumi all interno della famiglia. Si creano così, anche per le donne, modelli di consumo per attuare identità diverse, sul piano del lavoro, nella definizione delle responsabilità familiari e della professionalità della donna di casa. Infatti solo a metà anni Sessanta aumentano i tassi di attività femminile nelle età centrali, facendo diminuire la quota di donne casalinghe. In questo modo, cioè con il rientro a lavoro di donne precedentemente occupate nel lavoro di cura, si vengono a creare categorie di occupazioni prettamente femminilizzate, come le infermiere o le insegnanti, tendenza che tende a riprodurre nel tempo e ad accentuare il fenomeno della segregazione (Barile, 1984). 7
3 Inoltre accadeva che le donne occupassero posti lasciati vacanti dagli uomini, come era già successo nel caso dello scoppio della seconda guerra mondiale, quando le donne andavano a lavorare nelle fabbriche al posto degli uomini occupati sul fronte. Negli anni del dopoguerra l Italia gode di un relativo benessere, come più o meno gli altri paesi dell occidente industrializzato, e proprio in questo periodo l occupazione femminile tende a crescere. Tra il 1961 e il 1967 si assiste ad una crisi dell attività femminile, le cui cause sono diverse. Innanzitutto questo calo di attività è legato alla perdita di importanza del settore agricolo e dell industria tessile, ed alla spinta dell offerta di lavoratori uomini, eccedenti rispetto alle donne. E poi sono da collegare a questo fenomeno anche cause di tipo socioculturale, quali la scarsa mobilità delle lavoratrici in determinate fasce d età, la mancanza di servizi dediti alla cura dell infanzia e all assistenza per gli anziani, e, in ultimo l insufficiente livello di istruzione delle donne. Inoltre in questi anni il lavoro svolto da donne non viene considerato essenziale : il Lavoro era uomo, non era necessario che la donna lavorasse, il compito della donna era principalmente relativo alla sfera riproduttiva e di cura. Gli anni Sessanta sono quindi caratterizzati dalla mentalità secondo cui ci sia una distinzione tra lavori da donna e lavori da uomo (Fontana, 2002). Durante gli anni Settanta, in seguito alla mobilitazione femminista, la condizione femminile è divenuta oggetto di studio su due punti particolari: la partecipazione delle donne al mercato del lavoro, e il lavoro domestico come lavoro necessario e specifico delle donne adulte. All inizio degli anni Settanta un analisi dell occupazione femminile aveva messo in luce come gli uomini nel fiore degli anni fossero tutti massicciamente impegnati nel mercato del lavoro, mentre le donne nel fiore degli anni fossero tutte a lavorare a tempo pieno nella famiglia. Un analisi di Del Boca e Turvani confermò poi questo andamento: dimostrò, cioè, come la presenza di un uomo nel mondo del lavoro richiedeva che la donna fosse pienamente impegnata nel lavoro di cura, almeno nelle fasi più importanti per la formazione di un nuovo nucleo familiare, ovvero in presenza di figli piccoli e in età prescolare (Naldini, Saraceno, 2007). Per quanto riguarda la crescita occupazionale delle donne in questo decennio, la maggior parte di esse trova impiego in un settore in crescita, il terziario, in particolare le donne sono presenti nella pubblica amministrazione, nel commercio, nei servizi, meno nei trasporti e nelle telecomunicazioni. Il terziario inoltre presenta situazioni molto differenziate al suo interno: da un lato può permettere alle donne di avere un posto stabile a orari poco ingombranti, dall altro può dare luogo a occupazioni precarie, come nel caso del turismo, dell insegnamento. È questa ambivalenza delle occupazioni che prepara il terreno alle tipologie di lavori atipici degli anni più recenti (Fontana, 2002). Negli anni Ottanta l occupazione femminile provoca, involontariamente, disoccupazione femminile, in quanto donne che già lavorano invogliano altre 8
4 donne a cercare anch esse un occupazione, soprattutto in ceti sociali e classi d età per cui il mercato del lavoro costituisce una novità. In questi anni si delinea un nuovo modello di partecipazione delle donne al mondo del lavoro, attraverso ingressi sempre meno condizionati dal matrimonio o dalla nascita di un figlio, ingressi motivati dai crescenti livelli di istruzione che spostano in avanti l età media di ricerca di un impiego. Gli anni Ottanta sono il decennio di affermazione delle donne, non solo dal punto di vista professionale. Per interpretare tali cambiamenti però occorre capire l importanza dei processi di frammentazione e flessibilità dei lavori: l offerta di lavoro delle donne è più flessibile di quella degli uomini, e quindi l espansione di questi anni si potrebbe ipotizzare che sia dovuta proprio a questo fattore. Dal punto di vista legislativo in questo decennio si ottengono risultati concreti: la legge 903/1977, denominata Parità di trattamento tra uomini e donne in materia di lavoro rappresenta un passo fondamentale per il raggiungimento delle pari opportunità. In Italia vengono approvate alcune iniziative che permettono l avvicinamento a questo obiettivo: nel 1983 viene istituito il Comitato nazionale per l attuazione dei principi di parità di trattamento e uguaglianza di opportunità tra lavoratori e lavoratrici; nel 1984 viene nominata dalla Presidenza del Consiglio, la Commissione nazionale per la realizzazione della parità tra uomo e donna; nel 1987 viene presentato il primo disegno di legge atto a realizzare azioni positive per il conseguimento delle pari opportunità, tramite iniziative che competono alle aziende, enti pubblici o sindacati. Dal punto di vista dei progetti di vita familiare le giovani donne hanno progetti diversi da quelli delle loro madri, poiché dedicano più tempo al miglioramento delle loro collocazioni professionali; tuttavia, continua a persistere la doppia presenza, ossia quella dinamica ricorrente per cui le donne si trovano impegnate su due fronti: quello lavorativo, su cui sentono il dovere di impegnarsi più degli uomini per colmare il gap, e quello familiare, di cui sono responsabili volenti o nolenti, a causa della tradizione e delle norme socio culturali ancora vigenti nella società. I cambiamenti legislativi e privati, di vita familiare, hanno portato a cambiamenti importanti nel mondo del lavoro: da un lato il lavoro femminile invade settori fino a qualche tempo prima riservati a uomini, dall altro le nuove caratteristiche del mercato (la frammentazione e la flessibilità) più si addicono all offerta femminile, meno rigida di quella maschile (Fontana, 2002). Gli anni Ottanta sono stati caratterizzati da un tratto distintivo, quindi: la crescita occupazionale è da attribuire per la maggior parte all attività delle donne, infatti tra il 1979 e il 2003 l incremento dell occupazione femminile è stato del 43%, quello maschile non è andato oltre il 2% (Contini, Trivellato, 2005). Possiamo individuare, dal confronto dei Censimenti dell Industria e Servizi del 1981 e del 1991, alcune significative differenze rispetto al passato: si conferma la tendenza di crescita occupazionale femminile del terziario iniziata negli anni 9
5 Sessanta, e si registrano cambiamenti importanti soprattutto per le donne. Infatti le donne dirigenti sono raddoppiate in dieci anni, sono cresciute di un quarto le professioniste e imprenditrici, e di due terzi le lavoratrici manuali dei servizi. Si sfata, quindi, la convinzione che le donne lavoratrici siano per lo più nel settore impiegatizio, ma d altra parte non cambia l aspetto di femminilizzazione dei settori: il peso delle donne nell industria è molto ridotto, la maggioranza dei lavoratori sono uomini. Il decennio preso in considerazione ha visto la diminuzione generalizzata di occupati nell industria, ma in particolare delle donne, ed è stato caratterizzato da un aumento delle posizioni indipendenti, quali imprenditori, liberi professionisti, lavoratori autonomi: in questo settore invece la crescita femminile è stata considerevole e superiore a quella maschile (Bianco, 1997). Per quanto riguarda i cambiamenti avvenuti negli anni Novanta, Fontana (2002) pone l attenzione sui limiti e rischi dell espansione dell occupazione femminile. Secondo l autore infatti è vero che le donne sono entrate in settori tradizionalmente maschili, ma pur sempre in posizioni secondarie e limitate, ad esempio tra i magistrati le donne sono impegnate soprattutto nei tribunali e nelle procure per i minorenni, tra i medici sono più le donne specializzate in pediatria piuttosto che in chirurgia. Questo decennio, con una maggiore eterogeneità nella manodopera e variabilità nelle figure professionali, ha visto un profondo cambiamento nel mercato del lavoro: per le donne c è più spazio, competono con gli uomini per titoli di studio, quindi i percorsi di vita tendono essere meno differenziati (Fontana, 2002). Nel 2003 le donne imprenditrici individuali o socie in società di persone o di capitali sono il 29,2% e la quota è in costante crescita negli ultimi anni. La crescita dell occupazione femminile negli anni recenti è dovuta anche alla positiva dinamica del settore dei servizi. Sono, infatti, i servizi il settore in cui è presente la quota di gran lunga più rilevante di donne, in particolare come dipendenti (50%), ma anche come indipendenti (quasi il 40%). Anche in agricoltura la quota di donne, sia dipendenti, sia indipendenti, è elevata, mentre la presenza femminile nell industria è minore (Istat, Archivio Asia-Imprese, 2007). Nonostante la crescita occupazionale femminile registratasi negli ultimi anni, (pur sempre settoriale) l Italia resta caratterizzata da bassi tassi di occupazione femminile rispetto agli altri paesi europei, come possiamo notare dalla figura 1.1 nella pagina seguente. Infatti, dalla figura notiamo che l Italia è caratterizzata da una percentuale di uomini occupati del 70.3% e da una percentuale di 47.2% per le lavoratrici. L occupazione femminile italiana risulta di poco più bassa rispetto a quella greca (48.7%), ma lo è decisamente di più rispetto a quanto registrato in paesi ad alta presenza femminile nel mercato del lavoro, come ad esempio in Norvegia e Svezia (rispettivamente con 75.4% e 71.8%), oppure in Danimarca (74.2%) e Finlandia (69%). 10
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