UNITÀ DIDATTICA 4 BREVE STORIA DEL PENSIERO ECONOMICO

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1 UNITÀ DIDATTICA 4 BREVE STORIA DEL PENSIERO ECONOMICO 4.1 Antichità e medioevo Nella civiltà greca e romana le trattazioni sull economia sono avvenute ad opera dei filosofi in maniera frammentaria (Aristotele e Platone). Senofonte scrisse il primo studio di economia che si conosca ed esso riguardava le finanze pubbliche di Atene. Nel medioevo invece sono i Padri della Chiesa ad occuparsi di economia (Tommaso d Aquino, San Bernardino da Siena ). I temi esaminati sono il giusto prezzo, il giusto salario e i problemi monetari. I fatti economici sono spiegati nell ottica della filosofia morale e non da un punto di vista prettamente economico. Nell epoca comunale compaiono le prime trattazioni frammentarie e ciò per merito dello sviluppo dell attività artigiana e mercantile che in quel momento storico stava conoscendo uno sviluppo enorme. Nel periodo di formazione degli stati nazionali si svilupparono i filoni centrali dell economia: si studiano le entrate e le uscite dello Stato e del Sovrano, la moneta e il capitale finanziario, la produzione e il consumo in relazione al mercato interno ed esterno. 4.2 Il mercantilismo È un periodo compreso tra il 1500 e il I grandi temi degli economisti del tempo furono: 1. l opinione diffusa che il governo dovesse esercitare il proprio potere in economia e non solo in politica e in campo sociale; 2. l intervento pubblico doveva avere il fine di aumentare la ricchezza nazionale nei confronti degli altri stati e la politica pubblica ha come obiettivo primario una bilancia commerciale favorevole (prevalenza delle esportazioni sulle importazioni); 33

2 3. il commercio internazionale doveva essere inteso come il miglior modo per assicurare l afflusso di metalli preziosi. Economisti importanti del tempo furono: Hume, Galiani, Cantillon. 4.3 La fisiocrazia Il termine deriva da physis - natura - e da kratos - potere e si riferisce ad un movimento di economisti francesi che si sviluppò nella seconda metà del XVIII secolo. Secondo questa scuola di pensiero, l economia è retta da leggi naturali immutabili, che vanno sempre rispettate. I Fisiocrati si opposero a tutti quei vincoli e regolamenti che la società feudale aveva costituito e propugnarono l abolizione di tutte quelle norme che ostacolavano la produzione e il commercio dei prodotti agricoli. I loro principi furono sintetizzati con l espressione laissez faire. Il contributo teorico dei fisiocrati all economia è individuato nel riconoscimento delle interrelazioni che legano i vari settori della società, per cui si ha la prima presentazione di produzione e consumo come processo circolare. Il maggior rappresentante dei fisiocratici è Quesnay, il quale considerava l agricoltura l unico settore produttivo dell economia. 4.4 Smith e la scuola classica L opera di Smith, La ricchezza delle nazioni (cfr. Cap. 1) viene considerata la prima trattazione sistematica della scienza economica e la prima giustificazione del capitalismo. Smith elaborò la dottrina del laissez faire, che sottolinea la necessità di limitare al massimo l intervento dello Stato, lasciando all iniziativa privata la risoluzione dei problemi economici. 34

3 Secondo Smith il sistema di mercato conduce, attraverso la domanda e l offerta e il loro incontro, al benessere generale. Per economia classica si intende quell insieme di concetti e teorie che si sono affermati parallelamente al capitalismo. La corrente dominante comprende, tra gli economisti classici, tutti quelli venuti dopo la fisiocrazia fino alla pubblicazione del Capitale di Marx. Economisti principali oltre Smith sono Malthus, Ricardo, Mill. Nell economia classica c è una spiegazione delle leggi economiche del Capitalismo considerate come leggi di natura. Il capitalismo, quindi, non è una fase dello sviluppo dell economia ma il risultato finale di tale processo evolutivo. 4.5 La dottrina marxista Karl Marx elaborò una teoria che egli stesso definì come la dottrina scientifica del socialismo; questa dottrina è una critica all economia classica. Secondo Marx, i rapporti sociali di produzione costituiscono la struttura dell economia della società su cui è costruita una sovrastruttura di istituzioni giuridiche e politiche. Nel capitalismo, la forza lavoro è una merce ceduta dai lavoratori al capitalista ed è da ciò che nasce il plus-valore che va al capitalista che diventa proprietario di tutti i mezzi di produzione. Per questo, Marx insieme ad Engels propugnò nel Manifesto del Partito Comunista la necessità di abolire la proprietà privata. Per ottenere il nuovo ordine sociale auspicato, si sosteneva anche l idea di una rivoluzione del proletariato seguita da un periodo di dittatura dello stesso durante il quale i vecchi ricchi dovevano abituarsi alla nuova condizione. Finito questo momento di transizione, sarebbe stata realizzata la società socialista in cui ciascuno contribuisce secondo le capacità e riceve secondo i bisogni. 35

4 4.6 Il marginalismo e l economia neo-classica Negli ultimi decenni del secolo scorso prevalse un tipo di analisi finalizzata a capire le motivazioni del c.d. homo aeconomicus, astrazione di un uomo reale. Gli economisti del tempo focalizzarono l attenzione sul problema della soddisfazione dei bisogni. I loro studi erano concentrati sullo scambio dei beni e sulla domanda. Più o meno contemporaneamente ma lavorando individualmente, tre importanti economisti Walras, Jevons e Menger, formularono la teoria marginalistica, una teoria con tale rigore logico e concettuale da divenire la base dell economia neo-classica. Essi distinguono le risorse personali, che danno luogo al salario e allo stipendio, dalle risorse naturali, che danno luogo alla rendita; e distinguono i capitali, che danno luogo all interesse, dall attività imprenditoriale che dà luogo al profitto. Determinante per questa scuola di pensiero è l opera di Marshall nella quale si indaga sugli equilibri economici parziali, cioè sull interpretazione di quanto può accadere nei singoli settori di attività. I neoclassici, così come i classici, hanno una tale fiducia nelle forze di mercato, che ritengono inutile e dannoso ogni intervento dello Stato. 4.7 L economia Keynesiana Il principio tradizionale per cui il sistema economico, lasciato libero di funzionare tendeva spontaneamente ad un equilibrio di piena occupazione era inadeguato a spiegare la crisi economica del In questo contesto storico John Maynard Keynes fornì un nuovo apparato concettuale che aveva come nodo centrale quello delle forze che determinano il reddito nazionale e conseguentemente dell occupazione. La domanda aggregata: nel modello keynesiano il livello del reddito è determinato dalla domanda aggregata, costituita dalla spesa per i consumi e gli investimenti e dalla spesa pubblica. La domanda aggregata 36

5 Analizzato il meccanismo per cui talora il livello effettivo della produzione è al di sotto del livello potenziale, con conseguente disoccupazione, è possibile porre in essere misure di politica economica per stimolare la domanda aggregata. Keynes è considerato il più grande economista del secolo e la rivoluzione keynesiana ha avuto una influenza notevole sullo sviluppo dell analisi macroeconomia, su quello della politica economica, sul rilancio dell economia nei sistemi capitalistici dopo la seconda guerra mondiale. Verso gli anni 80 però con l insorgere dell inflazione, la teoria keynesiana è stata sottoposta a revisioni. 37

6 Test 1. Comporre un elaborato che consideri in breve tutta la storia del pensiero economico trattata nel capitolo quarto. 2. Quale è il principio fondamentale della teoria keynesiana? a) Che i meccanismi del mercato portano automaticamente il sistema economico in equilibrio. b) Che è necessario l intervento dello Stato nel sistema economico. c) Che l intervento dello Stato deve limitarsi solo ai settori della difesa, della giustizia e dell ordine pubblico. d) Che il sistema economico tende al pieno impiego. 3. Chi fu il massimo esponente dei fisiocratici? a) Mill. b) Ricardo. c) Quesnay. d) Walras. 38

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