Sardegna 4 L ISOLA DA SFOGLIARE COME UN LIBRO UN VIAGGIO NEL RICORDO, L ANIMA DELLA GENTE, GLI SPLENDORI DELL ARTE, I LUOGHI DELLE VACANZE

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1 . Sardegna 4 ITINERARI SPECIALI DI BELL ITALIA NUMERO 29 - GIUGNO/LUGLIO 2000 LIRE (EURO 6,20) L ISOLA DA SFOGLIARE COME UN LIBRO UN VIAGGIO NEL RICORDO, L ANIMA DELLA GENTE, GLI SPLENDORI DELL ARTE, I LUOGHI DELLE VACANZE EDITORIALE GIORGIO MONDADORI

2 SOMMARIO Gianmario Marras Costa sarda di ponente: uno dei più affascinanti quadri è il golfo di Porto Conte che nell antichità fu chiamato il Porto delle Ninfe. Lo caratterizzano la dolcezza delle insenature, l ampia spiaggia e la straordinaria trasparenza delle acque dai colori incredibili. Un isola da leggere Preistoria La terra dei nuraghi Come si parla Una lingua nata da sangue romano Patrimonio verde Santuari naturalistici Musica tradizionale Antica quanto l alba Giubileo Sulla via dei penitenti Porti e porticcioli Tra mille insenature Consorzi turistici A favore dell impresa Sostegni creditizi Leggi e turismo Trasporti Strada rotaia cielo e mare Cagliari e la sua provincia L elefante ci invita Una piccola scultura è quasi il simbolo della città, della sua forza, della sua storia Dove Come Quando: Capoluogo non per niente; unica difficoltà, saper scegliere Nuoro e la sua provincia Non solo pastori Un territorio vasto ed eterogeneo dove un antica cultura si mischia alla modernità Dove Come Quando: Da un mare all altro, l animo segreto dell isola Oristano e la sua provincia Un modo diverso di fare turismo Natura intatta e antiche vestigia, una meta ideale lontana dalla mondanità Dove Come Quando: Qui a tavola il pesce è re, tra le più famose pietanze della zona Sassari e la sua provincia Todos caballeros Una anomalia urbanistica e gli artistici ricordi delle glorie catalane Dove Come Quando: Sulla costa dei vip, alberghi da capogiro ma anche per tutti 9

3 Sardegna.4 ITINERARI SPECIALI DI BELL ITALIA Numero 29 - Giugno-Luglio 2000 IN QUESTO NUMERO Direttore responsabile: Carlo Maria Pensa Hanno collaborato per la redazione: Marco Massaia (art director), Michela Colombo (vicecaporedattore), Lara Leovino Coordinamento redazionale: Daniela Bonafede con Paolo A. Paganini per la realizzazione grafica: Paolo Pozzoni, Daniela Tediosi, Fabio Troiani, Giovanna Lanciano per la ricerca iconografica: Paola Raineri (responsabile), Paola Paterlini per la documentazione e l archivio: Susanna Scafuri per la segreteria: Orietta Pontani (responsabile) Per i testi: Mauro Lissia Giovanni Adarocchi, Vito Biolchini, Vasco Brici, Manlio Brigaglia, Andrea Frailis, Mario Frongia, Francesco Luzzi, Daniela Muscas, Angelo Porru, Ludovica Romagnino Fotografie di: Adriano Bacchella, Fabio Braibanti, Gabriel Burma, Marco Crillissi, Gianfranco Curreli, Clementina Frigo, Vittorio Giannella, Il Dagherrotipo, Rita Marongiu, Gianmario Marras, Adriano Mauri, Daniele Pellegrini, Piero Pes, Giovanni Rinaldi, Massimo Ripani, Stefano Ruiu, Antonio Saba, Valeria Serra Disegni di: Francesco Corni, Mario Russo Esecuzione pubblicità: Franca Bombaci, Francesca Cappellato, Gloria Maizza, Marco Scotognella EDITORIALE GIORGIO MONDADORI S.P.A. Consiglio di Amministrazione Presidente: Urbano Cairo Consiglieri: Antonio Guastoni, Antonio Magnocavallo, Paolo Romano, Maurizio Dell Arti, Giuseppe Cairo Una nuova monografia di Bell Italia dedicata alla Sardegna, che si unisce alle altre arricchendo il quadro di conoscenza dell isola. Un viaggio nelle quattro province, alla scoperta delle città capoluogo, delle città minori, dei borghi: in una successione di bellezze naturali, di antiche vestigia, di pagine di storia, di curiosità, di un ricchissimo patrimonio d arte. Invito ad una vacanza, al piacere di un soggiorno e soprattutto ad un incontro con la cultura e la civiltà di una terra dalle inesauribili risorse. Siamo nel pieno dell estate, quindi in un momento ideale; ma non dimentichiamo il fascino degli autunni, delle luminose primavere, dei silenzi invernali nell abbraccio confortevole del mare. Troverete, in queste pagine, spunti e immagini assolutamente inediti o anche temi di cui s è sentito spesso parlare lasciando in noi una punta di curiosità. Angoli segreti, l allegria di certe feste popolari, i mille sapori della cucina, i lavori dell artigianato locale. E naturalmente, tutte (o quasi tutte, tanto è vasto il panorama) le informazioni utili per sperimentare la tradizionale ospitalità della Sardegna e della sua gente. Bell Italia Direzione, redazione ed amministrazione: corso Magenta 55, Milano. Telefono 02/ Telex: Giomon I. Fax 02/ edgmonbi@tin.it. Ufficio diffusione: telefono 02/ Ufficio abbonamenti: telefono 02/ Ufficio pubblicità: telefono 02/ Concessionaria esclusiva per la pubblicità PK publikompass s.p.a. Sede e direzione generale via Giosuè Carducci 29, Milano Telefono: 02/ , fax 02/ Fotolito: Fotolito Veneta, via Disciplina 11, San Martino Buon Albergo (Verona). Stampa: Elcograf s.p.a., via Nazionale 14, Beverate di Brivio (Lecco). Inchiostri speciali Colorama. Distribuzione per l Italia: SO.DI.P. Angelo Patuzzi S.p.A., via Bettola 18, Cinisello Balsamo (Mi). Distribuzione per l estero: SIES s.r.l., via Bettola 18, Cinisello Balsamo (Mi) Editoriale Giorgio Mondadori S.p.A. Periodico associato alla FIEG (Feder. Ital. Editori Giornali) Pubblicazione periodica registrata presso il Tribunale di Milano il 20/6/95 numero 350 LA COPERTINA. Si chiama Rosa, questa spiaggia dell isola Budelli, per il colore della rena composta dai gusci di animali marini. È uno dei cento angoli affascinanti della Sardegna silenziosa e segreta (Fotografia di Massimo Ripani). 5

4 UN ISOLA DA LEGGERE Cè un infinità di ottime guide turistiche sulla Sardegna. E c è un infinità di ottime ragioni per non far rientrare questo nostro speciale nell elenco delle guide, anche se pur sempre di guida si tratta. Ma di una guida fuori dei soliti schemi. Attraverso i nostri servizi s è tentato, infatti, di percorrere i segreti tracciati dell anima di quest isola dal cuore antico, talvolta misterioso, mentre i settemila nuraghi che punteggiano la Sardegna, sentinelle del tempo e dei loro abissi preistorici, stanno lì ad ammonire che tutto passa. Rimane il culto del ricordo, nel segno delle civiltà che qui hanno sedimentato la loro cultura. E, dunque, il nostro è stato anche un viaggio nel ricordo, attraverso le vestigia che tuttora ci parlano di Fenici, Cartaginesi, Romani, Vandali, Bizantini, Pisani, Aragonesi, Liguri, fino ai Savoia e al Regno d Italia. E ci parlano di ricchi empori, di variopinti mercati, di preziose mercanzie, di spezie e di monili, che, fin dall antichità, avevano rese famose Kàralis (Cagliari), Sulcis, Tharros, Còrnus, Turris (l attuale Porto Torres), Olbia. E tuttora templi, necropoli, chiese, palazzi, affreschi di poderosa forza espressiva, sculture di raffinate finezze, e poi linee, stili, fregi e decorazioni continuano a ricordarci, con i loro plastici incantamenti, che la Sardegna, contro i tanti luoghi comuni, non è soltanto austera terra di pastori, nel loro chiuso e poetico universo di fantasmagoriche tradizioni, di agresti sapori. La Sardegna è un libro complesso. L abbiamo aperto per i nostri lettori, con l umiltà di mettere, qua e là, dei segnalibro. Ora, a quanti Giorgio Dettori stanno per approdare in uno dei servitissimi porti, dedichiamo il piacere di scorrere tutte le pagine di questa affascinante lettura. Cominciatela da dove volete. Noi l abbiamo idealmente percorsa e suddivisa nei quattro capitoli che compongono le sue quattro province. Ma, qualunque sia il punto di partenza, o l ordine d impaginazione, non limitatevi alle bellezze del sole e del mare. Affrontate la Sardegna anche nella sua variegata complessità, compresa qualche scontrosa asprezza. Sarà una lettura indimenticabile. Paolo A. Paganini Una delle tavole di Giuseppe Cominotti che illustrano l ottocentesco diario di Alberto Lamarmora Viaggio in Sardegna: è la rappresentazione di un festoso corteo nuziale nei pittoreschi costumi di un epoca di cui resta ancor vivo il ricordo. 7

5 Preistoria La terra dei nuraghi Settemila fra necropoli e villaggi, alcuni dei quali ancora intatti, come quello di Losa Inuraghi sono il simbolo del silenzio, la testimonianza ultima e incrollabile di una civiltà senza tempo e senza più voce. I nuraghi raccontano i sardi dell origine, parlano con i segni, con le tracce millenarie di una quotidianità perduta, trasformata in ciò che resta degli oggetti rituali, in cocci e detriti. Le pietre annerite dai falò rimandano a un epoca senza data, calendario e scrittura. Un popolo remoto di cui i sardi sono eredi e discendenti ha lasciato i nuraghi a certificare inoppugnabilmente che si è vissuto, per affidare alla perizia e all immaginazione dei ricercatori moderni la risposta su come si è vissuto. Grandi costruzioni di macigni, uniche al mondo. Capaci di reggere senza cementi alla forza infinita del tempo, del vento e delle piogge grazie a un architettura insieme semplice e geniale. Edifici arrivati fino a noi per portarci il messaggio di un umanità lontanissima, estranea a un mondo mutato e in continua mutazione come il nostro. Nuraghi come porta di passaggio tra un mondo arcaico, popolato di esseri dal volto oscuro e dal linguaggio ignoto, in Antonio Saba Qui sopra: visto da occidente, il sito archeologico Su Nuraxi, a Barumini, In basso: la piantina del villaggio, il più grande della Sardegna, attorno a una fortezza. comunicazione con chissà quale cielo, e il mondo della storia scritto sui documenti, scandito dal calendario degli eventi, dei personaggi, delle opere dell ingegno. I signori di allora costruivano i nuraghi per abitarli, per proteggersi dalla minaccia dei nemici, per dare riparo e protezione a comunità isolate, che diffidavano anche del placido mare che circonda la Sardegna. Dai luoghi scelti per edificare il nuraghe si poteva scrutare il territorio, vedere lontano, prepararsi a una difesa militare e allo stesso tempo offrire alle popolazioni un luogo di vita e di culto organizzato e tranquillo. Erano siti mai scelti a caso, perché dovevano soddisfare sia le esigenze militari sia quelle religiose. Se arrivava un attacco, la tribù alloggiata nel villaggio di capanne poteva trasferirsi all interno della cinta di pietra. E la posizione strategica della gran parte dei nuraghi garantiva la visibilità reciproca fra le torri maggiori, per costituire nell insieme un sistema di monitoraggio continuo delle pianure circostanti. Per anni e ancora oggi gli studiosi, sulla scia del mistero di Stonehenge, si sono affannati a rintracciare una logica 15

6 Preistoria Lincei e autorità massima della nuragologia, parla nei suoi studi di piani inclinati dotati di rulli. Un sistema complesso, certo rudimentale ma efficace per arrivare a quanto la forza dei muscoli non poteva garantire. La reggia di Barumini rappresenta un po il plastico ideale di un complesso nuragico, un riferimento essenziale e irrinunciabile per chiunque voglia esplorare il mistero muto e inquietante di questi monumenti alla Sardegna che non c è più. Fu Lilliu a scavarlo, partendo dai rugeometrica, astrologica, trascendentale alla dislocazione delle torri di pietra sarde. La sola certezza raggiunta è che ciascuno dei settemila nuraghi giunti fino a noi rappresenta di per sé un miracolo edilizio, destinato da solo a sollevare più d un interrogativo. Quello fondamentale è comune alle piramidi d Egitto: com è stato possibile realizzarli, sovrapporre pietre colossali l una all altra secondo un progetto elemen- Fotografie di Gianmario Marras In alto e sopra, a destra: il nuraghe Losa, ad Abbasanta. È una costruzione di tipo trilobato. A sinistra e nell altra foto qui sopra: nuraghe e recinto megalitico di Santu Antine, sul monte omonimo (591 metri). Provvisto di sei torri, risale al V secolo avanti Cristo. tare, invariabile nei secoli, ma enormemente impegnativo? Di certo ogni nuraghe è costato energie inimmaginabili e forse qualche vita umana è stata immolata alla necessità collettiva. Un errore e la fatica di giorni, di settimane, forse di mesi sfumava nella polvere di crolli rovinosi. Perché assieme alla 16 conformazione dei blocchi è il peso stesso dei macigni a garantire la stabilità della costruzione, ma è sempre il peso a minacciarne la struttura portante: la differenza tra eterno e precario poteva essere una questione di centimetri. Come in Egitto, erano certamente i servi a prestare le braccia indispensabili all opera. Ma le braccia non bastavano: per raggiungere altezze spesso vicine ai venti metri serviva la tecnica ingegneristica. E Giovanni Lilliu, archeologo insigne, accademico dei

7 Preistoria Sopra e sotto: il nuraghe Arrubiu, nei dintorni di Laconi, zona di notevole interesse archeologico dov è possibile ammirare in situ le famose statue-menhir scolpite, di età prenuragica. In alto: il celebre toro, nella necropoli di Sant Andria Priu, presso Bonorva, ritenuto da alcuni una misteriosa scultura; ha all interno un piccolo ipogeo. Fotografie di Antonino Saba deri e dai reperti affiorati dopo una sequenza di temporali. Era il Da una semplice collina, la mano esperta e appassionata del grande archeologo e del suo staff fece emergere un insieme articolato di ambienti, talmente originale da sorprendere studiosi di consumata esperienza. Un torrione con due piani all interno, nucleo ed elemento originario della struttura. Con un margine d errore di due secoli la prova del Carbonio 14 permise di accertare che la torre risale al 1460 avanti Cristo, vale a dire all epoca nota come Bronzo medio. Negli anni, gli scavi riportarono alla luce del sole una cinta muraria incernierata da altre quattro torri e a ridosso delle mura i ricercatori scoprirono gli zoccoli in pietra delle capanne di un villaggio, recinti dove probabilmente gli antichi abitatori custodivano animali. Le scoperte di Lilliu in quello che fu battezzato Su Nuraxi, il nuraghe, sconfessano la vecchia idea di un 18 19

8 Preistoria Antonio Saba A sinistra: domus de janas, nella necropoli di Sant Andria Priu, tre gruppi di tombe scavate nella roccia trachitica. Sotto: la necropoli di Montessu, nel Sulcis, scavata in un anfiteatro naturale. Giovanni Rinaldi mondo sardo preistorico chiuso e impermeabile. Nella reggia e attorno alla reggia c era la vita quotidiana di una comunità non certo estesa, ma comunque comunità, dedita anche ad attività diverse da quella militare, votata alle divinità, pronta a cimentarsi in un dialogo con l aldilà destinato ad essere parte integrante della vita terrena. I sardi della preistoria erano uomini e donne capaci di muoversi all esterno, di rapportarsi con altre genti vicine, di cercare nel territorio il necessario per vivere. L immagine è quella di una civiltà rurale, sardi d altri tempi che quando non sono impegnati nelle battaglie contro gli invasori cartaginesi e poi romani vivono attorno al fuoco delle loro capanne, lavorano alla fusione dei metalli con cui realizzano statuine votive in bronzo, faticano su pesanti macine di pietra per produrre farina e pane. Di quella civiltà rimangono oggi alcune decine di nuraghi intatti, i cui esempi classici sono il Losa, il più grande dell isola, il Santu Antine di Torralba e il nuraghe Arrubiu di Orroli. Poi migliaia di torri in parte diroccate, a causa del tempo ma soprattutto degli uomini: chilometri dei famosi muretti a secco che delimitano poderi e pascoli sardi sono costruiti con le pietre nuragiche. Più difficile danneggiare le domus de janas, le case delle streghe. Nell insieme formano città dei morti e dei vivi, abitate nei secoli e oggi monumento a una civiltà scolpita. Necropoli rupestri, poi diventate dimora per i pastori e usate fino a decenni fa, a seguire inconsapevolmente il ciclo naturale della vita, della morte e della vita che genererà nuova morte. Siti magici, destinati a insegnare ai vivi che il viaggio verso l aldilà non deve far paura. La Sardegna conta migliaia di domus de janas. Ma la necropoli di Montessu a Villaperuccio, nel cuore antico del Sulcis, per la conformazione geologica del sito è l esempio più emozionante e significativo. Quasi nascosta in un grande anfiteatro naturale su una collina di pietra, Montessu è un canale di comunicazione con un mondo remoto, dove sembrano agitarsi ancora oggi gli spettri di un popolo sospeso nel tempo. Profumi e suoni, nella campagna mediterranea, cancellano i riferimenti alla nostra epoca. E l incontro col Toro, la divinità 20 21

9 Preistoria Preistoria Antonio Saba stilizzata nelle corna che decorano gli ambienti di sepoltura, si carica di emozioni imprevedibili. Entrare a Montessu è come compiere un passo all interno di una dimensione inquietante, ostile alla ragione che cerca collegamenti sicuri e dimostrabili. Qui la scienza si ferma e comincia l ignoto: chi ha scavato queste centinaia di sepolcri, intaccando la roccia con l accetta di pietra dura, credeva nelle virtù segrete della magia, aveva fede nell influsso benefico del dio e ne voleva celebrare l immagine per l eternità. Ed era convinto che la morte fosse solo un passaggio, se questo vuole la misteriosa forza che regola la vita. La virilità del Toro e la fertilità della Dea Madre: le tombe di Montessu La tomba del Capo, a Sant Andria Priu: due sale principali collegate ad altri quattordici ambienti da passaggi interni. e quelle delle altre necropoli del neolitico sardo sono affidate a queste due speranze di buona fortuna. Solo grazie a loro i defunti saranno salvati dall orrore dell annientamento, del buio infinito e senza ritorno. Soltanto nel segno della vitalità saranno aperte le porte verso nuovi giorni di caccia, di cibo, di bisogni da soddisfare perché il cuore non si è fermato per sempre, ma seguita a pulsare in un aldilà contiguo alla realtà, invisibile ma certo. Nelle domus de janas il culto si esprime con le forme del simbolo. Ma gli antichi visitatori dovevano avere anche altre manifestazioni di rispetto per i morti. La presenza di grandi focolari lascia supporre la preparazione di pasti rituali, da consumare in comunità. In questo modo, immaginando di dividere il cibo con i trapassati, si sarebbe confermato il legame tra i defunti e il loro clan. E l idea di un contatto mai interrotto si coglie anche in alcune strutture delle domus. La sepoltura riproduce spesso la casa dei vivi: travi, colonne, tetti e perfino finestre o letti vengono scolpiti per alloggiare degnamente i defunti. Così il soffitto della tomba a capanna di Sant Andria Priu, una necropoli nel territorio di Bonorva, in provincia di Sassari, imita fedelmente una costruzione con le assi e la copertura di un tetto spiovente. Le città dei morti sono apprezzate e utilizzate anche dalle genti dei nuraghi. Continuano, gli eredi dei sardi neolitici, a onorare i luoghi che custodiscono le ossa di artigiani, cacciatori, guerrieri, madri, dei secoli in cui l ossidiana del Monte Arci aveva il valore di una pietra preziosa. Ma assieme alle domus de janas, l arte funeraria adotta le architetture delle tombe dei giganti. Solenni, maestosi, perfetti per rappresentare le glorie di genti sempre pronte alla battaglia, questi monumenti megalitici danno sepoltura collettiva ai caduti della comunità. Lastre infisse nel terreno abbracciano un elemento centrale, l esedra, che col suo sportello aperto sull infinito sembra un passaggio al dominio dell ignoto. Ma è solo un illusione, una prospettiva falsificata dal punto di vista dei nostri giorni. La galleria che completava le tombe con la facciata a esedra è scomparsa, inghiottita dai secoli. Il vuoto adesso introduce una vertigine tutta moderna, estranea allo spirito dei costruttori. Il messaggio estremo delle tombe cavalca il tempo, ma il tempo lo stravolge a rivendicare il suo potere inarrestabile. Mauro Lissia 22 23

10 Come si parla Nata da sangue romano Tutti i glottologi si trovano d accordo: il sardo è una lingua che discende dal latino Il sardo: lingua o dialetto? Una risposta fra tante: Il sardo non è un dialetto, ma lingua a sé, quantunque non abbia una grande letteratura. È Gramsci che dal carcere di Turi scriveva così alla sorella Teresina. Lui, che all Università di Torino aveva avuto per maestro uno dei più grandi glottologi italiani, Matteo Bartoli, era rimasto molto legato alla parlata natale, sebbene ormai vivesse da decenni lontano da casa. E alla stessa sorella, che abitava in Sardegna, chiedeva in che lingua facesse parlare il figlio: Spero che lo lascerete parlare in sardo diceva e non gli darete dei dispiaceri a questo proposito. È una delle mille testimonianze che si possono citare sull affetto che i sardi hanno per la loro parlata materna: che si chiama, in sardo, sa limba, la lingua e basta. Del resto, anche per i linguisti, ormai da più di due secoli, il sardo è una lingua: discende, sì, dal latino dei Romani che conquistarono la Sardegna 250 anni prima di Cristo e furono padroni dell isola sin dopo il 450, ma poi questa parlata si è evoluta autonomamente. Gli scienziati, anzi, dicono che il sardo è la lingua neolatina che ha conservato la maggior quantità di parole e di caratteri della lingua latina. A Bitti, che è un grosso e importante centro del Nuorese, addirittura si vantano di questa discendenza da Roma: Semus de sàmbene romanu, ci tengono a dichiarare, siamo di sangue romano. Nel Medioevo questa lingua sar- da fu anche scritta: ci sono decine di documenti che uscivano dalle cancellerie dei giudici (signori dei quattro territori indipendenti in cui la Sardegna fu divisa fra il Mille e il Trecento) che sono scritti in una lingua ufficiale che è tutta sarda. Furono, semmai, i Catalano-Aragonesi (che conquistarono la Sardegna a partire dal 1323) e poi gli Spagnoli (che la tennero praticamente sin verso il 1720) a respingere il sardo Roma, per altri quattrocento il catalano e il castigliano e da duecentocinquant anni l italiano. Quando ricevettero la Sardegna, a conclusione di una delle tante guerre dei primi del Settecento, i Savoia rimasero combattuti fra la possibilità di lasciare che i sardi parlassero e, soprattutto, scrivessero in spagnolo e la necessità di mettere i loro funzionari che parlavano l italiano e anche il francese in condizioni di Panoramica di Bitti, importante centro del Nuorese, i cui abitanti ancor oggi difendono la loro romanità. verso i paesi, a costringere la gente ad usarlo soltanto nei rapporti locali e familiari. Facendolo retrocedere, dunque, a quelle che sono alcune delle condizioni proprie del dialetto: il fatto di essere usato soltanto in una ristretta area geografica, di essere utilizzato quasi esclusivamente per i rapporti familiari e, come dire?, confidenziali, di avere al di sopra una lingua alta. Come è capitato al sardo, che ha avuto sopra di sé per settecento anni la lingua di capire e di essere capiti. Per quasi cinquant anni i Piemontesi cercarono di andare avanti senza dare una risposta precisa a questo problema. Poi decisero di imporre l italiano, grazie anche alla restaurazione delle due Università, quella di Cagliari e quella di Sassari, che diventarono le grandi centrali di diffusione dell italiano fra i sardi: ma ci sono atti notarili del 1820 (cento anni dopo che erano arrivati i Piemontesi) ancora scritti in catalano Gianmario Marras

11 Come si parla Un altra delle condizioni che si chiedono ad una lingua è come sapeva anche Gramsci di avere una propria letteratura. Questa letteratura, in effetti, esiste: è soprattutto poesia, e ci sono poeti che scrivono in sardo (in un sardo, diciamo così, letterario ) a cominciare già dalla fine del Cinquecento. In realtà per gran parte di questa letteratura si tratta di poesia orale, in genere tramandata a memoria, ma spesso anche scritta. Ed oggi si comincia anche a scrivere romanzi e racconti. Nel Novecento, poi, la richiesta dell autonomia politica (cui la Repubblica ha risposto con lo Statuto speciale del 1948) è stata accompagnata dall affermazione della necessità di tutelare e rilanciare il sardo: una legge regionale del 1997 ha apprestato una serie di provvedimenti cui ha aggiunto forza una recente legge nazionale che riconosce l importanza delle lingue delle minoranze regionali: e i sardi sono, con il loro milione e seicentomila cittadini, la minoranza più grande d Italia. I linguisti, poi, per conto loro non hanno mai avuto dubbi. Una materia che si chiama Linguistica sarda non viene insegnata soltanto nelle due Università sarde, ma ci sono cattedre con lo stesso titolo in diverse parti del mondo: a Grenoble mi è capitato di sentir parlare sardo, nell Istituto di Linguistica, da studenti del Terzo Mondo. E il massimo studioso della lingua sarda è stato, lungo quasi tutto il Diciannovesimo secolo (morì nel 1882), uno studioso tedesco, Max Leopold Wagner, a lungo professore nell Università portoghese di Coimbra, al quale siamo debitori anche di un esemplare Dizionario etimologico del sardo. Il pastore che partiva col gregge diceva alla moglie: Pone mihi tres panes in bertula, mettimi tre pani nella bisaccia. Anche il mezzadro di Cicerone, duemila anni fa, avrebbe detto lo stesso, con le stesse parole. Manlio Brigaglia 28 29

12 Patrimonio verde Santuari naturalistici L isola dei parchi: tra boschi, coste e stagni, è tutelato quasi un quinto del suo territorio Fotografie di Fabio Braibanti e Valeria Serra In mezzo al Mediterraneo c è l isola dei parchi. Boschi, coste, stagni, paesaggi da difendere dall assalto di una modernità senza regole. La Sardegna tutela il suo bene più prezioso, l ambiente, per complessivi 490 mila ettari (quasi un quinto dell intera regione), attraverso tre parchi nazionali, due regionali, tre aree marine protette nazionali, otto parchi naturali, settantatré tra riserve naturali e aree di interesse naturalistico. Un paradiso allo stesso tempo reale e ipotetico. Dopo il via libera formale, solo poche comunità hanno infatti abbandonato le polemiche sui confini delle perimetrazioni e offerto servizi per i visitatori. È una vicenda contrastata di vincoli e opportunità, proibizioni e possibilità, regole e consuetudini. Il dilemma del Duemila: coniugare lo sviluppo economico agli usi consolidati di comunità millenarie, senza stravolgere tradizioni uniche ma allo stesso tempo facendo dell ambiente una ri- Vittorio Giannella Vittorio Giannella In questa pagina: immagini dell Asinara. In alto, da sinistra: Cala Scombro di dentro e gli asinelli albini, esclusiva dell isola cui hanno dato il nome. Qui sopra, dall alto: la raganella verde e un esemplare di falco pellegrino. sorsa economica. La strada da percorrere è ancora lunga, ma qualcuno è già arrivato al traguardo. Non più isola maledetta ma oasi naturale di straordinaria bellezza. Chiuso il supercarcere, l Asinara accoglie i visitatori (ben ventimila nei primi due anni di attività) con i silenzi delle sue coste battute dal vento. L isola è parco nazionale dal 1997 e si impone come uno dei più importanti santuari naturalistici di tutto il Mediterraneo. In questi cinquemila ettari di territorio nell estremo lembo nordoccidentale della Sardegna hanno casa 678 specie floreali (un terzo di quelle censite nell intera regione), inserite in una vegetazione dai tipici caratteri della macchia mediterranea. Ma anche la fauna riserva sorprese: qui si riproducono circa ottanta specie selvatiche e tra queste molte rivestono rilevanza scientifica a livello mondiale, come il discoglosso sardo, il rospo smeraldino e la raganella. È un habitat ricco di suggestioni. Qui, tra scogliere 32 33

13 Patrimonio verde Qui sopra: le dune della bella spiaggia di Cala Maiore, a La Maddalena. A sinistra: la spiaggia Rosa di Budelli, cosiddetta per il colore della rena, costituita dai gusci di animali marini. In basso: Cala Conneri, a Spargi. Tutte e tre le isole menzionate fanno parte dell arcipelago della Maddalena, dalla fine del 1998 divenuto riserva marina nazionale per i suoi pregi ambientali. un articolata sentieristica terrestre e marina. Da ovest a est, sempre nel Capo di Sopra, la natura regala lo spettacolo delle isole che compongono l arcipelago di La Maddalena. È una riserva marina nazionale, istituita alla fine del 98 e subito operativa grazie ad una intelligente opera di mediazione tra le esigenze della tutela dell ambiente e le consolidate attività dei residenti. L area (poco meno di cinquemila ettari) ricade infatti sul territorio di numerosi comuni, alcuni dei quali hanno fatto dello sviluppo turistico un vero e Fotografie di Massimo Ripani proprio business di dimensioni internazionali. Siamo nel regno della Costa Smeralda: di fronte a Porto Cervo la riserva tutela le isole delle Bisce e Nibani, Porto Rotondo fa la guardia all isola del Mortorio e a quella dei Soffi. Ma il cuore del parco è più a nord: Caprera, La Maddalena, Santo Stefano, Spargi e Budelli (la mitica isola con la spiaggia Rosa), stupiscono i visitatori con panorami unici e colori che cambiano con il volgere della giornata. Un patrimonio unico che il neonato ente si appresta a tutelare con gli strumenti adeguati (numerose sono infatti le fasce interdette, con diverse modalità, alla pesca e alla navigazione) e la valorizzazione delle risorse locali. Si punta a incentivare di nuovo la pesca, le escursioni, e il recupero delle tradizioni, come quella dei maestri d ascia, la cui arte non verrà dispersa grazie ad un corso di formazione professionale. Ma la tutela passa dalla conoscenza: nasceranno così il Centro di educazione ambientale con la Scuola internazionale di ecologia marina, il Centro didattico per le scuole superiori, insieme al giardino botanico e ai Musei di storia naturale e del mare. Montagne selvagge, vette frastagliate, calette di sabbia bianchissima, grotte profonde. Dal livello del e spiagge, il visitatore è incantato dalle traiettorie del Gabbiano corso, del Marangone dal ciuffo e del Falco pellegrino. Ma il vero re di questo territorio è l asinello bianco, tanto caratteristico da dare il nome all isola, battezzata in questo modo dai toscani nel tredicesimo secolo. Alla tutela non sfugge il mare dell Asinara, con una fascia di rispetto di mille metri nei quali è interdetta la pesca e la navigazione. Il futuro del parco (il cui territorio ricade interamente nel comune di Porto Torres) passa attraverso la realizzazione di progetti già avviati, come l istituzione di un Centro di educazione Ambientale, l Osservatorio ornitologico, 34 35

14 Patrimonio verde mare fino a punta La Marmora, con i suoi 1834 metri la cima più alta dell isola. È il parco del Gennargentu e del Golfo di Orosei, 76 mila ettari divisi tra ventiquattro comuni della provincia di Nuoro. Nel gennaio del 2001 entreranno in vigore i vincoli di tutela del territorio, la cui applicazione è stata temporaneamente sospesa viste le fortissime critiche arrivate da una parte di residenti e comuni, contrari all istituzione dell area protetta e uniti nel sentire il parco come una intollerabile intrusione in comunità dalle regole millenarie. Ma il parco del Gennargentu è ormai una realtà, anche se (nonostante l istituzione avvenuta con decreto del presidente della repubblica), la battaglia in atto da quarant anni si preannuncia ancora lunga. Nel frattempo il parco che verrà custodisce l aspro paesaggio del Supramonte (un massiccio altipiano calcareo di ben cinquanta chilometri quadrati), Sotto, da sinistra: grotta del Bue Marino, a Cala Gonone, nel golfo di Orosei, che assume il nome da foche superstiti di una specie ormai rarissima che sopravvivono in queste acque, e Punta Corrasi, la più elevata della catena calcarea del Supramonte. In basso, da sinistra: parco naturale del Gennargentu, il villaggio nuragico di Tiscali e un muflone. le falesie sul Golfo di Orosei e la grotta del Bue Marino, i millenari silenzi del villaggio nuragico di Tiscali, dove vivono i mufloni (fino a qualche anno fa in via di estinzione) e volteggia l aquila reale insieme alla poiana, allo sparviere e all astore. Foreste di lecci si alternano a macchie di corbezzolo e ginepro, piante dai nomi inusuali (ramno di Sardegna, elicriso del Moris, aquilegia nuragica e tante altre) costituiscono una microflora di grande significato scientifico. Una Sardegna completamente diversa da quella conosciuta dal grande turismo, attratta soltanto dalle bellezze delle coste. Ma qui Vittorio Giannella Adriano Bacchella Fotografie di Gianmario Marras 36 37

15 Patrimonio verde Fotografie di Gianmario Marras A sinistra: Cala Luna, perla del golfo di Orosei, con le sue sei enormi grotte, il bosco di oleandri, e l alto sperone roccioso che la protegge a meridione dai venti di scirocco. Sopra e sotto: stagno Sale Porcus, nella penisola del Sinis. Sotto, a sinistra: girasoli presso lo stagno di Cabras, sito a nord-ovest di Oristano, uno tra i più grandi d Europa. non manca certo la scelta: il parco del Gennargentu offre straordinariamente sia una tra le più belle spiagge del Mediterraneo (Cala Luna) che il canyon di Su Gorroppu, un impressionante gola nel Supramonte di Dorgali. Un territorio unico che racchiude in sé tutte le bellezze e le contraddizioni della Sardegna. Storia e natura assieme. Gli imponenti resti dell antica Tharros e la ricchezza delle coste e degli stagni di Mistras o Sale Porcus. In provincia di Oristano, nel comune di Cabras, l area marina della penisola del Sinis si protende sino all isola di Mal di Ventre, curiosa traduzione della denominazione sarda (De malu entu) che in realtà richiama alla pericolosità dei venti che qui spirano con forza incessante. L area protetta si estende per trentamila ettari. La costa, bassa e sabbiosa, a tratti presenta piccole scogliere o imponenti falesie, come quelle di Torr e Seu. Anche l ambiente marino è caratterizzato dall estrema varietà, con fondali sabbiosi e coralligeni ricoperti da praterie di Posidonia oceanica dove spicca lo spettacolo offerto delle madrepore e delle spugne. In queste acque delfini e tartarughe marine regalano ai visitatori emozioni generalmente associate a località internazionali più rinomate. A otto chilometri dalla costa, l isola di Mal di Ventre sorprende per le sue spiaggette e i resti di antichi nuraghi. Tutta la costa occidentale è ora riserva integrale, mentre le escursioni di visitatori (sconsigliate nel periodo di nidificazione degli uccelli, tra marzo e maggio) devono essere improntate sempre al massimo rispetto di questo habitat, tanto unico quanto delicato nei suoi equilibri. Nell entroterra del parco, l abbondanza di varietà di uccelli presenti, stanziali e ospiti, rende la penisola del Sinis un paradiso anche per chi voglia dedicarsi al birdwatching. Le grandi distese palustri svolgono infatti un importante stazione di sosta per gli uccelli migratori e come luogo di nidificazione. E intorno, il fascino della storia, con Tharros ma anche l oasi di Seu, gestita dal Wwf. Una struttura che, nonostante l esiguità del territorio tu

16 Patrimonio verde telato (appena centoundici ettari) offre numerosi servizi ai suoi visitatori, attraverso visite guidate, una sentieristica efficiente e la possibilità di effettuare campi di lavoro o escursioni didattiche. In attesa di diventare cuore del futuro parco del Sulcis, è diventata un oasi vera e propria, strappata dal Wwf alla speculazione e al degrado. In provincia di Cagliari, l area di monte Arcosu (nel comune di Uta) si A destra, dall alto: esemplare di cervo sardo nella zona del monte Arcosu, un raro ungulato endemico della regione, e uno dei fenicottero rosa che vivono numerosi presso stagni a salinità elevata. Sotto, da sinistra: la piccola oasi di Seu, e uno scorcio dei monti dei Sette Fratelli, ambiente dominato da rocce scolpite. apprezzare anche le bellezze di una regione che non regala solo mare e coste, ma anche un entroterra di sorprendente bellezza. Parchi aperti ai visitatori, parchi che verranno. Dopo un inizio promettente, l area protetta dei Sette Fratelli (in provincia di Cagliari) ha subito uno stop inatteso, determinato dal dietrofront dei comuni che avevano inizialmente aderito al progetto. Maggiori speranze arrivano invece dalla riserva marina di Capo Carbonara (interamente compresa nel comune di Villasimius), vero paradiso per gli amanti delle immersioni subacquee. A Molentargius migliaia di fenicotteri nidificano invece tra lo sguardo meravigliato dei Gianmario Marras Gianmario Marras Fotografie di Vittorio Giannella giore, il corvo imperiale, il falco pellegrino o la poiana è tra le sorprese di una visita a monte Arcosu, capace di regalare incontri unici, come quello con l aquila reale o il grifone. Ma il vero padrone del territorio è il cervo sardo. Le guide sanno consigliare le zone migliori e più facili da raggiungere dove questi maestosi animali si possono ammirare in tutta tranquillità. Ora sono circa un migliaio e la loro popolazione consente di restituire ad altre zone dell isola questo importante patrimonio naturale. L oasi di monte Arcosu (aperta tutto l anno, tranne i mesi di agosto e settembre) s impone come tappa obbligata del visitatore capace di estende per ben 3600 ettari. È il regno del cervo sardo, salvato dall estinzione e ora invece vero dominatore di questo territorio dove alti e maestosi picchi di granito segnano una foresta mediterranea a lecci e sughere. Macchie di corbezzoli, eriche, ginepri, mirto, lentisco e filliree si alternano a popolamenti di tasso, una conifera estremamente rara in Sardegna, così come alti crescono salici, ontani e oleandri. Anche la fauna è molto ricca. Insieme al cervo, si possono facilmente osservare la martora, la donnola, il cinghiale e il gatto selvatico sardo. Una varietà che non manca neppure tra gli uccelli: avvistare il picchio rosso magvisitatori e dei cagliaritani, ancora sorpresi da questo miracolo che si ripete da qualche anno. L area ha bisogno di una tutela immediata, per sfruttare al meglio anche la bonifica dello stagno, in corso ormai da tempo e, si spera, in fase di rapida conclusione. Un parco già istituito formalmente, ma intorno a cui le quattro amministrazioni interessate (in principal modo quelle cagliaritana e quartese) non trovano uguale motivo di interesse. I fenicotteri, nel frattempo, continuano a volteggiare sopra Molentargius. Per ammirarli basta un binocolo. In attesa della nascita del parco, speriamo non volino via. Vito Biolchini 40 41

17 Musica tradizionale Antica quanto l alba Un folklore che entusiasmò D Annunzio, tuttora apprezzato per l originalità corale e solistica La voce inizia a cantare in perfetta solitudine. Modula parole che raccontano d amore, o di uomini valorosi, o di paesi e luoghi da guardare con gli occhi commossi da tanta bellezza. Poi il canto si interrompe. Il silenzio regna per meno di un secondo, ma si avverte come se fosse un colpo brusco e fragoroso. Adesso attaccano sa contra, Fotografie di Gianmario Marras Qui sopra e a destra: Andrea Parodi e i tenores di Bitti, un quartetto di voci di una sorprendente forza arcaica, amata e apprezzata perfino dai fans del rock. ormai il ruolo di emblema alle launeddas, invenzione originale dei musicisti isolani. L andamento sinuoso di sa oghe, la voce solista che disegna la melodia iniziale, evoca subito la risposta ritmata degli altri tre elementi. Così le sillabe scandite in coro, il Bom Bim Bam Bo che esalta i toni ruvidi del basso, sono attese e previste dagli ascoltatori che hanno capito il gioco. Un gioco di incasu bassu e sa mesa oghe: il quartetto a tenores mette in scena tutta la sua forza arcaica, l armonia sorprendente di un suono gutturale che incontra registri e intonazioni più vicini alle regole dettate nei conservatori. L accordo di queste quattro voci è diventato un simbolo della musica tradizionale della Sardegna. Scoperta e apprezzata anche da qualche protagonista del rock o del jazz, l arte dei tenores ha trovato palcoscenici importanti. È arrivata nelle sale da concerto, ha un posto nei cataloghi di prestigiose etichette discografiche, frequenta gli studi televisivi e di festival internazionali. Contende tonano i versi e le armonie ereditate dai loro antenati. Si canta nei bar, nei ritrovi, persino in piazza o nelle strade. In base ai temi e ai moduli musicali adottati, saranno esecuzioni a sa seria, a passu torrau, a mutos: varianti che tengono conto di usi e aspettative del pubblico d un tempo, riunito da momenti di festa o di sentimento comunitario. I testi prendono facilmente in prestito le rime della poesia in lingua locale, ma non mancano composizioni originali. Negli anni della contestazione studentesca, e dei conflitti sociali più duri, i tenores cantarono anche con i toni della passione politica. Fabbristri fra timbri vocali, di distanze che si accorciano e si allungano, di effetti armonici spesso spericolati nei loro percorsi. Ma è proprio l accordo tra componenti diverse, e quasi in conflitto, l obbiettivo del canto a tenores. Per questo in qualche zona della Sardegna si chiama cuncordu, in altre è noto come cuntrattu, in altre ancora si parla di cunzertu, richiamando il senso più giuridico che musicale della parola concerto. La Barbagia è la patria riconosciuta dei tenores. Nei paesi di questa area della provincia di Nuoro, la tradizione è ancora viva e diffusa. Non è raro, infatti, incontrare giovani che in

18 Musica tradizionale A destra: suonatori di launeddas durante le feste di Sant Efisio. Nella foto sotto: a Tadasuni, don Giovanni Dore ha allestito un singolare museo degli strumenti musicali con pezzi di vero interesse, giusto come questo che sta mostrando. mandate di generazione in generazione. Si appassiona soprattutto alle launeddas, strumento a tre canne che accompagna cerimonie religiose e danze di gruppo. Suoni antichissimi, forse ereditati dalle genti dei nuraghi: una statuetta votiva sembra ritrarre proprio un virtuoso delle canne ronzanti. Il Campidano, la Trexenta e il Sarrabus fanno il territorio dove questa musica trova esecutori che interpretano composizioni imparate da anziani maestri. Bentzon studia, classifica, registra. E riversa tutto in un libro, editato a Copenaghen, dove le launeddas vengono analizzate con metodo e amore nello stesso tempo. È così che l unione di mancosa, mancosedda e tumbu, come si chiamano le tre parti che compongono lo strumento, si declina nelle diverse intonazioni possibiche, padroni, giustizia e lavoro affiancarono le dichiarazioni d amore o gli inni alla terra d origine. I fatti di Pratobello, con i pastori in rivolta contro le occupazioni militari, finirono presto in un racconto con il contrappunto drammatico di mesa oghe, contra e bassu. E anche un pezzo di storia sarda, il Procurade e moderare scritto nel Settecento per condannare i residui di feudalesimo nella nobiltà isolana, venne adottato come una bandiera di lotta. I paesi che danno il loro nome alle formazioni di tenores più conosciute sono: Bitti, Oniferi, Orosei, Neoneli. Ma il panorama del canto in Sardegna si allarga ben oltre queste località e questi modelli. In Gallura, lo schema a tenores si modifica nei numeri e negli equilibri. La tasgia, da pronunciare con il suono della j francese, accoglie una quinta voce, lu falzittu, acuta ed estranea alla tradizione barbaricina. Aggius e Tempo Pausania possono vantare le migliori espressioni di questo stile, inserito da Dario Fo in uno dei suoi spettacoli degli anni Settanta: Ci ragiono e canto. Fu un gruppo di Aggius, il Galletto di Gallura, a rappresentare allora il contributo della Sardegna al mosaico di voci e identità regionali messo in scena da Fo. Si ripeteva, così, la scelta che cinquant anni prima aveva portato un altro coro aggese alla ribalta nazionale. Accompagnati dal musicologo Gavino Gabriel, un tempiese che lascerà fondamentali studi sul patrimonio musicale sardo, cinque ultrasessantenni salirono sul palcoscenico del teatro Quirino, a Roma. In programma c era una conferenza-concerto che entusiasmò i recensori dell epoca. È il 1921, e la cultura europea va ricercando i colori dell esotico nelle sue regioni più lontane e selvagge. Il premio Nobel a Grazia Deledda, sei anni dopo, coronerà questa tendenza. Le novelle e i personaggi a tinte forti della scrittrice avevano conquistato l Accademia di Svezia, come la tasgia aveva affascinato Gabriele d Annunzio. Canto antico quanto l alba, scrive il Vate in una lettera indirizzata a uno dei componenti del coro di Aggius, che aveva ospitato al Vittoriale. E senza paura di alimentare una cattiva fama per gli isolani, la stessa carta suggerisce: Se tu e gli altri quattro veramente mi amate, rapitemi stanotte e portatemi... in una capanna, in un bosco di sòveri. Delle stesse latitudini degli accademici di Svezia, giungeranno ancora segni d interesse per la cultura popolare della Sardegna. Sul finire degli anni Cinquanta, un giovane danese sbarca nell isola dotato di registratore e di molta curiosità. Andreas Fridolin Weis Bentzon girovaga nella parte meridionale della regione, incidendo voci e melodie tra- Giovanni Rinaldi li. Il ricercatore danese scopre negli interpreti un abilità manuale che non è solo creazione di musica. Chi suona le launeddas è anche, quasi sempre, il costruttore del proprio strumento. Dunque sa scegliere le canne, inciderle, equilibrarle con cera d api. Sa, perché gli sono stati affidati i segreti della costruzione, co

19 Musica tradizionale Sopra: a sinistra, un artistica fisarmonica, che in dialetto sardo è indicata col nome generico di sonu, usato anche per l organetto; a destra, la matracca, caratteristico congegno suonato durante la Settimana santa; si distingue dalla matracca a roda, con ruota dentata. Sotto: il musicista Totore Chessa, di Irgoli, suonatore e uno dei massimi conoscitori di organetto e di musica sarda. Nella foto in basso: Marcello Peghin e Roberto Pellegrini, mentre si esibiscono in un concerto dedicato al folklore tradizionale. ve uomini e donne si scambiano battute piccanti. E qualche volta cerca accenti altrettanto arditi il trallallero adottato in gran parte della Sardegna adoperando allusioni e figure capaci di far arrossire i custodi del pudore. Le voci, in questi casi, possono rinunciare senza rimpianti all accompagnamento di strumenti. È la regola di ugole spesso lasciate sole nella Sardegna che fa musica. E se la scelta si spiega quando sono in scena le armonie polifoniche dei tenores, troppo corpose per sentire il bisogno di altri apporti sonori, non è difficile capire anche l autosufficienza di s anninnia, la ninna nanna destinata a cullare i neonati, o il lamento funebre di s attitidu, docume trasformare tre pezzi di fibra vegetale in una mediana, un fiorassiu, un punto d organo o un altra versione di questo immancabile corredo di processioni e feste. Il ballo, ancora una volta, ispira e indirizza la musica popolare della Sardegna. I passi di su ballu tundu, o comunque delle forme che assume la danza, sono il metro tenuto presente dai maestri di launeddas come dai suonatori di organetto, altra presenza richiestissima nelle occasioni di riunione della comunità. Ma non meno perentori sono i richiami dei riti e delle ricorrenze della chiesa. Qui la musica torna ad essere soprattutto un affare di voci in accordo. Confraternite e gruppi corali cantano il dolore del Cristo morto, la buona novella del Natale, o la devozione alla Madonna, intonando un Ave Maria dove il registro dei bassi crea risonanze accostabili alle armonie dei tenores. L influenza del canto gregoriano è una delle componenti di questo repertorio sotto il segno della Croce. Basta però partecipare all intesa celebrazione del Lunissanti, momento della Passione nelle strade di Castelsardo, per comprendere quanto sia lontana l idea dell imitazione da questo straordinario esempio di musicalità. Pia e devota quando entra in chiesa, la musica dei sardi sa essere anche sfacciata e beffarda. Succede a Sassari con le gobbule, che prendono di mira peccati e difetti dei personaggi in vista, o con i muttetti tempiesi do- Giampiero Marras Piero Pes Giampiero Marras Piero Pes 50 51

20 Musica tradizionale mento di una cultura mediterranea che lega le donne sarde alle prefiche della Grecia di Omero. L aria del Mediterraneo si avverte ancora nel duru-duru, filastrocca per i bambini dove i ritmi evocano le sponde arabe del mare attraversato da pirati e mercanti. Ma nemmeno in questa occasione, splendida opportunità per le percussioni della musica sarda, la voce richiede il soccorso degli strumenti. Eppure non mancherebbero le risorse da sfruttare, come testimonia il museo realizzato a Tadasuni, sulle rive del lago Omodeo, dalla pazienza da collezionista di don Giovanni Dore. La rivincita degli accompagnatori sarà allora nel canto a chitarra, con le corde trattate da mani che cercano sonorità spigolose. Voci maschili e femminili confidano nell appoggio delle note aggregate dal plettro, pronte però a tacere quando la chitarra passa a cucire le strofe arpeggiando in primo piano. Sui palchi delle feste, quando un paese si tassa per offrirsi lo spettacolo della musica in piazza, questo canto può precedere con i suoi toni struggenti la sfida attesissima dei cantadores. Si gareggia improvvisando versi di poesia estemporanea, da comporre secondo una metrica che ha cadenze di musica d Oriente. Stabilito il tema, i poeti cantanti estraggono dalla loro memoria immagini e concetti da esporre in rima baciata. Dalle gesta degli eroi omerici ai patriarchi della Bibbia, dai sonetti d amore alle terzine della Divina Commedia, tutto è materia di combinazione, citazione, rifacimento. In una delle parlate della Sardegna, come cavalieri medievali i poeti in gara usano le armi dell espressione fiorita e dell accostamento ad effetto. Vince la fantasia sorretta dalla tecnica più collaudata che asseconda il gusto della giuria. Gli sfidanti rivestono i panni di contadini, pastori, artigiani. Fino alla prossima festa, alla prossima gara e al prossimo verdetto. Angelo Porru 52 53

21 Giubileo 2000 Sulla via dei penitenti Un percorso di fede e di arte tra basiliche, cattedrali, santuari e chiesette di campagna In principio erano giorni e giorni di viaggio. Sotto la pioggia battente, il vento gelido o il sole che seccava la gola, riparati da un grande cappello e da un manto lungo sino ai piedi. Calzando scarpe logore, con un bastone per far presa sui sentieri più impervi, il pellegrino medievale attraversava boschi coperti di neve, insicuri ponti di corda tesi da una sponda all altra dei fiumi, pianure nebbiose. Esausto, avanzava verso la città dei papi e la salvezza eterna. La bisaccia era tutto: un fiasco d acqua, una sacchetta di farina, qualche soldo da spendere nelle luride locande lungo la strada e, spesso, una copia della Veronica, il sudario di Cristo, come ammonimento e conforto. Dapprima solo i colpevoli dei crimini più efferati, poi migliaia di penitenti presero a cercare la via di San Pietro per la remissione dei peccati Nell Anno Santo di secoli e secoli fa, tutto l Occidente guardava a Roma, la desiderava e la invocava. Fino a trovarla. Come un fiume in piena, i romei si riversavano nelle chiese, alla luce delle candele bisbigliavano una litania ininterrotta di preghiere. Giù Fotografie di Gianmario Marras Sopra: l interno della cattedrale di Ozieri, centro principale del Logudoro, ricostruita in forme neoclassiche su un edificio gotico-aragonese del 500. Qui sotto: la facciata neoclassica della cattedrale di Nuoro ( ). dall Inghilterra alla Francia, verso la Liguria e la Toscana, o la Corsica, la Sardegna e l isola d Elba, per giungere finalmente alla meta santa. Il perdono aveva il prezzo di un percorso infinito. Ma per i credenti che abitano la Sardegna, il 1390 porta un regalo a lungo sperato. Quando regna Eleonora d Arborea, una Bolla papale concede l indulgenza per un pentimento conquistato tutto nelle chiese dell isola. Col cuore rivolto a Roma, chi vuole mondarsi delle sue colpe si inginocchia nei templi di casa, e così rigenera l anima. Dovrà però versare il danaro corrispondente al costo del viaggio e di un soggiorno di quindici giorni nella città dei papi. L offerta servirà al restauro degli edifici religiosi più malandati e per altre opere pie. Ancora oggi il fedele isolano può lucrare (così dice la terminologia canonica) il Giubileo senza varcare il mare. Un gran numero di basiliche, cattedrali, santuari e persino chiesette di campagna invitano i nuovi camminatori di Dio. Ma il pellegrinaggio moderno cerca spesso anche i segni dell arte e della storia. Forme romaniche, catalano-aragonesi, barocche e neoclassiche si offrono agli occhi dei penitenti. E la declinazione continua dei colori dell arenaria, del calcare, del basalto e della trachite accompagnano le tappe fra le architetture religiose. Tutte le cattedrali dei centri maggiori della Sardegna rientrano nell elenco del Giubileo alle soglie del Secondo millennio. Ha una facciata neoclassica quella di Ozieri, che tradisce l interno barocco e il grande polittico cinquecentesco del Maestro col nome della cittadina. Un frontone e colonnine ioniche descrivono linee simili anche nel duomo di Nuoro. Qui, nel tempio dedicato alla Madonna della Neve, una tela attribuita alla scuola di Luca Giorda

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